Come definire l’identità dell’adulto? Chi è l’adulto? Quali sono le caratteristiche peculiari e distintive della sua identità? Quali sono i parametri quantitativi e qualitativi che consentono di definire questa stagione della vita? Da quali punti di vista si giudica l’adultità di una persona? Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Cinque prospettive di definizione dell’adulto a) il punto di vista etimologico b) il punto di vista normativo c) il punto di vista psico-fisico d) il punto di vista socio-culturale e) il punto di vista educativo Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 a) il punto di vista etimologico Adulto: dal latino adultus-adultum, cresciuto, sviluppato, participio passato del verbo adolesco-adolescere, crescere, svilupparsi. Adolescente: che sta crescendo, che si sta sviluppando, è il participio presente dello stesso verbo, che reclama un tempo futuro per il progressivo compimento della stessa azione del crescere e dello svilupparsi. Un neologismo: …. adultescente Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Roma – 12 settembre 2013 (fonte: Adnkronos) Un adultescente 'inzitellito' con contratto 'cocopro' ma che veste 'bling-bling', è affetto da 'ludopatia' e consuma 'shortini'. Se questo è l'identikit dell'italiano 2014, non stiamo messi benissimo. Ma stando a come ci esprimiamo questa è la situazione. E queste sono alcune delle nuove voci che il vocabolario della lingua italiana 'Lo Zingarelli 2014' ha accolto. Circa 1500 sono le nuove parole entrate quest'anno nel dizionario (144mila voci in tutto, 380mila significati, 1000 sfumature di significato). Figlie del loro tempo, dei modi di dire ai nuovi mestieri, del mondo tecnologico o dal politichese. I nuovi studi biologici hanno individuato una nuova scala in cui misurare le età dell'uomo: l''adultescente'. Si tratta di una persona tra i venti e i trent'anni le cui condizioni di vita (studio, lavoro, reddito, casa, ecc.) e la cui mentalità sono considerate simili a quelle di un adolescente. Soggetto molto diffuso in Italia. E si accompagna spesso al 'cocopro', più che un contratto da precario, un vero status sociale… Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Adultescente www.treccani.it - Neologismi (2008) Adultescente s. m. e f. Persona adulta che si comporta con modi giovanili, compiacendosi di ostentare interessi e stili di vita da adolescente. ◆ [tit.] La carica degli adultescenti, ragazzi over 40. Indossano pantaloni militari e scarpe da ginnastica, escono fino a tardi e vanno ai concerti rock. Sono gli adultescenti, quegli adulti giovanili quanto gli adolescenti, spesso più di loro, che rischiano però di mettere in crisi l’identità di ragazzi e ragazzine. Le statistiche sembrano confermare quello che sostengono tutti quelli che hanno passato la boa degli «anta»: l’età non conta, non è un numero ma uno stato mentale. (Pier Antonio Lacqua, Sicilia, 2 febbraio 2004, p. 1, Prima pagina) • La zuca è diventata il feticcio dei californiani in fila al check-in o altrove. Perché è più grande e più a parallelepipedo dello zaino e ci si siede comodamente sopra, anche in abiti blu e tailleurs e gessati o microgonne carrieriste o trash o Zara o Prada: insomma è il bagaglio ideale per multitasking di qualsiasi sesso/età. Specie se adultescenti, la classe consumatrice sui quaranta su per giù, che usa zuche blu mezzanotte-rosa malibu-rosso chili, segnalando il proprio spostamento anche di notte coi leds intermittenti applicati alle rotelle, che sono quattro più due posteriori per salire le scale. (Laura Piccinini, Corriere della sera, 22 gennaio 2005, p. 43, Tempo libero) • Quei giovani, se le statistiche vedono giusto, tra un viaggio e l’altro tornano a casa da mamma a farsi fare il bucato e stirare le camicie. E poi vuoi mettere la colazione nella vecchia cara cameretta tirata a lucido? È questione di praticità, dopotutto. E si risparmia pure. […] Li chiamano «adultescenti», (Claudia Ferrero, Stampa, 2 aprile 2006, p. 10, Estero). Adattato dall’ingl. adultescent, composto da adult e (adol)escent. Già attestato nella Stampa del 29 dicembre 1997, p. 16, Società e Cultura (Maria Chiara Bonazzi). Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 ADULTESCENZA: GLI ASPETTI CRITICI Si tratta di un neologismo applicato a tutti coloro che, pur avendo raggiunto biologicamente l’età adulta, presentano un’identità con tratti adolescenziali. («Famiglia Cristiana», 30 luglio 2012) Un termine sintetico che prova a spiegare uno tra i problemi emergenti della società attuale: “adultescenza”. Si tratta di un neologismo applicato a tutti coloro che, pur avendo raggiunto biologicamente l’età adulta, presentano un’identità con tratti adolescenziali. Una doppia analisi, psicologica e giuridica, aiuta a capirne le specificità. Con Adultescenza abbiamo voluto indicare una complessa serie di fenomeni psicologici, antropologici, sociologici e i loro risvolti giuridici, che riguardano oggi un numero crescente di adulti e contesti familiari nei Paesi sviluppati. Nella cultura anglosassone sono stati definiti kidult, ovvero bambini (kid) – adulti (adult); il termine cominciò a circolare negli Stati Uniti già negli anni Ottanta, quando si diffondevano i primi articoli scientifici sulla cosiddetta “Sindrome di Peter Pan” e, nel 1983, veniva pubblicato l’omonimo libro di Dan Kiley. Gli psicologi francesi li hanno chiamati adulescent (contrazione dei termini adulte e adolescent): riferimento scientifico sono gli scritti di Tony Anatrella. Riferimento culturale è il film Tanguy: un ragazzo brillante ha tutto ciò che gli serve, ma non vuole lasciare la casa dei genitori, nonostante essi facciano di tutto per cacciarlo. Ciò che si cerca di definire, è la commistione, in una persona che ha superato la soglia dell’età evolutiva secondo la legge e il comune sentire sociale, tra caratteristiche adulte e adolescenziali. Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 ADULTESCENZA: GLI ASPETTI CRITICI Si tratta di un neologismo applicato a tutti coloro che, pur avendo raggiunto biologicamente l’età adulta, presentano un’identità con tratti adolescenziali. («Famiglia Cristiana», 30 luglio 2012) Adultescenza è un neologismo che indica il raggiungimento di un’età crono-biologica adulta, in persona con identità per molti versi ancora immatura con tratti adolescenziali. Ne emerge la figura di un individuo ancora profondamente condizionato dal permanere di idee, atteggiamenti e comportamenti tipici della fase giovanile. La fluidità della realtà contemporanea, con il suo continuo movimento e la sua indefinitezza, porta con sé una serie di modificazioni degli assetti delle persone che meritano attenzione, ascolto, analisi, ricerca delle motivazioni e, quindi, delle possibili soluzioni. Se oggi molti adulti si trascinano in un’adolescenza che sembra non finire mai, procrastinando una fase della vita che dovrebbe essere transitoria, ciò non ha ricadute solo nel loro presente e nel loro futuro, ma anche in quello delle altre persone con le quali si relazionano. Non è solo il fatto che l’adolescenza, per le generazioni precedenti, terminasse prima e fosse accompagnata dall’uscita dalla famiglia di origine, dall’ottenimento di un lavoro stabile, dalla formazione di una famiglia propria, da una serie di traguardi che le persone raggiungevano perché considerati soddisfacenti e gratificanti, personalmente e socialmente (e quando venivano raggiunti gli apportavano al contempo sicurezza, maturità, solidità identitaria, in un circolo virtuoso che rafforzava il concetto di sé). Certamente, nelle cosiddette società evolute, il positivo allungarsi della durata della vita e della vita attiva comporta un differimento anche dei traguardi adulti: l’attuale situazione economica di “crisi”, con la difficoltà per le giovani generazioni di reperire attività stabili e sufficientemente retribuite per consentire un progetto di vita ritenuto adeguato, contribuisce nel differire i traguardi ritenuti prima fondamentali per l’ingresso nella vita adulta. Ne consegue spesso la dipendenza economica dalle famiglie di origine, da cui può conseguire a sua volta la dipendenza psicologica e sociale. Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 ADULTESCENZA: GLI ASPETTI CRITICI Si tratta di un neologismo applicato a tutti coloro che, pur avendo raggiunto biologicamente l’età adulta, presentano un’identità con tratti adolescenziali. («Famiglia Cristiana», 30 luglio 2012) I genitori “adultescenti” difficilmente riescono a esercitare le fondamentali funzioni di guida verso i loro figli. E non sono sempre capaci di instaurare un rapporto maturo di “alleanza” con l’altro genitore, anche durante la convivenza. Non si fa fatica a immaginare cosa può conseguirne. Storicamente, quindi, si è passati da una generazione di genitori “autoritari” a una composta da adulti deboli e