Come definire l’identità dell’adulto?
Chi è l’adulto?
Quali sono le caratteristiche peculiari e
distintive della sua identità?
Quali sono i parametri quantitativi e
qualitativi che consentono di definire questa
stagione della vita?
Da quali punti di vista si giudica l’adultità di
una persona?
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Cinque prospettive di
definizione dell’adulto
a) il punto di vista etimologico
b) il punto di vista normativo
c) il punto di vista psico-fisico
d) il punto di vista socio-culturale
e) il punto di vista educativo
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a) il punto di vista etimologico
Adulto: dal latino adultus-adultum, cresciuto,
sviluppato, participio passato del verbo
adolesco-adolescere, crescere, svilupparsi.
Adolescente: che sta crescendo, che si sta
sviluppando, è il participio presente dello stesso
verbo, che reclama un tempo futuro per il
progressivo compimento della stessa azione del
crescere e dello svilupparsi.
Un neologismo: …. adultescente
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Roma – 12 settembre 2013
(fonte: Adnkronos)
Un adultescente 'inzitellito' con contratto 'cocopro' ma che veste 'bling-bling',
è affetto da 'ludopatia' e consuma 'shortini'. Se questo è l'identikit dell'italiano
2014, non stiamo messi benissimo. Ma stando a come ci esprimiamo questa è
la situazione. E queste sono alcune delle nuove voci che il vocabolario della
lingua italiana 'Lo Zingarelli 2014' ha accolto. Circa 1500 sono le nuove
parole entrate quest'anno nel dizionario (144mila voci in tutto, 380mila
significati, 1000 sfumature di significato). Figlie del loro tempo, dei modi di
dire ai nuovi mestieri, del mondo tecnologico o dal politichese. I nuovi studi
biologici hanno individuato una nuova scala in cui misurare le età dell'uomo:
l''adultescente'. Si tratta di una persona tra i venti e i trent'anni le cui
condizioni di vita (studio, lavoro, reddito, casa, ecc.) e la cui mentalità sono
considerate simili a quelle di un adolescente. Soggetto molto diffuso in Italia.
E si accompagna spesso al 'cocopro', più che un contratto da precario, un
vero status sociale…
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Adultescente
www.treccani.it - Neologismi (2008)
Adultescente s. m. e f. Persona adulta che si comporta con modi giovanili, compiacendosi di
ostentare interessi e stili di vita da adolescente. ◆ [tit.] La carica degli adultescenti, ragazzi over
40. Indossano pantaloni militari e scarpe da ginnastica, escono fino a tardi e vanno ai concerti
rock. Sono gli adultescenti, quegli adulti giovanili quanto gli adolescenti, spesso più di loro, che
rischiano però di mettere in crisi l’identità di ragazzi e ragazzine. Le statistiche sembrano
confermare quello che sostengono tutti quelli che hanno passato la boa degli «anta»: l’età non
conta, non è un numero ma uno stato mentale. (Pier Antonio Lacqua, Sicilia, 2 febbraio 2004, p.
1, Prima pagina) • La zuca è diventata il feticcio dei californiani in fila al check-in o altrove.
Perché è più grande e più a parallelepipedo dello zaino e ci si siede comodamente sopra, anche
in abiti blu e tailleurs e gessati o microgonne carrieriste o trash o Zara o Prada: insomma è il
bagaglio ideale per multitasking di qualsiasi sesso/età. Specie se adultescenti, la classe
consumatrice sui quaranta su per giù, che usa zuche blu mezzanotte-rosa malibu-rosso chili,
segnalando il proprio spostamento anche di notte coi leds intermittenti applicati alle rotelle, che
sono quattro più due posteriori per salire le scale. (Laura Piccinini, Corriere della sera, 22
gennaio 2005, p. 43, Tempo libero) • Quei giovani, se le statistiche vedono giusto, tra un viaggio
e l’altro tornano a casa da mamma a farsi fare il bucato e stirare le camicie. E poi vuoi mettere
la colazione nella vecchia cara cameretta tirata a lucido? È questione di praticità, dopotutto. E
si risparmia pure. […] Li chiamano «adultescenti», (Claudia Ferrero, Stampa, 2 aprile 2006, p.
