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Numero 77
01 Dicembre 2015
87 Pagine
Nuova Audi A4 Avant
Io sono la Station
La nuova Audi A4 Avant diventa il
nuovo punto di riferimento della
categoria
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Renault R.S. 01
Bella e Bestia
Emozioni da brivido alla guida di
una delle auto della Losanga più
estreme e divertenti mai create
Monza Rally Show
2015
Thierry Neuville
«Rossi? Anche io vorrei
una WRC Plus...»
| PROVA SU STRADA |
BMW X1
da Pag. 2 a Pag. 15
All’Interno
NEWS: Mercedes SL restyling | Mercedes GLS | Infiniti QX30 | Porsche Cayman GT4 Clubsport | Nuova Fiat 124
Spider | Lamborghini Huracán LP580-2 | F1: Le pagelle di Yas Marina| RALLY: Rossi vince il Rally di Monza 2015
PROVA SU STRADA
BMW X1
L’X-Factor dentro
Seconda generazione per X1, che avvicina moltissimo
nello stile e nella sostanza le sorelle maggiori:
efficienti motori a quattro cilindri ed una dotazione
premium portano il piacere di guida ai massimi livelli
di Alfonso Rago
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
X1 ai vertici di categoria. Soprattutto, la nuova X1
è identificabile dal frontale, con il grande doppio
rene verticale, la presa d’aria inferiore tripartita e
il volto a sei occhi, per via dei doppi proiettori circolari e le sottostanti luci fendinebbia. Per i cultori dei dettagli, segnaliamo come i passaruota
bombati e le linee che convergono verso il doppio rene formino appunto una X, che richiama
l’appartenenza di questo modello alla gamma X.
Tutte le versioni della nuova X1 montano di serie
cerchi in lega da 17”; in optional sono disponibili
le alternative da 18 e 19 pollici.
Media
Interni: tanto spazio (ma per
quattro)
La sensazione che X1 nella nuova versione sia
più accogliente che in passato trova conferma
una volta entrati nell’abitacolo: grazie anche alla
posizione trasversale del propulsore (prima era
longitudinale) ed alle citate misure più ampie, lo
spazio interno certo non manca, sia nella zona
anteriore che in quella riservata ai passeggeri
A
lla fine dell’esibizione, sarebbe stata standing ovation e
passaggio diretto alla fase finale, senza passare per altre
selezioni: ce la immaginiamo
così, con la giuria in estasi
(Elio folgorato, Skin conquistata, Mika sbalordito
e Fedez per una volta senza parole) ed il pubblico in visibilio, la trasposizione in chiave X-Factor
della nuova BMW X1. Il modello d’accesso al
mondo X della Casa bavarese, classe di veicoli che in BMW con un po’ di aristocratico distacco
si ostinano a definire SAV (Sport Activity Vehicle) a rimarcare fin dal toponimo la differenza
con i SUV – approda alla seconda generazione,
che raccoglie il testimone della prima versione
capace di conquistare il cuore di oltre 730.000
acquirenti dal 2009 ad oggi.
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posteriori; il massimo della fruibilità è per due
persone sul divano centrale; il quinto passeggero, pur previsto in sede di omologazione, comporta un sacrificio di spazio per chi siede dietro
che specie in occasione di trasferimenti lunghi
può risultare poco gradito. Ottimamente rifinita
(ma la vera notizia sarebbe stata il contrario),
con posto guida rialzato di 36 mm rispetto all’ieri
e regolabile in modo da soddisfare ogni più recondito capriccio, X1 abbonda nella dotazione
di supporto: sono di serie il sistema di comando
iDrive con display a colori da 6,5 pollici ad alta
risoluzione, quello audio con sei altoparlanti, un
connettore AUX-In e un’interfaccia USB, il vivavoce per il telefono, il tasto di selezione della modalità di guida e l’impianto di climatizzazione. La
dotazione di base comprende luci fendinebbia,
chiusura centralizzata con radiotelecomando,
avviamento del motore senza chiave, alzacristalli elettrici e specchietti retrovisori esterni
riscaldabili a regolazione elettrica, volante in
pelle regolabile in altezza e longitudinalmente,
Com’è fatta: vocazione off road
accentuata
Impercettibilmente più corta (per l’inezia di 15
mm), ma soprattutto più alta (+53 mm) e con
passo ampliato, la X1 nasce a Ratisbona, in Germania, prendendo forma sulla piattaforma Ukl
che già vede in gestazione le Mini di ultima generazione e le Serie 2 Active Tourer; se in precedenza era un po’ a metà del guado tra una
station ed un SUV, ora la virata è decisa verso
questa seconda sponda, cui la X1 approda anche dal punto di vista estetico, grazie a dettagli
come il frontale che riprende il family feeling, i
fari aggressivi a led, i bordi squadrati dei passaruota, le luci posteriori bipartite, con profilo ad L.
Maggiore grinta senza rinunciare di una virgola
all’efficienza dinamica, anzi: il valore del Cx che
si attesta a 0,29 è un altro elemento che porta la
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
della distanza rispetto al veicolo che precede, ma
provvede anche a mantenere la corsia. Volendo,
si possono attivare le opzioni dei ConnectedDrive Services, utilizzando il portale di BMW Online
attraverso la carta SIM integrata nella vettura e
l’integrazione di app dello smartphone nell’auto,
che comprende non solo le webradio, ma anche
l’utilizzo di social network come Twitter e funzioni come Spotify, Life 360, GoPro e tanti altri,
come il ConnectedDrive Store disponibile direttamente a bordo, con le funzioni acquistate a disposizione in vettura dopo pochi minuti.
Motori: più potenti ed efficienti
Al momento del lancio, per la X1 è prevista una
gamma di motori rinnovata, con due propulsori
a benzina e tre diesel da 2.000 cc ed equipaggiata con tecnologia BMW TwinPower Turbo;
ad eccezione della sDrive18d, tutte sono dotate d’impianto di scarico a doppi terminali; dal
prossimo novembre, è previsto un ampliamento
della disponibilità con l’ingresso in gamma dei
tre cilindri per la sDrive18i da 136 CV (100 kW)
sensore pioggia con regolazione automatica delle luci anabbaglianti. Cresce anche la disponibilità del bagagliaio, il cui volume utile di 505 litri è di
ben 85 superiore al valore del modello precedente; ribaltando lo schienale del divano posteriore
(con frazionatura 40:20:40), si ottengono fino a
1.550 litri di capacità. Oltre alla semplicità dell’operazione (lo schienale si piega elettricamente
dal bagagliaio, solo premendo un pulsante), un
maggiore comfort nelle operazioni di carico è
offerto e dall’apertura (optional) automatica del
portellone, per aprire e chiudere il cofano del bagagliaio senza toccarlo.
BMW ConnectedDrive:
collegamenti sempre più
intelligenti
Cresce anche l’offerta dei sistemi di assistenza
al guidatore e dei servizi di mobilità disponibili
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e la sDrive16d da 116 CV (85 kW). Al vertice delle prestazioni dei motori a benzina troviamo il
motore della X1 xDrive25i, che dotata di serie di
cambio automatico Steptronic a otto rapporti,
eroga 231 CV (170 kW), con coppia di 350 Nm,
disponibile da 1.250 a 4.500 g/min; la sua rapidità di risposta consente di arrivare a 100 orari
con partenza da fermo in 6,5 secondi. Sulla X1
xDrive20i e X1 sDrive20i opera il nuovo quattro
cilindri a benzina nella versione da 192 CV (141
kW) la cui coppia massima di 280 Nm è fruibile
da 1.250 a 4.600 g/min; anche questo propulsore lavora con il cambio Steptronic a otto rapporti.
La X1 xDrive20i accelera da 0 a 100 km/h in 7,4
secondi, la X1 sDrive20i in 7,7 secondi. Malgrado
questi eccellenti valori, non c’è dubbio che per
la X1 l’attenzione del pubblico sarà calamitata in
maggioranza bulgara verso i propulsori diesel,
dotati di sovralimentazione turbo ed iniezione diretta Common-rail. Sulla X1 xDrive25d è montato il quattro cilindri diesel più potente finora mai
all’opera in una BMW, che eroga 231 CV (170 kW)
e soprattutto mette in strada una coppia di 450
grazie al BMW ConnectedDrive, dedicati all’ottimizzazione del comfort, della sicurezza e all’utilizzo d’infotainment, ad iniziare dal Navigation
Plus con BMW Head-Up-Display, il sistema optional di navigazione che visualizza proietta le
informazioni del navigatore sul parabrezza, davanti agli occhi del guidatore. L’optional Driving
Assistant comprende Lane Departure Warning,
Speed Limit Info con indicazione di divieto di
sorpasso, BMW Selective Beam antiriflesso e
Approach and Pedestrian Warning con funzione
frenante City. Oltre a queste funzioni, il sistema
Driving Assistant Plus comprende l’Active Cruise Control con funzione Stop & Go che rispetta
la velocità impostata dal guidatore da 30 a 140
km/h, nonché la distanza di sicurezza rispetto
al veicolo che precede e l’Assistente per la guida autostradale, che fino a 60 orari la funzione
solleva il guidatore non solo dalla regolazione
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Nm disponibile da 1.500 a 3.000 g/min. I diesel
di X1 xDrive20d e sDrive18d rispetto ai motori
della generazione precedente, hanno potenza di
picco incrementata a 190 CV (140 kW) e 150 CV
(110 kW), con coppia di 400 e 330 Nm. L‘accelerazione da 0 a 100 km/h è coperta dalla xDrive20d in 7,6 secondi e dalla sDrive18d, che dispone di serie di un nuovo cambio manuale a sei
rapporti, in 9,2. La seconda generazione della
X1 porta in strada una versione evoluta del sistema di trazione integrale xDrive, che assicura la
ripartizione ideale della coppia motrice tra asse
anteriore e posteriore in riferimento alla situazione di guida. Con la connessione con la regolazione della stabilità di guida DSC (Dynamic Stability
Control), il sistema compensa ogni tendenza
di sovrasterzo o di sottosterzo ed assicurando
la trazione ottimale, stabilità di guida e massimo dinamismo in curva in tutte le condizioni. Il
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sistema, in condizioni particolarmente severe,
arriva a trasmettere fino al 100% della forza alle
ruote posteriori; inoltre, in combinazione con
xDrive, il DSC comprende l’assistente di discesa Hill Descent Control, attivabile premendo un
pulsante.
Su strada: asfalto o sterrato,
per lei pari sono
Confidenziale fin dai primi metri, convincente
nella posizione di rialzata e dall’ampia visuale
frontale, rassicurante per la dotazione elettronica di supporto al pilota, la X1 colpisce subito in
positivo.
D’altro canto, questa vettura piace a tutte le latitudini e ci sono ragionevoli premesse perché
anche la seconda serie percorra la stessa strada
di successo commerciale, ampliandone anzi le
dimensioni.
Abbiamo testato le qualità della 20d xDrive, versione che certamente nel nostro Paese troverà
molti estimatori: il quattro cilindri da 190 CV,
abbinato ad sequenziale Steptronic, ha portato
a termine in maniera impeccabile il suo compito, rivelandosi non solo equilibrato e potente, ma
anche piuttosto parco nei consumi (facile stabilizzarsi sul limite dei 20 km/lt non esagerando
con l’acceleratore). La trazione integrale pianta al suolo la vettura, che supera senza affanno
alcuno anche i percorsi in sterrato, digerendo
asperità, solchi e buche con disinvoltura; certo
non l’abbiamo spinta su una speciale del Mondiale Rally, ma se la necessità è di raggiungere
la casa in campagna o la spiaggia isolata collegata all’asfalto da un sentiero, diciamo che la
prossima estate in Sardegna vedremo sbarcare
diverse X1 pronte a mettere le ruote sulle piste
sabbiose che portano ai Caraibi di casa nostra.
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I prezzi
Nell’ampio intervallo compreso dai 30.550 euro
che corrono dalla 18i sDrive base ai 50.500 necessari per la 25d xDrive MSport c’è spazio per
i listini delle prevedibili bestseller X1 18d (da
32.950 a 41.900 euro), X1 20d (da 37.400 a
45.850 euro), oltre a tutte le varianti e le diverse
combinazioni rese possibili dalla disponibilità di
trazione anteriore ed integrale, cambio manuale
ed automatico, diversi livelli di allestimento che
corrispondono alle versioni Advantage, Sport,
xLineoltre per chiudere in bellezza con l’esclusiva e performante M Sport. Difficile orientarsi,
ma altrettanto quasi impossibile non trovare il
modello cucito addosso alla propria personalità
di pilota.
