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Numero 75
03 Novembre 2015
97 Pagine
Nuova Opel Astra
Parola d’ordine
efficienza
prende il posto della precedente J
assicurando consumi, prestazioni,
guidabilità e tecnologia superiori
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Subaru Levorg
L’alternativa
Linee aggressive, interni
comfortevoli, ed un motore
che canta come un orologio
Formula 1
Le pagelle del GP
del Messico F1
Voto 10 per Nico Rosberg in una
gara piuttosto noiosa
| PROVA SU STRADA |
Nuova BMW Serie 7
da Pag. 2 a Pag. 19
All’Interno
NEWS: Nuova Audi RS6 Avant performance | Mazda RX Vision concept | Honda NSX | Subaru WRX STI S207
Volvo dalla XC40 all’anti-Tesla | G. Giugiaro: I centri stile soffocano la creatività | F1: La scomparsa dei piloti italiani
PROVA SU STRADA
NUOVA BMW SERIE 7
La supercar
delle meraviglie
La nuova BMW Serie 7 è una vera supersportiva,
soprattutto dal punto di vista tecnologico. La si
può parcheggiare con la chiave d’accensione e
comandare attraverso semplici gesti delle mani.
In più guida (quasi) da sola. Difetti?
Un ago in un pagliaio...
di Matteo Valenti
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Media
O
ggi il mondo delle supercar
non è più soltanto quello
delle sportive all’ennesima
potenza, esasperate fino
all’ultimo cavallo. Quello
dei mostri di potenza, impegnati ogni volta a stabilire nuovi punti di riferimento in termini di prestazioni e coinvolgimento
di guida. Oggi il mondo delle supercar è diventato anche quello delle auto iper-tecnologiche,
che sembrano paracadute qui sulla terra direttamente dal futuro o da un Pianeta extra-terrestre.
Una di queste è senza dubbio la nuova BMW Serie 7, un’auto strepitosa, che ha lasciato mezzo
mondo a bocca aperta durante la presentazione
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al Salone di Francoforte proprio grazie alle sue
doti a dir poco sensazionali.
Dal vivo: com’è fuori
Ma andiamo con ordine, partendo dallo stile. La
Serie 7, che ora giunge alla sua sesta generazione, era e rimane l’ammiraglia della gamma BMW,
il fiore all’occhiello della Casa di Monaco. L’auto
che deve incarnare la massima espressione in
termini di lusso ed eleganza secondo i canoni
tipici del marchio bavarese. Il design quindi si è
evoluto nel segno della continuità, in puro stile
BMW, senza stravolgimenti e particolari guizzi
di stravagante originalità, che mal si concilierebbero con l’indole di questo modello. Nonostante
tutto però la nuova Serie 7 appare decisamente
più muscolosa rispetto al passato, quindi un po’
più aggressiva ma allo stesso tempo sempre elegante in una maniera disarmante. Linee e superfici sono incredibilmente pulite, lineari, pensate
per piacere nel tempo. E si potrebbe rimanere ad
osservarle per ore nella loro semplice complessità. Alcuni dettagli poi confermano l’anima illustre della serie 7. Basterà citare la cromatura intorno ai finestrini posteriori - dal montante B fino
al celeberrimo gomito dell’ingegner Hofmeister
- che viene realizzata in un pezzo unico di alluminio, anche sulle versioni a passo lungo, grazie
ad un procedimento industriale molto complesso. Gli stilisti BMW poi cercano di accontentare
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
magnesio, acciai ad alta resistenza e materiali
sintetici rinforzati con fibra di carbonio (CFRP).
Il risultato è un telaio ultra-resistente, ma allo
stesso tempo estremamente leggero, che ha
permesso, insieme ad altra accorgimenti in ottica “lightweight”, di ridurre il peso complessivo
fino a 130 kg rispetto al modello precedente.
La chiave diventa un
super-telecomando
Quello che farà veramente andare su di giri gli
amanti della tecnologia per è senza dubbio la
rivoluzionaria chiave BMW a display. Poteva del
resto un’auto come la Serie 7 avere una semplice smart key come tutte le altre auto? Certamente no, quindi ecco arrivare al suo posto un
vero e proprio smartphone in miniatura, con un
l’indole di chiunque. I più sportivi possono scegliere l’allestimento sportivo M Sport, mentre chi
non si accontenta mai può personalizzare fino
all’ultima cucitura la sua serie 7 grazie al programma Individual.
Dal vivo: com’è dentro
L’abitacolo invece è un esempio perfetto dalla
maestria bavarese nella realizzazione di interni
estremamente raffinati. Una raffinatezza però
sempre in punta di piedi, decisamente lontana
dallo stile più chiassoso e decisamente barocco
di alcune competitor (leggi Mercedes Classe S).
Come all’esterno poi anche in questo ambiente
così ovattato, dove lusso e opulenza si fondono
in una danza armoniosa, BMW riesce a metterci
un pizzico di sportività, per non tradire nemmeno sull’ammiraglia la sua anima sempre fedele al piacere di guida. La console centrale per
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touchscreen attraverso cui si possono controllare diverse funzioni della vettura, fino ad una
distanza massima di 300 metri. Oltre a visualizzare l’autonomia residua, la chiave BMW con display permette di chiudere le porte, di spegnere
le luci o di alzare i finestrini, ma consente anche
di preriscaldare l’abitacolo a distanza e persino
di parcheggiare l’auto da remoto. Sì, avete capito
bene, perché basta posizionare l’auto davanti al
proprio garage o al parcheggio (perpendicolare) e azionare le frecce sul display per vedere la
Serie 7 impegnata a parcheggiarsi da sola. Purtroppo non abbiamo potuto testare di persona
questa funzionalità, perché sarà pronta soltanto
a partire da novembre, ma i tecnici BMW assicurano che in questo modo sarà molto più facile
parcheggiare, specialmente quando ci si trova in
esempio rimane inclinata verso il guidatore,
mentre il quadro strumenti, interamente digitale, mantiene un’impostazione quasi in stile racing - soprattutto quando si seleziona la modalità Sport - che piacerà senza dubbio agli amanti
delle alte prestazioni.
Carbon Core: la scocca è ultra-leggera
Dove però la Serie 7 riesce a sorprendere per
davvero è nella tecnologia. In questo campo la
bavarese dimostra di aver compiuto un passo in
avanti inimmaginabile non solo rispetto alla generazione precedente, ma anche nei confronti
della migliore concorrenza attuale. Già a partire
dal suo scheletro la nuova Serie 7 sembra urlare
a gran voce di venire da un altro pianeta. La sesta generazione infatti è realizzata sull’innovativa scocca Carbon Core, che combina alluminio,
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Guida da sola (quasi)
La Serie 7 poi traghetta BMW nel mondo della
guida semi-autonoma, grazie al Driving Assistant
Plus. Questo sistema di cruise control avanzatissimo regola non solo accelerazioni e frenate in
maniera automatica, ma aiuta anche a mantenere la corsia grazie a piccole correzioni sullo sterzo, fino a 210 km/h e non solo su autostrada ma
anche strade extraurbane! Questo non significa
naturalmente che l’auto guidi completamente da
sola - anche perché la legge europea al momento
vieta sistemi che consentano di togliere del tutto
le mani dal volante - ma è un primo, grande passo, in direzione dalla guida autonoma.
Assetto e aerodinamica attiva
Non mancano soluzioni tecniche particolarmente raffinate per migliorare la dinamica di guida.
Oltre alle sospensioni ad aria autoregolanti, che
permettono di avere sempre il massimo confort
a seconda delle condizioni di guida e di alzare la
vettura di 20 mm in presenza di ostacoli o fondi
presenza di posti auto particolarmente stretti,
dove poi diventa difficile aprire gli sportelli per
scendere.
La radio si comanda… con i gesti!
Grandi rivoluzioni però anche all’interno dove
BMW si rassegna alla moda imperante degli
schermi a sfioramento, dettata dagli onnipresenti smartphone e tablet, e affianca all’immancabile manopola dell’iDrive un grande display
centrale che per la prima volta diventa touch. Al
posteriore poi i passeggeri, veri protagonisti di
un’ammiraglia come la Serie 7, trovano un tablet
da 7 pollici estraibile (è realizzato da Samsung),
con cui possono divertirsi a personalizzare tutti i
parametri della vettura, dalle funzioni di massaggio al climatizzatore, passando per la regolazione delle tendine parasole. Per stupire ancora di
più poi arriva il Gesture Control, che permette di
impartire una serie di comandi al sistema multimediale attraverso semplici gesti della mani.
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molto sconnessi, arrivano persino le barre stabilizzatrici attive (Executive Drive Pro, optional).
Grazie ad attuatori elettromeccanici, queste
barre riescono a limitare i momenti di rollio durante la guida dinamica in curva, rendendo l’assetto decisamente più reattivo. Sulla nuova generazione di Serie 7 poi rimane l’Active Steering,
ma ora diventa disponibile anche per le versioni
a trazione integrale xDrive. Stiamo parlando
dell’asse posteriore sterzante, che migliora l’agilità alle basse velocità e rende più stabile la vettura quando si forza il ritmo. Molto curata infine
l’aerodinamica. Basti pensare che la griglia del
grande doppio rene anteriore in condizioni normali rimane perfettamente chiusa, migliorando il
coefficiente di penetrazione e quindi l’efficienza,
per aprirsi poi soltanto quando diventa necessario raffreddare in maniera importante il motore.
Non mancano poi gli estrattori d’aria laterali - li
avevamo già visti sulla serie 4 - che permettono
di contenere le turbolenze aerodinamiche intorno ai passaruota.
Basta un semplice movimento per esempio per
alzare o abbassare il volume della radio oppure
per accettare o rifiutare una chiamata. Il merito
è di un sofisticato sensore 3D collocato sul tetto capace di interpretare una serie di movimenti
della mano previamente definiti.
Abbaglianti Laser
Oltre alla ricarica smartphone senza fili, fondamentale per caricare anche la chiave display, non
mancano nemmeno le luci abbaglianti Laser (optional) già introdotte sulla supercar i8, che permettono di avere un fascio di luce fino a 600 metri (i fari full led di serie si fermano a 300 metri).
Per di più la tecnologia Laserlight diventa per la
prima volta adattiva: quando si incrocia un altro
veicolo quindi il sistema crea un cono d’ombra
per non abbagliare gli altri veicoli, garantendo
però al tempo stesso la massima visibilità degli
abbaglianti laser.
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Sei cilindri in linea e V8, ma anche
plug in
possono che essere quelle di sempre: oltre alla
Mercedes Classe S, ricordiamo Audi A8, Maserati Quattroporte, Jaguar XJ e Lexus LS.
I motori scelti per la nuova Serie 7 non potevano
che essere i più moderni, potenti e raffinati della famiglia BMW. Si parte con il sei in linea 30d,
disponibile anche in variante xDrive, capace di
erogare 265 CV e 620 Nm di coppia, per passare
subito alla galassia dei più raffinati benzina. La
40i sfrutta un sei cilindri in linea sovralimentato
in grado di produrre 326 CV e 450 Nm di coppia, mentre il top di gamma 50i, disponibile solo
in versione a trazione integrale xDrive, sfrutta il
poderoso V8 da 4.4 litri sovralimentato. Un motore capace di sprigionare 450 CV di potenza e
fino a 650 Nm di coppia massima. Tutti questi
motori sono abbinati al magnifico cambio automatico Steptronic a 8 rapporti (di origine ZF),
che è stata ulteriormente ottimizzato rispetto al
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passato e che prevede una raffinatissima strategia di cambiata collegata al sistema di navigazione satellitare. In pratica, grazie al GPS, lo
Steptronic è in grado di sapere in anticipo, per
esempio, se ci ci sta avvicinando una salita e
provvederà quindi per tempo a scalare la marcia,
ottimizzando il piacere di guida. Giusto per non
farsi mancare niente poi arriva un’inedita versione plug in hybrid. La 40e, offerta anche in versione xDrive, abbina un quattro cilindri turbo benzina da 258 CV ad un motore elettrico da 131 CV,
per una potenza complessiva di 326 CV e un’autonomia dichiarata in full electric di circa 40 km.