10, Estero). Adattato dall’ingl. adultescent, composto da adult e (adol)escent.
Già attestato nella Stampa del 29 dicembre 1997, p. 16, Società e Cultura (Maria
Chiara Bonazzi).
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ADULTESCENZA: GLI ASPETTI CRITICI
Si tratta di un neologismo applicato a tutti coloro che, pur avendo raggiunto
biologicamente l’età adulta, presentano un’identità con tratti adolescenziali.
(«Famiglia Cristiana», 30 luglio 2012)
Un termine sintetico che prova a spiegare uno tra i problemi emergenti della società
attuale: “adultescenza”. Si tratta di un neologismo applicato a tutti coloro che, pur
avendo raggiunto biologicamente l’età adulta, presentano un’identità con tratti
adolescenziali. Una doppia analisi, psicologica e giuridica, aiuta a capirne le
specificità.
Con Adultescenza abbiamo voluto indicare una complessa serie di fenomeni
psicologici, antropologici, sociologici e i loro risvolti giuridici, che riguardano oggi
un numero crescente di adulti e contesti familiari nei Paesi sviluppati. Nella cultura
anglosassone sono stati definiti kidult, ovvero bambini (kid) – adulti (adult); il
termine cominciò a circolare negli Stati Uniti già negli anni Ottanta, quando si
diffondevano i primi articoli scientifici sulla cosiddetta “Sindrome di Peter Pan” e,
nel 1983, veniva pubblicato l’omonimo libro di Dan Kiley. Gli psicologi francesi li
hanno chiamati adulescent (contrazione dei termini adulte e adolescent): riferimento
scientifico sono gli scritti di Tony Anatrella. Riferimento culturale è il film Tanguy:
un ragazzo brillante ha tutto ciò che gli serve, ma non vuole lasciare la casa dei
genitori, nonostante essi facciano di tutto per cacciarlo. Ciò che si cerca di definire, è
la commistione, in una persona che ha superato la soglia dell’età evolutiva secondo la
legge e il comune sentire sociale, tra caratteristiche adulte e adolescenziali.
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ADULTESCENZA: GLI ASPETTI CRITICI
Si tratta di un neologismo applicato a tutti coloro che, pur avendo raggiunto
biologicamente l’età adulta, presentano un’identità con tratti adolescenziali.
(«Famiglia Cristiana», 30 luglio 2012)
Adultescenza è un neologismo che indica il raggiungimento di un’età crono-biologica adulta, in
persona con identità per molti versi ancora immatura con tratti adolescenziali. Ne emerge la
figura di un individuo ancora profondamente condizionato dal permanere di idee, atteggiamenti
e comportamenti tipici della fase giovanile. La fluidità della realtà contemporanea, con il suo
continuo movimento e la sua indefinitezza, porta con sé una serie di modificazioni degli assetti
delle persone che meritano attenzione, ascolto, analisi, ricerca delle motivazioni e, quindi, delle
possibili soluzioni. Se oggi molti adulti si trascinano in un’adolescenza che sembra non finire
mai, procrastinando una fase della vita che dovrebbe essere transitoria, ciò non ha ricadute solo
nel loro presente e nel loro futuro, ma anche in quello delle altre persone con le quali si
relazionano. Non è solo il fatto che l’adolescenza, per le generazioni precedenti, terminasse
prima e fosse accompagnata dall’uscita dalla famiglia di origine, dall’ottenimento di un lavoro
stabile, dalla formazione di una famiglia propria, da una serie di traguardi che le persone
raggiungevano perché considerati soddisfacenti e gratificanti, personalmente e socialmente (e
quando venivano raggiunti gli apportavano al contempo sicurezza, maturità, solidità
identitaria, in un circolo virtuoso che rafforzava il concetto di sé). Certamente, nelle cosiddette
società evolute, il positivo allungarsi della durata della vita e della vita attiva comporta un
differimento anche dei traguardi adulti: l’attuale situazione economica di “crisi”, con la
difficoltà per le giovani generazioni di reperire attività stabili e sufficientemente retribuite per
consentire un progetto di vita ritenuto adeguato, contribuisce nel differire i traguardi ritenuti
prima fondamentali per l’ingresso nella vita adulta. Ne consegue spesso la dipendenza
economica dalle famiglie di origine, da cui può conseguire a sua volta la dipendenza psicologica
e sociale.