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PROVA SU STRADA
NUOVA AUDI A4 AVANT
Io sono la
Station
La nuova Audi A4 Avant diventa il nuovo punto
di riferimento della categoria. E ,soprattutto
nelle versioni quattro, diventa anche più bella
da guidare. Peccato solo per l’abitabilità
posteriorel’insonorizzazione
di Matteo Valenti
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Media
A
d un primo sguardo, del tutto superficiale, la nuova Audi
A4 Avant potrebbe sembrare una semplice evoluzione
del modello precedente. Ma
non si potrebbe cadere in
un errore più madornale di questo, visto che la
B9 - questo il nome industriale - compie un taglio netto rispetto al passato. Certo, come sempre il design si evolve nel segno di una continuità
che ha sancito il successo assoluto del brand
dei Quattro Anelli, almeno da quando Walter De
Silva si re-inventò lo stile del marchio tedesco a
partire dalla ormai leggendaria calandra single
frame. Sotto però è tutta nuova, a partire dalla
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piattaforma che diventa la MLB di ultima generazione (Modulare Longitudinale), che ha debuttato sulla nuova Q7. Uno scheletro talmente
sofisticato che ha permesso di risparmiare fino a
120 kg di peso rispetto alla Avant di precedente
generazione.
Dal vivo: com’è fuori
Ma andiamo con ordine e partiamo dallo stile.
Continuità, dicevamo, ma a ben guardare non
mancano cambiamenti di sostanza. Grazie a linee che si fanno molto più tese, direi affilate, la
nuova A4 Avant diventa molto più aggressiva
rispetto al passato, seguendo l’evoluzione degli
ultimi modelli Audi. Un design che non segue
soltanto canoni estetici, ma che è stato pensato
anche per essere funzionale all’aerodinamica. La
Avant infatti può vantare un Cx di 0,26, un risultato eccezionale per un’auto di questa categoria.
Una vera opera d’arte tecnica poi sono i gruppi
ottici matrix led anteriori, con gli scenografici indicatori di direzione dinamici (ci sono anche dietro). Lunga 4,725 m, larga 1,842 (senza considerare gli specchietti) ed alta 1,434 la nuova station
di Ingolstadt presenta un montante posteriore
particolarmente inclinato. Il risultato è un aspetto atletico, ma anche molto sportivo. Il tutto
senza penalizzare il bagagliaio che ora offre una
capacità di 505 litri (prima erano 490). Abbattendo i sedili poi si possono avere a disposizione
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segnaletica stradale. Non mancano il sistema di
mantenimento della carreggiata e l’assistente al
parcheggio, oltre a tutta un’altra serie di tecnologie pensate per migliorare la sicurezza in fase di
manovra o scarsa visibilità.
Motorizzazioni: la cavalcata
dei TDI
Al momento del lancio la nuova A4 Avant viene
offerta in Italia con un ricco ventaglio di motorizzazioni Euro 6. Gli amanti (pochi, almeno nel
nostro Paese) della benzina potranno scegliere
il nuovo 2.0 TFSI nelle versioni da 190 o 252 CV.
Molto più articolata invece la famiglia dei diesel
che apre le danze con il classico 2.0 TDI da 150
o 190 CV, per passare al poderoso 3.0 V6 TDI
nelle versioni da 218 o 272 CV. Oltre al classico
fino a 1.510 litri. Di serie sono offerti il portellone
ad apertura elettrica e la cappelliera ripiegatile
elettricamente, mentre a richiesta si può avere il
sensore per aprire e chiudere il bagagliaio con un
semplice movimento del piede sotto al paraurti.
Dal vivo: com’è dentro
Ma è all’interno che la nuova A4 Avant compie un
vero salto in avanti epocale. L’abitacolo riprende
l’impostazione di tutti i più recenti modelli della
gamma, a partire dalla nuova Q7. La strumentazione si affida al sofisticato Audi Virtual Cockpit
(optional), quindi diventa interamente digitale
grazie al maxi display personalizzabile da 12,3
pollici. Al centro poi continua a farsi notare lo
schermo da 8,3 pollici del sistema multimediale
MMI di ultima generazione. Sul tunnel centrale
spunta la nuova manopola con touchpad integrato e una serie di comandi a sfioramento. Sono
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cambio manuale a sei marce, completamente
riprogettato, si può scegliere il doppia frizione S
Tronic a sette rapporti, ora disponibile anche per
le versioni a trazione anteriore (fortunatamente
è andato in pensione il vecchio Multitronic…). Il
convertitore di coppia Tiptronic a otto marce invece rimane riservato alla versione più potente
spinta dal V6 TDI da 272 CV. Come su ogni Audi
che si rispetti poi non può mancare l’integrale
quattro, disponibile in alternativa alla trazione
anteriore sulle motorizzazioni più potenti (2.0
TFSI 252 CV, 2.0 TDI 190 CV e 3.0 TDI).
Prezzi: con gli optional si
sale in fretta
I prezzi della gamma A4 Avant partono da 42.700
euro ma possono crescere fino a raggiungere i
facili ed intuitivi ma bisogna prestare attenzione,
perché ogni tanto si rischia di sfiorarli involontariamente, specialmente quando si va ad azionare
la leva del cambio. Quello che impressiona di più
però è l’estrema cura per i materiali e per i dettagli, davvero difficile da trovare anche sulle migliori competitor tedesche. La nuova A4 è semplicemente su un altro pianeta da questo punto
di vista, senza considerare un design veramente
riuscito, accattivante ma al tempo stesso funzionale ed elegante.
Sicurezza: siamo al top
Anche in questo caso poi non mancano una sfilza di sistemi di assistenza alla guida di ultima
generazione. Il cruise control attivo è in grado di
“guidare da solo” la vettura quando si è in coda
o in situazioni di traffico intenso, mentre una telecamera si occupa di leggere e interpretare la
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sportivo quando si ha fretta, economo e dolce
quando si viaggia tranquilli. In generale, nella
versione a trazione anteriore, la A4 si dimostra
piuttosto “neutra”. Lo sterzo, molto preciso (a
richiesta c’è persino quello dinamico, che varia
il rapporto di trasmissione in base alla velocità
e all’angolo di sterzata) e il telaio, che diventa
molto più reattivo rispetto a prima, la rendono
sempre efficace, facile ma anche precisa e meticolosa nelle traiettorie. Certo, non è l’auto pensata mettere la pelle d’oca con emozioni di guida
a cascata, ma se cercate una compagna per macinare lunghi viaggi, magari a pieno carico, è davvero difficile trovare di meglio. In ogni caso non
c’è da temere perché naturalmente la massima
espressione della A4 Avant emerge solo con il
top di gamma, spinto dal 3.0 V6 TDI da 272 CV
e trazione quattro. In questo caso, oltre alla foga
del motore, che spinge con un’immediatezza
e una forza quasi brutale, grazie alla valanga di
51.900 euro della versione 3.0 V6 più potente.
L’equipaggiamento di serie è piuttosto ricco e
comprende cerchi in lega, fari allo xeno, illuminazione a led interna, volante con comandi integrati, ma anche l’Audi Drive Select per selezionare diverse modalità di guida, radio, Bluetooth e
clima monozona. Per i più esigenti poi ci sono le
versioni Sport e Design (oltre alla Business) che
aggiungono via via tutte le amenità previste dalla
nuova A4 ma bisogna avere una certa cautela se
non si vuole far impennare eccessivamente il listino. Le competitor sono quelle di sempre. Oltre
alla BMW Serie 3 Touring, da poco sottoposta a
restyling, non bisogna dimenticare l’intramontabile Mercedes Classe C SW, che si presenta sul
mercato in una nuova generazione molto accattivante, e la Volvo V60.
Le nostre impressioni di guida
Iniziamo il nostro test dal 2.0 TDI da 190 CV
a trazione anteriore con cambio S Tronic.
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L’abitabilità è molto buona davanti, dove scompare del tutto quel senso di “chiuso” che poteva
suscitare la versione precedente. La nuova A4 è
ariosa e grazie ai materiali così raffinati sa creare un’atmosfera davvero confortevole. Dietro
si sta comodi in due, anche se lo spazio per le
gambe non è di certo sconfinato e in mezzo bisogna fare i conti con un tunnel piuttosto pronunciato. Il motore in compenso, che abbiamo già
elogiato su A6, è un vero prodigio della tecnica.
Non è solo incredibilmente silenzioso rispetto al
recente passato - pensiamo ai quattro cilindri a
gasolio di qualche anno fa - ma è anche molto
piacevole da guidare. E’ pastoso e se non gli si
tira troppo il collo sa essere dolce del tutto privo di vibrazioni e ruvidità. Un risultato strepitoso
per un 2.0 a gasolio. Il cambio poi si riconferma
lo stato dell’arte, con cambiate velocissime, impercettibili e super “intelligenti”. L’S Tronic è un
fulmine a capire le intenzioni di chi guida, adattando la sua risposta alla perfezione. Fulmineo e
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coppia (600 Nm a 1.500 giri!), migliora di netto
anche alla dinamica di guida. La trazione quattro di ultima generazione infatti inizia a perdere
quella tendenza al sottosterzo, tipica delle Audi
del passato, per diventare più coinvolgente e
piacevole da guidare. Il trucco è presto svelato,
visto che le Audi di oggi tendono a favorire con
più disinvoltura rispetto al passato la distribuzione della motricità sull’asse posteriore. Solo in appoggio dimostra qualche incertezza iniziale, ma
soltanto quando le si sta chiedendo veramente il
massimo. Per il resto la A4 3.0 TDI con il Tiptronic a otto marce si dimostra velocissima, convincente e persino divertente.
Consumi: la ultra fa paura
Chiudiamo il test con la versione 2.0 TDI ultra con
cambio manuale e trazione anteriore, pensata
per contenere al massimo i consumi. E in effetti,
nel corso del nostro test su strade di montagna e
autostrada, siamo riusciti a far registrare, in questo caso, un consumo di 4,6 l/100 km (dato del
computer di bordo). Un risultato stupefacente
per un’auto di questa categoria, così equipaggiata. Per la cronaca, con il 2.0 TDI da 190 CV S Tronic siamo rimasti intorno ai 7,3 l/100 km, mentre
con la 3.0 TDI quattro Tiptronic non ci siamo mai
allontanati dai 10 l/100 km.
Conclusioni
La nuova Audi A4 Avant diventa senza ombra
di dubbio il nuovo punto di riferimento della categoria. E’ così tecnologica e ben realizzata da
lasciare a bocca aperta le concorrenti tedesche
di sempre e, soprattutto nelle versioni quattro,
diventa anche più bella da guidare rispetto al
passato.
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PROVA IN PISTA
RENAULT R.S. 01
Bella e Bestia
Jerez de le Frontera e una Renault R.S.01 tutti per noi.
Emozioni da brivido alla guida di una delle auto della
Losanga più estreme e divertenti mai create
di Emiliano Perucca Orfei
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Media
R
enault è da sempre uno dei
brand che tratta il Motorsport
con maggiore passione. Dai
rally alla pista, passando ovviamente per quella F1 che ha
dominato in lungo e in largo
anche come costruttore, la Casa della Losanga
ha sempre dato dimostrazione di concretezza
ma allo stesso tempo di “godereccia” fantasia:
vetture come la Spìder - 1994, spinta dal quattro
cilindri da 180 CV della Clio Williams - o la mostruosa Megane Trophy sono solo due esempi di
vetture che hanno saputo dare vita a trofei combattuti e spettacolari. Una mission che anche
la R.S. 01 fa sua sfoggiando con caratteristiche
tecniche (e prestazioni) in linea a quelle delle di
un DTM di ultima generazione. Una vettura incredibile, curata nello stile da Laurens Van den
Acker per celebrare le forme della Concept Car
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Christophe Chapelain e Dallara hanno scelto di
progettare la loro creatura: imbullonato alla monoscocca in fibra di carbonio, in cui è contenuto
anche il serbatoio da 150 litri, si fa notare il V6 da
3.8 litri sviluppato da Nissan per la GT-R. Un motore che nella configurazione studiata per la R.S.
01 da Nismo prevede un livello di potenza massima di 550 CV a fronte di un valore di coppia di
600 Nm. Tante le modifiche apportate all’unità
giapponese, in particolar modo per quanto concerne il raffreddamento della coppia di turbocompressori e la circolazione dell’olio che ora
prevede un sistema a carter secco per far fronte
alle forze centrifughe che renderebbero impossibile il pescaggio dell’olio in curva con la coppa
di serie. Un motore molto compatto, perfettamente inserito nel contesto della R.S. 01 anche
in termini di dislocazione delle componenti accessorie, abbinato ad un cambio Sadev a sette
marce con attivazione elettromagnetica XAP dotato di differenziale autobloccante meccanico a
gestione elettronica. Interessante anche la tipologia di frizione scelta: esattamente come le GT3
di ultima generazione è progettata da ZF Race
Engineering con funzioni di antistallo a rilascio
automatico in fase di partenza. Da Libro Cuore
anche il reparto ciclistico con sospensioni che
prevede uno schema a doppio triangolo sovrapposto (montato su uniball) e puntone di attivazione (Pushrod) che lavora su ammortizzatori
Ohlins regolabili in compressione e ritorno. Questi sono montati sulla scatola del cambio nella
parte alta della scocca, in posizione rialzata.
