NATURA, CULTURA, TRADIZIONI E TURISMO SLOW TRA LA MONTAGNA E LA BASSA
Anno VII - Numero 27 - Ottobre - Novembre - Dicembre 2015
SPECIALE CASTELLI
Bruscoli e il Palazzo
dei Vicari a Scarperia
ra
u
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a
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e in p
BIODIVERSITà
Il gambero di fiume
col Dna italiano
AUTUN N O
APPUNTAMENTI
Dalla Tartufesta
ai teatri della Bassa
Vivere una
Favola
La storia e i misteri della ROCCHETTA MATTEI
e del suo straordinario ideatore
SOMMARIO
CONTEST SU
Scatta
& Vinci
Per partecipare scrivete a:
[email protected]
oppure alla pagina Facebook
di Nelle Valli Bolognesi.
Agli autori delle foto pubblicate
regaleremo un abbonamento
alla rivista.
CONCORSO
Fotografico
120 ANNI
EMIL BANCA
Monzuno
1° classificato
Nicola Grillini
1°
2° classificata
Chiara Sansone
3° classificata
Alice Mastacchi
Raduno di aironi nel Savena (Pianoro)
Giorgio Fenara
2°
Periodico di proprietà di
Numero registrazione Tribunale
di Bologna - “Nelle Valli Bolognesi”
n° 7927 del 26 febbraio 2009
Direttore responsabile:
Filippo Benni
Alba settembrina
Nadia Naldi
Autunno a Villa di Mezzo (Piamaggio-Monghidoro)
Giulia Monti
Hanno collaborato:
Andrea Besana
Emanuele Stefanini
Giuseppe Rivalta
Marco Govoni
Gianluca Zuffi
Giovanni Ferretti
Giada Pagani
Stefano Lorenzi
Lucilla Pieralli
Adriano Simoncini
William Vivarelli
Claudia Filipello
Katia Brentani
Claudio Evangelisti
Track Guru
Stefano Gottardi
Gian Paolo Borghi
La grafica della rivista è realizzata
con il contributo di:
3°
Fino ad ottobre
al ristorante
Gustavino&
Passalacqua
in località
Selve a Monzuno
sarà esposta una
selezione di dieci
foto che hanno
partecipato
al concorso
Michelangelo Abatantuono
Adrea Morisi
Cesare Agostini
Franco Santi
Valerio Severini
Elisa Benni
Foto di:
William Vivarelli
Track Guru
Archivio Pedalalenta
Archivio AppenninoSlow
Borgo del Miele
HydroSynergy
Salvatore di Stefano
Giuseppe Rivalta
Frediano Salomoni
Andrea Morisi
D. Victorini
Progetto Grafico:
Studio Artwork Comunication
Roberta Ferri - 347.4230717
Pubblicità:
Michaela Beghelli - 340.0616922
[email protected]
Rivista viene stampata su carta ecologica
da Moderna Industrie Grafiche
Via dei Fornaciai, 4 - 40129 Bologna
Per scrivere
alLA REDAZIONE:
[email protected]
Per contattare
AppenninoSlow
Volpe in Valserena
Renata Ciabatti
2
Gragnano (Monghidoro)
Michele Andreucci
Cincia
Alessandro Garbarino
339/8283383
4
Gli scatti di William Vivarelli
La Cannaiola comune
6
Erbe di casa nostra
Il Salice e l’Atropa Belladonna
8
L’appuntamento - San Benedetto Val di Sambro
A caccia di erbe officinali
10 La nostra cucina
Tanta voglia di noci
12 Appennino in Tartufesta
Tutte le date per gustare il tartufo bianco pregiato
14 Produzioni locali Bio - Argelato
Il Borgo del Miele
18 Chef... al Massimo
I premi della settima edizione
18 Speciale Castelli - In copertina
Il fascino della Rocchetta Mattei
22 Speciale Castelli
Il Palazzo dei Vicari a Scarperia
24 Speciale Castelli
La Rocca di Bruscoli
26 Tracce di storia - Sulla Flaminia Militare
La Piana degli Ossi
28 Da vedere - Argelato
Quando Bologna era il centro del mondo
30 Paleontologia
La Balena di Gorgognano
33 In giro con TrackGuru
Monte Belvedere e Monte Mario
36 Speciale MountainBike
Da Monte Beni a Sasso di Castro
38 A piedi o in bici nella Bassa
Lungo il Reno e la ciclo-trasversale di pianura
40 Biodiversità
Il gambero di fiume col Dna italiano
42 Appuntamenti
Da ottobre a dicembre nelle valli bolognesi
54 La rubrica di Gian Paolo Borghi
Par Nadèl tótt i gâl al sô pulèr
55 La rubrica di Adriano Simoncini
L’amara Maremma dei montanari
3
Tra pianura ed Appennino
GLI SCATTI DI WILLIAM VIVARELLI
CANNAIOLA
COMUNE
L’ ALFABETO
di VIVARELLI
Acrocephalus scirpaceus
Nei numeri precedenti:
Albanella Allocco Assiolo Allodola Airone cenerino Averla maggiore Averla piccola Aquila reale Ballerina bianca Ballerina gialla Barbagianni Beccamoschino Balestruccio Calandro
Capriolo Capinera Cervo
Cinghiale
Canapiglia
Canapino
Autunno 2010
Inverno 2010
Primavera 2011
Estate 2011
Autunno 2011
Inverno 2011
Primavera 2012
Estate 2012
Autunno 2012
Inverno 2012
Primavera 2013
Estate 2013
Autunno 2013
Inverno 2013
Primavera 2014
Estate 2014
Autunno 2014
Inverno 2014
Primavera 2015
Estate 2015
Tutte le foto sono state scattate
nel bolognese. I PDF degli arretrati
della rivistasi possono scaricare
dalla sezione AREA STAMPA
del sito di Emil Banca:
www.emilbanca.it.
Per altri scatti di Vivarelli
si può consultare il sito:
www.vivarelli.net.
La Cannaiola comune si concentra principalmente in prossimità di raccolte di
acqua dolce, come zone umide sempre piuttosto estese, lungo fiumi, e laghi.
Presente in Italia come nidificante, migratrice regolare e – occasionalmente –
svernante, presenta una distribuzione ampia ma frammentata. Il suo ambiente
principale, il canneto, lo si ritrova principalmente nelle zone interne e costiere
della Pianura padana, sulla costa adriatica e lungo quella tirrenica.
Raggiunge i 13-14 centimetri di lunghezza e un’apertura alare pari a 19-21
centimetri. Non si apprezzano particolari differenze estetiche né tra i due
sessi, né tra individui giovani e adulti, anche se questi ultimi appaiono, nel
complesso, di un colore grigio più marcato.
La specie alleva una sola covata l’anno, mentre il periodo riproduttivo
coincide, approssimativamente, con il mese di giugno. Depone 4-5 uova di
colore verde chiaro con macchie grigie, che vengono covate da entrambi i
partner per quasi due settimane. La Cannaiola comune è un volatile che si
nutre prevalentemente di insetti palustri e delle loro larve. Durante l’autunno
la sua dieta si allarga fino a comprendere anche bacche e frutti selvatici.
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ERBE DI CASA NOSTRA
Salice e Atropa Belladonna
Con un’erborista e una
naturopata per conoscere
le leggende, gli usi medici
e quelli tradizionali delle
piante della nostra provincia
Il nostro viaggio tra le piante velenose
dell’Appennino continua con la solanacea
dai fiori rosso bruni che danno bacche rosse
ed estremamente tossiche che maturando
diventano nere e lucide
Nessuna è
pericolosa come
la Belladonna
Rappresenta la fertilità, la bellezza e l’arte.
Da 200 anni conosciamo le potenzialità
dell’acido contenuto nella sua corteccia che
i babilonesi, e poi Ippocrate, usavano come
antinfiammatorio e contro la febbre
Amico Salice
Testo di Claudia Filipello
Il Salice, conosciuto anche con il nome di Salcio, è un albero di
grande interesse che ha accompagnato l’uomo fin dalla notte dei
tempi. è una pianta fortemente legata all’elemento acqua e alla
sua magia. Il suo spazio vitale è fatto di umidità e luce intensa.
Lo incontriamo, infatti, dove può intrecciare le sue radici lungo
le sponde di laghi, fiumi e in tutti quei terreni dove vi è ampia
disponibilità idrica. In tutti i luoghi in cui è presente troviamo
l’intreccio antico fra questo albero e il sapere che passa attraverso le mani dell’uomo, come per esempio l’arte di intrecciare
cesti e panieri o la tecnica della legatura della vigna.
Il termine Salice ha origine celtica e significa, non a caso, vicino
all’acqua. Per molti popoli antichi i fiumi presso cui i Salici crescevano erano le lacrime versate da questi alberi dalle lunghe e
argentate foglie. A dispetto del nome italiano maschile, il Salice
da sempre è considerato un albero legato alle divinità femminili,
in particolar modo alle dee lunari. La Luna, con la sua luce argentea simile al bianco lucente delle foglie del Salice, governa i
liquidi del cosmo, dalle maree alle emozioni umane. Non a caso
si dice lunatica di una persona in balia delle emozioni. Il forte
legame del Salice con le emozioni emerge in numerose culture;
in particolare veniva associato alle emozioni collegate al concepimento, alla nascita, alla bellezza, alla musica, alla poesia, alla
tristezza, alla separazione e alla morte. Per questo motivo in molte culture il Salice rappresentava la fertilità, la bellezza e l’arte.
Altro aspetto che collega il Salice all’Archetipo femminile è rappresentato dal suo tronco che si fa “grembo” e rifugio per tanti
piccoli animali, tra cui civette, gufi e scoiattoli.
Il Salice era anche l’Albero delle profezie, della guarigione e
della magia. Il mondo femminile, da sempre, per la sua alta
e sottile capacità comunicativa con il mondo invisibile della
Natura utilizzava pratiche terapeutiche in seguito condannate
dalla Chiesa. Le guaritrici divennero così streghe da mandare al
rogo. L’albero del Salice, insieme a tanti altri alberi rappresentativi del mondo femminile, divenne l’albero delle streghe. Così,
col tempo, venne sempre più associato al male e al diavolo,
quindi da evitare ad ogni costo.
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Testo di Lucilla Pieralli
Solo 200 anni fa il Salice riscopre la luce della sua potenzialità
grazie alla scoperta scientifica dell’Acido Salicilico contenuto
nella sua corteccia (Glucosidi Salicilici), precursore dell’Aspirina, farmaco più famoso del mondo. Già 3000 anni fa troviamo
però le prime tracce scritte dell’uso del Salice per gli stessi motivi
per cui viene utilizzato oggigiorno, impresse su di una lastra babilonese in terracotta. Qualche secolo dopo, Ippocrate lo propone come rimedio per la febbre.
La parte utilizzata a scopo terapeutico è la corteccia di rami di
soli due o tre anni di età. La corteccia, infatti, ha in sé tutti gli
elementi biochimici oltre che dai glucosidi salicilici, anche da
flavonoidi, catechine e tannini. L’azione terapeutica è di tipo
antinfiammatoria, antireumatica, antipiretica, antidolorifica, anticefalgica, poiché agisce elettivamente inibendo il ciclo delle
ossigenasi e la conseguente sintesi delle prostaglandine, responsabili della febbre, dell’infiammazione generale e del dolore.
La posologia raccomandata varia in rapporto alla concentrazione dell’estratto. Rispetto all’acido acetilsalicilico di sintesi
(farmaco), l’estratto di Salice è ben tollerato soprattutto a livello gastrico. Come per la somministrazione di tutti i fitoterapici,
è consigliato affidarsi ad un professionista. L’estratto di Salice,
infatti può essere responsabile di reazioni in soggetti allergici
all’aspirina-farmaco. Il fitoterapico non dovrebbe essere assunto
in gravidanza e sono possibili interazioni con farmaci fra cui antiaggreganti piastrinici, antiepilettici, metotrexate ma anche con
fitoterapici, fra cui Aglio e Ginkgo Biloba.
Il fiore del Salice è stato profondamente osservato ed amato da
Edward Bach, padre della floriterapia. Secondo Bach il fiore di
questo albero è collegato alla qualità spirituale della responsabilità verso se stessi, verso il proprio Sé. L’energia del fiore risuona con quello stato negativo in cui la persona cerca spesso di
attribuire la colpa e la responsabilità della propria condizione
al mondo esterno, orientandosi verso pensieri non costruttivi e
vittimistici. Concludendo, Willow, questo è il nome del Salice
nel repertorio della floriterapia di Bach, è il fiore del “Seme del
proprio destino”, ossia aiuta ed insegna ad orientarsi verso un
passaggio evolutivo dell’Anima importante e cioè dalla “vulnerabilità del fatalismo” alla “responsabilità e il potere verso se stessi
e verso le proprie azioni”.
Si dice che il nome le derivi dall’usanza che le donne
veneziane ne facevano anticamente: una lozione in acqua distillata per un collirio che faceva dilatare le pupille
per essere più seducenti, ma la pianta di Belladonna o
Atropa Belladonna, la più velenosa delle piante comuni,
è molto probabile che debba il suo nome ad altro.
Per esempio in Francia, le streghe erano chiamate bellefemme e l’uso dei veleni per eliminare nemici era più
frequente di quello per curare le malattie. Si trattava delle donne che avevano il potere delle erbe velenose, donne temibili e pericolose.
Belle donne dunque, e la bellezza in quei secoli era strettamente legata al male, alla morte, al maleficio, tanto da
veder associate poi la stregoneria alla femminilità e alla
bellezza seducente, facendo finire al rogo molte belle ragazze con la sola colpa di essere attraenti. Quanta strada
ha fatto l’umanità, ma quanta ne deve fare ancora......
Tornando alla nostra Atropa Belladonna, già Linneo la
definì così in riferimento ad una delle tre Parche, a colei
che recide il filo della vita.
Sì perché questa pianticella che cresce nei luoghi ombrosi dei nostri boschi, sopratutto verso le zone del Faggio è
una Solanacea che ha fiori rosso bruni che diventano poi
bacche rosse che maturando diventano nere e lucide, simili ad una ciliegina, ad un mirtillo, ad un ribes.
Ma una sola bacca può uccidere un bambino; figurarsi
cosa può fare in dosi maggiori.
I suoi principi attivi sono alcaloidi di cui la josciamina
è la principale causa dell’azione sul sistema nervoso periferico che viene paralizzato in dosi minimali. In dosi
maggiori la paralisi interessa anche il sistema nervoso
centrale con relative conseguenze. L’atropina invece, ancora oggi viene usata in oculistica per dilatare la pupilla
e permettere al medico una visita più approfondita.
Si usava anche come medicina nei crampi allo stomaco e
all’intestino, come sedativo per i malati di mente e come
anestetico durante le operazioni chirurgiche imbevendone spugne da far annusare al malato. I malcapitati sicuramente morivano spesso tanto per l’intervento che per
l’anestesia. Accelera i battiti cardiaci e quindi coinvolge
anche il muscolo cardiaco.
Insomma si tratta di un vero e proprio veleno, pericoloso e piuttosto diffuso nei nostri boschi da cui stare alla
larga.
La prima regola da insegnare ai bambini quando si passeggia nei boschi dunque è quella di non ingerire mai
bacche di cui non si sappia con certezza la provenienza
o l’origine botanica per non incorrere in spiacevolissime
situazioni. Come sempre il nostro intento in questa sede
è quello di mettere le persone in condizione di riconoscere le piante pericolose per evitarle con cura, sfatando
il mito che vorrebbe le erbe, tutte assolutamente innocue
e benigne. La natura non è sempre buona, a volte è madre a volte matrigna.
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San Benedetto Val di Sambro
L’appuntamento
Il Progetto
Terre bio Val di Sambro
per aiutare la montagna
Una domenica in giro per i boschi dell’Appennino alla scoperta di queste preziosissime
alleate della nostra salute e del nostro benessere. Un’occasione per immergersi per
qualche ora in un vero e proprio paradiso naturalistico. Appuntamento all’11 ottobre
A caccia di ERBE OFFICINALI
Riqualificare le aree rurali dell’Appennino e pianificare le
risorse territoriali per aiutare lo sviluppo dell’agricoltura
biologica e della coltivazione delle piante officinali. Questo il cuore del progetto “Terre bio Val di Sambro” sostenuto dal farmacista e cosmetologo Vincenzo Speghini e
dell’azienda cosmetica Cosmoderma di San Benedetto
Val di Sambro, ed ideato da Paolo Cuppini, ex imprenditore 50enne. Da anni il dottor Speghini si batte affinché
l’Appennino, dichiarato da poco patrimonio Unesco, si
trasformi in una sorta di banca di primizie biologiche uniche al mondo, che aggiungano valore al suo meraviglioso
territorio. Dopo avere creato “Ricettario Verde”, una linea
cosmetica rigorosamente biologica e certificata, si è buttato in questa nuova avventura, trascinando con se anche
Cuppini, che ha deciso di gettarsi anima e corpo in questo progetto: “Forse devo dire grazie alla crisi economica
perché mi sono dovuto reinventare - – spiega Cuppini Rimettendo ordine nella mia vita ho aperto un cassetto
chiuso da anni e ho ritrovato il mio diploma da agrotecnico. Poi abbiamo trovato un ettaro di terreno a pochi pas-
si dal fiume Sambro e ci siamo lanciati nella coltivazione
della Calendula. è importante fare comprendere il potenziale di questa esperienza anche ai più giovani”. Parole
condivise dal Dottor Speghini, che avendo dedicato tutta
la sua vita a questo ecosistema perfetto da cui è stato capace di estrarre balsami, lenitivi e cure per le più svariate
problematiche, da maggio scorso sta sensibilizzando le
persone del luogo sull’importanza delle erbe officinali.
Testo di Giada Pagani
Domenica 11 ottobre lungo i sentieri di San Benedetto Val
di Sambro, Speghini condurrà curiosi e turisti alla “Alla
scoperta delle erbe officinali” nell’ultimo di una serie di
appuntamenti realizzati per riscoprire una risorsa di cui
sono pieni i nostri boschi e le nostre splendide valli.
Un modo anche per ritrovare una socialità attiva: stare insieme da sempre aiuta a vivere a lungo e meglio. Lo sappiamo bene noi abitanti della montagna: la condivisione
e le relazioni umane sono qualcosa di magico, di cui non
potremmo fare a meno. Sarà un viaggio per scoprire questi
preziosi tesori dell’Appennino nel loro periodo di fioritura,
lontano dai rumori e dai ritmi concitati della quotidianità. Una serie di appuntamenti con la natura pensati per
promuovere le peculiarità naturalistiche del nostro piccolo grande mondo, un evento che nasce dalla profonda
esperienza in campo erboristico e medicinale del Dottor
Speghini. Il nostro simpatico Cicerone ci guiderà in questa
camminata bucolica per conoscere le proprietà e gli usi
delle erbe officinali. Potremmo osservarle da vicino e toccarle con mano, stupendoci della sterminata quantità di
piante che ogni giorno incontriamo e delle quali non sappiamo quasi nulla, con l’intento di imparare a riconoscerle
e a raccoglierle in modo poi da impiegarle nella nostra
vita di tutti i giorni. “Credo sia importante per l’uomo di
oggi riscoprire questo mondo da troppo tempo ignorato
ma che ha continuato caparbiamente ad esistere - spiega
Vincenzo Speghini - Le piante officinali sono preziosissimi
alleati della nostra salute e del nostro benessere, ricche
di sostanze antiossidanti e curative. Ci immergeremo per
qualche ora in un vero e proprio paradiso naturalistico”.
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Alla scoperta delle erbe officinali - L’appuntamento è
per domenica 11 ottobre alle 9.30 presso la Farmacia Speghini
di San Benedetto Val di Sambro (via Risorgimento 17).
L’escursione è gratuita. Per info e prenotazioni: 0534-95104 .
Oppure cercate la pagina della farmacia su Facebook.
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LA NOCE
LA NOSTRA CUCINA
Curiosità, consigli e ricette
della tradizione
culinaria bolognese,
dalla Montagna alla Bassa
a cura di Katia Brentani
La RICETTA della BASSA
RISOTTO ALLE PERE
CON GORGONZOLA E NOCI
La RICETTA della MONTAGNA
TAGLIATELLE
CON SALSA DI NOCI (AIEDA)
INGREDIENTI (per 4 persone):
12 gherigli di noci – 3 spicchi di aglio – 1 patata – 300 gr.
di tagliatelle all’uovo – sale – pepe
PROCEDIMENTO
In un mortaio pestare finemente le noci con l’aglio, aggiungere una patata lessata ancora calda, mescolare
bene e diluire con un po’ di acqua di cottura della pasta.
Salare e pepare.
Scolare le tagliatelle e condirle con la salsa di noci
(aieda).
Frutto eclettico quanto controverso, originario dell’Asia Minore ma
diffuso anche in Europa e Nord America, è da sempre oggetto di riti e
leggende. In cucina si usa in tante preparazioni, dai dolci alle tagliatelle
Tanta voglia di NOCI
Non esiste, forse, frutto più controverso della noce e dell’albero che
la genera. Originario dell’Asia Minore, l’albero del noce appartiene
alla famiglia delle Juglandacee, dal
termine latino Iovis glans, ghianda
di Giove, a testimonianza della sacralità e del legame con la divinità.
Tuttavia, fin dai tempi più antichi, il
noce e i suoi frutti sono stati oggetto
di storie e leggende che, nei secoli, hanno contribuito ad attribuire
a questo albero e ai suoi frutti una
nomea più o meno sinistra al punto che ancora oggi si usa il termine
“nocivo” per indicare qualcosa di
dannoso per la salute. In particolare l’albero del noce è legato all’elemento femminile e alle storie nate
alle streghe. Ma come si è arrivati a
questa fama sinistra? Indubbiamente fin dai tempi più antichi il noce
è stato amato e odiato: indispensabile dal punto di vista alimentare e
temuto per le leggende nate attorno
alle sue fronde.
Il frutto del noce è una drupa. La
parte esterna (esocarpo o mallo)
carnosa e profumata, scurisce rapidamente una volta a contatto con
l’aria grazie alla presenza di tannini. Quella interna (endocarpo) è
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composta da un involucro legnoso
a due valve, divisa in quattro partimenti, distinti da setti legnosi imperfetti, che ospitano il gheriglio
(seme).
Versatili, oleose e dal sapore sfizioso e gradevole, le noci sono state
usate, e lo sono ancora oggi, come
ingredienti per la preparazione di
gustose ricette, dagli antipasti ai
primi piatti, ai dolci, senza dimenticare il pregiato liquore, il Nocino, o Nocello, che si ricava dai
malli acerbi raccolti, come vuole
la tradizione, la Notte di San Giovanni che coincide con il Solstizio
d’Estate.
Nocino che si prepara dalla campagna alla montagna. Di ricette sul
nocino se ne trovano tante. Qui a
fianco potete leggere la nostra.
Se il nocino si prepara ovunque, la
“Aieda” invece è una salsa di noci
che veniva preparata sulle montagne del nostro Appennino e veniva
utilizzata per condire le tagliatelle
o i maltagliati. Si può gustare anche
oggi in alcuni agriturismi o trattorie
dell’Appennino Bolognese.
Nelle campagne bolognesi le noci
si accompagnano soprattutto alle
pere e al gorgonzola.
Notizie, curiosità e ricette
sono tratte da “Ti do una
noce!” – Manuela Fiorini
– Collana I Quaderni del
Loggione – Damster Edizioni.
Il NOCINO
INGREDIENTI
1 litro di alcool etilico – 1 kg di malli
di noci nazionali (30-33 noci) raccolte nel periodo attorno al 24 giugno –
700/800 gr. di zucchero semolato
PROCEDIMENTO
La difficoltà nella preparazione sta
nella scelta delle noci e del loro periodo di maturazione, che richiede capacità ed esperienza. Le noci debbono
possibilmente provenire da vecchie
piante, meglio se di collina, esposte
al sole e comunque lontane da fonti
inquinanti come ad esempio strade
molto frequentate. Le noci vanno lavate sotto l’acqua corrente e tagliate
in 4 spicchi. Vanno messe in un vaso
di vetro a bocca larga e ricoperte con
lo zucchero. Si lasciano macerare al
sole per non più di 2 giorni (un tempo superiore renderebbe il prodotto
troppo amarognolo), poi si aggiunge
l’alcool mescolando. La macerazione
va continuata sempre al sole sino a
Natale, con la raccomandazione di
aprire il vaso per mescolare e ossigenare il prodotto ogni giorno per i
primi due mesi.