La nuova BMW Serie 7 arriverà in concessionaria
il prossimo 24 ottobre, ad un prezzo di listino che
parte da quota 88.800 euro, ma che può salire
senza troppi complimenti fino ai 132.700 euro
della 750Li a passo lungo. Le concorrenti non
Le nostre impressioni di guida
Salire a bordo di una regina come la nuova Serie 7 è un’esperienza surreale, anche a motore
spento. La prima cosa che rapisce lo sguardo è
la qualità eccelsa con cui è stato realizzato anche
il più piccolo dettaglio. Pelle, Alcantara, alluminio
e legni pregiati giocano a rincorrersi in tutto l’abitacolo, in un ambiente che fa dell’estrema raffinatezza - e non dell’ostentazione a tutti i costi - la
sua bandiera. I veri protagonisti di un’ammiraglia
come questa del resto, soprattutto sulle varianti
a passo lungo, sono i passeggeri posteriori, quindi prendiamo posto dietro lasciandoci coccolare
da una funzione di massaggio lombare, mentre
selezioniamo la gradazione e il tipo di profumo
(c’è un tasto apposta!) con cui vogliamo deliziare l’aria dell’abitacolo. Mentre il nostro autista ci
porta a spasso sulle splendide autostrade portoghesi, ci gustiamo - come farebbe qualsiasi
possessore di Serie 7 - lo spazio sconfinato che
abbiamo a disposizione per le gambe e tanti altri piccoli dettagli che fanno la differenza, come
l’estrema morbidezza dei tappetini, dove finiscono per sprofondare le nostre scarpe. Intanto
l’ammiraglia di Monaco viaggia come se fosse
un tappeto volante, filtrando in maniera sublime
anche la più insignificante asperità della strada,
senza permettere che nessun rumore, nemmeno il più impercettibile, possa filtrare nell’abitacolo. Parliamo di un comfort di bordo assoluto,
dove anche il viaggio più lungo può trasformarsi
in un’esperienza da mille e una notte. Sappiamo
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bene però che sotto il cofano si nascondono motori con una cavalleria da fare invidia ad una supersportiva vera, quindi la voglia di guidare non
tarda a salire nelle vene. Del resto siamo sempre
su una BMW e vogliamo sapere se anche un’auto
come questa, che nonostante l’alleggerimento
complessivo sfiora le 2,2 tonnellate, possa essere anche bella da guidare, come ogni vettura dell’Elica che si rispetti. Iniziamo dalla 30d e
selezioniamo “Adaptive”, la nuova modalità di
guida che varia automaticamente la taratura
dell’assetto e la risposta di motore e cambio in
base alle condizioni del percorso (tramite i dati
GPS) e lo stile di guida. La Serie 7 ci mette un attimo a capire le nostre intenzioni e sulle strade
di montagna tira fuori il meglio di sé. Il peso c’è,
e si sente, ma solo nei trasferimenti di carico più
estremi, quando si forza veramente il ritmo. Per
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il resto però l’ammiraglia bavarese rimane incredibilmente efficace e soprattutto veloce, velocissima, con il risultato di risultare molto più agile e
leggera di come dovrebbe essere un’auto di questo tipo. Il 30d, con i suoi 265 CV, è un motore che
sembra tagliato su misura per le esigenze della
Serie 7, ma si sa, su questo tipo di auto spesso
è bello chiedere il massimo in ogni direzione,
senza accettare alcun tipo di compromesso. In
un minuto ci troviamo al volante della 50Li (quindi a passo lungo), con il suo V8 biturbo pronto
a scalpitare. In realtà, all’accensione, questo
bestione fa di tutto per non farsi sentire, dimostrandosi eccezionalmente silenzioso. Ma basta
premere anche solo per un istante sul pedale del
gas per trasformare la Serie 7 in una vera e proprio Supercar con la S maiuscola. Il V8 biturbo
inizia a soffiare con una foga incontenibile, senza
manifestare alcun fenomeno di turbo lag. La risposta al comando dell’acceleratore è immediata, come un interruttore on-off, capace di scatenare uno scatto da 0 a 100 km/h in 4,4 secondi!
Con una particolarità però. La Serie 7 parte come
un missile, pronta a divorare l’asfalto, ma subito
dopo è come se iniziasse a filtrare lo spazio tutto
intorno. La sensazione è letteralmente quella di
prendere il volo perché nell’assoluta silenziosità e nel massimo confort si raggiungono in pochi istanti velocità spaventose, ben superiori ai
200 km/h. 10 e lode ancora una volta al cambio
Steptronic con convertitore di coppia, un fulmine quando si chiedono alte prestazioni, capace
di sparare le marce una dietro l’altra con una rapidità disarmante. Incredibile infine, la funzione
di guida semi-autonoma, che ci ha permesso di
viaggiare in autostrada praticamente senza mai
effettuare una sterzata di nostro proposito. Basta tenere una mano sul volante e poi la Serie 7
fa tutto da sola: accelera, frena e sterza al tuo
posto.
Consumi: bene la 30d
Per quanto riguarda i consumi sorprende senza
dubbio il 30d, che ci ha permesso di stare tranquillamente intorno ai 10 l/100 km (dato del
computer di bordo), senza mai esserci risparmiati troppo con il pedale del gas. Sui lunghi
percorsi autostradali, a velocità costante, siamo
certi che sia in grado di fare ancora meglio, nonostante il peso e le prestazioni in gioco. La 50Li
invece non è riuscita a scendere sotto i 14 l/100
km. Un dato senza dubbio influenzato da uno
stile di guida poco attento al contenimento dei
consumi…
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Conclusioni
La nuova BMW Serie 7 è pronta a scrivere un
nuovo capitolo nella storia delle ammiraglie firmate dall’Elica Biancoblu. Il livello tecnologico
che ha saputo raggiungere è impareggiabile e fissa nuovi punti di riferimento nel mondo dell’auto,
mentre comfort e prestazioni sono ai massimi
livelli. Difetti? Qualcuno lo abbiamo trovato per
la verità, ma è stato come cercare un ago in un
pagliaio!
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NUOVA OPEL ASTRA
Parola d’ordine
efficienza
In listino a partire da 17.600 euro la nuova Astra (K)
prende il posto della precedente J assicurando
consumi, prestazioni, guidabilità e tecnologia
superiori. Peccato per qualche vibrazione di troppo
di Emiliano Perucca Orfei
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Media
L’
arrivo della nuova
Astra (K) segna un
momento molto importante nell’evoluzione del mercato di
segmento C: la berlina, che presto debutterà anche in versione SW
e sportiva a tre porte, mira infatti ad alzare notevolmente l’asticella dei contenuti offrendo elementi di classe superiore a prezzi relativamente
contenuti: si va da una base di 17.600 euro per
arrivare a 25.000 euro. Lunga 437 cm, larga 181
ed alta 148 la nuova Astra è 4,9 cm più corta della
precedente e 2,5 più bassa ma allo stesso tempo lo spazio interno è aumentato (grazie anche
ai nuovi sedili certificati AGR, Aktion Gesunder
Rücken) con 3,5 cm in più per le gambe di chi
siede dietro, 2,2 per la testa di chi siede davanti e 370 litri per il bagagliaio, che possono salire
fino a 1.210 abbattendo progressivamente gli
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Prova
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tempo il passaggio del flusso d’aria è stato regolato spostando più in alto o nascondendo tutte
le componenti che prima generavano turbolenze
negative, tra cui i bracci delle sospensioni posteriori. Nella nuova Astra spiccano anche tantissime altre novità tecniche tra cui i nuovi fari a
matrice di led IntelliLux (1.300 euro). Si tratta di
un sistema estremamente evoluto, sino ad oggi
riservato a vetture premium di classe superiore,
che non prevede solamente l’illuminazione full
led (alla stregua di quanto proposto, ad esempio,
da Seat Leon) ma anche la gestione del fascio
luminoso attraverso le informazioni provenienti
dalla telecamera Opel Eye: questo significa che
nel momento in cui si segue una vettura o ne
sopraggiunge un’altra, anche contemporaneamente, il fascio luminoso abbagliante viene
automaticamente abbassato nelle singole zone
interessate dalle vetture, con una dinamica che
segue il movimento delle vetture. In Opel dichiarano che al minimo delle possibilità si possa ottenere un fascio luminoso migliore del 40% che
quantificato in tempo può assicurare fino ad 1,5
secondi di tempo in più per prendere una decisione.
OnStar: “concierge” a domicilio
La sicurezza è dunque un elemento fondamentale nella nuova Astra e come le competitor
vanta sistemi di controllo dell’angolo cieco sugli
specchietti, il controllo dell’abbandono involontario della corsia con riallineamento automatico
e l’avviso del non rispetto della distanza di sicurezza con dispositivo di frenata di emergenza.
In più, rispetto alle altre, ha anche il dispositivo
OnStar che permette a chi lo sceglie di avere un
vero e proprio angelo custode: nato in America, dove GM ha più di 7 milioni di clienti e 5.000
dipendenti, OnStar consente di avere sempre
a disposizione un servizio di “concierge” nella
propria lingua con un operatore pronto a lanciare un SOS in caso di incidente (nei casi più gravi
l’auto attiva automaticamente la chiamata) ma
anche di gestire richieste apparentemente più
schienali posteriori. Numeri che derivano da una
misura di passo relativamente generosa (266
cm) e da una completa riprogettazione di scocca
e pianale che ha portato ad una riduzione di peso
di 200 kg (comprese alcune decine di kg di componentistica, tra cui scarico ed elettronica) ma
soprattutto ad una riduzione dimensionale degli elementi strutturali: i montanti, ad esempio,
sono stati “smagriti” a tal punto da assicurare 3°
in più di visibilità nella zona anteriore e 2° nella
zona posteriore.
Ci sono (anche) i Matrix Led
I 200 kg non sono l’unico elemento degno di nota
nell’evoluzione tecnica della Astra: anche il coefficiente di penetrazione aerodinamica è stato
notevolmente abbattuto (da 0,32 a 0,285) lavorando su componenti visibili ed invisibili tra cui
il sottoscocca: è stato eliminato il fondo piatto,
a tutto vantaggio di peso e costi, ma allo stesso
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Intellilink da 8” con navigatore integrato, Opel
Onstar, Opel Eye con funzioni di gestione della sicurezza dinamica, sensori di parcheggio e cerchi
in lega da 17” sono di serie. Per tutti è previsto, in
fase di lancio, uno sconto di 1.000 euro da utilizzare per l’acquisto di accessori: questo significa
che in una Astra Elective il navigatore da 8” può
arrivare “gratis” - avanzando duecento euro per
altri accessori - mentre in una Innovation (o anche in una Elective) è possibile ottenere i fari IntelliLux con una spesa supplementare di appena
300 euro.
Motorizzazioni: i nuovi gioielli
di GM
Tre le motorizzazioni previste, con diversi livelli di potenza, tutte turbocompresse: la gamma
benzina si apre con i 105 CV del mille, tre cilindri
(4,2, CO2 di 96 g/km) e si chiude con i 200 CV
ed i 300 Nm del millesei ad iniezione diretta: per
questo motore in Opel dichiarano una ripresa da
80 a 120 km/h in sesta marcia in 7,5 secondi. Nel
mezzo si posiziona il millequattro, quadricilindrico, di nuova generazione con potenze di 125 e
banali come la ricerca di un indirizzo (e l’impostazione automatica del navigatore...) o di un
servizio specifico nella zona in cui si trova la vettura. OnStar, in buona sostanza, per funzionare
necessita di una connessione 3g dedicata (inclusa nell’abbonamento annuale, circa 99 euro)
attraverso la quale è possibile conoscere anche
lo status della vettura attraverso la app dedicata:
pressione pneumatici, livello benzina, posizione della vettura sono parametri che si possono
controllare da dovunque nel mondo così come è
possibile geolocalizzare la vettura, farle suonare
il clacson, aprire o chiudere le porte o attivare e
disattivare i fari. OnStar fa parte di un pacchetto
di novità tecnologiche in cui sono inseriti anche
l’hotspot wi-fi ed i nuovi sistemi di navigazione,
tra cui L’Intellilink Navi900 con schermo da 8”.
Si tratta di un sistema molto più veloce del precedente e più raffinato sotto il profilo grafico e
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150 CV. Capace di una coppia massima di 245
Nm la nuova unità tedesca consuma 4,9 l/100
km ed emette una media di 114 g/km con prestazioni interessanti: la 150 CV assicura 215 km/h
di velocità massima ed una accelerazione da 0
a 100 km/h in 8,3 secondi. Tre i livelli di potenza del diesel, tutti frutto del quattro cilindri turbocompresso da 1,6 litri. Denominato Whisper
e progettato in Italia da GM Powertrain, vanta
potenze di 95, 110 e 136 CV con livelli di coppia
massima che oscillano dai 280 Nm del 95 CV ai
320 della declinazione più potente. Si tratta, almeno in Italia, dell’unità per eccellenza per Astra
tanto che a Russelsheim si sbilanciano nel dire
che la più gettonata sarà con ogni probabilità la
versione da 110 CV (3,4 l/100 km, 90 g/km di
CO2).