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ADULTESCENZA: GLI ASPETTI CRITICI
Si tratta di un neologismo applicato a tutti coloro che, pur avendo raggiunto
biologicamente l’età adulta, presentano un’identità con tratti adolescenziali.
(«Famiglia Cristiana», 30 luglio 2012)
I genitori “adultescenti” difficilmente riescono a esercitare le fondamentali funzioni
di guida verso i loro figli. E non sono sempre capaci di instaurare un rapporto
maturo di “alleanza” con l’altro genitore, anche durante la convivenza. Non si fa
fatica a immaginare cosa può conseguirne. Storicamente, quindi, si è passati da una
generazione di genitori “autoritari” a una composta da adulti deboli e remissivi,
quasi “presi in ostaggio” dai figli che trattano, e da cui sono trattati, da coetanei. La
vita di coppia e familiare non può infatti che risentire di uno stile indefinitamente
“adultescente” dei protagonisti della relazione.
La crisi è vissuta sempre più spesso come distruttiva e non maturativa: sembra
perduto il senso della costruzione, della progettualità, che necessariamente passa
attraverso fasi di reciproco adattamento perché è un equilibrio sempre nuovo, da
ritrovare, sulla base della crescita personale e di coppia. Rinuncia e sacrificio sono
avvertiti come sinonimi: il sacrum facere (anche in una dimensione laica), che passa
attraverso la capacità di contenersi per qualcosa e per qualcuno, di scegliere
positivamente per un progetto più grande accantonando chanche alternative, sembra
essersi perduto; nell’immaginario di molti, o il partner è funzionale al proprio
benessere “qui e ora” oppure non “serve” più ed è meglio dismettere la relazione al
più presto, cercare qualcosa di nuovo più immediatamente appagante.
Che tristezza questa “adultescenza”
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(«Corriere della Sera» – I Blog)
Caro Beppe, «adultescenti», neologismo che indica una nuova categoria della società
contemporanea. Giovani tra i 25 e i 35 anni, considerati adulti fino pochi anni fa, ma ora non
più secondo i cinque criteri per individuare il passaggio all’età adulta: conclusione degli studi,
l’indipendenza finanziaria, l’abbandono della casa dei genitori, matrimonio e concepimento di
un figlio. Le statistiche ci indicano che nel 1960, sulla base di questi criteri, erano adulti a
trent’anni il 77% delle donne e il 65% degli uomini, oggi solo il 46% donne e 31% maschi. Così
la figura dell’eterno mammone, stereotipo latino, si sta diffondendo anche negli Usa: alla
classica crisi di mezza età oggi si assiste a quella di un quarto, le prospettive dei figli sono
peggiori di quelle dei padri. Crisi finanziaria, aumento delle rette universitarie; oggi due terzi
dei laureati chiudono il ciclo di studio con debiti verso lo Stato in media di 23 mila dollari e si
allungano i tempi di permanenza al college a causa dei lavori part-time cui gli studenti sono
costretti per mantenersi. Oggi la retribuzione annuale dei manager di una grande azienda è in
media più di 200 volte quella di un operaio, mentre i lavoratori non qualificati sono oberati di
lavoro, con stipendi irrisori e scarse garanzie sociali. Ma l’adolescenza si è allungata anche
nell’altro senso: bambini con attacchi di panico causa stress da scuola elementare,
preadolescenti con disturbi alimentari, teenager in lista d’attesa per sedute d’agopuntura.