INGREDIENTI (per 4 persone):
300 gr. di riso – 100 gr. di gorgonzola dolce – 40 gr. di
burro – 1 scalogno – 2 pere kaiser – ½ bicchiere di vino
bianco secco – brodo vegetale q.b. – sale – pepe – 4
gherigli di noci
PROCEDIMENTO
Tritare finemente lo scalogno e farlo stufare a fuoco
basso in una pentola con metà del burro. Sbucciare le
pere, tagliarle a cubetti e unirle al soffritto. Dopo qualche minuto, unire il riso, sfumare con il vino, poi portare
a cottura aggiungendo gradualmente il brodo. Mescolare spesso.
A qualche minuto da fine cottura, unire il gorgonzola
a pezzetti, il burro restante e mantecare bene avendo
cura di lasciare il risotto morbido.
Servire il riso caldo, cosparso di noci tritate.
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AgriManager
2015
L’evento
Fino a metà novembre nei Comuni della
montagna la grande manifestazione
dedicata al tartufo bianco pregiato dei
Colli Bolognesi e ai prodotti del bosco
Emil Banca e Agri 2000 invitano gli imprenditori agricoli delle
provincie di Bologna, Ferrara e Modena a partecipare a AgriManager 2015, iniziativa per favorire la crescita della competitività delle imprese.
In Appennino
è TARTUFESTA
Quindici comuni coinvolti per circa 30 giornate di festa
dedicata al re del bosco: il tartufo bianco pregiato dei
Colli Bolognesi. Da ottobre a metà novembre, nei comuni
dell’Appennino e in molte frazioni andrà in scena l’edizione 2015 della Tartufesta, la tradizionale sagra diffusa
che mette al centro i prodotti del bosco, primo fra tutto il
pregiato fungo apogeo che tanti ci invidiano. Per un mese
e mezzo, nei centri della montagna bolognese si terranno
sagre e feste con mercatini e menu prelibati tra gastronomia, tradizioni e cultura.
Cuore della festa saranno, come di consueto, Sasso Marconi, dove la festa occuperà il centro per due week end
consecutivi toccando anche lo splendido Borgo di Colle
Ameno, e Savigno, nella Valsamoggia, dove il tartufo sarà
protagonista per ben tre domeniche consecutive.
Oltre che negli stand gastronomici, i menù a base di tartufo saranno serviti anche nei ristoranti del territorio che
però per fregiarsi del logo della Tartufesta, dovranno atte-
nersi ad un rigido disciplinare: i ristoranti, come gli agriturismi o le associazioni che aderiscono a Tartufesta, si impegnano a presentare un menu degustazione con prodotti
locali e freschi di stagione. I vini devono essere del territorio e le preparazioni gastronomiche devono far riferimento
alla tradizione bolognese; la sfoglia deve essere lavorata
a mano e non sono concesse mescolanze con specie di
tartufo non locale o meno pregiato. Accanto ai prezzi del
menu deve essere riportato il prezzo del Tartufo espresso
in euro per grammo.
Anche quest’anno, una parte della manifestazione sarà dedicata alle Tartuvisite: visite guidate nel bosco alla ricerca
di funghi e tartufi e in giro per i più suggestivi borghi del
territorio.
Per il calendario completo degli eventi che fanno riferimento alla Tartufesta si può fare riferimento al sito della
Citta Metropolitana che ha aperto una sezione dedicata
all’evento: www.cittametropolitana.bo.it/tartufesta/
Elenco delle TARTUFESTE
OTTOBRE
Sabato 3 e domenica 4 Lizzano in Belvedere
Domenica 11 San Benedetto Val di Sambro
Domenica 11
Monzuno
Domenica 11 Vergato
Domenica 11 Scascoli (Loiano)
Sabato 17 e domenica 18 Pianoro
Domenica 18
Monzuno
Domenica 18Castiglione dei Pepoli
Domenica 18Castel di Casio
Domenica 18 San Benedetto Val di Sambro
Sabato 24 e domenica 25Sasso Marconi e Borgo di Colle Ameno
Domenica 25
Festa del Bosco - Loiano
Domenica 25
I Sapori d’autunno - Gaggio Montano
Domenica 25Campolo (Grizzana Morandi)
NOVEMBRE
Sabato 31 ottobre e domenica 1Sasso Marconi
Sabato 31 ottobre e domenica 1Camugnano
Domenica 1Savigno (Valsamoggia)
Domenica 1Monghidoro
Domenica 8
Grizzana Morandi
Domenica 8Savigno (Valsamoggia)
Domenica 15Savigno (Valsamoggia)
12
Perché Agrimanager? Il settore agricolo svolge un ruolo di
grande importanza, non solo per la produzione di alimenti,
ma anche per la salvaguardia del paesaggio e per il mantenimento di attività economiche in aree spesso svantaggiate.
Emil Banca, consapevole del valore socioeconomico del settore, ha deciso di avviare in collaborazione con la società Agri
2000, un’iniziativa per sensibilizzare gli imprenditori sui temi
della gestione manageriale delle loro aziende e per fornire
un supporto utile alla crescita della loro capacità competitiva.
Per partecipare basterà rispondere a poche domande (20
minuti) sull’organizzazione e gestione dell’impresa, senza bisogno di consultare alcun documento aziendale.
A tutti i partecipanti sarà inviato un Report AgriManager
personalizzato, realizzato attraverso il “Rating Imprenditore
Agricolo Manageriale” messo a punto da Agri2000, con indicazioni specifiche per migliorare le proprie performance.
Chi parteciperà all’iniziativa sarà invitato all’evento conclusivo, una serata convivale dedicata allo sviluppo della managerialità in agricoltura.
Tutte le informazioni sono disponibili sul sito di Emil Banca; le
partecipazioni all’iniziativa saranno accolte dal 1 ottobre 2015
al 30 novembre 2015.
LA TUA AZIENDA È COMPETITIVA?
PARTECIPA AD AGRIMANAGER 2015 PER CONOSCERE IL TUO PROFILO MANAGERIALE
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personalizzato con il Rating Imprenditore Agricolo Manageriale (Agri2000©)
Miele biologico
Produzioni locali
IL MIELE DEL TERRITORIO
tipi e caratteristiche
Lo SCARABEO AFRICANO
che minaccia i nostri alveari
Testo di Andrea Besana - Il Borgo del Miele
L’apicoltura Italiana sta attraversando un difficile momento, che pone pesanti interrogativi per il futuro. Si moltiplicano gli allarmi da parte degli addetti ai lavori circa le
pesanti perdite di alveari che fanno assomigliare sempre
più l’uscita dall’inverno ad un bollettino di guerra.
In causa sono chiamati innumerevoli fattori che sommando i loro effetti finiscono per ostacolare se non addirittura
impedire la sopravvivenza di insetti, abituati a vivere sul
nostro pianeta da milioni di anni.
Le malattie delle api occupano sicuramente un posto d’onore tra le preoccupazioni di noi apicoltori. Vecchi nemici delle api ai quali purtroppo se ne aggiungono altri,
portati nel nostro continente dall’incessante marea della
globalizzazione.
Ultimo fra tutti il ritrovamento in Calabria, alla fine del
2014, di uno scarabeo di origine africana in grado di riprodursi all’interno degli alveari arrecandone gravi danni, fino a compromettere pesantemente la capacita produttiva delle colonie infestate. L’apicoltura europea sta
seguendo in questi mesi con il fiato sospeso il tentativo
di arrestare la diffusione di questo coleottero, sforzo che
sembra però davvero improbo.
Descrivendo i mali odierni delle nostre api non possiamo
infine tralasciare il massiccio, spesso scriteriato utilizzo
di insetticidi in agricoltura. Frutteti, vigneti, orti e giardini
si stanno trasformando, attraverso l’uso ed abuso di mo-
14
lecole chimiche, in luoghi inospitali per qualsiasi insetto.
La sofferenza delle api, testimoniata da chi come noi ha
scelto di allevarle come mestiere per la vita, non è che
la punta dell’iceberg di un inesorabile declino di insetti
impollinatori utili, dalle api selvatiche fino alle farfalle,
come testimoniano diversi studi scientifici internazionali.
Ma cosa c’entro io con il declino delle api?
L’errore più grande che possiamo commettere è pensare
che questo sia un problema solo degli apicoltori. Le api
infatti, con i loro innumerevoli voli alla ricerca di fiori,
sono sentinelle efficaci e instancabili dello stato di salute
dell’ambiente circostante. Possiamo davvero pensare che
un ambiente ostile alla sopravvivenza delle api sia invece
un ambiente sano dove vivere e far crescere i nostri figli?
Cosa posso fare allora per contribuire a risolvere il problema? Molti dei nostri gesti quotidiani possono rappresentare un concreto segno di cambiamento. Ecco alcuni
esempi: limitiamo nei nostri giardini l’utilizzo di insetticidi allo stretto necessario (se necessario…), scegliendo se
possibile molecole meno tossiche per le api. Chiediamo
che chi effettua le disinfestazioni per le zanzare nei nostri giardini condominiali, così come chi gestisce il verde pubblico, adotti pratiche e prodotti a basso impatto
ambientale. Sopportiamo di avere il parabrezza dell’auto
sporco senza pretendere che il comune esegua un trattamento insetticida sugli alberi del viale sotto casa. Pro-
muoviamo sistemi agricoli rispettosi dell’ambiente con
limitato utilizzo di molecole chimiche, ad esempio, acquistando quando possibile prodotti da agricoltura biologica. Informiamo e raccontiamo a chi ci sta intorno il
problema della sopravvivenza delle api e degli insetti utili
in generale.
Solo lo sforzo e l’impegno di tutti potrà permettere di
mantenere vive le api, portatrici di fertilità per le piante,
biodiversità e patrimonio irrinunciabile per il nostro pianeta e per tutti i suoi abitanti.
Aethina tumida - Si chiama
anche coleottero degli alveari ed
è un insetto della famiglia dei
Nitidulidae infestante delle colonie di Apis mellifera.
Il piccolo coleottero può causare
il danneggiamento dei favi e la
perdita di miele e polline, portando all’estrema conseguenza
della perdita della famiglia.
È originaria del Sudafrica,
in Italia è stato individuato
tra Calabria e Sicilia.
Benvenuti in un mondo
di interessi comuni.
MIELE DI ACACIA - Di colore chiaro, resta liquido a lungo. Odore e gusto delicato, tipicamente vanigliato (confettato). Ha un elevato potere dolcificante.
MIELE DI CASTAGNO - Di colore ambra più o meno scuro, ha una cristallizzazione lenta. Odore caratteristico:
aromatico, pungente, di legno, di tannino, fenolico. Gusto
poco dolce e amaro.
MIELE DI SULLA - Di colore chiaro, tendente al bianco
quando cristallizza. Odore e gusto delicato con una gradevole nota vegetale.
MIELE DI CORIANDOLO - Colore ambrato. Odore intenso
e vegetale. Gusto fine, caldo, caramellato, di cocco disidratato, con un retrogusto speziato.
MIELE DI ERBA MEDICA - Colore ambra chiaro quando è
liquido e nocciola quando è cristallizzato. Odore e gusto
vegetale, di fieno tagliato, di cera d’api fusa.
MIELE DI TIGLIO - Colore ambra quando liquido, beige
quando cristallizzato. Gusto fresco, mentolato, balsamico. Amaro non percettibile o leggero.
MIELE MILLEFIORI - Miele che viene prodotto dai moltissimi fiori che caratterizzano la zona di raccolta. Per
questo può avere sapore e colore diversi di stagione in
stagione e a seconda del luogo
MIELE DI MELATA - Di colore scuro, quasi nero. Odore di
marmellata, di pomodori verdi. Sapore non troppo dolce,
di verdura cotta, prugne secche, con una nota salata.
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consultare i fogli informativi disponibili in Filiale
e su www.emilbanca.it.
Le mille difficoltà degli apicoltori locali tra vecchie malattie, nuovi parassiti e
brutte abitudini che non si riescono a perdere. Da Argelato un invito a collaborare:
tutti assieme possiamo difendere le api, ecco qualche consiglio
Il Borgo del Miele - L’azienda nasce ad Argelato nel 2012
dalla passione per l’allevamento delle api e dalla volontà di
realizzare un’attività indipendente. Da subito intraprende la
conversione al metodo biologico, che ritiene lo stile di produzione più rispettoso per l’ambiente e per il prodotto che le api
ottengono con il loro lavoro: il miele. Attualmente producono
i mieli caratteristici del nostro territorio allevando circa 400
alveari, non senza diverse difficoltà.
15
progetto grafico: STAB, bologna
MONZUNO
Solito grande successo per l’evento organizzato
dalla macelleria Zivieri. Emil Banca e Ascom
hanno premiato Haus269 e la galleria d’arte
contemporanea P420
Sette volte
CHEF…
AL MASSIMO
già tutti in coda
per l’ottava
Un’altra edizione super, un altro successo per la macelleria Zivieri e per tutto Monzuno che per il settimo anno
consecutivo ha accolto una vera e propria marea umana
che, come ormai da tradizione, la prima domenica di settembre accorre in questo piccolo centro dell’Appennino
bolognese per una delle più belle manifestazioni gastronomiche di tutto lo Stivale.
A dimostrarlo, ancora una volta i numeri: venti chef, alcuni
addirittura stellati, venti cantine, del territorio ma non solo,
e quasi cento volontari che in due giorni hanno allestito
palco, “cucine”, centinaia di tavoli e decine e decine di
gazebo sotto cui hanno banchettato oltre 2.300 persone.
Per l’occasione, Ascom ed Emil Banca, che da sempre
sostengono la manifestazione, hanno consegnato i premi
in memoria di Massimo Zivieri, il miglior macellaio d’Italia
prematuramente scomparso nel 2008 in cui ricordo la
famiglia, l’intero paese e gli chef a cui serviva la carne,
hanno voluto dedicare questa bellissima manifestazione.
Quest’anno i riconoscimenti dedicati agli imprenditori
under 40 che si sono distinti per innovazione, passione e
DODICESIMA EDIZIONE
In alto, il centro di Monzuno invaso dai buongustai. Sopra,
Ravaglia (primo a sinistra) e Postacchini (secondo da destra)
consegnano i premi Ascom-Emil Banca a Haus269 e P420.
professionalità (le caratteristiche che tutti riconoscevano
a Massimo) sono andati a Barbara Pettignano della Haus
269 di Bologna (negozio di materiale di design per cucina)
e a Fabrizio Padovani e Alessandro Pasotto della galleria
P420 Arte Contemporanea, sempre di Bologna.
I premi sono stati consegnati da Daniele Ravaglia, direttore di Emil Banca, e da Enrico Postacchini, presidente di
Ascom, nel primo pomeriggio, prima del concerto della
band di Fio e Massimo Zanotti (a cui hanno partecipato
anche Roberta Carrese, Silvia Cortesi e il tenore Cristiano
Cremonini) e subito dopo un piccolo dramma collettivo:
Aldo, il fratello di Massimo che oggi ha preso in mano le
redini della macelleria, ha annunciato dal palco che Chef
al Massimo si sarebbe concluso con la settimana edizione. Momento di panico generale, consultazioni e tante
pacche sulle spalle. Passati cinque minuti, convinti dai
tanti incoraggiamenti di cuochi, mangiatori e volontari, il
passo indietro: con tutta probabilità, e a furor di popolo,
l’ottava edizione di Chef...al Massimo ci sarà. Appuntamento a domenica 4 settembre 2016.
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Rocchetta Mattei
Speciale Castelli
Un viaggio nel castello medieval-moresco
di Riola appena restaurato e riaperto
al pubblico dopo anni di abbandono.
Voluto e ideato dal conte Cesare Mattei,
fu costruito a partire dal 1850 su un
complesso appartenuto al Barbarossa. In
queste stanze il conte alchimista preparava
i suoi misteriosi prodotti elettromeopatici
che poi vendeva in tutto il mondo
Il fascino
esoterico della
ROCCHETTA
MATTEI
e la straordinaria vita
del suo ideatore
COME UN LOGO - A sinistra, accanto al ritratto del conte
Mattei, l’etichetta con l’immagine della Rocchetta, marchio di
fabbrica per i suoi prodotti.
Testo di Claudio Evangelisti
Foto di Salvatore di Stefano
Nella Valle del Reno, precisamente a
Riola, nel Comune di Grizzana Morandi, esiste una costruzione fantastica
che risale a metà ottocento: la Rocchetta Mattei. Appena riaperta al pubblico,
l’abbiamo visitata assieme a Claudio
Carelli, presidente dell’Archivio Cesare Mattei, per scoprire e svelarvi le
sue meraviglie architettoniche in stile
medioevale-moresco e i misteri che si
celano dietro alla figura del suo bizzarro ideatore: il conte Cesare Mattei, alchimista e padre della Elettromeopatia.
LE ORIGINI - La dinastia dei Mattei
prende forma nel 1600, quando gli
antenati di Cesare coltivavano le terre
di Scascoli, nella montagna bolognese. Il nonno Andrea Mattei, trasferitosi
a Bologna nel 1776, fece fortuna con
commercio della canapa, con le compravendite di terreni e con l’acquisto
18
di beni confiscati agli ecclesiastici. Nel
1827, a 18 anni, Cesare Mattei, alla
morte del padre Luigi, ereditò l’ingente patrimonio famigliare e si trovò a far
parte dell’emergente borghesia bolognese. Nel 1847 fu fatto conte da Papa
Pio IX per la cessione allo Stato Pontificio di un possedimento strategico nel
ferrarese. Fu Tenente Colonnello della
Guardia Civica e Deputato al Parlamento elettivo di Roma nel 1848. Colto
e fine pensatore, venne citato da Dostoevskji nei Fratelli Karamazov, per le
sue doti di guaritore. Il conte fece della
Rocchetta Mattei, il punto di riferimento
di illustri personaggi che arrivavano da
ogni parte del mondo attirati dalle guarigioni miracolose ottenute dai suoi misteriosi rimedi elettromeopatici. Ospiti
di rango della Rocchetta furono Ludovico III di Baviera e il principe Woronzow,
aiutante generale dello Zar Alessandro
II. L’attrazione magnetica scaturita dalla visione di questo magnifico castello,
sede degli esperimenti segreti del conte,
pare sortisse effetti benefici per ogni genere di malattia. In effetti la Rocchetta
Mattei venne usata come marchio di
fabbrica per i suoi prodotti.
La scelta di questa altura posta a 407
metri di altezza, fu dovuta al suo isolamento e per la posizione strategica.
Situato sulla confluenza dei fiumi Limentra e Reno, l’insieme di edifici che
forma il castello è collocato su un complesso medievale, appartenuto agli imperatori Federico il Barbarossa e Ottone IV e dominio della contessa Matilde
di Canossa.
ENTRIAMO NEL CASTELLO - Lo stile
prevalente è il moresco, a cui si aggiunge l’architettura italiana medioevale e
liberty. Il castello era autonomo, vi era
una fornace per la cottura dei laterizi e
un sistema di alimentazione idrica che
sfruttava le acque del Limentra. L’ingresso principale si apre sulla provinciale
che da Riola porta a Castiglione dei
Pepoli. Un’iscrizione in alto ricorda
l’origine e il compimento dell’edificio.
«Il conte Cesare Mattei sopra le rovine
di antica rocca edificò questo castello
dove visse XXV anni - si legge - Benefico ai poveri, assiduamente studioso
delle virtù mediche dell’erbe per la
qual scienza ebbe nome in Europa ed
era cercato dagli infermi il suo soccorso. Mario Venturoli Mattei compié l’edificio e secondo il voto di lui nel X
anno dalla morte ne portò qui le ceneri
con amore e riconoscenza di figlio. Il
III Aprile MCMVI».
Una larga e comoda scala composta da
gradini monolitici trasportati da carri
trainati da buoi e provenienti dalle vicine cave di Montovolo, patria dei maestri comacini, conduce a un Ippogrifo
a guardia dell’entrata. Tale leggendario
animale, incrocio tra un Grifone e un
Cavallo viene da sempre considerato come animale domestico utilizzato
dai maghi. All’interno dell’arco d’entrata campeggia la testa di un leone
dalla chiara valenza esoterica, simbolo
di luminosità e forza. In alto, a fianco
della stupenda porta d’entrata in vetro
piombato multicolore, un’Arpia regge
il mondo a significare che il male ha
preso in ostaggio il nostro pianeta. Le
due diverse cariatidi che sostengono lo
stipite dell’entrata al cortile della fonte
battesimale rappresentano il bene e il
male. Il catino occupa il centro del cortile proviene dalla parrocchiale di Verzuno e da quell’unico balcone appoggiato su due mensole provenienti dalla
basilica di San Petronio, il conte avrebbe voluto che si affacciasse Papa Pio IX,
ma ciò non fu possibile per le continue
mutazioni politiche. In questo cortile, il
5 novembre 1850, alla presenza di pochi amici, Cesare Mattei pose la prima
pietra della costruzione, da lui chiamata col vezzeggiativo di Rocchetta.
Da un’altra scalinata si può ammirare
una parete con numerosi croci scolpite
e altrettanti pellicani, che rappresentano il simbolo primordiale del cristianesimo. Uscendo per uno dei tanti percorsi possibili e lasciandosi alle
spalle altri innumerevoli manufatti di
alto pregio, sentiamo i rintocchi della
campana del castello dovuti ad uno dei
primi orologi elettrici a muro del quale
il conte si vantava alla fine dell’800.
Di notevole impatto è il magnifico loggiato noto come Loggia Carolina in
stile orientale. Non è ancora visitabile
il laboratorio del conte all’interno della Torre della Visione, così come la sua
piccola camera da letto che si raggiunge attraverso un ponte levatoio. Tale
precauzione fu usata negli ultimi anni
di vita perché, in preda a deliri di persecuzione, Mattei si sentiva minacciato.
Dopo aver ammirato i suoi favolosi cortili, come quello della fontana dei Leoni in stile Alhambra, e le altre sale del
castello, come la Sala della Pace in stile
liberty e lo studio con il soffitto decorato da stalattiti realizzate in cartapesta, si
può visitare la fantastica cappella ad archi che ricorda la cattedrale di Cordoba.
Al piano superiore della cappella si trova la stanza che contiene le spoglie del
conte. Come da suo testamento Cesare
Mattei riposa dentro un’arca rivestita
di maioliche. L’arca non riporta alcun
nome, ma soltanto un’iscrizione: «Anima requiescat in manu dei» oltre a questo suo epitaffio: «Diconsi stelle di XVI
grandezza e tanto più lontane sono che
la luce loro solo dopo XXIV secoli arriva
a noi. Visibili furono esse coi telescopi
Herschel. Ma chi narrerà delle stelle anche più remote: atomi percettibili solo
colle più meravigliose lenti che la scienza possegga o trovi? Quale cifra rappresenterà tale distanza che solo correndo
per milioni d’anni la luce alata valicherebbe? Uomini udite: oltre quelle spa-
19
Rocchetta Mattei
Speciale Castelli
ziano ancora i confini dell’Universo!».
Accanto alla chiesa si trova il salone dei
Novanta abbellito dal rosone in vetro
con l’effige di Mattei, tale sala fu così
chiamata perché il conte avrebbe voluto tenervi un banchetto di vecchi nonagenari quando avesse raggiunta questa
età. Morì prima del tempo senza aver
vista la sala compiuta, che fu terminata
dal figlio adottivo Mario Venturoli Mattei. Varie costruzioni minori, destinate
un tempo a locali di servizio e oggi trasformate in villette, coronano il corpo
principale.
IL SEGRETO DELLA NUOVA MEDICINA - è molto probabile che la perdita
della madre colpita da tumore nel 1840,
nonostante fosse curata dai migliori medici del tempo, fu per Mattei, la scintilla
che innescò l’interesse per esperimenti
di magnetismo e l’avversione per la medicina ufficiale. Iniziò così la sperimentazione di numerosi prodotti da lui creati e tenuti segreti. Seguace di Paracelso e
come un novello alchimista autodidatta,
il conte elaborò questa nuova scienza
medica che chiamò Elettromeopatia.
Come descritto dall’ingegner Alessandro Rapparini dell’Archivio Museo Cesare Mattei, “alla base di questa terapia
rimasta segreta, erano riuniti il potere
delle erbe con quello dei liquidi elettrici, usati poi sul corpo per bilanciare
le polarità, analogamente alla medicina
tradizionale cinese (spesso si trovano
mappe con le polarità del corpo umano
allegate alla fine dei suoi volumi, ndr)”.