Dal vivo: com’è fuori
La nuova Opel Astra, a differenza di quanto avvenuto per Corsa, non è un profondo restyling
della precedente ma un modello completamente
nuovo. Lo si nota immediatamente dalla forma
dei montanti, ora più snelli, ma anche dal profilo
funzionale: rispetto alla versione da 7”, proposta
ad un prezzo inferiore, non vanta ancora la tecnologia Android Auto (arriverà entro fine anno
e sarà aggiornabile) ma solamente la Carplay di
Apple ma come plus rispetto al sistema multimediale base c’è il navigatore “onboard” e non
strettamente collegato alla presenza di un telefono. La gamma italiana si compone di tre diversi
tipologie di allestimento. La prima, denominata
solamente Astra, è dedicata ad un’utenza flotta
ed è piuttosto basica nell’allestimento. Salendo
ad Elective il compromesso qualità prezzo si fa
interessante anche per la clientela privata: l’Intellilink si presenta con lo schermo da 7” e tutte le funzionalità ad esso collegate - Bluetooth,
Apple Carplay ed Android Auto, comandi al volante, clima automatico bizona, cruise control e
sensore di attivazione tergicristalli e luci. A chi
vuole il top, invece, Opel Italia offre la Innovation:
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della linea di cintura e dalla forma del montante posteriore, che con un gioco di materiali e di
forme sembra interrompersi per conferire una
maggior idea di leggerezza e raffinatezza. La
linea è complessivamente piacevole, in particolar modo nella zona posteriore, ma rispetto al
passato è evidente come in Opel abbiano voluto
puntare più sulla qualità costruttiva (elevata) e
sul particolare ricercato (i fari IntelliLux sono belli oltre che molto utili) piuttosto che su un design
personale e meno ad un pubblico più ampio. Del
resto nel mirino c’è la Volkswagen Golf.
Dal vivo: com’è dentro
Gli interni della nuova Astra segnano un notevole
passo avanti rispetto a quelli dell’uscente generazione K. Lo stile è decisamente più elegante, i
materiali sembrano essere di buona qualità e lo
spazio dedicato all’elettronica è studiato con una
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maggior attenzione verso l’ergonomia dell’utente: in buona sostanza, oltre allo stile più moderno
nell’integrazione dei display, sono spariti dalla
console centrale molti dei tasti che prima davano
un’idea di caos e di poca funzionalità. Lo spazio
a bordo è aumentato rispetto alla K, in particolar modo per chi siede dietro, mentre davanti si
nota immediatamente come ci sia un campo visivo decisamente più ampio. Quello che stupisce,
però, è il confort offerto dai sedili certificate AGR:
sono davvero comodi, estremamente regolabili (18 vie, con memoria) e trattengono bene il
corpo in curva senza però esagerare con imbottiture laterali. Non manca nemmeno la funzione massaggio, utile se si percorrono tanti km a
bordo della vettura. Seduta comoda, quindi, ma
anche un deciso passo avanti sotto il profilo della
funzionalità e della qualità della vita a bordo: i display, in particolar modo l’IntelliLink da 8”, sono
perfettamente leggibili ed offrono una dinamica
di “movimento” tra le varie funzionalità degna
dei migliori smartphone di ultima generazione.
Peccato che non si possa ancora far interagire
uno smartphone android (cosa a cui presto Opel
correrà ai ripari) ma soprattutto che la porte
USB disponibili sotto al bracciolo tra i sedili anteriori sia solamente una. Buona la capienza del
bagagliaio: vero, il dislivello tra la soglia di carico
ed il pavimento non è tra le più contenute, ma lo
sviluppo è regolare e lo spazio è più che sufficiente per le esigenze del segmento.
Come va
Abbiamo scelto di guidare la nuova Astra con
due diverse motorizzazioni: la millesei turbodiesel da 110 CV ed il nuovo millequattro benzina da 150 CV. Partiamo dal millesei turbodiesel che di passo in passo sta dimostrando una
maturità davvero eccezionale: molto silenzioso,
grazie anche ad una ottima insonorizzazione
messa a punto dai tecnici di Russelsheim, il motore più gettonato dal pubblico europeo risponde
in modo convincente ai comandi del gas offrendo
una buona risposta già a partire da 1.500 giri ed
una erogazione della potenza “interessante” fino
a 3.800 giri. Un motore ideale per una vettura
come Astra, soprattutto ora che il peso sceso di
quasi 200 kg permette anche a motori più piccoli di portare a spasso una vettura comunque
relativamente importante nelle dimensioni. Il
tutto senza esagerare nel consumo, che abbiamo “fotografato” a fine prova a 6 l/100 km senza
particolari attenzioni verso un uso “eco” del piede destro. Notevole la prestazione del millequattro da 150 CV: il nuovo motore spinge forte già a
partire da 1.400 giri e prosegue nella sua corsa
fino a quota 5.500. Potrebbe salire ancora di un
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migliaio di giri, ma senza alcun senso: con un
livello di coppia così buono ai regimi intermedi,
è decisamente più redditizio (anche per i consumi) passare di marcia a regimi più intermedi.
Sostanzialmente la guida di questo motore ricorda quella di un buon turbodiesel con il plus
di un allungo decisamente più vicino a quello dei
benzina “vecchia scuola”. Motori perfetti? Non
proprio, nel senso che per entrambi abbiamo
registrato una discreta vibrazione su pedaliera e
volante a regimi medio alti. I tecnici Opel sono a
conoscenza di questo “fenomeno” ma assicurano sia strettamente legato alle vetture pre-serie
che abbiamo utilizzato nel corso dell’evento di
lancio. Ma come si guida? Davvero molto bene.
Il massiccio lavoro di alleggerimento portato
avanti dai tecnici Opel per rendere più efficiente la Astra K è stato notevole ed a guadagnarne
non sono solo consumi ed emissioni: rispetto alla
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Prove
vecchia il nuovo modello è più agile e si fa guidare in modo decisamente più sportivo tra le curve. La differenza è evidente anche sotto il profilo
del confort visto che a fronte di minor carico le
sospensioni sono più libere di gestire il rapporto tra la gomma ed il corpo vettura assicurando
maggior efficacia anche sullo sconnesso. Notevole l’efficacia dei sistemi di sicurezza: i nuovi fari
IntelliLux sono eccezionali nella dinamica di funzionamento ed assicurano una visibilità notturna
davvero incredibile. Ma quello che stupisce di più
è come ci si senta davvero coccolati e protetti
dal sistema Opel Eye anche se tra tutte le funzionalità disponibili manca quella del cruise control attivo: Astra frena automaticamente, fino a
60 km/h, per evitare impatti ma non chiedetele
(ancora) di mantenere una distanza di sicurezza da chi vi precede in autostrada e procede più
lentamente rispetto alla media che avete scelto.
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BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU:
Opel Astra
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In conclusione
Opel è riuscita nell’intento di far fare un notevole
salto di qualità alla Astra assicurandole più confort, più tecnologia ed una migliore guidabilità.
Elementi che rendono piacevole la vita a bordo,
soprattutto per tutti coloro i quali sceglieranno
Astra per lavoro (tantissimi), venduti ad un prezzo particolarmente interessante.
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PROVA SU STRADA
SUBARU LEVORG
L’alternativa
Dopo un buon successo in Giappone, Subaru esporta
la Levorg anche nel vecchio continente. Linee
aggressive, interni comfortevoli, ed un motore
che canta come un orologio: il tutto da 25.990 euro
di Marco Congiu
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Media
Free, l’allestimento Sport Style offre in aggiunta
cerchi in lega leggera da 18”, fari a LED, fendinebbia, tetto apribile in vetro, keyless Access,
telecamera posteriore e sistemi di sicurezza attiva SRVD e HBA.
Per metà è la WRX
Il telaio può essere sostanzialmente diviso in due
settori. Realizzato in quattro differenti tipi di acciaio multifase, garantisce rigidità torsionale, migliorando la dinamica di guida e la sicurezza passiva della vettura. Sino al montante A, lo chassis
è identico a quello della Subaru WRX, mentre la
restante parte è realizzata ex-novo.
Dal vivo: com’è fuori
È innegabile: i richiami sportivi tipici del brand
sono ben evidenti. Non si può non notare l’enorme presa d’aria sul cofano motore, necessaria
per raffreddare l’intercooler, e che le conferisce
un look decisamente “cattivo”. La fanaleria a LED
Q
uando si pensa al nome Subaru, è inutile nascondere
le prime immagini che ci
affiorano nella memoria.
Sono immagini di imprese
sportive legate al mondo
del WRC, ai nomi di McRae, di
Solberg e di Burns. Piloti – e, direttamente, auto – entrate a pieno titolo nella
leggenda e nell’immaginario collettivo. Forte di
una simile tradizione che si stava – inutile negarlo – iniziando a perdere nei modelli chiamati
una volta “familiari”, la casa delle Pleiadi sfodera
la nuova Levorg. L’auto va a sostituire la V serie
della Legacy, dalla quale eredita per certi versi il
nome. Levorg, infatti, è l’acronimo di Legacy Revolution Touring. Tale scelta è stata operata dai
tecnici nipponici per avere ben chiaro il punto di
arrivo: non si sarebbe trattato di un’evoluzione
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è ben delineata, ed è ben tagliato anche lo spoiler
anteriore. Le fiancate sono pulite, e terminano
con minigonne dal chiaro rimando agonistico,
mentre fanno bella mostra cerchi in lega da 18”
nella versione da noi testata, la Sport Style (17”,
invece, per la Free). Pregevole la modifica dell’alloggiamento degli specchietti laterali: ora non
sono più ancorati al montante, ma sono fissati
alla portiera, andando a creare così un maggiore
spazio di luce per migliorare la visibilità complessiva. Al retrotreno, infine, troviamo il consueto
doppio scarico, oltre ad uno spoiler sul tettuccio.
Dal vivo: com’è dentro
Gli interni sono di qualità e ben rifiniti. Va detto
subito che il pellame utilizzato per rivestire i sedili della versione da noi utilizzata, non sarà ufficialmente presente a listino, ma si potrà ottenere
su richiesta. La seduta è comoda, avvolgente e
per nulla stancante: anche stando alla guida per
lunghi tratti autostradali o per le strade di montagna, non si avvertono mai fastidi alla schiena.
del modello precedente, ma di una vera e propria rivoluzione. Nelle dimensioni, troviamo una
station wagon lunga 4.690 mm, larga 1.780 mm
ed alta 1.490 mm, più compatta nel complesso
rispetto alla Legacy, ma con un bagagliaio di 522
litri di capacità. In Giappone, mercato nel quale è
presente da circa un anno, la Levorg ha riscosso
un buon numero di vendite, ed è per questo che
Subaru ha deciso di portare questo modello anche in Europa. Diciamo subito che sarà a disposizione una sola versione, spinta dal celeberrimo 4
cilindri boxer a benzina da 1.6 litri, capace di 170
cavalli e 250 Nm. La trazione è integrale, o AWD
come piace ripetere alla casa, mentre il cambio
è un automatico CVT, ribattezzato Lineartronic.
Due allestimenti: Free e Sport Style
Sono due gli allestimenti della nuova Subaru Levorg. Partendo da una base già valida, chiamata
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utilizzare i paddle al volante – di buona fattura, va riconosciuto. Il cambio, in tale selezione,
“simula” virtualmente i rapporti. Si apprezza la
quasi totale assenza di un sistema di protezione, il quale consente una guida sportiveggiante
e grintosa.
disco, inoltre, garantiscono spazi di arresto ridotti, anche nei momenti di emergenza. Premendo il pulsante “S” sul volante, poi, la mappatura
del cambio diviene più sportiva, ed il piacere di
guida ne giova sensibilmente.
Com’è alla guida
Questa nuova Subaru si lascia apprezzare anche
per i sistemi di sicurezza attiva e passiva installati al suo interno. Oltre ai sette airbag di serie,
trovano spazio l’High-Beam Assist, fattore che
regola la luminosità dei gruppi ottici aumentandola o riducendola in corrispondenza dell’arrivo
di un’altra vettura dal senso opposto di marcia,
ed il Vehicle Dynamic Control, sistema che gesisce la frenata automatica d’emergenza. Il Subaru Rear Vehicle Detection avvisa il conducente
della presenza di veicoli negli angoli ciechi della
La Levorg è reattiva in ogni frangente. La dinamica è valida, grazie anche ad uno sterzo che
risponde bene ai comandi. È rigido il tanto che
basta per consentire una guida frizzante nelle
strade panoramiche, mentre non stanca quando si percorrono i lunghi tratti autostradali. La
trazione integrale, poi, si apprezza nei tornanti
in salita, quando la strada si inerpica particolarmente. La visibilità al suo interno è ampia,
e sono davvero pochi gli angoli ciechi. I freni a
La plancia è ben rifinita, ed in linea con l’offerta
del segmento. Si respira aria “tecnologica” praticamente ovunque, grazie al touchscreen da 6.2”
posizionato al centro dell’abitacolo, dal quale si
comandano le diverse funzioni dell’infotainment.
Poco più in alto, troviamo un display digitale
dove vengono proiettati un orologio, la temperatura e le funzioni attive della vettura.
Il quadro comandi è ben leggibile in ogni condizione di luce, mentre invece il navigatore non ci
ha convinto fino in fondo, a causa di repentine
– e non richieste - modifiche dell’ingrandimento della mappa. Sul volante, poi, troviamo ogni
funzione di comando dell’automobile, dal cruise
control ai tasti per la gestione dell’infotainment
e del telefono. Innumerevoli, infine, gli ingressi
usb, per tenere sempre connessi i propri dispositivi multimediali.