Stesso discorso per i freni che sfruttano la tecnologia di PFC Brakes per i dischi in carbonio da
380 mm e le pinze monoblocco a sei pistoncini
per frenare speciali cerchi a fissaggio centrale
gommati Michelin. Senza compromessi anche
l’elettronica: Renault ha scelto di affidarsi Bosch
per il sistema ABS racing (regolabile su 8 posizioni) mentre a Cosworth per gestione motore,
acceleratore e controllo della trazione.
DeZir (2010) e sviluppata attorno a misure che
parlano chiaro in termini di sportività: 2.000 mm
di larghezza ed appena 1.116 di altezza... Ma non
è tanto lo stile ad essere impressionante, anche
se i dettagli che la compongono sono più vicini a
quelli di una vera vettura stradale piuttosto che
ad un naturale DNA di vera racing car, ma piuttosto la ricerca della prestazione che si manifesta già scorrendone le caratteristiche in scheda
tecnica: telaio e carrozzeria in fibra di carbonio,
motore centrale, ed un livello di downforce eccezionale per una GT. I tecnici Renault parlano
infatti di 1.200 kg a 270 km/h e di 1.700 a 300...
Numeri degni di una monoposto della World Series by Renault 3.5 (o di una GP2), che tradotto
in tempi sul giro pongono la R.S. 01 al di sopra
di una GT3 ed a ridosso di una DTM. Merito di
questo risultato è da ricercare anche nelle scelte
motoristiche effettuate e nell’architettura in cui
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componenti meccaniche mentre dietro al volante, in una apposito alloggiamento rialzato, fa bella mostra di sé uno quadro strumenti digitale tra
i più completi mai visti: progettato da Cosworth
dice vita morte e miracoli della vettura in un
modo relativamente semplice da leggere. Di sicuro quando si va forte forte quello che interessa
sono i led luminosi che accompagnano l’avvicinarsi alla zona rossa e la marcia inserita. Più piccolo lo spazio riservato alla velocità: meglio così,
perché quello che si legge è davvero dell’altro
mondo. Una volta allacciate le cinture viene da
chiedersi davvero cosa ne sarà di noi una volta
in pista. Vero, di auto da corsa in questi anni ne
abbiamo guidate diverse ma questa è un po’ più
speciale delle altre: stamparla su uno dei muretti
di Jerez non sarebbe il massimo. L’emozione ed
i dubbi non passano nemmeno quando i tecnici
Dal vivo: com’è
Il look della R.S. 01, in particolar modo nella colorazione gialla e grigia tipica di Renault Sport,
è quasi gentile: se non fosse per il gigantesco
alettone posteriore e per alcuni dettagli marcatamente racing si potrebbe quasi pensare che
la supersportiva Renault sia più una derivazione
stradale che un’auto da corsa purosangue con
zero possibilità di essere messa, un giorno, su
strada. Un lavoro di stile certosino, certamente
uno dei migliori visto negli ultimi anni in ambito
racing, che non si fa mancare nulla in tema di
funzionalità: i cofani, alla stregua di una F1, si
levano in pochi secondi così come la costruzione sottopelle appare davvero ben fatta a tutto
vantaggio della facilità di assistenza della vettura
nei weekend di gara da parte dei meccanici. Fari
a led, frecce ad attivazione dinamica e porte ad
ala di gabbiano. La R.S. 01 dimostra di essere in
tutto e per tutto una vera auto da corsa quando
32
ci chiedono di abbassare la leva dell’iniezione e
di premere il pulsante start. Il motore della GT-R
fa venire i brividi già a pensarlo sotto al cofano di
una stradale da 1800 kg, figuriamoci ora. Usciamo dai box semplicemente accelerando - senza
utilizzare la frizione (non c’è...) - e subito capiamo che la R.S. 01 forse è più amichevole di quello
che può sembrare. Fuori si vede bene, gli specchietti sono grandi e fanno vedere molto bene
quello che c’è dietro e la seduta è esattamente
quello che ci si aspetta da un prototipo: bassa,
con le gambe distese ed il volante basso e verticale. Il reparto motore e trasmissione dà l’idea
di essere molto dolce ai bassi regimi e non dà i
classici “scossoni” delle auto da corsa aspirate
di vecchia generazione. Anche lo sterzo sembra
essere di questa scuola: è velocissimo nell’imprimere movimento alle ruote ma allo stesso tempo
si “cerca” di salire a bordo: a meno che non si sia
dei fantini o dei fanatici del pilates l’accesso a
bordo è limitato un po’ dall’invadenza della porta
ed un po’ dalla larghezza del brancardo. Come
se non bastasse l’apertura è molto piccola e questo crea non pochi problemi... Una volta a bordo
però, fatta amicizia con il roll bar che va a completare la vasca in carbonio che non fa nulla per
nascondere la sua “tecnicità”, si scopre un abitacolo relativamente spazioso, con possibilità di regolare sedile e pedaliera a piacere. Molto piccolo
il volante, dotato di una impugnatura “generosa”
(alla Mansell), e di una forma rettangolare che
lo rende concettualmente vicino a quello delle
moderne F1 o delle GT3: ci sono tanti tasti e tanti
manettini da regolare, di sicuro i più importanti
sono quelli centrali con cui si può giocare sulle
tarature di ABS, Traction Control e progressività
dell’acceleratore. Al centro della plancia trovano posto tutti i pulsanti di attivazione delle varie
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offre un’idea di grande confidenza. Fin qui tutto
bene. La R.S. 01 potrebbe essere guidata quasi
da chiunque. È invece quando si inizia a spingere
che le cose cambiano - e non poco - perché la cavalleria in gioco è tanta e la vettura, sotto questa
spinta, inizia ad assumere la dimensione racing
per cui è stata progettata. Il V6 da 3.8 litri Nismo
è impressionante, come del resto già nella versione stradale. Spinge fortissimo a tutti i regimi
ed il lavoro di “slegatura” effettuato liberandolo
da tutte le diavolerie antinquinamento è riuscito
a renderlo ancor più aggressivo agli alti regimi
dove, sotto la spinta delle due turbine ed avvolti
in un sound da pelle d’oca, si arriva di slancio a
6.800 giri. Il tutto accompagnato da una rapidità
di cambiata incredibile: il sette marce racing prodotto da Sadev è una “mitraglia” e, soprattutto
in scalata, dimostra grande precisione supportando alla grande la dinamica della R.S. 01 nelle
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Prove
Periodico elettronico di informazione automobilistica
fasi di ingresso in curva. Fasi fondamentali nella
performance della vettura perché tra le varie caratteristiche che rendono la supersportiva Renault davvero incredibile c’è proprio la rapidità
nei cambi di direzione ma soprattutto la velocità
con la quale si riesce ad approcciare alle curve,
che è da monoposto: un effetto amplificato dalla possibilità di spostare molto avanti la frenata
grazie ad un impianto con dischi in fibra di carbonio e pinze a sei pompanti anch’esso degno di
una monoposto. A Jerez, applicando sul pedale
una forza di 70 kg, siamo passati da 250 a 90
km/h in meno di 100 metri. E forse si potrebbe
fare meglio togliendo “tacche” al sistema ABS,
che noi in via precauzionale abbiamo utilizzato
sulla quinta di undici posizioni. Incredibile. L’impianto frenante è certamente una delle caratteristiche che distingue di più la vettura in tema di
performance ma per funzionare non c’è bisogno
solo di tanto potenziale ma anche di un bilanciamento del telaio che permetta di trasferire la
giusta dose di carico sulle ruote quando serve:
ecco perché nelle fasi di frenata il muso della vettura si abbassa in modo “evidente” per assicurare il giusto carico verticale alle ruote anteriori.
Questo non significa che la R.S. 01 sia morbida,
anzi: su schiena e sedere arriva proprio tutto ed
i movimenti trasversali della vettura si sentono
permettendo di essere repentini nelle manovre di correzione che sono all’ordine del giorno
alle basse velocità. Questo non significa che la
vettura sia instabile, anzi, ma tra la mostruosa
potenza disponibile ed il differenziale di carico
aerodinamico generato dall’assenza di velocità
il comportamento della vettura cambia radicalmente nei diversi punti della pista. La capacità
di generare carico inizia a farsi davvero sentire una volta superati i 130 km/h, ovvero nelle
curve da 3/4 marcia: i tecnici Renault ci avevano anticipato ampiamente questo fenomeno ma
man mano che la velocità aumenta sembra che
la vettura sia sempre più incollata alla strada e
la sensazione è davvero bellissima. Più si spinge
più la vettura rimane incollata al suolo. Non è facile guidare così, perché se mai dovesse partire
partirebbe piatta e senza tanti convenevoli, ma
la sensazione che si ha quando la mano magica
schiaccia il corpo vettura è davvero incredibile
e si ha sempre la sensazione di poter spingere
un po’ di più di quando fatto il giro precedente.
Cinque giri di numero sono pochi per scoprire
davvero il potenziale di un’auto del genere ma
nella giornata di prova spagnola abbiamo avuto
la possibilità provare la vettura anche sotto l’acqua: sù le rain ed impostati i controlli di trazione
e ABS in posizioni più safe abbiamo guidato per
un’altra ventina di km scoprendo una vettura
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Prove
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Prove
decisamente più impegnativa ma comunque
molto sincera. Il minor carico generato nei curvoni ed il diverso grip offerto dalla pista, del resto, non potevano che generare questo effetto
anche se la cosa che più ci ha impressionato è la
capacità di scaricare comunque a terra la potenza senza rendere impossibile il rapporto uomo
macchina.
In conclusione
La R.S. 01 è sostanzialmente un’auto da corsa
perfetta. È bella, veloce e trasmette sensazioni
eccezionali. Purtroppo di difetti ne ha e stanno
tutti nel costo, che si aggira attorno ai 290.000
euro: tanti considerando che l’unica categoria,
per il momento, pronta ad accettarla è il Trofeo
per cui è nata. In Renault si sono comunque accorti di questa “mancanza” e stanno cercando
di correre ai ripari chiedendo eventuali deroghe
nelle categorie GT3: il kit per parificare la prestazione della vettura a quello delle derivate di serie
è praticamente già pronto.
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Assistance Package con Distronic, Steering Pilot, Active Brake Assist, Pre-Safe Assist, Active
Blind Spot Assist e Active Lane Keeping Assist.
A richiesta anche il Parking Pilot e l’Adaptive
Highbeam Assist Plus. Nuova la palette colori,
che si arricchisce del Brilliant Blue e del Designo
Selenite Grey Magno, mentre saranno inediti i
cerchi in lega. L’abitacolo, invece, si caratterizza
per tre diverse possibili combinazioni delle luci
interne. Disponibile da aprile 2016, sotto il cofano della SL restyling troveremo un rinnovato V6
da 3.0 litri, capace di erogare 367 cavalli, oltre
al V8 di 4.7 litri e 455 cavalli, entrambi in vendita abbinata al cambio automatico 9G-Tronic a
nove marce. Non mancano le versioni piccanti
marchiate AMG, come la SL 53 AMG con il V8 biturbo di 5.5 litri e 585 cavalli e la micidiale SL 65
AMG, equipaggiata con il V12 bi-turbo di 6.0 litri
e 630 cavalli.
MERCEDES SL RESTYLING
NON CHIAMATELA “FACELIFT”
Al Los Angeles Auto Show 2015 Mercedes porta il restyling della SL.
Le forme della due posti di Stoccarda si allineano al resto della famiglia,
con un’ispirazione marcata alla AMG GT
M
ercedes rifà il trucco alla SL, offrendole un restyling di metà-vita.
Le linee, ora, sono state aggiornate ai dettami stilistici della casa di
Stoccarda: per quanto riguarda il frontale – rivisto nel paraurti, nella mascherina e nei gruppi
ottici a LED – l’ispirazione alla AMG GT è davvero
forte, mentre sono state mantenute le altre peculiarità del modello. Non è stato toccato il tetto ripiegabile in metallo, ora in grado di aprirsi e
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chiudersi anche fino ad una velocità di 40 km/h
grazie ad un nuovo sistema elettroidraulico. Implementati, invece, i sistemi tecnologici di bordo, adattandoli al resto della gamma. Fa la sua
comparsa, da questo punto di vista, il Dynamic
Select, tramite il quale è possibile modificare i
vari assetti dell’auto adattandolo alle varie situazioni. Oltre a ciò, sono stati aggiunti anche il Collision Prevention Assist Plus con Adaptive Brake
Assist, mentre come optional avremo il Driving
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si trova più in linea con il nuovo corso stilistico
tracciato dalla casa di Stoccarda. Le importanti dimensioni della GLS – lunga 5130 mm, larga
1934 mm ed alta 1850 mm – sono ora addolcite
da particolari di rilievo, come l’implementazione
delle luci diurne a LED e da una griglia d’aerazione più grande dove troneggia il logo della casa,
maggiorato nelle dimensioni. Nuovi, inoltre, i cerchi in lega AMG da 21”. Una volta saliti a bordo, si
è accolti dal consueto e tradizionale lusso tipico
della Classe S. La plancia è dominata dal tablet
da 8” collocato al centro della console, dal quale
si potranno governare tutti gli aspetti essenziali
dell’auto. Il volante a tre razze è stato rivestito in
pelle, mentre come optional – per i più esigenti
– è previsto uno ionizzatore. Non manca il Dynamic Select, controllo grazie al quale è possibile
regolare gli assetti della vettura, scegliendo tra
Comfort, Slippery e Sport, oltre alle modalità
Individual e Off-Road. Con il pacchetto off-road,
inoltre, è disponibile una configurazione più
estrema, la Off-Road+: le sospensioni Airmatic
sollevano la scocca di 306 mm, intervenendo
anche sui rapporti del cambio, accorciandoli.