Nel 1850 il conte lasciò la carriera po-
20
litica e gli agi mondani di Bologna ritirandosi definitivamente nel suo castello
(dal 1859) per dedicarsi allo studio della
nuova medicina. Iniziò curando gratuitamente i coloni e i poveri del comune,
distribuendo gratis i suoi prodotti a Bologna e all’Ospedale Militare di Roma.
Da queste due città l’Elettromeopatia si
sparse a macchia d’olio. Nel 1869 incontrò a Roma un entusiasta Papa Pio
IX che tramite L’Osservatore Romano fu
messo al corrente delle miracolose guarigioni. Dopo aver studiato i fondamenti
di Hahnemann (fondatore dell’Omeopatia) e benché avversato dalla medicina tradizionale, iniziò la produzione e
la commercializzazione dei suoi rimedi elettromeopatici esportandoli anche
all’estero. Il castello divenne così la
sede della nuova medicina mondiale
che il conte divulgò con grande successo in tutto il pianeta. I suoi prodotti
omeopatici venivano portati al laboratorio centrale di Bologna in via Mazzini
46 per essere confezionati e spediti nei
107 depositi sparsi nel mondo: dall’Asia
all’Africa, dalle Indie Orientali a tutta
l’Europa, dagli Stati Uniti alla Russia.
Come un vero mecenate di altri tempi,
Mattei diede lustro a questo territorio
montano, povero e poco abitato che conobbe sviluppo e prosperità anche grazie alla costruzione della linea ferroviaria Bologna-Riola da lui voluta. Come
un vero feudatario organizzò una corte
composta da sopraintendenti, cuochi,
camerieri, cantinieri, fattori e anche un
buffone che suonava il violino e face-
va i burattini. Negli ultimi anni di vita,
circondato da un alone di stranezza e
mistero si estraniò dal mondo fino al
giorno della sua morte avvenuta a 87
anni, il 3 aprile 1896. Il suo funerale fu
celebrato da 60 sacerdoti e oltre 6000
persone vennero a recargli omaggio.
Nel 1890 l’imperatrice Elisabetta d’Austria si serviva dei prodotti Mattei e lo
stesso generale Radetzki guarì da una
grave malattia degli occhi. Nel 1914
nonostante la morte di Mattei e per merito del figlio adottivo Mario Venturoli
Mattei, i depositi arrivano fino a 266
con l’aggiunta di Egitto, Canada, Australia e Sud America e tanti altri paesi
come Giappone e Cina dove i missionari portarono il Rimedio Antiscrofoloso che ottenne ottimi risultati contro
l’epidemia di colera.
Nel 1925 La Rocchetta Mattei ricevette la visita in forma ufficiale da S.A.R.
il Principe di Piemonte. Solo dopo il
1945 il Ministero della Sanità obbligò
il Laboratorio Farmaceutico Elettromeopatico Mattei a dichiarare la composizione dei 33 componenti fitoterapici
contenuti nei suoi rimedi segreti, ma
ancora oggi non è stato svelato il metodo di preparazione. Sappiamo quindi
che base di uno dei suoi più importanti
rimedi officinali era la pianta della cannabis che solo ora, dopo oltre un secolo, è stata riconosciuta come rimedio
antitumorale e nel trattamento di certe
patologie: il Rimedio Anticanceroso 2
che conteneva il 25% di Cannabis sativa, riconosciuta come sostanza stupefacente, venne vietato dal Ministero
della Sanità a partire dal 1958. A tal
riguardo il Carelli ritiene molto probabile che l’introduzione della pianta
Cannabis fu dovuto al figlio adottivo
Mario Venturoli Mattei. La produzione
di altri rimedi sia in granuli, in liquidi
o in pomata durò fino al 3 dicembre
1969 anno in cui il Laboratorio Omeopatico Mattei cessò ogni attività.
LA TEORIA DELL’ACQUA INFORMATA - è stato il premio Nobel Luc
Montagnier a scoprire che alcune sequenze di Dna possono indurre segnali
elettromagnetici di bassa frequenza in
soluzioni acquose altamente diluite, le
quali mantengono poi «memoria» delle caratteristiche del Dna stesso. Tale
scoperta riconduce agli esperimenti
sulle diluizioni dei rimedi liquidi del
conte Cesare Mattei. Sempre Carelli
ci informa che “la Torre della Visione
dove avvenivano gli esperimenti di
Mattei era provvista di quattro antenne e di un tetto concavo adatto a raccogliere le acque piovane. Altri studi
hanno evidenziato come la pianta del
castello avesse una rispondenza con
la pianta stellare copernicana adattata
ad attirare le correnti cosmiche ed elettromagnetiche per la preparazione dei
suoi fluidi elettrici”.
Quali sono le conclusioni? “Innanzitutto che, spiega Montagnier, tramite
lo studio della memoria dell’acqua informata si potranno sviluppare sistemi
diagnostici finora mai progettati, basati
sulla proprietà “informativa” dell’acqua biologica presente nel corpo umano: malattie croniche come Alzheimer,
Parkinson, Sclerosi multipla, Artrite
reumatoide, e le malattie virali, come
Hiv-Aids, influenza A ed epatite C,
“informano” l’acqua del nostro corpo
(acqua biologica) della loro presenza,
emettendo particolari segnali elettromagnetici che possono essere poi “letti”
e decifrati».
Nuovi farmaci potrebbero nascere dalla
possibilità che avrebbe il principio attivo, utilizzato in bassi dosaggi, di informare l’acqua presente all’interno del
nostro organismo. L’acqua, nel trasmettere determinate informazioni, diventerebbe veicolo di particolari messaggi
che riattiverebbero le funzionalità compromesse da talune patologie. Questo
consentirebbe, secondo Montagnier,
un abbassamento del dosaggio e della
tossicità dei farmaci, conservando inalterata l’efficacia.
Era questo il segreto del conte? Dal
ritrovamento del Vademecum Mattei
manca proprio l’ultima pagina con la
preparazione dei suoi prodotti…
Ora, dopo oltre trenta anni, questo
splendido maniero è stato riaperto il 9
agosto 2015, dopo anni di costosissimi
restauri da parte della Fondazione Carisbo e grazie ai volontari dell’Archivio
Museo Cesare Mattei che nel primo
giorno di apertura hanno ricevuto oltre
mille visitatori. La storia straordinaria di
questa favolosa costruzione, vera regina
dell’Appennino, continua…
Per approfondimenti:
www.cesaremattei.com
21
Mugello
Speciale Castelli
Fu costruito all’inizio del Trecento dopo la sconfitta della potente famiglia degli Ubaldini.
Nel Quattrocento venne ampliato e divenne la sede degli ufficiali della Repubblica
Fiorentina. Oggi ospita anche il Museo dei Ferri Taglienti
SCARPERIA e il Palazzo dei Vicari
tra assedi, guerre e tradimenti
Testo di Michelangelo Abatantuono
Fin dagli albori del Mille dominavano
ampia parte del Mugello, l’alta valle del
Santerno e si spingevano nel bolognese
giù per la valle del Savena fino a Loiano e a Pianoro. Gli Ubaldini, pur non
avendo mai raggiunto la dignità comitale, furono ricchi e potenti e divennero il principale ostacolo all’espansione
del Comune di Firenze nella montagna.
Ma creavano ostacolo anche ai traffici
commerciali lungo le vie del Giogo e
dello Stale (Futa), vere e proprie “autostrade” dei secoli medievali.
Per porre termine allo strapotere degli
Ubaldini nell’alto Mugello, all’inizio
del Trecento Firenze progettò un attacco su due fronti: assediò ripetutamente
i loro castelli e fondò nuovi borghi murati per giungere ad un più stretto controllo del territorio (Firenzuola nel 1332
e Scarperia).
Nell’estate 1302 i Guelfi Bianchi (tra
cui militava anche Dante Alighieri),
cacciati da Firenze, diedero vita alla
lega di San Godenzo, alleandosi con
22
Bologna, Pistoia e gli Ubaldini di Montaccianico. Lo scontro precipitò nel
1306 quando Firenze, decisa a chiudere definitivamente la vertenza, progettò l’assedio alla poderosa fortezza di
Montaccianico e la costruzione di terre
nuove nel Mugello.
Per quattro mesi gli assedianti tentarono
invano con ogni mezzo di espugnare
il castello; solamente durante l’estate,
corrompendo col denaro alcuni membri
della famiglia, riuscirono a far capitolare
gli Ubaldini. La fortezza venne immediatamente rasa al suolo e l’otto settembre,
a poca distanza, si dava inizio ai lavori di costruzione di Castel San Barnaba
(Scarperia).
Alla fondazione pare non fosse estraneo
il celebre Andrea Pisano, che forse tracciò l’impianto urbano, con mura (dapprima palancati di legno e poi ricostruite in
pietra dopo il 1351), strade e piazze, a
cui seguì la lottizzazione per popolare il
nuovo borgo fortificato.
Nel corso del Trecento, sulla piazza
principale, venne eretta una torre come
residenza del Capitano, nucleo originario di quello che sarebbe divenuto il Palazzo dei Vicari. Nel 1366 l’architettura
aveva già raggiunto una certa imponenza, se si procedette a diversi interventi e
migliorie “alla camera del cassero”, al
“saettamento” e si prescrisse che “sula
tore della guardia del chastagno si faccino quattro merli che son disfatti e chaduti”.
Nel 1415 Scarperia divenne sede di Vicariato. Il Vicario era un ufficiale della
Repubblica Fiorentina con funzioni
amministrative e giudiziarie e la sua autorità si estendeva su un territorio assai
vasto che comprendeva le podesterie di
Barberino di Mugello, Borgo San Lorenzo, Campi Bisenzio, Carmignano, Dicomano, San Godenzo, Sesto, Fiesole
e Vicchio. In quello stesso anno la comunità di Scarperia fu dotata di nuovi
statuti.
Nel corso del Cinquecento il palazzo
subì nuovi interventi, in parte dovuti al
terremoto del 1542, che diedero alla
struttura l’aspetto pressoché attuale,
con la residenza del Vicario, le sale di
rappresentanza e le prigioni (il loggiato che oggi è possibile vedere al piano
terreno). Gli ultimi interventi di restauro, conclusi nel 1999, hanno ricostruito
parti fatiscenti e recuperato gli ambienti
monumentali, creando spazi per il Museo dei Ferri Taglienti.
Sulla piazza il palazzo è contornato
da altre interessanti emergenze artistiche: la Prepositura dei Santi Jacopo e
Filippo (fondata dagli Agostiniani nel
1325/26) e l’Oratorio della Madonna di
Piazza. Oltre ad una spiccata somiglianza con
il Palazzo Vecchio di Firenze (il cui
celebre giglio si ritrova anche nell’emblema di Scarperia), il Palazzo dei Vicari subito impressiona per i numerosi
stemmi araldici murati sulla facciata. I
vicari rimanevano in carica per sei mesi
ed erano tenuti a lasciare l’emblema
della propria casata. Particolarmente
interessanti quelli in terracotta invetriata provenienti dalle botteghe dei Della
Robbia e di Benedetto Buglioni. Entrando nel cortile del Palazzo, si
trovano altre decorazioni con fregi ed
insegne araldiche. A sinistra affreschi
trecenteschi di scuola fiorentina: L’incredulità di San Tommaso e una Madonna in trono con Santi, tra cui San
Barnaba, protettore di Scarperia, con in
mano lo stemma del Palazzo.
Al piano superiore si trovano gli ambienti monumentali con decorazioni e
affreschi: nella prima sala uno di questi raffigura la Madonna con Bambino
e Santi (scuola del Ghirlandaio). Nella
saletta contigua è stato posizionato il
cinquecentesco meccanismo dell’orologio della torre, forse opera di Filippo
Brunelleschi.
Nella sala vicina sono da segnalare una
Crocifissione (XV secolo) e sulla parete
destra San Francesco e San Lorenzo, affreschi del XVI secolo. Nei locali attigui,
un tempo residenza vicariale, si conservano i camini originari.
IL MUSEO DEI FERRI TAGLIENTI - Il museo ha sede nella nuova ala del Palazzo
e documenta la secolare attività di pro-
duzione di lame e coltelli da parte dei
locali coltellinai.
L’esposizione si articola in cinque sezioni tematiche: la prima presenta filmati relativi alla lavorazione artigianale
del coltello, la seconda è dedicata alla
coltelleria italiana e ai suoi centri produttori dalla fine dell’Ottocento fino ai
nostri giorni, la terza alla storia dei coltellinai di Scarperia. La quarta sezione,
intitolata Lame al femminile, presenta
l’altra categoria delle lame taglienti:
le forbici per il ricamo e la sartoria. La
quinta sezione, infine, è dedicata alla
vita sociale, e viene periodicamente
modificata. È possibile concludere il
percorso museale al di fuori del Palazzo, con l’ausilio di una guida, visitando
l’antica Bottega del Coltellinaio, attiva
dall’inizio del ‘900 fino agli anni ‘70,
tutt’oggi completa dei suoi attrezzi e
strumenti necessari alla fabbricazione
artigianale di forbici e coltelli.
Per info:
www.museoferritaglientiscarperia.it www.prolocoscarperia.it
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Bruscoli
Speciale Castelli
In alto a sinistra, il poggio su cui sorgeva
la Rocca di Bruscoli di cui oggi non restano
che parte dei sotterranei (nella foto qui
accanto) e alcuni metri di mura esterne
(foto in basso).
Nel Museo Storico Etnografico di Bruscoli
si può vedere il plastico ricostruito dal locale
gruppo archeologico.
Sopra un poggio sul confine tra Emilia e Toscana, nascosti dai cerri, i resti di una struttura
fortificata risalente al dodicesimo secolo. Lo studio del locale gruppo archeologico
Nobili, guerre e torri difensive
alla ROCCA DI BRUSCOLI
Testo di Emanuele Stefanini
Ad appena un chilometro da Bruscoli, piccolo centro sul
confine tra Emilia e Toscana, tra i verdi pascoli che nascondono una formazione geologica di argille scagliose, caotiche e franose, nascosta da un bosco di cerri, si erge una
piccola cima a forma di cono. Nelle carte topografiche è
chiamato Poggio Rocca mentre le mappe catastali la segnalano come San Martino. Qui, su un piccolo pianoro ai piedi
della cima, si trova una cappella costruita sulle rovine della
medievale chiesa della rocca di Bruscoli, dedicata appunto
a San Martino. La struttura fortificata soprastante oggi non è
che un rudere che però è stato oggetto di un approfondito
studio da parte del locale Gruppo Archeologico.
Le notizie più antiche di questo territorio risalgono circa al
Mille, quando i possedimenti dei conti Cadolingi si sviluppavano dalla piana fiorentina, risalendo la val di Bisenzio e
l’alta valle dalla Sieve, verso il passo della Futa, raggiungendo e oltrepassando lo spartiacque appenninico. In questa zona erano presenti anche possedimenti della
contessa Matilde di Canossa: il castello di Monterfredente
apparteneva al padre della contessa, Bonifacio. La morte del Conte Ugo III nel 1113 segnò la fine della dinastia cadolingia il cui patrimonio passò in parte ai conti
Alberti di Prato dopo il matrimonio della vedova del conte,
Cecilia, con Tancredi degli Alberti detto Nontigiova. In questo contesto geopolitico probabilmente venne realizzata la rocca di Bruscoli: le prime notizie storiche del territorio risalgono al 1164, nel diploma col quale l’imperatore
Federico Barbarossa confermò ai conti Alberti molti possessi
24
tra Emilia e Toscana fra i quali, Bruscoli, Baragazza, Castiglione, Sparvo e Piano. La rocca fu eretta probabilmente
come residenza di qualche rampollo della famiglia, che poi
col tempo avrebbe preso il titolo di conti Alberti del ramo
di Bruscoli, rimanendo l’ultimo loro feudo di questa parte
dell’Appennino Tosco Emiliano. Nel 1272 si ebbe un primo smantellamento parziale da parte del comune di Bologna, ma rimase presidio albertesca
fino al 1380, e le ultime notizie da noi conosciute risalgono
al 1477. Dopo la rocca cade nell’oblio della storia, anche
se il materiale archeologico recuperato parrebbe far risalire
l’ultima fase di frequentazione intorno al 1600. in luce i resti della porta d’accesso di notevoli dimensioni
rispetto alla pur piccola struttura castellana, chiusa da un
portone imponente in legname con guarnizioni di metallo.
All’estremità sud si trovava una torre rotonda del diametro
di 15 metri, che ricalcava perfettamente l’orografia della
montagna, con una larga visione del territorio sottostante.
Ad ovest, invece, era presente una torre poderosa delle dimensioni di 20 metri per 10, con lo spigolo di sud ovest posto in direzione della chiesetta di San Martino, unico crinaAnalizzando il sistema di costruzione di ciò che resta del le più agevole per la salita verso la rocca. Le due torri erano
maniero, possiamo osservare che la fortificazione, realiz- unite alla struttura centrale mediante alte mura merlate di
zata con i sistemi difensivi medievali, venne adattata alla tipo ghibellino (a coda di rondine), e percorse da camminaconformazione della sommità della montagna che la ospita menti costruiti in legname. e nulla è lasciato al caso: ogni singola pietra lavorata, in- L’edificio subì un adeguamento delle strutture difensive,
clinazione del muro, spigolo di torre ha un preciso scopo al momento del passaggio delle armi ad asta e da lancio
difensivo. medievali, all’uso della polvere da sparo (bombarde, coluL’area fortificata, di cui oggi restano visibili parte del perime- brine ecc.). Troviamo quindi nel versante nord una serie di
tro murario e dei sotterranei, comprendeva non solamente cunicoli a volta che convergono in una cannoniera rotonla rocca, ma anche il pianoro sottostante, dove nello stesso da anch’essa voltata, i quali racchiudono sei postazioni da
periodo vennero costruite la chiesetta di San Martino e le bombarda: queste strutture probabilmente rinascimentali,
probabili capanne dei servi che lavoravano all’interno della anche se fatiscenti, sono ancora in parte percorribili. rocca (secondo alcuni studiosi la chiesa era un monastero). La rocca e il territorio di Bruscoli rimasero in mano ai boCiò è dimostrato dal fossato posto nel versante sud-est del- lognesi fio al 1403, dopo di che furono venduti al Comune
la montagna, che racchiude anche queste strutture, ancora di Firenze. Dopo il 1477, il fortilizio cade nel silenzio fino
percorribile nonostante la presenza del fitto bosco che in ai giorni nostri. alcuni punti ne limita l’accesso. Profondo alcuni metri, è Inesorabilmente, la vegetazione, nonostante gli sforzi dei
stato realizzato cavando le pietre nei filoni di arenaria e uti- volontari del gruppo archeologico, oggi ricopre ciò che
lizzandole per la costruzione dei muri del maniero che si rimane della rocca, riportandola nell’oblio. I reperti archetrova una cinquantina di metri più in alto.
ologici ritrovati in diversi decenni di ricerche sono raccolti
Nel versante nord-ovest invece la documentazione riferi- ed esposti nel locale “Museo Storico e della Linea Gosce della presenza di una piccia o palancata, (siepe), che tica”, tappa fondamentale per cogliere l’emanazione di
racchiudeva il pianoro congiungendosi con il fossato. Da vita, di storia, di fatti di sangue, di avvenimenti che queste
questo lato non era possibile scavare un altro fossato, causa rovine tramandano. la forte inclinazione dei filoni rocciosi intercalati da argille,
per non mettere in pericolo la staticità della rocca soprastante. Le difese della parte sommitale della montagna qui descritte, oltre che da attacchi offensivi, mettevano in sicurezza gli
abitanti della rocca e il gruppo di capanne e chiesa anche
da intrusioni di animali pericolosi quali lupi ed orsi, molto
presenti in quel periodo e che ancora oggi sono ricordati
nella toponomastica del territorio. Numerose ricerche storiche e archeologiche effettuate in questi anni dal locale
gruppo archeologico hanno portato a individuare la planimetria della struttura e a stabilire che si componeva di tre
edifici. Quello centrale, di forma quasi quadrata, era certamente la residenza della famiglia comitale; comprendeva
le sale di rappresentanza, si sviluppava su alcuni piani e
nella parte interrata si trovava la cisterna per l’acqua piovana, recuperata tramite canalette dai tetti. Durante uno degli
interventi di ripulitura delle mura esterne sono stati riportati
25
Sulla Flaminia Militare
Tracce di storia
I LEGIONARI
ROMANI
inaugurano
i nuovi cartelli
Sopra, i frammenti di calcare che,
analizzati con il metodo del carbonio C14,
sono risultati combusti nel 330 d.C. circa.
La documentazione è pubblicata su
LA STRADA BOLOGNA – FIESOLE
DEL II SECOLO a.C. (Flaminia Militare).
www. flaminia militare.it
A sinistra, i primi scavi alla Piana degli Ossi.
Agostini e Santi ci fanno rivivere la scoperta dell’importante
impianto per la fabbricazione della calce sul tracciato
della Flaminia Militare
Le fornaci romane alla
PIANA DEGLI OSSI
Testo di Cesare Agostini e Franco Santi
Nel corso delle nostre ricerche dei
basolati della strada romana “Flaminia Militare”, sulla dorsale fra il Setta
ed il Savena fino al passo della Futa,
abbiamo incontrato prevalentemente
una fitta boscaglia di faggi e conifere. Quando dal monte Bastione siamo
giunti in una località chiamata “Piana
degli Ossi”, posta a circa sette chilometri a nord del passo della Futa, ci
siamo trovati di fronte ad una radura
priva di alberi ed il terreno aveva la
forma di un ampio ferro di cavallo
con evidenti infossamenti a raggiera
alternati a prominenze del terreno sul
lato occidentale che davano l’idea di
tumuli, o comunque di evidenti interventi dell’uomo. Una tale configurazione del terreno ed il toponimo di
quel luogo ci hanno fatto sperare di
rinvenire una antica necropoli o comunque tracce di sepolture.
LA SCOPERTA - Fatti alcuni sondaggi in vari punti del terreno, abbiamo
portato alla luce, con vera sorpresa,
materiale bianco di piccole dimen-
26
sioni la cui conformazione poteva
fare credere, a prima vista, che si
trattassero effettivamente di ossa. Ma,
una volta ripuliti dal terriccio che
li ricopriva, ci siamo resi conto che
erano piccoli frammenti di calcare,
di varia pezzatura, con la superficie
liscia e gli spigoli arrotondati. Questa
caratteristica ha rivelato la loro vera
origine: erano i resti di pietre di calcare non completamente combusti e
quindi non trasformati totalmente in
calce. Questi rinvenimenti ci hanno indotto ad osservare con un’altra
ottica la particolare configurazione
del terreno; abbiamo allora intuito
l’esistenza di una serie di fornaci da
calce delle quali cinque evidentemente crollate in corrispondenza di
altrettanti infossamenti, ed una con
caratteristica strutturale quasi intatta
dato che si notava nella parte alta del
terreno una depressione circolare che
evidenziava la parte superiore (camino) della fornace. Si è allora proceduto con uno scavo proprio in quel
punto ed abbiamo portato alla luce
alcune pietre di arenaria arrossate dal
calore del fuoco che appartenevano
alla parete della fornace. Successivamente, si sono eseguiti altri sondggi
rinvenendo frammenti di carboncini che, analizzati con il metodo del
C14, risultavano combusti nel 330
d.C. circa
Questi indizi ci hanno confermato
che si trattava di un imponente impianto di sei fornaci per la produzione a catena di calce molto antico che
aveva cessato la sua attività in tempi così remoti da essersene persa la
memoria dato che quel luogo non è
chiamato con un toponimo riferito a
tale attività industriale (per esempio il
forno o le fornaci, etc…) ma dall’apparenza di ossa sparse sul terreno
(appunto PIANA degli OSSI).
GLI SCAVI - Nel 1989 la Soprintendenza Archeologica per la Toscana,
su nostra segnalazione, ha effettuato
una campagna di scavi per individuare l’intero complesso, ma puntando,
soprattutto, sulla fornace che appariva ancora intatta. Dopo un mese di
scavi quest’ultima è stata portata alla
luce in tutta la sua altezza e circonferenza; nel fondo di essa era ancora
giacente uno strato di calce viva di
circa un metro. La parte circolare a
tronco di cono è risultata alta quattro
metri ed alla sua base c’era l’arco attraverso il quale veniva introdotta la
legna per alimentare il fuoco.