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Sicurezza innanzitutto!
Motorizzazioni: è previsto solo il
1.6 da 170 cavalli. Chiaramente,
boxer
La Levorg si presenta in Italia con un motore a
benzina turbo, da 1.6 litri, capace di erogare 170
cavalli e 250 Nm di coppia. Si apprezza molto la
morbidezza e la rotondità dell’erogazione, mai
brusca, anche per via dell’impiego del cambio
Lineartronic, assimilabile ai ben noti CVT per
tipologia di funzionamento. La velocità massima dichiarata dalla casa è di 210 km/h, con un
tempo sullo 0-100 km/h di 8.9 secondi, mentre
il consumo di carburante si attesta tra i 6.9 ed i
7.1 litri ogni 100 km. La risposta al piede destro
del guidatore è sempre fluida, anche se è avvertibile un leggero turbo lag quando a bassi regimi si spinge a fondo sul gas. Spostando la leva
del cambio sulla selezione manuale, è possibile
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vettura, emettendo un segnale lampeggiante sugli specchietti laterali, mentre il Rear Cross Traffic Alert è nato per garantire la segnalazione al
guidatore, in fase di manovra, dell’avvicinamento
delle altre vetture dalle zone posteriori dell’auto.
In conclusione
La Subaru Levorg è una vettura davvero valida:
ampia e spaziosa, è adatta alle famiglie che non
vogliono rinunciare a viaggiare comodamente,
ma con un tocco di sportività.
Ha le caratteristiche tipiche della sua categoria,
senza però rinunciare ad una dinamica di guida
che sa togliere delle soddisfazioni anche a chi sta
seduto al posto di guida. Volvo V60 e Mazda 6
sono avvertite.
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in appena 3.7 secondi, migliorando di due decimi
rispetto alla versione RS normale. Sono necessari, invece, 12.1 secondi per raggiungere i 200
km/h, mentre la velocità massima si attesta a
305 km/h, grazie all’optional Dynamic Package.
I consumi rilevati sono di 9.6 litri di carburante
ogni 100 km, con un’emissione di CO2 per km
pari a 223g. Il cambio è il celebre tiptronic ad otto
rapporti, adattabile alla modalità D o S a seconda delle esigenze del guidatore. Dietro il volante
troviamo, infine, i paddle, utili per una guida davvero sportiva. La trazione è garantita dal sistema
quattro, permanente su tutte le ruote. Nella configurazione standard, abbiamo il 40% di coppia
indirizzata all’anteriore, con il restante 60% al
retrotreno. A richiesta, è disponibile un differenziale di stampo sportivo, il quale – posizionato
sull’assale posteriore – attiva la distribuzione di
coppia tra la ruota interna e quella esterna. Le
sospensioni adattive ad aria abbassano ulteriormente l’assetto di ben 20 mm, mentre dalla R8
viene ereditato un pulsante posto sullo sterzo,
grazie al quale è possibile modificare il sistema
di guida – comfort, auto, dynamic ed individual
– senza mai distogliere lo sguardo dalla strada.
Gli pneumatici sono da 21”, mentre l’impianto
frenante è composto da quattro freni a disco autoventilati, con la possibilità di avere – sempre
come optional – freni carboceramici. Gli interni
sono in classico stile Audi RS, ovvero con fianchi
avvolgenti e pronunciati e poggiatesta integrato.
La raffinatezza e la sportività è garantita da un
valido mix di pelle ed Alcantara. La strumentazione e la plancia, inoltre, presentano pregevoli
finiture in carbonio. Il prezzo della nuova Audi
RS6 Avant performance parte da 117.000 euro
in Germania, e sarà disponibile negli showroom a
partire da novembre.
AUDI RS6 AVANT PERFORMANCE
LA FAMILIARE DA OLTRE 600 CAVALLI
di Marco Congiu | È uscita la nuova Audi RS6 Avant performance.
La station wagon, sotto il cofano, è spinta da un propulsore TFSI da 4.0
litri, capace di erogare 605 cavalli e 750 Nm. Lo 0-100? In 3.7 secondi...
P
ensata per chi non vuole rinunciare
alla comodità ed alla praticità di una
station wagon, ma che allo stesso
tempo vuole regalarsi ancora qualche brivido dettato dalla sportività pura, con
prestazioni quasi da supercar. Questa, in poche
parole, potrebbe essere l’estrema sintesi del
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pensiero alla base della nuova Audi RS6 Avant
performance. Da fuori, colpiscono molto le prese
d’aria maggiorate, oltre alla nera griglia satinata
ed al diffusore posteriore. L’auto, equipaggiata da un propulsore TFSI da 4.0 litri, eroga 605
cavalli di potenza, a fronte di una coppia di ben
750 Nm, utili a spingere l’auto da 0 a 100 km/h
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Wankel e lo dimostra con l’affascinante RX Vision
concept. Si tratta di un prototipo che anticipa le
sembianze di una sinuosa sportiva a trazione
posteriore, intrisa di Kodo Design e spinta proprio da un motore Wankel. Descritta come “una
visione di un futuro che Mazda si augura di realizzare, un giorno, per davvero” la Vision RX concept si distingue soprattutto per il cofano molto
allungato, i montati sottilissimi e i mastodontici
cerchi in lega. Non mancano dettagli da sportiva di razza, come il diffusore posteriore, le prese
d’aria sul cofano, il doppio terminale di scarico e i
numerosi splitter aerodinamici. Dentro si respira
un’atmosfoera assolutamente sportiva, grazie
ad un abitacolo minimalista, cucito intorno alla
figura del guidatore. In particolare si fanno notare la plancia rivestita in pelle, il volante sportivo a
tre razze e il quadro strumenti dal sapore squisitamente artigianale. Ma questo prototipo vuole
stupire anche sotto al cofano dove si nasconde
un nuovo motore Wankel battezza “Skyactiv- R”.
Al momento non si conoscono dettagli tecnici in
merito a questa unità perché la Casa di Hiroshima si è limitata a comunicare che “la ricerca sul
motore rotativo non si è mai fermata, abbiamo
continuato a credere e ad investire su questa
tecnologia. Il motore Skyactiv-R vuole esprimere
“la determinazione di Mazda nell’accettare nuove sfide mettendo in discussione le convenzioni
e attraverso tecnologie innovative”. Masamichi
Kogai, CEO di Mazda Motor Corporation, ha dichiarato: “Mazda continuerà sempre a raccogliere nuove sfide. Il nostro obiettivo è quello di
creare un legame del tutto speciale con i nostri
clienti, in modo che Mazda possa diventare il loro
solo ed unico marchio”. Al momento non sappiamo se questo concept ispirerà una sportiva di
serie. Ma se i risultati commerciali continueranno ad essere favorevoli per il costruttore giapponese, sembrerebbero esserci tutte le carte in
regola per rivedere una tanto desiderata RX-7 di
nuova generazione.
MAZDA RX VISION CONCEPT
IL GRANDE RITORNO DEL WANKEL
di Matteo Valenti | Lo avevamo anticipato esattamente un anno fa. E dal
Salone di Tokyo arriva la conferma che non ci eravamo sbagliati. Mazda
non ha mai abbandonato la sua fede nel motore rotativo Wankel e lo
dimostra con l’affascinante RX Vision concept
L
o avevamo anticipato in tempi non sospetti, esattamente un anno fa. E dal
Salone di Tokyo arriva la conferma che
non ci eravamo sbagliati. Mazda non ha
mai abbandonato la sua fede nel motore rotativo
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nuovo V6 da 3.5 litri che eroga una potenza di
500 CV alloggiato longitudinalmente in posizione centrale. E’ un biturbo a iniezione diretta
su cui è montato un motore elettrico calettato
sull’albero motore che lavora all’unisono con
l’unità termica e funge anche da generatore per
ricaricare le batterie agli ioni di litio. Il cambio è
invece un doppia frizione a 9 rapporti. Insieme
ai due motori elettrici montati sull’asse anteriore
ciascuno da 36 CV, per una potenza complessiva
di sistema di 573 CV e 550 Nm di coppia massima, forma un sistema di propulsione denominato Sport Hybrid SH-AWD. La sigla AWD indica
che la nuova NSX è una quattro ruote motrici
dallo schema simile ad alcuni prototipi ibridi impiegati alla 24h di Le Mans. Questa soluzione non
serve solamente a migliorare la trazione e l’accelerazione, ma è parte integrante della dinamica
gestita dall’elettronica della NSX. Combinando
l’erogazione dei quattro motori, infatti, la NSX
gestisce in maniera intelligente le fasi di ingresso, percorrenza e uscita di curva, nonché la frenata. La velocità massima dichiarata è di 307
km/h, mentre non è ancora noto il dato sull’accelerazione 0-100 km/h.
Alluminio, carbonio e acciaio
Il telaio della Honda/Acura NSX è realizzato
combinando l’alluminio, impiegato per la struttura, l’acciaio per i montanti e le parti sottoposte
a maggiore sollecitazione e la fibra di carbonio,
come per il fondo della vettura. Il peso dichiarato della vettura è di 1.725 kg. Lo schema delle
sospensioni a controllo magnetoreologico è a
doppi triangoli sovrapposti all’anteriore, mentre
un sistema multilink agisce al posteriore. I freni sono forniti da Brembo, mentre i pneumatici
sono stati appositamente realizzati da Continental: si chiamano Conti-Sport Contact 5P e misurano 245/35ZR19 all’anteriore e 305/30ZR20 al
HONDA NSX
LE PRESTAZIONI DELLA
SUPERCAR IBRIDA GIAPPONESE
di Daniele Pizzo | La riedizione della supercar degli anni ‘90 è dotata di
tre motori elettrici e di un motore termico V6 3.5 litri per una potenza
complessiva di 573 CV
P
iù volte esibita nei maggiori saloni internazionali negli ultimi due anni, la
nuova Honda NSX, supercar con la
quale il costruttore giapponese punta a ripetere il successo della sportiva degli anni
‘90 sviluppata con la “superconsulenza” di Ayrton Senna, debutta al Salone di Tokyo nella sua
veste definitiva. Il costruttore nipponico ha finalmente svelato le caratteristiche tecniche della
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NSX, anche se relativamente al solo modello che
verrà commercializzato con il brand Acura negli
USA, dove la nuova NSX viene realizzata in una
apposita officina, il Performance Manufacturing
Center, nell’Ohio.
Quattro motori
La nuova Honda/Acura NSX è dotata di ben
quattro motori, di cui tre elettrici: il cuore è un
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posteriore. La NSX non è dotata di aerodinamica
attiva.
Quattro modi di viaggiare
La Honda NSX è dotata di quattro modalità di
marcia: Quiet, Sport, Sport+ e Track. Ogni impostazione agisce su tutta la dinamica della vettura, nonché sul suono del motore. La più silenziosa, come suggerisce il nome, è la “Quiet”, che
si avvale dei motori anteriori a basse velocità e
limita il regime del motore termico a 4.000 giri
quando questo entra in funzione. Una funzione
interessante è la programmabilità delle modalità
di marcia: si può impostare la modalità con cui la
vettura viene avviata anche in funzione dell’ora.
Così al mattino si può scegliere la modalità Quiet
per evitare di svegliare i vicini.
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cofano, poi, abbiamo una vera e propria chicca:
il 2.0 boxer turbo, ora, eroga 328 cavalli a 7.200
giri, e 431 Nm di coppia tra i 3.200 ed i 4.800 giri.
Tali valori si sono raggiunti tramite una mappatura migliorata dell’ECU. Un sound più corposo
e robusto scaturisce, inoltre, da un sistema di
scarichi rivisto e da una marmitta sportiva. Alcune aggiunte sono delle vere e proprie chicche in
esclusiva per la S207, come le molle elicoidali e
la struttura frontale Bilstein, oltre ad un pannello
strumentazione rispetto alla WRX STI di serie,
sedili Recaro e pulsante d’accensione. I freni
sono Brembo, mentre nell’auto sono stati implementati il Vehicle Dynamics Control e l’Active Torque, sviluppati appositamente per questo
modello. BBS, infine, ha realizzato appositamente i cerchi da 19” in lega, verniciati di nero.
SUBARU WRX STI S207
BOMBA DA 328 CAVALLI
di Marco Congiu | Subaru ha svelato la WRX STI S207 al Tokyo Motor
Show. Si tratta di una vettura ad alte prestazioni, dotata di 328 cavalli.
