SOMMARIO GU 7-8/2003 Pagina Decisione della Terza Commissione di ricorso del 24 aprile 2002 nel procedimento R 1099/2000-3 (A2A / A.ZWEI) .................................................................................................. 1389 Decisione della Prima Commissione di ricorso del 5 settembre 2002 nel procedimento R 334/2001-1 (EUROFOCUS) .................................................................................................... 1425 Elenco dei mandatari abilitati ....................................................................................................... 1456 Regolamento (CE) n. 617/2003 della Commissione, del 4 aprile 2003, che completa l’allegato del regolamento (CE) n. 2400/96, relativo all’iscrizione di alcune denominazioni nel Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette di cui al regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari ......... 1465 Regolamento (CE) n. 692/2003 del Consiglio, del 8 aprile 2003, che modifica il regolamento (CEE) n. 2081/92 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari ................................................................... 1471 Giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee • Sentenza della Corte di giustizia del 8 aprile 2003 nei procedimenti riuniti C-53/01C-55/01 ........................................................................................................................................ 1503 Giurisprudenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee • Sentenza del Tribunale di Primo Grado (Seconda Sezione) del 5 marzo 2003 nella causa T-194/01 (forma di un prodotto per lavastoviglie - Pasticca ovoidale) ............................... 1543 • Sentenza del Tribunale di Primo Grado (Seconda Sezione) del 5 marzo 2003 nella causa T-237/01 (BSS) ............................................................................................................................ 1585 • Sentenza del Tribunale di Primo Grado (Quarta Sezione) del 6 marzo 2003 nella causa T-128/01 (calandra di veicolo) .................................................................................................. 1615 SOMMARIO DECISIONE DELLA TERZA COMMISSIONE DI RICORSO del 24 aprile 2002 nel procedimento R 1099/2000-3 (Lingua del procedimento: tedesco) Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) La Terza Commissione di ricorso composta da S. Sandri (presidente), A. Bender (relatore) e Th. Margellos (membro) cancelliere: N. Semjevski ha adottato la seguente relativa a merci, contabilità aperta delle voci, ingiunzioni di pagamento, gestione dei pagamenti, calcolo delle varietà, gestione dei contratti, statistiche, ottimizzazione, gestione delle buste paga, gestione del conto corrente, sistemi di cassa online con economia dei prodotti e sistemi di cassa per la gastronomia con metodi statistici. Decisione Combinazione – Marchi differenti – Identità dei prodotti e servizi - Lettera – Rischio di confusione - Numero – Estensione della protezione – Pubblico specializzato 1. Tra i due marchi non sussiste alcun rischio di confusione. 2. I prodotti e i servizi tutelati dai marchi in questione sono identici. Tuttavia, esiste tra i marchi una chiara differenza dal punto di vista fonetico, visivo (lettera/numero) e concettuale. Nei marchi brevi le piccole differenze sono più evidenti che nei marchi lunghi. Il pubblico di riferimento, costituito da specialisti del mercato informatico, presterà grande attenzione a tali differenze. 3. Le combinazioni di lettere o le abbreviazioni godono della tutela soltanto nella forma in cui sono registrate. HiServ Hightech International Services GmbH Brünningstraße 50 D-65926 Francoforte sul Meno Germania richiedente e ricorrente rappresentata da FREITAG & BEST, Industriepark Höchst/E 416, D-65926 Francoforte sul Meno, Germania contro HaKoZe GmbH Handels-Kooperations-Zentrum GmbH Im Bruch 69 A D-28844 Weyhe Germania opponente e resistente rappresentata da BÜSING, MÜFFELMANN & THEYE, Marktstraße 3 Börsenhof C, D-28195 Brema, Germania avente ad oggetto il ricorso proposto in esito al procedimento di opposizione B 116 709 (domanda di marchio comunitario n. 702 233) Sintesi dei fatti e conclusioni delle parti 1. Con domanda pervenuta all’Ufficio il 13 dicembre 1997, la richiedente chiedeva la registrazione del marchio denominativo A2A quale marchio comunitario per prodotti e servizi compresi nelle classi: 9 Software per la creazione e la gestione di sistemi di infrastrutture volti alla realizzazione di collegamenti tra sistemi di elaborazione dati. 42 Consulenza in materia di creazione nonché di progettazione, di sviluppo, di implementazione e di gestione di sistemi di infrastrutture volti alla realizzazione di collegamenti tra sistemi di elaborazione dati. 2. La domanda veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 76/98 del 5 ottobre 1998. 3. In data 23 dicembre 1998, con atto pervenuto lo stesso giorno, l’opponente proponeva un’opposizione avverso la registrazione di tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda, adducendo un rischio di confusione e facendo valere il proprio marchio denominativo nazionale anteriore registrato in Germania il 15 maggio 1997, con il numero 397 22 118 37 Riparazione e manutenzione di impianti di elaborazione dati. 42 Programmazione di computer, sviluppo di software individuali per elaboratori principali e per PC; consulenza tecnica; consulenza organizzativa; servizi di un centro di calcolo per l’elaborazione dati, ovvero organizzazione, elaborazione, valutazione, archiviazione e trasferimento di dati; intermediazione e conclusione di affari commerciali nel settore dei computer, di apparecchi per l’elaborazione dati e di impianti da essi costituiti, per conto terzi. 4. Con decisione n. 2257/2000 del 29 settembre 2000, adottata nel procedimento B 116 709, la divisione Opposizione giudicava fondata l’opposizione rispetto alla totalità dei prodotti contestati, respingeva la domanda di registrazione e poneva le spese a carico della richiedente. Essa adduceva come motivazione sostanzialmente che, data l’identità dei rispettivi prodotti e servizi, occorreva porre requisiti rigorosi riguardo alla differenziazione dei marchi. Anche nell’ipotesi di una scarsa capacità distintiva del diritto anteriore, le diversità dei segni erano troppo esigue per poterli distinguere l’uno dall’altro con sufficiente certezza. A.zwei nei confronti di tutti i prodotti e servizi da esso protetti compresi nelle classi: 9 Software per elaboratori elettronici principali e PC. 35 Amministrazione aziendale e lavori di ufficio per conto terzi, in particolare, fatturazione, contabilità finanziaria e 5. Da un punto di vista fonetico, i marchi «A-zwei» e «A-zwei-A» erano speculari e il marchio dell’opponente era contenuto integralmente in quello oggetto della domanda. Tenendo conto del fatto che, per esperienza, il pubblico presta più attenzione alla parte iniziale delle parole piuttosto che alle sillabe successive e dato che la vocale finale «A» del marchio oggetto della domanda corrisponde all’identica voca- SOMMARIO le iniziale di ambedue i marchi, occorreva constatare un’elevata somiglianza fonetica dei segni. Questi segni erano da considerarsi estremamente simili non soltanto sul piano fonetico, ma anche su quello concettuale, a maggior ragione in quanto l’aggiunta della lettera «A» non dava luogo a una differenza di significato caratteristica e distintiva tale da rendere agevole una differenziazione dei due marchi. La semplice ripetizione della lettera iniziale «A» comportava anzi il rischio di richiamare ulteriormente all’attenzione del pubblico il vecchio marchio. 6. Il 13 novembre 2000, con atto pervenuto all’Ufficio il 16 novembre 2000, la richiedente presentava un ricorso chiedendo l’accoglimento del ricorso, l’annullamento della decisione della divisione Opposizione e registrazione, infatti, non sarebbe costituito da consumatori medi, bensì da operatori specializzati, ossia da esperti in informatica. Con «A2A» la richiedente denominerebbe un’applicazione altamente specializzata nel settore informatico, accessibile soltanto a specialisti altamente qualificati e abituati all’utilizzo dei concetti in lingua inglese, dato che tutto il linguaggio del settore sarebbe caratterizzato da espressioni in inglese e anche la comunicazione tra addetti ai lavori avverrebbe prevalentemente in tale lingua. 9. Pertanto, il pubblico di riferimento non avrebbe alcun motivo di compiere un’associazione tra la denominazione (tedesca) «A.zwei» e l’abbreviazione (inglese) «A2A»; una lettura in tedesco della sigla verrebbe considerata anzi come «non tecnica». Quand’anche «A2A» fosse pronunciato in tedesco, proprio in ambiente tecnico, per evitare confusioni tra le cifre «zwei» (due) e «drei» (tre), di norma si pronuncerebbe «a-zwo-a» e non «a-zwei-a». il rigetto dell’opposizione presentata, nonché la condanna dell’opponente a tutte le spese di procedimento. 7. Nella sua memoria contenente i motivi del ricorso, a cui sono acclusi una copiosa documentazione, un opuscolo dell’impresa della richiedente, dati ricavati da Internet e relazioni di ricerca, la richiedente argomenta che i segni in conflitto sono completamente diversi dal punto di vista visivo e assolutamente non confondibili tra loro. Anche dal punto di vista fonetico non sussisterebbe alcun rischio di confusione, perché «A2A» non verrebbe pronunciato alla tedesca «A zwei A» (A due A), bensì «[ei tu: ei]», visto che il marchio oggetto della domanda deriverebbe dall’espressione «Application to Application». La combinazione di queste due lettere avrebbe dato origine al marchio, analogamente alle denominazioni «B2B» e «B2C» generalmente utilizzate in informatica per determinati tipi di applicazioni collegate in rete, laddove «B2B» starebbe per «Business to Business», «B2C» per «Business to Consumer». Ambedue sarebbero ormai entrati nel linguaggio informatico corrente, come dimostrerebbero alcuni estratti di risultati di ricerche condotte su pagine web redatte in tedesco. 8. Il pubblico a cui sono destinati i prodotti rivendicati nella domanda di 10. Nel settore dell’elaborazione elettronica dei dati sarebbe comune l’uso di combinazioni di lettere e cifre, come dimostrerebbero i risultati delle ricerche presentati. Esisterebbe inoltre un’ampia serie di marchi anteriori costituiti da due o tre lettere e/o cifre e contenenti la lettera «A» oppure la cifra «2». Da ciò si evincerebbe che sia il «consumatore medio» sia gli specialisti, particolarmente versati in questioni informatiche, i soli ai quali il marchio si rivolgerebbe, sarebbero senz’altro abituati all’utilizzo di diverse combinazioni di cifre e lettere, anche se queste spesso si differenziano per una sola di esse. 12. Proprio per accrescere il carattere distintivo del proprio marchio la richiedente non avrebbe scelto la combinazione visiva di una lettera e una cifra, bensì quello di una lettera, un punto e una parola, che conferirebbe al marchio un carattere del tutto inconsueto. Esisterebbero già numerose combinazioni di lettere e cifre nel registro tedesco, in quello dei marchi comunitari e in quello internazionale, come in particolare il marchio comunitario anteriore «A2Z», per le classi 9 e 42, e la domanda di marchio comunitario «A2C», per le classi 9 e 33. Ambedue i segni sarebbero anteriori rispetto al marchio dell’opponente, circostanza che ne indebolirebbe decisamente la capacità distintiva. 13. I marchi consistenti in singole lettere o cifre oppure in combinazioni alfanumeriche avrebbero in generale una scarsa capacità distintiva e una tutela estremamente limitata nella sua portata. Pertanto, nella misura in cui la resistente si è richiamata al carattere del suo marchio consistente in una combinazione tra una lettera e una cifra – che esisterebbe soltanto dal punto di vista fonetico - non potrebbe desumerne alcun diritto di tutela da opporre al marchio richiesto. Se il titolare di un marchio di questo tipo potesse avanzare diritti a scapito della registrazione e dell’uso di altri segni contenenti - tra l’altro – tale combinazione di lettere e cifre, la sua registrazione comporterebbe ben presto la preclusione dell’iscrizione nel registro di ulteriori combinazioni di lettere e marchi. 14. Al riguardo, l’opponente conclude per 11. Proprio il pubblico specializzato presterebbe indubbiamente un’attenzione particolare anche alle piccole differenze, attribuendo ad esse il loro corretto significato. Valutando l’impressione complessiva suscitata dai segni in conflitto, e tenendo conto della situazione specifica del mercato, si giungerebbe alla conclusione che i marchi «A.zwei» e «A2A» effettivamente non sarebbero simili tra loro e che non sussisterebbe alcun rischio di confusione. il rigetto del ricorso e la condanna della richiedente alle spese di procedimento ulteriori. 15. A sostegno di tali conclusioni, l’opponente argomenta, tra l’altro, che la divisione Opposizione ha correttamente accertato un sufficiente rischio di confusione. L’identità tra i prodotti e i servizi sarebbe incontestabile. Non si SOMMARIO capirebbe perché al marchio dell’opponente dovrebbe attribuirsi una tenue capacità distintiva, dal momento che la denominazione «A.zwei» non avrebbe alcun nesso descrittivo rispetto ai prodotti e ai servizi tutelati. Le combinazioni di cifre e lettere prive di significato descrittivo sarebbero in generale tutelabili. Di conseguenza, bisognerebbe ritenere che la capacità distintiva del diritto anteriore fosse comunque pari alla media, tanto più che il segno in questione sarebbe un’efficace denominazione di fantasia. 16. Bisognerebbe muovere dal punto di vista del pubblico tedesco a cui i prodotti e servizi sono destinati. Orbene, esso non sarebbe affatto indotto a pronunciare il marchio oggetto della domanda alla maniera inglese, anche se nel settore informatico si utilizzano spesso parole inglesi. Il pubblico tedesco, al contrario, tenderebbe a pronunciare le abbreviazioni utilizzate in questo campo in tedesco, come per esempio RAM, DOS, AOL, ISDN, ecc. Inoltre, il marchio oggetto della domanda non sarebbe un’abbreviazione già consolidata. Neppure il fatto, ammesso che fosse corrispondente alla realtà, che l’abbreviazione possa essersi formata analogamente ad altre abbreviazioni che si asseriscono pronunciate in inglese costituirebbe un motivo valido per pronunciarla in inglese. 17. Posto che la pronuncia inglese del marchio oggetto della domanda (rispetto al marchio tedesco dell’opponente) non potrebbe avere rilevanza ai fini della decisione, resterebbe valida la constatazione della divisione Opposizione secondo cui sussiste «un’elevata somiglianza fonetica dei segni». Inoltre, giustamente, sarebbe stata constatata anche un’elevata similitudine dal punto di vista concettuale, perché la semplice ripetizione della lettera iniziale «A» non darebbe luogo a nessun’altra differenza di significato che se ne discosti in maniera caratterizzante, ma anzi ricorderebbe ancor di più al pubblico il diritto anteriore. 18. In seguito alla limitazione, operata dalla richiedente nell’ambito del procedimento di ricorso, del proprio elenco dei prodotti e servizi, quest’ultimo appariva come segue: Classe 9 Software per la creazione e la gestione di sistemi di infrastrutture volti alla rea- lizzazione di collegamenti tra sistemi di elaborazione dati, ovvero componenti di software che raccolgono dati in sistemi di trasmissione, li trasmettono a sistemi di ricezione e qui li trasferiscono all’applicazione concreta («application to application connectivity»). Classe 42 Consulenza in materia di creazione nonché di progettazione, di sviluppo, di implementazione e di gestione di componenti software che raccolgono dati in sistemi di trasmissione, li trasmettono a sistemi di ricezione e qui li trasferiscono all’applicazione concreta («application to application connectivity»). La Commissione di ricorso invitava le parti a pervenire ad una composizione amichevole, senza che tuttavia queste addivenissero a un accordo. 