Non manca nulla sul versante della sicurezza, sia
attiva che passiva. Sono inclusi il Collision Prevention Assist Plus, l’Attention Assist, la frenata
d’emergenza assistita, il cruise control, l’ESP e
la trazione AWD. Il Distronic Plus con sterzata
assistita, l’Active Lane Keeping Assist, lo Speed
Limit Assist, il Bas-Plus con Cross-Traffic Assist ed il segnalatore di angoli ciechi sono previsti
come optional. Importanti novità sotto il profilo
delle motorizzazioni. Si parte dai benzina, con
la GLS 400 4MATIC, equipaggiata con un V6 biturno capace di erogare 333 cavalli e 480 Nm
di coppia. La GLS 500 4MATIC, spinta da un V8
bi-turbo da 455 cavalli, rappresenta una buona
via di mezzo, mentre per chi volesse puntare al
top di gamma, è disponibile la GLS nella sua versione AMG, ovvero la 63 4MATIC, capace di ben
585 cavalli. La GLS 350d 4MATIC, infine, è stata
pensata per gli amanti inossidabili del diesel, con
i suoi 285 cavalli. Eccezion fatta per la variante
AMG, tutti i nuovi SUV di Stoccarda montano un
cambio automatico 9G-TRONIC.
MERCEDES GLS
ARRIVA LA CLASSE S DEI SUV
di Marco Congiu | Mercedes ha tolto i veli alla nuova GLS. Si tratta di un
Suv di dimensioni generose, in cui la definizione di “lusso” viene, nelle
intenzioni degli uomini di Stoccarda, portata ai massimi livelli. Per i più
esigenti, inoltre, c’è anche la versione marchiata AMG...
L
a strategia “SUV Attack” di Mercedes si
arricchisce di un’altra pedina importante, e stavolta si tratta di un vero e proprio pezzo da novanta. Stiamo parlando
della nuova GLS, Sport Utility che, nella sostanza, si trova a combattere nello stesso segmento
di Audi Q7, BMX X5 e Jaguar F-Pace. Nella sostanza, si tratta di un restyling della GL, che ora
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News
Periodico elettronico di informazione automobilistica
materiali di qualità e un design piuttosto elegante. Al momento non sono ancora stati resi noti
i dettagli tecnici della QX30, ma sappiamo già
che arriverà anche in una versione a trazione integrale, grazie allo schema reso disponibile dalla
tecnologia 4Matic di Mercedes. Sotto al cofano
poi dovremmo trovare una famiglia di motori
simile, se non identica, a quella della Q30. Con
ogni probabilità i benzina apriranno le danze con
i 1.6 turbo da 122 e 156 CV, che verranno affiancati dal più generoso 2.0 turbo da 211 CV. I diesel
invece dovrebbero contare sul piccolo 1.5 di origine Renault da 109 CV e sul classico Mercedes
da 2.2 litri in grado di produrre 170 CV. Oltre al
classico manuale a sei marce poi ci sarà senza
dubbio anche una variante automatica. In questo momento non sappiamo ancora i prezzi di
mercato né i tempi di commercializzazione, ma
è lecito aspettarsi un lancio sui mercati europei
nel corso del prossimo anno.
INFINITI QX30
ECCO LA NUOVA CROSSOVER DI LUSSO
Abbiamo appena finito di conoscere la nuova Q30 ma il rilancio di
Infiniti sembra davvero implacabile. Al Salone di Los Angeles è stata
appena presentata la nuova QX30, una crossover di lusso realizzata
sulla base delle Mercedes GLA
A
bbiamo appena finito di conoscere
la nuova Q30 ma il rilancio di Infiniti
sembra davvero implacabile. Al Salone di Los Angeles infatti è stata appena presentata la nuova QX30, una crossover
realizzata sulla base delle Mercedes GLA, con
cui condivide l’architettura, le motorizzazioni e
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diverse componenti. Ispirata all’omonimo concept presentato a Ginevra, la QX30 si presenta al
mondo come un crossover di lusso pensato per
chi vuole distinguersi. Il merito è di un design fuori dagli schemi, che riprende la filosofia della Q30.
Anche all’interno infatti la crossover giapponese
ricalca l’abitacolo della sorella hatchback, con
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News
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Clubsport vanta un prezzo molto interessante:
111.000 euro. Nata per gareggiare tra i cordoli,
la vettura è stata rivista e migliorata sotto vari
punti di vista. Eredita direttamente dalla 911 GT3
Cup il sistema sospensivo in lega leggera, mentre l’impianto frenante è stato migliorato grazie
all’adozione di dischi in acciaio di 380 mm l’uno.
All’interno dell’abitacolo, sono stati giustamente
eliminati tutti i fronzoli, per diminuire quanto più
possibile il peso, che ora si assesta sui 1.300 kg.
Il roll-bar saldato al telaio aumenta la rigidità comoplessiva, mentre il pilota può trovare comodamente spazio sul sedile in puro spirito racing con
cinture a sei punti. Sotto il cofano si cela il propulsore a sei cilindri da 3.8 litri, capace di erogare
385 cavalli di potenza. Il cambio è una versione
modificata del celeberrimo Porsche Dopplekupplung con paddle al volante, mentre è presente
anche un differenziale posteriore autobloccante
meccanico. I gentlemen drivers sono avvisati: è
arrivata una nuova sfida con cui misurarsi.
PORSCHE CAYMAN GT4 CLUBSPORT
PER PALATI FINI E...CORSAIOLI
di Marco Congiu | In occasione del LA Auto Show 2015, Porsche ha
svelato la Cayman GT4 Clubsport. Si tratta di una versione da corsa
della GT4, il cui debutto su pista è già previsto in molteplici categorie.
Con 380 cavalli, poi, le prestazioni non mancheranno...
A
nimo corsaiolo, colorazioni sgargianti e linee modellate per la velocità.
Questa è la nuova Porsche Cayman
GT4 Clubsport, portata dalla casa
del Gruppo VW al Los Angeles Auto Show 2015.
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Creata per permettere agli appassionati pistaioli
della casa di Stoccarda di cimentarsi in vari campionati – dal VLN long Distance Championship
Nurburgring, passando per il Pirelli GT3 Cup Trophy USA e la SRO GT4 Series – la Cayman GT4
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News
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Telaio giapponese, design italiano
Prodotta a Hiroshima sulle stesse linee della
Mazda MX-5 da cui deriva la parte telaistica, la
124 Spider è lunga poco più rispetto alla parente giapponese. Misura 4,05 metri in lunghezza,
mentre larghezza (1,50), passo (2,31) e altezza
(1,23) sono quasi identici a quelli della MX-5. Le
“gobbe” sul cofano richiamano quelle della 124
Spider di seconda generazione, mentre un dettaglio moderno sono i fanali posteriori con inserti
in tinta carrozzeria che formano una superficie
luminosa da anello. L’abitacolo, piuttosto simile
a quello della MX-5, è rivestito con materiali morbidi, mentre pelle per sedili, volante e cuffia del
cambio ed ecopelle per pannelli porte e quadro
strumenti conferiscono all’ambiente a bordo un
tocco di “premium”. La struttura del sedile della 124 Spider facilita l’apertura della capote ad
azionamento manuale anche da seduti.
124 Spider e 124 Spider Lusso
Due gli allestimenti, dai nomi volutamente retrò:
124 Spider e 124 Spider Lusso. Il primo comprende di serie doppio terminale di scarico, roll-bar
con finiture nere, oltre a montante, minigonne e
maniglie delle porte in tinta carrozzeria. I cerchi
in lega da 16’’ sono di serie, come pure i sedili in
tessuto premium nero, i proiettori alogeni, i fanali a LED e il cruise control. La versione Lusso
aggiunge cerchi in lega da 17’’, roll-bar e montante anteriore di color argento, doppio terminale
di scarico cromato e fari fendinebbia di serie. Gli
interni comprendono sedili in pelle di colore nero
o tabacco, la palpebra del cruscotto rivestita con
cucitura a vista e climatizzatore automatico. Per
festeggiare il ritorno dopo quasi 50 anni, 124
esemplari faranno parte di un’edizione limitata
“Anniversary” che sarà contraddistinta da un
badge celebrativo numerato, dalla livrea Rosso
Passione e dai sedili in pelle di colore nero.
NUOVA FIAT 124 SPIDER
TUTTI I DETTAGLI DELLA
VERSIONE ITALIANA
Svelata a Los Angeles la nuova roadster a marchio Fiat che arriverà in
Italia la prossima estate. Ha 140 CV con il 1.4 MultiAir per la prima volta
abbinato alla trazione posteriore
N
el novembre 1966 al Salone dell’automobile di Torino debuttava la Fiat
124 Spider, una versione inaspettatamente sportiva della popolare 124
berlina, che riscosse un successo immediato.
Era stata disegnata da Pininfarina, che all’inizio
degli anni ‘80 ne assunse la produzione della versione con il proprio marchio da commercializzare negli USA come Pininfarina Spider Azzurra.
50
Agli americani la spider italiana piaceva molto: ne
acquistarono oltre 170.000 tra il 1968 e il 1985 e
oggi negli States circolano ancora ben 8.000 tra
Fiat 12 e Pininfarina Spider. Naturale, quindi, che
dagli USA riparta la carriera della nuova Fiat 124
Spider che debutta al Salone di Los Angeles con
largo anticipo sul debutto nel mercato italiano ed
europeo previsto per l’estate del 2016 con prezzi
di listino ancora da definire.
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News
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Le caratteristiche tecniche
Al posto del 1.5 o del 2 litri entrambi aspirati
Mazda, sulla Fiat 124 Spider è stato trapiantato il quattro cilindri turbo MultiAir da 1.4 litri
già impiegato sulle Abarth che eroga 140 CV di
potenza e 240 Nm di coppia massima ed è prodotto a Termoli. E’ abbinato per la prima volta
alla trazione posteriore attraverso un differenziale posteriore ed è disponibile esclusivamente, a differenza della versione USA, con cambio manuale a 6 rapporti. Ignoti al momento i
dati di accelerazione e velocità massima, che
52
comunque non dovrebbero discostarsi di molto
da quelli della MX-5 2.0, visto che il peso in ordine di marcia di poco superiore (975 contro 1.050
kg) dovrebbe essere compensato dalla maggiore coppia ai bassi regimi del propulsore turbo
italiano rispetto a quella delle unità giapponesi.
All’avantreno, la nuova 124 Spider utilizza uno
schema di sospensioni a quadrilatero, mentre
al retrotreno adotta un’architettura multilink. Si
affida a quattro dischi (ventilati all’anteriore) da
280 mm l’impianto frenante, che sfrutta quattro
pinze flottanti.
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
intercettare volumi di traffico del tutto trascurabili. Tralasciando per il momento le tangenziali di
Varese e Como, già oggi completate, il percorso
principale della Pedemontana era stato pensato
in origine per alleggerire il nodo milanese della
A4. Oggi infatti anche chi deve raggiungere Bergamo o Brescia partendo dalle zone a nord del
Capoluogo lombardo è costretto a passare da
Milano, andando ad intasare, negli orari di punta, la tangenziale nei pressi di Cormano e Sesto
San Giovanni. La Pedemontana invece, una volta completata, avrebbe permesso a tutti questi
automobilisti di “tagliare” alle spalle del Capoluogo e di raggiungere la A4 senza passare da
Milano. Purtroppo però questo scenario sembra
diventare sempre più un miraggio. Da pochi giorni infatti è scaduto per la seconda volta di fila il
bando di gara, senza che si siano trovate banche
disposte a mettere sul tavolo circa 225 milioni di
euro. Una cifra necessaria almeno per rimettere
in moto i lavori sulla A36. Il bando è ora rinviato
a dicembre e la società continua a dirsi “fiduciosa”. In realtà la situazione non potrebbe essere più nera perché se da un lato non si trovano
questi primi 200 milioni, non si capisce da dove
dovrebbero saltare fuori i 3 miliardi ncessari per
completare l’opera.
