Comunicare la svolta costituzionale nell’Italia del 1848 Alessio Petrizzo (08.10.08) Genealogie incredibili: strategie del discorso monarchico 1) riaffermazione del diritto divino e ricerca del sostegno delle gerarchie cattoliche; 2) accentuazione del paternalismo e del rapporto personale tra sovrano e costituzione; 3) uso della storia (ovvero invenzione della tradizione) a garanzia della continuità istituzionale; 4) riaffermazione dei tradizionali soggetti politici. «La costituzione non è una parola nuova pel nostro Stato; quegli Stati che attualmente l’hanno, la copiarono da noi. Noi avevamo la camera dei Deputati nel Collegio degli Avvocati Concistoriali, e la camera dei Pari nel sacro Collegio dei cardinali fino all’epoca di Sisto V». (Pio IX, 11 febbraio 1848) «È vero che nei tempi susseguenti, siccome questo Senato, o se vogliamo dirlo questa Camera, non si portò come doveva, si tornò al sistema di prima, cioè di avere un Senatore solo; ma è vero pure peraltro che Innocenzo III in vista delle circostanze non aveva dubitato di stabilire l’indicato corpo di Senatori, i quali si chiamerebbero al giorno d’oggi rappresentanti del popolo». (da: Statuto Costituzionale. Studi di Mr. Palma per dimostrare che i Papi accettarono in Roma in altri secoli un senato laico e ciò per giustificare col mezzo di un precedente le concessioni politiche di Pio IX ) «Avendo inteso il voto generale de’ Nostri amatissimi Sudditi di avere delle guarentigie, e delle istituzioni conformi all’attuale incivilimento, dichiariamo di essere Nostra Volontà di condiscendere a’ desiderii manifestatici, concedendo una Costituzione». (Ferdinando II, 29 gennaio 1848) «[…] l’opinione pubblica più o meno informata sulle questioni più gravi, ma sovreccitata dalla stampa liberale, soverchia il Governo da ogni parte, al punto da intralciare nel modo più allarmante la sua azione e la sua iniziativa; e se è così, non è meglio costituire legalmente l’opinione in un Parlamento, anziché lasciar durare questo stato di antagonismo, il cui urto diretto ed immediato scuote ogni giorno la Monarchia fin nelle sue fondamenta?». (Cesare Alfieri di Sostegno, 3 febbraio 1848) «Le riforme che hanno condotto lo stabilimento del governo rappresentativo, non sono dovute a questa forza della pubblica opinione?» «Senza dubbio». (da: L’indifferenza nella politica. Dialogo, in «Giornaletto pei popolani», 16 ottobre 1848) I liberali e la costituzione: strategie, ambiguità, successo 1) nel tempo breve: l’«opinione pubblica» come leva delle riforme (giornali, manifestazioni, petizioni); 2) “costituzione = Italia” : l’ancoraggio al discorso nazional-patriottico; 3) nel tempo lungo: la biografia patiens tra individui e comunità. «Molti confondono la dimostrazione popolare colla dimostrazione plebea, ma la plebe è parte del popolo, e non tutto il popolo. La dimostrazione unicamente plebea noi la disapproviamo, e sono rei di grave colpa quei codardi che per loro fini aizzano la plebe a far clamore senza però mescolarsi con essa [...]». (articolo da «L’Italia», 4 settembre 1847) «Prima condizione d’una dimostrazione popolare è adunque l’incolpabilità nello scopo, e nei mezzi; nello scopo manifestando collettivamente un’idea di cui non si potrebbe far rimprovero a nessuno dei singoli che la partecipano; nei mezzi procedendo ordinata e sotto una certa direzione. Seconda condizione, che sia veramente popolare, cioè che tutto un popolo esprima in essa con mirabile consentimento la sua volontà». (articolo da «L’Italia», 4 settembre 1847) « […] né vi mancarono gli Ecclesiastici, e per la prima volta vi comparvero onestamente altere le donne di Roma, cosicché la fusione dei cittadini si poté avere completa. Frattanto sette mila uomini di Guardia Civica marciavano suonanti nelle armi alla medesima volta pressoché tutti nelle vaghissime forme del completo uniforme. Quando Pio si presentò commosso alla gran loggia; più che settantamila persone lo salutarono Salvatore; ed ai salvati son mille i modi per significare un immenso affetto; ma ridirli impossibile. E se Ei piangea, piangea per tenera emozione, anche noi piangemmo con Pio; ché vederlo ed udirlo e non piangere di tenerezza, non è possibile ai nostri stessi nemici». (dal foglio volante Roma costituzionale 15 e 16 marzo) «[...] noi andavamo al primo tempio di Cristianità onde inalzare a Dio per le mani degli Apostoli la preghiera del ringraziamento per la Costituzione data da un Papa. Credo che sia la prima volta che il Vaticano accoglie le ovazioni religiose di un popolo Italiano per causa Italiana: oggi, sì oggi ho cominciato a tenermi sicuro che da qui a non molto verremo in questo stesso tempio, a sciogliere un altro cantico, a pagarvi tributo di altissima riconoscenza per avere sortito Dio favorevole ad un’altra gran causa, pure Italiana». (dal foglio volante Roma costituzionale 15 e 16 marzo) «[...] e quei che si beatificarono nelle carceri, negli esigli, nelle catene, nelle morti dei loro fratelli, portino oggi in pace che quanti fratelli rimasero delle lor proscrizioni si beatificano ad uno Statuto che cessa ogni arbitrio, che spunta ogni soperchieria, che eguaglia tutti in faccia alla Legge, restituendo a ciascuno i propri diritti, non di cittadino soltanto, ma d’uomo. I posteri non crederanno a quali tristizie la Costituzione di Pio ci abbia sottratti!». (dal foglio volante Roma costituzionale 15 e 16 marzo) «Voi riponete tutta la vostra fiducia nell’onnipotenza della verità, e fate bene; ma voi potete propagare quella verità per mezzo della stampa, potete predicarla mattina e sera nei vostri giornali, potete insistervi con conferenze, potete renderla popolare nei comizi: in breve, essa sorge minacciosa sulle piattaforme elettorali, donde voi la mandate al vostro parlamento, sorretta dalla maggioranza. Noi Italiani non abbiamo né Parlamento, né piattaforme elettorali, né libertà di stampa, né libertà di parola, né possibilità di pubbliche riunioni legittime, non un solo mezzo per esprimere l’opinione che in noi si agita». (da G. Mazzini, Italia, Austria e il Papa, 1845) «Quest’opinione tuttavia non dev’essere considerata in astratto; e troviamo che in concreto è composta di classi, di ceti e d’individui disponenti di maggiore o minor potenza secondo la autorità, il grado, la ricchezza, i talenti, la scienza ec. d’ognuno. È chiaro che tanto più sarà grande l’influenza dell’opinion pubblica e potrà più facilmente concretarsi in fatti importanti, quanto più saranno importanti gl’individui che la professano». (da M. d’Azeglio, Proposta d’un programma per l’opinione nazionale italiana, 1847)