Tenendo conto delle dimensioni della
fornace riportata alla luce quasi intatta, abbiamo potuto calcolare approssimativamente la quantità di calce
prodotta dall’intero impianto di sei
fornaci quando era tutto in funzione
contemporaneamente.
Il ciclo produttivo di una fornace andava da 18 a 20 giorni, nel corso del
quale si dovevano restaurare i danni
alle pareti causati dal calore durante
la cottura, riempirla con le pietre di
calcare, cuocere il calcare per cinque giorni a 8/900 gradi, attendere il
raffreddamento dell’impianto e infine
svuotare la calce prodotta.
Quando erano in funzione a catena
sei fornaci, ogni tre o quattro giorni si
doveva iniziare la cottura di un forno
per tornare, dopo tre settimane a riaccendere il forno iniziale.
Considerando le dimensioni del forno ancora intatto ed ipotizzando che
fossero tutti uguali, abbiamo calcolato che ogni forno aveva una capacità
produttiva di 20-22 metri cubi di calce corrispondente a 250 quintali. Ciò
significa che ogni ciclo di attività delle sei fornaci si producevano 1.500
quintali ogni 18/20 giorni.
L’esistenza di sei fornaci dimostra che
vennero costruite per funzionare contemporaneamente a ciclo continuo
per soddisfare una ingente richiesta
di calce.
Pertanto, si può ritenere che una tale
quantità di calce poteva essere utilizzata soltanto per la costruzione di
città come Bologna o Firenze e/o delle loro mura difensive, poste ai piedi
dell’Appennino, distanti circa 50 chilometri dalle fornaci.
Ed allora ci si può chiedere: perché le
fornaci non sono state realizzate vicino alle città da costruire? La risposta
è ovvia: alla Piana degli Ossi c’erano
le cave della materia prima (pietre di
calcare) e grandi estensioni di boschi
per ricavare la legna necessaria al
funzionamento dei forni. C’era soprattutto la strada di collegamento (la
Flaminia Militare) che permetteva di
raggiungere il luogo di utilizzo della
calce in modo veloce ed agevole.
Sono proprio queste considerazioni
che ci fanno ipotizzare che queste
fornaci siano state costruite dai Romani o comunque da loro riutilizzate
se inizialmente costruite dagli Etruschi.
LA SCOMPARSA - Dopo l’epoca
romana nessuna costruzione a noi
nota giustifica l’esigenza della produzione contemporanea di una così
urgente quantità di calce e pertanto
si ritiene che in epoche successive,
se le esigenze di costruzioni locali richiedevano l’utilizzo di calce, si costruiva solamente una fornace. Di ciò
ne costituisce la prova la stessa fornace trovata intatta alla Piana degli
Ossi che è stata verosimilmente ricostruita in epoca medioevale (secolo
IX); a tale datazione si è pervenuti
con l’analisi a termoluminescenza di
un frammento della parete dell’impianto. Ed anche nei secoli scorsi,
quando in Appennino si doveva edificare, si costruiva una unica fornace
che era più che sufficiente per la produzione di calce necessaria in tutto il
territorio. E sovente, la testimonianza
della loro presenza, è rimasta ancora oggi con il nome della località: la
fornace, il forno, la calcinaia e così
via.
C’erano anche un centurione e
tre legionari della Decima Legio
quando, a luglio, è stato collocato
il primo cartello informativo sulla
Flaminia Militare a Monte Bastione. Il cartello informativo, voluto
dal Circolo Legambiente SettaSamoggiaReno e sostenuto anche
da Emil Bnaca, è un primo passo
verso la valorizzazione e la promozione di un importantissimo
sito storico, il cui valore deve essere patrimonio nostro e di tutto
il territorio. L’antica strada romana del 187 a.C. viene descritta da
Tito Livio come una strada creata
per scopi militari quando i Consoli
Marco Emilio Lepido e Caio Flaminio ricevettero dal Senato Romano
l’ordine di debellare le popolazioni
liguri autoctone dell’attuale Appennino Tosco–Emiliano.
27
L’ anniversario
Paleontologia
Per i 50 anni del ritrovamento (sopra) della Balena
(foto a sinistra) il Parco Museale della Val di Zena
ha realizzato un cartone animato visibile al Museo
dei Botroidi di Tazzola (Monte delle Formiche Pianoro). A destra, un dente di squalo conservato
a Tazzola. Per le informazioni sulla valle:
www.parcomusealedellavaldizena.it
Una ruspa, una strada da rifare e un operaio particolarmente sensibile. Sono passati
cinquant’anni dalla casuale scoperta, a Gorgognano nel comune di Pianoro, del grande
fossile marino oggi conservato al Museo Capellini.
Quando tra Zena ed Idice
giocavano le BALENE
Testo di Giuseppe Rivalta
Laggiù soffia… soffia a prua! Questo era il grido dei balenieri
che dall’alto dell’albero maestro avvisavano l’equipaggio della presenza di un gigante del mare e da lì cominciava una
caccia spietata. Il libro di Melville, Moby Dick, mi ha sempre
lasciato un amaro in bocca perché, specialmente ai tempi nostri ritengo che la caccia ai cetacei, sia una barbarie inutile.
Ho avuto l’occasione, alcuni anni fa, di trovarmi su una piccola imbarcazione, nel mare della Bassa California, per fare
Whale Watching. Vedere schiene scure, bitorzolute e gigantesche con una testa fornita di occhi più grandi di un pugno,
che ti osservano curiosi, è stata un’esperienza indimenticabile. Quando, ritornato a Bologna, sono andato a visitare il
Museo Giovanni Capellini, tra i vari fossili, mi sono soffermato
a lungo davanti allo scheletro della Balena di Gorgognano.
Osservandola l’ho immaginata in attività in quel mare scomparso nel nostro Appennino vari milioni di anni fa.
Ma andiamo con ordine. Il fossile di Gorgognano (Pianoro)
venne scoperto nel 1965 dal Signor Bruno Monti, padre del
mio amico Lamberto insieme al quale abbiamo allestito alla
Tazzola (Monte delle Formiche), una sala espositiva dedicata
alla Val di Zena ed a Luigi Fantini. In quel tempo il Signor
Monti, mentre con una ruspa stava risistemando una piccola strada, si accorse che affioravano delle grosse ossa. Senza
ascoltare il collega che lo invitava a soprassedere, contattò
subito l’Istituto di Geologia dell’Università di Bologna.
L’allora Direttore, il Professor Raimondo Selli si attivò per in-
28
traprendere lo scavo. Il completo recupero ed il consolidamento del fossile si concluse nel 1966.
Un accurato studio dei macro e microfossili presenti attorno ai
resti del grande mammifero marino hanno permesso di ricostruirne habitat ed età con una buona precisione. La presenzadi conchiglie di Lamellibranchi (generi: Venus, Ostrea, Pecten
ecc.), di Gasteropodi (genere: Ficus) e di Scafopodi (genere
Antalis) confermarono che l’animale nuotava in acque non
profonde e dal fondo melmoso. Lo conferma anche il ritrovamento di resti organici di origine continentale (ad esempio:
strobili di Pino) provenienti dal vicino Paleo Appennino allora
già emerso. Al di sotto dell’esemplare, inoltre, sono stati individuati alcuni resti di pesci di fondo, simili alle comuni Razze.
Con ogni probabilità la nostra balena si era imbattuta in un
tratto di acque basse, vicino alla costa, non lontano dalla foce
del Paleo-Zena. L’ipotesi più accreditata è che il grosso mammifero (lungo una decina di metri) per qualche ragione a noi
ignota, fosse morto spiaggiandosi. Questo evento è purtroppo
abbastanza comune ai anche nostri giorni, ma le cause che
provocano queste morti non sono ancora del tutto note. La
fortuna ha voluto che il suo corpo venisse ricoperto da fini
sedimenti sabbiosi.
La carcassa è arrivata a noi quasi intatta ed in posizione anatomica. Questo processo di copertura si pensa sia avvenuto
non con una certa lentezza, giacchè, sulle ossa, sono presenti
dei resti di bivalvi. La vicinanza dalla costa ha evitato, inoltre,
di essere attaccato dai predatori che vivevano, fortunatamente, in mare aperto. Questa è per sommi capi la storia della
scoperta della Balena di Gorgognano, che è stata classificata come Balaenoptera acutorostrata-Lacépéde 1804 e datata come appartenente al Piano Piacenziano (ultima fase del
Pliocene) collocabile intorno ai 2 milioni di anni fa. Questo
mammifero marino oggi è comune in Antartide ed anche nelle zone boreali. Per le sue dimensioni “ridotte”, (fino a circa
9,50 metri) è denominata anche come Balenottera minore ed
appartenente alla famiglia delle Balaenopteridae. è un animale che non disdegna anche di risalire, in inverno, le foci dei
fiumi ed ha un temperamento allegro e giocoso. Il muso è tipicamente triangolare ed affilato. Dalla mandibola scendono
circa 300 paia di fanoni, ovvero lamine elastiche di cheratina
(di origine epidermica) che sostituiscono i denti e vengono
usati come un filtro, per espellere l’acqua dalla bocca e trattenere quindi i crostacei ed altri animali che rappresentano il
suo alimento. Il colore del corpo è grigio-ardesia.
Come era il paesaggio in quel lontano periodo dove viveva
questo nostro cetaceo? A seguito di vicende geologiche precedenti, la futura Pianura Padana era ancora un grande golfo
marino che si prolungava fino in Piemonte. La dorsale appenninica era già preformata (nella Provincia di Bologna) e la
costa era presente molto più a Sud. In altri termini le località
di Pianoro, Sasso Marconi, Monterenzio ecc. erano in aree
sommerse sul fondo di un mare il cui livello diminuiva sensibilmente verso il crinale montano. Quello che sarebbe stato
definito Contrafforte Pliocenico allora era una zona di costa
con spiagge incise dalle foci dei paleotorrenti Idice, Zena, Savena, Reno ecc. Queste formazioni sabbiose che diventeranno, per fenomeni di diagenesi, arenarie, stavano sollevandosi
per le spinte orogenetiche che stavano (e stanno) modellando
la nostra Penisola sotto la poderosa spinta africana. Il clima
era caldo e subtropicale. Inoltre queste nostre zone erano, per
così dire, protette essendosi creato un bacino interno. Questa
morfologia permetteva ai cetacei, di fermarsi in acque tranquille dove potevano accoppiarsi e successivamente partorire
i piccoli, né più né meno come avviene oggi nei bacini interni
della Penisola di Valdes in Argentina o nelle lagune di OJo de
Lievre in Bassa California. Come le altre balene anche questa,
amava saltare fuori dall’acqua con guizzi che portavano in
aria le sue cinque tonnellate, ricadendo tra mille spruzzi.
è bello immaginare i nostri tratti del mare bolognese, percorsi
dai cetacei, le loro evoluzioni e sullo lo sfondo una catena appenninica in sollevamento coperta di boschi in cui vivevano,
tapiri, elefanti ed altri mammiferi non ancora cacciati dall’uomo preistorico.
Come si sono originate le Balene? Alcuni anni fa ebbi l’occasione di recarmi nel Deserto Occidentale egiziano dove, per
una serie di fortunate combinazioni, a Wadi El-Hitan, 42-37
milioni di anni fa vissero i progenitori delle attuali balene. La
zona è ricchissima di fossili e tra questi spiccano scheletri quasi completi di specie considerate di transizione tra terrestre e
marino. L’habitat caldo e tropicale permetteva lo sviluppo di
cospicue foreste di mangrovie. In queste acque basse si svilupparono nuove specie di mammiferi, anche di grandi dimensioni. Tra questi il Basilosaurus isis con già adattamenti natatori
molto efficienti e con abitudini acquatiche. Più piccolo era il
Dorudon atrox con arti più ridotti, oltre ad altre forme simili
ai dugonghi. Nel mare eocenico non mancavano anche squali
(come il pesce sega), oltre a decine di specie che vivevano
tra le foreste di mangrovie che crescevano in un mare decisamente caldo. Al mondo esistono pochi altri siti simili a questo,
come quello recentemente scoperto in California. I cetacei da
animali terricoli sono diventati organismi adattati in modo incredibile alla vita acquatica. Carnivori, come si desume dalle
potenti dentature, iniziarono a colonizzare i mari, né più ne
meno come avevano fatto molti milioni di anni addietro, i rettili come i Plesiosauri o i terribili Mosasauri. Sono fenomeni di
convergenze evolutive, ancora poco spiegate. A Wadi El-Hitan
i paleontologi hanno estratto moltissimi fossili ed hanno scritto
un nuovo capitolo sul libro di pietra che tratta della ancora
poco nota “Evoluzione”, nonostante il tentativo di Darwin di
cercare una spiegazione. Tornando alla nostra Balena di Gorgognano, meritano di essere ricordate anche altre trovate nella
nostra regione.Tra tutte, una delle meglio conservate, viene
dalle colline reggiane, a cui è stato dato il nome di Valentina
per la vicinanza della località di San Valentino.
Esattamente nel luogo del ritrovamento, nel maggio 2008, su
richiesta del Museo Capellini dell’Università di Bologna, del
GAL, del Comune di Pianoro e col contributo di privati, lo
scultore Davide Rivalta posizionò una copia, da lui realizzata
della balena di Gorgognano.
29
ARGELATO
Da Vedere
«Sul mio impero non tramonta mai il sole». Carlo V d’Asburgo
(qui a sinistra a cavallo) visse tra il 1500 e il 1558, fu Re di Spagna,
Imperatore del Sacro Romano Impero, Re di Napoli e Duca di
Borgogna. A causa della morte dei genitori (l’arciduca d’Austria
Filippo il Bello e la spagnola Giovanna la Pazza) e dei fratelli maggiori la sua storia di sovrano inizia già a sei anni quando eredita i
regni di Paesi Bassi, Aragona e Castiglia.
Clemente VII (sotto a sinistra), nato Giulio Zanobi di Giuliano de’
Medici, esponente della nobile famiglia fiorentina, fu il 219º papa
della Chiesa cattolica dal 1523 alla morte. La caratteristica del
suo pontificato fu l’attenzione alla politica italiana ed europea,
sottovalutando l’espansione del movimento protestante.
Chi sono
IL BORGO DEL DIAVOLO
Un plastico realizzato dal gruppo di rievocazione storica Il Borgo del Diavolo ricostruisce
nei minimi particolari il primo incontro tra Papa Clemente VII e Carlo V che nel 1530
nella Basilica di San Petronio verrà incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero
Quel giorno che Bologna
fu IL CENTRO DEL MONDO
Testo di Marco Govoni
Oltre settemila mattoni di sughero e ben 190 figurini di
piombo, con uniformi, vessilli e armature. Poi i carri, i
bambini e le dame. Sono serviti tre anni di impegno e dedizione al gruppo il Borgo del Diavolo di Argelato per la
realizzazione del plastico che rappresenta l’arrivo a Bologna di Carlo V D’Asburgo, il Re di Spagna che qualche
mese più tardi, in San Petronio, Papa Clemente VII incoronerà imperatore del Sacro Romano Impero. Riproporre vicende e situazioni del passato per divulgarle
e mantenerne viva la memoria è lo scopo principale dei
gruppi di rievocazione storica. Lo spirito del plastico infatti, conservato e visibile a tutti nei locali della filiale Emil
Banca di Argelato che già ospita la Quadreria del “Ritiro
San Pellegrino”, non vuole essere il tecnicismo modellistico, anche se la facciata di San Petronio è riprodotta nei
minimi particolari, ma intende sottolineare l’importanza
dell’incontro a Bologna tra le due massime autorità dell’epoca. Incontro che segnerà la fine delle ostilità tra l’aspirante imperatore e il Pontefice. La vicenda è datata 5 novembre 1529 e Carlo V divenne
imperatore l’anno successivo, incoronato da Papa Clemente VII il 24 febbraio del 1530 nella basilica bolognese. Le
conseguenze di questi eventi condizionarono per lungo
tempo l’Europa; le intenzioni e gli atti compiuti da Carlo
V sin dal 1516, anno in cui ereditò dalla madre Isabella
di Castiglia e dal nonno paterno Ferdinando II d’Aragona
30
la corona di una Spagna finalmente riunita, cambiarono
la sua ottica politica, relegando la situazione europea in
secondo piano. Le sconfinate ricchezze del Nuovo Mondo
avrebbero potuto aumentare la potenza e la ricchezza della corona imperiale. Dal desiderio di celebrare e dare vita a questo avvenimento nasce il progetto del plastico, realizzato con i diversi
materiali quali legno, sughero e ceramica, con cui è stata
ricreata quella piazza che vide l’arrivo dell’Imperatore. Nel corso della realizzazione abbiamo dovuto affrontare
svariate sfide tecniche. In primis la ricostruzione più precisa possibile delle dimensioni reali della facciata della basilica nella scala scelta (1:72), che ha comportato una serie
notevole di calcoli, disegni e, non ultimo, l’attuazione di
un programma per computer di supporto al dimensionamento dei pezzi necessari da disegnare nei lucidi, in scala
almeno di 1:300. Inoltre il taglio di oltre 7.000 mattoni
da fogli di sughero e la loro messa in opera, l’intaglio di
colonne e archi da semplici righelli di legno, la creazione
delle statue posizionate negli stessi archi sopra le porte e
negli otto rosoni della base utilizzando stucco e gesso per
modificare figurini in plastica. Le tegole del tetto sono state di difficile costruzione per non parlare delle decine di
misture di aniline necessarie a ricreare tonalità di colore
adeguate alla realtà. Tutto ciò ha richiesto un lungo studio di preparazione per
individuare il modo migliore di concretizzazione.
Della medesima portata, seppure per motivi diversi, sono
state le ricerche per la scelta degli oltre 190 figurini in
piombo che appaiono sulla piazza. Le varie tipologie di
armati, la definizione dei colori per i loro abiti, le armi e
gli stendardi fanno riferimento ad una minuziosa ricerca
riguardante l’uniformologia di quel tempo, determinata
non solo dalla nazionalità degli armati (spagnoli, svizzeri,
tedeschi, italiani) ma anche dalla appartenenza alle diverse specialità militari: archibugieri, picchieri, armati di spadone e cavalieri. Il plastico è stato presentato lo scorso giugno con gita faceva pensare più ad un convegno che alla presentazione di
un plastico fine a se stesso, che in realtà per noi è un atto
d’amore e di deferenza verso la storia in generale e quella
del nostro territorio in particolare. La nostra passione ha
coinvolto l’ attenzione dei presenti, che hanno colto pienamente lo spirito del nostro gruppo.
Il gruppo di rievocazione storica Borgo del Diavolo di
Argelato ama far rivivere le vicende del primo ‘500 allestendo campi militari o riproponendo battaglie e assedii.
Non solo armi e costumi però: il gruppo è molto attento
a quelle che erano le suppellettili medievali e alle tradizioni culinarie di un tempo. A maggio, infatti, presso
Villa Beatrice di Argelato è stata organizzata una cena
rinascimentale curata in tutti i suoi aspetti: portate, cibi,
modalità di cottura degli stessi, apparecchiature, servizio ai commensali, musiche…l’atmosfera era tale da
creare l’illusione di partecipare alla cena nuziale del 28
gennaio 1487 del figlio Annibale II con Lucrezia d’Este,
primogenita naturale del duca Ercole I d’Este, signore
di Ferrara, cena che fu voluta da Giovanni II Bentivoglio,
signore di Bologna. Il Borgo ha anche partecipato alla
realizzazione sul Musical su Giovanna D’Arco (nella foto
in alto) per il quale ha fornito i costumi di Giovanna D’Arco, interpretata da Antonella Lo Coco, terza classificata
a X Factor 5. Per info: www.borgodeldiavolo.com
L'agriturismo Il Ciuffo è situato sulle colline di Pianoro, in un luogo molto tranquillo.
L’agriturismo dispone di 9 camere con bagno, di cui una per disabili, arredate con
cura e attrezzate con tutti i comfort moderni. L'ospitalità dell'agriturismo inoltre offre
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31
LA PAGINA DELLE PRO-LOCO
IN GIRO CON TRACKGURU
LE ORIGINI
DI UNA TRADIZIONE
SECOLARE
Ilaria Nanni
Ass.Comune di Vergato
LA CULTURA DELLA LAVORAZIONE
DELLA PIETRA NELLA VALLE DEL RENO
Appuntamento a Vergato Martedì 17 ottobre con l’Unpli
Paolo Minarelli
La lavorazione della pietra nella Valle del Reno, ed in particolare nella zona di Montovolo, risale
all’epoca etrusca quando questa arenaria grigia, simile alla pietra serena, veniva scolpita ed utilizzata come simbolo religioso della dodecapoli etrusca padana ed era chiamata Pietra Ovale o
Omphalos, simbolo del Centro Oracolare Etrusco che si trovava a Montovolo, considerata allora
la Montagna Sacra. Ancora oggi nel nome conserva il significato di Monte dalla pietra Ovale.
Il Comune di Vergato ha una forte tradizione nella lavorazione della pietra, il territorio ha una
storia antica scritta dagli scalpellini, uomini avvezzi alla fatica, al sacrificio, alla sopportazione
di condizioni di lavoro davvero difficili. Questi uomini hanno lasciato tracce del loro passaggio
regalandoci veri e propri pezzi unici ed artistici: monumenti, chiese, municipi, luoghi pubblici,
abitazioni costruite con la pietra del nostro Appennino, un sistema montuoso più antico anche
dell’intero arco alpino. Chi non conosce il mito della pietra di Montovolo? E chi, viceversa, sa
che il Monte Aldara, che sovrasta Vergato, è stato per centinaia di anni un inesauribile fornitore
di pietra da lavorazione? E quanti sono gli abitanti di Vergato che sanno che il tratto stradale
Porrettano di fronte all’entrata dei centri sportivi di Vergato è chiamato “curva degli scalpellini”?
Si chiama così perché all’interno di quella curva il gruppo di scalpellini di Vergato aveva creato un’area esterna dove lavoravano il sasso portato giù appunto dal Monte Aldara. Oggi sono
rimaste poche e sempre meno persone che portano avanti con zelo e passione la tradizione
della lavorazione della pietra dei vecchi scalpellini di Montovolo, come ad esempio Giancarlo
degli Esposti che da anni cura questo interesse personale sulle orme dei vecchi scalpellini di
Montovolo e produce portali, camini, fontane, oggettistica varia per arredo di interni ed esterni,
destinati al mercato privato o ad altre imprese dislocate sul territorio locale e ben pochi altri.
L’obiettivo del progetto ideato da UNPLI in concerto con Comune di Vergato Unione Appennino
Bolognese, che si avvale della consulenza storico scientifica del prof. Renzo Zagnoni, è la difesa
e sviluppo di tale tradizione culturale mettendo in atto una serie di attività integrate che avranno
tutte il supporto della Pro Loco di Vergato, in rete con tutte le pro loco della valle del Reno. Le
azioni previste saranno: la realizzazione di un primo convegno Martedì 17 ottobre, a Vergato,
con esperti ed amministrazioni pubbliche; la realizzazione di un corso di formazione per scalpellini con stage, laboratori, visite e uscite in cava; collegata al corso ci sarà la produzione di un
dossier specifico sulla Lavorazione delle Pietra nella Valle Del Reno a cura del Gruppo Nueter
di Gaggio Montano e la raccolta videoregistrata di testimonianze di vecchi scalpellini ed esperti
del settore; la realizzazione di una mostra fotografica itinerante e, nel 2017, un secondo convegno con i risultati dei lavori svolti e sarà orientato alla seconda fase del progetto di promozione
turistico-culturale ed anche economica del prodotto/marchio “pietra etrusca di Montovolo”.
La tradizione della lavorazione
della pietra con lo scalpello affonda energicamente le proprie
radici nella storia di Vergato. Non
è difficile, infatti, notare, aggirandosi per il paese, le tracce di questa arte millenaria, a partire dalla
chiesa, da alcune case - quelle
poche rimaste in piedi o ricostruite dopo la devastazione causata
dal bombardamento del fuoco
amico, durante la Seconda Guerra Mondiale -, dal piancito della
piazza dei Capitani, dalle scale,
dai caminetti e dai lavatoi, senza
dimenticare le sculture disseminate per tutto il territorio. Questo
per citare solo alcune delle opere
costruite con la pietra delle cave
di Montovolo, monte da sempre
caro agli abitanti di queste zone,
a partire dagli Etruschi. Da ciò ha
preso il via l’idea di promuovere
il progetto a tutela e promozione della lavorazione della pietra,
di concerto ed in totale sinergia
con UNPLI, l’Unione dei Comuni dell’Appennino Bolognese ed
il prof. Renzo Zagnoni, in veste
di storico, avvalendosi anche del
sostanziale aiuto della Pro Loco
di Vergato. Sono fermamente convinta che un popolo che non ha
memoria di sé sia destinato a non
avere futuro, per cui il sostenere
arti e mestieri che appartengono
alla nostra tradizione, e far sì che
non scompaiano, è nostro preciso
dovere ed obbligo. Spero, quindi,
che l’appuntamento del 17 ottobre raccolga il consenso che gli è
debito.