Ma come si paga la Pedemontana?
Nel frattempo poi, come se non bastasse, divampano le polemiche. Da un lato ci sono i comuni
interessati dalla nuova tratta che sono sul piede
di guerra perché pretendono che partano le bonifiche di Meda e Seveso promesse dalla società
in cambio del nuovo attraversamento autostradale. Dall’altro troviamo i pendolari (pochi per la
PEDEMONTANA, MANCANO
LE RISORSE
ENNESIMA OPERA INCOMPIUTA
(E INUTILE)?
di Matteo Valenti | Il secondo bando di fila per trovare fondi e
rimettere in moto i lavori di Pedemontana è andato deserto. L’opera
rimane incompiuta e finisce per essere poco utile agli automobilisti.
Intanto i pedaggi restano salati e il traffico cala
A
ltri 3 miliardi di euro. È questa la
cifra che serve per completare in
maniera definitiva l’autostrada Pedemontana. Attualmente infatti la
tratta principale della A36 termina a Lentate sul
Seveso, poco dopo aver incrociato la A9 MilanoComo, nei pressi di Turate. Manca, per intenderci, il tronco finale, che collegherebbe la A36 con
54
l’autostrada A4, attraverso la famigerata tratta
B2 nel cuore della Brianza. Ovvero la tratta più
importante, quella che servirebbe a dare un senso compiuto all’intera opera.
Manca la tratta principale
Allo stato attuale infatti la Pedemontana finisce
per risultare poco utile, dal momento che va ad
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verità) che già oggi utilizzano il tratto esistente
della Pedemontana, inferociti per il metodo di
pagamento bizantino e per le tariffe da capogiro.
La Pedemontana infatti “è la prima autostrada
d’Italia dove il pedaggio si paga senza caselli”.
Questo era l’annuncio futuristico della società.
Il problema è che quella che doveva essere una
semplificazione tecnologica è finita per complicare le cose in maniera tragicomica. Per pagare
il pedaggio con tecnologia “free-flow” gli automobilisti devono iscriversi online al “Conto Targa”, anche se muniti di Telepass. Una procedura
che comporta la compilazione di un form online
e la consegna di materiale cartaceo (alla faccia
dell’innovazione tecnologica…).
Pedaggi salati
E poi ci sono i costi di pedaggio. Dopo i mesi
“gratuiti” giustificati in qualche modo con la
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Intervista
presenza di Expo, le tratte esistenti di Pedemontana sono divenute a pagamento. Il problema è
che per percorrere la tratta principale che collega A8 e A9 fino all’innesto con la Milano-Meda si
pagano 4,72 euro.
Una bella cifra per fare soltanto 23 km. Salati poi
anche i conti delle tangenziali di Como (9 km) e
Varese (11 km), tanto che gli automobilisti, come
riporta VareseNews, stanno tornando gradualmente ad affollare le vecchie Statali (gratuite),
rinunciando ai nuovi tratti autostradali.
Pedemontana cerca di “metterci una pezza” istituendo degli sconti (50% fino al 31 gennaio e poi
per i pendolari con almeno 7-8 passaggi mensili).
Ma lo spettro dell’ennesima opera pubblica inutile si fa sempre più concreto.
Almeno fino a quando non si completerà la tratta finale. Ovvero quella per cui era nato l’intero
progetto.
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Come verrà aggiornato il 1.6 TDI
Per il 1.6 TDI sarà infatti necessario installare un
“trasformatore di flusso” davanti al sensore presente nei condotti di aspirazione dell’aria. Spiega
Volkswagen che si tratta di una griglia che calma le turbolenze che si creano in prossimità del
sensore rendendo più accurata la misurazione.
Questo sensore «misura la massa d’aria che percorre il condotto, che è un parametro molto importante nella gestione del motore per ottenere
un processo di combustione ottimale», spiega
VW. All’installazione del trasformatore di flusso
si accompagnerà anche un aggiornamento del
software di gestione del motore. Il tempo previsto per l’operazione è di circa un’ora.
Dubbi su prestazioni e consumi
E’ ancora da perfezionare l’aggiornamento che
dovrebbe portare il 3 cilindri 1.2 TDI nei limiti di
legge. Volkswagen presenterà la propria proposta per l’approvazione al KBA entro la fine del
mese di novembre. L’obiettivo del richiamo,
secondo la stessa Volkswagen, è quello di non
influenzare negativamente la potenza, i consumi
e le prestazioni. «In ogni caso, visto che (le emissioni di, ndr) tutte le varianti di modello devono
essere ancora misurate, il raggiungimento di
questi target non può ancora essere confermato
definitivamente», avverte la Casa tedesca.
DIESELGATE
COME VOLKSWAGEN RISOLVERÀ IL
PROBLEMA EMISSIONI DEL TDI EA189
di Daniele Pizzo | Ecco le soluzioni alle emissioni eccessive di NOx: per
il 1.6 TDI andrà installato un “trasformatore di flusso”, mentre per il 2.0
TDI basterà un aggiornamento del software. Da perfezionare ancora i
correttivi per il 1.2 TDI
I
motori Diesel le cui emissioni di NOx superano il limite stabilito dalla normativa
europea verranno “corretti” da Volkswagen attraverso due diverse soluzioni che il
costruttore di Wolfsburg ha presentato al KBA,
l’Autorità dei trasporti tedesca, che ha approvato le misure che verranno applicate nella campagna di richiamo che partirà da gennaio 2016. I
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due correttivi riguardano i propulsori EA 189 nelle cilindrate 2.000 e 1.600, noti come 2.0 e 1.6
TDI, installati oltre che sulle vetture a marchio
Volkswagen anche sulle Audi, Seat e Skoda. Se
per l’unità di cilindrata maggiore sarà necessario
semplicemente aggiornare il software, operazione che si esegue in circa 30 minuti di intervento,
più complesso sarà intervenire sul 1.6 TDI.
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Tecnica
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Il “Column EPS”: semplice ed
efficace
Ma andiamo con ordine e andiamo alla scoperta
delle diverse tecnologie che si sono susseguite
negli anni. Il servosterzo elettrico più semplice,
pensato per le auto più piccole e leggere, è il “Column EPS” (CEPS), così chiamato per il meccanismo di servoassistenza è montato proprio dietro
al volante, direttamente sul piantone. Nel caso
di Nexteer il CEPS è in grado di produrre fino a
90 Nm di coppia in termini di servoassistenza e
viene utilizzato quindi sui modelli di segmento
A e B come Fiat 500 e Punto (anche in versione
Abarth), Lancia Ypsilon, Alfa MiTo, Opel Adam e
Corsa. Per avere un’idea della diffusione di questo sistema basterà dire che Nexteer ne ha già
prodotti 21 milioni.
Single Pinion EPS: perfetto
per le “medie”
Con modelli più pesanti e prestazionali però è
necessario spostare tutto il meccanismo là dove
serve generare la servoassistenza, ovvero nei
pressi delle ruote sterzanti. Per intenderci il motore elettrico insieme alla centralina elettronica è
montato nei pressi dei piedi del guidatore, in corrispondenza della zona dove il pignone incontra
la cremagliera. È così che nasce il “Single Pinion
EPS” (SPEPS), ovvero il servosterzo a pignone
singolo, perfetto per le auto medie (fino al segmento C) e per i modelli che vogliono garantire
un feeling di guida generalmente più raffinato.
Il sistema Single Pinion sviluppa 85 Nm di coppia in termini di servoassistenza e può essere
utilizzato anche sulle sportive. Non è un caso
se questo sistema sia stato scelto da BMW per
la Mini, un’auto divenuta celebre oltre che per il
suo assetto granitico, anche per la precisione del
suo sterzo chirurgico. Stesso discorso per la DS
3, un’auto che ci ha sempre convinto per il suo
feeling di sterzo.
Dual Pinion EPS: per palati raffinati
Una soluzione ancora più raffinata è rappresentata dal “Dual Pinion EPS” (DPEPS), ovvero dal
SERVOSTERZO ELETTRICO
STESSO RISULTATO, DIVERSE
TECNOLOGIE
di Matteo Valenti | Nel corso degli anni i servosterzi elettrici si sono
evoluti in diverse forme per rispondere ad esigenze sempre più
specifiche e ambiziose. Tanto che oggi l’EPS non costringe a rinunce
su alcun tipo di veicolo, comprese le sportive di razza
G
razie alla nostra recente visita alla
Nexteer abbiamo già scoperto gli
innumerevoli vantaggi garantiti
dal servosterzo elettrico. Non tutti
i sistemi di servoassistenza elettrica però sono
uguali. Nel corso degli anni infatti si sono evoluti
60
per rispondere ad esigenze sempre più specifiche e ambiziose. Il risultato è che oggi l’EPS è diventato una soluzione che non costringe a rinuncie su alcun tipo di veicolo, comprese le sportive
di razza fino ai truck più pesanti.
61
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione automobilistica
che riducono sensibilmente gli attriti superficiali, esattamente come accade ad esempio nei
cuscinetti volventi. Quando il motore gira in un
verso la cremagliera si sposterà in una direzione, fornendo una forza ausiliaria sulla stessa che
aiuterà a sterzare le ruote in una data direzione.
Invertendo il moto del motore si avrà lo steso effetto nella direzione opposta.
Il futuro: EPS “by wire”
Nel futuro del servosterzo elettrico infine c’è
qualcosa di più di un ruolo sempre più attivo nella guida autonoma. La prossima frontiera infatti
sembra essere quella dello “Steer-by-wire”, un
sistema decisamente bizantino che non prevede
alcun tipo di collegamento meccanico tra il volante e la “drive line” che si occupa di far sterzare
le ruote. Qualcuno ci ha già provato, come Infiniti
con la Q50, dove però è stato collocato anche
un piantone di sterzo meccanico con funzione di
emergenza in caso di problemi al sistema steerby-wire. Anche Nexteer sta lavorando in questa
direzione, ma non per uno sfoggio di tecnologia
servosterzo a doppio pignone. In questo caso i
pignoni sono quindi due: il primo è collegato al
piantone ed è calettato direttamente sulla cremagliera della scatola guida, mentre il secondo è
collegato al motore elettrico, che in questo caso
però è totalmente disaccoppiato dalla catena
cinematica di sterzo (volante, piantone, pignone). Questo sistema, al momento non realizzato da Nexteer (dove arriverà nel 2020) ma è già
utilizzato da alcuni modelli come l’Alfa Romeo
Giulietta. Il sistema Dual Pinion garantisce una
precisione di guida ancora maggiore e potrà essere montato persino su vetture di pregio di segmento D.
Rack EPS: il servosterzo
a cremagliera
Con il “Rack EPS” (REPS), detto anche servosterzo a cremagliera, sono caduti gli ultimi tabù
62
fine a se stesso, ma soltanto in ottica della guida autonoma. Uno steer-by-wire “vero” infatti,
senza sistemi di back up meccanici come quello
della Q50, potrebbe dare una bella mano nella
corsa alla conquista della guida autonoma. Un
sistema steer by wire, per esempio, permetterà
al volante di rimanere completamente immobile
nel momento in cui il controllo è in mano al sistema ADAS (Advanced Driving Assist System)
evitando possibili interferenze non desiderate
da parte dell’utente durante una manovra automatica. Questo significa che quando l’auto “sta
guidando da sola” il volante rimarrà fermo anche durante le manovre, proprio mentre le ruote
sono impegnate in una sterzata. Inoltre un sistema di questo tipo limiterebbe gli ingombri nel
vano motore, con ripercussioni sul design e sul
contenimento del peso. Ma potremmo assistere
anche a progressi evidenti anche nel piacere di
guida, visto che lo steer-by-wire permetterebbe
di eliminare alla radice qualsiasi tipo di compromesso, tipico dei classici EPS, tra agilità alle basse andature e stabilità alle alte velocità.
in materia di servoassistenza elettrica. Con questo sistema infatti si raggiungono valori di coppia molto elevati in termini di servoassistenza
(superiori a 100 Nm!), ideali quindi per i veicoli
più pesanti e prestazionali del mercato. Nexteer
per esempio fornisce sistemi REPS ai grandi pick
up americani come il Ford F-150 e lo Chevrolet
Silverado, ma anche a sportive di razza come
la Ford Mustang. Anche in questo caso, proprio
come con il sistema “Dual Pinion”, abbiamo un
servosterzo totalmente disaccoppiato dalla
catena cinematica di sterzo. In questo caso la
servoassistenza è fornita direttamente su cremagliera attraverso un robusto motore collegato
ad una cinghia sincrona che trasmette il moto ad
una boccola parte di un sistema vite - madrevite
a ricircolo di sfere. Questa componente meccanica è in grado di trasformare efficacemente il
moto rotatorio in longitudinale, grazie alle sfere
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Epoca
Periodico elettronico di informazione automobilistica
“Guardare indietro, per guardare avanti”, ovvero
recuperare e valorizzare l’immenso patrimonio
storico del Gruppo per creare prodotti sempre
migliori e più emozionanti. E se il buongiorno si
vede dal mattino, bisogna dire che il primo vero
atto è di quelli destinati a lasciare il segno: è stato presentato nei giorni scorsi infatti il progetto
Abarth Classiche, un’iniziativa davvero completa
e ben articolata, per la gioia dei tantissimi appassionati dello Scorpione.
