Sapori mediterranei Riso arcano Quanti sanno che l’Italia semina circa 200 varietà diverse di riso? O che il nostro Paese produce oltre la metà del riso che ha origine nell’UE? Breve e appetitoso viaggio nell’universo riso di Riccardo Lagorio 64 Premiata Salumeria Italiana, 4/14 A ll’onda o in bianco? Per minestra o supplì? Di riso sempre si tratta, ma quanti si immaginerebbero che l’Italia semina (e raccoglie) all’incirca 200 varietà diverse di riso? E chi si aspetterebbe che il nostro Paese produce qualcosa di più della metà del riso che ha origine nell’Unione Europea, garantendo un surplus di bilancia commerciale che pochi altri prodotti agricoli assicurano? Tutto ebbe inizio, pare, quando gli Arabi introdussero la coltivazione del cereale in Spagna, bene accolto dagli agricoltori per il fatto che attecchisse anche in terreni incolti e sterili. Ed in Lombardia e Piemonte il riso non tardò ad acclimatarsi perfettamente nelle paludi e nei terreni resi umidi dalle esondazioni dei fiumi. Già nel Quattrocento la coltivazione del riso era sicuramente ben diffusa in molte aree padane: lo si sa per certo grazie ad un documento con cui gli Sforza autorizzano ad esportare verso Ferrara sacchi di riso da semina. Fedele alla loro storia il Piemonte, Lombardia e Veneto sono le maggiori Regioni in Italia dedite alla risicoltura. Senza dimenticare la Sardegna e la Calabria. Premiata Salumeria Italiana, 4/14 In verità Vercelli, Pavia e Novara sono le province dove la cultura del riso è più radicata, con marcite sommerse d’acqua ideali per la crescita delle pannocchie. Nel nostro Paese, per una legge datata 1958, le numerose varietà di riso, in base al rapporto tra quanto misura in lunghezza e larghezza il chicco, vengono classificate in comune, semifino, fino e superfino. Per semplificare, affermano alcuni, per mancanza di chiarezza dicono altri. Traduciamo meglio il concetto: quando andiamo a fare la spesa e compriamo un pacchetto dove si trova indicata la categoria di appartenenza, la marca commerciale e l’indicazione della varietà, non è detto che il contenuto sia esattamente lo stesso di quanto dichiarato. Nel caso specifico, al sottogruppo del Carnaroli (che appartiene al gruppo Superfino), tra le più note sul mercato, per un recente Decreto Ministeriale (febbraio 2013), vengono assimilate altre varietà come il Carnise, il Poseidone ed il Karnak. Una proposta di legge depositata a metà maggio 2014 prevede che sia addirittura possibile mescolare varietà appartenenti ad uno stesso gruppo in uno stesso contenitore. 65 Riso con crudo di gamberi rossi e caviale di aringa dello chef Davide Botta. Il Karnak è una varietà conseguita da incroci partendo dal Carnaroli; in campo è di più facile coltivazione, con una resa per ettaro più elevata, quindi meno costosa da produrre, ma avente le stesse dimensioni del chicco. Alla cottura, però, uno si squaglia facilmente e l’altro rimane perfettamente al dente. Inoltre, in campo la pianta del Carnaroli è alta oltre un metro e con il vento si piega facilmente; se ne producono 50 quintali per ettaro. Il Karnak è alto 65 cm, resiste alle intemperie e arriva a 65 quintali per ettaro. Allo stesso modo circa il 90% di quello che si acquista con il nome Arborio è in realtà Volano. Ancora più misterioso è il contenuto delle scatole dove si cita l’utilizzo finale suggerito del prodotto, come nel caso del generico “riso per risotti”… Quanto detto esclude i risi che hanno ottenuto i riconoscimenti comunitari (Baraggia Biellese e Vercellese DOP, Vialone Nano Veronese IGP, Riso del Delta del Po IGP), che necessitano di una dizione puntuale della varietà che si trova