LA PRO LOCO DI VERGATO E LA RETE DELLE PRO LOCO DELLA VALLE RENO
Domenico Cioni - Presidente Pro Loco Vergato
Dieci chilometri per 450 metri di dislivello
su uno storico baluardo difensivo
Un anello attorno
a Monte Belvedere
tra Bologna
e il modenese
Dalla località Castelluccio (nel comune modenese di Montese), lasciata l’auto, ci incamminiamo sulla carrozzabile
Querciola-Maserno in direzione sud (segnavia CAI 400/4).
Passato il confine amministrativo tra le provincie di Bologna
e Modena, lasciamo la strada per salire a sinistra su mulattiera nel bordo di un campo. Successivamente prendiamo a
destra un sentiero che risale il versante nord-ovest del Monte
Belvedere, attraversiamo un bel castagneto e raggiungiamo
la sommità del crinale. Una ripida strada ghiaiata a sinistra ci conduce alla cima del panoramico Monte Belvedere (m 1140) dal quale si domina l’alto crinale appenninico,
dall’Orsigna al Cimone. Per la sua posizione strategica, qui
nel 1200 venne edificato un castello; ora di tale manufatto
sono rimasti solo pochi ruderi. Durante la Seconda Guerra Mondiale, questa cima rappresentò uno dei principali
baluardi difensivi tedeschi della Linea Gotica, resistette per
tutto l’autunno e parte dell’inverno del 1944-45 ai ripetuti
attacchi degli americani e dei Partigiani. Venne liberata dai
“mountaineers” americani della 10° Divisione da Montagna
la mattina del 20 Febbraio 1945.
Torniamo all’ultimo bivio e prendiamo a destra (CAI 157345-400/4), incrociamo sempre a destra e in successione i
sentieri che salgono rispettivamente da Querciola (CAI 345)
e Gaggio Montano (CAI 157); dopo quest’ultimo, a circa
1,5 chilometri in direzione nord-est, arriviamo al passo di
Ronchidoso dove sorge il santuario dedicato alla Madonna
degli Emigranti. Dal passo seguiamo verso ovest la sterrata
in moderata pendenza, passiamo la fontana di Ronchidoso
ed oltre tocchiamo l’abitato di Cà di Orlando. Qui la strada
diventa asfaltata e poco dopo la abbandoniamo per scendere su sentiero a destra che in circa 30 minuti ci permette di
raggiungere Castelluccio, il nostro punto di partenza.
La Pro Loco di Vergato opera da anni per la valorizzazione del territorio realizzando attività culturali eventi e sagre e partecipa
con stand gastronomici, gadget, giochi e tanto altro, alle manifestazioni organizzate dalle varie associazioni vergatesi cercando di coinvolgere, il più alto numero di abitanti del paese. Il progetto del recupero della tradizione della lavorazione della
pietra ideato assieme all’assessorato alla Cultura dell’Amministrazione Comunale, rappresenta un bell’esempio di recupero
del patrimonio storico culturale del nostro paese, è uno stimolo per le nuove generazioni ad avvicinarsi e conoscere le nostre
tradizioni e può anche essere un forte attrattore e richiamo, non solo turistico ma anche di valorizzazione economica, per
l’intera vallata del Reno. Anche per questo stiamo lavorando, assieme al nostro Comitato UNPLI Bologna, per attivare contatti
e relazioni con tutte le altre pro loco presenti nel territorio, al fine di creare sinergia, cooperazione e aumento della qualità
del nostro lavoro di volontariato che solo un efficace sistema a rete fra le Pro Loco “del Reno” può dare.
Per avere informazioni ulteriori, si può contattare la Pro Loco nella persona del presidente al numero 339-7932279,
via mail [email protected] o prossimamente presso la futura sede della Pro Loco in centro a Vergato.
Inserzione a pagamento
33
IN GIRO CON TRACKGURU
Un anello nell’estrema propaggine occidentale
del Contrafforte Pliocenico,
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Uno scorcio del Contrafforte Pliocenico
visto dalla cima di Monte Adone,
con Monte Mario sullo sfondo.
Un giro attorno
a MONTE MARIO
Appena fuori dal paese di Sasso Marconi, sulla strada che porta a Pianoro,
lasciate la macchina in località Cà
Orto e imboccate il sentiero CAI 122.
Il percorso interseca alcuni dei sentieri
più importanti di questa parte di Appennino, come la Via degli Dei e la
Traversata delle Cinque Valli. I luoghi
attraversati sono tipici: questo davvero potrebbe essere il percorso-tipo
dell’Appennino bolognese a ridosso di
Bologna. In questo primo tratto di percorso troverete numerosi punti pic-nic,
con tavoli e possibilità di accendere
fuochi per delle belle grigliate estive.
Qualcuno viene quassù addirittura
con i gazebo per trascorrere i pomerig-
gi domenicali, in alternativa alle spiagge romagnole.
Seguite il 122 fino alla località Commenda, dove imboccherete il sentiero
CAI 110.
Sulla strada del ritorno, in località Sella
di Monte Mario, imboccate il CAI 118.
Nella sua parte finale, al momento in
cui scriviamo, cioè luglio 2015, è ancora un po’ “sporco”, in seguito alle
nevicate dello scorso inverno; è comunque percorribile.
Il percorso è adatto a tutti; segnaliamo solo possibili difficoltà nella salita
a Monte Mario, soprattutto dopo una
pioggia o in assenza di scarponcini
adeguati. Fortunatamente, si può op-
“Vorremmo
poter mantenere
il nostro attuale
tenore di vita,
anche
in pensione”
tare per una variante nei pressi (CAI
118a). Una curiosità: in cima a Monte
Mario c’è un piccolo presepe permanente alla base di un grosso albero.
La tranquillità di un futuro sereno
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Monghidoro
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Per maggiori informazioni sui percorsi
e sugli appuntamenti dedicati ai bikers
nell’Appennino bolognese si può contattare
AppenninoSlow:
Tel: 339.8283383
Mail: [email protected]
Qui a sinistra, il profilo di Monte Beni;
in basso a sinistra, i cartelli del Cai
che indicano parte dei percorsi descritti.
Ecco alcuni anelli per bikers attorno all’Alpe di Monghidoro resi percorribili grazie al
prezioso lavoro di amministrazioni e privati
Quei sentieri verso la TOSCANA
rimessi a lucido dai volontari
Testo e foto di Giovanni Ferretti
Negli ultimi anni il territorio dell’Alpe di Monghidoro ha accolto una grande quantità di escursionisti impegnati nella
scoperta delle sue bellezze, ovvero i suoi magnifici sentieri.
Su questa rivista abbiamo parlato in più di un’occasione della
possibilità di vivere memorabili esperienze solcando i percorsi
proposti, torniamo in argomento esplorandone di vecchi e di
nuovi.
Con la collaborazione dell’amministrazione comunale si è
creato un gruppo di volontari “variegato” (ciclo e motoescursionisti ) che di recente ha ultimato alcuni lavori di pulizia e
sistemazione di diverse porzioni di sentieri che permettono di
raggiungere il versante Toscano, garantendo la percorribilità di
corridoi ed anelli che possono accendere sorrisi ed emozioni
agli amici escursionisti. Un plauso per un intervento che segna
un passo importantissimo nella condivisione delle responsabilità di tutti gli utenti dei nostri pregiati sentieri.
Ma veniamo alla proposta del nostro itinerario: possiamo pensare di partire da Ca’ dei Costa di Monghidoro lungo la SP 65
per salire quindi verso la vetta dell’Alpe; potremmo scegliere
di percorrere la solita via San Pietro, aperta al traffico veicolare, ma se il terreno lo consente potremmo girare a destra
verso Piamaggio; giunti nel borgo girare nuovamente a destra
in direzione Ca’ di Giovannone sul sentiero 909, proseguendo per Fontanabona dove la strada asfaltata si interrompe in
prossimità delle case e si prosegue su cavedagna verso Ca’ di
Brescandoli; di qui si sale nuovamente in asfalto attraversando
i Panigali, quindi avanti per Ca’ di Guglielmo e proseguendo
su sterrato per le Tre Fontane; giunti alle sorgenti possiamo salire per il vecchio sentiero verso il crinale recentemente pulito e sistemato, sarà una faticaccia, ma la soddisfazione per la
conquista della “solita Alpe” passando per il sentiero 909 sarà
enorme.
Giunti in quota incrociamo il sentiero 917, lo imbocchiamo
girando sulla destra, dove avremo la gradita sorpresa di trovar-
36
lo sistemato e pulito; tramite questo collegamento evitiamo
un tratto consistente della vecchia via per Montefreddi, proseguendo quindi sulla stessa il sentiero giunge all’incrocio con
la località “I Ronchi” dove si immette nuovamente nel bosco;
di qui in poi è stato svolto un lavoro davvero considerevole
che ha letteralmente resuscitato un sentiero ormai chiuso dalla
vegetazione livellando il terreno dilaniato dalle precipitazioni
e da un uso improprio da parte dei mezzi a motore.
Quest’opera di recupero permette un agevole transito in direzione “Poggio Turchino-Montefreddi-Passeggere”, così da bypassare il blocco sorto a seguito del movimento franoso che,
ahimè, ha straziato questo versante a monte di Castel dell’Alpi.
Ma torniamo al sentiero 917. Per “noi” bikers si accende nuovamente la voglia di “sconfinare” potendo scegliere di rientrare su due diverse tracce, oppure proseguire anche in direzione
Monte Beni – Sasso di Castro.
Grazie al raduno non competitivo organizzato dai volontari
di Pietramala-Firenzuola è stata pulita una variante che collega abbastanza agevolmente il sentiero 917 Passeggere con
la zona adiacente la centrale di Monte Beni; attualmente non
è segnalata in modo efficace, ma si tratta di una diramazione
che in direzione “FUTA” prende a sinistra. Una volta giunti
sulla sterrata di Monte Beni si può scendere e decidere fra due
alternative che si presentano lungo la strada. La prima soluzione prevede di svoltare a destra direzione Sasso di Castro (lungo
la strada è posta una freccia BLU con la scritta MTB che indica
questo cambio di direzione), dove un bellissimo trail si collega
con la rinnovata strada sterrata dell’Oasi di Covigliaio. Qui
risaliamo verso destra in direzione Sasso di Castro fino alla
rinnovata capanna dei cacciatori dove ovviamente si può nuovamente scegliere se salire sul Poggiaccio (direzione Futa – Via
degli Dei sulla sinistra) oppure rientrare per le “Tre SavenelleCa’ di Borelli (direzione Pian di Balestra sulla destra). Di qui si
scende a Castel dell’Alpi, poi Piamaggio ed infine ritorno alla
partenza.
La seconda soluzione è più breve e permette il rientro sul versante Emiliano scendendo ancora poche centinaia di metri per
incrociare la strada sulla SX che abbraccia in costa il Monte
Beni giungendo sino alla vecchia ed inattiva Cava; di qui si
scende lungo la SP 65 in asfalto verso l’abitato di Pietramala,
ma se vogliamo possiamo condire di altro fuoristrada e “fatica” la salita al Passo della Raticosa scegliendo la vecchia strada che termina nei pressi del principio del sentiero che sale
verso il Monte Canda. Di qui non avrei dubbi: breve tratto di
asfalto verso la valle Idice e nuova svolta a sinistra verso Cavrenno, I Borghi, Filigare e nuovamente al punto di partenza.
Morale: la Toscana è lì e non si è mai mossa. Scusate per la
battuta ma tale enfasi è dovuta al fatto che da Monghidoro
possiamo attraversare il vasto territorio dell’Alpe per poi immergerci nei trail dell’Oasi Covigliaio-Monte Beni-Sasso di
Castro godendo delle bellezze dei cugini confinanti; si tratta
in ogni caso di un giro impegnativo per la quantità di dislivello
proposta su trail apparentemente brevi (queste proposte possono variare fra i 20 e 30 km), ma che con l’incedere dell’autunno saranno resi ancora più invitanti dalle mille sfumature che
il bosco regalerà ai nostri occhi.
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In pianura
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Un percorso per mettere in collegamento
le aree di riqualificazione lungo il Reno in
attesa che diventino un vero e proprio Parco.
Su www.naturadipianura.it alcuni consigli
per iniziare a conoscerlo
Lungo il Reno
tra aree golenali
e boschi igrofili
Testo di Andrea Morisi
Non a caso, chi studia l’ecosistema e il
territorio, lo chiama “corridoio”. In natura
il fiume connette, lungo di esso le specie
“si muovono” e l’ambiente complessivo
rimane più vitale. L’Uomo ne ha spesso
fatto un confine, ma ne ha anche colto le
capacità di unire territori distanti utilizzandone gli argini o le acque stesse per il
trasporto. Oggi il territorio è molto cambiato, ma il fiume, in questo caso il Reno,
rappresenta una nuova chiave di lettura
del territorio, un trait d’union che lo connota, anche sotto il profilo della sua fruizione. L’idea non è nuova. Ricordiamo,
tra le diverse figure che si sono adoperate
per iniziare a parlare di valorizzazione
del tratto planiziale del Reno e delle sue
pertinenze, l’ingegner Walther Vignoli,
ma sono varie le proposte e le analisi che
hanno trattato questo tema, almeno negli
ultimi 20 anni. Purtroppo ha probabilmente prevalso la visione del fiume come
confine legata, piuttosto che la sua caratteristica unificante ed identificante che
qui cerchiamo di riprendere.
Forse i tempi sono maturati. è in vigore da
alcuni anni una convenzione per la Gestione Integrata delle Aree Protette della
Pianura (GIAPP) che ha raggruppato pri-
38
Sopra, la zona umida nei pressi del Casone del Partigiano a San Pietro
in Casale (Foto F. Cacciato), sotto a sinistra, l’area “Bisana” tra Pieve
di Cento e Galliera (Foto A.Morisi), sotto a destra, la Golena San Vitale
tra Calderara, Castel Maggiore e Bologna (foto D. Victorini)
ma 17, poi 19 e, presto, 26 Comuni, per
mettere a sistema la gestione delle aree
verdi pubbliche. Il risultato finale potrebbe mirare alla nascita del “Parco del Medio Reno”, con l’ambizione di svolgere
una funzione di promozione sostenibile
di un territorio che sarebbe più bello, più
sano, più biodiverso, più resiliente, più
ricco. Già oggi il Medio-Reno presenta
una serie di caratteristiche di tutto rispetto. Alla periferia di Bologna esistono ampi
tratti con vaste aree golenali: all’altezza
del Quartiere Barca; tra Via Togliatti e la
Via Emilia; tra la Ferrovia BO-MI e la Tangenziale. All’altezza di Calderara di Reno
e Castel Maggiore le Golene del Lippo e
di San Vitale sono già oggi parte un sito
della Rete Natura 2000. Altre aree possono potenzialmente andare ad arricchire la
portata ambientale del corridoio fluviale:
la cava in Via Zanardi e Via Lame, l’ex-
demanio militare a Passo Pioppe, i bacini in località Boschetto e le altre aree di
cava a Bonconvento e Malacappa. Altre
aree golenali sono già oggetto di riqualificazione, come in Via Longarola a Sala
Bolognese o in Via Beata Vergine ad Argelato/Castello d’Argile). Proseguendo
verso valle si fanno frequenti lunghi tratti
in cui il Reno corre rigidamente inalveato
e con ridotto spazio in golena, ma dove
gli habitat di sponda, come i “boschi
igrofili a galleria”, tutelati dall’Unione
Europea, non mancano. Nel ferrarese la
golena si torna ad ampliare notevolmente
e sono presenti altri importanti nodi ecologici come l’Area di Riequilibrio Ecologico “Bisana” a pieve di Cento / Galliera
che fronteggia la Foresta della Panfilia
sull’altra sponda. Ma a ben poca distanza dal Reno si rinvengono molte aree di
pregio ambientale, rientranti nella citata
Convenzione GIAPP, che a questo punto
potrebbero davvero essere raccolte in un
unico grande “contenitore”.
Già oggi sono in essere molte iniziative
per la conoscenza e la fruizione di questi
luoghi (www.naturadipianura.it), in attesa di una unica ed unitaria offerta del futuro. Del futuro “Parco del Medio Reno”.
Un giro tra Pieve di Cento, Castello d’Argile, Argelato, San Giorgio di Piano, Bentivoglio,
San Marino, Ca’ de Fabbri e Budrio lontani dal traffico
DUE PEDALATE tra Pieve e Budrio
sulla Ciclo-Trasversale di Pianura
Testo di Valerio Severini - I Pedalalenta
Dopo aver incontrato negli ultimi anni
sulla Trasversale di Pianura diversi cicloturisti, tra i quali anche alcuni stranieri,
sfiorati da camion ed auto, ho pensato
a questo progetto che ha come obbiettivo finale il collegamento dei seguenti
comuni: Pieve di Cento, Castello d’Argile, Argelato, San Giorgio di Piano, Bentivoglio ,San Marino di Bentivoglio, Ca’
de Fabbri e Budrio, con un itinerario che
prevede l’utilizzo in buona parte delle
piste ciclabili esistenti e di strade minori
poco trafficate. A Pieve di Cento esiste
un ulteriore possibile collegamento con
la ciclabile Lungo Reno che può essere
utilizzata per arrivare fino a Sant’Agostino, San Carlo ed al Canale Napoleonico
grazie al quale in poco più di 25 chilometri si raggiunge la ciclabile più importante d’Italia: la DESTRA PO.
Il progetto della Ciclo-Trasversale di Pianura ha già circa 15 chilometri di piste
ciclabili: sarebbero sufficienti piccoli
interventi di collegamento per avere fruibile l’intero itinerario da Pieve di Cento
a San Marino di Bentivoglio; senza considerare che potrebbe diventare un’arteria principale da cui si dipartono le altre
ciclabili già esistenti, per esempio quella
che da San Giorgio di Piano, attraverso,
Funo raggiunge Castel Maggiore.
IL PERCORSO - Dalla piazza di Pieve
di Cento si prende via Rusticana fino
alla ciclabile di via Provinciale Nord e
si entra in centro a Castel d’Argile alla
cui rotonda si prende la ciclabile di via
Provinciale Sud fino a Volta Reno, da qui
si percorrono strade secondarie (via San
Donnino, via Ronchi, via Bonaccorsi, via
Gozzadina, via Macero) fino alle ciclabile di Argelato e San Giorgio di Piano.
Una volta raggiunto San Giorgio di Piano si percorrono sia la ciclabile che strade secondarie (via Gnudi, via Matteotti,
attraversare la piazza ed il sottopasso)
per poi percorrere quella che conduce a
Bentivoglio e qui ci si può immettere sulla nuova ciclabile Argelli fino a San Marino di Bentivoglio. Usciti dalla frazione
si prende via Saletto poi via Barche e si
arriva a Ca’de Fabbri e da qui alla Pieve
di Budrio lungo strade secondarie e sterrate. Seguendo in sequenza le vie Chiesa, Ronchi, Pilastrino, Armarolo, Luzzo,
Pozzo, Passo Pecore, Canta Poiana, Zenone, Fornace e Manganone si arriva al
ponte della Riccardina e infine attraverso
via Pieve si arriva alla Pieve di Budrio.
Questo itinerario è utilizzabile sia in
chiave cicloturistica, per visitare le risorse artistiche e naturalistiche dei vari comuni, come il museo MAGI’900 di Pie-
ve di Cento o Villa Beatrice di Argelato
nonché Villa Smeraldi di San Marino di
Bentivoglio, le oasi protette e le aziende
agrituristiche, ma rappresenta anche una
alternativa all’auto nei collegamenti tra
un comune ed un altro.
Per scoprire le attività
dell’associazione:
www.pedalalenta.it.
39
Nei fiumi
Biodiversità
di peso. Le femmine sono solitamente più piccole e caratterizzate da un addome più largo, adattato ad accogliere le
uova. Oltre che per le dimensioni, i maschi e le femmine si
possono distinguere osservando le prime due paia di appendici addominali, allungate e diverse dalle altre nel maschio
e più piccole e uguali alle altre nella femmina.
Queste speciali appendici servono al maschio durante l’accoppiamento (tra ottobre e novembre): dopo aver rovesciato
ed immobilizzato la femmina con le proprie chele, le utilizza per far aderire il proprio liquido seminale sulla parte
ventrale del corpo della compagna; quando sarà pronta la
femmina utilizzerà lo sperma per fecondare le sue uova che
curerà e proteggerà attaccate al ventre fino al momento della schiusa che può avvenire da cinque a sette mesi dopo, a
seconda della temperatura dell’acqua.
Il gambero di fiume è un animale molto sensibile e il suo stato di salute dipende direttamente dalle condizioni ambientali e dalla qualità dell’acqua in cui vive. Fino ad un secolo
fa era tanto abbondante da essere una componente abituale della cucina locale e il problema principale era appunto
la sua eccessiva predazione da parte dell’uomo (abitudine
È lungo tra 10 e i 12 centimetri più le chele. Vive nelle acque fresche e ben ossigenate
dell’Appennino ed è diffuso dalla Spagna ai Balcani. Di giorno sta nascosto nella tana da
cui esce solo la sera per andare a caccia di larve, foglie e piccoli molluschi
Il GAMBERO DI FIUME
col Dna italiano
Testo di Gianluca Zuffi - Hydrosynergy
Quando parliamo di gamberi e granchi pensiamo, inevitabilmente, al mare e agli scogli. In realtà potremmo e dovremmo pensare anche ai torrenti, ai fiumi e ai laghi di tutto
il mondo. Compresi, ovviamente, quelli dell’Appennino
tosco-emiliano. Esistono infatti molteplici specie di gamberi
e di granchi che si sono adattate a vivere in acqua dolce.
Un esempio a noi molto vicino è il gambero di fiume (nome
scientifico Austropotamobius pallipes, Lereboullet 1858),
un crostaceo appartenente alla famiglia degli Astacidi (che
al contrario di quello che si potrebbe pensare, non è la stessa di astici, aragoste e gamberetti di mare) diffuso in Italia (isole escluse), Francia, Penisola Iberica, Grecia, nell’ex
Jugoslavia, nell’estremo sud-ovest della Germania e in Inghilterra. Secondo alcune recenti ricerche sul DNA di questi animali, le popolazioni italiane farebbero parte di una
sottospecie a se stante e differente da quelle europee, ma,
come spesso accade in questi contesti, il quadro complessivo è tutt’altro che chiarito.
Il gambero di fiume vive nelle acque fresche ed ossigenate
dei torrenti di montagna, ma se credete di poterlo osservare
durante una tranquilla passeggiata lungo la riva del fiume
probabilmente rimarrete delusi. Infatti, il gambero di fiume
passa le giornate al sicuro nella propria tana per poi uscire
40
al calare della sera alla ricerca di cibo. Con un poco di attenzione e di fortuna potreste, però, rinvenire le sue esuvie
abbandonate a seguito della muta.
Come tutti i crostacei, infatti, anche il gambero di fiume non
possiede uno scheletro interno, bensì uno scheletro esterno:
l’esoscheletro. L’animale cresce all’interno del suo esoscheletro fino a che le dimensioni glielo permettono per poi liberarsene (esuvia) una volta raggiunta la dimensione massima
possibile. Nei giorni successivi alla muta, l’animale “nudo”
inizia a produrre chitina (una sostanza avente una funzione
simile a quella della cheratina delle nostre unghie) e nel giro
di qualche giorno tornerà ad avere la sua corazza.
La dieta del gambero di fiume è composta prevalentemente da piante acquatiche, piccoli crostacei che vivono sul
fondale, molluschi e larve acquatiche di insetti e pesci.
Non disdegna le foglie cadute dalla vegetazione arborea
e occasionalmente può nutrirsi di resti e detriti di animali
in stato di decomposizione. Talvolta i gamberi più grandi possono aggredire, uccidere e mangiare gli esemplari
più piccoli, specialmente se questi stanno attraversando il
loro periodo di muta.