remissivi, quasi “presi in ostaggio” dai figli che trattano, e da cui sono trattati, da coetanei. La vita di coppia e familiare non può infatti che risentire di uno stile indefinitamente “adultescente” dei protagonisti della relazione. La crisi è vissuta sempre più spesso come distruttiva e non maturativa: sembra perduto il senso della costruzione, della progettualità, che necessariamente passa attraverso fasi di reciproco adattamento perché è un equilibrio sempre nuovo, da ritrovare, sulla base della crescita personale e di coppia. Rinuncia e sacrificio sono avvertiti come sinonimi: il sacrum facere (anche in una dimensione laica), che passa attraverso la capacità di contenersi per qualcosa e per qualcuno, di scegliere positivamente per un progetto più grande accantonando chanche alternative, sembra essersi perduto; nell’immaginario di molti, o il partner è funzionale al proprio benessere “qui e ora” oppure non “serve” più ed è meglio dismettere la relazione al più presto, cercare qualcosa di nuovo più immediatamente appagante. Che tristezza questa “adultescenza” Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 («Corriere della Sera» – I Blog) Caro Beppe, «adultescenti», neologismo che indica una nuova categoria della società contemporanea. Giovani tra i 25 e i 35 anni, considerati adulti fino pochi anni fa, ma ora non più secondo i cinque criteri per individuare il passaggio all’età adulta: conclusione degli studi, l’indipendenza finanziaria, l’abbandono della casa dei genitori, matrimonio e concepimento di un figlio. Le statistiche ci indicano che nel 1960, sulla base di questi criteri, erano adulti a trent’anni il 77% delle donne e il 65% degli uomini, oggi solo il 46% donne e 31% maschi. Così la figura dell’eterno mammone, stereotipo latino, si sta diffondendo anche negli Usa: alla classica crisi di mezza età oggi si assiste a quella di un quarto, le prospettive dei figli sono peggiori di quelle dei padri. Crisi finanziaria, aumento delle rette universitarie; oggi due terzi dei laureati chiudono il ciclo di studio con debiti verso lo Stato in media di 23 mila dollari e si allungano i tempi di permanenza al college a causa dei lavori part-time cui gli studenti sono costretti per mantenersi. Oggi la retribuzione annuale dei manager di una grande azienda è in media più di 200 volte quella di un operaio, mentre i lavoratori non qualificati sono oberati di lavoro, con stipendi irrisori e scarse garanzie sociali. Ma l’adolescenza si è allungata anche nell’altro senso: bambini con attacchi di panico causa stress da scuola elementare, preadolescenti con disturbi alimentari, teenager in lista d’attesa per sedute d’agopuntura. L’adolescenza nella società americana è esplosa, dilatandosi a dismisura, verso il basso invadendo il campo dell’infanzia, con bambini che maturano sempre più precocemente, e verso l’alto con trentenni colpiti da sindrome di Peter Pan. La tendenza della società americana è di restare «forever young» per dirla con Bob Dylan. 2 «Bamboccioni» - 2007 Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 b) il punto di vista normativo Adulto: colui che ha compiuto la maggiore età e che è pertanto riconosciuto in grado di compiere atti giuridicamente validi (acquistare una casa, sposarsi, sottoscrivere un contratto, votare…) maggiore età in Italia, con la Legge n.39/1975 passa da 21 a 18 anni (ma, in altri Paesi, la soglia della maggiore età si colloca, a seconda dei casi, in un arco temporale che va dai 14 ai 25 anni) diritto di voto in Italia, l’elettorato attivo per la Camera dei Deputati si acquisisce a 18 anni, per il Senato a 25 anni; l’elettorato passivo si acquisisce a 25 anni per la Camera dei Deputati, a 40 anni per il Senato contrarre matrimonio l’art. 84 del Codice Civile ammette il matrimonio per i minori che abbiano compiuto almeno 16 anni, previa autorizzazione del Tribunale per i minorenni Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 c) il punto di vista psico-fisico Adulto: colui che ha raggiunto la piena maturità psicologica e fisica maturità psicologica «stadi» dello sviluppo (cfr., ad esempio, J. Piaget): quando si è pienamente in grado di intendere e di volere, di dare consapevolmente il proprio consenso, di comprendere le conseguenze delle azioni, di …? maturità fisica: maturità sessuale menarca/spermarca (quando un organismo è fisiologicamente in grado di Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 riprodursi?) d) il punto di vista socio-culturale Adulto: colui che… … ha concluso l’iter scolastico? … provvede autonomamente alla propria sopravvivenza? … è entrato nel circuito lavorativo? Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Il principio sostanziale comune è quello di decretare il compimento della fase evolutiva per eccellenza – quella dell’infanzia e dell’adolescenza – e l’ingresso in una fase stabile della vita. Situazione adulta un apice effettivamente raggiungibile, statico, rigidamente posto tra la curva ascendente della crescita e quella discendente dell’invecchiamento. In questa prospettiva, l’essere adulto segna in ogni caso il passaggio da un periodo di crescita e trasformazione – e quindi, di educazione – ad un periodo di stabilità che precede, nel presunto regolare ciclo naturale della vita, una presunta involuzione senile e la morte. Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 e) il punto di vista educativo “L’educazione si riferisce soltanto… al momento iniziale, così che possa definirsi la pedagogia come la scienza dell’educazione dell’uomo nel periodo di suo sviluppo, oppure essa si riferisce all’uomo in qualunque momento e fase di sua vita?… Se l’educazione si rivolge all’uomo in quanto soggetto cosciente e autocosciente, essa avrà ragione di essere sempre là dove la vita spirituale appaia, pur in gradi e forme diverse, in processo di continua elaborazione e di svolgimento; epperò nell’infante come nel fanciullo, nell’adolescente e nel giovine, nell’uomo e nella donna, nel normale e nel deficiente, purché un qualche barlume di spiritualità vera, cioè attiva e non mecanizzata (sic), vi brilli. E l’educazione d’altra parte non ha più ragione né possibilità di essere là dove la vita dello spirito sia spenta o vada spegnendosi nella ripetizione meccanica di atti, nella incoscienza, nella insensibilità: se essa si rivolge essenzialmente all’uomo, l’uomo che si educa non può essere in largo senso che il giovine: quando l’uomo invecchia (e si può invecchiare a venti anni), cessa di essere soggetto di educazione” (G. Vidari, voce Educando, in Dizionario delle Scienze pedagogiche, diretto da G. Marchesini, Milano, Società Editrice Libraria, 1929, vol. I, p. 443) Il concetto di ADULTO in prospettiva educativa Ribaltamento delle concezioni tradizionali di ADULTO: - l’adulto è sì cresciuto, ma non definitivamente, non una volta per tutte - l’adulto è sì maturo, ma anche nella misura in cui è consapevole di essere immaturo Che cosa ci fa ritenere che l’adulto sia un soggetto ancora e sempre suscettibile di educazione, cioè di trasformazione migliorativa? - l’osservazione di ciò che accade: non smettiamo mai di apprendere, e quindi di trasformarci - gli studi sul funzionamento della nostra mente (psicologia, biologia, neuroscienze): plasticità del cervello umano - la scientificità del sapere sull’educazione: il passaggio dalla Pedagogia alla Scienza dell’educazione e, quindi, il principio che se l’educazione (e non il fanciullo) è un qualcosa di ideale (e non solo di pratico) essa è, come tutti gli oggetti di scienza, qualcosa di sempre aperto, in evoluzione… non solo qualcosa che si può raggiungere, ma anche e soprattutto qualcosa che si deve perseguire, non solo un risultato ma anche e soprattutto una meta EDUCAZIONE PERMANENTE Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 D. Demetrio, Elogio dell’immaturità. Poetica dell’età irraggiungibile, Milano, Raffaello Cortina, 1998 Domanda di fondo: l’immaturità è un «difetto» o una «virtù»? Di solito…. Dare dell’immaturo a qualcuno significa volerlo offendere, per sminuirne il ruolo, farlo sentire inadeguato, inferiore e incapace. Immaturità, di solito, è una «brutta parola», usata da adulti che reputano alcuni loro simile indegni di ritenersi tali. La risposta… Perché non capovolgere questo luogo comune? Perché non pensare ad un’altra immaturità, che sappia continuare ad alimentare la nostra vita di innocenza e speranza? Il «potere» di questa immaturità dovrebbe essere quello di rinnovarci, di trasformare la maturità raggiunta in un nuovo progetto adulto, che contempli sempre la possibilità, e l’opportunità, di tornare a imbattersi nel «problema» dell’immaturità, senza che questo significhi tradire compiti e responsabilità Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 D. Demetrio, Elogio dell’immaturità. Poetica dell’età irraggiungibile, Milano, Raffaello