Sarà un’esclusiva limitata a 400 pezzi per il solo mercato giapponese
S
ubaru, quando vuole, sa stupire ed
emozionare. A oltre 10 anni dai fasti
iridati della casa delle Pleiadi, il marchio nipponico svela al salone di Tokyo un’esclusiva in tiratura limitata a 400 esemplari per il solo mercato del Sol Levante. Si tratta
della Subaru WRX STI S207. L’auto non passa
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certamente inosservata per via delle colorazioni
disponibili – Crystal Black Silica, Crystal White
Pearl, WR Blue Pearl e un ancor più esclusivo
NBR Challenge Package Yellow Edition – oltre
che per il look smaccatamente sportivo, ricco
di minigonne, profili aerodinamici ed un enorme
spoiler in carbonio montato al posteriore. Sotto il
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il debutto della piattaforma modulare SPA e dei
nuovi motori a quattro cilindri Drive-E. Tutte tecnologie studiate in partenza per una futura elettrificazione. Ora però sembra proprio che questo
processo abbia “messo il turbo” e proprio per
questo l’orizzonte si arricchisce di nuovi e preziosi dettagli. La prima notizia riguarda lo sviluppo della nuova piattaforma modulare compatta
CMA (Compact Modular Architecture), che si
affiancherà all’attuale SPA (Scalable Product Architecture), che ha debuttato sulla nuova XC90.
Mentre da un lato la SPA si occuperà dell’alto
di gamma, dando vita alle future famiglie “60”
e “90”, la CMA dall’altro servirà per costruire la
futura gamma di vetture compatte di segmento
C. Oltre alla nuova V40 (quella attuale sfrutta
ancora il pianale della Ford Focus, nda) la CMA
servirà quasi sicuramente anche per realizzare un inedito SUV compatto, che si posizionerà
al di sotto della XC60. La XC40 quindi - il nome
sembra quasi scontato, ma non è al momento
confermato - potrebbe arrivare già alla fine del
2017 per fare concorrenza a Mercedes GLA e
BMW X1.
XC40: il SUV compatto sarà
globale
La nuova piattaforma CMA però ha un valore
fondamentale per Volvo. Prima di tutto perché
cancella definitivamente gli ultimi legami con le
tecnologie Ford ma soprattutto perché permetterà di spalmare i costi in maniera molto più efficiente rispetto ad oggi. La nuova piattaforma
modulare infatti è sviluppata da Volvo, ma verrà
utilizzata in futuro anche dai cinesi della Geely,
la società che nel 2010 ha acquisito Volvo Cars,
per costruire modelli destinati esclusivamente al
mercato asiatico. In più le future “40” verranno
per la prima volta prodotte e vendute in tutti i
mercati in cui è presente Volvo, trasformandosi
VOLVO
DALLA XC40 ALL’ANTI-TESLA
E IBRIDO PLUG IN TUTTE LE SALSE
di Matteo Valenti | Volvo annuncia un’offensiva senza precedenti nel
campo dell’elettrificazione. In futuro ci sarà un’intera famiglia di modelli
ibridi plug in e addirittura una vettura 100% elettrica di lusso ad alte
prestazioni. E il tempismo è sospetto...
V
olvo annuncia un’offensiva senza
precedenti nel campo dell’elettrificazione. In futuro ci sarà un’intera famiglia di modelli ibridi plug in
- quindi con possibilità di ricarica tramite presa
di corrente domestica - e addirittura una vettura 100% elettrica di lusso ad alte prestazioni. Il
tempismo è sospetto, in senso buono, dal momento che l’annuncio arriva all’indomani dello
58
“scandalo Volkswagen” legato ai motori diesel
e subito dopo la notizia che anche a Wolfsburg
stanno sviluppando una vettura di lusso a batterie.
CMA: una nuova piattaforma per le
compatte
In ogni caso in Svezia è da tempo che lavorano
ad una gamma di modelli plug in, già previsti con
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in veri e propri modelli globali. Oltre all’Europa
quindi, anche in Cina e negli Stati Uniti.
T5: ecco l’ibrido plug in a trazione
anteriore
Con il nuovo pianale compatto poi debutterà anche un motore inedito. Si tratta di un nuovo tre
cilindri turbo benzina - come vuole la moda del
momento - derivato direttamente dall’attuale
quattro cilindri 2.0 Drive-E. Con una cilindrata
di 1.5 litri, il nuovo tre cilindri Volvo è strategico
non solo in ottica “downsizing”, ma anche perché sarà il cuore, insieme alla piattaforma CMA,
di un nuovo sistema ibrido plug in. Sarà un powertrain molto più semplice, e quindi più economico, di quello oggi disponibile sulla XC90
T8, dove il motore termico anteriore è abbinato
ad un’unità elettrica posteriore, per formare un
60
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level” della famiglia “60” di prossima generazione (S60, V60 ed XC60), che nascono su base
SPA.
L’anti-Tesla svedese
Ma veniamo alla nuova vettura 100% elettrica. Al
momento sappiamo solo che il suo arrivo è ormai
certo e che la vedremo senza dubbio nel 2019.
Sarà un modello di lusso e capace di garantire
grandi prestazioni e per questo noi l’abbiamo
subito battezzata “anti-Tesla”. Sarà un caso, ma
proprio all’interno della fabbrica di Torslanda abbiamo avvistato due Model S parcheggiate tra le
Volvo appena uscite dalle linee di produzione...
Non è dato sapere però se questa elettrica sarà
un’auto a parte o una più semplice variante di un
modello esistente, per esempio della futura berlina S90. E non sappiamo quali saranno le sue
dimensioni e quale tipo di carrozzeria adotterà.
Alla Volvo ci dicono soltanto che potrebbe essere un modello compreso tra la gamma “60” e
“90” ma al momento nulla è ancora stato deciso
a livello stilistico. In ogni caso è indicativo sapere
che, sulla scia di Tesla Motors, sempre più costruttori “tradizionali” si preparano a lanciare un
modello elettrico ad alte prestazioni. Oltre a Volvo, sappiamo che presto arriveranno in questo
mondo anche Volkswagen con la nuova Phaeton
elettrica, ma molto probabilmente anche Audi e
Porsche. Insomma è bene che iniziamo a farci
l’abitudine. Le tecnologie “elettriche”, che siano
ibride, plug in o full electric, per ora rimarranno
pur sempre delle nicchie di mercato - secondo
Volvo rappresenteranno il 10% nel 2020 - ma
saranno sempre più presenti e strutturate. Volvo
ha scoperto le sue carte.
sistema a trazione integrale. Il futuro T5 infatti
- questo il nome commerciale del nuovo ibrido
plug in - manderà in scena uno schema “tutto
davanti”, quindi a trazione anteriore. Il tre cilindri
turbo sarà abbinato ad un motore elettrico montato all’anteriore e il tutto verrà coordinato da un
inedito cambio automatico a doppia frizione con
sette rapporti. La batteria in questo caso, montata al centro in maniera longitudinale, seguendo
lo stesso identico schema della XC90 T8, avrà
una capacità di 9,7 kWh (sono 9,2 i kWh disponibili sulla XC90, nda) e potrà garantire, secondo
Volvo, un’autonomia in elettrico di circa 50 km.
La potenza complessiva dell’ibrido plug in a trazione anteriore sarà di 255 CV. Questo sistema
ibrido plug in infine sarà molto versatile. Finirà
infatti sulle nuove compatte con pianale CMA
(V40 e XC40) ma anche sulle versioni “entry
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Dieselgate
Periodico elettronico di informazione automobilistica
marchio, e tutti riconducibili all’alto di gamma
del Gruppo. Risultano irregolari la Volkswagen
Touareg Model Year 2014, la Porsche Cayenne
Model Year 2015, le Model Year 2016 di Audi
A6 quattro, A7 quattro, A8, A8L e Q5. “Le indagini dell’EPA stanno continuando”, si legge in
una nota diffusa dall’agenzia. In una conferenza
congiunta con il California Air Resources Board,
l’EPA ha annunciato di aver condotto una serie
di test anche sulle vetture dell’alto di gamma del
Gruppo Volkswagen – ovvero Porsche e Audi –
e di averle trovate equipaggiate con il famoso
software incriminato. Nello specifico, tale componente comprende un dispositivo elettronico in
grado di riconoscere se l’auto stesse eseguendo
un test, in modo tale da alterare le emissioni di
NOx. La faccenda è ancora bel lontana dal potersi dire conclusa.
Ecco una lista dei modelli sino ad ora coinvolti:
• Volkswagen Touareg (MY 2014)
• Porsche Cayenne (MY 2015)
• Audi A6 Quattro (MY 2016)
• Audi A7 Quattro (MY 2016)
• Audi A8 (MY 2016)
• Audi Q5 (MY 2016)
• Beetle (MY 2012–2015)
• Beetle Convertible (MY 2012-2015)
• Audi A3 (MY 2010–2015)
• Golf (MY 2010–2015)
• Golf Sportwagen (MY 2015)
• Passat (MY 2012-2015)
SCANDALO VW, EPA
«ECU MANOMESSE ANCHE SUI 3.0
DIESEL». TREMA L’ALTO DI GAMMA
di Marco Congiu | Lo scandalo Volkswagen si allarga. L’EPA ha
riscontrato software manomessi anche sui diesel da 3.0 litri,
equipaggiati sull’alto di gamma del gruppo di Wolfsburg. Coinvolta
anche Porsche e l’alto di gamma Audi
L’
ennesima tegola si sta abbattendo sul Gruppo Volkswagen.
L’EPA, Enviromental Protection Agency, l’ente statunitense
che ha scoperchiato il vaso di pandora, facendo
emergere le manomissioni dei software equipaggiati sulle vetture della multinazionale, ha
dichiarato di aver riscontrato altre anomalie sui
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propulsori diesel del gruppo, e di preciso sul 3.0
TDI. In un comunicato diffuso oggi da Wolfsburg,
viene dichiarato che l’EPA ha riscontrato un
software “con funzioni non ben definite” all’interno del 3.0 TDI. Nonostante sia arrivata una
secca smentita dal quartier generale VW, l’EPA
ha notificato un’altra violazione delle norme su
un numero importante di veicoli, differenti per
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
giornata di ieri, per Fiat-Chrysler. Ha di che essere soddisfatto l’AD FCA, nonché presidente del
Cavallino, Sergio Marchione. «Il mondo è grande
e per Ferrari ci sono enormi opportunità. Dobbiamo crescere sul fronte della domanda. La concorrenza non è all’altezza di Ferrari.» ha dichiarato alla Cnbc. «Oggi è una grandissima giornata,
vedere Wall Street piena di Ferrari è una cosa eccezionale che sarebbe stata impensabile 10 anni
fa. È la conclusione di un grandissimo periodo
di sogni che abbiamo portato a casa.» Trovano
conferme le voci secondo le quali la produzione
Ferrari verrà incrementata a 9.000 esemplari
prima della fine del decennio, a fronte dei 7.700
odierni. Non potevano mancare, invece, delle dichiarazioni a proposito di quanto sta avvenendo
al Gruppo Volkswagen. «La storia di Volkswagen
non se l’aspettava nessuno. Andrà a cambiare la
dinamica del mercato, cambieranno tantissime
cose nell’auto. Sta cambiando l’atteggiamento
delle parti sociali, è un momento strano. Continuiamo a lavorare per cercare di preservare Fiat
Chrysler e far in modo di posizionarla nel modo
migliore.» «FCA è il settimo gruppo auto al mondo con un fortissimo portafoglio di marchi e un
grande piano di sviluppo davanti a sé. Ferrari
è una società straordinaria, e oggi è un primo
passo verso una sua vita propria.» commenta
il Presidente FCA, John Elkann. Ma quale futuro può presentarsi, ora, per la Ferrari? A Maranello, attualmente, sono presenti otto modelli a
listino: si parte dalle neonate 488GTB e Spider,
oltre alla 458 Speciale e Spider, passando per la
California T, la F12Berlinetta, F12tdf e la FF, oltre
a LaFerrari, hypercar prodotta in serie limitata
di 499 esemplari già esauriti. La concorrenza,
nonostante i brand rivali non possano vantare il
medesimo blasone o appeal del Cavallino Rampante, è comunque alta. Da un lato abbiamo la
Porsche, che con una diversificazione dei propri
modelli ha dato vita ad auto davvero interessanti, come la 918, la Panamera, oltre alla Cayenne
ed alla Macan, passando per la Cayman, 911 e la
Boxster. La casa tedesca, tuttavia, conta su un
FERRARI, WALL STREET DA SOGNO.
MARCHIONNE:
«CONCORRENZA NON ALL’ALTEZZA»
di Marco Congiu | Ferrari esordisce a Wall Street come meglio non
avrebbe potuto. Sergio Marchionne, Presidente del Cavallino, ha di
che gongolare. Quale futuro attende la Rossa, adesso?