I maschi adulti possono raggiungere una dimensione massima di circa 10-12 cm di lunghezza (chele escluse) e 90 g
Chi è
HYDROSYNERGY
Dallo studio dei bioindicatori ai censimenti faunistici, dagli studi sull’impatto ambientale fino alle analisi dei dati molecolari o biostatistici. Nata nel 2010
come start-up ad alto contenuto tecnologico all’interno dell’Università di Bologna, HYDROSYNERGY,
o più semplicemente HS, è una società cooperativa che fornisce servizi di ecologia applicata, monitoraggio ambientale e consulenza ecologica, per
un utilizzo sostenibile delle risorse idriche e per la
conservazione e la gestione degli ambienti acquatici e della loro biodiversità. Le attività di HS si concentrano sulla fauna legata agli ambienti acquatici,
macrobenthos, crostacei, pesci, anfibi e anche rettili, ma tramite una consolidata rete di collaboratori
specializzati può occuparsi anche di progetti e servizi riguardanti avifauna, micromammiferi, chirotteri e fitocenosi. Grazie all’alto contenuto tecnologico HS ha usufruito di diverse sovvenzioni messe a
disposizione delle giovani imprese dalla Comunità
Europea e dalla Regione Emilia-Romagna e oggi
può contare su professionisti di diversa estrazione
accomunati dalla stessa passione per l’ambiente e
legati da un rapporto di reciproca fiducia maturato
sul campo. Da questo numero, Hs inizia una collaborazione con nelle Valli Bolognesi che regalerà ai
tanti lettori diversi approfondimenti sulla fauna che
vive nei nostri corsi d’acqua.
fortunatamente ormai scomparsa quasi del tutto). Oggi il
suo stato di conservazione è critico e la sua presenza sul
territorio italiano, nonostante i vincoli di protezioni previsti
dalla Direttiva Habitat della Comunità Europea (DIR.92/43/
CE), dalla Legge Regionale sulla Fauna minore dell’Emilia
Romagna (L.R. n. 15/06) e dalla “Convenzione di Berna”
(1979) per la conservazione della vita selvatica, è minacciata dalle sempre più frequenti modificazioni dell’alveo
fluviale e dall’introduzione di specie alloctone più resistenti e opportuniste, che in certi casi posso essere vettori di
patogeni letali.
L’esempio più noto è quello del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii Girard, 1852): questo animale
oltre ad essere più forte e più resistente, è portatore sano
della cosiddetta peste del gambero, letale per il gambero di
fiume. Fortunatamente per i nostri gamberi, il gambero rosso della Louisiana predilige gli ambienti di pianura e non ha
ancora invaso l’Appenino tosco-emiliano. è quindi importante evitare di trasportare gamberi rossi della Louisiana o
altri animali (es. pesci), o acqua, o fango potenzialmente infetti da valle verso monte per evitare di diffondere ulteriormente la specie alloctona e con essa la peste del gambero.
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AUTUNNO - GLI APPUNTAMENTI DI OTTOBRE
DAL 3 AL 12 OTTOBRE - BUDRIO
Il programma della festa autunnale dell’agricoltura:
nei fine settimana la mostra degli animali.
AGRIBU CELEBRA IL PANE
Agribu, la manifestazione dal sapore autunnale che prenderà il via
sabato 3 Ottobre e che terminerà lunedì 12 Ottobre, come ogni anno
è resa possibile da una stretta collaborazione tra Comune di Budrio,
Pro Loco di Budrio, comitato degli operatori economici e agricoltori
del territorio. Il tema di quest’anno sarà il pane e i prodotti ad esso
collegati. Non mancherà la mostra degli animali nell’area dell’ex lavatoio che vedrà nel primo week end l’esposizione di bovini da latte,
da carne, caprini suini, bufali e la terza mostra provinciale dei conigli
mentre, nel secondo week end saranno asini, muli, cavalli e polli
ornamentali a farla da padrone. Nei tanti momenti di svago e di divertimento come ad esempio il ricco programma previsto per il palco di
Piazza Filopanti e la via Marconi che nel secondo week end di festa
ospiterà la manifestazione dedicata a vino e birra “Budrio da Bere”,
ma anche momenti dedicati alla cultura come ad esempio la mostra
dedicata alla casa contadina che verrà allestita all’interno della Galleria S. Agata in Via Marconi e la mostra all’ interno della chiesa di
S. Agata sempre in Via Marconi dal titolo “Il nostro Pane quotidiano,
pane ieri e oggi a Budrio, in Italia e nel Mondo” in collaborazione
con la Caritas locale.
3-4, 10-11, 17-18 OTTOBRE
CASTELLETTO DI SERRAVALLE
VALSAMOGGIA
Durante la tradizionale sagra 40 cuochi
prepareranno quello più grande del mondo
GNOCCO FRITTO DA GUINNESS
Si svolgerà in tre weekend questa singolare sagra che vanta il primato per il gnocco più lungo del mondo. Numerosi i volontari che
si adoperano nei weekend di ottobre per questo grande evento che
ha portato il paesino dell’Appennino nell’esclusivo Club del Guinness dei Primati. Sono più di 40 i cuochi che preparano il gustoso
gnocco fritto in una lunga padella stretta e rettangolare (che viene allungata ogni anno) con tante fiammelle sotto per mantenere
lo strutto (altro elemento importante per un ottimo gnocco) alla
giusta temperatura facendo attenzione a non superare il punto di
fumo. Oltre a tutto questo occorre anche molta pazienza e maestria nella frittura tenendo ben presente che se il lungo pezzo di
gnocco si dovesse rompere il Guinness non sarebbe valido. Oltre
a questo ci saranno momenti ludici, musica, mostre, laboratori di
cucina per i bimbi e tanta gastronomia dove il Re Gnocco la fa da
padrona in abbinamento con gustose specialità locali.
Per informazioni: IAT Colli Bolognesi 051 752472
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IL PROGRAMMA AGRIBU
MUSICA
Sabato 10 Ottobre
Torri dell’acqua Piazzetta de Andre’
Ore 17 Concerto dell’Ocarina Ensemble “La Terra che suona”
Ore 18.30 Aperitivo musicale
Domenica 11 Ottobre
Teatro consorziale Auditorium Via Saffi 50
Ore 10.30 Concerto dell’Ocarina Ensemble “La Terra che suona”
Ore 11.30 Pausa caffe’ con ocarinette biscotte
MOSTRE
Biblioteca Comunale “A. Majani” (via Garbaldi 39)
A tavola con Majani - Inserito nel progetto SEMI dell’IBACN
Regione Emilia-Romagna -Visitabile dal 26 settembre 2015
al 31 gennaio 2016 negli orari di apertura della Biblioteca
Torri dell’Acqua (via Benni 1)
Linee curve dalla natura al design - suggestioni dal Nord Europa
Visitabile dal 19 settembre al 31ottobre 2015 - Orari: mar 10-12;
giov/sab/dom 16-19 - Inaugurazione sabato 19 settembre ore
18,30 - Sala Rosa (via Marconi)
Le sacre du printemps - mostra di Giampaolo Parini, a cura
dell’Associazione Senza Confini -Visitabile fino a 11/10/2015
Infine via libera ai musei: ingresso gratuito ai musei e ai torrioni di Budrio
Domenica 4 ottobre dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle
18.30
Domenica 11 ottobre dalle 15.30 alle 18.30
MUSEO ARCHEOLOGICO E PALEOAMBIENTALE
ELSA SILVESTRI
Via Mentana, 32
PINACOTECA CIVICA DOMENICO INZAGHI,
Via Mentana, 32
MUSEO DELL’OCARINA E DEGLI STRUMENTI MUSICALI
IN TERRACOTTA FRANCO FERRI
Via Garibaldi, 35
MUSEO DEI BURATTINI
Via Garibaldi, 29
LA BOTTEGA DEL LEGNO DELLA FAMIGLIA RAPPARINI
Cortile di Palazzo Boriani dalla Noce, Via Garibaldi, 37
TORRIONE DELLA CANAPA
Via Donati
TORRIONE DEL RISORGIMENTO
Via III Novembre
Info: www.comune.budrio.bo.it
[email protected]
Tel. 0516928306-279
NELLE VALLI BOLOGNESI
CASTELLO D’ARGILE
1-4 ottobre
MALALBERGO
3-4 e 17-18 ottobre
MINERBIO
3-4 ottobre
L’ANTICA FESTA D’ERZEN QUANDO I CONTADINI SI RIPOSAVANO
PEGOLA IN FESTA
FIERA A SAN MARTINO
La festa della “Madonna del Rosario” è la più antica della comunità
tanto da essere nota come “Festa d’Argile”, o meglio “Festa d’Erzen”.
All’interno delle feste di fine estate, che celebravano la fine dei grandi
lavori contadini, e per animare mercati e scambi in attesa dell’inverno,
è stata per molto tempo anche l’occasione per riunire famiglie, in un
momento in cui le campagne si svuotavano in cerca di lavoro nei grossi
centri industriali. Ora è una occasione per ritrovare identità collettiva
di comunità spesso in movimento attravreso programmi religiosi ed intrattenimento, nella piazza e nei teatri della comunità. Crescentine e
piadine, Luna Park per i più giovani. Tra gli appuntamenti segnaliamo
il primo alle 17,30 lo spettacolo per i bambini al teatro comunale “La
Casa del Popolo” via Matteotti, 150. Il 2/11 alle 21 la presentazione
del libro “L’impegno dei Cattolici in Politica di Michiele Marchi e Paolo
Pombeni mentre il 3/11 alle 16,30 l’inaugurazione della mostra “Il Mozambico con gli occhi dell’Arte”.
Per info pro loco Castello d’Argile 333 1904780.
Il 3 e 4 ottobre, polenta e baccalà, il 17 e 18 ottobre, tutta Zucca:
specialità a base di polenta e baccalà e zucca nei piatti del menù
alla carta della festa gastronomica
a tema che si tiene nell’area parrocchiale di Pegola (Malalbergo).
Info: Insieme per Pegola in festa
333 8418778
A San Martino in Soverzano due
giorni di cucina tipica nel borgo
del fiabesco castello dei Manzoli, con rievocazioni storiche e
mercatino all’interno del parco
secolare. Domenica mattina alle
8 tradizionale colazione a base di
cotechino.
Info: Comune 051 878337
GRANAROLO
9-11 ottobre
SAN MATTEO DELLA DECIMA
9-11 ottobre
SAN PIETRO IN CASALE
4 ottobre
LOIANO
4 ottobre
FESTA DI PUTEN
TORNA LA BOLOGNA-LOIANO
FESTA IN PIAZZA
IL FESTONE
Al Centro sportivo “E. Faccioli”
una giornata di iniziative pensate
a misura di bambino: dalla baby
maratona e la Baby mountain
bike ai giochi di una volta,
magari passando dal trucca
bimbi e godersi lo spettacolo di
giocoleria o la favola animata; per
concludere la giornata in bellezza
merenda per tutti.
Info Unione Reno Galliera
Tel. 051 8904 827-826
La rievocazione, organizzata
dal Team San Luca, farà rivivere a tutti i presenti la corsa che
si tenne il 3 ottobre 1926 e fu
vinta da Ernesto Maserati. Saranno presenti circa 60/70 auto
storiche e la famiglia Maserati,
si comincia alle 10.30 con l’arrivo delle auto a Loiano e poi
via alla corsa, che terminerà
alle 13.30.
Gastronomia, tante bancarelle e musica. Venerdì 9 cena su
prenotazione. Per Sabato 10
è in programma l’attesa notte
bianca. Domenica 11 sera zirudele e canzoni in bolognese.
Info: Pro loco 340 2992206
Piatti autunnali della tradizione
come gnocchini fritti, frittelle di
zucca, sughi di Clinto e caldarroste a cura della “Cumpagni dal
Clinto”. San Matteo Decima (San
Giovanni P.)
Info: Urp 051 6812057
S. LAZZARO DI SAVENA
10 ottobre
MONTERENZIO
10 ottobre
PIANORO
10 e 11 ottobre
MONZUNO
Tutto ottobre
IL SABATO CREATIVO
FESTA DELLA STORIA
C’ERA UNA VOLTA
I GIGANTI DELL’APPENNINO
Torna l’appuntamento con
il Sabato Creativo di San
Lazzaro, dalle 9.00 alle 19.00
tantissimi stand dove troverete
esposti prodotti artigianali,
opere creative e curiosità, non
mancheranno i laboratori e le
attività dedicate ai bambini.
I successivi appuntamenti
saranno il 14 Novembre e il
12 Dicembre.
Alle 11 ritrovo al Museo Fantini e
visita guidata alle sale espositive
e alla nuova sezione dedicata agli
straordinari reperti archeologici
di Monterenzio Vecchia, armi e
suppellettili in metallo e ceramica etrusco-celtiche (ingresso 5€
a persona, visita a offerta libera).
Alle 15.30 ritrovo in piazza della
Pace a Quinzano e visita guidata
all’area archeologica di Monte
Bibele, insediamento celto-italico
di IV-III sec. a.C, si raccomandano
calzature idonee per camminata
nel bosco (visita a offerta libera).
Giunge alla XVIII edizione C’era
una Volta, il ritorno all’antico:
a partire da sabato pomeriggio
mostre, musica, spettacoli e
stand gastronomico con i menù
di una volta. Domenica tante
attività: torneo nazionale a squadre di scacchi, dimostrazioni di
antichi mestieri, della trecciatura
della paglia di grano, balli popolari e tante altre sorprese per andare alla riscoperta del passato.
Info:[email protected]
Rimarrà in mostra fino a domenica 25 ottobre la mostra
di Emilio Veggetti con 250 foto
che hanno per soggetto gli alberi più grandi e più importanti (rari) del nostro Appennino,
fotografati dagli inizi degli anni
70 fino all’anno in corso 2015.
La mostra si trova nella sala Ivo
teglia di Emil banca che assieme alla Cooperativa Se.Va. e
al Comune hanno organizzato
l’evento.
CASTIGLIONE DEI PEPOLI
11 ottobre
MONZUNO
11 e 18 ottobre
PIANORO
17 e 18 ottobre
CALDERARA DI RENO
17-18 ottobre
VISITA ALLA ROCCHETTA MATTEI
TARTUFESTA
TARTUFESTA
ANTICHI SAPORI
Finalmente dopo il restauro la
Rocchetta Mattei è di nuovo
aperta al pubblico dallo scorso agosto, gli “Amici di Primo
Levi” organizzano dunque una
visita guidata con l’accompagnamento del Prof. Renzo Zagnoni. Un’occasione per scoprire lo storico castello a Riola di
Vergato, costruito nel 1850 sulle
rovine di un antico maniero del
1200.
Due domeniche con tanti stand di novità e curiosità
enogastronomiche e i prodotti
della tradizione del territorio.
Presso gli stand gastronomici
sarà possibile gustare patti
a base di tartufo e tipici del
nostro Appennino oppure i
menù tartufati proposti in occasione della festa dai ristoranti locali.
Sagra del fungo e del tartufo:
tra le bancarelle, gli spettacoli
e le giostre per i bambini, allo
stand gastronomico si potranno
gustare deliziosi piatti a base di
funghi e tartufi. Domenica ci
sarà una mostra per vedere e
conoscere funghi commestibili
e non, e la musica dell’Orchestra H2O per ballare e divertirsi.
Info:[email protected]
Crescentine, tigelle, borlenghi, raviole alla mostarda
bolognese, ciambella e altri
prodotti da forno a cura dei
panificatori. Domenica polentata. In piazza Marconi
ogni sera musica e spettacoli.
altri appuntamenti su: www.orizzontidipianura.it - www.appenninoslow.it
Info:
Calderara viva 334 9295380
43
AUTUNNO - GLI APPUNTAMENTI DI OTTOBRE
MARZABOTTO
18 ottobre
DOMENICA 11 OTTOBRE - SASSO MARCONI
Nel Bosco di Mezzana una giornata dedicata
al Marrone Biondo dei Colli Bolognesi.
Escursioni, visite guidate e concerto di tango
LA SAGRA NEL CASTAGNETO
SECOLARE
Domenica 11 ottobre, ritorna il tradizionale appuntamento con
la “Sagra del Marrone Biondo dei Colli Bolognesi”, uno dei prodotti più rinomati delle colline bolognesi. La festa si svolge nella
suggestiva cornice del Bosco di Mezzana, un castagneto secolare
interamente “in piano”. Dalle ore 10 fino al tramonto, i castanicoltori del territorio proporranno al pubblico assaggi e vendita di
castagne e caldarroste. Vi sarà anche la possibilità di raccogliere
i marroni nel castagneto in grado di regalare la suggestione dei
colori dell’autunno. Accanto ai marroni, sarà inoltre possibile conoscere e acquistare i prodotti tipici dell’Appennino e degustare
specialità locali quali crescentine, tigelle e borlenghi allietati dai
balli popolari e giochi per i più piccini. Immersa nel castagneto vi
è anche l’ottocentesca Villa Quiete di Mezzana, sede in passato di
una scuola di canto della cantante lirica Etelka Gerster, che alle
ore 17.00 aprirà le porte al pubblico per una visita guidata. Ingresso gratuito e prenotazione obbligatoria entro il 30 settembre
a Infosasso, Tel. 051/6758409. Alle ore 18.30 ospiterà invece il
concerto cameristico “Historia de Tango” con Rossella Spinosa e
Alessandro Calcagnile (pianoforte) con la partecipazione del soprano Paola Matarrese nell’ambito della rassegna di escursionismo
musicale “A passo di musica” a cura del Gruppo di Studi Progetto
10 Righe. Il castagneto si trova a Pontecchio Marconi e si raggiunge da via Porrettana, seguendo la strada di fronte al Ristorante
“Acquasala” (località Borghetti). Per informazioni e prenotazioni: 051/6758409 (Infosasso).
24/25 OTTOBRE - SAN MARINO DI BENTIVOGLIO
A Villa Smeraldi un fine settimana dedicato
alla fiera dei frutti dell’autunno
L’OPEN DAY DEL GUSTO
Nel suggestivo contesto di Villa Smeraldi e del suo parco storico si
svolge il quinto Open Day del gusto, dedicato ai frutti dell’autunno. Attorno al tema della giornata si sviluppa un ricco programma,
occasione di incontro tra la cultura, le tradizioni contadine, la gastronomia e i prodotti della terra. Un’opportunità di valorizzazione degli operatori turistici e artigianali del luogo, dei produttori
agricoli, del patrimonio museale e di quello umano del paese. Il
museo, il più importante esempio nazionale di museo della tradizione rurale, sarà la scenografia per questa opportunità di valorizzazione dei nostri operatori turistici, artigiani e agricoli, del nostro
patrimonio museale e di quello umano: esposizioni di produttori
e prodotti, degustazione e vendita diretta, rievocazione storica
della tradizione contadina, visita tematica al museo; ma anche
esposizione di macchine agricole. Oltre al programma che si sviluppa presso il Museo della Civiltà contadina, molte altre iniziative verranno realizzate nei Comuni della Bassa bolognese: l’Open
day del Gusto, come già successo per l’appuntamento di giugno,
quest’anno allarga il proprio obiettivo, offrendo la possibilità di
conoscere e assaggiare i migliori piatti del territorio e scoprire le
eccellenze della tradizione agroalimentare e gastronomica della
bassa bolognese con laboratori e iniziative al di fuori del museo. Il
tema dei frutti dell’autunno prevede la realizzazione di un’esposi-
44
NELLE VALLI BOLOGNESI
zione dei frutti del “pomario”, la sezione a cielo aperto del museo
con varietà di frutta antiche, e un laboratorio per conoscere specie
ormai dimenticate; i produttori presentano prodotti di altri tempi
come la “saba” la “mostarda”, ma anche i dolci che ne derivano, come i “sabadoni”. Nespole, giuggiole, melograno e zucche
sono gli attori attorno ai quali ruotano le iniziative; assieme a loro
salumi, pasta fresca, miele, vino e altri prodotti tipici. Nel corso
della giornata esposizione di produttori e prodotti, degustazione e
vendita in collaborazione con l’associazione Orizzonti di pianura, rievocazione storica dell’aratura e visita tematica al museo con
il Gruppo della Stadura.
Informazioni: www.orizzontidipianura.it
Ufficio Turismo Unione Reno Galliera – Tel. 0518904823
MONTEPASTORE
18 ottobre
LOIANO
18 ottobre
SASSO MARCONI
18 ottobre
MARRONATA IN PIAZZA
38° SAGRA DELLA CALDARROSTA
FESTA DELLA CASTAGNA
WINE TREKKING
Giunta ormai alla XXI edizione,
a Marzabotto dalle ore 13.00 si
darà il via alla tradizionale festa
del paese dedicata alle caldarroste, ma non mancheranno gli
stand gastronomici con proposte
di piatti tipici, polenta, tigelle,
crescentine, buon vino e molto
altro, la musica e le danze e l’animazione per i bambini.
Tradizionale appuntamento con
la gastronomia a Montepastore,
frazione di Monte San Pietro;
marroni locali e prodotti delle
colline bolognesi. Mostra mercato di prodotti tipici. Pomeriggio
musicale con Renato Tabarroni.
L’evento, a cura della Sezione
Avis di Loiano, festeggia l’autunno e uno dei suoi frutti più tipici,
la castagna. Dalle ore 9.00 apertura dello stand gastronomico
dove si potranno gustare le varie
specialità locali, inoltre saranno
presenti numerosi punti dove sarà
possibile acquistare i prodotti del
bosco.
A Borgonuovo potrete cimentarvi
in un vero e proprio wine trekking, “la camminata della ciucca”: una passeggiata alla scoperta
delle cantine marconiane, a cura
del Gruppo di Studi “Progetto 10
Righe” e CSI Sasso Marconi. Un
trekking insolito per gli amanti del
vino ma non solo.
Prenotazione obbligatoria:
InfoSasso 051.6758409
BARICELLA
18-19 ottobre
MARZABOTTO
24 ottobre
PIANORO
24- 25 ottobre
PIEVE E BENTIVOGLIO
ottobre e novembre
FIRA DI SDAZZ
MEMORIA AL CHIARO DI LUNA
SAGRA DEL TORTELLINO
IL FESTIVAL DI MUSICA DA CAMERA
Torna a Baricella la tradizionale FIRA DI SDAZZ! Grazie alla
collaborazione tra Comune e associazioni del territorio, troverete
spettacoli, dimostrazioni sportive,
degustazioni di prodotti tipici, un
mercato con 170 ambulanti, mostre, intrattenimenti per bambini,
musica e tanto altro ancora. Programma completo sul sito www.
comune.baricella.bo.it Per informazioni: Comune di Baricella 051/6622430
Visita guidata lungo il percorso
della memoria, al chiarore della
luna piena. Ritrovo alle ore 20
presso il Centro Visite Il Poggiolo,
poi partenza per l’itinerario del
Memoriale, nei luoghi dei tragici
avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale in queste zone. La
visita sarà preceduta da una cena
con specialità bolognesi.
Informazioni e prenotazioni:
051.6787100 - 340.3697418
Presso il Parco del Ginepreto a Pianoro avrà luogo anche
quest’anno la sagra del tortellino, giunta ormai alla dodicesima
edizione. Si fa festa con musica,
mercatini, spettacoli e presso lo
stand gastronomico ovviamente
tortellini per tutti. Domenica ci
sarà una dimostrazione di come si
preparano i tortellini, la giornata
sarà allietata da musica folk.
Info: [email protected]
SASSO MARCONI
25 ottobre
MONTERENZIO
Da ottobre a dicembre
CASTEL MAGGIORE
Tutti i weekend di ottobre
Giunta alla sua XIX edizione,
anche quest’anno il Festival amplia l’offerta e i luoghi e da Bentivoglio arriva a Pieve di Cento,
per una tappa al Teatro Zeppilli
con artisti di fama e spessore
internazionale. Il 4 ottobre l’appuntamento è a Pieve di Cento
al teatro Alice Zeppilli con Carlo
Colombara (basso) e Paola Molinari (pianoforte). Il 18 ottobre
l’appuntamento è a Bentivoglio
al Castello nella Sala dei 5 Camini con Corrado Giuffredi (Clarinetto) e Cesare Chiacchiaretta
(fisarmonica). L’8 novembre l’ultimo appuntamento è a Bentivoglio al Castello nella Sala dei 5
Camini con il Concerto di giovani talenti vincitori del concorso
“adotta un musicista, Forlì 2015,
con Miriam Guerrieri (violino)
e Caterina Isaia (violoncello).
