1 ITIS G. CARDANO Ruote dentate Le ruote dentate servono per la trasmissione del moto rotatorio continuo fra due alberi a distanza ravvicinata, con assi paralleli, concorrenti o sghembi. I denti della ruota motrice spingono, durante la rotazione, i denti della ruota condotta: quando la prima avanza di un dente anche la seconda avanza di un dente; è esclusa così ogni possibilità di slittamento. Il rapporto di trasmissione risulta rigorosamente costante e l'entità degli sforzi trasmessi è limitata solo in relazione alla resistenza meccanica dei denti. Vi sono ruote dentate cilindriche (per le trasmissioni fra assi paralleli o sghembi) e ruote dentate coniche (per la trasmissione fra assi concorrenti). Ruote dentate cilindriche a denti diritti Durante il movimento di due ruote dentate cilindriche ingranate si possono individuare due circonferenze tangenti fra loro, dette circonferenze primitive, corrispondenti ai contorni delle ruote di frizione con lo stesso rapporto di trasmissione. Le circonferenze primitive delle due ruote rotolano l'una sull'altra, ovviamente senza strisciare, con la stessa velocità periferica. I denti, intagliati sulla corona della ruota, si estendono fra due circonferenze concentriche al cerchio primitivo: la circonferenza esterna o di troncatura e la circonferenza interna o di fondo. La circonferenza di troncatura limita la sporgenza del dente; la circonferenza di fondo limita la rientranza del dente. E tratto del dente compreso fra la circonferenza primitiva e la circonferenza di troncatura è detto testa del dente; il tratto compreso fra la circonferenza primitiva e la circonferenza di fondo è detta piede del dente; le altezze dei due tratti sono dette rispettivamente addendum e dedendum. Il numero di denti non può che essere un numero intero; è anche opportuno che il diametro primitivo, dal quale dipende la distanza fra gli assi delle ruote dentate, sia un numero razionale. Per evitare di introdurre un numero irrazionale nei calcoli, il dimensionamento dei denti si effettua in funzione del modulo (m): m=d/z Nel sistema modulare metrico i moduli sono unificati: Moduli da preferire: 0,5 – 1 - 1,125 1,5 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 8 – 10 – 12 – 16 – 20 – 25 – 32 – 40 – 50 Moduli possibili: 0,75 – 1 – 1,25 – 1,375 – 1,75 - 2,25 – 2,75 – 3,5 – 4,5 – 5,5 – 7 - 9 - 11 - 14 - 18 - 22 – 28 – 36 – 45 Moduli da evitare: 3,25 – 3,75 – 6,5 ELEMENTI DI UNA RUOTA DENTATA A DENTI DIRITTI: d = diametro primitivo de = diametro di troncatura di = diametro di fondo h = altezza del dente a = addendum a’ = dedendum s = spessore del dente v = vano p = passo. 2 ITIS G. CARDANO Fissato il modulo della dentatura, le dimensioni dei vari elementi costruttivi si determinano mediante le relazioni riportate nella tabella seguente: - diametro primitivo d = mz - passo p = πm - addendum a=m - dedendum a’=(7/6)m - altezza del dente h = a + a’ = (13/6)m - spessore e vano del dente s=v = p/2 = πm/2 - lunghezza del dente b = λ m = 8 ÷ 12 m - diametro di troncatura o di testa d e= d + 2a = m(z+2) - diametro interno o di base di = d – 2(7/6)m Rapporto di trasmissione Per rapporto di trasmissione ( τ ) di una coppia di ruote dentate si intende il rapporto fra la velocità angolare della ruota motrice e la velocità angolare della ruota condotta; essendo le velocità proporzionali ai rispettivi numeri di giri, si ha: τ = ω1 / ω2 = n1 / n2 = d2 / d1 = z2 / z1 dove : n = numero di giri; d = diametro primitivo delle ruote; z = numero di denti; = velocità angolare; 1 = indica i valori riferiti alla ruota conduttrice 2 = indica i valori riferiti alla ruota condotta. Quando il numero di giri della ruota condotta è maggiore del numero di giri della ruota motrice il rapporto di trasmissione è minore di 1 e l'ingranaggio è detto moltiplicatore; quando il numero di gire della ruota condotta è inferiore al numero di giri della ruota motrice il rapporto di trasmissione è maggiore di 1 e l'ingranaggio è detto riduttore. Costanza del rapporto di trasmissione Nelle ruote dentate il punto di contatto C1 (Figura