L
a giornata di ieri, mercoledì 21 ottobre
2015, entrerà di diritto nella storia del
Cavallino Rampante. Negli anni a venire, oltre ad essere ricordato come l’anniversario del Titolo Mondiale di Kimi Raikkonen
– l’ultimo, per ora, vinto da una Rossa – questa
data segnerà l’ingresso sul mercato azionario di
Wall Street della Ferrari. All’apertura delle contrattazioni, il titolo “Race” è schizzato alle stelle:
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partendo dai 52 dollari dell’Ipo, è arrivato in un
attimo ai 60, oscillando tra i 60,97 ed i 55,15, con
un incremento valutabile tra il 13 ed il 15%. Nel
pomeriggio, l’entusiasmo si è lievemente fermato, mentre le azioni FCA a Piazza Affari lasciavano sul campo il 5,27%, a seguito di un riposizionamento su Ferrari. La multa ricevuta dall’UE,
valutabile tra i 20 e 30 milioni di euro, ha inciso
in maniera lieve, sul risultato complessivo della
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Attualità
bacino produttivo impensabile per Maranello.
Si parla di oltre 200.000 unità all’anno, mentre
la Rossa punta a raggiungere le 9.000 entro il
2019. Tornata sugli scudi, nella storia recente,
McLaren, la cui gamma è in perfetta concorrenza
con quella di Ferrari. Lamborghini, tra Huracán
e Aventador, sforna 2.500 auto l’anno, mentre
Audi, con le due versioni della celeberrima R8,
punta ad affermarsi sempre più, anche per via di
prezzi competitivi. Si sogna un ritorno nei listini
della Dino, auto dal nome evocativo e di sicuro
fascino, spinta nel caso da un propulsore a sei
cilindri. Il futuro più lontano, invece, potrebbe
addirittura vedere una Ferrari totalmente elettrica, mentre per quanto riguarda un SUV con lo
stemma che fu di Francesco Baracca, la risposta
al momento è totalmente negativa. Nel mercato
dell’auto, tuttavia, mai dire mai…
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Intervista
Periodico elettronico di informazione automobilistica
la necessità di contenere dimensioni e costi,
che non una sportiva elitaria. Invece l’auto che
avrebbe voluto disegnare è la DS 19 di Citroen,
una vettura che ha cambiato la storia. Cosa pensa delle forme di oggi? Sembra anche a lui che la
creatività sia un po’ appannata? Quale la sua opinione sui centri stile delle varie Case? Giorgetto
Giugiaro è una persona schietta e non si sottrae
alle nostre domande.
GIORGETTO GIUGIARO
I CENTRI STILE SOFFOCANO
LA CREATIVITÀ
di Nico Cereghini | In questa terza parte della conversazione con
Giorgetto Giugiaro andiamo al cuore del suo lavoro: le automobili.
Le scuole, l’incontro con Giacosa e l’ingresso in Fiat. E poi la più
importante delle sue auto, quella che avrebbe voluto disegnare
e i centri stile
I
l grande designer ha voglia di raccontare
come ha cominciato. Dalla provincia si
trasferì a Torino frequentando contemporaneamente il liceo artistico e l’istituto tecnico serale. La sua era una famiglia di
artisti, ma il padre gi raccomandò di far pratica
anche nel disegno tecnico. Grazie a un saggio
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scolastico, conobbe il grande Dante Giacosa,
anche lui amante del disegno libero e delle caricature, che gli propose di entrare in Fiat. Da lì
la formazione fino alla creazione di Italdesign nel
’68. Qual è la sua auto più significativa? Giugiaro
non ha dubbi: la Panda. Perché è molto più difficile progettare una utilitaria di successo, con
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
ENRICO DE VITA
«IL DIESEL OGGI È IL MOTORE
PIÙ PULITO CHE C’È»
di Enrico De Vita | Sulla scia dello scandalo VW, l’ingiustificata guerra ai
diesel ha trovato nuova linfa per i suoi fanatici detrattori. Eppure il
motore a gasolio è diventato addirittura più pulito del benzina
I
l nostro editorialista Enrico De Vita è tornato a parlare della ingiustificata guerra ai diesel, che proprio in questi giorni,
sulla scia dello scandalo Volkswagen, ha
trovato nuova linfa per i suoi fanatici detrattori.
De Vita infatti, intervistato da Ilaria Brugnotti e
Roberto Boccafogli su Reteconomy, spiega che
il motore a gasolio, soprattutto nelle moderne
varianti Euro 6, è diventato addirittura più pulito
delle unità a benzina.
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Epoca
Periodico elettronico di informazione automobilistica
del passato si fondono con le loro eredi contemporanee. Una vetrina unica, dove i costruttori
mostrano in maniera cristallina il loro attaccamento sempre più viscerale alla tradizione, alle
radici e alla storia. Sempre più spesso infatti i
marchi automobilistici si ritrovano ad attingere a
piene mani dal proprio passato per realizzare riedizioni moderne di modelli che hanno segnato
la storia. Pensiamo alla Mini dell’era BMW, o alla
Fiat 500, fino ad arrivare a DS, un nuovo marchio
automobilistico nato come erede di un modello
straordinario, la mitica “Dea” arrivata nel 1955.
La storia come identità
E poi c’è chi della storia ha fatto la sua essenza ed
identità come Porsche con la 911, Mercedes, per
esempio con le grandi cabriolet di lusso, oppure
BMW con la leggendaria M3 ma anche Volvo, che
continua a seguire il nobile obiettivo della sicurezza assoluta per sviluppare i propri modelli.
E poi ancora Alfa, che per il suo grande rilancio
ha scelto di ripartire proprio dalla Giulia, uno dei
suoi modelli più significativi e Land Rover, che a
trent’anni dall’invenzione del primo Sport Utility
continua nel solco della tradizione con l’indelebile Range Rover, sempre più tecnologica ed efficace in fuoristrada. “Conoscere le proprie radici è
fondamentale per sapere dove dobbiamo andare” è il mantra che si ripetono oggi sempre più
costruttori. E Auto e Moto d’Epoca si conferma
ancora una volta il luogo ideale per toccare con
mano questa affascinante filosofia industriale.
AUTO E MOTO D’EPOCA 2015
DOVE LA STORIA DIVENTA IDENTITÀ
di Matteo Valenti | “Conoscere le proprie radici è fondamentale per
sapere dove dobbiamo andare” è il mantra che si ripetono sempre più
costruttori. E Auto e Moto d’Epoca, Padova, si conferma il luogo ideale
per toccare con mano questa affascinante filosofia industriale
S
ono più affascinanti le auto contemporanee, moderne e tecnologiche,
o quelle d’epoca, con tutto il loro
bagaglio di storia e fascino? Questo
dilemma da sempre divide il mondo degli appassionati e forse sempre sarà così. Ci sarà chi
rimarrà fedele alle “nonne” a quattro ruote, mentre altri non vedranno altro che le ultime novità
in arrivo sul mercato. Sono quei conflitti insanabili (e inspiegabili) come quelli tra chi preferisce
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Apple e chi sceglie Android o tra chi tifa per una o
per l’altra squadra di calcio.
Auto e Moto d’Epoca: vetrina unica
tra passato e presente
In ogni caso, per farci un’idea più chiara, anche
quest’anno siamo tornati ad Auto e Moto d’Epoca, la più grande esposizione dedicata al motorismo storico che va in scena alla Fiera di Padova.
Questo salone infatti è il luogo ideale dove le auto
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Epoca
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Media
rally con una Giulietta Sprint 1300. Mentre si dedica alla concessionaria di famiglia, che nel frattempo diventa sempre più grande e strutturata,
inizia a collezionare i modelli più significativi e
leggendari della Casa di Arese prodotti dal 1950
ad oggi. Nel frattempo subentrano nell’attività
i figli, prima Roberto poi Elisabetta, che contribuiscono in maniera significativa a traghettare
la società nel nuovo millennio e tagliare nuovi
traguardi, in linea con le esigenze di un mercato
sempre più rapido e in evoluzione.
così il Museo Cozzi Alfa Romeo di Legnano, ideato nelle forme e nel significato direttamente da
Pietro, Roberto ed Elisabetta. In questo luogo
magico, che abbiamo avuto l’onore di visitare
in anteprima assoluta, si raccolgono le più belle
automobili del Biscione degli ultimi 60 anni anni.
Dalla preziosissima 6c 2500 Sport del 1950 alla
4C di oggi, passando per vere e proprie leggende dell’automobilismo come la Giulia Spider, la
Giulia SS, la GT 1300 Junior e la Montreal fino ai
capolavori di Zagat0 come la SZ e la RZ.
Un Museo per sempre e per tutti
Due pezzi unici al mondo
La collezione intanto è cresciuta fino a raggruppare più di 50 modelli, tra cui due esemplari unici
al mondo. Da qui l’idea di trasformarla in una museo aperto a tutti. A Pietro Cozzi e ai suoi figli del
resto, non piace l’idea di una collezione chiusa
gelosamente tra le mura di famiglia ma sognano di poter condividere le meraviglie del Biscione con gli appassionati di tutto il mondo. Nasce
Da segnalare poi i due pezzi unici al mondo. Si
tratta di una Giulia TI Super, l’unica delle 500 realizzate verniciata color “fumo di Londra” e di una
155 da corsa che venne utilizzata nel 1992 per
stabilire un record di velocità oltre i 300 km/h
a Bonneville, con tanto di paracadute posteriore. Il Museo è anche ricco di documenti originali,
libri, disegni, filmati, insegne, trofei, fotografie e
ALFA ROMEO
IN ANTEPRIMA NEL MUSEO COZZI
PER RIMANERE A BOCCA APERTA
di Matteo Valenti | Abbiamo visitato in anteprima assoluta il nuovo
Museo Fratelli Cozzi Alfa Romeo a Legnano (MI). Un luogo magico e
unico al mondo, nato dalla passione di una famiglia per la Casa di Arese,
che raccoglie più di 50 modelli dal valore inestimabile
E
sistono pochi luoghi al mondo capaci di stregare l’animo umano. Uno di
questi è a due passi da Milano, nel
sotterraneo di una celebre concessionaria di automobili. Stiamo parlando del Museo
Alfa Romeo dei Fratelli Cozzi, appena inaugurato
a Legnano, all’interno dell’Azienda di famiglia.
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Fratelli Cozzi: una vita
dedicata all’Alfa
Qui si raduna una collezione strepitosa di Alfa
Romeo, raccolta faticosamente da Pietro Cozzi.
Figlio del fondatore dell’Azienda, Pietro matura
un attaccamento viscerale al marchio del Biscione sin dagli anni ’60, quando partecipa ad alcuni
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Epoca
oggetti che, insieme alle auto, testimoniano la
storia del forte e longevo connubio tra Fratelli
Cozzi e Alfa Romeo. La collezione verrà sempre
aggiornata con nuovi modelli e vuole rappresentare un patrimonio importante per la storia
dell’automobile italiana del ‘900 ed un contributo significativo per comprendere il percorso industriale del glorioso marchio nato a Milano nel
1910.
Da non perdere
Insomma se volete un consiglio spassionato,
appena potete ritagliatevi un giorno durante un
weekend e andate a visitare questo luogo, magari insieme al bellissimo Museo Alfa di Arese,
appena restaurato. Nemmeno a farlo apposta
infatti, questi due luoghi magici e unici al mondo,
nascono a 20 km di distanza l’uno dall’altro, legati da un unico filo conduttore. Rosso Alfa.
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Formula 1
Periodico elettronico di informazione automobilistica
que, anche Kvyat, per tutto il week end davanti
al compagno di squadra e sempre più a suo agio
a lottare in zona podio, posizione che ha occupato a lungo finché Bottas non ha preso la sua
scia al rientro della safety car: voto 8, ormai una
certezza. Una bella gara, anche se meno incisiva
di quella del russo, è anche quella disputata da
Ricciardo, che nel contatto con Vettel a nostro
parere non ha colpe particolari e in gara riesce
a controllare agevolmente Massa e il suo Mercedes andando forte soprattutto nel tratto guidato.
Voto 7,5 quindi, però stavolta non aveva il passo
del compagno di squadra. A proposito di Massa,
la sua prova non sarebbe negativa di per sé e anche in qualifica il distacco da Bottas è stato minimo, però a differenza del finlandese Felipe non riesce a sfruttare la potenza del proprio Mercedes
per avere la meglio delle Red Bull, nemmeno di
quella di Ricciardo al restart, e un pilota della sua
esperienza non dovrebbe perdere certe occasioni. Così, con le Ferrari fuori gara, il suo 6° posto
finale sa proprio di brodino riscaldato, proprio
come il 6 che gli affibbiamo in pagella... Dopo una
serie inusuale di errori, torna invece a convincere
Hulkenberg, 7° al traguardo e il migliore dei team
di media classifica, davanti all’idolo locale e compagno di squadra: una prova convincente per il
tedesco (voto 7,5), al quale non si poteva chiedere oggettivamente di più. Perez, da parte sua,
ha ancora una volta il merito di gestire meglio di
tanti altri le gomme (è l’unico a cambiarle una
volta sola) ma di fatto questo vantaggio non si è
tradotto in un risultato finale migliore, complice
anche la safety car: voto 7,5 anche a lui quindi,
bravo ma un po’ sfortunato. Meno stratosferico
rispetto ad Austin (il Renault non aiutava di certo
in Messico) ma ancora una volta convincente e
immune da errori Verstappen, veloce in qualifi-
F1, GP MESSICO 2015
LE PAGELLE DI CITTÀ DEL MESSICO
di Giovanni Bregant | Voto 10 per Nico Rosberg in una gara piuttosto
noiosa. 9 a Bottas che completa il podio dietro a Hamilton. Voti bassi
per la Ferrari
L’
attesissimo ritorno della F.1 in
Messico si è risolto in una delle
gare più noiose del campionato,
ma stavolta l’artefice principale di tanta immobilità nelle posizioni di vertice è
stato Rosberg, che ha reagito nel modo migliore alla fine dei suoi sogni iridati: pole, avvio perfetto e una condotta di gara (quasi) immune da
errori, sempre pronto a rintuzzare i giri veloci
di Hamilton. Voto 10 per il risultato e per come
è arrivato quindi, anche se ormai fuori tempo
massimo. Ma perché non ha corso sempre così?