L’appuntamento è anche l’occasione per l’esecuzione in prima
assoluta di una composizione di
Andreina Costantini
Info: iltemporale.it
“COLLEZIONANDO”
AL TEATRO G. LAZZARI
BAVIERA FEST
Dalle ore 9 alle 18 in Piazza dei
Martiri della Liberazione e nelle
vie del centro cittadino di Sasso
Marconi, mercatino del collezionismo con oltre 100 bancarelle
del riuso e opere d’arte e d’ingegno e stand enogastronomici
con tigelle e crescentine. Gli
appassionati di oggetti antichi e
creazioni artigianali potranno ritrovarle eccezionalmente anche
Sabato 24-31 Ottobre e Domenica 1 Novembre nell’ambito di
“Tartufesta”. Info: 051/6758409 (Infosasso).
Dopo la pausa estiva riprende
l’attività del teatro con un’ampia
offerta di spettacoli, tanti appuntamenti da ottobre a dicembre
per tutti i gusti: ci saranno Paolo
Cevoli, Inconsueta Compagnia,
Lorenzo Costantini, Artisti apprendisti e Compagnia dell’Idra
e il 13 dicembre spettacolo per i
bambini, “L’apprendista di Babbo
Natale”.
Informazioni: Comune di Monterenzio. 051.929002
Ogni sabato e domenica di ottobre al parco Staffette Partigiane
festa con i prodotti bavaresi: birra,
stinco, würstel, strudel, bretzel e
musica live direttamente dalla
Baviera.
Castel Maggiore|URP 051
6386781
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altri appuntamenti su: www.orizzontidipianura.it - www.appenninoslow.it
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AUTUNNO - SPECIALE TEATRI IN PIANURA
IN NOVEMBRE
SASSO MARCONI
1 novembre
UNIONE RENO GALLIERA
Tre progetti culturali per i teatri Argelato,
Castel Maggiore, Castello d’Argile
e Pieve di Cento che presentano
un unico calendario di appuntamenti
per la stagione 2015-2016
TUTTI IN SALA CON
USCITE DI SICUREZZA
Al secondo anno di vita prosegue la stagione teatrale congiunta dei
teatri di Argelato, Castel Maggiore, Castel d’Argile e Pieve di Cento.
Un progetto culturale condiviso al livello sovracomunale che permette di difendere e rilanciare il teatro nei comuni della pianura bolognese. Nel raggio di 10 km, quattro teatri comunali ospiteranno tre
esperienze di progettazione culturale ormai consolidate nei rispettivi
territori: Sguardi diretta da Francesca Mazza; Atti Sonori con la direzione artistica di Giambattista Giocoli; VocAzioni con la direzione
artistica di Matteo Belli e Maurizio Sangirardi.
Tre realtà tradizionali che vengono chiamate a confrontarsi con una
dimensione segnata dalla condivisione di risorse e pensieri: Uscite di
Sicurezza. 24 appuntamenti, dal 3 Ottobre 2015 al 23 aprile 2016,
per un’offerta culturale ricca e variegata.
SAVIGNO
1-8-15 novembre MONGHIDORO
4 novembre
ALLA SCOPERTA DI SASSO
SAGRA DEL TARTUFO BIANCO
LA GRANDE GUERRA FESTA DI SAN MARTINO
Escursione di difficoltà medio/facile tra la storia e i luoghi meno conosciuti di Sasso Marconi, per scoprirne insieme nuove sfaccettature.
Ritrovo ore 9.00 in Piazza dei Martiri e partenza per la camminata, a
cura di Gruppo di Studi “Progetto
10 Righe” e CSI Sasso Marconi.
Prenotazione obbligatoria:
InfoSasso 051.6758409
Inserite nel calendario della Tartufesta, ne abbiamo parlato in un’altra parte della rivista, questa resta
uno degli appuntamenti più importanti nell’Appennino bolognese
per gli appassionati del prezioso
tubero.
Per Info: IAT Colli Bolognesi
051/752472
Presso la sala comunale verrà inaugurata questa mostra fotografica e
altro. Monghidororo ricorda i suoi
caduti in occasione della Grande
Guerra del 15 -18 dove anche da
qui sono partiti per il fronte numero soldati. Sono in programma
video e testimonianze.
In occasione della Festa del patrono Piazza del Popolo si anima con
musica, spettacoli, visite e mercati.
Ovviamente non mancano stand
gastronomici con i piatti tipici
dell’autunno. Segnaliamo la grande cena finale del 12 novembre.
Per informazioni:
IAT Colli Bolognesi 051 752472
MINERBIO
8 novembre
PIEVE DI CENTO
8 novembre
MONTERENZIO
8 novembre
SASSO MARCONI
8 e 22 novembre
IL RINGRAZIAMENTO
BOLOGNA JAZZ FESTIVAL
FESTA DEI MARRONI
L’ACQUEDOTTO ROMANO
Festa agricola che celebra i frutti
della terra. Stand con caldarroste,
vino nuovo, crescentine, pesce fritto, porchetta, bomboloni.
Info Coldiretti Altedo 051 970179
Tappa al teatro Alice Zeppilli per
il festival bolognese con MIETTA e
MAREA “Jazz Songs” Mietta voce,
Andrea Dessì chitarra, Massimo
Tagliata pianoforte e fisarmonica
Andrea Taravelli basso, Gianluca
Nanni batteria.
Info Comune di Pieve di Cento
Una giornata dedicata al frutto autunnale per eccellenza organizzata
dall’Associazione Polisportiva con
il patrocinio del Comune di Monterenzio. Per tutta la giornata stand
gastronomici che prepareranno
crescentine, caldarroste e vino novello, ci sarà anche la possibilità di
acquistare i marroni; inoltre tante
attività per i bambini e intrattenimento per tutti.
Ultimi due appuntamenti l’8 e il
22 novembre per assistere alle visite guidate speleo-archeologiche
all’Acquedotto romano. Ritrovo
alle ore 10.00 in via Rio Conco, a
Pontecchio Marconi, poi con una
breve passeggiata si arriverà al cunicolo sotto la cascata e si andrà ad
esplorare un tratto dell’acquedotto
sotterraneo.
Prenotazione obbligatoria:
InfoSasso 051.6758409
SAN PIETRO IN CASALE
12-15 e 19-22 novembre
PERSICETO
13-15 novembre
SALA BOLOGNESE
15 novembre
CALDERARA DI RENO
15 novembre
IN CALENDARIO PER IL 2015
Sabato 3 e Domenica 4 ottobre, ore 18.00 e ore 19.00
Sguardi - VILLA BEATRICE, Argelato
TUTTO IL MONDO È UN TEATRO
Sabato 24 ottobre, ore 21.00
Atti Sonori - TEATRO “A. ZEPPILLI”, Pieve di Cento
ALL’OPERA!
Venerdì 30 ottobre, ore 21.15
Sguardi - TEATRO “BIAGI-D’ANTONA”, Castel Maggiore
SABBIA
Venerdì 13 novembre, ore 21.15
Sguardi - TEATRO “BIAGI-D’ANTONA”, Castel Maggiore
I CALIBAN
Sabato 21 novembre, ore 21.00
VocAzioni - TEATRO “LA CASA DEL POPOLO”, Castello d’Argile
GENTI, INTENDETE QUESTO SERMONE
NERO GIARDINI
STONEFLY
CAFE’ NOIR
HARRIS
S . L AZZARO
ECCO
via Jussi 6 051 . 46 13 18
FRAU
46
Sabato 28 novembre, ore 21.00
Atti Sonori - TEATRO “LA CASA DEL POPOLO”,
Castello d’Argile
LULIAN ENSEMBLE
Per tutte le info
Venerdì 4 dicembre, ore 21.15
inquadrate il QR Code
Sguardi - TEATRO DI ARGELATO
con lo smartphone
CONFESSIONE DI UN EX PRESIDENTE
CHE HA PORTATO IL SUO PAESE SULL’ORLO DELLA CRISI
Sabato 19 dicembre, ore 17.30
Atti Sonori - TEATRO “A. ZEPPILLI”, Pieve di Cento
L’ISOLA CHE NON C’è
Mercoledì 30 dicembre, ore 21.15
Sguardi - TEATRO “BIAGI-D’ANTONA”, Castel Maggiore
I LOVE RADIO ROCK
TIMBERLAND
MEPHISTO
MELLUSO
CLARKS
DI S AVENA (Bo)
GEOX
via Roma 9/b 051 . 45 18 79
MBT
CASALECCHIO DI RENO
6-12 novembre
SAGRA DEL BOLLITO
FESTA DI SAN MARTINO
ESTATE DI SAN MARTINO
FIERA D’AUTUNNO
Bollito, un secondo piatto della tradizione bolognese sempre più raro
sulla tavola, proposto “in tutte le
salse” e affiancato dai primi piatti
di una volta, come pasta e fagioli e
tortellini in brodo di cappone. Tra i
secondi grigliate, trippa, friggione.
Al Casale, a cena e domenica a
pranzo.
Info: 348 0999180
Festa enogastronomica con mercato di prodotti tipici e ‘Sorsi divini’,
bicchieri-kit per degustare passeggiando i vini delle cantine presenti.
Info: San Giovanni in Persiceto
Comune 800 069678
Festa nel parco di Villa Terracini
(via Gramsci 315- Osteria Nuova)
con caldarroste, vendita di prodotti
tipici e rievocazione degli antichi
mestieri della campagna.
Dalle 9 alle 18.
Info: Comune 051 6822535
Raviole, altri prodotti da forno e
crescentine in occasione dello stramercato. Artisti di strada.
Info: Calderara viva 334 9295380
Elaborazione dati contabili
Recupero Crediti
Analisi di bilancio
Diritto societario
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Via Nazionale 134, 40060 PIANORO ( BO )
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altri appuntamenti su: www.orizzontidipianura.it - www.appenninoslow.it
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Formazione
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Visure Camerali
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(730-ISE-RED-ICRIC )
47
AUTUNNO- SPECIALE TEATRI IN PIANURA
Gli appuntamenti per bambini nei Comuni di Bentivoglio, Budrio,
Castenaso, Castel Maggiore, Galliera, Minerbio, Pieve di Cento,
San Giorgio di Piano e San Pietro in Casale
LA DOMENICA PORTO I RAGAZZI A TEATRO
Nelle fredde domeniche autunnali, quando le tenebre calano già nel
tardo pomeriggio, ecco che le fantastiche storie delle fiabe (ma non
solo) si animano sulla scena dei teatri della pianura: questo è “Domeniche a teatro”, la rassegna dedicata ai bambini dai 3 ai 10 anni, che
per la stagione 2015/2016 comprende ben 21 spettacoli selezionati
tra le migliori produzioni italiane sotto la direzione artistica di Vittorio Zanella e Rita Pasqualini del Teatrino dell’Es. Teatri storici, sale
IN CALENDARIO NEL 2015
DOMENICA 18 OTTOBRE
SAN PIETRO IN CASALE - ORE 16,30
SALA POLIVALENTE - ASILO PARROCCHIALE S. LUIGI –
VIA MATTEOTTI, 2
ORTOTEATRO (PORDENONE) presenta
FIABE DOLCI, DOLCI DA FIABA
Avventure di bambini golosi o affamati, protagonisti di fiabe popolari
il cui fascino è sempre vivo. Consigliato ai bambini dai 3 ai 6 anni.
Ingresso libero.
DOMENICA 25 OTTOBRE
SAN GIORGIO DI PIANO - ORE 16,30
COMUNITÀ MARANÀ-THA, VIA CINQUANTA 7
INGRESSO VIA CATALDI
ASSOCIAZIONE CULTURALE EUREKA (GENOVA) presenta:
CAPPUCCETTO ROSSO
Commedia giocosa dalla fiaba dei Fratelli Grimm, sui temi della trasgressione e della paura. Consigliato ai bambini dai 4 agli 8 anni.
Ingresso libero.
DOMENICA 8 NOVEMBRE
CASTENASO - ORE 15,30
CINEMA TEATRO ITALIA – VIA NASICA 38
IL CARRO DEI COMICI (MOLFETTA) presenta
IL VOLO DEGLI UCCELLI
Due cacciatori, per depredare uno stormo di uccelli diretto verso
una terra fantastica dove il cielo è incontaminato e fatato, decidono
di camuffarsi e seguirli in volo. Proprio quando la caccia dovrebbe
iniziare..... Consigliato ai bambini dai 3 ai 7 anni. Ingresso € 5,00.
DOMENICA 15 NOVEMBRE
CASTEL MAGGIORE – ORE 16,30
SALA “BIAGI-D’ANTONA” – VIA LA PIRA 54
COMPAGNIA RUINART (PONTASSIEVE) presenta
ERNEST E CELESTINE
Ernest e Celestine: un orso e una topolina potranno mai diventare
amici ? Vivono in due mondi separati: gli orsi nel mondo di sopra,
i topi in quello di sotto e se capita che si incontrino succede il finimondo. Tratto dal libro di Daniel Pennac. Consigliato ai bambini dai
6 agli 8 anni. Ingresso libero.
DOMENICA 22 NOVEMBRE
SAN GIORGIO DI PIANO – ORE 16,30
SALA TRENTI, VIA GARIBALDI 10
TEATRO DEGLI AMICI (GENOVA) presenta
IL MAGO DI OZ
Tratto dal romanzo di L. Frank Baum, in cui la fantasia non conosce
confini. Personaggi assolutamente inverosimili che rappresentano
un’unione inscindibile con la particolarità dei burattini.Consigliato
ai bambini dai 4 agli 8 anni. Ingresso libero.
48
polivalenti e altri spazi informali ospitano una intelligente selezione
di spettacoli di teatro d’attore, di burattini e di pupazzi, con oggetti,
proiezioni, musiche e danze. Una rassegna di spettacoli che già da
16 anni accompagna i nostri bambini tra le più belle storie grazie a
una scelta di teatro ben precisa, un teatro “in punta di piedi, testa,
cuore e mani”, mai urlato, mai volgare, lieve, ironico, comico, che
induca al pensiero positivo del fare e del sentire.
DOMENICA 29 NOVEMBRE
BUDRIO – ORE 16,30
TEATRO CONSORZIALE, VIA GARIBALDI 35
BOTTEGA TEATRALE (FONTANETTO PO) presenta
MAGHREB
Ninna nanne e filastrocche per un incontro fra le due sponde del Mediterraneo. L’ingresso in sala è accompagnato da un profumo di gelsomino che per la cultura maghrebina è l’odore dell’ingresso del Paradiso.
Consigliato ai bambini dai 3 anni. Ingresso € 5,00.
DOMENICA 29 NOVEMBRE
GALLIERA – ORE 15,30
ATRIO DEL MUNICIPIO, PIAZZA EROI DELLA LIBERTÀ 1
LA BARACCA (MONZA) presenta
BUON APPETITO RICCIOLI D’ORO
Mamma Orsa, Papà Orso e il piccolo Orsetto sono impegnati a preparare tre gustosi pranzetti non proprio perfetti. Consigliato ai bambini
dai 3 ai 6 anni. Ingresso libero.
DOMENICA 6 DICEMBRE
CASTENASO - ORE 15,30
CINEMA TEATRO ITALIA – VIA NASICA 38
DITTA GIOCOFIABA (MILANO) presenta
LO SCHIACCIANOCI
Dalla fiaba musicale di Tchaikovsky uno spettacolo interattivo animato
dalle note delle più famose melodie orchestrali. Una emozionante avventura tra soldatini di stagno e topi guerrieri nel clima di sogno che precede il Natale. Consigliato ai bambini dai 3 ai 7 anni. Ingresso € 5,00.
MARTEDÌ 8 DICEMBRE
BENTIVOGLIO – ORE 16,30
SALA TE-ZE – VIA BERLINGUER 7
TEATRINO DELL’ES (VILLANOVA DI CASTENASO) presenta
LA FIABA DI PIUMETTO VIAGGIATORE NELL’ARTE
Piumetto, un buffo merlotto dalle gambe secche e flessibili, grazie ai
consigli del Topo Guardiano, s’accorge che un Museo è un luogo incantevole in cui è possibile compiere i più avventurosi, paurosi e divertenti
viaggi. Consigliato ai bambini dai 4 agli 8 anni. Ingresso € 5,00.
DOMENICA 13 DICEMBRE
MINERBIO – ORE 17,00
PALAZZO MINERVA, VIA ROMA 2
TEATRO INVITO (LECCO) presenta:
CENERENTOLA FOLK
Trasposizione di una fiaba classica in chiave di Teatro Canzone: dove
si racconta l’emancipazione di Cenerentola cadenzando lo svolgersi
della trama con spassose canzoni popolari. Consigliato ai bambini
dai 3 ai 7 anni. Ingresso € 5,00.
IN NOVEMBRE
MONGHIDORO
15 novembre
MONGHIDORO
19 novembre
MARZABOTTO
20 novembre
BARICELLA
20 novembre
SAGRA DEL TORTELLINO
FESTA DEGLI ALBERI
LA NOTTE DELLA LUNA
ORGANI ANTICHI
A Campeggio di Monghidoro,
presso gli impianti sportivi, dalle
ore 12.30 ci sarà l’edizione invernale della sagra del tortellino
campeggiano, a cura del Circolo
Polisportivo: un pranzo dove il
protagonista indiscusso sarà il re
della gastronomia bolognese, e
tante altre buone proposte.
Il Comune di Monghidoro organizza in collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Monghidoro
e il Corpo Forestale questa giornata volta a sensibilizzare i ragazzi
delle scuola sull’importanza del
rispetto per la natura e l’attenzione verso l’ambiente
L’associazione Al di La del Fiume
orgnanizza una serie di incontri
riservati esclusivamente per donne e dedicati al potere creativo
della Luna ed al coraggio dell’
elemento fuoco tenuti da Antonella Mattioli, terapeuta esoterica.
Cena vegetariana dedicata al risveglio delle potenzialita’ femminili , menu creativo con prodotti
locali bio € 25,00 (vini esclusi)
Prenotazione obbligatoria.
Danila Mongardi
Info: 348.0153838
Alle ore 20.45 nella Chiesa Parrocchiale della Natività di Maria
la rassegna fa tappa a Baricella
per ascoltare l’organo costruito
da Adeodato Bossi Urbani di
Bergamo nel 1874 e restaurato
da Brondino Vegezzi-Bossi di
Centallo (Cuneo) nel 2010.
Info Comune di Baricella,
Biblioteca Comunale
Tel. 051/6622438
BARICELLA
20-21 novembre
MONGHIDORO
28 - 29 novembre
BUDRIO
22 novembre
CASTIGLIONE DEI PEPOLI
25 novembre
FESTA DELLA NEBBIA
CORO SCARICALASINO
FESTIVAL IN CORDE
LA PRIMAVERA ARABA
Venerdì sera a San Gabriele pida
e pidaza, piadina romagnola da
ricetta tradizionale oltre a rotoli,
crescioni e “piadipizza”. Sabato
sera tortellini fatti dalle arzdoure
locali e polenta preparata dal Mastro Polentaio, anche in variante
vegana.
Info: Amici per San Gabriele 328
0733271
Sabato 28 ore 17,30 presso la sala
comunale convegno “La ricerca
Etnomusicologica dei 40 anni del
Coro Scaricalasino” Relatore Pierpaolo Scatolini e presentazione
del nuovo CD. Ore 21 presso la
chiesa parrocchiale concerto del
Coro Scaricalasino e del coro “La
Chiusa” di Volargne. Domenica
29 ore 11 Santa Messa cantata dai
due cori e pranzo in Baita aperto
a tutti.
Ritorna per il quarto anno consecutivo il Festival Incorde, manifestazione dedicata alla chitarra;
esperienze e sensibilità musicali
diverse, con lo scopo di valorizzare itinerari trasversali riguardo
al repertorio, alla didattica, e alla
liuteria. Quest’anno l’ appuntamento è per domenica 23 novembre alle ore 11 presso le Torri
dell’acqua.
Info Comune di Budrio – Ufficio
Cultura 0516928281
Alle ore 15.00, presso l’Aula Magna del Polo scolastico, si terrà il
primo incontro con il professor
Tommaso Palmieri a proposito del
tema “Rivoluzione o restaurazione? La Primavera Araba”. Un’occasione per conoscere e approfondire la situazione dei conflitti
arabi degli ultimi anni, il secondo
incontro si terrà mercoledì 2 dicembre.
CASTEL MAGGIORE
28 e 30 novembre
SASSO MARCONI
29 novembre
MINERBIO
29 novembre
BENTIVOGLIO
29 novembre
FESTA DI SANT’ANDREA
“COLLEZIONANDO”
DI CORSA LUNGO I FOSSI
Sabato 28 gazebo con caldarroste, vin brulè e cioccolata calda.
Lunedì 30 alle 19 messa con pane
del santo.
Info: Pro loco 051 713599
Dalle ore 9 alle 18 in Piazza dei
Martiri della Liberazione e nelle
vie del centro cittadino di Sasso
Marconi, mercatino del collezionismo con oltre 100 bancarelle
del riuso e opere d’arte e d’ingegno e stand enogastronomici con
tigelle e crescentine. Info: 051/6758409 (Infosasso).
Lungo le vie principali mercato
toscano e mercatino dell’antiquariato sotto i portici. Stand con
crescentine e affettati. La mattina si tiene la terza corsa e camminata podistica “Cinque fossi
Run&Walk”.
Info: Comune 051 6611711
I PORCI COMODI
Nel passato, nelle campagne bolognesi, si macellava il maiale fra
Sant’Andrea (30 novembre) e San
Biagio (2 febbraio): nelle case si
preparavano i pezzi di carne fresca da conservare sotto sale e gli
insaccati. Era la riserva di carne
che l’arzdoura doveva far bastare
per tutta la famiglia fino alla fine
dei lavori pesanti. L’Associazione
Gruppo della Stadura ripropone
la lavorazione del maiale al Museo della civiltà contadina di San
Marino di Bentivoglio, con assaggio delle parti più prelibate.
Dalle 10 alle 17.
Info: Museo 051 891050
Il B&B La collina di Ameral si trova a ridosso di un bosco e
dell’Appennino tosco-emiliano, lungo la Via degli Dei che collega Bologna
a Firenze, in un’elegante e accogliente casa indipendente, in cui vive
la titolare. La vista, sul bosco e la collina, è mozzafiato, e la quiete è
assoluta. Vi aspettiamo! Claudia,
Claudia Leo e Red.
La rassega continua anche nel 2016
INFO: BUDRIO: Teatro 051 6928244 www.comune.budrio.bo.it
CASTENASO – Uff. cultura 051 6059125 www.comune.castenaso.bo.it
MINERBIO – uff. cultura 051 878337 www.comune.minerbio.bo.it
SAN GIORGIO DI PIANO – uff. cultura 051 893450
UNIONE RENOGALLIERA – uff. cultura 051 8904821
Via Buonarroti 1 - 40036 Monzuno - Bo
cell. +39 3460810060 - Tel +39 0516770193
altri appuntamenti su: www.orizzontidipianura.it - www.appenninoslow.it
49
AUTUNNO- SPECIALE TEATRI IN PIANURA
IN DICEMBRE
MONGHIDORO
8 dicembre
BUDRIO
In calendario fino alla primavera prossima
nello storico teatro fatto costruire nel 1672.
GUZZANTI, BENVENUTI E BERGONZONI
NELLA NUOVA STAGIONE DEL CONSORZIALE
Il Teatro di Budrio riapre i battenti per la stagione 2015-2016. Lo storico teatro, fatto
costruire nel 1672 dal ricco budriese Paolo Sgarzi, che lo apriva al pubblico per rappresentazioni e balli, prende il nome Consorziale quando nel 1802 diventa di proprietà
pubblica e fu acquistato dal Consorzio dei Partecipanti. Come ogni anno l’Amministrazione comunale offre alla popolazione un ricco programma di appuntamenti che
spazia dalla prosa classica al teatro comico, dalla musica e all’operetta, dalle commedie dialettali alla rassegna di teatro per ragazzi. Un cartellone complesso che supera i
confini di Budrio per rivolgersi ad un pubblico più vasto. La campagna abbonamenti
fino al 26 settembre sarà dedicata ai rinnovi delle tessera della stagione scorsa, i nuovi
potranno sottoscrivere l’abbonamento dal 13 ottobre.