19. Per il resto, si fa rinvio agli atti del fascicolo e in particolare agli argomenti svolti dalle parti nelle loro memorie e ai relativi allegati, che la Commissione di ricorso ha preso in esame e posto a fondamento della propria decisione. Motivazione 20. Il ricorso è conforme agli articoli 57, 58 e 59 del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU UAMI n. 1/1995, pag. 52) (in prosieguo: «RMC»), nonché alle regole 48 e 49 del regolamento n. 2868/95 (CE) della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU UAMI n. 2-3/1995, pag. 258) (in prosieguo: «RE»), ed è pertanto ammissibile. 21. Il ricorso è altresì fondato, in quanto la Commissione di ricorso, a differenza della divisione Opposizione, non ritiene di dover constatare l’esistenza di un apprezzabile rischio di confusione tra i due marchi in conflitto, persino in presenza di identità dei prodotti e servizi, data la palese diversità tra i segni e il carattere specialistico del pubblico a cui sono destinati. 22. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafi 1, lettera b), e 2, lettera a), punto ii), RMC, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore registrato in uno Stato membro, ossia di un marchio la cui data di registrazione è anteriore a quella del marchio comunitario, il marchio oggetto della domanda è escluso dalla registrazione se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. 23. La funzione essenziale del marchio consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato, consentendo loro di distinguere senza confusione possibile questo prodotto o questo servizio da quelli di provenienza diversa. Inoltre, per poter svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il Trattato intende istituire, il marchio deve costituire la garanzia che tutti i prodotti o servizi che ne sono contrassegnati sono stati fabbricati sotto il controllo di un’unica impresa, alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità (sentenza della Corte di giustizia 29 settembre 1998, causa C39/97 – Canon, punto 28, GU UAMI n. 12/1998, pag. 1406). 24. La tutela conferita dal marchio comunitario è assoluta in caso di identità tra il marchio e il segno richiesto e tra i prodotti o servizi. La tutela è accordata anche in caso di somiglianza tra il marchio d’impresa e il segno e tra i prodotti o servizi. È opportuno interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, dato che il rischio di confusione costituisce la condizione specifica della tutela (v. settimo ‘considerando’ RMC). 25. Dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMC emerge che il rischio di confusione comprende anche il rischio di associazione tra i marchi. In tal senso, la nozione di rischio di associazione non costituisce un’alternativa alla nozione di rischio di confusione, bensì serve a precisarne l’estensione. I termini stessi della disposizione escludono, quindi, che essa possa trovare applica- SOMMARIO zione laddove non sussista nel pubblico un rischio di confusione (sentenza della Corte di giustizia 11 novembre 1997, causa C-251/95 – Sabèl BV / Puma AG, punto 18; GU UAMI n. 1/1998, pag. 78). 26. La valutazione del rischio di confusione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà del marchio d’impresa sul mercato, dall’associazione che può essere fatta tra il marchio d’impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio d’impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati. Il rischio di confusione deve essere quindi oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenze Sabèl, citata, punto 22, e 22 giugno 1999, causa C-342/97 – Lloyd Schuhfabrik, punto 18; GU UAMI n. 12/1999, pag. 1568). 27. Questa valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, e in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti e servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenze Lloyd, citata, punto 19; Canon, citata, punto 17). 28. D’altro canto, poiché il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore, i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore. Ne consegue, per esempio, che può esservi motivo di negare la registrazione di un marchio, nonostante il minor grado di somiglianza tra i prodotti o servizi designati, allorché la somiglianza dei marchi è grande e grande è il carattere distintivo del marchio anteriore, in particolare la sua notorietà (sentenze Lloyd, citata, punti 20 e 21; Canon, citata, punti 18 e 19; Sabèl, citata, punto 24). 29. Allorché si determina globalmente il carattere distintivo di un marchio, nell’effettuare la valutazione, occorre prendere in considerazione in particolare le qualità intrinseche del marchio, ivi compreso il fatto che esso sia o meno privo di qualsiasi elemento descrittivo dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo, la percentuali degli ambienti interessati che identifica i prodotti o servizi come provenienti da una impresa determinata grazie al marchio, nonché le dichiarazioni delle camere di commercio e industria o di altre associazioni professionali (sentenza Lloyd, citata, punto 23). 30. Di conseguenza, è di per sé maggiore il carattere distintivo di un marchio che possiede elementi originali e inusuali o appariscenti, consistente per esempio in un’immagine caratterizzata da elementi di fantasia, rispetto a quello di un marchio creato strettamente in base a elementi descrittivi e che non presenta una rielaborazione di fantasia. È inoltre maggiore il carattere distintivo di un marchio diffuso sul mercato e che, grazie a massicci interventi pubblicitari e/o all’elevato fatturato, gode di una particolare notorietà (cfr. sentenza Sabèl, citata, punto 25). 31. La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi, ossia dei loro elementi caratterizzanti. Infatti, il consumatore medio mediamente informato, ragionevolmente attento e avveduto, percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno, quale gli si presenta nell’uso concreto, e non effettua un esame dei suoi singoli elementi. 32. Occorre inoltre tenere conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o servizi di cui trattasi e delle condizioni in cui essi sono messi in commercio (sentenze Lloyd, citata, punti 25 e 26; e Sabèl, citata, punto 23). 33. Al fine di valutare il grado di somiglianza esistente tra i marchi di cui trattasi, occorre determinare il loro grado di somiglianza visiva, auditiva e concettuale ed, eventualmente, valutare la rilevanza che occorre attribuire a questi diversi elementi, tenendo conto della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi e delle condizioni in cui sono messi in commercio (sentenza Lloyd, citata, punto 27). 34. Non è necessario che la somiglianza sia presente sotto tutti e tre i profili per poter accertare la sussistenza di un rischi di confusione. È sufficiente invece che, ove venga constatata la somiglianza tra i marchi in base ad uno solo dei suddetti criteri (auditivo, visivo o concettuale), tale somiglianza possa generare un rischio di confusione rilevante a motivo delle circostanze particolari presenti sul mercato di riferimento (decisione della Terza Commissione di ricorso del 12 febbraio 2001, procedimento R 251/2000-3 – MYSTERY / Mixery, punto 28, con ulteriori riferimenti; GU UAMI n. 1/2002, pag. 10). 35. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMC, resta necessario dimostrare che sussiste somiglianza tra i prodotti o servizi contraddistinti. Per valutare la somiglianza, si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra i prodotti o i servizi, Questi fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità (sentenza Canon, citata, punti 22 e 23). 36. Costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro. Per escludere tale rischio di confusione, non è sufficiente dimostrare semplicemente l’insussistenza del rischio di confusione nella mente del pubblico quanto al luogo di produzione dei prodotti o servizi (sentenze Lloyd, citata, punto 17, e Canon, citata, punto 29). SOMMARIO 37. Nel caso in esame, il marchio anteriore è dotato di un carattere distintivo normale. La Commissione non ha potuto rilevare, nella sua globalità determinante ai fini della valutazione, un particolare rafforzamento o affievolimento intrinseco, né l’opponente ha fatto valere una notorietà del marchio di molto superiore alla media presso il pubblico di riferimento. Il semplice fatto che si tratti di una combinazione di lettere e cifre non autorizza a presumere un carattere distintivo che sia in linea di principio ridotto, presunzione che potrebbe compiersi soltanto in base alla presenza di un elemento descrittivo, che palesemente non ricorre nel caso di specie. 38. La richiedente non può richiamarsi neppure alle numerose altre combinazioni di lettere e cifre registrate nei registri dei marchi e simili al diritto anteriore, in quanto non è rilevante la situazione risultante nei registri in astratto, bensì l’effettivo impiego dei marchi sul mercato. Quanto a tale reale situazione del mercato nel settore di riferimento, la richiedente non ha tuttavia prodotto dati pertinenti, con la conseguenza che la Commissione non è in grado di constatare un affievolimento del carattere distintivo del marchio dell’opponente. 39. È pur vero che, nella sua decisione, la divisione Opposizione ha parlato più volte di «prodotti» con riferimento a servizi e nel dispositivo ha statuito che l’opposizione era fondata rispetto all’insieme dei «prodotti» contestati. Tuttavia, dal contesto generale si desume che la decisione e il rigetto della domanda di registrazione ricomprendevano anche i servizi rivendicati. Le parti, quantomeno, non li hanno intesi diversamente. In definitiva, si può trascurare la questione se la domanda di marchio sia stata respinta anche relativamente ai servizi e non soltanto per i prodotti, poiché in ogni caso la Commissione è giunta alla conclusione che la decisione impugnata vada annullata e l’opposizione respinta. 40. Quanto ai prodotti e i servizi a confronto, la divisione Opposizione ha ritenuto - correttamente e senza contestazione da parte della richiedente - che esista identità tra i prodotti e i servizi protetti e rivendicati da ambedue i segni. Anche la delimitazione dell’elenco dei prodotti e i servizi alla quale ha proceduto la richiedente nell’ambito del procedimento di ricorso non modifica in nulla questa constatazione. È vero che i prodotti e i servizi sono ora meglio specificati in alcuni punti, ma restano comunque coperti dalle più ampie definizioni dei prodotti e servizi del diritto anteriore. 41. Gli articoli e i servizi oggetto della presente controversia sono però incontestatamente – e in ogni caso per quanto riguarda i prodotti rivendicati nella domanda – prodotti e servizi che in virtù del loro elevato grado di specializzazione non sono destinati ad un ampio pubblico di massa, bensì ad addetti ai lavori esperti del settore informatico, che dispongono della formazione e delle conoscenze tecniche necessarie per sceglierli ed utilizzarli adeguatamente o, rispettivamente, per utilizzare i servizi offerti. 42. Tuttavia, a differenza di quanto ritenuto dalla divisione Opposizione, non sussiste una somiglianza significativa tra i due segni che compongono i marchi, tanto più che non bisogna pensare ad un pubblico occasionale e del tutto disattento, bensì al consumatore medio, mediamente informato, ragionevolmente attento e avveduto, di questo specifico settore. Poiché nella fattispecie al marchio oggetto della domanda si oppone un marchio nazionale tedesco, nell’accertare la somiglianza tra i marchi occorre tener conto della situazione esistente in Germania. In particolare, bisogna considerare la percezione dei segni dal punto di vista grafico, fonetico e concettuale, oltre a tenere conto delle caratteristiche di quel mercato e delle abitudini dei consumatori locali. 43. Il marchio dell’opponente è un marchio denominativo composto dalle lettere «A» maiuscole, un punto e la parola «zwei» (due) scritta in lettere. Ad esso si contrappone il marchio oggetto della domanda, che è altresì un marchio denominativo consistente in due lettere «A» maiuscole in mezzo alle quali è posta senza spazi la cifra «2». I due segni in conflitto presentano pertanto lunghezza e forma diverse: il diritto anteriore si compone di cinque lettere e un punto, mentre il marchio oggetto della domanda consta di una cifra posta tra due lettere e si compone dunque di tre segni. 44. La valutazione della somiglianza deve basarsi sull’impressione complessiva prodotta dai due segni contrapposti, ed è necessario tenere conto soprattutto dei loro elementi distintivi e dominanti. Al riguardo, occorre tener presente che nei marchi brevi le piccole differenze sono di norma più evidenti che nei marchi lunghi. Quindi, nelle abbreviazioni corte, l’aggiunta di una sola lettera può comportare già una modifica sostanziale che rappresenta un elemento distintivo tale da garantire che due segni non vengano confusi tra loro. 45. Nel caso presente, ambedue i segni a confronto contengono la componente iniziale «A», ma, data la brevità dei due segni, questa lettera da sola non rappresenta al loro interno un elemento dominante o avente capacità distintiva tale da caratterizzare da solo o in modo prevalente l’impressione complessiva prodotta da uno dei due segni contrapposti. Bisogna quindi tenere conto anche degli altri elementi del marchio nel loro complesso. Con l’elemento «zwei» (due), che segue la lettera «A», il marchio dell’opponente contiene due componenti chiaramente diversificanti rispetto al corrispondente elemento «2A» del marchio oggetto della domanda. 46. Il raffronto visivo dei segni dimostra quindi che i due marchi presentano forma e lunghezza diverse, per cui, volendo scegliere i prodotti e servizi desiderati tra quelli offerti, nel caso del diritto anteriore, il pubblico specializzato si orienterà all’insieme del concetto composto da «A», «.» e «zwei» (due), mentre per il marchio oggetto della domanda si atterrà alla combinazione dei termini «A», «2» e «A». Anche l’ortografia dei due segni è decisamente diversa: in un caso la lettera iniziale «A» è separata con un punto dalla cifra «zwei» (due) scritta in lettere, nell’altro caso con la cifra seguente scritta in numeri, con l’ulteriore aggiunta di un’altra «A», una lettera conclusiva che manca completamente nel diritto anteriore. 47. Dal punto di vista grafico, i segni riescono pertanto a distanziarsi nettamente già per la semplice diversità di lunghezza e forma, posto che non biso- SOMMARIO gna pensare soltanto a uno sguardo distratto del pubblico a cui sono destinati, bensì a quello di un consumatore medio mediamente informato, ragionevolmente attento e avveduto e specializzato in informatica. Data la brevità e incisività dei due concetti, nei due marchi contrapposti non si perdono di vista né la parola «zwei», collocata dopo la «A» iniziale, né l’elemento «2A», e tanto meno essi passano inosservati per distrazione. 48. Anche dal punto di vista fonetico i due segni riescono a mantenere una sufficiente distanza, in quanto il diritto anteriore si compone di una vocale e di una sillaba, il marchio oggetto della domanda di due vocali poste attorno alla cifra pronunciata. Mentre il marchio dell’opponente viene pronunciato «azwei», quello della richiedente ha un suono diverso. In fin dei conti, non importa se il pubblico destinatario sul mercato di riferimento pronunci il segno più recente «a-zwo-a» oppure, seguendo la moda del settore informatico, pronunci «ei-tu-ei», come si potrebbe supporre in base ad alcuni argomenti addotti dalla richiedente, in particolare per analogia alla pronuncia inglese di concetti in campo informatico, soprattutto da parte degli specialisti del settore di riferimento. 49. Infatti, anche se gli ambienti specializzati del settore di riferimento dovessero pronunciare il marchio oggetto della domanda secondo le regole fonetiche della lingua tedesca, ossia «a-zweia», sussisterebbe comunque una netta differenza rispetto al diritto anteriore, che si pronuncia per l’appunto solo « azwei». Le differenze non passano inosservate all’orecchio e sono più appariscenti proprio nei segni relativamente brevi. Se un marchio è composto da due sillabe, l’aggiunta di una terza sillaba rappresenta una chiara differenza. Pertanto, questa fattispecie è diversa dal caso in cui, per esempio, ad una parola di sei sillabe ne venga aggiunta una settima. 