A) si sposta periodicamente, al passaggio del dente, sia dalla retta dei centri sia dalle circonferenze primitive, in relazione al profilo del dente. Per ottenere che il rapporto di trasmissione si mantenga rigorosamente costante, in modo da evitare il distacco e la compenetrazione dei denti, è necessario che, qualunque sia la posizione del punto di contatto, la linea d’azione della spinta esercitata dai denti della ruota motrice sui denti della ruota condotta passi sempre per il punto di tangenza C delle due circonferenze primitive, a distanza dai centri delle ruote inversamente proporzionale ai corrispondenti numeri di giri. I profili che soddisfano questa condizione si dicono coniugati. Perché i due denti possano mantenersi costantemente a contatto, è necessario che il moto relativo sia uno strisciamento nella direzione della tangente t ai profili nel punto di contatto C1; la perpendicolare a t passante per C1 incontra la retta dei centri nel punto C e rappresenta la linea d'azione della forza trasmessa. Figura A COSTANZA DEL RAPPORTO DI TRASMISSIONE 3 ITIS G. CARDANO In pratica, per motivi di uniformità e semplicità, si considerano solo due tipi di profili: il profilo cicloidale e il profilo evolvente. Questo ultimo, presenta notevoli vantaggi ed è oggi universalmente adottato. Profilo ad evolvente L’evolvente è la curva ciclica descritta da un punto di una retta (epiciclo) che rotola senza strisciare su una circonferenza (deferente). Consideriamo la coppia di denti con profilo ad evolvente in Figura B. Essendo C1, il punto di contatto, in base alle proprietà dell'evolvente la C1A e la C1B sono normali ai profili dei denti, tangenti alle circonferenze deferenti di centro 01 e 02 e trovano sulla medesima retta normale alle superfici di contatto nel punto C1. Perché il rapporto di trasmissione risulti costante, la retta normale alle superfici di contatto deve passare per il punto C di tangenza delle due circonferenze primitive. Di fatto nelle ruote dentate con profilo ad evolvente i punti di contatto si spostano sulla tangente comune alle circonferenze deferenti delle due ruote, passante per il punto C. Il luogo geometrico dei punti di contatto successivi è detto linea d’ingranamento o d’imbocco. Figura B DENTI CON PROFILO AD EVOLVENTE La spinta dei denti è esercitata lungo la retta normale alle superfici di contatto, coincidente con la linea d’ingranamento; ha quindi direzione costante. L’angolo θ che la direzione costante della spinta forma con la perpendicolare (c) alla retta dei centri O1-O2 è detto angolo di pressione. le Minimo numero di denti Per ottenere ingranaggi riduttori con rapporti di trasmissione notevolmente alti ma non troppo ingombranti, la ruota dentata minore (rocchetto o pignone) deve avere il minimo numero di denti possibile tenendo conto che al di sotto di un certo limite si verifica il fenomeno dell’interferenza. Per evitare l’interferenza, indicando con: (z'): il numero di denti della ruota più piccola (rocchetto) e con (z"): il numero di denti della ruota maggiore, si dimostra che il numero di denti del rocchetto non deve in pratica essere inferiore a: zmin = 2 /{√[(z"/z')2 + (1 + 2z"/z')sen2θ] – (z"/z') } 4 ITIS G. CARDANO Proporzionamento della dentatura (METODO REULEAUX) Per semplicità, si può considerare il dente come una mensola, incastrata ad un estremo e sollecitata all’estremo libero da un carico concentrato F, di lunghezza uguale all’altezza del dente. Nella maggior parte dei casi sono noti la potenza P da trasmettere e i numeri di giri al minuto primo (n) della ruota motrice e della ruota condotta. Con questi dati si può determinare il momento torcente. Indicando la potenza P in [kW], il momento torcente è dato dalle seguenti relazioni: Mt = 955,4 P / n [daN m] Mt = 955000 P / n [daN mm] La forza periferica F è data dal rapporto fra il momento torcente applicato e il raggio primitivo della ruota: F = Mt / r Il massimo momento flettente nella sezione d'incastro vale: Mf = F • (13/6) • m = (Mt / r ) • (13 / 6) • m Il modulo di resistenza a flessione è quello di un