L’adolescenza nella società americana è esplosa, dilatandosi a dismisura, verso il basso
invadendo il campo dell’infanzia, con bambini che maturano sempre più precocemente, e verso
l’alto con trentenni colpiti da sindrome di Peter Pan. La tendenza della società americana è di
restare «forever young» per dirla con Bob Dylan.
2
«Bamboccioni» - 2007
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b) il punto di vista normativo
Adulto: colui che ha compiuto la maggiore età e che è
pertanto riconosciuto in grado di compiere atti
giuridicamente validi
(acquistare una casa, sposarsi, sottoscrivere un contratto, votare…)
maggiore età  in Italia, con la Legge n.39/1975 passa da 21 a 18 anni
(ma, in altri Paesi, la soglia della maggiore età si colloca, a seconda dei
casi, in un arco temporale che va dai 14 ai 25 anni)
diritto di voto  in Italia, l’elettorato attivo per la Camera dei Deputati si
acquisisce a 18 anni, per il Senato a 25 anni; l’elettorato passivo si
acquisisce a 25 anni per la Camera dei Deputati, a 40 anni per il Senato
contrarre matrimonio  l’art. 84 del Codice Civile ammette il
matrimonio per i minori che abbiano compiuto almeno 16 anni, previa
autorizzazione del Tribunale per i minorenni
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c) il punto di vista psico-fisico
Adulto: colui che ha raggiunto la piena
maturità psicologica e fisica
maturità psicologica  «stadi» dello sviluppo (cfr., ad
esempio, J. Piaget): quando si è pienamente in grado di
intendere e di volere, di dare consapevolmente il proprio
consenso, di comprendere le conseguenze delle azioni,
di …?
maturità fisica: maturità sessuale  menarca/spermarca
(quando un organismo è fisiologicamente in grado di
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riprodursi?)
d) il punto di vista socio-culturale
Adulto: colui che…
… ha concluso l’iter scolastico?
… provvede autonomamente alla
propria sopravvivenza?
… è entrato nel circuito lavorativo?
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Il principio sostanziale comune è quello di decretare il
compimento della fase evolutiva per eccellenza – quella
dell’infanzia e dell’adolescenza – e l’ingresso in una fase
stabile della vita.
Situazione adulta  un apice effettivamente raggiungibile,
statico, rigidamente posto tra la curva ascendente della
crescita e quella discendente dell’invecchiamento.
In questa prospettiva, l’essere adulto segna in ogni caso il
passaggio da un periodo di crescita e trasformazione – e
quindi, di educazione – ad un periodo di stabilità che
precede, nel presunto regolare ciclo naturale della vita,
una presunta involuzione senile e la morte.
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e) il punto di vista educativo
“L’educazione si riferisce soltanto… al momento iniziale, così che
possa definirsi la pedagogia come la scienza dell’educazione dell’uomo
nel periodo di suo sviluppo, oppure essa si riferisce all’uomo in
qualunque momento e fase di sua vita?… Se l’educazione si rivolge
all’uomo in quanto soggetto cosciente e autocosciente, essa avrà
ragione di essere sempre là dove la vita spirituale appaia, pur in gradi
e forme diverse, in processo di continua elaborazione e di
svolgimento; epperò nell’infante come nel fanciullo, nell’adolescente e
nel giovine, nell’uomo e nella donna, nel normale e nel deficiente,
purché un qualche barlume di spiritualità vera, cioè attiva e non
mecanizzata (sic), vi brilli. E l’educazione d’altra parte non ha più
ragione né possibilità di essere là dove la vita dello spirito sia spenta o
vada spegnendosi nella ripetizione meccanica di atti, nella incoscienza,
nella insensibilità: se essa si rivolge essenzialmente all’uomo, l’uomo
che si educa non può essere in largo senso che il giovine: quando
l’uomo invecchia (e si può invecchiare a venti anni), cessa di essere
soggetto di educazione”
(G. Vidari, voce Educando, in Dizionario delle Scienze pedagogiche, diretto da
G. Marchesini, Milano, Società Editrice Libraria, 1929, vol. I, p. 443)
Il concetto di ADULTO
in prospettiva educativa
Ribaltamento delle concezioni tradizionali di ADULTO:
- l’adulto è sì cresciuto, ma non definitivamente, non una volta per tutte
- l’adulto è sì maturo, ma anche nella misura in cui è consapevole di essere
immaturo
Che cosa ci fa ritenere che l’adulto sia un soggetto ancora e sempre suscettibile
di educazione, cioè di trasformazione migliorativa?