La nuova “casa” dello Scorpione
Tanto per cominciare, ora c’è una nuova sede: le
Officine Abarth Classiche, uno spazio di 900 mq
a Mirafiori dove la Casa ha voluto riunire tutto il
“mondo Abarth”, dal design alla progettazione,
dal marketing all’assemblaggio delle serie speciali. Il vero cuore pulsante della struttura, però,
è l’officina dedicata al restauro delle vetture d’epoca: qui infatti il collezionista potrà portare direttamente la propria vettura per qualsiasi tipo di
intervento, da semplici affinamenti ai restauri più
complessi, fino alla preparazione per le vetture
utilizzate nelle competizioni per auto storiche. Il
tutto eseguito a regola d’arte da personale appositamente formato e con il supporto dell’immenso archivio documentale della Casa. Non mancano inoltre servizi esclusivi: volendo, c’è perfino il
trasporto e la riconsegna della vettura a domicilio. Il tutto per le vetture nate tra il 1949 - anno di
fondazione dell’Abarth - e il 1971, quando lo Scorpione fu assorbito dal Gruppo Fiat, ma anche per
quelle realizzate nell’epoca successiva, quando
di fatto l’Abarth diventò il reparto competizione
della casa torinese: dalle Lancia invincibili nei rally degli anni Ottanta e Novanta fino all’Alfa Romeo 155 vittoriose nel DTM.
Registro Ufficiale ed eventi
Non solo, ma è stato costituito anche il Registro
Abarth, legato al Registro Fiat Italiano, strumento fondamentale per garantire l’originalità delle
ABARTH CLASSICHE
GUARDARE INDIETRO,
PER GUARDARE AVANTI
di Giovanni Bregant | Nascono le Officine Abarth Classiche e la divisione
Heritage FCA Italy guidata da Roberto Giolito. Obiettivo? Valorizzare il
passato per tracciare i sentieri del futuro
L
a prima buona notizia è che anche il
gruppo FCA si è dotato di una struttura interna dedicata alla valorizzazione
del proprio immenso patrimonio storico: d’ora in avanti quindi i club e i collezionisti,
ma anche i semplici appassionati, avranno finalmente un punto di riferimento per tutte le loro
64
richieste, e non solo. Si tratta di Heritage FCA
Italy e a guidarla è Roberto Giolito, designer il cui
nome è legato indissolubilmente alla riedizione
della 500, già Responsabile del Centro Stile Fiat
e Abarth . La seconda buona notizia è che non
si tratta di una semplice operazione-nostalgia,
perché l’obiettivo dichiarato da Giolito è quello di
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Epoca
Periodico elettronico di informazione automobilistica
+50% le vendite nel 2015
Il tutto, come anticipato, con lo spirito vivace
di chi non vuole semplicemente spolverare dei
cimeli, ma costruire qualcosa per il futuro: «Il
marchio Abarth è un patrimonio straordinario ha sottolineato Giolito durante la presentazione
ufficiale del progetto - ma non vogliamo limitarci
a custodirlo. Il nostro non è un progetto nostalgico: vogliamo connetterci sempre meglio con la
nostra cultura e collegarla ai nuovi trend del mercato». Il tutto in un momento molto positivo per
Abarth: nel 2015 le vendite sono cresciute del
50% rispetto allo scorso anno, con un aumento
significativo non solo in Italia, ma distribuito su
tutti i principali mercati europei, dall’Inghilterra
alla Germania, dalla Francia alla Spagna, a dimostrazione della forza del Marchio. E anche nelle
competizioni lo Scorpione ha motivo di sorridere, con il monomarca 500 Abarth giunto al 7°
vetture dello Scorpione nel mercato collezionistico.
E proprio Abarth Classiche sarà il punto di riferimento per verificare l’originalità della propria
automobile, ottenere l’ambita certificazione e
quindi l’inserimento nel Registro. Una gran bella operazione per tutelare tutti i collezionisti e
gli appassionati del Marchio, ma questa non è
l’unica iniziativa in programma: Abarth Classiche punta infatti a essere l’interlocutore di riferimento per i Club e per gli organizzatori delle
tante manifestazioni dedicate alle auto classiche. Già per il prossimo anno, inoltre, organizzerà direttamente una serie di eventi: raduni e
incontri a tema, certamente, ma anche eventi in
pista dedicati alle vetture d’epoca, per onorare
66
anno e la realizzazione dei motori per la F4 italiana e - dal prossimo anno - anche per la F4 tedesca. Una fornitura, quella in casa dei tedeschi,
per la quale a Torino non nascondono un giustificato orgoglio».
6.000 vittorie con 1.500 piloti
A sintetizzare la forza del marchio Abarth, del
resto, sono proprio i successi nelle competizioni: ben 6 mila vittorie, ottenute con 1.500 piloti
diversi. E chi lo desidera, trova traccia di ciascuna in “Abarth: the Scorpion’s tale (1949-1972)”,
un cofanetto di tre volumi da collezione scritto
da Sergio Seccatore, storico disegnatore di Karl
Abarth. Un volume imperdibile per tutti gli appassionati dello Scorpione, impreziosito da uno
straordinario apparato fotografico, dai disegni
tecnici originali e molti altri documenti rimasti
fino ad oggi inediti.
degnamente un Marchio che da sempre ha le
competizioni nel proprio DNA. Tra gli obiettivi a
lungo termine, invece, Giolito ha accennato anche alla realizzazione di un nuovo spazio espositivo a Torino, con una formula simile a quella
del rinnovato Museo storico Alfa Romeo di Arese e l’obiettivo di farne non solo un’esposizione
statica, ma un luogo di incontro e un centro di
riferimento per l’erogazione di servizi a collezionisti e appassionati. Nel frattempo, negli archivi
storici Fiat è febbrile l’attività per la catalogazione e digitalizzazione di tutta la documentazione
relativa al mondo Abarth: un’attività per la quale
sono stati contattati anche gli ex dipendenti di
Karl Abarth, custodi di un sapere che la Casa è
determinata a preservare.
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Formula 1
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Coppia Ferrari: voti alti meritati
Veloce, concreto e finalmente senza sbavature
Kimi Raikkonen, che chiude il campionato con
uno dei suoi migliori weekend della stagione:
avesse corso sempre così, il bilancio di fine anno
sarebbe diverso, però stavolta è da 8. Rinato,
per l’ennesima volta. Voto 8 anche a Vettel, che
rimonta come una furia prendendosi non pochi
rischi a inizio gara, per conquistare quindi un 4°
posto che era il massimo risultato possibile. E allora perché non gli diamo 10? Perché uno con la
sua esperienza, quando la squadra gli consiglia
una cavolata via radio, dovrebbe avere il buon
senso e l’autonomia di pensiero di finirlo quel
benedetto giro veloce, giusto perché non si sa
mai... Fenomeno, ma teleguidato. Non sbaglia
niente, invece, Perez, velocissimo in qualifica e
un vero martello in gara: certo, perde il confronto con il rimontante Vettel, ma onestamente con
una Force India non poteva fare di più. Voto 10,
rigenerato. Gran bella gara anche per Ricciardo
(voto 8), che chiude la stagione rimarcando di
essere ancora lui il punto di riferimento tra i tanti
talenti Red Bull: veloce, aggressivo ma corretto,
meriterebbe un motore meglio attrezzato, ma
anche così si è difeso alla grande. Coriaceo.
Hulkenberg perde (ancora) il confronto con Perez, Massa rigenerato
Voto 6,5 a Hulkenberg, che chiude a punti una
gara positiva, se non fosse che per tutto il fine
settimana Perez ha viaggiato su ben altri tempi e
in ben altre posizioni. Concreto, ma si può fare di
più. Non si è risparmiato invece Massa: con una
Williams in difficoltà sulla pista di Abu Dhabi riesce a chiudere solo 8° ma vederlo lottare ruota a
ruota con piloti con 10 anni meno di lui è davvero bello, anche per chi - come chi scrive - resta
F1, GP ABU DHABI 2015
LE PAGELLE DI YAS MARINA
di Giovanni Bregant | Nico Rosberg chiude come meglio non potrebbe
una stagione 2015 abbastanza avara di soddisfazioni. Il tedesco ha
preceduto Lewis Hamilton. Terzo Raikkonen, mentre Vettel conclude
quarto
L’
ultimo gran premio della stagione
si chiude con un altro centro, fuori
tempo massimo, per Rosberg, e
l’ennesimo dubbio sulle strategie
Mercedes. Bravo comunque Nico, che non ha
sbagliato niente, anche se non si capisce perché si sia svegliato così tardi. E soprattutto, in
Australia il prossimo anno conserverà questo
spirito o rivedremo il pilota arrendevole visto fino
ad Austin? Nel dubbio 8, perché questa l’ha vinta
68
con merito. Voto 7 - e a ben guardare siamo generosi - ad Hamilton, perché comunque è finito
alle spalle di Rosberg e perché dopo avere tanto
invocato la possibilità di strategie differenziate
rispetto al compagno di squadra, quando finalmente è stato accontentato ha combinato più
danni che altro. Anche se non è che il suo box
abbia brillato per lungimiranza nel consigliarlo...
Confuso.
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convinto che la Ferrari avrebbe dovuto mandarlo
via almeno un paio d’anni prima. Evidentemente il brasiliano è come il buon vino, invecchiando
migliora. Ci prova sempre anche Grosjean (voto
7), che porta a punti una Lotus in disarmo, dimostrando tanta concretezza e voglia di sfruttare
ogni occasione. Voto 6 invece a Kvyat, colpito da
qualche problemino tecnico di troppo al sabato ma comunque lontano, stavolta, dal ritmo di
Ricciardo in gara: minimo sindacale. Veloce e immune da errori, ma non abbastanza per entrare
in zona punti Sainz, al quale resta comunque la
consolazione stavolta di avere vinto nettamente
il duello con il compagno di squadra. Voto 7 per
il derby quindi... A proposito, stavolta il diciottenne olandese ha peccato di entusiasmo, prima
spiattellando una gomma e poi non restituendo
la posizione a Button nella foga del duello e ignorando le bandiere blu: per lui è arrivata, giusta,
una penalità di 5 secondi e la perdita di 3 punti
70
Formula 1
Periodico elettronico di informazione automobilistica
sulla licenza. E allora stavolta l’insufficienza (5) ci
sta tutta: ma proprio all’ultima gara inizia a fare
errori di inesperienza? Chi invece di esperienza
ne ha tantissima, ma continua ad avere “fame”
è Button, che con una McLaren-Honda ancora
in grandissima difficoltà sui rettilinei ci ha provato sempre e comunque, lottando in modo fiero
ogni volta che aveva un’altra monoposto a tiro,
pur sapendo che al rettilineo successivo quella
sarebbe sparita all’orizzonte: per uno con il suo
curriculum e la sua età, non è cosa da poco. Voto
8, motivato
Strategia Mercedes: sempre
un’incognita
Un’ultima annotazione riguarda la gestione delle strategie Mercedes (voto 3): si è così parlato
della volontà dei piloti di avere maggiore libertà
che stavolta finalmente qualche novità c’è stata,
ma perchè consigliare ad Hamilton di proseguire
quando Rosberg aveva già cambiato le gomme,
salvo poi intimargli di tornare ai box quando ormai era troppo tardi? E senza nemmeno dargli
la possibilità di tentare un ultimo affondo con le
super soft.
Probabilmente, l’inglese avrebbe perso lo stesso
la sfida con Rosberg, ma la sensazione è che ancora una volta la gara sia stata se non manipolata, quanto meno congelata dai box. E il pubblico
ringrazia...
A proposito, voto 6 - stiracchiato - allo spettacolo offerto ancora una volta da questa F1, affascinante ma troppo complessa da seguire, nel
quale l’elemento umano è sempre più una variabile come le altre, anziché LA variabile capace di
cambiare da sola ogni cosa.
Perchè gli intertempi, le strategie, le differenti
mescole e le mappe sul volante sono tutta roba
interessantissima da seguire, ma che non scalda
i cuori.
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Rally
Periodico elettronico di informazione automobilistica
vicecampione del mondo WRC 2013 di avvicinarsi al secondo posto in classifica generale, in quel
nelle mani di Tony Cairoli, navigato da Matteo Romano. La sfortuna ha mietuto una vittima illustre
ad un passo dalla fine del Rally di Monza: proprio
Cairoli, infatti, si è dovuto ritirare all’ultima prova
speciale a causa di una foratura. Il terzo tempo
colto nell’Ascari 2 dall’otto volte campione del
mondo di motocross gli aveva permesso di mantenere il secondo posto in classifica generale. Le
ambasce di Cairoli hanno permesso a Neuville
di fare sua la seconda posizione in graduatoria.