all’interno della confezione e che insistono su circa 10.000 ettari. Poca cosa comunque rispetto all’intera superficie nazionale coltivata a riso (circa 235.000 ettari). Riso denominato In particolare, la Baraggia è un territorio che nel passato è stato fondale marino (perciò limoso), trasformatosi 66 in ghiacciaio (con ghiaie e sabbie), plasmato infine dal vento e solcato dai fiumi (quindi caratterizzato da elementi erosivi). Caratteristiche visive del territorio sono gli altopiani, dove manca quasi del tutto la circolazione idrica superficiale e la presenza di terreni argillosi, fini e costipati, per nulla fertili. L’incapacità di trattenere l’acqua negli interstizi del suolo fa della baraggia un ambiente arido nei mesi estivi. L’unico mezzo per rendere i terreni utilizzabili dal punto di vista agronomico è di conseguenza la costante disponibilità di acqua irrigua. Per questa ragione il riso poteva diventare una delle poche colture adatte a questo tipo di terreno. L’avvio di un’agricoltura moderna risale alla fine degli anni Venti, quando il Governo si mosse per la trasformazione fondiaria, qui come in altre sette grandi zone del Paese dove si riscontravano condizioni arretrate di coltura. LUCA GUERRINI, uno dei produttori di riso DOP a Salussola (Società Agricola Guerrini F.lli S.S., via Mazzini 38, frazione Arro, 13885 Salussola, Biella, telefono: 0161 939829, www.risoguerrini.it) insieme ai tre fratelli, ricorda che «la denominazione di origine protetta Riso di Baraggia Biellese e Vercellese designa il prodotto risiero ottenuto mediante l’elaborazione del riso grezzo o risone a riso integrale, raffinato o parboiled. Ogni fase del processo produttivo deve essere controllata dalla struttura di controllo attraverso l’iscrizione in appositi elenchi delle particelle catastali sulle quali avviene la coltivazione. Sono quattro le varietà che possono diventare DOP: Carnaroli, Baldo, Sant’Andrea e Arborio. Noi mettiamo a coltura tutte le varietà tranne il Baldo. Produciamo a DOP 150 quintali di riso all’anno, poco più del 5% della nostra produzione totale ed il mercato riconosce alla DOP circa il 10% in più di prezzo». Ma la DOP è anche un prodotto sano: per disciplinare è vietato l’impiego di concimi nitrici e dei composti che contengono metalli pesanti mentre i trattamenti con insetticidi devono essere fatti almeno 40 giorni prima della raccolta. Il Riso del Delta del Po IGP viene coltivato tra Emilia-Romagna e Veneto nei territori di Ferrara e Rovigo formati dai detriti e dai riporti del fiume Po e dalle successive opere di trasformazione fondiaria. GIORGIO UCCELLATORI, dell’omonima azienda di Taglio di Po, in provincia di Rovigo (telefono: 0426 661564), è tra coloro che una decina d’anni fa si fece promotore del Consorzio ed oggi produce Riso del Delta del Po IGP (www. risodeltapoigp.it) su circa 100 ettari di terreno. Fu una grande scommessa Luca Guerrini della Risicoltura Guerrini di Salussola (BI). Premiata Salumeria Italiana, 4/14 quella che ha visto nascere il Consorzio di tutela nel dicembre 2012. «Le varietà che si possono coltivare e denominare sono il Carnaroli, il Baldo, che è molto richiesto all’estero, l’Arborio ed il Volano, in parte simili tra loro e commercialmente aventi le medesime caratteristiche. Il clima marino che si ha nel Rodigino facilita le caratteristiche positive del nostro riso in quanto si hanno poche giornate di rugiada. I terreni calcarei e salini sono inoltre perfetti per varietà come il Carnaroli. Per disciplinare abbiamo adottato la rotazione dei terreni: non si può coltivare riso per più di otto anni, a cui seguono sullo stesso appezzamento due