rettangolo avente per base la larghezza del dente (b = λ m = 8 ÷ 12 m): Wf = (1/6) λ m (π m / 2)2 L'equazione di stabilita a flessione assume quindi la forma: F ( 13/6) m = k’ (1/6) λ m (π m / 2)2 da cui si ricava: m = ³√(10,5 / λ) • ³√( Mt / K’ • z) Il coefficiente di proporzionalità λ (λ = b / m) è normalmente 10 (può variare da 8 a 12 secondo la velocità periferica). Queste relazioni sono applicabili sia alla ruota conduttrice sia alla ruota condotta. Il modulo così calcolato, espresso in mm, non risulta in genere un numero intero; deve quindi essere arrotondato al valore immediatamente superiore nelle serie dei moduli unificati. Il coefficiente dinamico di sicurezza alla flessione K' varia con il variare della velocità periferica. Per il carico di sicurezza le ruote si distinguono in ruote di forza e ruote di lavoro. Sono dette ruote di forza quelle utilizzate per trasmettere forze periferiche notevoli con velocità periferiche molto basse (inferiori a 1 m/s). Sono dette invece ruote di lavoro quelle utilizzate per la trasmissione del moto a regimi di rotazione più elevati. Per le prime si assume K uguale al carico di sicurezza statico alla flessione; per le seconde si deve tener conto delle sollecitazioni dinamiche dovute alla velocità periferica e K’ si determina mediante formule empiriche; le più comuni sono le seguenti: - ingranaggi lenti e scarsamente precisi: K’ = K • [3 / (3 + v)]; - ingranaggi veloci e precisi: K’ = K • [6 / (6 + v)]; - ingranaggi molto veloci e molto precisi : K’ = K • [5,6 / (5,6 + √v)]; Per la velocità periferica si assume inizialmente un valore di tentativo; poi , calcolati i raggi primitivi r=mz/2 si valuta se la velocità periferica assunta è effettivamente accettabile. Quando il valore calcolato della velocità periferica v = 2 π r n / 60 risulta uguale o minore del valore ipotizzato, il modulo definito si può ritenere giusto; se invece il valore calcolato della velocità periferica è superiore a quello ipotizzato, si deve ripetere il calcolo del modulo, considerando una velocità periferica più elevata. 5 ITIS G. CARDANO Proporzionamento della dentatura (METODO LEWIS) I denti di un ingranaggio sono dimensionati correttamente quando presentano al piede una sufficiente resistenza alla flessione pulsante e contemporaneamente, sui fianchi, un valore della pressione specifica inferiore a quello massimo ammissibile. Il loro modulo deve essere pertanto definito in base ai calcoli sia di resistenza a flessione , sia di resistenza a pressione specifica. Il dente viene assimilato ad una mensola incastrata in corrispondenza della circonferenza di piede e caricata all'estremità libera da una forza (F) inclinata di un angolo (α) rispetto all'asse del dente. CALCOLO DEL MODULO CON IL METODO LEWIS Dalla figura si ricava che lo sforzo F si può considerare applicato nel punto in cui la sua retta d’azione interseca l’asse del dente e si può scomporre nelle due componenti F’ (normale all’asse del dente) e F” (in coincidenza con l’asse del dente): F’ = F • sen θ F” = F • cos θ Il momento flettente induce nelle fibre di una parte del dente anche una sollecitazione a trazione, ma le fibre maggiormente sollecitate sono quelle soggette a compressione; ai fini della resistenza, si considera solo la massima sollecitazione di compressione. In una generica sezione del dente si ha: σ = [(F • cos θ) / (s • b)] + [(6 • x • F • sen θ) / (s2 • b)] Come si vede, il valore della sollecitazione varia da sezione a sezione in relazione al variare della distanza (x) e dello spessore (s). La sollecitazione massima può essere calcolata mediante le seguenti formule: σ = F / b•m•y = (2 Mt ) / (λ •m3 • z • y) dove: F = forza periferica tangenziale; b = lunghezza del dente; m = modulo; Mt = momento torcente; z = numero di denti; λ = rapporto b/m; y = coefficiente di Lewis che dipende da numero di denti e angolo di pressione (vedi tabella). Questo coefficiente è tanto più piccolo quanto minore è il numero di denti; il calcolo si deve quindi effettuare considerando la ruota della coppia con il minor numero di