- l’osservazione di ciò che accade: non smettiamo mai di apprendere, e quindi di
trasformarci
- gli studi sul funzionamento della nostra mente (psicologia, biologia,
neuroscienze): plasticità del cervello umano
- la scientificità del sapere sull’educazione: il passaggio dalla Pedagogia alla
Scienza dell’educazione e, quindi, il principio che se l’educazione (e non il
fanciullo) è un qualcosa di ideale (e non solo di pratico) essa è, come tutti gli
oggetti di scienza, qualcosa di sempre aperto, in evoluzione… non solo
qualcosa che si può raggiungere, ma anche e soprattutto qualcosa che si deve
perseguire, non solo un risultato ma anche e soprattutto una meta 
EDUCAZIONE PERMANENTE
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D. Demetrio, Elogio dell’immaturità. Poetica dell’età irraggiungibile,
Milano, Raffaello Cortina, 1998
Domanda di fondo: l’immaturità è un «difetto» o una «virtù»?
Di solito…. Dare dell’immaturo a qualcuno significa volerlo offendere,
per sminuirne il ruolo, farlo sentire inadeguato, inferiore e incapace.
Immaturità, di solito, è una «brutta parola», usata da adulti che
reputano alcuni loro simile indegni di ritenersi tali.
La risposta… Perché non capovolgere questo luogo comune? Perché non
pensare ad un’altra immaturità, che sappia continuare ad alimentare la
nostra vita di innocenza e speranza? Il «potere» di questa immaturità
dovrebbe essere quello di rinnovarci, di trasformare la maturità
raggiunta in un nuovo progetto adulto, che contempli sempre la
possibilità, e l’opportunità, di tornare a imbattersi nel «problema»
dell’immaturità, senza che questo significhi tradire compiti e
responsabilità
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D. Demetrio, Elogio dell’immaturità. Poetica dell’età irraggiungibile,
Milano, Raffaello Cortina, 1998
Varie «tipologie» di individui immaturi:
Gli immaturi «infantili»: coloro che si sottraggono a responsabilità e
obblighi, non sanno cosa sia l’audacia, e incolpano gli altri di ciò che
accade loro
- Gli immaturi «parassiti»: si rifiutano di crescere e si mantengono
dipendenti da altri
- Gli immaturi «poeti»: coloro che attraversano le età della vita nella
convinzione di non essere ancora del tutto nati al mondo;
essi sono in-maturi… ma questo in non è un privativo, bensì indica la
spinta a penetrare progressivamente nella vita matura; sono coloro che
accettano di invecchiare, ma che sanno sempre ricominciare
-
In ottica educativa…
 …non si diventa adulti per via del semplice e ineluttabile
trascorrere del tempo… ma nella misura in cui il
trascorrere del tempo testimonia un percorso di
acquisizione di conoscenze e competenze
 …definire l’adulto significa alludere ad uno status,
ambire ad una situazione esistenziale ideale che,
pertanto può compiersi solo in parte… ma ciò è quanto
muove all’impegno, alla progettualità, allo sforzo e al
piacere di continuare ad educarsi
 …si colgono e si rispettano le molteplici ed eterogenee
manifestazioni individuali e soggettive dell’essere
adulto reale… ma si guarda sempre ad un adulto ideale,
ad un adulto “sognato”
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Educazione = Educazione permanente
 Educazione degli adulti
Finché c’è vita c’è educazione, c’è possibilità di
educazione, nei suoi tre livelli:
Educazione
- dal verbo latino educare = allevare,
nutrire, curare
- dal verbo latino edocere = insegnare,
istruire, ammaestrare
- dal verbo latino educere = trarre fuori,
estrarre, far uscire
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In ottica educativa…
 L’essere umano, dunque, non approda mai
definitivamente ad uno status consolidato, ad
un traguardo certo, ad una chiusura delle sue
possibilità di crescita e di mutamento.
