Minuti arte 344:Layout 1 09/03/10 11:00 Pagina 27 27 Meditazioni sull’arte di Roy Lichtenstein I maestri del Novecento nell’interpretazione di un’icona della Pop Art Cubist still life with cello - Londra, Collezione privata L’opera di Roy Lichtenstein (1923 - 1997) torna in Europa con una grande mostra antologica, Meditations on Art - che si preannuncia come uno degli eventi espositivi più importanti del nuovo anno in corso alla Triennale di Milano dal 25 gennaio al 30 maggio. Nel mese di luglio la mostra sarà trasferita al Ludwig Museum di Co- lonia, dove rimarrà aperta al pubblico fino al 3 ottobre 2010. Realizzata in collaborazione con The Roy Licht enstein Foundation, l’esposizione include oltre cento pezzi, tele per lo più di grande formato, numerosi disegni, collages e sculture provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private internazionali. ll curatore, Gianni Mercurio, ha ideato una retrospettiva di Lichtenstein focalizzata sulle opere realizzate dall’artista pop appropriandosi di immagini provenienti dalla storia dell’arte contemporanea in particolare le avanguardie storiche del Novecento - e rielaborandole. È la prima volta che viene condotta in modo organico e completo un’indagine su questo significativo aspetto della produzione di Lichtenstein, che mette in luce il debito del movimento Postmoderno nei confronti della sua opera. Nato a New York, dopo aver completato gli studi di Arte all’Università dell’Ohio - interrotti per tre anni durante la seconda guerra mondiale - Lichtenstein realizzò la sua prima personale nel 1951 presso la Galleria Carlebach di New York, esponendo dipinti e assemblaggi di materiali vari: il suo stile, che all’epoca oscillava fra cubismo ed espressionismo, intorno al 1957 subì una decisa trasformazione, orientandosi verso l’espressionismo astratto. In que- Minuti arte 344:Layout 1 09/03/10 11:00 Pagina 28 28 sti anni l’artista alternava varie attività: realizzava disegni tecnici per il “Republic Steel”, faceva il designer e il vetrinista. La mostra, suddivisa in sezioni tematiche, parte dai lavori degli anni ’50, poco conosciuti e molti di essi esposti a Milano per la prima volta, nei quali Lichtenstein rivisitava iconografie medievali e reinterpretava dipinti di artisti americani, ricalcando i linguaggi espressivi dell’astrattismo europeo e, in particolare, gli universi di Paul Klee e di Picasso. In tal modo Lichtenstein mescolava il modernismo proveniente dall’Europa con i temi e i miti della storia e della cultura americana: gli indiani e il Far West, le scene di vita dei pionieri alla conquista delle terre, gli eroi e i cow-boy. Agli inizio degli anni Sessanta si diffuse in America una tendenza diversa dall’action painting del periodo precedente che portava in primo piano le pulsioni interiori dell’artista: autobiografismo e soggettivismo lasciavano il posto alla neutralità degli oggetti quotidiani, e ai loro rifacimenti enfatizzati nelle dimensioni o nel colore. La celebre immagine della “Campbell soup” di Andy Warhol, autore anche delle numerose versioni e rielaborazioni delle foto di Marylin Monroe o Elvis Presley, portava in sé la critica alla riproduzione seriale della società contemporanea, che priva di ogni implicazione emotiva anche le immagini più drammatiche (come in Orange disaster o Race riot). Mentre Warhol annullava nella reiterazione il significato di un’immagine, Roy Lichtenstein ne accentuava la portata estrapolandola dal suo contesto originario ed esaltandone le dimensioni. Così, le immagini tratte dai fumetti Still life with goldfisch - Collezione privata assumevano la dignità di opera d’arte. Per le sue opere Pop, a partire dal 1961 Lichtenstein iniziò ad utilizzare immagini tratte dai fumetti riprodotte con tecniche “puntiniste” che richiamavano il retino della stampa dei rotocalchi; in questo stesso anno il cele- Il tavolo di lavoro bre gallerista Leo Castelli cominciò ad esporre nella sua galleria di New York opere di Lichtenstein, al quale dedicò una personale l’anno seguente, con un successo straordinario, dal momento che tutti i pezzi furono acquistati da importanti collezionisti prima dell’apertura della mostra. Nel periodo eroico della Pop Art, i primissimi anni Sessanta, Lichtenstein definisce il proprio stile e linguaggio pittorico, e inizia una rivisitazione di opere celebri di artisti del passato più o meno recente. In Lichtenstein, la rielaborazione di opere di Picasso, Matisse, Monet, Cézanne, Léger, Marc, Mondrian, Dalì, Carrà, è concepita a partire dalle riprodu- Minuti arte 344:Layout 1 09/03/10 11:00 Pagina 29 29 Red horseman - Vienna, Museum Moderner Kunst zioni inserite nelle pubblicazioni a scopo divulgativo: un modo per riportare l’unicità dell’opera d’arte alla serialità di “oggetto stampato” e commercializzato, utilizzando anche qui una tecnica che riproduce in dimensioni esasperate il retino tipografico. Emblematici in tal senso i tre grandi pannelli che aprono il percorso espositivo: rielaborazioni a colori intensi delle vedute della cattedrale di Chartres dipinte da Claude Monet. Compaiono in mostra echi di Picasso, a partire dalle Demoiselles d’Avignon, per giungere alla citazione del Ritratto di Dora Maar, che Lichtenstein realizzò nel 1963; sono presenti varie versioni del Vaso con i pesci rossi di Matisse, in Blue Floor, allestimento in mostra (foto di Fabrizio Marchesi) Minuti arte 344:Layout 1 09/03/10 11:00 Pagina 30 30 una delle quali Lichtenstein introduce una pallina da golf gigante, che appare vagamente inquietante, avulsa com’è dal proprio contesto. Numerosi i richiami a opere delle avanguardie storiche del Novecento, dal cubismo di Léger, all’espressionismo tedesco di Marc e Schmidt-Rottluff, fino al surrealismo di Magritte e Dalì. Ripetute le citazioni dei futuristi, da Balla a Carrà, di cui Lichtenstein riprende il Cavaliere rosso del 1913 con Red horseman, scelto per il manifesto della mostra milanese. Dichiarò a questo proposito l’artista: «Più il mio lavoro è vicino all’originale, più il con- Girl with Tear I - New York, Solomon R. Guggenheim Museum Allestimento di una sala (foto di Fabrizio Marchesi) tenuto appare minaccioso e critico. Comunque, il mio lavoro è completamente trasformato perché il mio scopo e la mia percezione sono completamente differenti. Credo che i miei dipinti siano trasformati in senso critico, ma sarebbe difficile dimostrarlo con un’argomentazione razionale». Lichtenstein non “copia” né “falsifica” i maestri del passato, anche recentissimo, ma li reinterpreta in una chiave assolutamente individuale, con l’estro e la genialità che ne hanno fatto uno dei grandi esponenti della Pop Art, e uno dei più originali e significativi protagonisti della pittura americana del XX secolo. federico poletti