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Meditazioni sull’arte
di Roy Lichtenstein
I maestri del Novecento nell’interpretazione di un’icona della Pop Art
Cubist still life with cello - Londra, Collezione privata
L’opera di Roy Lichtenstein (1923
- 1997) torna in Europa con una
grande mostra antologica, Meditations on Art - che si preannuncia
come uno degli eventi espositivi
più importanti del nuovo anno in corso alla Triennale di Milano
dal 25 gennaio al 30 maggio. Nel
mese di luglio la mostra sarà trasferita al Ludwig Museum di Co-
lonia, dove rimarrà aperta al pubblico fino al 3 ottobre 2010. Realizzata in collaborazione con The
Roy Licht enstein Foundation,
l’esposizione include oltre cento
pezzi, tele per lo più di grande
formato, numerosi disegni, collages e sculture provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e
private internazionali. ll curatore, Gianni Mercurio, ha ideato
una retrospettiva di Lichtenstein
focalizzata sulle opere realizzate
dall’artista pop appropriandosi
di immagini provenienti dalla
storia dell’arte contemporanea in particolare le avanguardie storiche del Novecento - e rielaborandole. È la prima volta che viene
condotta in modo organico e completo un’indagine su questo significativo aspetto della produzione di Lichtenstein, che mette
in luce il debito del movimento
Postmoderno nei confronti della
sua opera.
Nato a New York, dopo aver completato gli studi di Arte all’Università dell’Ohio - interrotti per
tre anni durante la seconda guerra
mondiale - Lichtenstein realizzò
la sua prima personale nel 1951
presso la Galleria Carlebach di
New York, esponendo dipinti e
assemblaggi di materiali vari: il
suo stile, che all’epoca oscillava
fra cubismo ed espressionismo,
intorno al 1957 subì una decisa
trasformazione, orientandosi verso
l’espressionismo astratto. In que-
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sti anni l’artista alternava varie
attività: realizzava disegni tecnici per il “Republic Steel”, faceva il designer e il vetrinista.
La mostra, suddivisa in sezioni
tematiche, parte dai lavori degli
anni ’50, poco conosciuti e molti
di essi esposti a Milano per la prima
volta, nei quali Lichtenstein rivisitava iconografie medievali e reinterpretava dipinti di artisti americani, ricalcando i linguaggi espressivi dell’astrattismo europeo e, in
particolare, gli universi di Paul
Klee e di Picasso. In tal modo Lichtenstein mescolava il modernismo proveniente dall’Europa con
i temi e i miti della storia e della
cultura americana: gli indiani e il
Far West, le scene di vita dei pionieri alla conquista delle terre,
gli eroi e i cow-boy.
Agli inizio degli anni Sessanta si
diffuse in America una tendenza
diversa dall’action painting del periodo precedente che portava in
primo piano le pulsioni interiori
dell’artista: autobiografismo e
soggettivismo lasciavano il posto
alla neutralità degli oggetti quotidiani, e ai loro rifacimenti enfatizzati nelle dimensioni o nel colore. La celebre immagine della
“Campbell soup” di Andy Warhol, autore anche delle numerose
versioni e rielaborazioni delle foto
di Marylin Monroe o Elvis Presley, portava in sé la critica alla riproduzione seriale della società
contemporanea, che priva di ogni
implicazione emotiva anche le
immagini più drammatiche (come
in Orange disaster o Race riot). Mentre Warhol annullava nella reiterazione il significato di un’immagine, Roy Lichtenstein ne accentuava la portata estrapolandola dal suo contesto originario
ed esaltandone le dimensioni. Così,
le immagini tratte dai fumetti
Still life with goldfisch - Collezione privata
assumevano la dignità di opera
d’arte. Per le sue opere Pop, a partire dal 1961 Lichtenstein iniziò
ad utilizzare immagini tratte dai
fumetti riprodotte con tecniche
“puntiniste” che richiamavano il
retino della stampa dei rotocalchi; in questo stesso anno il cele-
Il tavolo di lavoro
bre gallerista Leo Castelli cominciò ad esporre nella sua galleria
di New York opere di Lichtenstein, al quale dedicò una personale l’anno seguente, con un successo straordinario, dal momento
che tutti i pezzi furono acquistati
da importanti collezionisti prima
dell’apertura della mostra.
Nel periodo eroico della Pop Art,
i primissimi anni Sessanta, Lichtenstein definisce il proprio
stile e linguaggio pittorico, e inizia una rivisitazione di opere celebri di artisti del passato più o
meno recente. In Lichtenstein, la
rielaborazione di opere di Picasso,
Matisse, Monet, Cézanne, Léger,
Marc, Mondrian, Dalì, Carrà, è
concepita a partire dalle riprodu-
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Red horseman - Vienna, Museum Moderner Kunst
zioni inserite nelle pubblicazioni
a scopo divulgativo: un modo per
riportare l’unicità dell’opera d’arte
alla serialità di “oggetto stampato” e commercializzato, utilizzando anche qui una tecnica che
riproduce in dimensioni esasperate il retino tipografico. Emblematici in tal senso i tre grandi
pannelli che aprono il percorso
espositivo: rielaborazioni a colori
intensi delle vedute della cattedrale di Chartres dipinte da Claude
Monet. Compaiono in mostra echi
di Picasso, a partire dalle Demoiselles d’Avignon, per giungere alla
citazione del Ritratto di Dora Maar,
che Lichtenstein realizzò nel 1963;
sono presenti varie versioni del
Vaso con i pesci rossi di Matisse, in
Blue Floor, allestimento in mostra (foto di Fabrizio Marchesi)
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una delle quali Lichtenstein introduce
una pallina da golf gigante, che appare vagamente inquietante,
avulsa com’è dal proprio contesto. Numerosi i richiami a opere
delle avanguardie storiche del Novecento,
dal cubismo di Léger,
all’espressionismo tedesco di Marc e
Schmidt-Rottluff, fino
al surrealismo di Magritte e Dalì. Ripetute le citazioni dei
futuristi, da Balla a
Carrà, di cui Lichtenstein riprende il Cavaliere rosso del 1913
con Red horseman, scelto
per il manifesto della
mostra milanese. Dichiarò a questo proposito l’artista: «Più
il mio lavoro è vicino
all’originale, più il con-
Girl with Tear I - New York, Solomon R. Guggenheim Museum
Allestimento di una sala (foto di Fabrizio Marchesi)
tenuto appare minaccioso e critico. Comunque, il mio lavoro è completamente trasformato
perché il mio scopo e
la mia percezione sono
completamente differenti. Credo che i miei
dipinti siano trasformati in senso critico,
ma sarebbe difficile dimostrarlo con un’argomentazione razionale».
Lichtenstein non “copia” né “falsifica” i maestri del passato, anche
recentissimo, ma li reinterpreta in una chiave
assolutamente individuale, con l’estro e la
genialità che ne hanno
fatto uno dei grandi esponenti della Pop Art, e
uno dei più originali e
significativi protagonisti della pittura americana del XX secolo.
federico poletti
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