Cortina, 1998 Varie «tipologie» di individui immaturi: Gli immaturi «infantili»: coloro che si sottraggono a responsabilità e obblighi, non sanno cosa sia l’audacia, e incolpano gli altri di ciò che accade loro - Gli immaturi «parassiti»: si rifiutano di crescere e si mantengono dipendenti da altri - Gli immaturi «poeti»: coloro che attraversano le età della vita nella convinzione di non essere ancora del tutto nati al mondo; essi sono in-maturi… ma questo in non è un privativo, bensì indica la spinta a penetrare progressivamente nella vita matura; sono coloro che accettano di invecchiare, ma che sanno sempre ricominciare - In ottica educativa… …non si diventa adulti per via del semplice e ineluttabile trascorrere del tempo… ma nella misura in cui il trascorrere del tempo testimonia un percorso di acquisizione di conoscenze e competenze …definire l’adulto significa alludere ad uno status, ambire ad una situazione esistenziale ideale che, pertanto può compiersi solo in parte… ma ciò è quanto muove all’impegno, alla progettualità, allo sforzo e al piacere di continuare ad educarsi …si colgono e si rispettano le molteplici ed eterogenee manifestazioni individuali e soggettive dell’essere adulto reale… ma si guarda sempre ad un adulto ideale, ad un adulto “sognato” Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Educazione = Educazione permanente Educazione degli adulti Finché c’è vita c’è educazione, c’è possibilità di educazione, nei suoi tre livelli: Educazione - dal verbo latino educare = allevare, nutrire, curare - dal verbo latino edocere = insegnare, istruire, ammaestrare - dal verbo latino educere = trarre fuori, estrarre, far uscire Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 In ottica educativa… L’essere umano, dunque, non approda mai definitivamente ad uno status consolidato, ad un traguardo certo, ad una chiusura delle sue possibilità di crescita e di mutamento. Non si nasce essere umani, lo si diventa… o, meglio, si investe l’intera vita cercando di diventarlo, purché si abbia un ideale cui tendere. Adulto = “eterno adolescente”, soggetto in continua crescita Adulto = soggetto dell’educazione spinta esterna che è maturata negli studi filosofici, psicologici, sociologici, antropologici e medici, ma anche nelle sensibilità letterarie, poetiche, delle arti figurative, cinematografiche e, più in generale, nelle rappresentazioni di tutto ciò che si ritiene che sia o si vorrebbe che fosse l’essere umano adulto spinta interna che dalla Scienza dell’educazione, in nome della permanenza dell’educazione, reclama la legittima e necessaria inclusione dell’adulto in processi di trasformazione educativamente connotati Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 G. Lapassade, L’entrée dans la vie. Essai sur l’inachèvement de l’homme, Paris, Les Editions de Minuit, 1963; tr. it., Il mito dell’adulto. Saggio sull’incompiutezza dell’uomo, Bologna, Guaraldi, 1971, pp. 271-273, passim L’uomo non entra una volta e definitivamente, a un dato momento della sua storia, in uno status fisso e stabilizzato che sarebbe lo status di un adulto. Al contrario: la sua esistenza è fatta di ingressi successivi che punteggiano il cammino della sua vita. L’uomo è “totalizzazione in corso” senza mai essere totalità compiuta […] Non vi è individuo, non vi è gruppo umano che possa essere definito veramente “adulto”, a meno che non si chiami adulta, relativizzando il termine, la capacità di cambiare e l’accettazione del cambiamento […] Se infatti si ammette che ogni impresa umana resta incompiuta, l’idea classica di un’etica che permetta di stabilizzare la vita deve essere abbandonata e far posto ad una riflessione mirante semplicemente a circoscrivere una strategia dell’esistenza. Per questo attingerò qui dal linguaggio di un’attività sociale – la politica – che è per sua natura problematica e strategica, il concetto di entrismo, che deve designare il moto permanente attraverso il quale l’uomo si sforza, fino alla fine della sua esistenza, di entrare nella vita […] Ora proprio questa ci sembra essere la situazione dell’uomo nel mondo. Un’adesione senza veri legami, un impegno che implica un incessante disimpegno. Il che potrebbe significare: qualunque sia il grado di disperazione, di solitudine, di alienazione in cui si trova, l’essere umano, dal momento che tutte le sue posizioni sono incompiute, resta capace di superare le sue schiavitù. Sotto la maschera degli status e dei ruoli, l’uomo entrista “milita” per un nuovo destino. Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Adulto = cambiamento, miglioramento, scelta Il Sé adulto si connota, dunque, prima di tutto, come «teatro del cambiamento» [1], in cui: - sperimentare quella «tensione anagogica» (dal greco anagoghé: elevazione, perfezionamento, miglioramento) che connota l’impegno dell’adulto nella ricerca del «proprio miglioramento» [2] - progettare, accogliere o respingere, consapevolmente ed intenzionalmente, gli itinerari, le forme, i tempi, i modi e i compagni di viaggio del proprio cambiamento migliorativo [1]. Cfr. D. Demetrio, L’età adulta. Teoria dell’identità e pedagogie dello sviluppo, Roma, La Nuova Italia scientifica, 1990, p. 115. [2]. D. Demetrio, Manuale di educazione degli adulti, Roma-Bari, Laterza, 1997, p. 35. Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Il Sé adulto… immaturità, incompiutezza, imperfezione ma anche autonomia, consapevolezza, intenzionalità, responsabilità, maturità Socrate sapere è sapere di non sapere Cartesio dubium sapientiae initium … autonomia, consapevolezza, intenzionalità, responsabilità, maturità… … caratteristiche che consentono all’adulto di essere un educatore, oltre che un educando: un educatore per se stesso e per gli altri Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 L’individuo adulto ha bisogno dell’educazione, più che in qualsiasi altra fase della sua vita (un’affermazione provocatoria, ma solo apparentemente, se all’adulto riconosciamo, oltre al ruolo passivo di fruitore, anche il ruolo attivo di facitore delle condizioni della propria e dell’altrui esistenza) Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Le cinque parole chiave dell’identità adulta autonomia consapevolezza intenzionalità responsabilità maturità non sono traguardi raggiunti e raggiungibili una volta per tutte, ma finalità ideali da perseguire Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 L’autonomia diventa progressivo esercizio di autonomia, prerogativa che si invera facendosi nella consapevolezza di non poter mai essere svincolo assoluto ma, piuttosto, assunzione consapevole di vincoli, ovvero sempre più autodeterminati, sempre meno apaticamente subiti La consapevolezza diventa progressivo esercizio di consapevolezza, atto di scandagliata riflessione su se stessi e sul mondo, di partecipazione intenzionalmente assunta nelle relazioni che determinano le condizioni e le direzioni dell’esistenza. L’intenzionalità diventa progressivo esercizio di intenzionalità, un interrogarsi e un rispondersi continuo sui desideri di cambiamento, sulle relative motivazioni e ragioni e, anche, un impegno etico-morale laddove si concretizza in azioni, in scelte di vita di cui si ha la responsabilità proprio perché sono state deliberatamente volute. Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 La responsabilità diventa progressivo esercizio di responsabilità, al banco di prova del proprio e dell’altrui giudizio, configurandosi come dispositivo autoregolatore nell’inevitabile intersecarsi dei comportamenti individuali con quelli collettivi. La maturità, infine – sinonimo per eccellenza dell’adultità – diventa anch’essa progressivo esercizio: di quell’autonomo, consapevole, intenzionale e responsabile orientamento esistenziale che ogni individuo deve essere poter messo nella condizione di intraprendere. Le parole-chiave dell’adultità: Sono concetti tra loro circolarmente interrelati al punto da costituire l’uno il presupposto e l’esito degli altri. Nel loro insieme, essi sottolineano con forza crescente l’evidenza degli effetti dell’educazione sull’individuo, vale a dire la realizzazione, pur sempre parziale, dello sviluppo delle potenzialità dell’individuo in direzione di una più piena appropriazione dello svolgersi della propria esistenza e partecipazione sociale. Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Dispense a solo uso didattico interno © Elena Marescotti 2014/2015 Diventare adulto…. il ruolo dell’educazione L’innescarsi dello sviluppo progressivo di queste caratteristiche non si lega tanto all’età, alla capacità riproduttiva, al riconoscimento giuridico e sociale… ma dipende in maniera decisiva dall’educazione dipende dal fatto di aver potuto contare, a monte, negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, sull’opera della scuola, come occasione intensa e sistematica di educazione