Peccato per Cairoli, dimostratosi decisamente
in crescita rispetto allo scorso anno al volante
della sua Citroen DS3 WRC. A chiudere in terza
posizione in classifica generale sono stati Roberto e Davide Brivio, su Ford Fiesta WRC. Seguono
Alessandro Bosca e Roberto Aresca, su Hyundai
i20 WRC. Chiude la top five Alessio Salucci, al
volante della sua Hyundai i20 WRC, navigato da
Mitia Dotta.
Da segnalare il decimo posto di Vitantonio Liuzzi:
l’ex pilota di Formula 1, navigato da Fulvio Florean, è riuscito ad entrare nella top ten della classifica al volante della sua Ford Fiesta RS WRC,
preparata dal team A-Style. Trionfo assoluto
nella categoria R5, invece, per i campionissimi
del CIR, Paolo Andreucci e Anna Andreussi. Ucci
e Ussi, su Peugeot 208 T16, si sono piazzati in
dodicesima posizione nella classifica assoluta,
precedendo diverse vetture di categoria WRC.
Manca ancora l’ultimo atto del Monza Rally
Show, forse il più emozionante: alle 14 prenderà il via il Mastershow, l’avvincente duello ad eliminazione che conclude il programma della tre
giorni monzese.
RALLY DI MONZA 2015
VINCE VALENTINO ROSSI
di Diletta Colombo | Valentino Rossi ha vinto il Rally di Monza 2015,
davanti a Thierry Neuville, che ha chiuso in seconda posizione.
Andreucci sugli scudi in R5
V
alentino Rossi si è aggiudicato la
vittoria del Rally di Monza: il pilota
di Tavullia, al comando dopo la fine
della seconda giornata del Monza
Rally Show al volante della suaFord Fiesta RS
WRC, ha ottenuto il secondo crono nella PS8,
la Ascari 2, e ha concluso il suo rally cogliendo il
miglior tempo nell’ultima prova speciale prevista
dal programma, la Grand Prix 2. Dopo i dissapori e le delusioni della conclusione del mondiale
di MotoGp, il Dottore può finalmente tornare a
72
sorridere. Si tratta del quarto acuto di Rossi a
Monza, dopo quelli del 2006, 2007 e 2012. Rossi
è riuscito a tenersi dietro Thierry Neuville, che ha
concluso il Rally di Monza in seconda posizione. Il
pilota belga - navigato da Julien Vial - ha pagato i
problemi dati dai suoi pneumatici, apparsi meno
performanti rispetto a quelli degli avversari. L’alfiere del team Hyundai Motorsport Italia ancora
una volta si è imposto sulla concorrenza al volante della sua Hyundai i20 WRC in una speciale
corta, la Ascari 2. Questo acuto ha permesso al
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Rally
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Romano - nella semifinale del Masters’ Show.
Così come in finale, anche nella manche precedente Cairoli ha battuto l’avversario per oltre un
secondo. Nell’altra semifinale, il pilota belga del
team Hyundai Motorsport, Thierry Neuville, ha
avuto la meglio su Roberto Brivio, su Ford Fiesta
WRC. Brivio aveva concluso il Rally di Monza in
terza posizione assoluta. Paolo Andreucci ed
Anna Andreussi, invece, hanno fatto il bis dopo
la vittoria di questa mattina nella categoria R5,
sconfiggendo in finale l’equipaggio formato da
Alessandro Re e Marina Graziani. Due vittorie,
quelle di Monza, che vanno ad impreziosire un
anno già ricco di soddisfazioni per Ucci ed Ussi,
laureatisi campioni del CIR nel 2015 al volante
della loro Peugeot 208 T16. Gli altri successi nel
Masters’ Show sono andati a Bertrand Grooten
su Citroen C4 nella WRC 2000cc, Alessandro
Bonacini su Mitsubishi Evo X nella R4, Alessandro Marchetti su Renault Clio nella R3C, Alex
Vittalini su Citroen DS3 nella R3T, Luca Tosini su
Peugeot 207 nella Super 2000 e Marco Superti
su Porsche Carrera RS tra le storiche.
RALLY DI MONZA 2015
CAIROLI SI AGGIUDICA
IL MASTERS’ SHOW
di Diletta Colombo | Tony Cairoli, dopo il ritiro di questa mattina nel
rally vero e proprio, ha conquistato il Masters’ Show a Monza battendo
Thierry Neuville in finale
T
ony Cairoli è riuscito a rifarsi del ritiro
all’ultima prova speciale nel Rally di
Monza vincendo il Masters’ Show, il
duello ad eliminazione diretta che ha
concluso il Monza Rally Show 2015. L’otto volte campione del mondo di motocross ha avuto
la meglio su Thierry Neuville in finale. Cairoli,
dopo aver mostrato una buona forma nel Rally
74
di Monza al volante della sua Citroen DS3 WRC,
è riuscito a ottenere un crono di oltre un secondo più veloce rispetto a quello del vicecampione
del mondo WRC 2013, che dunque conclude il
Masters’ Show in seconda posizione, lo stesso
risultato ottenuto nel Rally vero e proprio. Il vincitore del Rally di Monza 2015, Valentino Rossi, si
è dovuto inchinare a Cairoli - navigato da Matteo
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Rally
Periodico elettronico di informazione automobilistica
tutti vogliono vincere, nonostante si tratti di uno
show. Siamo qui per divertirci, lo sappiamo, ma
quando ci si infila il casco...» L’anno scorso, Robert Kubica bacchettò Valentino Rossi, “reo” di
correre con una vettura non propriamente idonea. Anche Neuville sembra allinearsi al pensiero
del collega polacco, iridato WRC2. «Hanno un
po’ più di potenza, hanno gomme speciali... Noi
abbiamo dimostrato che con un’auto più lenta
e con pneumatici peggiori siamo stati capaci di
combattere per la vittoria e di fare tempi davvero
buoni. Per me basta così. Chiaramente, se l’anno
prossimo dovessi tornare vorrei anche io pneumatici speciali e una WRC Plus!» Il tempo per riposarsi, comunque, è poco: oggi il belga è già al
lavoro sulla nuova Hyundai i20 WRC, sulla quale
parteciperà alla prossima stagione del Mondiale
Rally. Per prepararsi al meglio è necessario lavorare con anticipo, cosa che Thierry sa bene. Per
questo, quindi, vacanze di Natale limitate al minimo, e testa già al Rally di Montecarlo.
MONZA RALLY SHOW 2015, NEUVILLE
«Rossi? Anche io vorrei una WRC Plus...»
di Marco Congiu | Thierry Neuville, dopo il doppio podio al Monza Rally
Show 2015, ci racconta le sue impressioni sulla manifestazione
brianzola, senza risparmiare una stoccata a Valentino Rossi...
È
sera tarda, il freddo che ci ha accompagnato per tutta la giornata si fa davvero
pungente. Intorno a noi, gli addetti stanno già iniziando a smontare stand ed
impalcature che nei 4 giorni precedenti hanno
arricchito il paddock di Monza. Ad un certo punto, dal motorhome del team HMI – Hyundai Italian Rally Team, scende un ragazzo sorridente. È
belga, dovrebbe essere abituato al clima rigido,
ma non rifiuta il bomber del team con il quale ha
corso il Rally Show da protagonista. Stiamo parlando di Thierry Neuville. Alto e asciutto, forse il
76
paio di occhiali più famosi all’interno del circus
del WRC, il vice Campione del Mondo 2013 si ferma a fare quattro chiacchere ai nostri microfoni,
a proposito delle giornate vissute sul tracciato
lombardo. «È stato un bel fine settimana per
noi: abbiamo spinto forte e ci siamo divertiti» ci
confessa il ragazzo di Sankt Vith. «Chiaramente
non avevamo gomme adatte per le prove speciali più lunghe, ecco perché non siamo stati in
grado di vincere» esordisce con un velo di polemica, tipico di chi punta sempre alla vittoria, anche in eventi simili. «La competizione è dura e
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WEC 2015
PORSCHE DOMINATRICE ASSOLUTA
NELL’ENDURANCE
di Nicola Villani | Porsche vince l’ultima sfida del Mondiale Endurance e
conquista il Titolo Piloti con Webber, Bernhard e Hartley. G-Drive Racing
regola le LMP2. Porsche vince tra i Costruttori in LMGTE Pro. Ferrari
festeggia il successo in LMGTE Am
M
ark Webber, Timo Bernhard e
Brendon Hartley sono i Campioni
del Mondo Endurance 2015: dopo
il Titolo Costruttori arriva anche
questo successo per la Casa di Stoccarda, che
ha dominato questa stagione e ha ottenuto anche la sesta vittoria consecutiva, su otto gare,
nella 6 Ore del Bahrain grazie a Neel Jani, Romain Dumas e Marc Lieb. Dopo quattro vittorie
78
Endurance
Periodico elettronico di informazione automobilistica
consecutive Webber ha conquistato il Titolo Piloti portando al traguardo la sua 919 Hybrid n°17
al quinto posto assoluto con ben 9 giri di ritardo,
dopo una gara sofferta con due soste impreviste per problemi tecnici: sono partiti dalla pole e
sono stati costretti a una gara tutta in salita ma
che vale una carriera per l’australiano e i suoi
compagni di squadra. Al via della 6 Ore Bernhard
ha sfruttato la pole ed è andato in testa, seguito
da Dumas sull’altra 919. Al 17° giro, dopo circa
mezz’ora di gara, la power unit della vettura al
comando ha cominciato a perdere potenza e la
n°17 è stata costretta all’ingresso in garage per
un problema all’attuatore del motore. Il team
ha effettuato la riparazione in poco più di 8 minuti ma Bernhard è rientrato in gara con 4 giri e
mezzo di distacco. Nel frattempo le due Audi R18
e-tron Quattro erano al comando, con la n°8 di
Lucas Di Grassi al primo posto davanti a Marcel
Fässler sulla n°7 e la Porsche di Romain Dumas.
A metà gara, l’Audi n°8, fino a quel momento in
testa, ha dovuto effettuare una lunga sosta per
sostituire un disco freno anteriore, facendo perdere a Loïc Duval ben 8 giri e 15 minuti. Con Di
Grassi e Oliver Jarvis terminerà la gara al sesto
posto, a 11 giri. A quel punto l’altra Audi è andata
al comando e Tréluyer, Fässler e Lotterer erano
virtualmente campioni del mondo. Ma hanno dovuto fare i conti con l’altra Porsche, la n°18, ingaggiando una battaglia fantastica: indimenticabile soprattutto il duello tra Treluyer e Lieb, con
quest’ultimo capace di prendere la leadership
della corsa, riportando così matematicamente in
testa al Campionato i suoi compagni di squadra,
che erano già risaliti fino al 5° posto. Senza dimenticare che l’Audi n°7 durante l’ultimo pit stop
ha avuto anche un problema con il dado della
ruota posteriore destra e hanno dovuto effettuare una sosta in più. A meno di mezz’ora dal termine della corsa, l’ennesimo brivido per l’equipaggio della Porsche n°17: Webber ha dovuto ancora
rientrare ai box per un nuovo problema all’attuatore e continui tagli di potenza del motore. Sono
rientrati in gara dopo ben 5’, senza perdere alcuna posizione in classifica, e Webber perdeva comunque tra i 4 e 5 secondi al giro, ma grazie alla
vittoria dei compagni di squadra, il quinto posto
finale sarebbe stato sufficiente per festeggiare il
titolo iridato. La gara è stata proprio vinta dall’equipaggio della 919 Hybrid n°18, che ha conquistato così il primo ambito successo della stagione, completato dal record sul giro in gara messo
a segno da Neel Jani in1’41’’893. I tre portacolori
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della Casa degli Anelli, staccati di oltre 1’25” al
traguardo, sono saliti sul secondo gradino del podio e per soli 5 punti non sono riusciti a ripetere il
loro successo iridato del 2012: per la terza volta
consecutiva terminano comunque il Campionato
al secondo posto. Audi perde il confronto con i
“cugini” tedeschi ma dopo una stagione davvero
straordinaria: hanno mantenuto la leadership tra
i Costruttori fino al quinto round e il loro magico
trio ha lottato fino all’ultima gara, conquistando
due vittorie e ben otto podi su otto gare. Al terzo posto, a tre giri dai vincitori, la Toyota con la
n°2 di Mike Conway, Stéphane Sarrazin e Alex
Wurz, che chiude la sua splendida carriera con
l’ennesimo podio, il secondo della stagione per
il Costruttore giapponese dopo quello ottenuto nel round inaugurale a Silverstone. Alle loro
spalle i compagni di squadra Anthony Davidson,
Sébastien Buemi, campioni del mondo 12 mesi fa
proprio in Bahrain, e Kazuki Nakajima.