50. Il marchio oggetto della domanda è quindi dotato di un elemento nettamente diverso rispetto al diritto anteriore, tale da creare una differenziazione sufficiente dal punto di vista fonetico. Queste differenze determinano un suono ed un ritmo di pronuncia chiara- mente distinto, fornendo quindi un’impressione globale complessivamente dissimile. La somiglianza esistente tra i segni è dunque molto remota e marginale. 51. I due marchi non sono vicini neanche da un punto di vista concettuale, in quanto non sono dotati di un significato che indichi quantomeno una stessa direzione, bensì rappresentano una semplice sequenza arbitraria di cifre e lettere. Non è convincente l’argomento dell’opponente secondo cui la ripetizione della lettera iniziale «A» nel marchio oggetto della domanda non comporterebbe una differenziazione di significato, bensì richiamerebbe alla memoria del pubblico il diritto anteriore. La ripetizione della «A» crea viceversa un’impressione completamente distinta e diverse possibilità interpretative. Di conseguenza, non sussiste somiglianza nemmeno sul piano concettuale. 52. La Commissione ha più volte precisato che le combinazioni di lettere o le abbreviazioni possono ottenere soltanto il grado di tutela richiesto dalla forma registrata. In nessun caso a questa forma di marchio può essere concessa una tutela più estesa rispetto ad altri tipi di segni (v. decisioni della Terza Commissione del 16 gennaio 2002, procedimento R 1218/00-3 - CCC/CC; del 31 ottobre 2000, procedimento R 76/00-3 - ELS/ILS; del 5 ottobre 2001, procedimento R 649/99-2 - BC/PC, e del 5 settembre 2001, procedimento R 585/00-4 - QAD/GAD). 53. Una valutazione diversa porterebbe all’inammissibile ed incoerente risultato secondo cui il titolare di un marchio molto breve, composto da lettere e/o cifre, potrebbe monopolizzare per sé o precludere ai concorrenti l’utilizzazione di combinazioni di lettere e cifre che si differenzino soltanto per un’ulteriore lettera – o perfino per una sola vocale, come in questo caso – oppure un’altra cifra, qualora a questa tipologia di marchi venisse riconosciuta una tutela più estesa e sostanzialmente superiore a quella della forma registrata. 54. Non è nemmeno ipotizzabile un rischio di confusione indiretto, nel senso di un’associazione. Da un lato, non risulta che parti rilevanti del pubblico specializzato considererebbero come variante non modificativa del carattere distintivo del diritto anteriore l’elemento «A.zwei» integrato da una «A». Dall’altro, l’opponente non ha sostenuto che «A.zwei» sia parte integrante di una serie di segni ad essa spettanti, il che indurrebbe il pubblico a ricomprendervi, attribuendolo quindi all’opponente stessa come produttrice o distributrice, anche il nuovo marchio oggetto della domanda, ampliato di una lettera e modificato nell’ortografia. 55. Premesso quanto sopra, la Commissione, pur avendo constatato l’identità dei rispettivi prodotti e servizi, e tenuto conto del carattere distintivo normale del marchio anteriore, dell’elevato grado di attenzione del pubblico specializzato del settore di riferimento nonché delle differenze fonetiche, ortografiche e concettuali chiaramente riconoscibili tra i segni contrapposti, giunge alla conclusione che non sussiste un rischio apprezzabile di confusione presso il pubblico di riferimento in Germania, considerato inoltre che occorre presumere che si tratti di un consumatore medio mediamente informato, ragionevolmente attento e avveduto nel mercato informatico, e non della categoria residuale di consumatori disattenti e frettolosi. 56. Ciò posto, il ricorso dev’essere accolto. La decisione impugnata emessa dalla divisione Opposizione va pertanto annullata e l’opposizione respinta. Poiché l’opponente è rimasta soccombente, ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, RMC e della regola 94, paragrafo 1, RE, le spese dei procedimenti di opposizione e di ricorso, comprese quelle sostenute dalla richiedente, sono a suo carico. Dispositivo Per questi motivi: la commissione così decide: 1. La decisione della divisione Opposizione del 29 settembre 2000, n. 2257/2000, nel procedimento di opposizione B 116 709 è annullata. 2. L’opposizione è respinta. 3. L’opponente sopporterà le spese, comprese quelle sostenute dalla richiedente, relative ai procedimenti di opposizione e di ricorso. SOMMARIO DECISIONE DELLA PRIMA COMMISSIONE DI RICORSO 5 settembre 2002 nel procedimento R 334/2001-1 (Lingua del procedimento: inglese) Articolo 115, paragrafo 6, RMC – Regola 15 RE – Regola 16, paragrafo 1, RE – Regola 16, paragrafo 2, RE – Regola 17, paragrafo 2, RE – Regola 18, paragrafo 2, RE – Regola 20, paragrafo 2, RE – Regola 51 RE Dimostrazione di un diritto anteriore – Traduzione – Esame – Opposizione – Comunicazione – Lettera tipo 1. L’obbligo di cui alla regola 17, paragrafo 2, RE di tradurre i documenti probatori non presentati nella lingua del procedimento d’opposizione è chiaro ed essenziale ed è inequivocabilmente imposto all’opponente. 2. La Commissione ritiene che le due comunicazioni inviate alla ricorrente dalla divisione Opposizione, la prima delle quali notificava irregolarità riscontrate nell’atto di opposizione e la seconda rammentava alla richiedente che tutti i documenti dovevano essere forniti nella lingua del procedimento, fossero inequivocabili. Da tali comunicazioni la ricorrente avrebbe dovuto comprendere le irregolarità rimaste da sanare, o quanto meno nutrire dubbi che la inducessero a chiedere ulteriori precisazioni. 3. A norma della regola 20, paragrafo 2, RE, la divisione Opposizione non era quindi tenuta a comunicare alla ricorrente le singole irregolarità riscontrate nell’esame dei documenti forniti a sostegno dell’opposizione. I fatti, le prove e le osservazioni che un opponente decida di presentare a sostegno dell’opposizione sono lasciati alla discrezione dell’opponente stesso, come risulta chiaramente dal raffronto tra le diverse formulazioni della regola 18, paragrafo 2, (esame dell’ammissibilità di un’opposizione) e della regola 20, paragrafo 2 (esame del merito dell’opposizione), RE. 4. Tenuto conto del tenore preciso delle comunicazioni inviate, la Commissione non ritiene che la divisione Opposizione abbia adottato un comportamento ingannevole nei confronti della ricorrente nel corso del procedimento di opposizione. Focus Asset Management GmbH Maria-Theresia-Str. 6 D-81675 Monaco di Baviera Germania opponente e ricorrente rappresentata da Strohschänk, Uri & Strasser, Innere Wiener Str. 8, D81667 Monaco di Baviera, Germania contro BSN, S. A., Sociedad de Valores y Bolsa Castellana, 32 E-28046 Madrid Spagna richiedente e resistente rappresentata da Luis Alfonso Díaz Orueta, Mesena 80, Torre de Operaciones, 4a planta, E-28033 Madrid, Spagna avente ad oggetto il ricorso proposto in esito al procedimento di opposizione B 250 474 (domanda di marchio comunitario n. 1161249) La Prima Commissione di ricorso composta da S. Mandel (presidente), W. Peeters (relatore) e J. L. Soares Curado (membro) cancelliere: E. Gastinel ha adottato la seguente Decisione Sintesi dei fatti 1 Con domanda depositata il 4 maggio 1999, la BSN, S.A., Sociedad de Valores y Bolsa (in prosieguo: la “richiedente”), chiedeva la registrazione del marchio denominativo EUROFOCUS per i seguenti prodotti e servizi: Classe 16 – Carta, cartone e prodotti in queste materie, non compresi in altre classi; stampati, pubblicazioni stampate; libri, riviste, quotidiani e periodici stampati, articoli per legatoria; fotografie; cartoleria; adesivi (materie collanti) per la cartoleria o per uso domestico; materiale per artisti; pennelli; macchine da scrivere e articoli per ufficio (esclusi i mobili); materiale per l’istruzione o l’insegnamento (tranne gli apparecchi); materie plastiche per l’imballaggio (non comprese in altre classi); carte da gioco; caratteri tipografici; cliché. Classe 35 – Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio. Classe 36 – Assicurazioni; affari finanziari; affari monetari; affari immobiliari. Classe 38 – Telecomunicazioni. La domanda era redatta in spagnolo e l’inglese vi era indicato come seconda lingua. 2 La domanda veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 99/99 del 13 dicembre 1999. 3 Il 10 marzo 2000 la Focus Asset Management GmbH (in prosieguo: l’“opponente”) presentava opposizione in lingua tedesca contro la domanda. L’opposizione si basava sulla registrazione nazionale tedesca n. 1 182 455, recante data di deposito del 1° marzo 1990, per il marchio denominativo FOCUS All’atto di opposizione erano allegati due documenti in lingua tedesca. Il primo documento, che non recava alcuna intestazione, indicava la data di registrazione, il numero di registrazione e l’elenco dei servizi registrati per il marchio FOCUS a nome della “FOCUS Wertpapierverwaltungs- und Finanzberatungsgesellschaft mbH”. Il secondo documento, recante l’intestazione e il timbro dell’Ufficio tedesco brevetti e marchi, attestava che il 28 ottobre 1999 era stata registrata una modifica del nominativo del titolare di quattro marchi, tra cui il marchio n. 1182455, in “FOCUS Asset Management GmbH”. 4 Con lettera del 18 aprile 2000, l’Ufficio notificava all’opponente, in lingua tedesca, le seguenti irregolarità riscontrate nell’atto di opposizione: — assenza dell’indicazione della lingua del procedimento, cioè l’inglese o lo spagnolo. Se l’irregolarità non fosse stata sanata entro un termine di due mesi, l’opposizione sarebbe stata dichiarata inammissibile; — assenza dell’indicazione, nella lingua del procedimento, dei prodotti e servizi a cui si riferiva l’opposizione. Veniva fissato un termine di due mesi per sanare l’irregolarità, in caso contrario l’opposizione sarebbe stata dichiarata inammissibile; SOMMARIO — assenza dell’indicazione, nella lingua del procedimento, della portata dell’opposizione. Se l’irregolarità non fosse stata sanata entro un termine di due mesi, l’Ufficio avrebbe considerato l’opposizione diretta contro tutti i prodotti e i servizi rivendicati nella domanda di marchio comunitario. “Si prega di notare che tutti i documenti devono essere redatti nella lingua del procedimento o accompagnati da una traduzione. È inoltre richiesta la traduzione di eventuali documenti o certificati già presentati in un’altra lingua. L’Ufficio non terrà conto di alcun documento non tradotto nella lingua del procedimento (…)”. 5 Con lettera pervenuta all’Ufficio in data 25 maggio 2000, l’opponente rispondeva che l’inglese era stato scelto come lingua del procedimento e che l’opposizione era riferita ai seguenti prodotti e servizi: 7 Il 13 dicembre 2000 la richiedente presentava osservazioni in risposta all’opposizione. Tali osservazioni si possono riassumere come segue: “Servizi finanziari, ovvero gestione finanziaria, intermediazione per le operazioni di investimento e le quote di fondi, consulenza in materia di crediti, intermediazione nel settore dei crediti, intermediazione nel settore delle assicurazioni, gestione di titoli, obbligazioni e azioni, analisi di titoli, obbligazioni e azioni, creazione, organizzazione e commercializzazione di fondi d’investimento”, ed era diretta contro i seguenti servizi: “Assicurazioni; affari finanziari e affari monetari”. Per quanto riguarda i motivi del ricorso, l’opponente indicava che l’impressione generale suscitata dal marchio comunitario richiesto era caratterizzata dalla presenza caratterizzante del termine FOCUS, identico al marchio anteriore, in quanto EURO costituiva una semplice aggiunta descrittiva. Anche i servizi contro i quali era diretta l’opposizione erano identici a quelli tutelati dal marchio anteriore. A conclusione della lettera, l’opponente affermava di ritenere che le indicazioni fornite rispondessero a tutti i requisiti indicati dall’Ufficio. In caso contrario, l’Ufficio era pregato di informarne l’opponente. 6 Con lettera del 15 giugno 2000, la divisione Opposizione informava l’opponente che l’opposizione era stata notificata alla richiedente e che il contraddittorio avrebbe avuto inizio il 16 agosto 2000. Veniva indicato che l’opponente disponeva di un termine massimo di quattro mesi, cioè fino al 15 ottobre 2000, per presentare eventuali nuovi fatti, prove od osservazioni a sostegno dell’opposizione. La comunicazione conteneva, tra l’altro, anche le seguenti indicazioni: — contravvenendo alle disposizioni di cui alla regola 16, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 4094 del Consiglio sul marchio comunitario (in prosieguo: il “regolamento di esecuzione” o “RE”) (GU L 303 del 15.12.1995, pag. 1; GU UAMI n. 23/95, pag. 258), l’opponente non avrebbe presentato alcun tipo di certificato di registrazione. La documentazione fornita consisterebbe solo in una serie di documenti, che non certificherebbero il diritto invocato dall’opponente. — Contravvenendo alle disposizioni di cui alla regola 17, paragrafi 1 e 2, RE, l’opponente non avrebbe fornito una traduzione dell’atto di opposizione o dei documenti di appoggio nella lingua del procedimento. Ne conseguirebbe che, per esempio, la richiedente non sarebbe in grado di verificare se i servizi contro i quali è diretta l’opposizione, indicati in inglese nella comunicazione dell’opponente del 24 maggio 2000, corrispondano effettivamente alle indicazioni fornite nell’atto di opposizione, presentato in tedesco. — I segni a confronto presenterebbero differenze sul piano concettuale, fonetico e generale e si potrebbe quindi escludere il rischio di confusione o di associazione. Il fatto che il termine FOCUS compaia in entrambi i marchi non sarebbe decisivo, in quanto una ricerca tra i marchi comunitari rivelerebbe che oltre 50 marchi registrati per servizi rientranti nella stessa classe di quelli dell’opponente sarebbero costituiti dal detto termine o lo comprenderebbero. — L’opponente non avrebbe addotto prove dell’uso effettivo del marchio anteriore, conformemente all’articolo 43 del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (in prosieguo: RMC) (GU L 11 del 14.1.1994, pag. 1; GU UAMI n. 1/95, pag. 52). Nell’ambito di un’opposizione, la prova dell’uso costituirebbe un requisito essenziale e, in mancanza di tale prova, “richiesta dalla richiedente, come nel presente caso”, l’opposizione dovrebbe essere respinta. 8 Il 18 gennaio 2001 la divisione Opposizione trasmetteva all’opponente, a titolo puramente informativo, le osservazioni della richiedente. La comunicazione indicava quanto segue: “L’Ufficio adotterà una decisione sull’opposizione in base alle prove in suo possesso. L’Ufficio considera tali prove insufficienti a dimostrare la registrazione tedesca n. 1182455, su cui si fonda l’opposizione”. 