Info: 051 801300 - www.teatrodibudrio.com - [email protected]
Lunedì 9 e martedì 10 novembre:
DUE PARTITE
Con Giulia Michelini, Paola Minaccioni,
Caterina Guzzanti e Giulia Bevilacqua
Sabato 21 novembre
BIDONE
Con Tita Ruggeri
Mercoledì 9 e giovedì 10 dicembre
IL FU MATTIA PASCAL
Con Tato Russo
Sabato 16 gennaio
UN COMICO FATTO DI SANGUE
Con Alessandro Benvenuti
Martedì 26 e mercoledì 27 gennaio
IL MIO NOME è NESSUNO
L’ULISSE
Con Sebastiano Lo Monaco,
Maria Rosaria Carli,
Turi Moricca, Carlo Calderone
Martedì 9 e mercoledì 10 febbraio
Sabato 19 e domenica 20 dicembre
L’ONOREVOLE
MR GREEN
Con Enzo Vetrano, Stefano Rondisi,
Con Massimo De Francovich, Maximilian Nisi Laura Marinoni
Giovedì 18 febbraio
DON GALLO PAPA…
RITORNERà PRESTO
Con Luca Telese
Venerdì 26 e sabato 27 febbraio
L’ABITO DELLA SPOSA
Con Pino Starbioli,
Alice Spisa
Sabato 12 marzo
NESSI
Con Alessandro Bergonzoni
SAN GIOVANNI IN PERSICETO
MONTERENZIO
Di martedì e mercoledì il Cinema Giada
propone la rassegna di film d’autore che ogni anno
la Cineteca porta in piazza Maggiore a Bologna
Da ottobre a dicembre
AL TEATRO
G. LAZZARI
Anche quest’anno il Comune di Persiceto, in collaborazione con il Cinema Giada e la Cineteca di
Bologna, propone la rassegna cinematografica di grandi classici restaurati “Il cinema ritrovato. Al cinema” in programma il martedì e il mercoledì alle ore 21 al Cinema Giada in circonvallazione Dante
54. Capolavori di ogni tempo (e senza tempo) che tornano ad essere prime visioni. Tra questi: “I pugni
in tasca” di Marco Bellocchio (nuovo restauro presentato all’ultimo festival di Locarno), “Salò o le 120
giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini (nel 40° anniversario della morte di Pasolini, il nuovo restauro della versione integrale presentato al Festival Venezia Classici, vincitore del Leone d’Oro), “Il grande
dittatore” di Charlie Chaplin, i capolavori del cinema espressionista: “Nosferatu” di Friedrich Wilhelm
Murnau e “Il gabinetto del dottor Caligari” di Robert Wiene, “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti, con Alain Delon. Ad oggi la programmazione non è stata ancora definita, tutte le informazioni
saranno pubblicate su: www.comunepersiceto.it. Info anche al Cinema Giada, Tel: 051 822312
Dopo la pausa estiva riprende
l’attività del teatro con un’ampia offerta di spettacoli, tanti
appuntamenti da ottobre a
dicembre per tutti i gusti: ci
saranno Paolo Cevoli, Inconsueta Compagnia, Lorenzo
Costantini, Artisti apprendisti
e Compagnia dell’Idra e il
13 dicembre spettacolo per
i bambini, “L’apprendista di
Babbo Natale”.
Informazioni: Comune di
Monterenzio 051.929002
IL CINEMA RITROVATO ANCHE IN PROVINCIA
50
MONGHIDORO
12 dicembre
MONTERENZIO
12 dicembre
FESTA D’INVERNO
LA MONTAGNA IN PIAZZA
CINGHIALE DI NATALE
MERCATINI DI NATALE
A Cà del Costa nel pomeriggio al
via la Festa d’Inverno: ci saranno lo
stand gastronomico, il mercatino
di Natale dove potrete trovare tante
idee per i vostri regali e all’interno
della chiesina il caratteristico presepe, il tutto a cura del Comitato di
Cà del Costa.
La montagna scende in piazza a
Castel Maggiore portando con sé
gli aromi e i sapori dei suoi prodotti, che i visitatori possono degustare e acquistare: gnocco, tigelle,
castagnaccio, cioccolato, biscotti
e vin brulé. Sulle bancarelle oltre
al tema natalizio non mancano oggetti d’artigianato e hobbistica.
Presso il teatrino parrocchiale di
Piamaggio come ogni anno appuntamento con il cinghiale natalizio:
una cena con tanti piatti a base di
cinghiale, lotteria di Natale con
numerosi premi per tutti e tanta
buona musica organizzata dall’Associazione “Tutti per Denise”.
Presso la scuola media Falcone e Borsellino una giornata all’insegna del
Natale con stand gastronomico, gara di
torte e vin brulè per riscaldarsi, ma non
solo: ci sarà un bellissimo mercatino
con oggetti realizzati dai bambini e dalle insegnanti delle scuole del territorio,
laboratori creativi, letture di storie e sarà
presente anche Babbo Natale che farà
le foto con tutti i piccoli partecipanti! La
giornata è organizzata da Ortogiardino
di Monterenzio, il ricavato verrà devoluto all’istituto comprensivo.
CASTIGLIONE DEI PEPOLI
12 dicembre
MONGHIDORO
13 dicembre
SASSO MARCONI
13 dicembre
SAN GIORGIO DI PIANO
13 dicembre
NATALE A SCARICALASINO
CHRISTMAS ROADS
FESTA DEL MAIALE Gli “Amici di Primo Levi” organizzano un incontro con l’avvocato
Katia Lanosa e il comandante della
stazione dei carabinieri di Bologna
Claudio Corda, presso la Biblioteca Comunale dalle ore 15.00 si
approfondirà il tema della vita dei
giovani di oggi, con lo scopo di
comprendere ciò che ruota attorno
ai nostri ragazzi.
I tradizionali mercatini di Natale di
Monghidoro, dalle ore 9.00 troverete tanti prodotti dell’artigianato e
della creatività per i vostri regali di
Natale. Dalle ore 15.30 inoltre nel
Teatrino Parrocchiale ci sarà anche
la Festarina di Natale, la festa per
i bambini a cura del Comitato di
Cà di Pallerino e del Gruppo Scaricalasino. In caso di maltempo la
manifestazione verrà spostata a domenica 20 dicembre.
I suoni, i colori e la magica atmosfera del Natale invaderanno
le strade di Sasso Marconi: bancarelle e musiche natalizie, spettacoli
itineranti, allestimenti, giochi e
animazioni conferiranno al centro
cittadino l’aspetto di un fiabesco e
incantato villaggio di Santa Claus,
troverere ad ogni angolo oggetti
da regalo, prodotti tipici e originali
creazioni natalizie e delizie per il
palato. Info: 051/6758409 (Infosasso)
L’Invstîdura dal ninén: per l’occasione saranno presenti animazioni, assaggi e potrete assistere alla
dimostrazione delle lavorazioni.
Sarà presente anche lo stand gastronomico.
A cura dell’Associazione dei Commercianti di San Giorgio di Piano.
MOLINELLA
13 dicembre
MONGHIDORO
19 dicembre
SAN LAZZARO DI SAVENA
19-20 dicembre
SASSO MARCONI
20 dicembre
25 STORIE VERE
PER CAPIRE I NOSTRI RAGAZZI
IN CALENDARIO
CASTEL MAGGIORE
11-13 dicembre
MERCATINO DEL RIUSO
CONCERTO DI NATALE
MERCATINO DI NATALE
BORGO NATALE
Dalle 8:00 alle 13:00 in Piazza
Martoni, lateralmente a Via Costa
(marciapiede fino alla Piscina comunale), Mercatino del riuso.
Organizzazione a cura della Pro
Loco di Molinella
Nella Chiesa Parrocchiale di Monghidoro potrete assistere al tradizionale concerto eseguito dalla
Banda Pietro Bignardi di Monzuno
per festeggiare tutti insieme l’arrivo
del Natale. L’evento è organizzato
dall’ADVS di Monghidoro.
Per la rassegna “Il Sabato Creativo”, a San Lazzaro appuntamento
speciale per il tradizionale mercatino di Natale! Tanti stand con
prodotti artigianali, opere creative
e idee per i vostri regali di Natale,
non mancheranno le occasioni per
i bambini di divertirsi con i laboratori e le attività a loro dedicate.
Appuntamento con le bancarelle
di Natale a Borgonuovo presso il
parcheggio del Centro Commerciale. Un’occasione per gli ultimi
acquisti dei regali di Natale
Info: 051/6758409 (Infosasso)
SAN GIORGIO DI PIANO
20 dicembre
PIEVE DI CENTO
27 dicembre
PIANURA
Tutto dicembre
GLI AUGURI
DELLA REDAZIONE
PRESEPE VIVENTE
ANTIQUARIATO E RIUSO
IL NATALE
Una rappresentazione storico/scenografica che coinvolge circa 150
figuranti e che viene allestita nella
piazza principale del paese: popolani, pastori e mestieranti venuti da
lontano, che sfilano per le vie del
paese per raggiungere il villaggio
all’interno del quale daranno poi
vita alla rappresentazione con musiche e letture di testi.
Dalle 10:00 alle 20:00 nel centro
storico di Pieve di Cento molto di
più di un semplice mercatino, una
“giornata del riuso” per favorire il
riutilizzo di oggetti usati e consentire a chi lo voglia di occupare il
suolo pubblico per farlo.
Info Pro Loco di Pieve di Cento
051 6861 488
Mercatini, concerti e altri appuntamenti natalizi nei comuni di Argelato, Baricella, Bentivoglio, Budrio,
Castello d’Argile, Castel Maggiore,
Galliera, Granarolo dell’Emilia,
Malalbergo, Molinella, Pieve di
Cento, San Giorgio di Piano, San
Pietro in Casale sulla sezione dedicata nel portale www.orizzontidipianura.it
altri appuntamenti su: www.orizzontidipianura.it - www.appenninoslow.it
BUON NATALE A TUTTI
La redazione di
Nelle Valli Bolognesi
augura un BUON NATALE
e un FELICE ANNO
NUOVO a tutti i lettori a
ai tanti collaboratori che
contribuiscono in maniera
decisiva alla realizzazione
di questa rivista.
Che il 2016 sia un anno
sereno, pieno di pace
e soddisfazioni.
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AUTUNNO - SPECIALE TEATRI in pianura
MOLINELLA
Dal 17 ottobre riparte la stagione teatrale di Molinella
con cinque rassegne diverse per ogni tipo di pubblico
EVENTI, STORIE, RISATE E BURATTINI
L’AUDITORIUM PER TUTTI I GUSTI
A Molinella la stagione teatrale in Auditorium diretta da Riccardo Marchesini parte il
17 ottobre con la presentazione del calendario 2015/2016. Articolata in diverse rassegne per assecondare i gusti e le esigenze di un pubblico differenziato (Storie, Ridere
a teatro, Teatro & Musica, Eventi) quest’anno propone due prime nazionali e come
da tradizione anche una sezione Teatro Ragazzi, con quattro appuntamenti dedicati.
Il tutto sempre con l’obiettivo di offrire una proposta tra cultura ed intrattenimento
con spettacoli e abbonamenti a prezzi economici per avvicinare il maggior numero di
persone all’ambiente teatrale. Ci si può abbonare alle singole rassegne, per un minino
di 3 ad un massimo di 10 spettacoli. I prezzi variano da spettacolo a spettacolo, la
tariffa ridotta viene applicata ai minori di anni 25, ai maggiori di anni 60, e ai soci di
COOP RENO. Info: [email protected]; - 380.7722998.
IL CALENDARIO 2015
White Christmas: un Natale in musical.
Sabato 17 ottobre ore 21.15
Eventi
SERATA D’INAUGURAZIONE
Venerdì 15 gennaio ore 21.15
Teatro & Musica - PRIMA NAZIONALE.
Giostra film presenta
CARO LUCIO TI SCRIVO
Sabato 31 ottobre ore 21.15
Storie + Teatro Ragazzi
FESTA DI HALLOWEEN Igor il Gobbo
e il Principe Vladimiro da Verucchio,
pronipote del Conte Vlad.
Venerdì 29 gennaio ore 21.15
Storie
Rapporto su LA BANALITÀ DEL MALE
Sabato 28 novembre ore 21.15
Ridere a teatro
MARTA & GIANLUCA.
Prove Aperte d’Amore.
Sabato 19 dicembre ore 21.15
Teatro & Musica
BSMT - Bernstein School of Musical Theater
Sabato 13 febbraio ore 21.15
Ridere a teatro
Franco Trentalance
TRATTARE CON CURA.
Venerdì 26 febbraio ore 21.15
Eventi - PRIMA NAZIONALE
Dalla campagna ad Hollywood
LA VERA STORIA DI GABRIELE TINTI
RACCONTATA DAI SUOI CONCITTADINI
Domenica 13 dicembre ore 16,30
Teatro Ragazzi
DUE NATALI.
Per bambini 3-10 anni.
Domenica 24 gennaio ore 16,30
Dentro una Fiaba - Il musical.
Domenica 21 febbraio ore 16,30
I Burattini di Mattia
LA VENDETTA DELLA STREGA MORGANA.
Adatto ad un pubblico
di adulti e bambini.
SAN GIOVANNI IN PERSICETO
I primi spettacoli della stagione del teatro comunale di San Giovanni in Persiceto
che quest’anno sarà dedicata al grande scenografo Gino Pellegrini
TORNA BUONANOTTE BRIVIDO E PORTA CON SÉ ANCHE IL SEGUITO
Anche quest’anno il Comune di Persiceto, in collaborazione con
il Cinema Giada e la Cineteca di Bologna, propone la rassegna
cinematografica di grandi classici restaurati “Il cinema ritrovato.
Al cinema” in programma il martedì e il mercoledì alle ore 21 al
Cinema Giada in circonvallazione Dante 54. Capolavori di ogni
tempo (e senza tempo) che tornano ad essere prime visioni. saranno poi proiettati “I pugni in tasca” di Marco Bellocchio (nuovo
restauro presentato all’ultimo festival di Locarno), “Salò o le 120
giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini (nel 40° anniversario
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della morte di Pasolini, il nuovo restauro della versione integrale
presentato al Festival Venezia Classici, vincitore del Leone d’Oro), “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin, i capolavori del cinema espressionista: “Nosferatu” di Friedrich Wilhelm Murnau e “Il
gabinetto del dottor Caligari” di Robert Wiene, “Rocco e i suoi
fratelli” di Luchino Visconti, con Alain Delon. Ad oggi la programmazione non è stata ancora definita, tutte le informazioni saranno
pubblicate su: www.comunepersiceto.it. Info anche al Cinema
Giada, Tel: 051 822312
IL NONNO RACCONTA
Le tradizioni popolari
della pianura bolognese
tra fede, storia
e dialetto
Par Nadèl
tótt i gâl
al sô pulèr
Almeno fino agli anni ’30 del ’900, nel
mondo agrario tradizionale, il Natale era
permeato di forti sentimenti di religiosità
popolare e, al tempo stesso, caratterizzato
da pratiche magico-rituali.
Nelle rigide lande della pianura, l’intensità e l’emozione dell’atmosfera natalizia
erano stimolate dalla novena mattutina.
Ricordò una memorialista centese, Anita
Alberghini Gallerani: “La novena iniziava
alle cinque del mattino. Gli abitanti degli estremi confini partivano per primi e
al loro passaggio si univano altri, e altri
ancora, fino a formare un’unica marea
di gente in cammino, che spesso la chiesa non riusciva a contenere. Era bello e
suggestivo andare di notte in quel mondo
così silenzioso e calmo, dove le voci risuonavano nitide e lontane”.
Si giungeva così alla vigilia di Natale.
In campagna, allora, pochi allestivano il
presepe o addobbavano l’albero. In molte
case, si faceva ardere un grosso ceppo (al
zòch) fino a Natale; in altre, il fuoco era
mantenuto vivo fino all’Epifania, dodicesimo di quei giorni “magici” intercorrenti
dalla vigilia di Natale. Era tradizione battere il ceppo acceso con le mollette (al
mujàtt) del focolare: dalla varietà delle
scintille che si sprigionavano si traevano le
previsioni per i futuri raccolti (secondo altri, tale pronostico valeva per il pollame).
Oltre quello del fuoco, vigevano altri riti
purificatori: si cambiava la biancheria e si
faceva il bagno; a causa del freddo nelle
case, con l’acqua scaldata in un pentolone (al parôl), sul “fuoco”, ci si doveva
spesso lavare in una tinozza (al mastlòń)
nella stalla.
Al pranzo della vigilia, spartano, faceva
da contraltare la cena, alla quale si partecipava vestiti a festa e si recitava il Rosario
in onore dei morti che, si diceva, quella
notte avrebbero potuto ritornare dove un
tempo avevano abitato. La cena iniziava
dopo il Segno della Croce. Le norme tradizionali imponevano il maggior numero di
vivande sulla tavola, dove non dovevamo
mancare il pane, l’olio, una candela e il
lievito (al livadûr). Gli avanzi di queste ultime derrate sarebbero serviti a specifiche
funzioni: il pane era somministrato agli infermi (qualche briciola era pure destinata
ai pulcini neonati), l’olio si usava per lenire le ferite o per frizionare il ventre in caso
di malattie “da vermi” (i bigât), la candela
si accendeva durante i temporali oppure
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Gian Paolo Borghi
IL NONNO RACCONTA
L’amara
Maremma
dei montanari
Adriano Simoncini
La saggezza della
cultura contadina
nei proverbi
dell’Appennino
Il suo nuovo romanzo
LA COMPAGNA
DI BANCO
In edicola
il nuovo romanzo
di Adriano Simoncini,
La compagna
di banco, € 10.00,
edito dal Gruppo
di Studi Savena
Setta Sambro.
Per informazioni:
tel. 051-777718
e-mail: [email protected]
Sopra e a destra: scene di vita contadina. Sopra, foto gentilmente concessa da Frediano Salomoni
in particolari necessità.
Quella era sera di rigida vigilia, con il
divieto non soltanto di carni e grassi, ma
anche di uova e latte. In genere, si preparavano gli spaghetti con le sardine o
con il tonno e, come secondo, l’anguilla
marinata (i sturtéń). Predominavano, tra i
dolci, le raviole (al raviôl) e il “panone” (al
panòn) di Natale.
I bambini mettevano le letterine sotto il
piatto dei genitori e, dopo cena, recitavano i “Sermoni” (i Sarmóń), poesie dialettali a tema natalizio, ripetuti in chiesa il
pomeriggio del giorno di Natale o di Santo Stefano.
La tavola non doveva essere sparecchiata,
perché si riteneva che gli avanzi sarebbero
stati benedetti dalla nascita di Gesù Bambino (o sarebbero serviti a ristorare i defunti in visita, secondo altri).
In quella intensa notte di Natale si trasmettevano segretamente le formule magiche da recitarsi durante le “segnature”
(per guarire dai vermi, dalle slogature, dal
“fuoco di Sant’Antonio”, dalle bruciature
ecc.). Si praticava, inoltre, il gioco della
“ventura” (la vintûra): il capofamiglia inseriva una monetina in una delle caldarroste (arôsti) preparate da l’arzdòura (la
reggitrice), servite in ordine di anzianità
ai commensali. A chi l’avesse trovata, sarebbe successa una cosa “straordinaria”,
non necessariamente positiva. Se non voleva correre rischi, poteva offrirla a Gesù
Bambino alla Messa natalizia. Il gioco
poteva anche prevedere due “sorprese”:
una monetina e un minuscolo ramoscello.
La prima era di chi l’aveva avuta in sorte
(magari con la stessa aleatorietà appena
ricordata), la seconda riservava un dono
alimentare.
Il giorno di Natale era l’apoteosi della festa, con Messe solenni e graditi momenti
comunitari. A una tavola apparecchiata il
meglio possibile si mangiavano i tortellini
e la gallina arrosto, in un tripudio di feste
familiari.
Vigeva pure la tradizione del rinnovare
“qualcosa” (spianèr quèl), anche soltanto
un semplice fazzoletto da naso; la pratica (da altri applicata la vigilia di Natale)
avrebbe prevenuto “una qualche malattia”. Chi poteva, “spianava” il nuovo abito
invernale, con cui andare alla Messa le
successive domeniche.
Natale prevedeva rigorosamente lo stare
in famiglia, come attestava il proverbio
Par Nadèl, ogni gâl al sô pulèr (Per Natale,
ogni gallo (persona) al suo pollaio (a casa
propria).
Ancora per tutti gli anni ’30 del Novecento dal nostro Appennino si emigrava per
guadagnarsi il pane. Emigranti stagionali
i montanari: in Germania, in Francia, in
Belgio – ma qualcuno s’avventurava anche
oltre oceano e dava addio al campanile
– o, meno lontano, in Maremma. Partivano dai borghi del crinale a confine con la
Toscana: da Castel dell’Alpi, Piano del Voglio, Baragazza, Castiglione, Camugnano,
Granaglione… D’inverno a casa non c’era
lavoro per tutti, e se non eri contadino in
un buon podere dovevi partire:
andén véia a caval di Sènt e a turnén a caval ed Sen Iusèf /
andiamo via a cavallo dei Santi (1 novembre) e torniamo a cavallo di San Giuseppe
(19 marzo).
Era il detto che indicava le date di partenza
e di ritorno – con l’espressione ‘a cavallo’
s’intendeva ‘circa’, ma era anche un ironico riferimento al cavallo delle braghe.
Perché s’andava a piedi. Centocinquanta,
duecento e oltre chilometri, meta le terre
di Grosseto e di Massa. Del resto i montanari erano instancabili camminatori. Sulle spalle un mezzo sacco di farina gialla
e un paiolo per cuocersi la polenta lungo
il cammino, che durava almeno tre giorni.
Chi aveva di suo gli attrezzi da lavoro, piccone e badile, ma soprattutto la carriola,
era ricercato e meglio pagato. Se la spingeva innanzi, un passo dopo l’altro, con
dentro le sue cose.
A piedi dunque, in gruppi o a coppie, si
poteva andare passo passo in Maremma.
Ma, giunti, lì finivano fervori e speranze. Le
condizioni di vita erano tali da stravolgere
fin l’indole delle persone. Lo testimonia il
detto:
in Maremma as sén ardόtt
ognun e pensa per sé e Dio per tόtt
in Maremma ci siamo ridotti
ognuno pensa per sé e Dio per tutti.
Anni di giovinezza consumati nelle macchie e nelle forre della Maremma ad abbattere querce, scavare fossi, fare scassi per
conto d’un padrone che neanche ti dava
da mangiare. Si tornava a casa con pochi
spiccioli. C’era sempre qualcosa, a detta di
chi comandava, che non era andata bene:
la legna non s’era venduta, il costo degli
operai aveva superato la resa del lavoro… i
conti per il bracciante non tornavano mai.
Ecco una filastrocca apparentemente burlona che conferma le spiacevoli sorprese
della Maremma:
vent Mingόn c’andén in Maremma
a cumprèr onna pégra femna
e quent l’arivò a cà l’era un muntόn
borda borda burdigόn
vieni Mingone che andiamo in Maremma
a comprare una pecora femmina
e quando arrivò a casa era un montone
borda borda bordigone.
Capanni di frasche per dormirvi che i montanari stessi costruivano, polenta e polenta
come cibo quotidiano, mele selvatiche,
pere e nespole quando se ne trovava, topi
a miriadi e attenti agli avanzi, acqua al ginocchio nelle fonde, fatica da buio a buio,
il desiderio del borgo e della famiglia. L’acqua bisognava andare a prenderla con un
barilotto alla sorgente, magari un’ora lontana. Solo per bere e cuocere, lavarsi quasi
mai. Del resto la canzone lo avvertiva:
chi va in Maremma e lascia l’acqua bona
perde la gama e più non la ritrova
chi va in Maremma e lascia l’acqua fresca
perde la gama e più non la ripesca…
Quelli dell’alta valle del Savena – della
zona cioè dove fa il faggio – andavano
in Maremma soprattutto come tagliatori,
ricercati per l’abilità consegnata di padre
in figlio per generazioni. Partivano a gruppi di borgata – dalla Cà, dalla Fossa, dalla
Valdirosa… S’inerpicavano lungo il crinale
verso la strada della Futa. Una volta raggiunta – il bosco alle spalle – si toglievano
le scarpe e se le appendevano al collo per
non consumarle. Se le rimettevano davanti
ai padroni, un’annosa cotenna proteggeva
le piante dei piedi. Quando stavano per
tornare, di primavera, le loro donne salivano la sera sul Bastione e accendevano
un fuoco sulla cima del monte, alto, che
bruciasse tutta la notte e brillasse lontano a
indicare la via a figli e mariti in cammino.
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Nelle Valli Bolognesi e in Pianura