Voto 7 invece a Hamilton, che ha corso bene
78
ma senza mai tentare un verso attacco al compagno di squadra: così l’inglese ha colto un bel
2° posto che però, considerando che guida una
Mercedes, è proprio... il minimo sindacale. Chi
invece non si è risparmio è stato Bottas, che tra
gli altri ha passato di forza - ma a nostro parere
legittimamente - Raikkonen e poi Kvyat sfruttando il restart, cogliendo così un bel podio. Certo
il lunghissimo rettilineo della pista messicana
favoriva i motorizzati Mercedes, ma il finlandese
ci ha messo anche del suo per far andare forte
la sua Williams pure nel tratto guidato. Voto 9,
combattivo. Avrebbe meritato il podio, comun79
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Formula 1
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aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
ca e di nuovo a punti: voto 7,5, non ha strappato
applausi ma ha corso come un veterano. Voto
5 invece a Sainz, più lento dell’olandese e pure
meno preciso: lo spagnolo può ripetere fino alla
noia che non sente il confronto con “quello lì di
fianco”, ma l’ansia da prestazione a volte gioca
brutti scherzi. Ingloriosamente fuori dai punti
Button (voto 6 per la pazienza) e fuori gara (al
1° giro...) Alonso (senza voto e ormai senza pazienza), causa ennesimo problema al motore. E
stavolta lo spagnolo non ci ha regalato nessun
team radio per la nostra collezione, rendendo il
suo week end messicano del tutto inutile.
E la premiata coppia di Maranello? Premesso
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che una giornata storta capita a tutti, e guai a
infierire, stavolta a toppare è stato l’elemento
umano.
Raikkonen è partito incolpevolmente dalle retrovie, ma ha cercato di fare una curva dimenticandosi di avere Bottas di fianco... Voto 4, distratto.
Vettel invece aveva grandi ambizioni, ma la foratura al 1° giro ha di fatto distrutto subito la sua
gara: innervosito, il tedesco ha viaggiato con un
gran ritmo, ma commettendo due errori davvero
inusuali, parcheggiando l’auto contro le barriere
al secondo tentativo.
Voto 4 anche per lui dunque, e chiudiamola qui.
Voto 6, infine, alla pista messicana: semplice ma
gradevole nella parte di tracciato originale, proprio perché si capisce alla prima inquadratura
che non è la solita pista disegnata al computer,
ma del tutto insulsa nell’anfiteatro naturale infilato a forza da Tilke al posto dell’ultima, velocissima curva.
Va bene che questa non era più utilizzabile per
motivi di sicurezza, ma si poteva trovare qualcosa di meglio di quel tornantino in un parcheggio
di supermercato. Certo il colpo d’occhio delle
tribune strapiene, con le F1 lì sotto, era spettacolare, ma quel tratto sembrava una roba buona
per una gimkana di paese più che per una pista
da Gran Premio...
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Formula 1
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mondiali nella GP2 con Pantano e Valsecchi, le
vittorie a Le Mans con Bruni, Fisichella, Capello, Pirro e il rischio di dimenticarne tanti altri ai
vertici internazionali vedi Tarquini, campione del
mondo WTCC a 50 anni. Eppure parlando di F.1,
zero via zero. C’è l’Italia del tennis con la Pennetta e la Vinci, capaci di scrivere pagine di storia,
c’è l’Italbasket, c’è la nazionale di ginnastica artistica. C’è un mondo di sport e di protagonisti.
Dappertutto tranne che in F.1. Perché? L’analisi è
semplice e difficile al tempo stesso: da una parte
c’è stata una mancanza di talenti veri, su cui investire. Dall’altra l’ottusa incapacità di sfruttare un
nome e un potenziale come quello della Ferrari
che ha sempre fagocitato tutte le risorse (scarse)
della nostra nazione. «Quando c’era il mio team
in F.1 – dice Giancarlo Minardi – di piloti italiani
ne ho fatti correre a iosa. Non voglio citare solo
Fisichella e Trulli, ma anche Nannini, Martini e tanti altri ancora come Webber e Alonso. Quando dicevo che un secondo team era fondamentale per
l’Italia da corsa, sono stato deluso dalle reazioni.
Anzi, invece che aiutarci e darci spazio, ci davano
addosso. Oggi la risposta è sotto gli occhi di tutti,
da cinque anni non abbiamo più un pilota italiano
in griglia e nonostante gli sforzi che la FDA, la Ferrari Driver Academy sta facendo, ci vorrà ancora
del tempo per rivederne uno ai nastri di partenza». Su questo aspetto interviene anche Cesare
Fiorio, ex direttore sportivo di Lancia, Fiat e Ferrari F.1. «A distanza di 25 anni possiamo dire che
avevo visto giusto e che avevo ragione io – dice
Fiorio – quando decisi di fornire i motori Ferrari alla Minardi e quando avevo a disposizione un
serbatoio di giovani piloti da svezzare. L’ho fatto
nei rally con Fiat e Lancia, l’ho fatto in F.1. Dopo di
FORMULA 1
LA SCOMPARSA DEI PILOTI ITALIANI
di Paolo Ciccarone | Da cinque anni non si trovano piloti italiani sulla
griglia di partenza di un GP di F1. Le cause sono di natura economica,
ma c’è anche una scuderia che non investe in maniera congrua...
V
alentino Rossi e Andrea Iannone,
ma anche Dovizioso e prima ancora Agostini, Lucchinelli, Capirossi, Biaggi, Uncini, Gianola, Gresini,
Ferrari e tanti altri ancora. L’albo d’oro dei piloti
a due ruote è fonte di orgoglio per l’Italia, poi se
guardiamo all’elenco dei campioni del mondo di
F.1 si fa un salto nel passato. Nino Farina e Alberto
Ascari. Era il 1953, dopo di che il nulla assoluto. O
82
quasi. Rare eccezioni, campioni a un soffio dal titolo, come Alboreto o De Angelis e Patrese. Qualche vittoria nei GP, con Fisichella e Trulli in anni
recenti (oltre un decennio fa…). Poi il vuoto. Da
cinque stagioni in F.1 non ci sono più piloti italiani.
Nulla, eppure l’Italia e la F.1 vantano una storia da
primato. E se ci si guarda intorno, viene il magone. La Grande Italia da corsa è presente in tutte le
categorie del motor sport. Dalla MotoGP o i titoli
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Formula 1
Periodico elettronico di informazione automobilistica
perché nelle moto andiamo forte e in F.1 siamo
latitanti? «Intanto è un discorso economico –
dice Danilo Petrucci, pilota Ducati MotoGP – con
le cifre che girano nelle moto, in F.1 non ci compri
nemmeno lo spazio su una fiancata. Di certo c’è
che gli italiani, dalla Moto3 alla MotoGP, seguono
un percorso fatto di team, sponsor, aiuti e concretezza, in F.1 non mi pare ci sia. Se uno va forte
nella GP3 poi sparisce nella GP2 e in F.1 nemmeno sanno chi è. Ci fossero soldi allora si potrebbe
anche tentare, ma non vedo soluzioni». Italiani
brava gente, tranne che in F.1. Peccato, e pensare
che l’Italia da corsa è rappresentata al vertice da
aziende come Brembo, Marelli, Pirelli, OZ cerchi,
Sparco e altro ancora, come dire che la F.1 è Italia
ma è senza italiani in griglia. «È un lavoro lungo
e complesso – dice Angelo Sticchi Damiani, presidente ACI – che con la federazione abbiamo
impostato qualche anno fa, non è facile e ci vo-
allora è mancata una politica unitaria e i risultati
sono evidenti. Se c’è un talento lo prende la Red
Bull o la Mercedes, da noi non accade nulla, se
la Ferrari avesse proseguito con la mia politica,
oggi non saremmo a questo punto…». La Ferrari,
idolo degli appassionati, ma anche un Saturno
che mangia i propri figli: «In Italia tutte le risorse,
che sono poche, finiscono nelle mani della rossa – dice ancora Fiorio – e purtroppo correre in
auto costa caro, senza sponsor non vai da nessuna parte». La Ferrari ha varato qualche anno fa il
programma FDA alla ricerca di nuovi talenti. Forse solo Jules Bianchi, scomparso a luglio, è stato
il frutto di una politica che non ha portato a grandi risultati. Pochi nomi, alcuni bruciati in breve
tempo, vedi Bortolotti, altri nel limbo come Marciello o Fuoco, un fallimento in termini di risultati pratici, al contrario della politica Red Bull che
ha sfornato negli anni Vettel, Ricciardo, Kvyat,
84
gliono risorse che le aziende italiane non hanno o
non vogliono investire, di sicuro c’è lo sforzo della
federazione per rivedere un pilota italiano in F.1 e
possibilmente al vertice e non come comparsa».
Speriamo, ma quanto costa portare in F.1 un pilota? Partendo dalla GP3, che è già una categoria
professionistica e che costa 700 mila euro all’anno, si passa alla GP2 da 1,5 milioni di euro. In F.1
i sedili si “affittano” a 8-10 milioni di euro. Quindi
calcolando due anni per ogni categoria, se non
metti sul tavolo almeno 15 milioni di euro, la F.1 te
la scordi. E non parliamo del go kart, primi passi
per tutti. Con cifre che partono da 100-150 mila
euro all’anno si capisce bene che il percorso per
arrivare in F.1 è quello di investimenti a lungo termine, sperando poi di concretizzarli con contratti
da primato. Ovvero con cifre fra i 25 e i 35 milioni
di euro all’anno di ingaggio come percepiscono i
top driver della F.1.
Buemi, Sainz, Verstappen e l’elenco potrebbe
continuare a lungo: «Guardiamo alle formule minori, se uno ha talento, lo mettiamo sotto
contratto lo aiutiamo con un programma fatto
di squadre e finanziamenti» dice Helmut Marko,
factotum della Red Bull. Quindi da un lato si mette mano al portafoglio, Red Bull, dall’altro (FDA)
si cercano talenti già completi o quasi sperando
poi di trovare i finanziamenti:«Secondo me l’errore è che non si investe a dovere - dice Giancarlo
Fisichella, ex pilota Ferrari e Renault F.1 – una volta individuato un giovane, si dovrebbe investire
su di lui, cercare sponsor, coinvolgere aziende nazionali e no. Oggi lo fa solo la Red Bull e i risultati
si vedono, zero piloti in griglia dopo me, Liuzzi e
Trulli». Fra i giovani oggi c’è attenzione a Ghiotto e Ceccon nella GP3, col primo nell’ottica Red
Bull grazie al lavoro del team Trident di Maurizio
Salvadori e alla politica della CSAI di aiuto, ma
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PILOTI
QUANDO LA FERRARI
PUNTÒ SU GIANNI MORBIDELLI
di Paolo Ciccarone | Il pesarese fu promosso da collaudatore a titolare
per un Gran Premio: era il 1991 e “Morbido” debuttò nel GP di Australia.
Ecco la storia dei suoi giorni a Maranello
A
bbiamo già scritto della crisi dei piloti italiani in F.1 e allora tanto vale
ricordare cosa era la gestione che
Cesare Fiorio, critico con la situazione attuale, aveva messo in atto. Ovvero una
scuola tricolore, dare opportunità ai giovani italiani e instradarli verso carriere ad alto livello.
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Lo aveva fatto nei rally, nei prototipi e aveva cominciato a farlo anche in F.1. Un nome per tutti,
Gianni Morbidelli. Oggi il pesarese si alterna fra
le corse turismo del TCR e qualche exploit nel
WRX, ma a suo tempo, dopo essere stato collaudatore della Ferrari (al pari di Montermini e Badoer) arrivò la sua grande occasione con la rossa
a un GP, quello d’Australia. Ma intanto raccontiamo cosa era la sua vita ai box con la Ferrari.