9 Il 9 marzo 2001 la divisione Opposizione adottava la decisione n. 649/2001, relativa all’opposizione B 250474 (in prosieguo: la “decisione impugnata”). L’opposizione veniva respinta e le spese venivano poste a carico dell’opponente. La divisione Opposizione adduceva come motivazione quanto segue: — con l’atto di opposizione, l’opponente ha presentato diversi documenti in tedesco, compreso un documento in cui figuravano indicazioni relative al marchio anteriore, la cui origine ufficiale non era tuttavia indicata. — Conformemente alle regole 16, paragrafo 3, e 17, paragrafo 2, RE, l’Ufficio ha concesso all’opponente un termine di quattro mesi per integrare l’opposizione. Alla lettera è stata allegata una scheda informativa riguardante le prove richieste a sostegno di un’opposizione. È stato inoltre rammentato all’opponente che tutti i documenti dovevano essere redatti nella lingua del procedimento o corredati di una traduzione. — L’opponente non ha presentato ulteriori documenti. — Di conseguenza, l’opponente non ha dimostrato di essere la titolare del diritto anteriore invocato, né che tale diritto anteriore sia valido, considerato che essa: SOMMARIO ii(i) non ha presentato una copia del certificato di registrazione che indicasse l’origine della stessa; menzione di irregolarità specifiche riguardo al caso di specie. i(ii) non ha presentato una traduzione soddisfacente delle pertinenti indicazioni relative alla registrazione anteriore, eccetto per l’elenco dei servizi tutelati dal marchio anteriore; — Per quanto riguarda l’affermazione della divisione Opposizione, secondo cui l’opponente non avrebbe dimostrato di essere la titolare registrata del marchio anteriore, l’opponente rileva che risultava evidente, dall’esame congiunto dei documenti inizialmente presentati – cioè un estratto ufficiale del registro tedesco dei marchi, che in realtà non faceva accenno diretto alla sua origine ufficiale, e una copia di un certificato ufficiale rilasciato dall’Ufficio tedesco dei marchi, comprovante la modifica del nome del titolare del marchio anteriore – che l’opponente era la titolare del marchio tedesco n. 1 182 455 FOCUS, recante data di deposito 1° marzo 1990 e registrato per i servizi indicati nel certificato del registro dei marchi. L’Ufficio, che avrebbe padronanza della lingua tedesca, non potrebbe ragionevolmente affermare di non avere alcuna certezza in merito al punto se l’opponente avesse soddisfatto le condizioni di cui all’articolo 42, paragrafo 1, RMC. Inoltre, se l’estratto del registro presentato indica i dati relativi al marchio, ma non la sua origine ufficiale, ciò sarebbe dovuto al fatto che l’Ufficio tedesco dei marchi utilizza tale formato standard da molti anni, il che non potrebbe essere interpretato a sfavore dell’opponente. (iii) non ha tradotto il documento attestante il trasferimento all’opponente del marchio anteriore. In assenza di tale traduzione, né l’Ufficio né l’opponente potevano essere certi che quest’ultima avesse rispettato le condizioni di cui all’articolo 42, paragrafo 1, RMC. 10 Il 30 marzo 2001 l’opponente presentava un ricorso avverso la decisione impugnata. La memoria contenente i motivi del ricorso veniva depositata il 9 luglio 2001. 11 Il 14 settembre 2001 la richiedente presentava le proprie osservazioni sulla memoria contenente i motivi del ricorso. Motivi del ricorso 12 L’opponente chiede alla Commissione di ricorso di annullare la decisione impugnata, disporre la prosecuzione del procedimento di opposizione e consentire all’opponente di presentare tutti i documenti mancanti. L’opponente chiede altresì il rimborso della “tassa d’opposizione”, conformemente alla regola 51 RE, sostenendo che tale rimborso risulterebbe equo per via della violazione di norme procedurali sostanziali. Gli argomenti dell’opponente possono essere sintetizzati come segue: — con la comunicazione del 18 aprile 2001, la divisione Opposizione avrebbe notificato all’opponente, in seguito all’esame del fascicolo, tre irregolarità, che sarebbero poi state sanate dall’opponente con lettera del 22 maggio 2000. Alla richiesta esplicita dell’opponente di comunicare eventuali altre irregolarità, l’Ufficio avrebbe risposto con una lettera tipo contenente “Informazioni sulle prove”, nella quale erano elencate varie irregolarità possibili, senza alcuna — Per quanto riguarda l’argomento relativo alla mancanza di una traduzione dell’estratto, l’Ufficio avrebbe ammesso che l’opponente aveva presentato una traduzione dei servizi tutelati dal marchio anteriore. Nell’estratto non figuravano altre “indicazioni pertinenti” che potessero essere tradotte. Non sarebbe necessario tradurre il nome del marchio e quello del titolare. Le indicazioni “Klasse”, “Aktenzeichen”, “Geschäftsbetrieb” e “Waren/Dienstleistungen” non sarebbero rilevanti per comprendere il contenuto e la portata della tutela del marchio anteriore. Non sarebbero stati usati codici di rilievo che potessero essere tradotti. Inoltre, il registro tedesco ufficiale dei marchi sarebbe pubblico, pertanto chiunque fosse in possesso del numero di registrazione di un marchio tedesco anteriore potrebbe accedere a tutte le relative informazioni in qualsiasi momento. — Tre irregolarità formali sarebbero state notificate all’opponente nella fase iniziale del procedimento, l’indicazione di un preciso termine entro cui sanarle, mentre altre tre cosiddette irregolarità sarebbero state constatate solo nella decisione della divisione Opposizione, senza informarne prima l’opponente e consentirle di sanarle. Questa prassi non sarebbe conforme alla regola 20, paragrafo 2, RE, che imporrebbe all’Ufficio di invitare l’opponente a presentare, entro un preciso termine, le indicazioni relative a fatti, prove ed osservazioni, di cui alla regola 16, paragrafi 1 e 2, qualora non siano contenute nell’atto di opposizione. L’uso del termine “indicazioni” significherebbe che l’Ufficio è tenuto a specificare tali irregolarità. — Il comportamento della divisione Opposizione sarebbe stato oltremodo ingannevole, in quanto l’opponente avrebbe avuto ragionevolmente diritto di fare assegnamento sulla completezza dell’elenco delle irregolarità notificatele. Ove difendesse una prassi siffatta, affermando di dover mantenere una posizione assolutamente neutrale nei procedimenti di opposizione, l’Ufficio commetterebbe un errore. Il modo dell’Ufficio di effettuare l’esame di un’opposizione non sarebbe neutrale, bensì renderebbe estremamente difficile per l’opponente rispettare tutti i requisiti, giustificati e ingiustificati, posti dall’Ufficio stesso, mentre la richiedente potrebbe limitarsi ad attendere che l’opponente commetta un qualsiasi errore, dal momento che su quest’ultima graverebbe l’intero onere. Ne risulterebbe una situazione estremamente iniqua. 13 La richiedente chiede alla Commissione di confermare la decisione impugnata, respingere il ricorso ed ordinare all’opponente di sopportare le spese. Gli argomenti della richiedente possono essere sintetizzati come segue: — una traduzione letterale nella lingua del procedimento dei documenti volti a dimostrare il diritto dell’opponente non costituirebbe un requi- SOMMARIO sito formale, bensì una condizione essenziale intesa a garantire i diritti della difesa della parte richiedente. Sarebbe vero che l’Ufficio è in grado di comprendere documenti presentati in tedesco, ma sarebbe altrettanto vero che la richiedente non è in grado di farlo. Secondo l’opponente, le parti dei certificati da tradurre sono irrilevanti, tuttavia la richiedente non sarebbe nemmeno in grado di verificare tale affermazione. Avendo presentato soltanto un documento non tradotto, la cui origine non era specificata e che menzionava inoltre il nome di un’impresa diversa dall’opponente, quest’ultima avrebbe palesemente disatteso le disposizioni della regola 17, paragrafo 2, RE. — La regola 20, paragrafo 2, RE imporrebbe all’Ufficio di invitare l’opponente a presentare le indicazioni relative a fatti, prove ed osservazioni, di cui alla regola 16, paragrafi 1 e 2, RE, qualora non siano contenute nell’atto di opposizione, ma tale regola non imporrebbe all’Ufficio di indicare il tipo di fatti o prove che devono essere presentati nel caso specifico. Poiché l’opponente ha risposto alla richiesta iniziale dell’Ufficio di presentare i dati essenziali dell’atto di opposizione in una lingua che potesse essere scelta come lingua del procedimento, conformemente all’articolo 115 RMC, l’opposizione sarebbe stata dichiarata ammissibile. Come provvedimento successivo, l’Ufficio ha concesso all’opponente un nuovo termine entro cui presentare eventuali nuove prove, necessarie per dimostrare appieno il suo diritto anteriore. Poiché tali nuove prove non sono state presentate, l’Ufficio avrebbe dovuto adottare la decisione alla luce delle prove in suo possesso. Di conseguenza, l’opposizione sarebbe stata respinta per motivi sostanziali, in quanto l’opponente non avrebbe dimostrato, nella lingua del procedimento, il diritto su cui basava la propria opposizione. Nella sua decisione del 6 aprile 2001, procedimento R 222/2000-1, SOL SALT/SOLSEL, la Commissione di ricorso avrebbe già stabilito che non vi è alcuna contraddizione tra, da un lato, considerare un’opposizione ammissibile e, dall’altro, respingerla per il motivo che la prova del diritto anteriore non è stata tradotta nella lingua del procedimento. Sebbene nel presente procedimento la divisione Op- posizione abbia trasmesso all’opponente un elenco di documenti che potevano essere considerati sufficienti ai fini della dimostrazione di un diritto anteriore, l’opponente non avrebbe fornito le necessarie prove del diritto invocato. — Sarebbe evidente che, quando ha indicato l’inglese come seconda lingua nella domanda di marchio comunitario, la richiedente intendeva quantomeno assicurarsi che in caso di opposizione sarebbe stata in grado di esaminare l’atto e di difendersi in una lingua a lei comprensibile. Presentando un documento in un’altra lingua, senza fornire un’adeguata traduzione, l’opponente avrebbe privato la richiedente della possibilità di difendersi. Di conseguenza, la divisione Opposizione avrebbe dovuto adottare la decisione impugnata e l’opponente sarebbe la sola responsabile del rigetto della sua opposizione. Motivazione 14 Il ricorso è conforme agli articoli 57, 58 e 59 RMC, nonché alla regola 48 RE, ed è pertanto ammissibile. 15 I requisiti formali di base, a cui deve conformarsi l’opponente per poter dimostrare il diritto o i diritti anteriori su cui fonda la sua opposizione, sono specificati alle regole 16 e 17 RE. Dalla regola 16, paragrafo 2, RE discende che se un’opposizione si fonda su un marchio anteriore nazionale, l’opponente deve fornire prove relative alla registrazione o al deposito del marchio anteriore, come ad esempio un certificato di registrazione. Ai sensi della regola 17, paragrafo 2, RE, se dette prove non sono presentate nella lingua del procedimento, l’opponente deve fornirne una traduzione in tale lingua entro il termine stabilito. Tali requisiti sono chiari ed essenziali. Incombe all’opponente l’onere di addurre prove, dimostrandone l’origine ufficiale, che attestino l’esistenza e la validità del diritto invocato per opporsi alla registrazione del marchio comunitario richiesto. Tali prove devono essere fornite nella lingua del procedimento, requisito che ha lo scopo preciso di consentire alle parti di comunicare l’una con l’altra tramite l’Ufficio. 16 Le uniche prove presentate dall’opponente nel corso del procedimento di opposizione consistono in due documenti in lingua tedesca. Per quanto riguarda il primo documento, che sembrava essere un certificato di registrazione, seppure privo di indicazioni relative alla fonte di emissione, soltanto una parte, cioè l’elenco dei servizi, è stata tradotta dall’opponente. Dell’altro documento, che sembrava essere un certificato di mutamento del nome del titolare di alcuni marchi, tra cui quello invocato per l’opposizione, non è stata fornita alcuna traduzione. È quindi chiaro che l’opponente non ha rispettato il requisito di base relativo alla traduzione delle prove presentate, stabilito alla regola 17, paragrafo 2, RE. La mancanza di traduzione non ha riguardato solo un particolare trascurabile ed irrilevante di un documento, bensì ha impedito alla richiedente di comprendere persino la natura, la fonte e la portata dei documenti presentati come prove. Gli argomenti dell’opponente riguardo ad una possibilità alternativa per la richiedente di ottenere le informazioni più essenziali tramite un’attenta deduzione basata su un confronto tra l’atto di opposizione e le prove presentate, o persino tramite la consultazione diretta della banca dati dell’Ufficio marchi tedesco, oltre a non essere realistici, sono irrilevanti in quanto le disposizioni del regolamento che disciplinano il procedimento di opposizione non prevedono un’alternativa all’onere di fornire e tradurre i documenti probatori, imposto all’opponente in modo chiaro ed inequivocabile. Come ha rilevato il Tribunale di primo grado delle Comunità europee nella sua sentenza 13 giugno 2002, causa T-232/00, Chef Revival USA Inc./UAMI, l’onere che grava sulla parte all’origine di un procedimento inter partes è giustificato dalla “necessità di rispettare pienamente il principio del contraddittorio nonché il principio secondo cui le parti devono trovarsi ad armi pari nei procedimenti inter partes” (punto 42). 17 La Commissione conclude quindi che la divisione Opposizione ha giustamente ritenuto che l’opposizione fosse infondata e dovesse quindi essere respinta. L’opponente sostiene che la divisione Opposizione, prima di adottare la decisione, avrebbe dovuto comuni- SOMMARIO carle le irregolarità specifiche individuate invitandola a sanarle, conformemente alla regola 20, paragrafo 2, RE. Essa sostiene inoltre che il modo in cui la divisione Opposizione ha trattato il caso è stato estremamente ingannevole, in quanto alcune irregolarità riscontrate sono state notificate con precisione, mentre altre no. Il legittimo affidamento dell’opponente in un approccio coerente dell’Ufficio nell’ambito dell’esame di un’opposizione sarebbe quindi stato violato. 18 Tuttavia, la Commissione di ricorso non può individuare alcun errore o comportamento ingannevole nel modo in cui la divisione Opposizione ha condotto l’esame dell’opposizione. La prima comunicazione della divisione Opposizione, datata 18 aprile 2000, notificava tre irregolarità riscontrate nell’atto di opposizione ed indicava che era adottata conformemente alla regola 15 e alla regola 18, paragrafo 2, RE. La regola 18 RE s’intitola “Rigetto dell’opposizione per inammissibilità”. Poiché le successive regole 19 e 20 RE sono intitolate, rispettivamente “Inizio della procedura d’opposizione” ed “Esame dell’opposizione”, già dalla struttura del regolamento di esecuzione risulta evidente che l’esame dell’ammissibilità costituisce soltanto una fase iniziale della procedura di esame di un’opposizione. Nella comunicazione suddetta si affermava chiaramente, riguardo a due delle tre irregolarità notificate, che se esse non fossero state sanate l’opposizione sarebbe stata dichiarata inammissibile. Con lettera del 24 maggio 2000, l’opponente ha provveduto a sanare le irregolarità. A conclusione della lettera figurava la seguente menzione: “Riteniamo che quanto sopra soddisfi tutti i requisiti. In caso contrario, vi preghiamo di comunicarcelo”. 19 La fase successiva dell’esame è stata aperta con le lettere inviate alle parti dalla divisione Opposizione il 15 giugno 2000. La lettera all’opponente era intitolata “Comunicazione all’opponente della data di inizio del contraddittorio e invito a presentare fatti, prove ed osservazioni a sostegno dell’opposizione (regole 19, paragrafo 1, 16, paragrafo 3, 17, paragrafo 2, e 20, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione)”. Dal chiaro riferimento ai paragrafi delle regole in questione, l’opponente poteva già comprendere lo scopo che si prefiggeva la comunicazione. Quest’ultima conteneva inoltre le seguenti indicazioni: “È concesso un termine massimo di quattro mesi, decorrente dalla data di ricevimento della presente notificazione, ossia fino al 15 ottobre 2000, per presentare ulteriori fatti, prove ed osservazioni che consideriate necessari per sostenere l’opposizione (…). Qualora entro il termine impartito non vengano presentati ulteriori fatti, prove od osservazioni, l’Ufficio adotterà una decisione sull’opposizione sulla base delle prove in suo possesso. Si noti che, in assenza delle prove necessarie a dimostrare il diritto o i diritti anteriori su cui si fonda l’opposizione, o delle prove concernenti i presupposti essenziali per l’applicazione dell’impedimento o degli impedimenti, e qualora tali prove non siano presentate entro il termine suindicato, l’opposizione sarà respinta in quanto insufficientemente fondata. A fini di agevolazione, alleghiamo una scheda informativa sulle prove da fornire a sostegno di un atto di opposizione. Si noti che tutti i documenti devono essere redatti nella lingua del procedimento o corredati di una traduzione. La traduzione è altresì richiesta per eventuali documenti o certificati già presentati in altre lingue. L’Ufficio non terrà conto dei documenti non tradotti nella lingua del procedimento, né di traduzioni fornite senza allegare copia del documento originale, in quanto ritiene che una traduzione da sola non sia sufficiente come prova”. La Commissione considera queste informazioni sufficientemente chiare ed inequivocabili da consentire all’opponente di comprendere quali fossero le irregolarità rimaste da sanare, a norma della regola 20, paragrafo 2, RE. La comunicazione avrebbe quantomeno dovuto far sorgere seri dubbi nell’opponente in merito alla necessità di completare e tradurre le prove fornite. Ciononostante l’opponente non ha presentato ulteriori documenti, né ha chiesto precisazioni in merito alle conseguenze che si potevano trarre dalla comunicazione ricevuta. 