Roy Lichtenstein – non solo fumetti
di Francesco Pascale
settembre 2012
"Boom! Whaam! Blam! Bang! Esplode il Pop nell’estate di Chicago". L’Art Institute ospita fino a
settembre la grande mostra su Roy Lichtenstein, che ad ottobre si sposterà alla National Gallery di
Washington e infine nella capitale britannica.
Senza le eccentricità o i protagonismi di artisti come Andy Warhol, la vita di Roy trascorre tranquillamente
fino alla chiamata alle armi per la II guerra mondiale. L’esperienza del conflitto lo segna fortemente e gli fa
capire che la sua strada è proprio quella dell’arte. Si diploma all’Accademia e, nel dicembre 1963, lo
ritroviamo tra i padri fondatori, insieme a Andy Warhol e Marcel Duchamp, di quel movimento nuovo che sta
rivoluzionando l’arte mondiale, battezzato ufficialmente Pop Art.
Siamo negli anni in cui il fenomeno del consumismo e della cultura Pop esplode a livelli mondiali. Il clima di
serena fiducia nel presente si rispecchia nelle immagini di fumetti ingranditi proposte da Lichtenstein:
sono immagini nuove, ottimiste, prive di angosce esistenziali. Questa di Chicago, con oltre 130 fra
dipinti, sculture, disegni e collage, è la più grande esposizione dell’artista allestita sinora, la prima occasione
di ripercorrere in un solo viaggio una carriera lunga mezzo secolo.
Copiato, imitato, citato, riprodotto, ritroviamo facilmente le sue opere, magari non riconoscendole, prese in
prestito dalla pubblicità, per la loro forza comunicativa.
Allegria, gioco, divertimento, ironia sono
le parole chiave per entrare nel pop-universo del newyorkese Roy Lichtensteinpopolato da eroi,
grattacieli, personaggi dei cartoon, donne, aerei in combattimento, esplosioni.
Un mondo colorato da pennellate intense, definito da contorni neri e stampato da falsi puntini Benday,
scandito geometricamente in bianco e nero o acceso dall’uso frequente dei colori primari, dove volano
esclamazioni e grida, dentro le classiche nuvolette rubate al pianeta dei fumetti a stelle e strisce. Roy è un
artista che va controcorrente: contamina l’Arte, con la “a” maiuscola, prendendo le distanze dalla sua
nobile tradizione, con spunti che provengono dalla sottocultura americana.
Ma i suoi non sono solo fumetti. Il favoloso mondo di Roy Lichtenstein cela dietro di sé numerosi
richiami alla storia dell’arte: con il geometrismo di Mondrian, con l’uso del colore di Cèzanne, con la lezione
grafica di Picasso, i suoi quadri attingono dal cubismo e dall’espressionismo, come dal futurismo e dall’action
painting.
E poi non mancano riferimenti alla società: con oggetti comuni come telefoni, bicchieri, tazzine, presi in
prestito dalla vita quotidiana denuncia il consumismo e la perdita dei valori che la middle-class americana del
boom economico rappresentava. E lo fa adottando il linguaggio enfatizzato dei fumetti, che riesce ad arrivare
a tutti in modo diretto.
È così che le opere di Lichtenstein con la loro semplicità riescono a mettersi al pari di un tempio greco o di
un quadro di Monet, riescono a colpire l’osservatore, a trasmettere messaggi con la loro immediatezza e
nitidezza più di quanto facciano mille parole. D'altronde «è difficile descrivere l’arte a parole, le parole
sono insufficienti, sono meglio le immagini!»
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Roy Lichtenstein – non solo fumetti