 Non si nasce essere umani, lo si diventa… o,
meglio, si investe l’intera vita cercando di
diventarlo, purché si abbia un ideale cui
tendere.
 Adulto = “eterno adolescente”, soggetto in
continua crescita
Adulto = soggetto dell’educazione
 spinta esterna
che è maturata negli studi filosofici, psicologici,
sociologici, antropologici e medici, ma anche
nelle sensibilità letterarie, poetiche, delle arti
figurative, cinematografiche e, più in
generale, nelle rappresentazioni di tutto ciò
che si ritiene che sia o si vorrebbe che fosse
l’essere umano adulto
 spinta interna
che dalla Scienza dell’educazione, in nome della
permanenza dell’educazione, reclama la
legittima e necessaria inclusione dell’adulto
in processi di trasformazione educativamente
connotati
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G. Lapassade, L’entrée dans la vie. Essai sur l’inachèvement de l’homme, Paris, Les
Editions de Minuit, 1963; tr. it., Il mito dell’adulto. Saggio sull’incompiutezza dell’uomo,
Bologna, Guaraldi, 1971, pp. 271-273, passim
L’uomo non entra una volta e definitivamente, a un dato momento della sua storia, in uno
status fisso e stabilizzato che sarebbe lo status di un adulto. Al contrario: la sua esistenza è
fatta di ingressi successivi che punteggiano il cammino della sua vita. L’uomo è
“totalizzazione in corso” senza mai essere totalità compiuta […] Non vi è individuo, non vi
è gruppo umano che possa essere definito veramente “adulto”, a meno che non si chiami
adulta, relativizzando il termine, la capacità di cambiare e l’accettazione del cambiamento
[…] Se infatti si ammette che ogni impresa umana resta incompiuta, l’idea classica di
un’etica che permetta di stabilizzare la vita deve essere abbandonata e far posto ad una
riflessione mirante semplicemente a circoscrivere una strategia dell’esistenza. Per questo
attingerò qui dal linguaggio di un’attività sociale – la politica – che è per sua natura
problematica e strategica, il concetto di entrismo, che deve designare il moto permanente
attraverso il quale l’uomo si sforza, fino alla fine della sua esistenza, di entrare nella vita
[…] Ora proprio questa ci sembra essere la situazione dell’uomo nel mondo. Un’adesione
senza veri legami, un impegno che implica un incessante disimpegno. Il che potrebbe
significare: qualunque sia il grado di disperazione, di solitudine, di alienazione in cui si
trova, l’essere umano, dal momento che tutte le sue posizioni sono incompiute, resta
capace di superare le sue schiavitù. Sotto la maschera degli status e dei ruoli, l’uomo
entrista “milita” per un nuovo destino.
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Adulto =
cambiamento, miglioramento, scelta
Il Sé adulto si connota, dunque, prima di tutto, come «teatro
del cambiamento» [1], in cui:
- sperimentare quella «tensione anagogica» (dal greco
anagoghé: elevazione, perfezionamento, miglioramento) che
connota l’impegno dell’adulto nella ricerca del «proprio
miglioramento» [2]
- progettare, accogliere o respingere, consapevolmente ed
intenzionalmente, gli itinerari, le forme, i tempi, i modi e i
compagni di viaggio del proprio cambiamento migliorativo
[1]. Cfr. D. Demetrio, L’età adulta. Teoria dell’identità e pedagogie dello sviluppo, Roma,
La Nuova Italia scientifica, 1990, p. 115.