20 L’opponente sostiene che dal tenore della regola 20, paragrafo 2, RE si evince l’obbligo per l’Ufficio di indicare le singole irregolarità riscontrate nell’esame dei documenti a sostegno dell’opposizione forniti al fine di presenta- re le indicazioni relative a fatti, prove ed osservazioni di cui alla regola 16 RE. La Commissione non ravvisa alcun obbligo del genere nella formulazione della regola suddetta. Con il termine “indicazioni” s’intende “particolari” (nella versione in lingua tedesca il termine è “Einzelheiten”, in quella spagnola “pormenores”) e nella regola 20, paragrafo 2, RE tale termine è usato nello stesso significato generale di cui alla regola 16, paragrafo 1, RE, al quale la regola 20, paragrafo 2, RE fa esplicito riferimento. Le “indicazioni” relative a fatti, prove ed osservazioni che l’opponente decida di presentare a sostegno dell’opposizione sono, com’è logico, lasciate alla sua discrezione. La regola 20, paragrafo 2, RE stabilisce solo che l’Ufficio “invita l’opponente a presentare, entro un preciso termine, le indicazioni relative ai fatti, le prove e le osservazioni”. Questa formulazione è nettamente diversa da quella della regola 18, paragrafo 2, RE, che riguarda l’esame dell’ammissibilità di un’opposizione e prescrive che, in caso di non conformità, l’Ufficio ne dia comunicazione all’opponente, “invitandolo a sanare le irregolarità entro due mesi”. 21 Per gli stessi motivi, la Commissione non può riscontrare alcun comportamento oggettivamente ingannevole da parte dell’Ufficio nella forma o nel contenuto delle comunicazioni inviate, rispettivamente, il 18 aprile 2000 e il 15 giugno 2000. Le due comunicazioni corrispondono a due diverse fasi del procedimento di opposizione e riflettono due diversi obblighi imposti all’Ufficio. Naturalmente, non si può escludere che un opponente, che non sempre ha una chiara comprensione della struttura alquanto articolata del regolamento di esecuzione, si senta tratto in inganno da un’impostazione che reputi incoerente. In ogni caso, la Commissione è convinta che il tenore della comunicazione trasmessa dall’Ufficio il 15 giugno 2000 era preciso ed esplicito, quindi atto a fornire all’opponente le informazioni necessarie a conformarsi alle disposizioni della regola 20, paragrafo 2, RE [v. anche, in un caso analogo, decisione della Commissione del 4 giugno 2002, procedimento R 787/2001-1, CASTLE LAGER GLASS FOUNDER BREWER (MARCHIO FIGURATIVO) / SAB (MARCHIO FIGURATIVO), punti 22-25, in particolare punto 23]. SOMMARIO 22 Ai sensi della regola 51 RE, poiché la Commissione non ritiene che il procedimento di opposizione sia inficiato da violazione di norme procedurali sostanziali, non vi è motivo per disporre il rimborso della tassa di ricorso. Sulle spese 23 Ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, RMC, poiché l’opponente è risultata essere la parte soccombente, deve sopportare le spese sostenute dalla richiedente nel procedimento di ricorso. Dispositivo Per questi motivi, la Commissione di Ricorso così decide: 1. Il ricorso è respinto. 2. La richiesta di rimborso della tassa di ricorso è respinta. 3. L’opponente sopporterà l’onere delle spese sostenute dalla richiedente nel procedimento di ricorso. SOMMARIO LISTA DE LOS REPRESENTANTES AUTORIZADOS ANTE LA OFICINA DE ARMONIZACIÓN DEL MERCADO INTERIOR (MARCAS, DIBUJOS Y MODELOS) LISTE DER ZUGELASSENEN VERTRETER BEIM HARMONISIERUNGSAMT FÜR DEN BINNENMARKT (MARKEN, MUSTER UND MODELLE) LIST OF PROFESSIONAL REPRESENTATIVES BEFORE THE OFFICE FOR HARMONIZATION IN THE INTERNAL MARKET (TRADE MARKS AND DESIGNS) LISTE DES MANDATAIRES AGRÉÉS AUPRÈS DE L’OFFICE DE L’HARMONISATION DANS LE MARCHÉ INTÉRIEUR (MARQUES, DESSINS ET MODÈLES) ELENCO DEI MANDATARI ABILITATI PRESSO L’UFFICIO PER L’ARMONIZZAZIONE NEL MERCATO INTERNO (MARCHI, DISEGNI E MODELLI) (Véase también las comunicaciones del presidente de la Oficina / Siehe auch die Mitteilungen des Präsidenten des Amtes / See also the communications of the President of the Office / Voir aussi les communications du président de l’Office / Vedi anche le comunicazioni del presidente dell’Ufficio) nº 1/95, DO/ABI./OJ/JO/GU nº 1/95, p. 16 nº 2/99, DO/ABI./OJ/JO/GU nº 7-8/99, p. 1003 nº 10/02, DO/ABI./OJ/JO/GU nº 9/02, p. 1636 nº 12/02, DO/ABl./OJ/JO/GU nº 3/03, p. 525 PARTE A: / TEIL A: / PART A: / PARTIE A: / PARTE A: Lista de representantes autorizados contemplada en el artículo 89 del Reglamento sobre la marca comunitaria Liste der zugelassenen Vertreter gemäß Artikel 89 der Gemeinschaftsmarkenverordnung List of professional representatives according to Article 89 Community Trade Mark Regulation Liste de mandataires agréés conformément à l’article 89 du règlement sur la marque communautaire Elenco dei mandatari abilitati ai sensi dell’articolo 89 del regolamento sul marchio comunitario Inscripciones / Eintragungen / Entries / Inscriptions / Iscrizioni België / Belgique (véase / siehe / see / voir / vedi Benelux) Deutschland ARTH, Hans-Lothar (DE) Kistlerhofstr. 111 D-81379 München BACHMANN, Jürgen (DE) Rosenstr. 2a D-01445 Radebeul BALS, Rüdiger (DE) BUSE MENTZEL LUDEWIG Kleiner Werth 34 D-42275 Wuppertal BUCHETMANN, Dominik (DE) Maximilianstr. 54 D-80538 München FLOYMAYR, Michael (DE) Max-Eyth-Str. 33 D-73240 Wendlingen HABERMANN, Jan (DE) Fröbelweg 1 D-64291 Darmstadt SOMMARIO HACKEL, Stefanie (DE) DR. VOLKER VOSSIUS Geibelstr. 6 D-81679 München YENNADHIOU, Peter (GB) HEWLETT-PACKARD Avd. Graells, 501 E-08190 Sant Cugat del Valles-Barcelona HAGGENMÜLLER, Christian (DE) Würzstr. 5 D-81371 München France HEISKE, Harald R. (DE) SIEMENS AG Ridlerstr. 55 D-80339 München KAUFMANN, Ursula (DE) Birkenwaldstr. 114 D-70191 Stuttgart KOMARNICKI, Katharina (DE) SIEMENS AG CT IP ICM Ridlerstr. 55 D-80339 München LAHRTZ, Fritz (DE) ISENBRUCK / BÖSL / HÖRSCHLER / WICHMANN / HUHN Prinzregentenstraße 68 D-81675 München REINSTÄDLER, Diane (DE) GULDE HENGELHAUPT ZIEBIG & SCHNEIDER Schützenstraße 15-17 D-10117 Berlin RIEMANN, Sabine (DE) DR. VOLKER VOSSIUS Geibelstr. 6 D-81679 München SCHRETTER, Nikola (DE) SIEMENS AG Ridlerstr. 55 D-80339 München SIMON, Josef (DE) MATSCHKUR, LINDNER, BLAUMEIER Dr.-Kurt-Schumacher-Str. 23 D-90402 Nürnberg VOGEL, Andreas (DE) Dibergstr.9 D-44789 Bochum España LEADBETTER, Benedict (GB) HEWLETT-PACKARD Avd. Graells, 501 E-08190 Sant Cugat del Valles- Barcelona LORENTE BERGES, Ana (ES) A2 ESTUDIO LEGAL C/ Felix Boix n° 3 7° C E-28036 Madrid BOOS, Philippe (FR) CABINET HIRSCH 34, rue de Bassano F-75008 Paris FONTAINE, Benjamin (FR) ERNEST GUTMANN - YVES PLASSERAUD S.A. 3, rue Chauveau-Lagarde F-75008 Paris GLAIZE, Frédéric (FR) CABINET MEYER & PARTENAIRES Bureaux Europe 20, place des Halles F-67000 Strasbourg GRYNWALD, Nathalie (FR) CABINET GRYNWALD 127, rue du Faubourg Poissonnière F-75009 Paris INGRAND, Grégory (FR) CABINET HIRSCH 34, rue de Bassano F-75008 Paris NAPPEY, Alexandre (FR) CABINET MEYER & PARTENAIRES Bureaux Europe 20, place des Halles F-67000 Strasbourg PACAUD, Nathalie (FR) ERNEST GUTMANN - YVES PLASSERAUD S.A. 3, rue Chauveau-Lagarde F-75008 Paris PELESE, Christophe (FR) ERNEST GUTMANN - YVES PLASSERAUD S.A. 3, rue Chauveau-Lagarde F-75008 Paris RINGEISEN, Gilles (FR) CABINET PLASSERAUD 84, rue d’Amsterdam F-75440 Paris Cédex 09 DE ZEEUW, Johan Diederick (NL) MURGITROYD & COMPANY Immeuble AIR FRANCE 455, Promenade des Anglais F-06299 Nice Cédex SOMMARIO Sverige EMILSON, Göran (SE) GROTH & CO I MALMÖ HB Norra Vallgatan 72 Box 6153 S-200 11 Malmö HELLGREN, Markus (SE) ALBIHNS GÖTEBORG AB Torrgatan 8 S-401 22 Göteborg United Kingdom ANDREWS, Arthur Stanley (GB) REDDIE & GROSE 5 Shaftesbury Road Cambridge CB2 2BW United Kingdom BOYDELL, John Christopher (GB) STEVENS HEWLETT & PERKINS Halton House 20/23 Holborn London EC1N 2JD United Kingdom BRADY, Paul Andrew (GB) ABEL & IMRAY 20 Red Lion Street London WC1R 4PQ United Kingdom BRISTOW, Stephen Robert (GB) MILLIKEN INDUSTRIALS LIMITED Beech Hill Plant Gidlow Lane Wigan WN6 8RN United Kingdom LEGG, Cyrus James Grahame (GB) ABEL & IMRAY 20 Red Lion Street London WC1R 4PQ United Kingdom LEILA, George Conrad (GB) ABEL & IMRAY 20 Red Lion Street London WC1R 4PQ United Kingdom NETTLETON, John Victor (GB) ABEL & IMRAY 20 Red Lion Street London WC1R 4PQ United Kingdom SCOTT, Susan Margaret (GB) ABEL & IMRAY 20 Red Lion Street London WC1R 4PQ United Kingdom SENIOR, Janet (GB) ABEL & IMRAY 20 Red Lion Street London WC1R 4PQ United Kingdom SETCHELL, James Clifford (GB) TRADE MARK CONSULTANTS CO. 54 Hillbury Avenue Harrow, HA3 8EW United Kingdom SOAMES, Candida Jane (GB) D YOUNG & CO 21 New Fetter Lane London EC4A 1DA United Kingdom COULSON, Antony John (GB) ABEL & IMRAY 20 Red Lion Street London WC1R 4PQ United Kingdom THACH, Tum Branly (FR) MURGITROYD & COMPANY 165-169 Scotland Street Glasgow G5 8PL United Kingdom HUMPHREYS, Ceris Anne (GB) ABEL & IMRAY 20 Red Lion Street London WC1R 4PQ United Kingdom WEBB, Andrew John (GB) J A KEMP & CO 14, South Square, Gray’s Inn London WC1R 5JJ United Kingdom LACAZE-MASMONTEIL, Anne Yves (FR) WILSON, GUNN, M’CAW 41-51 Royal Exchange Cross Street Manchester M2 7BD United Kingdom WHITING, Gary (GB) ABEL & IMRAY 20 Red Lion Street London WC1R 4PQ United Kingdom LEES, Kate Jane (GB) ROYSTONS Tower Building Water Street Liverpool L3 1BA United Kingdom WILDING, Frances Ward (GB) Haseltine Lake, Imperial House, 15-19 Kingsway, London WC2B 6UD United Kingdom SOMMARIO Benelux DE BOER, H.J.R. (NL) NEDERLANDSCH OCTROOIBUREAU Postbus 29720 NL-2502 LS Den Haag KETELAARS, Maarten F.J.M. (NL) NEDERLANDSCH OCTROOIBUREAU Scheveningseweg 82 NL-2517 KZ Den Haag MEEKEL, Arthur Augustinus Petrus (NL) NEDERLANDSCH OCTROOIBUREAU Scheveningseweg 82 NL-2517 KZ Den Haag RADSTAKE, Kasper (NL) NOVAGRAAF NEDERLAND B.V. Hogehilweg 3 NL-1101 CA Amsterdam SMILDE-WESTMAAS, Mariëtte Johanna (NL) Prof. Holstlaan 6, building WAH NL-5656 AA Eindhoven VAN LIEMPD, Johannes Petrus Josephus Gerardus (NL) PHILIPS INTELLECTUAL PROPERTY AND STANDARDS Prof. Holstlaan 6 NL-5656 AA Eindhoven PET, Robert Jacob (NL) Professor Holstlaan 6 (WAH) NL-5656 AA Eindhoven Modificaciones / Änderungen / Changes / Changements / Modifiche België / Belgique (véase / siehe / see / voir / vedi Benelux) Danemark ELLERMANN, Annemette (DK) JOHAN SCHLÜTER Sundkrogsgade 9 DK-2100 Cøbenhagen Ø Deutschland ACKMANN, Günter (DE) PATENTANWÄLTE ACKMANN, MENGES & DEMSKI Tonhallenstr. 16 D-47051 Duisburg BECK, Josef (DE) WILHELM & BECK Nymphenburgerstr. 139 D-80636 München BIEBER, Björn (DE) PATENTANWÄLTE BOCK & BIEBER GBR Winzerlaer Str. 10 D-07743 Jena BOCK, Gerhard (DE) PATENTANWÄLTE BOCK & BIEBER GBR Winzerlaer Str. 10 D-07745 Jena GERBAULET, Hannes (DE) RICHTER, WERDERMANN, GERBAULET & HOFMANN Neuer Wall 10 D-20354 Hamburg HASELHORST, Dörte (DE) Lierstr. 12b D-80639 Muenchen HOFMANN, Andreas (DE) RICHTER, WERDERMANN, GERBAULET & HOFMANN Sendlinger Str. 2 / III D-80331 München REMUS, Alvaro (DE) Grafenberger Allee 76 D-40237 Düsseldorf RICHTER, Joachim (DE) RICHTER, WERDERMANN, GERBAULET & HOFMANN Schützenstr. 15-17 D-10117 Berlin RICHTER, Matthias (DE) RICHTER, WERDERMANN, GERBAULET & HOFMANN Sendlinger Str. 2 / III D-80331 München ROTHKOPF, Ferdinand (DE) ROTHKOPF & THEOBALD Isartorplatz 5 D-80331 München SCHMIDT, Ursula (DE) Wilhelm-Liebknecht-Str. 99 D-01257 Dresden SCHNEIDER, Günther (DE) BETTINGER SCHNEIDER SCHRAMM Cuvilliéstr. 14/14a D-81679 München SOMMARIO THEOBALD, Andreas (DE) ROTHKOPF & THEOBALD Chausseestr. 29 D-10115 Berlin ZORZOLI, Franco (IT) IPSER S.R.L. Via M. Melloni, 32 I-20129 Milano WILHELM, Jürgen (DE) WILHELM & BECK Nymphenburger Str. 139 D-80636 München Nederland WILHELM, Ludwig (DE) MPM CONSULTING & SERVICES GMBH Krauss-Maffei-Str. 2 D-80997 München Sverige ZOLLNER, Richard (DE) MPM CONSULTING & SERVICES GMBH Krauss-Maffei-Str. 2 D-80997 München VON AHSEN, Erwin-Detlef (DE) VON AHSEN, NACHTWEY & KOLLEGEN Wilhelm-Herbst-Str. 5 D-28359 Bremen España CAPITÁN GARCÍA, Maria Nuria (ES) C/ Capitán Haya, 13 1° B E-28020 Madrid France ROUSSEL, Sophie (FR) CABINET FERAY-LENNE 44-52, rue de la Justice F-75020 Paris Italia CATTANEO, Elisabetta (IT) IPSER S.R.L. Via Macedonio Melloni, 32 I-20129 Milano LOLLI, Silvia (IT) MAROSCIA & ASSOCIATI S.R.L. Contra’ S. Caterina, 29 I-36100 Vicenza MAROSCIA, Antonio (IT) MAROSCIA & ASSOCIATI S.R.L. Contra’ S. Caterina, 29 I-36100 Vicenza RICCARDI, Sergio (IT) IPSER S.R.L. Via M. Melloni, 32 I-20129 Milano VANNINI, Mario (IT) MAROSCIA & ASSOCIATI S.R.L. Contra’ S. Caterina, 29 I-36100 Vicenza (Véase / siehe / see / voir / vedi Benelux) HERMANSSON, Birgitta (SE) STRÖM & GULLIKSSON IP AB Sveavägen 24 S-111 57 Stockholm HUSFELDT-SANDBERG, Birgitta (SE) STRÖM & GULLIKSSON IP AB Sveavägen 24 S-111 57 Stockholm ROSENBERG, Anne (SE) STRÖM & GULLIKSSON IP AB Sveavägen 24 S-111 57 Stockholm TANNBORG, Barbro (SE) STRÖM & GULLIKSSON IP AB Sveavägen 24 S-111 57 Stockholm United Kingdom CURTIS, Lee Martin (GB) PINSENTS 1 Park Row Leeds LS1 5AB United Kingdom MCLEOD, Christopher James (GB) HAMMONDS 7 Devonshire Square Cutlers Gardens London EC2M 4YH United Kingdom WALFORD, Margot Ruth (GB) BRITISH-AMERICAN TOBACCO COMPANY LTD. British American Tobacco R&D Centre Regents Park Road Southampton SO15 8TL United Kingdom WRENN, Lindsey Jane (GB) PINSENTS 1 Park Row Leeds LS1 5AB United Kingdom SOMMARIO Benelux OSKAM, Wendy (NL) MERKENBUREAU ONEL B.V. PO Box 94409 NL-1092 GK Amsterdam WOLFS, Noëlle L. (NL) VEREENIGDE Nieuwe Parklaan 97 NL-2587 BN Den Haag Cancelaciones / Löschungen / Deletions / Radiations / Radiazioni France HAUSS, Gérard (FR) CABINET NUSS 10, rue Jacques Kablé F-67080 Strasbourg Cédex PARTE B: / TEIL B: / PART B: / PARTIE B: / PARTE B: Lista especial de representantes autorizados contemplada en el artículo 78 del Reglamento sobre los dibujos y modelos comunitarios Besondere Liste zugelassener Vertreter gemäß Artikel 78 der Gemein-schaftsgeschmacksmusterverordnung Special list of professional representatives according to Article 78 Community Designs Regulation Liste spécifique des mandataires agréés conformément à l’article 78 du règlement sur les dessins ou modèles communautaires Elenco speciale di mandatari abilitati ai sensi dell’articolo 78 del regolamento sui disegni e modelli comunitari Inscripciones / Eintragungen / Entries / Inscriptions / Iscrizioni België / Belgique (véase / siehe / see / voir / vedi Benelux) Danemark GRINVALDS, Carsten Brønnum (DK) VKR HOLDING A/S Tobaksvejen 10 DK-2860 Søborg DI GENNARO, Sergio (IT) ING. BARZANO’ & ZANARDO MILANO S.P.A. Via Borgonuovo, 10 I-20121 Milano SIMINO, Massimo (IT) PERANI MEZZANOTTE & PARTNERS Piazza San Babila, 5 I-20122 Milano Italia SUSANETTO, Carlo (IT) CANTALUPPI & PARTNERS S.R.L. Via Matteotti, 26 I-35137 Padova BURCHIELLI, Riccardo (IT) ING. BARZANO’ & ZANARDO MILANO S.P.A. Via Borgonuovo, 10 I-20121 Milano TIBLIAS, Renato Edoardo (IT) ING. BARZANO’ & ZANARDO MILANO S.P.A. Via Borgonuovo, 10 I-20121 Milano CONCONE, Emanuele (IT) SOCIETÀ ITALIANA BREVETTI S.P.A. Via Carducci, 8 I-20123 Milano Nederland (Véase / siehe / see / voir / vedi Benelux) SOMMARIO Sverige ERIKSSON, Kjell (SE) NORRTELJE PATENTBYRÅ AB P.O. Box 38 S-761 21 Norrtälje ESTREEN, Lars (SE) KRANSELL & WENNBORG AB PO Box 27834 S-115 93 Stockholm SKAGERSTEN, Thomas (SE) AWAPATENT AB P.O. Box 45086 S-104 30 Stockholm United Kingdom BAKER, Colin (GB) ERIC POTTER CLARKSON Park View House 58 The Ropewalk Nottingham NG1 5DD United Kingdom BARLOW, Michael Thomas (GB) BP INTERNATIONAL LIMITED Chertsey Road Sunbury-on-Thames TW16 7LN United Kingdom BROOKE, Caron (GB) BP INTERNATIONAL LIMITED Chertsey Road Sunbury-on-Thames TW16 7LN United Kingdom CHISHOLM, Geoffrey David (GB) MARKS & CLERK 57-60 Lincoln’s Inn Fields London WC2A 3LS United Kingdom CHURCH, Simon John (GB) LEWIS & TAYLOR 144 New Walk Leicester LE1 7JA United Kingdom COCHLIN, Rachel Louise (GB) MEWBURN ELLIS York House 23 Kingsway London WC2B 6HP United Kingdom COLLINS, Frances Mary (GB) BP INTERNATIONAL LIMITED Chertsey Road Sunbury-on-Thames TW16 7LN United Kingdom CROWHURST, Charlotte Waveney (GB) ERIC POTTER CLARKSON Park View House 58 The Ropewalk Nottingham NG1 5DD United Kingdom DODD, Graham Marshall (GB) FORRESTER KETLEY & CO. Chamberlain House Paradise Place Birmingham B3 3HP United Kingdom EASTWOOD, Simon Christopher (GB) STEVENS HEWLETT & PERKINS 1 St.Augustin Place Bristol BS1 4UD United Kingdom EDWARDS, David Harvey Lloyd (GB) R.G.C. JENKINS & CO 26 Caxton Street London SW1H 0RJ United Kingdom ELLIOTT, Peter William (GB) UNILEVER R&D PORT SUNLIGHT Quarry Road East Bebington, Wirral CH63 3JW United Kingdom FAULKNER, Thomas John (GB) FJ CLEVELAND 40-43 Chancery Lane London WC2A 1JQ United Kingdom FOX-MALE, Nicholas Vincent Humbert (GB) ERIC POTTER CLARKSON Park View House 58 The Ropewalk Nottingham NG1 5DD United Kingdom GRANLEESE, Rhian Jane (GB) MARKS & CLERK 57-60 Lincoln’s Inn Fields London WC2A 3LS United Kingdom HAWKINS, David George (GB) BP INTERNATIONAL LIMITED Chertsey Road Sunbury-on-Thames TW16 7LN United Kingdom HYMERS, Ronald Robson (GB) BP INTERNATIONAL LIMITED Chertsey Road Sunbury-on-Thames TW16 7LN United Kingdom LEON, Susanna Iris (GB) W. P. THOMPSON & CO Coopers Building Church Street Liverpool L1 3AB United Kingdom SOMMARIO LOCKEY, Robert Alexander (GB) FORRESTER KETLEY & CO. Chamberlain House Paradise Place Birmingham B3 3HP United Kingdom SHAW, Matthew Nigel (GB) FORRESTER KETLEY & CO. Chamberlain House Paradise Place Birmingham B3 3HP United Kingdom McNEENEY, Stephen Phillip (GB) ERIC POTTER CLARKSON Park View House 58 The Ropewalk Nottingham NG1 5DD United Kingdom SMALL, Gary James (GB) CARPMAELS & RANSFORD 43 Bloomsbury Square London WC1A 2RA United Kingdom MIDGLEY, Jonathan Lee (GB) MARKS & CLERK 57-60 Lincoln’s Inn Fields London WC2A 3LS United Kingdom SMITH, Julian Philip Howard (GB) BP INTERNATIONAL LIMITED Chertsey Road Sunbury-on-Thames TW16 7LN United Kingdom OXLEY, Robin John George (GB) MARKS & CLERK 57-60 Lincoln’s Inn Fields London WC2A 3LS United Kingdom STEVENS, Ian Edward (GB) ERIC POTTER CLARKSON Park View House 58 The Ropewalk Nottingham NG1 5DD United Kingdom PERKINS, Nicholas David (GB) BP INTERNATIONAL LIMITED Chertsey Road Sunbury-on-Thames TW16 7LN United Kingdom PILKINGTON, Stephanie Joan (GB) ERIC POTTER CLARKSON Park View House 58 The Ropewalk Nottingham NG1 5DD United Kingdom PREECE, Michael (GB) BP INTERNATIONAL LIMITED Chertsey Road Sunbury-on-Thames TW16 7LN United Kingdom PROBERT, Gareth David (GB) W. P. THOMPSON & CO Eastcheap House Central Approach Letchworth SG6 3DS United Kingdom THACKER, Michael Anthony (GB) UNILEVER R&D Patent Department Colworth Sharnbrook Bedford MK44 1LQ United Kingdom VALENTINE, Francis Anthony Brinsley (GB) REDDIE & GROSE 16 Theobalds Road London WC1X 8PL United Kingdom Benelux HODGETTS, Catherine Dawn (GB) UNILEVER N.V. Patent Department Olivier van Noortlaan 120 NL-3133 AT Vlaardingen Modificaciones / Änderungen / Changes / Changements / Modifiche Suomi/Finland KANGASMÄKI, Reijo Holger (FI) Hermiankatu 14 FIN-33720 Tampere SOMMARIO REGOLAMENTO (CE) N. 617/2003 DELLA COMMISSIONE del 4 aprile 2003 che completa l’allegato del regolamento (CE) n. 2400/96, relativo all’iscrizione di alcune denominazioni nel Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette di cui al regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari(1), modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2796/2000 della Commissione(2), in particolare l’articolo 6, paragrafi 3 e 4, considerando quanto segue: (1) Ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CEE) n. 2081/92, il Portogallo ha trasmesso alla Commissione due domande di registrazione dell’indicazione geografica per le denominazioni «Carne dos Açores» e «Borrego do Nordeste Alentejano» e una domanda di registrazione della denominazione d’origine per la «Carne de Porco Alentejano» e l’Italia ha trasmesso alla Commissione due domande di registrazione dell’indicazione geografica per le denominazioni «Pomodoro di Pachino» e «Uva da tavola di Mazzarrone». (2) Si è constatato, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2081/92, che queste domande sono conformi a tale regolamento, in particolare che esse contengono tutti gli elementi di cui all’articolo 4. (3) Non è stata trasmessa nessuna dichiarazione d’opposizione alla (1) GU L 208 del 24.7.1992, pag. 1. (2) GU L 324 del 21.12.2000, pag. 26. Commissione, ai sensi dell’articolo 7 del regolamento (CEE) n. 2081/92, a seguito della pubblicazione della Gazzetta ufficiale delle Comunità europee(3) relativa alle altre denominazioni che figurano nell’allegato del presente regolamento. (4) Tali denominazioni meritano pertanto di essere iscritte nel «Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette» e di essere tutelate sul piano comunitario come denominazioni di origine protette o come indicazioni geografiche protette. (5) L’allegato del presente regolamento completa l’allegato del regolamento (CE) n. 2400/96 della Commissione(4), modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 492/2003(5), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 L’allegato del regolamento (CE) n. 2400/96 è completato dalle denominazioni che figurano nell’allegato del presente regolamento e tali denominazioni sono iscritte nel «Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette», come denominazione di origine protetta (DOP) o come indicazione geografica protetta (IGP), previsto dall’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2081/92. Articolo 2 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. (3) GU C 168 del 13.7.2002, pag. 12 (Carne dos Açores) GU C 168 del 13.7.2002, pag. 15 (Borrego do Nordeste Alentejano) GU C 168 del 13.7.2002, pag. 17 (Carne de Porco Alentejano) GU C 168 del 13.7.2002, pag. 7 (Pomodoro di Pachino) GU C 186 del 6.8.2002, pag. 13 (Uva da tavola di Mazzarrone) (4) GU L 327 del 18.12.1996, pag. 11. (5) GU L 73 del 19.3.2003, pag. 3. Fatto a Bruxelles, il 4 aprile 2003. Per la Commissione Franz Fischler Membro della Commissione ALLEGATO PRODOTTI DI CUI ALL’ALLEGATO I DEL TRATTATO DESTINATI ALL’ALIMENTAZIONE UMANA Carni (e frattaglie) fresche PORTOGALLO Carne dos Açores (IGP) Borrego do Nordeste Alentejano (IGP) Carne de Porco Alentejano (AOP) Ortofrutticoli ITALIA Pomodoro di Pachino (IGP) Uva da tavola di Mazzarrone (IGP) SOMMARIO REGOLAMENTO (CE) n. 692/2003 DEL CONSIGLIO del 8 aprile 2003 che modifica il regolamento (CEE) n. 2081/92 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 37, vista la proposta della Commissione(1), visto il parere del Parlamento europeo(2), visto il parere del Comitato economico e sociale(3), visto il parere del Comitato delle regioni(4), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 2081/92(5) non si applica né ai prodotti del settore vitivinicolo né alle bevande spiritose. Per evitare un’assenza di protezione, sembra tuttavia opportuno includere l’aceto di vino nell’ambito di applicazione di cui all’articolo 1. Per rispondere alle attese di taluni produttori, risulta inoltre necessario ampliare l’elenco di prodotti agricoli di cui all’allegato II del regolamento (CEE) n. 2081/92. È altresì opportuno includere nell’elenco di cui all’allegato I del suddetto regolamento le derrate derivanti da prodotti dell’allegato I del trattato sottoposti a lieve trasformazione. (2) L’allegato I del regolamento (CEE) n. 2081/92, contenente i prodotti alimentari che possono essere registrati, include fra l’altro (1) GU C 181 E del 30.7.2002, pag. 275. (2) Parere reso il 5 dicembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU C 241 del 7.10.2002, pag. 57. (4) Parere reso il 31 luglio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (5) GU L 208 del 24.7.1992, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2796/2000 della Commissione (GU L 324 del 21.12.2000, pag. 26). le acque minerali naturali e le acque di sorgente. L’esame delle domande di registrazione ha evidenziato molteplici problemi. Essi riguardano l’esistenza di nomi identici per acque distinte, l’esistenza di nomi di fantasia che non sono coperti dalle disposizioni del suddetto regolamento, nonché il fatto che i nomi di cui trattasi mal si prestano alla registrazione ai sensi di tale regolamento, in particolare tenuto conto delle conseguenze derivanti dall’articolo 13. Tali problemi hanno suscitato molteplici conflitti pratici al momento dell’attuazione del suddetto regolamento. (4) L’articolo 4 del regolamento (CEE) n. 2081/92 stabilisce un elenco non esaustivo di elementi che qualunque disciplinare deve contenere. In taluni casi, per preservare le caratteristiche tipiche dei prodotti ovvero assicurarne la rintracciabilità o il controllo, il condizionamento deve aver luogo nella zona geografica delimitata. Appare quindi opportuno prevedere esplicitamente la possibilità di includere tra gli elementi del disciplinare le disposizioni relative al condizionamento, quando tali circostanze si presentano e sono giustificate. (3) Le acque minerali e le acque di sorgente sono già oggetto della direttiva 80/777/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, in materia di ravvicinamento della legislazione degli Stati membri sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali(6). Benché tale direttiva non abbia esattamente la stessa finalità del regolamento (CEE) n. 2081/92, essa offre tuttavia una regolamentazione sufficiente a livello comunitario delle suddette acque minerali e acque di sorgente. Non è pertanto opportuno registrare le denominazioni relative a tali acque. È opportuno dunque sopprimere le acque minerali e le acque di sorgente dall’allegato I del regolamento (CEE) n. 2081/92. Dato che talune denominazioni erano già state registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione, del 12 giugno 1996, relativo alla registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine nel quadro della procedura di cui all’articolo 17 del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio(7), per evitare ogni pregiudizio è opportuno prevedere un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2013, trascorso il quale tali denominazioni non faranno più parte del registro previsto all’articolo 6, paragrafo 3 del regolamento (CEE) n. 2081/92. (5) È opportuno risolvere in maniera adeguata, soprattutto al fine di salvaguardare il patrimonio dei produttori degli Stati membri, i casi di denominazioni geografiche totalmente o parzialmente omonime sia per quanto riguarda denominazioni conformi ai criteri di registrazione sia per quelle che, pur non essendo conformi a tali criteri, soddisfano tuttavia talune condizioni di utilizzazione precisamente stabilite. (6) GU L 229 del 30.8.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/70/CE (GU L 299 del 23.11.1996, pag. 26). (7) GU L 148 del 21.6.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2703/2000 (GU L 311 del 12.12.2000, pag. 25). (6) È opportuno adattare il riferimento alla norma EN 45011 che figura all’articolo 10 al fine di prevedere eventuali successive modifiche. (7) Qualora, per motivi debitamente giustificati, un’associazione o una persona fisica o giuridica desideri rinunciare alla registrazione di un’indicazione geografica o di una denominazione d’origine, è opportuno prevedere la cancellazione della denominazione in causa dal registro comunitario. (8) L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (accordo TRIPS, 1994, oggetto dell’allegato 1C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio) comprende disposizioni specifiche relative all’esistenza, all’acquisizione, alla portata, al mantenimento dei diritti di proprietà intellettuale nonché ai mezzi per farli rispettare. (9) La protezione mediante registrazione concessa dal regolamento (CEE) n. 2081/92 è aperta alle de- SOMMARIO nominazioni dei paesi terzi su base di reciprocità e in condizioni di equivalenza secondo quanto previsto all’articolo 12 del suddetto regolamento. È opportuno precisare le disposizioni di detto articolo al fine di garantire che la procedura comunitaria di registrazione sia disponibile per i paesi che soddisfano le condizioni suddette. (10) L’articolo 7 del regolamento (CEE) n. 2081/92 prevede una procedura di opposizione. Al fine di adempiere all’obbligo derivante in particolare dall’articolo 22 dell’accordo TRIPS, è opportuno precisare tali disposizioni per garantire che i cittadini di tutti i membri dell’OMC beneficino di questo regime e che le disposizioni medesime si applichino effettivamente, fatti salvi gli accordi internazionali, secondo quanto previsto all’articolo 12. Il diritto di opposizione dovrebbe essere concesso ai cittadini dei membri dell’OMC qualora legittimamente interessati e secondo criteri identici a quelli stabiliti all’articolo 7, paragrafo 4 del regolamento dianzi citato. Le prove e le valutazioni di tali criteri devono essere giustificate in riferimento al territorio comunitario, ossia quello in cui si applica la protezione concessa dal regolamento. (11) L’articolo 24, paragrafo 5, dell’accordo TRIPS contempla non solo i marchi registrati o depositati, ma anche i casi di marchi che possono essere acquisiti con l’uso, anteriormente alla data di riferimento prevista, in particolare, la data di protezione della denominazione nel paese di origine. È opportuno pertanto modificare l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2081/92. La data di riferimento ivi prevista diventerebbe quella di protezione nel paese di origine o quella di presentazione della domanda di registrazione dell’indicazione geografica o della denominazione d’origine, a seconda che si tratti rispettivamente di una denominazione ai sensi dell’articolo 17 o dell’articolo 5 dello stesso regolamento. Inoltre, all’articolo 14, paragrafo 1, la data di riferimento diventerebbe quella di presentazione della domanda di registrazione anziché quella della prima pubblicazione. (12) Le misure necessarie per l’attuazione del regolamento (CEE) n. 2081/92 sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8). (13) La procedura semplificata di cui all’articolo 17 del regolamento (CEE) n. 2081/92, destinata alla registrazione delle denominazioni esistenti, protette o consacrate dall’uso negli Stati membri, non prevede il diritto di opposizione. Per motivi di certezza del diritto e di trasparenza è opportuno sopprimere tale disposizione. Occorre inoltre, per coerenza, sopprimere il periodo transitorio di cinque anni previsto all’articolo 13, paragrafo 2 e relativo alle denominazioni registrate ai sensi di tale disposizione, fermo restando tuttavia l’esaurimento del suddetto periodo transitorio per quanto riguarda le denominazioni registrate nell’ambito dell’articolo 17 sopra citato. (14) Gli elementi sopra illustrati inducono a modificare il regolamento (CEE) n. 2081/92, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 giudica l’applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. «1. Gli allegati I e II del presente regolamento possono essere modificati secondo la procedura di cui all’articolo 15.»; 2. all’articolo 4, paragrafo 2, la lettera e) è sostituita dalla seguente: «e) la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto agricolo o alimentare e, se del caso, i metodi locali, leali e costanti, nonché gli elementi relativi al condizionamento, quando l’associazione richiedente determina e giustifica che il condizionamento deve aver luogo nella zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità, assicurare la rintracciabilità o il controllo;»; 3. all’articolo 5, paragrafo 5, il secondo comma è sostituito dal seguente:»Prima di trasmettere la domanda di registrazione e allorché questa riguarda una denominazione che designa altresì un’area geografica frontaliera, o una denominazione tradizionale legata a tale area geografica, situata in un altro Stato membro o in un paese terzo riconosciuto secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 3, lo Stato membro investito della domanda consulta lo Stato membro o il paese terzo in questione. Il regolamento (CEE) n. 2081/92 è modificato come segue: 1. l’articolo 1, paragrafo 1 è sostituito dal seguente: «1. Il presente regolamento stabilisce le norme relative alla protezione delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli destinati