denti. Risolvendo rispetto al modulo (m) si ha: m = ³√[(2 • Mt ) / (λ • σmax • z • y)] Per la progettazione, la sollecitazione massima si pone ovviamente uguale al carico di sicurezza K’ ; quindi : m = ³√[(2 • Mt ) / (λ • K’ • z • y)] Per il calcolo di K’ si procede con gli stessi criteri già visti per il metodo di Rouleaux. Definito il modulo, per il calcolo delle dimensioni dei denti si applicano le formule note. 6 ITIS G. CARDANO 123 VALORE DEL COEFFICIENTE y DI LEWIS z Θ = 15 ° 12 0.210 13 0.220 14 0.226 15 0.236 16 0.242 17 0.251 18 0.261 29 0.273 20 0.283 21 0.289 22 0.292 24 0.298 26 0.307 28 0.314 30 0.320 34 0.327 38 0.336 43 0.346 50 0.352 60 0.358 75 0.364 100 0.371 150 0.377 300 0.383 ∞ 0.390 Θ = 20° 0.245 0.261 0.276 0.289 0.295 0.302 0.308 0.314 0.320 0.327 0.330 0.336 0.346 0.352 0.358 0.371 0.383 0.396 0.408 0.421 0.434 0.446 0.459 0.471 0.484 Verifica ad usura Nel caso degli ingranaggi veloci, con velocità periferiche superiori a 10 ÷ 12 [m/s], è opportuno procedere ad una verifica del proporzionamento della dentatura per stabilire se è assicurata una sufficiente durata di funzionamento, tenendo conto dell’inevitabile usura dei denti. Dato che sull’usura dei denti incide notevolmente la velocità periferica, la verifica si effettua sulla ruota di minore diametro, con la maggiore velocità angolare, indipendentemente dal fatto che sia condotta o conduttrice. Per la determinazione della pressione di contatto (pcon) [daN/mm2], nel caso più comune della dentatura ad evolvente con l’angolo di pressione di 20°, si può applicare la formula seguente. pcon = C √[2 Mt (1 + e) / b d2] dove: C = coefficiente numerico che dipende dalla natura dei materiali; acciaio/acciaio C = 151 acciaio/ghisa C = ghisa/ghisa C = 107 Mt = momento torcente [daNmm] b = larghezza del dente [ mm ] d = diametro primitivo della ruota minore [ mm ] e = rapporto fra il numero di denti della ruota minore e il numero di denti della ruota maggiore. La pressione massima ammissibile dipende dalla durezza superficiale dei denti, dalla frequenza di rotazione della ruota minore e dalla durata di funzionamento prevista. Si può determinare con la formula seguente: pmax = 2,5 HB / 6√(n h) dove: HB = durezza Brinell del materiale; n = numero di giri al minuto della ruota minore; h = ore di funzionamento previste. La durata dell’ingranaggio è definita in relazione al funzionamento; orientativamente si possono considerare le seguenti durate: - 130000 ÷ 150000 ore per il funzionamento continuo; - 10000 ÷ 30000 ore per il funzionamento discontinuo; - 500 ÷ 2000 ore per il funzionamento saltuario. La durezza Brinell può essere ricavata con sufficiente approssimazione dalla tabella: - acciai comuni HB 200 ÷ 250 - ghisa grigia HB 180 ÷ 200 - ghisa speciale HB 180 ÷ 240 Se non risulta soddisfatta la condizione pcon ≤ pmax si deve ridurre pcon (aumentando la larghezza della ruota o il diametro primitivo) o aumentare pmax (aumentando la durezza del materiale). Rendimento delle cilindriche a denti diritti ruote dentate 7 ITIS G. CARDANO Nelle trasmissioni con ruote dentate, a causa dello strisciamento fra i denti, si genera una resistenza d’attrito direttamente proporzionale alla forza trasmessa e al coefficiente d’attrito radente tra i materiali a contatto. La potenza disponibile sull’albero condotto è quindi senz’altro inferiore a quella presente sull’albero motore. La perdita di potenza è evidentemente tanto maggiore quanto minore è il rendimento della coppia cinematica. Indicando con (z1) e (z2) i numeri di denti delle due ruote e con (f) il coefficiente d’attrito radente, si dimostra, (con una serie di passaggi alquanto laboriosi) che, per le ruote dentate cilindriche: η = 1 / {1 + f • π • [(1 / z1) + (1 / z2)]} Il valore di (f) varia normalmente da 0,15 a 0,25. In genere il rendimento degli ingranaggi è elevato; può essere migliorato con un’efficace lubrificazione fra i denti in presa. ITIS G. CARDANO With the support of the Lifelong Learning Programme of the European Union. This project has been funded with support from the European Commission. 8