anni di altre colture». Qui dove il Grande Fiume arranca e si fa quasi muto si sta preparando una linea di pasta e biscotti per celiaci. L’antico piatto dei pescatori, il riso alla canarola, la sera preparato con fagioli e pancetta e l’indomani quasi tostato sugli isolotti per mezzo della combustione delle canne non si trova più nei locali. Ma sono molti, come il ristorante Aurora di Porto Tolle (45018, località Cà Dolfin, Porto Tolle, Rovigo, telefono: 0426 384240, www.ristoaurora.com), a proporre risotti con i frutti di mare ed i molluschi di cui è ricca la pesca locale. Il Riso Nano Vialone Veronese IGP è coltivato in 24 Comuni della Claudio Cirio della Cascina Falasco di Casalbeltrame (NO). Premiata Salumeria Italiana, 4/14 provincia veronese. La caratteristica geomorfologica principale è la presenza di fontanili, la cui acqua feconda terreno ricchi di limo e sabbia. Qui le ricette principali sono i risotti, magari innaffiati di Amarone o con il tastasal, la pasta di salamella. Oppure, tramite alla fantasia che un grande cuoco come DAVIDE BOTTA (L’Artigliere, Isola della Scala, 37063, Verona, telefono: 045 6630710, www. artigliere.net) sa operare sulle materie prime, con crudo di gamberi rossi e caviale di aringa o formaggio caprino fresco con polipo, aringa affumicata e rapa rossa. Alle origini del riso Proprio all’interno delle sterminate superfici destinate a risaia, in territorio vercellese, c’è un cuore verde di circa 600 ettari. Si tratta del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino, un bosco planiziale praticamente estinto altrove, riserva di legna estratta a sorte la seconda domenica di novembre tra le famiglie originarie di Trino. Non distante da qui si trova La Grangia del Principato di Lucedio, il luogo da cui si propagò in Italia la coltivazione del riso grazie al lavoro dei monaci cistercensi. Sottoposta nel corso dei secoli a numerosi passaggi di proprietà, l’attuale Principato di Lucedio (Cascina Lucedio, 13039 Trino, Vercelli, telefono: 0161 81519, www.principatodilucedio.it), è una moderna azienda agricola che ha saputo conservare gli ambienti medievali che la caratterizzavano: superata la cinta fortificata è possibile infatti ammirare la Chiesa del Popolo, la Chiesa Abbaziale, il singolare campanile, ottagonale nella parte superiore ma quadrato alla base. Quello colorato e profumato, ma anche la birra e la pasta… Colore e fantasia dei piatti sono elementi fondamentali della cucina italiana. Così non poteva mancare chi è riuscito a riprodurre in Italia varietà di riso colorato. CLAUDIO CIRIO, durante i suoi numerosi viaggi in Cina, aveva potuto apprezzare varietà di riso nero. Dalla regione dello Huang Xu Reng si fece arrivare semenza di riso nero da piantare nei terreni della Birra di riso del Birrificio Sant’Andrea di Vercelli. sua Cascina Falasco a Casalbeltrame (Cascina Falasco Inferiore, 28060 Casalbeltrame, Novara, telefono: 0321 838238, www.aziendaagricolafalasco.com), terra di Novara. Dopo numerosi incroci con il riso locale, anche grazie al contributo di Sapise (Sardo Piemontese Sementi, con sede a Vercelli; telefono: 0161 257530), il riso Venere si iscrisse nel 1997 al registro nazionale e venne lanciato sul mercato nel 2000. Si tratta di un riso aromatico dal pericarpo nero con il chicco arrotondato. La naturale colorazione nera è conferita dalla presenza di antociani, che appartengono alla famiglia degli antiossidanti. «È un riso venduto integrale: non si perdono perciò oli, sali minerali e vitamine che sono sciupate nel riso sbiancato e se ne apprezza la versatilità in cucina», dice GIAMPIERO CRAVERO dell’omonimo ristorante a Caltignaga (via Novara 8, 28010 Caltignaga, Novara, telefono: 0321 652696, www.hotelcravero.it), dove il riso Venere, gamberi e salsa al Gorgonzola è uno dei piatti più richiesti. Oppure se ne fanno gallette, bianche, poiché il colore nero si trova esclusivamente nel pericarpo del chicco, e farina di riso, adatta per la panificazione ed in ristorazione (un’idea concreta la fornisce il ristorante Il Convento, via Hermada 3A, 13039 67 Le confezioni di pasta di riso parboiled “Riso di Pasta” Viazzo, ideali per le persone che soffrono di celiachia, un’ottima alternativa alla pasta tradizionale. Trino, Vercelli, telefono: 0161 801325, www.ilconventoditrino.com, con il suo “uovo morbido in crosta di Venere con asparagi e fonduta leggera”). Il riso Venere è coltivato da quattro aziende in Italia su una superficie di 450 ettari. Dal colore nero ma con il chicco allungato è l’Artemide, nato dall’incrocio di riso Venere ed una varietà dal chicco allungato, mentre Ermes è il riso rosso naturale, privo di glutine e ricco di fibre, sali minerali e proteine. Sono risi a lunga cottura, dai 35 ai 40 minuti, ideali nelle diete prive di glutine ed accattivanti in cucina per la loro nota vegetale e il caratteristico aspetto esotico. Nella patria del riso il Birrificio Sant’Andrea di Vercelli (via Cima Dodici 22, 13100, Vercelli, telefono: 0161 1740266, www.bsabeer.it) propone anche una birra lussureggiante di aromi ed alcol. Recentemente, nell’ottobre 2013, nel centro di Vercelli, è stato aperto un elegante spaccio di pasta di riso (anzi, “Riso di pasta” come recita la loro insegna promozionale) da parte della Riseria Viazzo (corso XXI Aprile 43, 13040 Crova, Vercelli, telefono: 0161 970115, www.risodipasta.it, www.risoviazzo.com) per accondiscendere alle richieste di chi soffre di celiachia. Penne, fusilli, tortiglioni di solo riso parboiled, per non far perdere a nessuno il gusto tutto italiano della pasta. Riccardo Lagorio Nota A pagina 64 e 65, una panoramica delle risaie (photo © Andrea Cherchi) ed una mietitrebbia nel Vercellese. Vercelli, Pavia e Novara sono le province dove la cultura del riso è più radicata. Risotto con bresaola, bitto e Sassella Ingredienti per 4 persone g 400 riso Carnaroli • ½ cipolla tritata finissima • 2 cucchiaio d’olio • 1 litro circa di brodo • 1 bicchiere di vino Sassella Valtellina Superiore DOCG • burro d’alpe • Parmigiano Reggiano grattugiato • g 200 di bresaola della Valtellina IGP a fette sottili • g 100 formaggio bitto giovane DOP della Valtellina Preparazione Preparate il brodo e, in una pentola bassa e larga, indicata per i risotti, soffriggete la cipolla con l’olio. Appena la cipolla è dorata versate il riso mescolando delicatamente con un cucchiaio di legno. Fate tostare il riso sino a che lo sentite bollente con il dorso della mano, quindi bagnatelo con il vino rosso Sassella Valtellina superiore DOCG e mescolatelo in modo da lasciarlo evaporare. Quando il vino è evaporato, aggiungete 2 mestoli di brodo, mescolate un paio di volte e poi non toccare più sino alla prossima aggiunta di bordo. Nel frattempo preparate la bresaola, mettendone da parte alcune fette intere che serviranno per decorare i piatti, e tagliate le rimanenti a striscioline. Continuate ad aggiungere brodo man mano che evapora, terminate la cottura con il riso ancora al dente, aggiungete le striscioline di bresaola IGP, il Parmigiano Reggiano, il formaggio bitto DOP e mescolate mantecando il tutto. Aspettate qualche minuto e poi impiattate, completando i piatti con una fetta di bresaola disposta al centro del piatto a rosellina (photo © www.paneprosciutto.it). 68 Premiata Salumeria Italiana, 4/14