all’alimentazione umana elencati nell’allegato I del trattato e dei prodotti alimentari elencati nell’allegato I del presente regolamento, nonché dei prodotti agricoli elencati nell’allegato II del presente regolamento. «1. Tuttavia, il presente regolamento non si applica ai prodotti del settore vitivinicolo, ad eccezione degli aceti di vino, né alle bevande spiritose. Il presente paragrafo non pre(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Allorché, in seguito alle consultazioni, le associazioni, o le persone fisiche o giuridiche interessate di detti Stati raggiungono un accordo su una soluzione globale, gli Stati in questione possono presentare alla Commissione una domanda di registrazione comune. Possono essere adottate norme specifiche secondo la procedura di cui all’articolo 15.»; 4. all’articolo 6, paragrafo 1, è aggiunto il comma seguente:»La Commissione pubblica le domande di registrazione presentate e le relative date di deposito.»; 5. all’articolo 6, è inserito il paragrafo seguente: «6. Allorché la domanda riguarda una denominazione omonima rispetto ad una denominazione già registra- SOMMARIO ta dell’Unione europea o di un paese terzo riconosciuto secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 3, prima della registrazione di cui al paragrafo 3 del presente articolo la Commissione può chiedere il parere del comitato previsto all’articolo 15. «6. La registrazione di una denominazione omonima conforme al presente regolamento tiene debitamente conto degli usi locali e tradizionali e dei rischi effettivi di confusione. In particolare: «6. — una denominazione omonima che induca erroneamente il pubblico a pensare che i prodotti sono originari di un altro territorio non è registrata, benché sia testualmente esatta per quanto attiene al territorio, alla regione o alla località di cui sono originari i prodotti agricoli o alimentari, «6. — l’impiego di una denominazione omonima registrata è autorizzato esclusivamente in condizioni pratiche tali da assicurare che la denominazione omonima registrata successivamente sia ben differenziata da quella registrata in precedenza, tenuto conto della necessità di garantire un trattamento equo ai produttori interessati e di non indurre in errore i consumatori.»; 6. all’articolo 10, paragrafo 3, è aggiunto il comma seguente:»La norma o la versione da applicare della norma EN 45011, alle cui condizioni devono adempiere gli organismi di controllo per ottenere l’autorizzazione, è stabilita o modificata secondo la procedura di cui all’articolo 15. La norma equivalente o la versione da applicare della norma equivalente, allorché si tratta dei paesi terzi di cui all’articolo 12, paragrafo 3, alle cui condizioni devono adempiere gli organismi di controllo per ottenere l’autorizzazione, è stabilita o modificata secondo la procedura di cui all’articolo 15.»; 7. all’articolo 11, paragrafo 4, è aggiunto il testo seguente:»La cancellazio- ne è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea»; 8. dopo l’articolo 11 è inserito l’articolo seguente: «Articolo 11 bis Secondo la procedura di cui all’articolo 15, la Commissione può procedere alla cancellazione della registrazione di una denominazione nei casi seguenti: a) allorché lo Stato che aveva trasmesso la domanda di registrazione iniziale costata che una domanda di cancellazione, presentata dall’associazione o dalla persona fisica o giuridica interessata, è giustificata e la trasmette alla Commissione; b) per motivi debitamente giustificati, attestanti che il rispetto delle condizioni del disciplinare di un prodotto agricolo o alimentare che beneficia di una denominazione protetta non sarebbe più assicurato. Norme specifiche possono essere adottate secondo la procedura di cui all’articolo 15. La cancellazione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.»; 9. all’articolo 12, paragrafo 1, il secondo trattino è sostituito dal seguente: «— nel paese terzo interessato esistono un sistema di controllo e un diritto d’opposizione equivalenti a quelli definiti dal presente regolamento»; 10. all’articolo 12, è aggiunto il paragrafo seguente: «3. Su richiesta del paese interessato, la Commissione constata, secondo la procedura di cui all’articolo 15, se un paese terzo soddisfa le condizioni di equivalenza e offre le garanzie ai sensi del paragrafo 1, in ragione della sua normativa interna. Se la decisione della Commissione è affermativa, si applica la procedura di cui all’articolo 12 bis.»; 11. dopo l’articolo 12 sono inseriti gli articoli seguenti: «Articolo 12 bis 1. Nel caso previsto dall’articolo 12, paragrafo 3, quando un’associazione o una persona fisica o giuridica, di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, di un paese terzo desidera far registrare una denominazione ai sensi del presente regolamento, essa trasmette una domanda di registrazione alle autorità del paese terzo in cui è situata l’area geografica. La domanda include per ciascuna denominazione il disciplinare di cui all’articolo 4. Prima di trasmettere la domanda di registrazione e allorché questa riguarda una denominazione che designa altresì un’area geografica frontaliera o una denominazione tradizionale legata a tale area geografica, situata in uno Stato membro, il paese terzo investito della domanda consulta lo Stato membro in questione. Allorché, in seguito alle consultazioni, le associazioni o le persone fisiche o giuridiche interessate di detti Stati raggiungono un accordo su una soluzione globale, gli Stati in questione possono presentare alla Commissione una domanda di registrazione comune. Possono essere adottate norme specifiche secondo la procedura di cui all’articolo 15. 2. Se il paese terzo di cui al paragrafo 1 ritiene che le condizioni del presente regolamento siano soddisfatte, esso trasmette la domanda di registrazione alla Commissione corredandola: a) di una descrizione del contesto giuridico e dell’uso sulla base dei quali la denominazione d’origine o l’indicazione geografica è protetta o consacrata nel paese; b) di una dichiarazione da cui risulta che gli elementi previsti all’articolo 10 sono soddisfatti sul proprio territorio; e c) degli altri documenti su cui ha fondato la propria valutazione. 3. La domanda e tutti i documenti trasmessi alla Commissione sono redatti in una delle lingue ufficiali della Comunità o sono accompagnati da una traduzione in una lingua ufficiale della Comunità. Articolo 12 ter 1. La Commissione verifica, entro un termine di sei mesi, che la domanda di registrazione trasmessa da un pae- SOMMARIO se terzo includa tutti gli elementi necessari. La Commissione informa il paese interessato delle proprie conclusioni. Se la Commissione: a) è giunta alla conclusione che la denominazione soddisfa le condizioni per essere protetta, essa procede alla pubblicazione della domanda a norma dell’articolo 6, paragrafo 2. Prima della pubblicazione, la Commissione può chiedere il parere del comitato previsto all’articolo 15; b) è giunta alla conclusione che la denominazione non soddisfa le condizioni per essere protetta, essa decide, previa consultazione dello Stato che ha trasmesso la domanda, secondo la procedura di cui all’articolo 15, di non procedere alla pubblicazione di cui alla lettera a). 2. Entro un termine di sei mesi a decorrere dalla data di pubblicazione prevista al paragrafo 1, lettera a), qualsiasi persona fisica o giuridica legittimamente interessata può opporsi alla domanda pubblicata ai sensi del paragrafo 1, lettera a), alle seguenti condizioni: a) se l’opposizione proviene da uno Stato membro o da un membro dell’OMC, si applicano rispettivamente l’articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3 o l’articolo 12 quinquies; b) se l’opposizione proviene da un paese terzo che soddisfa le condizioni di equivalenza previste dall’articolo 12, paragrafo 3, la dichiarazione di opposizione, debitamente motivata, è trasmessa allo Stato in cui la persona fisica o giuridica summenzionata ha residenza o sede, che la trasmette alla Commissione. b) La dichiarazione d’opposizione e tutti i documenti trasmessi alla Commissione sono redatti in una lingua ufficiale della Comunità o sono accompagnati da una traduzione in una lingua ufficiale della Comunità. 3. La Commissione esamina la ricevibilità conformemente ai criteri previsti all’articolo 7, paragrafo 4. Tali criteri devono essere provati e valutati in riferimento al territorio della Comu- nità. Se una o più opposizioni sono ricevibili, la Commissione adotta una decisione secondo la procedura di cui all’articolo 15, previa consultazione dello Stato che ha trasmesso la domanda, tenendo conto delle prassi corrette tradizionalmente seguite e degli effettivi rischi di confusione nel territorio comunitario. Qualora si decida di procedere alla registrazione, la denominazione è iscritta nel registro previsto all’articolo 6, paragrafo 3, e pubblicata a norma dell’articolo 6, paragrafo 4. 4. Se nessuna dichiarazione di opposizione è notificata alla Commissione, questa procede all’iscrizione della o delle denominazioni in questione nel registro previsto all’articolo 6, paragrafo 3, e alla pubblicazione a norma dell’articolo 6, paragrafo 4. Articolo 12 quater L’associazione o la persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, può chiedere la modifica del disciplinare di una denominazione registrata ai sensi degli articoli 12 bis e 12 ter, in particolare per tener conto dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche o per rivederne la delimitazione geografica. Si applica la procedura di cui agli articoli 12 bis e 12 ter. La Commissione può tuttavia decidere, secondo la procedura di cui all’articolo 15, di non applicare la procedura prevista agli articoli 12 bis e 12 ter, qualora la modifica sia di scarsa rilevanza. Articolo 12 quinquies 1. Entro sei mesi a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, prevista all’articolo 6, paragrafo 2 e relativa a una domanda di registrazione presentata da uno Stato membro, qualsiasi persona fisica o giuridica legittimamente interessata di un membro dell’OMC o di un paese terzo riconosciuto secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 3, può opporsi alla registrazione prevista mediante l’invio di una dichiarazione, debitamente motivata, allo Stato nel quale risiede o è stabilita, che la trasmette alla Commissione, redatta o tradotta in una lingua della Comunità. Gli Stati membri provvedono affinché qualunque persona di un membro dell’OMC o di un paese terzo riconosciuto secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 3, in grado di dimostrare un legittimo interesse economico sia autorizzata a consultare la domanda di registrazione. 2. La Commissione esamina la ricevibilità delle opposizioni conformemente ai criteri previsti all’articolo 7, paragrafo 4. Tali criteri devono essere provati e valutati in riferimento al territorio della Comunità. 3. Se l’opposizione è ricevibile, la Commissione adotta una decisione secondo la procedura di cui all’articolo 15, previa consultazione dello Stato che ha trasmesso la domanda di opposizione, tenendo conto delle prassi corrette tradizionalmente seguite e degli effettivi rischi di confusione. Se si decide di procedere alla registrazione, la Commissione procede alla pubblicazione a norma dell’articolo 6, paragrafo 4.»; 12. l’articolo 13 è modificato come segue: a) il paragrafo 4 è sostituito dal seguente: a) «4. Per quanto riguarda le denominazioni la cui registrazione è richiesta ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 12 bis, un periodo transitorio non superiore a cinque anni può essere previsto, nel quadro dell’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), dell’articolo 12 ter, paragrafo 3 e dell’articolo 12 quinquies, paragrafo 3, solo nel caso in cui un’opposizione sia stata dichiarata ricevibile in quanto la registrazione della denominazione proposta danneggerebbe l’esistenza di una denominazione totalmente o parzialmente omonima o l’esistenza di prodotti che si trovano legalmente sul mercato da almeno cinque anni prima della data di pubblicazione prevista all’articolo 6, paragrafo 2. a) Questo periodo transitorio può essere previsto solo a condizione che le imprese abbiano legalmente immesso in commercio i prodotti in questione utilizzando in modo continuativo tali denominazioni durante SOMMARIO almeno i cinque anni che precedono la data di pubblicazione prevista all’articolo 6, paragrafo 2.»; b) è aggiunto il paragrafo seguente: b) «5. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 14, la Commissione può decidere, secondo la procedura di cui all’articolo 15, di far coesistere una denominazione registrata e una denominazione non registrata che designa un luogo di uno Stato membro o di un paese terzo riconosciuto secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 3, qualora questa denominazione sia identica alla denominazione registrata, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: b) «5. — la denominazione identica non registrata sia stata legalmente utilizzata durante almeno i venticinque anni precedenti l’entrata in vigore del regolamento (CEE) n. 2081/92, sulla base di prassi leali e costanti, b) «5. — sia provato che tale uso non abbia inteso sfruttare, in alcun momento, la reputazione della denominazione registrata e che non abbia indotto né abbia potuto indurre il pubblico in errore quanto alla vera origine del prodotto, e b) «5. — il problema relativo alla denominazione identica sia stato evocato prima della registrazione della denominazione. b) La coesistenza della denominazione registrata e della denominazione identica non registrata in questione può durare al massimo per un periodo di quindici anni, trascorso il quale la denominazione non registrata non può continuare ad essere utilizzata. b) L’impiego della denominazione geografica non registrata è autorizzato solamente se lo Stato di origine è chiaramente e visibilmente indicato sull’etichetta.»; 13. l’articolo 14 è modificato nel modo seguente: a) il paragrafo 1 è sostituito dal seguente: a) «1. Qualora una denominazione d’origine o un’indicazione geografica sia registrata ai sensi del presente regolamento, la domanda di registrazione di un marchio corrispondente ad una delle situazioni di cui all’articolo 13 e concernente lo stesso tipo di prodotto viene respinta, purché la domanda di registrazione del marchio sia presentata alla Commissione successivamente alla data di presentazione della domanda di registrazione della denominazione d’origine o dell’indicazione geografica. a) I marchi registrati in modo contrario al primo comma sono annullati.»; b) il paragrafo 2 è sostituito dal seguente: b) «2. Nel rispetto del diritto comunitario, l’uso di un marchio corrispondente ad una delle situazioni di cui all’articolo 13, depositato, registrato o, nei casi in cui ciò sia previsto dalla normativa pertinente, acquisito con l’uso in buona fede sul territorio comunitario, anteriormente alla data di protezione nel paese d’origine o anteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione della denominazione d’origine o dell’indicazione geografica alla Commissione, può proseguire, nonostante la registrazione di una denominazione d’origine o di un’indicazione geografica, qualora il marchio non incorra nella nullità o decadenza per i motivi previsti dalla direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa(9), e/o dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario(10).»; 14. l’articolo 15 è sostituito dal seguente: «Articolo 15 1. La Commissione è assistita dal comitato per le denominazioni d’origi(9) GU L 40 dell’11.2.1989, pag. 1. (10) GU L 11 del 14.1.1994, pag. 1. ne e le indicazioni geografiche, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. 