[2]. D. Demetrio, Manuale di educazione degli adulti, Roma-Bari, Laterza, 1997, p. 35.
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Il Sé adulto…
 immaturità, incompiutezza,
imperfezione
ma anche
 autonomia, consapevolezza,
intenzionalità, responsabilità, maturità
Socrate  sapere è sapere di non sapere
Cartesio  dubium sapientiae initium
… autonomia, consapevolezza,
intenzionalità, responsabilità,
maturità…
… caratteristiche che consentono
all’adulto di essere un educatore, oltre
che un educando:
un educatore per se stesso e per gli altri
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L’individuo adulto ha bisogno
dell’educazione, più che in qualsiasi
altra fase della sua vita
(un’affermazione provocatoria, ma solo
apparentemente, se all’adulto riconosciamo,
oltre al ruolo passivo di fruitore, anche il
ruolo attivo di facitore delle condizioni della
propria e dell’altrui esistenza)
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Le cinque parole chiave dell’identità adulta
autonomia
consapevolezza
intenzionalità
responsabilità
maturità
non sono traguardi raggiunti e
raggiungibili una volta per tutte,
ma finalità ideali da perseguire
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 L’autonomia diventa progressivo esercizio di autonomia,
prerogativa che si invera facendosi nella consapevolezza
di non poter mai essere svincolo assoluto ma, piuttosto,
assunzione consapevole di vincoli, ovvero sempre più
autodeterminati, sempre meno apaticamente subiti
 La consapevolezza diventa progressivo esercizio di
consapevolezza, atto di scandagliata riflessione su se
stessi e sul mondo, di partecipazione intenzionalmente
assunta nelle relazioni che determinano le condizioni e le
direzioni dell’esistenza.
 L’intenzionalità diventa progressivo esercizio di
intenzionalità, un interrogarsi e un rispondersi continuo
sui desideri di cambiamento, sulle relative motivazioni e
ragioni e, anche, un impegno etico-morale laddove si
concretizza in azioni, in scelte di vita di cui si ha la
responsabilità proprio perché sono state deliberatamente
volute.
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 La responsabilità diventa progressivo
esercizio di responsabilità, al banco di prova
del proprio e dell’altrui giudizio,
configurandosi come dispositivo
autoregolatore nell’inevitabile intersecarsi dei
comportamenti individuali con quelli
collettivi.
 La maturità, infine – sinonimo per eccellenza
dell’adultità – diventa anch’essa progressivo
esercizio: di quell’autonomo, consapevole,
intenzionale e responsabile orientamento
esistenziale che ogni individuo deve essere
poter messo nella condizione di intraprendere.
Le parole-chiave dell’adultità:
Sono concetti tra loro circolarmente interrelati
al punto da costituire l’uno il presupposto e
l’esito degli altri.
Nel loro insieme, essi sottolineano con forza
crescente l’evidenza degli effetti dell’educazione
sull’individuo, vale a dire la realizzazione, pur
sempre parziale, dello sviluppo delle
potenzialità dell’individuo in direzione di una
più piena appropriazione dello svolgersi della
propria esistenza e partecipazione sociale.
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Diventare adulto….
il ruolo dell’educazione
L’innescarsi dello sviluppo progressivo di
queste caratteristiche
 non si lega tanto all’età, alla capacità
riproduttiva, al riconoscimento
giuridico e sociale…
 ma dipende in maniera decisiva
dall’educazione
 dipende dal fatto di aver potuto
contare, a monte, negli anni
dell’infanzia e dell’adolescenza,
sull’opera della scuola, come occasione
intensa e sistematica di educazione
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SLIDES Corso EdA 2014 2015 terza parte