La scommessa con Mansell
All’inizio era un gioco. Durante i collaudi invernali
c’era una scommessa fra Nigel Mansell e Gianni Morbidelli. Il pesarese faceva il collaudatore
della Ferrari e da Mansell imparava giorno per
giorno l’arte della messa a punto di una monoposto. Quello che però Gianni non imparava
mai, era come facesse Nigel a scoprirlo lungo
la pista. Il giochino era questo: Morbidelli andava in una curva, appostato dietro a una rete,
e Mansell, passando in quel punto al primo giro
di pista, doveva alzare la mano e salutarlo. Per il
campione italiano e europeo di F.3 era un modo
per allentare la tensione di doversi sedere nell’
abitacolo di una Ferrari di F.1, anche se solo per
dei collaudi. Chiamato da Cesare Fiorio alla corte di Maranello, Morbidelli alternava i GP con la
Minardi Ferrari (fu la prima fornitura di motori
dell’era moderna a una scuderia concorrente) ai
collaudi con la rossa. Il giochino si trasformò presto in una sfida vera e propria. Mansell entrava in
pista, Morbidelli si truccava, mettendo giacche a
vento di colore diverso o magliette improbabili,
e Nigel lo scopriva sempre. Il culmine avvenne
durante i test della Ferrari a Estoril agli inizi del
1990. In due giri Morbidelli cambiò tre posizioni
e Mansell lo scoprì in tutti e tre i punti in cui si
era nascosto. Di solito una cena o una bevuta
concludeva la sfida, ma come facesse Nigel a
scoprire dove fosse “Morbido” (facendo pure dei
tempi veloci, mica andando a spasso) resta ancora un mistero. Quando Mansell lasciò la Ferrari
nel ‘91, Morbidelli restò al suo posto da tester e
non avrebbe mai pensato, tantomeno sperato, che quella carriera da pilota e collaudatore
a mezzo servizio finisse per trasformarsi tutto
a un tratto. Avvenne nel modo e nel momento
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meno indicato. Nel GP del Giappone di Suzuka,
la Ferrari non brillò di certo. Jean Alesi ritirato,
Alain Prost quarto, ma staccato dal vincitore
Gerhard Berger, cui Senna cedette la vittoria
proprio sul traguardo. Nel dopo corsa, per spiegare le difficoltà incontrate in gara, Prost ricorse
a un paragone infelice: «La mia Ferrari era molto
pesante da guidare, lo sterzo sembrava quello di
un camion», disse nei box. I titoli sui giornali del
giorno dopo furono semplici: «Questa Ferrari è
un camion».
Il debutto nei GP con la Rossa
Tanto bastò per provocare il licenziamento immediato di Alain Prost e il problema della sua sostituzione per l’ultima gara della stagione. Cesare
Fiorio era già stato licenziato a metà stagione e il
nuovo corso della Ferrari prese in considerazione l’unico pilota disponibile per quella evenienza:
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Gianni Morbidelli. Grazie alla Minardi che prestò
il proprio pilota per l’ultima gara, Morbido si mostrò un duro perché ad Adelaide la pressione sulla Ferrari e sul debuttante in rosso era altissima.
Ma Gianni non se la cavò male e nella corsa più
breve della storia della F.1 (appena 14 giri a causa
della pioggia fitta che fece bloccare il GP) riuscì
a portare a casa un sesto posto (e mezzo punto
iridato).
Il compagno di squadra, Alesi, si ritirò dopo una
serie impressionante di piroette.
Quei 14 giri al volante della Ferrari furono tutto
quello che Morbidelli riuscì a concludere nella
sua avventura in rosso dopo due stagioni da collaudatore e pilota Minardi. La carriera di Gianni
proseguì ancora fra alti (pochi) e bassi (tanti)
con Minardi Lamborghini, Arrows Ford e Sauber Petronas. Il miglior risultato, scherzo del
destino, ancora una volta in Australia nel 1995.
Nell’ultima volta di Adelaide, prima che si passasse a Melbourne, Gianni Morbidelli salì sul podio ottenendo un terzo posto, miglior risultato di
una carriera cominciata nel 1990 al GP del Brasile al volante della Dallara Ford e conclusa con
una doppia frattura al braccio destro durante le
prove del GP di Francia del 1997 al volante della deludente Sauber Petronas: nella esse veloce
dopo il tornante, la Sauber finì con violenza contro le barriere. Il contraccolpo del volante provocò la duplice frattura e con essa la fine della
carriera di pilota di F.1 di Gianni Morbidelli.
Il cui ricordo più bello, strano a dirsi, non sono
quei 14 giri al volante di una Ferrari in gara, ma gli
scherzi con Nigel Mansell durante i test invernali.
Ancora oggi il buon Gianni si chiede ancora come
diavolo facesse Nigel a scoprire dove si fosse nascosto a bordo pista e per giunta come facesse a
salutarlo con una mano guidando al limite.
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DAKAR 2016, SÉBASTIEN LOEB
SÌ, IL RALLY RAID MI PIACE!
di Piero Batini | L’OiLibya Rally è stato il battesimo del fuoco per
Sébastien Loeb, per la prima volta sul palcoscenico del Rally Raid con
la Peugeot 2008 DKR. Il fuoriclasse ha messo alla frusta equipaggio e
macchina. Ora lo aspetta la Dakar e la 2008 DKR16
V
oler presentare, raccontare chi è
Sébastien Loeb potrebbe essere il
più grande dei peccati di presunzione. Lo sanno tutti chi e che cosa è
Loeb, appassionati e non. Ma chiedersi e chiedere a lui chi e che cosa sarà il fuoriclasse dei Rally
allo “switch” in modalità Rally Raid e Dakar non
è peccato, anche se la domanda, e le risposte di
conseguenza, sono ancora premature. Ma è un
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Rally
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fatto, eclatante e ancora clamoroso, che Loeb,
chiacchierato da due anni in associazione alla
Dakar, ha finalmente mosso i primi passi nel nuovo mondo. Ed è giusto distillare almeno le prime
impressioni “dal vivo”. Loeb ha svolto una cortissima serie di test in Francia, Spagna e Marocco,
e ha disputato la prima, e poi le successive quattro tappe di un Rally, in corsa al OiLibia Rally del
Marocco con la Peugeot 2008 DKR “Original”,
la prima versione che, ottimizzata per quanto
possibile, ha vinto il Silk Road Rally. La leggenda
dell’alba del Loeb Pilota di Rally Raid narra che,
quando è salito per la prima volta sulla Macchina, uscendo dalla “base” marocchina del Team
Peugeot Total il Pilota abbia ingranato la marcia e sia decollato sul terrapieno, volando con
la 2008 DKR oltre la strada e lanciandosi a tutta
velocità nel deserto. Come se lo avesse fatto già
mille volte. Ora Loeb è ancora a Erfoud, per una
nuova, lunga serie di test e per definire gli ultimi
dettagli della nuova, per molti versi rivoluzionata 2008 DKR16 con la quale parteciperà alla sua
prima Dakar a partire dal 2 gennaio prossimo.
Insieme al Fuoriclasse alsaziano c’è la Squadra
al completo, dal direttore del Progetto Bruno
Famin ai Piloti Peterhansel, Sainz e Despres e ai
rispettivi Navigatori, Cottret, Cruz e Castera. Al
Rally del Marocco Loeb ha voluto subito correre
insieme al suo navigatore storico, Daniel Elena,
trasformando così il test del debutto in un evento
totalmente inedito e privo di riferimenti. Anche
questa è una scelta rivoluzionaria e una dimostrazione di carattere speciale. Gli altri Piloti che
vengono dal WRC, per esempio, hanno tutti al
loro fianco un navigatore di esperienza. Ecco le
primissime impressioni di Sébastien Loeb al termine di un esame completamente nuovo. Filtrate
dall’esperienza di un talento inarrivabile.
Buongiorno Sébastien, e benvenuto nel nuovo
mondo. Che certezze hai potuto acquisire alla
fine della tua prova del debutto, dopo le cinque
tappe del OiLibya del Marocco? E quali incertezze sono ancora… certe?
«Cose certe: ci sono ancora non poche cose da
capire. Quello che sappiamo adesso è che su delle belle piste, quando c’è da pilotare, quando la
strada è sinuosa o quando i terreni sono duri o
anche accidentati, possiamo già avere un buon
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Rally
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Nel WRC sei abituato ad avere fiducia assoluta
e completa nel navigatore. Cambia qualcosa in
questo nuovo contesto?
«Cambia. Ci sono tutt’altri termini da utilizzare nella collaborazione tra Pilota e Navigatore.
Con il particolare uso del road book, non sono
le note del WRC che vengono dettate al navigatore e che tornano esatte al Pilota. Qui si tratta
di interpretare il road book e di prendere delle
decisioni dopo, il che è un esercizio molto differente. Nel WRC so quello che il navigatore sta
per annunciarmi perché sono stato io a scrivere
quelle note, qui le informazioni che arrivano dal
road book sono molto più aleatorie, e richiedono
un periodo di apprendistato perché le si possa
capire e interpretare correttamente. Il navigatore deve leggere e interpretare quello che dice
il road book, e riferirmi le informazioni e le sue
interpretazioni in modo che io possa immaginare
nella maniera giusta quello che mi aspetta. Sì, è
un esercizio molto diverso rispetto da quello che
conoscevamo!»
ritmo e velocità. Sappiamo anche che la 2008
DKR16 su questi tipi di terreno è una Macchina molto buona. Poi, sappiamo anche che per
quanto riguarda la navigazione, e la “coabitazione” con Daniel Elena, c’è ancora da lavorare e da
ottimizzare, da imparare a reagire e a prendere
le decisioni giuste quando si presentano delle situazioni complicate. C’è una bella serie di piccoli
punti sui quali bisogna lavorare, insomma.»
C’è qualcosa che vi ha particolarmente sorpresi in questi primi cinque giorni di gara?
«Non c’è niente che ci abbia veramente sorpreso. Direi che quello che è talvolta frustrante sono
quelle situazioni nelle quali non si sa esattamente dove si è. Non sapere se si è sulla pista giusta,
per esempio, o quando si è in pieno fuori pista
e non si riesce ad immaginare se, magari poco
distante, c’è una pista più scorrevole. Prendere
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La Macchina. Non vorrei sbagliare, ma l’auto
del WRC è come se fosse il prodotto di una
scienza esatta. La Macchina da Deserto, non
solo la Peugeot 2008 DKR, è invece il prodotto
di una moltitudine, quasi infinita, di compromessi da gestire. Ti piace o ti sconcerta?
«Non si tratta di piacere o no, stiamo parlando
di una macchina diversa, e guidarla fa semplicemente parte del gioco. Probabilmente una macchina da Rally Raid è meno divertente da guidare
rispetto ad una macchina da Rally puro, che è più
potente, più agile. Ma del resto è molto particolare anche il contesto della guida, nel deserto, su
piste e tracciati molto, molto diversi. La macchina da WRC non potrebbe neanche passare su
certe piste dove invece la Macchina da Rally Raid
passa agevolmente. Parliamo di una Macchina
che è studiata per questi tipi di terreno, che è
nata per la resistenza e per passare su ostacoli
impensabili nel WRC, e che necessita obbligatoriamente di un adattamento dello stile di guida.
Non è agile come una WRC, come dicevamo,
ma è divertente da guidare e ha delle peculiarità
delle decisioni di questo tipo è una cosa a cui non
siamo abituati. Poi c’è la questione di guidare a
vista, guardare lontano, controllare vicino, anticipare le curve senza sapere esattamente cosa
incontreremo più avanti. È un altro modo di pilotare, molto differente da quello a cui siamo abituati.»
Molto lavoro da fare anche per quanto riguarda la guida sulle dune?
«Le dune? Globalmente, sulle dune la difficoltà
maggiore mi è sembrata quella di mantenere il
cap corretto, di sentire la navigazione. Tecnicamente, guidare sulle dune non mi è sembrata la
cosa più difficile. In ogni caso non ne abbiamo
attraversate molte in questo Rally, dunque è
ancora un aspetto da verificare. Per quello che
abbiamo visto in Marocco, comunque, direi che
non è andata troppo male.»
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straordinarie, come le sospensioni, per esempio,
che assorbono degli shock enormi. È una Macchina diversa, progettata e realizzata per un impegno gravoso e molto importante.»
Hai l’impressione che la 2008 DKR faccia talvolta dei miracoli, passando oltre ostacoli impossibili?
«Sì, e a questo proposito la nuova 2008 DKR16
è ancora più impressionante. La nuova versione
della 2008 DKR ha una stabilità molto superiore a quella che ho guidato in Marocco, che è la
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Rally
prima versione debuttante alla Dakar.»
È per questo che l’hai messa una volta sul fianco, e poi sul tetto?
«Sì, è un po’ anche per questo. Dovevo pur provarla a fondo, vedere dov’è il suo limite!»
Sì o no, per favore. Il contesto, il deserto, l’atmosfera del Rally, la particolare logistica, il
modo di correre… tutto questo ti piace?
«Sì, il Rally Raid mi piace!»
Grazie, e in bocca al lupo!
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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