Questa gara chiude anche la carriera della gloriosa TS040 Hybrid, che in due stagioni ha collezionato 5 vittorie, 14 podi e soprattutto ha
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Endurance
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consentito a Toyota di conquistare entrambi i titoli mondiali del 2014. Il prossimo anno si aprirà
una nuova era, con un prototipo totalmente nuovo, che farà la sua prima apparizione pubblica al
Prologue del Paul Ricard in Marzo. Tra le LMP1
Private il successo è del team Rebellion Racing
con la R-One n°13 di Alexandre Imperatori, Dominik Kraihamer e Matheo Tuscher, 11° assoluti
al traguardo. In LMP2 vittoria di G-Drive Racing
con Sam Bird, Roman Rusinov e Julien Canal, la
quarta affermazione della stagione per l’equipaggio della Ligier JS P2-Nissan n°26. La gara
è stata contraddistinta da una grande lotta tra
loro, KCMG e Signatech Alpine.
Nell’ultimo quarto d’ora Bird è riuscito a superare Nick Tandy del team di Hong Kong e a tagliare il traguardo per primo, assicurando così
alla squadra entrambi i Titoli: quello riservato ai
Team e quello Piloti proprio per Bird, Rusinov e
Canal. Quest’anno Porsche ha sbancato tutto e,
con la quarta vittoria in LMGTE Pro, ha conquistato anche il Titolo Costruttori tra le GT, quello
per i Team con la squadra di Manthey e Richard
Lietz si è aggiudicato quello riservato ai Piloti. La
gara è stata vinta da Makowiecki e Pilet sulla 911
RSR n°92, al loro primo successo stagionale, con
oltre 39” di vantaggio sui campioni uscenti “Gimmi” Bruni e Toni Vilander con la Ferrari 458 Italia
n°51 di AF Corse. Al terzo posto l’Aston Martin
Vantage V8 n°97 di Darren Turner e Jonathan
Adam. Il Costruttore di Maranello ha perso ogni
opportunità iridata poco dopo metà gara: quattro giri dopo il terzo pit stop della “Rossa” n°71,
Davide Rigon ha perso la ruota anteriore sinistra.
Il forte pilota italiano è stato bravo a rientrare
subito al box, limitando al minimo i danni, ma è
ripartito sesto, una posizione che non ha consentito alla Ferrari di difendere il proprio vantaggio in classifica. A Lietz, in coppia con Michael
Christensen, è bastato invece un quinto posto
per aggiudicarsi matematicamente il Titolo mondiale, dopo aver vinto al Nürburgring, ad Austin e
a Shanghai.
Per Porsche è stato un anno magico anche con
le GT, grazie anche ai tre titoli messi a segno nel
campionato nord americano United SportsCar
Championship. Note positive per la Ferrari nella classe LMGTE Am con il Titolo Piloti vinto da
Andrea Bertolini, Victor Shaytar e Aleksey Basov
del team SMP Racing, a cui è bastato un quinto
posto finale per aggiudicarsi anche il Titolo riservato alle Squadre.
Dopo aver vinto al Nurburgring, ad Austin e soprattutto alla 24 Ore di Le Mans, qui hanno gestito la gara con cautela, evitando problemi e incidenti, e mantenendosi in contatto con gli unici
rivali per il titolo, l’equipaggio della Ferrari n°83
di AF Corse di Collard, Perrodo e Matteo Cressoni, che sostituiva Aguas.
La gara è stata vinta dall’Aston Martin grazie a
Pedro Lamy, Paul Dalla Lana e Mathias Lauda, al
loro secondo successo della stagione. Sul podio
i due equipaggi che hanno a lungo dominato la
corsa: al 2° posto Klaus Bachler, Khaled Al Qubaisi e il nostro Marco Mapelli, autore di un ottimo debutto nel WEC, con la Porsche 911 RSR
dell’Abu Dhabi Proton Racing. Dietro di loro l’altra Porsche del Dempsey Proton Racing, con Patrick Long, Christian Ried e Marco Seefried.
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LOEB, NON SOLO PEUGEOT 2008
«QUANTI CAMBIAMENTI!»
di Piero Batini | Abituato ad irrompere sul palcoscenico da protagonista,
Sébastien Loeb ha “rubato” parte della scena anche alla presentazione
ufficiale della Dakar, facendosi precedere dalla notizia dell’accordo a
medio termine con Peugeot
A
un certo momento, forse anche a causa poche notizie “concrete” sulla Dakar
che verrà, per di più fornite con il contagocce, altri argomenti hanno preso il
sopravvento. Uno di questi è la “visione a medio
termine” che caratterizza il nuovo accordo tra
Peugeot e Sebastien Loeb. Per il fuoriclasse alsaziano è la fine del matrimonio idilliaco con Citroen, l’abbandono del WTCC dopo due stagioni in
crescendo, e un posto “fisso” nel Team Peugeot
Total impegnato nel programma Dakar e Coppa
del Mondo FIA Cross-Country Rally. Niente di
più logico, a pensarci bene. Citroen e Peugeot,
infatti, fanno parte dello stesso Gruppo PSA, la
pista finisce sempre per stare un po’ “stretta” a
chi ha sete di sfide e di avventura, e la Dakar e i
Rally Raid appartengono a una disciplina piuttosto atipica ed esigente, difficile da conciliare con
un programma a mezzo servizio e sprecata se si
intende affrontarla episodicamente. Ma i tasselli sono andati tutti al loro posto, e in fretta, solo
pochi giorni fa, e proprio in concomitanza con la
presentazione della 38ma edizione della Grande
Sfida del Deserto che si correrà dal 2 Gennaio in
Argentina e Bolivia, che da ora è solo la prima
parte del programma di Sébastien Loeb. Molti
cambiamenti in pochissimo tempo. La Macchina, la nuova Peugeot 2008 DKR16, la decisione
di correre con Peugeot alla Dakar e nella Coppa
del Mondo 2016, un programma completo.
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Intervista
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Di base, pochissima esperienza. Come descriveresti gli effetti di tutti questi cambiamenti,
quasi improvvisi?
«Sì, in effetti sono successe molte cose in poco
tempo. Si possono però sintetizzare dicendo che
sono cose che arricchiscono, e che mi consentiranno di imparare molto. Siamo partiti da zero
nei Rally Raid, con una Macchina nuova. Urgente
la necessità di adattarsi alla macchina e alla sua
guida, alle dune. Le dune, non lo avevo mai fatto
prima in vita mia.
Dunque era necessario adattarsi alla nuova condizione. È vero anche che, dal punto di vista della
guida pura, ha funzionato piuttosto bene da subito, soprattutto con la nuova 2008 DKR16 che
da molta fiducia».
«È molto performante, e mi sento molto bene nel
suo abitacolo. Se poi il ritmo è giusto questo ancora non lo so ed è difficile da giudicare perché
non ho riferimenti. Ma non li cerco, veramente,
cerco di guidare come mi sento. Vedremo alla
Dakar come funziona.
Quello che si deve dire oggi è che la cosa più
complicata lì dentro è la navigazione. Soprattutto per Daniel che non ha nessuna esperienza. Si
parte da zero, niente a che vedere con il WRC,
e questo finisce per esigere molto lavoro, molte
cose da capire, e anche con tutta la più buona
volontà del Mondo non è facile arrivarci, in ogni
caso arrivare all’esperienza che hanno i “pro”».
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bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
È comunque molto interessante e bello che tra
un navigatore di esperienza e un amico tu abbia scelto l’Amico senza alcun dubbio…
«No, invece, qualche dubbio l’ho avuto. Addirittura, all’inizio, non pensavo che sarei partito con
Daniel Elena. Pensavo che avrei iniziato con un
navigatore d’esperienza, un “pro”. Ma i “veri”
professionisti erano tutti sistemati, e gli altri a
quel punto non mi davano la sicurezza di essere
così migliori di Daniel. Il vantaggio di partire con
lui è che possiamo costruire insieme e… beh, prima ancora è che con lui la storia è certamente
più simpatica, più che farlo con qualcun altro,
questo è sicuro. Ci conosciamo da così tanto
tempo, se devo lanciargli un urlo so che lo posso fare, abbiamo l’abitudine a lavorare insieme.
Dal punto di vista del lavoro vero e proprio, so
che posso chiedergli quello di cui sento di avere
bisogno. Forse con un copilota professionista,
per quanto bravo, questo potrebbe non essere
possibile. Potrei chiedere il conto alla rovescia
dei metri che precedono la nota, quattrocento,
trecento… e sentirmi dire che non ne ha voglia
o che non ha il tempo. Non conoscendolo dovrei
acconsentire, ok, mentre con Daniel è sicuro
che, se anche non avesse il tempo, troveremmo
l’alternativa per funzionare bene insieme. Sicuro
che ci manca l’esperienza, ma so che abbiamo la
stessa voglia di trovare la maniera per far funzionare il sistema».
Mi pare che il contesto non semplifichi le cose.
Rispetto al WRC, il Rally Raid è molto più complicato e, in un certo senso, approssimativo,
improvviso…
«Sì, è questo. Si parte in un contesto nel quale si
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Intervista
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l’adrenalina, la motivazione. Dunque è anche una
sfida, di sicuro. In questo è un po’ come quando
mi sono avvicinato al WTCC. Sapevo che sarebbe stato complicato, e lo è stato. Con il nome
che ho tutti si aspettano che io vinca sempre
tutto, ma quando arrivi in un Campionato del
Mondo, come è il WTCC, e trovi gente che lo fa
da anni, è complicato. E per me, essere secondo
nel Campionato del Mondo, dietro a Lopez che
va fortissimo ed è difficile da battere, ma davanti a Mueller che è stato Campione del Mondo,
direi che non è così male dopo due anni soltanto. La Dakar è così. Ci vado per il piacere della
scoperta, del piacere, del divertimento, ma se
non ci fosse la performance non mi piacerebbe.
Oggi io e Daniel ci confrontiamo ad handicap, so
che se partissi, per esempio, con un navigatore come Cottret, potrei concentrarmi solo sulla
guida, e forse sarebbe meno complicato che con
Daniel, con gli inevitabili dubbi e la necessità di
sa che possono succedere moltissime cose, con
l’imperativo di fare in modo che ne succedano il
meno possibile. Bisogna sapere adattare il ritmo,
fare in modo di commettere meno errori, parlo
anche del copilota, o comunque di farne di non
gravi, sapere quando è il momento di fermarsi.
E ancora, bisogna che la Macchina sia affidabile, ma che noi si sia in grado di gestirla in certe
situazioni, evitando che si possa rompere di conseguenza o subito dopo. Tutte queste sono cose
che dovremo fare adesso, bisognerà capire tutto
questo. Sarà forse lungo, non necessariamente
già tutto lì il primo anno».
Nonostante tu sia un Super Campione, tu abbia vinto e stravinto tutto, infranto dei record
“enormi”, si è portati ad avere l’impressione
che più della grande, nuova sfida, tu sia ancora
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partecipare alle sue decisioni senza potergli delegare tutto il 100%, ma se vogliamo costruire
qualcosa insieme, questo è il momento di farlo».
Il piacere di guidare, il piacere di correre e di
vincere. E adesso, credo, anche il piacere di
essere al centro di un progetto Peugeot Sport
bellissimo, immenso, a tempo pieno. Si va fino
alla Dakar 2017. Vuol dire che, nonostante le
difficoltà e le incertezze sicure, il progetto ti
piace così tanto?
«Beh, intanto, se si fa un programma oggi, indipendentemente dalla firma di un contratto e con
le cose che si evolvono in modo così rapido, vuol
dire che c’è un obiettivo più avanti. La Dakar di
quest’anno, la Coppa del Mondo 2016, e quindi la
Dakar 2017, evidentemente. C’è voglia di progredire nei Rally Raid, di formarci e di capire, di fare
progressi, di essere più vicini quando arriverà la
Dakar 2017».
spinto da un’enorme passione per il volante,
per la guida. È così?
«Sì, è proprio così. Mi piace guidare. È andata
così. Dopo tanti anni avevo voglia di smettere
con i Rally, ma non di fermarmi. Mi erano piaciute
le corse in pista, e così ho deciso di andare un po’
più lontano con il WTCC e Citroen, per due anni.
È così. Il WTCC sta qui, i Rally Raid e la Dakar
stanno là. Sono due cose molto diverse, distanti
tra loro, ma giustamente mi piace l’idea di andare scoprire nuovi modi di guidare. In più, la Dakar
offre un lato “riflessione” molto interessante. In
circuito lavori molto sui dati, sui millimetri, alla
Dakar bisogna utilizzare molto l’intelligenza. E
poi la varietà delle componenti: la navigazione, la
distrazione dei paesaggi, la diversità dei terreni,
direi un lato avventura che è molto attraente. Il
piacere di guidare, dunque, ma anche la corsa,
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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