4. Il comitato può prendere in esame ogni altra questione sollevata dal Presidente, sia su iniziativa di quest’ultimo, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro.»; 15. l’articolo 13, paragrafo 2 e l’articolo 17 sono abrogati. Tuttavia, le disposizioni di questi articoli continuano ad applicarsi alle denominazioni registrate o a quelle la cui registrazione è stata chiesta secondo la procedura di cui all’articolo 17 prima dell’entrata in vigore del presente regolamento; 16. gli allegati I e II sono sostituiti dagli allegati I e II del presente regolamento. Articolo 2 Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto salvo l’articolo 1, punto 16), gli articoli 5 e 17 continuano ad applicarsi alle domande di registrazione di denominazioni di acque minerali naturali e di acque di sorgente la cui registrazione è stata chiesta prima dell’entrata in vigore del presente regolamento. Le acque minerali naturali e le acque di sorgente già registrate o quelle che potrebbero eventualmente essere registrate in seguito all’applicazione del secondo comma continuano a figurare nel registro previsto all’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2081/92 e a beneficiare della protezione accordata da tale regolamento fino al 31 dicembre 2013. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. SOMMARIO Fatto a Lussemburgo, addì 8 aprile 2003. Per il Consiglio Il Presidente G. Drys ALLEGATO I «ALLEGATO I Prodotti alimentari di cui all’articolo 1, paragrafo 1: — Birre — Bevande a base di estratti di piante — Prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria — Gomme e resine naturali — Pasta di mostarda — Paste alimentari» ALLEGATO II «ALLEGATO II Prodotti agricoli di cui all’articolo 1, paragrafo 1: — Fieno — Oli essenziali — Sughero — Cocciniglia (prodotto greggio di origine animale) — Fiori e piante ornamentali — Lana — Vimine» GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE (*) SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA del 8 aprile 2003 nei procedimenti riuniti C-53/01C-55/01 (di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 CE dal Bundesgerichtshof (Germania)): Linde Ag (C-53/01), Winward Industries Inc. (C-54/01) e Rado Uhren AG (C-55/01) (Ravvicinamento delle legislazioni Marchi d’impresa - Direttiva 89/104/ CEE - Impedimenti alla registrazione Art. 3, n. 1, lett. b), c) ed e) - Marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto - Carattere distintivo - Interesse generale al mantenimento della disponibilità di taluni segni) Contesto normativo La normativa comunitaria 3 Secondo il primo ‘considerando’, la direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sui marchi allo scopo di sopprimere le disparità esistenti che possono ostacolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, nonché falsare le condizioni di concorrenza nel mercato comune. 4 L’art. 2 della direttiva, intitolato «Segni suscettibili di costituire un marchio di impresa», così dispone: «Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione chetali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese». (Lingua processuale: tedesco) 1 Con ordinanza 23 novembre 2000, pervenuta alla Corte l’8 febbraio 2001, il Bundesgerichtshof ha sottoposto, a norma dell’art. 234 CE, due questioni pregiudiziali relative all’interpretazione dell’art. 3, n. 1, lett. b), c) ed e), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»). 2 Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di tre controversie tra, rispettivamente, la Linde AG (in prosieguo: la «Linde»), la Winward Industries Inc. (in prosieguo: la «Winward») e la Rado Uhren AG (in prosieguo: la «Rado»), da un lato, e il Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio marchio e brevetti tedesco), dall’altro, vertenti sul rigetto, da parte di quest’ultimo, di talune domande di registrazione di marchi delle dette società per mancanza di carattere distintivo. (*) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale della Corte di Giustizia. L’unico testo delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nella «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di primo grado». 5 L’art. 3 della direttiva, che elenca gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità, così recita: «1. Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati nulli: «1. a) i segni che non possono costituire un marchio di impresa; «1. b) i marchi di impresa privi di carattere distintivo; «1. c) i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio; «1. d) i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio; «1. e) i segni costituiti esclusivamente: «1. e) — dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto; SOMMARIO «1. e) — dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico; «1. e) — dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto; 7 Ai sensi dell’art. 8, n. 1, del Markengesetz, sono esclusi dalla registrazione come marchi i segni che non possono essere oggetto di tutela ai sensi del precedente art. 3 né possono essere rappresentati graficamente. 8 L’art. 8, n. 2, del Markengesetz così dispone: (...) 3. Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la presente disposizione sia anche applicabile quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la domanda di registrazione o dopo la registrazione stessa. (...)». «Sono esclusi dalla registrazione i marchi 1. privi di qualsiasi carattere distintivo per i prodotti o i servizi, 2. composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, ovvero altre caratteristiche dei medesimi, La normativa nazionale 6 A termini dell’art. 3 del Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen Kennzeichnungen (legge tedesca sulla tutela dei marchi d’impresa e di altri segni distintivi) 25 ottobre 1994 (in BGBl. 1994 I, pag. 3082; in prosieguo: il«Markengesetz»), legge di attuazione della direttiva nell’ordinamento giuridico tedesco, entrata in vigore il 1° gennaio 1995: «1) Possono essere tutelati come marchi d’impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persona, i disegni, le lettere, le cifre, i segnali acustici, le raffigurazioni tridimensionali, nonché la forma di un prodotto o il suo confezionamento, al pari di altre presentazioni, nonché i colori e le combinazioni di colori, che siano atti a distinguere i prodotti e i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. 3. composti esclusivamente da segni o indicazioni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio per designare il prodotto o la prestazione di servizi. (...)». 9 Ai sensi dell’art. 8, n. 3, del Markengesetz, l’applicazione delle disposizioni di cui ai punti 1, 2 e 3 del n. 2 del medesimo articolo è esclusa quando, anteriormente alla data della decisione sulla registrazione del marchio e successivamente all’uso che ne sia stato fatto per i prodotti o servizi oggetto della domanda diregistrazione, la registrazione stessa si sia imposta nei settori commerciali interessati. I procedimenti principali e le questioni pregiudiziali 2) Non possono essere tutelati come marchi i segni costituiti esclusivamente da una forma 10 Le presenti domande di pronuncia pregiudiziale sono scaturite da tre distinte controversie. 2) 1. imposta dalla natura stessa del prodotto, 11 Nella prima controversia (procedimento C-53/01), la Linde ha presentato domanda di registrazione di un veicolo quale marchio tridimensionale per i prodotti «attrezzi agricoli motorizzati e ulteriori macchinari mobili con cabina di guida, e in special modo carrelli elevatori a forca». Tale domanda veniva respinta dal Deutsches Patent- und Markenamt per mancanza di carattere distintivo. 2) 2. necessaria per ottenere un risultato tecnico, 2) o 2) 3. che dà un valore sostanziale al prodotto». 12 Il Bundespatentgericht (giudice federale in materia di proprietà industriale) (Germania) respingeva il ricorso proposto dalla Linde avverso la detta decisione di rigetto, in base al rilievo che il marchio di cui trattasi sarebbe totalmente privo di qualsiasi carattere distintivo. A tal riguardo rilevava che «il mercato ravvisa nella detta raffigurazione solamente il prodotto stesso, senza attribuirgli alcuna funzione distintiva fintantoché il prodotto stesso circoli entro i limiti commerciali abituali. La linea del prodotto non va al di là di un design industriale moderno. Il prodotto non si discosta sufficientemente, quanto ai suoi connotati, dalla linea abituale di qual genere di prodotti, in modo da consentire al mercato di ravvisarvi non solo una variazione qualunque di forme note, bensì anche il segno distintivo dell’impresa». 13 Nella seconda controversia (procedimento C-54/01), la Winward presentava domanda di registrazione di una lampada tascabile quale marchio tridimensionale. Tale domanda veniva respinta dal Deutsches Patent- und Markenamt in base al rilievo che il marchio di cui era stata chiesta la registrazione sarebbe sprovvisto di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 8, n. 2, punto 1, del Markengesetz. 14 Il Bundespatentgericht escludeva parimenti la registrabilità del marchio per assenza di qualsiasi carattere distintivo. Il detto giudice rilevava al riguardo che «si tratta di una forma tipica di torcia-pila che, nonostante una certa eleganza, rimane nei comuni canoni del mercato. In questo settore merceologico, il consumatore non ravvisa, nella forma del prodotto, alcun riferimento all’impresa d’origine. In considerazione delle esigue differenze rispetto ai prodotti della concorrenza, anche il consumatore più attento sarebbe difficilmente in grado di riconoscere a memoria un determinato produttore». 15 La terza controversia (procedimento C-55/01) verte su una domanda di registrazione presentata dalla Rado, relativa ad un marchio tridimensionale già oggetto di registrazione quale marchio internazionale con il n. 640 196 e di cui la società medesima è proprietaria, marchio consistente nella rappresentazione grafica di un orologio da polso. Tale domanda veniva respinta dal Deutsches Patent- undMarkenamt per mancanza di carattere distintivo ed in considerazione dell’esigenza di garantire la libera disponibilità («Freihaltebedürfnis»). SOMMARIO 16 Il ricorso avverso tale decisione proposto dalla Rado dinanzi al Bundespatentgericht veniva respinto. A parere del detto giudice, la rappresentazione tridimensionale di una cassa d’orologio munita di quadrante, coperto o meno, e di un bracciale segmentato corrispondente alla larghezza del quadrante, difetterebbe, nella sua concreta rappresentazione, del necessario carattere distintivo. Il Bundespatentgericht rilevava parimenti che «la tutela non può derivare solamente da un design originale tale da fornire un’indicazione quanto all’origine del prodotto che consenta di superare l’esigenza di libera disponibilità della forma elementare del prodotto e l’assenza di carattere distintivo. Ai fini dell’accertamento dell’originalità del prodotto ovvero dei suoi componenti, occorre prendere in considerazione un criterio piuttosto rigido, in quanto il prodotto ed i suoi componenti costituiscono il mezzo più significativo della loro rappresentazione e la loro monopolizzazione rischia di ostacolare i concorrenti nella realizzazione dei propri prodotti, raggiungendo quantomeno i limiti dell’esigenza di libera disponibilità.» 17 Le tre dette decisioni del Bundespatentgericht veniva impugnate dinanzi al Bundesgerichtshof. 18 Il Bundesgerichtshof rilevava che l’accoglimento delle impugnazioni dipendeva dall’interpretazione dell’art. 3, n. 1, lett. b), c) ed e), della direttiva. 19 A parere del Bundesgerichtshof, non sussisterebbe alcun elemento in base al quale il carattere distintivo astratto, previsto dall’art. 2 della direttiva, debba essere negato ai marchi tridimensionali. Tale disposizione imporrebbe che il marchio sia idoneo a distinguere astrattamente prodotti o servizi. L’esigenza di un carattere distintivo concreto per i prodotti o servizi oggetto della domanda di registrazione risulterebbe dall’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva. 20 Il Bundesgerichtshof rilevava parimenti che gli impedimenti assoluti alla registrazione di cui all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, dovrebbero essere esclusi. A tal riguardo osservava che per quanto concerne i marchi di cui era stata chiesta la registrazione da parte della Linde e della Rado - tali marchi presentavano, oltre alle caratteristiche generali - dettate da motivi tecnici - della forma elementare dei relativi prodotti, una serie di caratteristiche di forma non imposte esclusivamente né dalla natura stessa del prodotto né da considerazioni tecniche o attinenti al valore del prodotto medesimo. Nel procedimento C-54/01 (Winward) il Bundesgerichtshof rilevava parimenti che il marchio di cui trattasi presentava caratteristiche che andavano al di là della forma elementare, determinata da esigenze tecniche, di una lampada tascabile, che non potevano essere né imputate unicamente alla natura stessa del prodotto né considerate necessarie all’ottenimento di un determinato risultato tecnico. 21 Il giudice di rinvio riteneva quindi necessario verificare se i marchi oggetto delle tre controversie siano privi di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva ovvero se sussista un impedimento assoluto di registrazione ai sensi della lett. c) della medesima disposizione. 22 Dall’ordinanza di rinvio del procedimento C-53/01 (Linde) emerge che la giurisprudenza del Bundespatentgericht relativa all’art. 8, n. 2, punto 1, del Markengesetz - vale a dire la disposizione nazionale corrispondente all’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva - postula per i marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto requisiti più severi sotto il profilo del carattere distintivo rispetto ad altri marchi. A motivazione di tali più severi requisiti relativi al carattere distintivo, il Bundespatentgericht si richiama alla correlata esigenza di libera disponibilità nonché alle differenze intrinseche tra il diritto di marchio, da un lato, diretto a contraddistinguere la provenienza del prodotto e, dall’altro, i diritti volti alla tutela di forme e modelli, in particolare la normativa in materia di modelli ornamentali. 23 Il Bundesgerichtshof osservava, tuttavia, di non aver ravvisato motivo per applicare ai marchi tridimensionali, costituiti dalla forma del prodotto stesso, requisiti più severi quanto al loro carattere distintivo, rispetto ai marchi di forma tradizionale. A suo parere, tali più severi requisiti quanto al carattere distintivo del marchio non potrebbero trovare giustificazione in concreti elementi relativi all’interesse del mercato a mantenere la forma del prodotto liberamente disponibile per altri imprenditori. 24 Secondo il giudice di rinvio, la Corte avrebbe parimenti escluso, nell’esame del carattere distintivo di un marchio, differenziazioni a seconda dell’accertato interesse alla libera disponibilità di una determinata determinazione geografica (v. sentenza 4 maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I-2779, punto 48). L’interesse a mantenere una disponibilità generale delle forme grafiche non dovrebbe rivestire - a prescindere dalla possibile rilevanza con riguardo all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva - alcuna importanza quanto al carattere distintivo concreto ai sensi della lett. b) della detta disposizione. 25 Quanto all’interpretazione dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, il Bundesgerichtshof riteneva che tale disposizione si applicasse autonomamente a tutti i tipi di marchi, vale a dire anche ai marchi costituiti dalla forma del prodotto, a prescindere dal disposto di cui alla successiva lett. e). Secondo tale orientamento, l’esigenza di libera disponibilità delle forme tridimensionali del prodotto dovrebbe essere considerata immanente nell’art. 3, n. 1, lett. c), e non andrebbe ricavata mediante un’interpretazione estensiva del n. 1, lett. e), della disposizione medesima. A parere del Bundesgerichtshof, da tale impostazione deriverebbe che la registrazione come marchio sarebbe possibile, nella maggior parte dei casi, unicamente per i marchi che abbiano acquisito un carattere distintivo per effetto di uso ai sensi dell’art. 3, n. 3, primo periodo, della direttiva. 26 Ciò premesso, il Bundesgerichtshof decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, redatte in termini identici nelle tre menzionate controversie: «1) Se, ai fini dell’accertamento, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, del carattere distintivo dei marchi tridimensionali, che rappresentino la forma del prodotto, occorra applicare criteri più restrittivi rispetto ad altri tipi di marchio. 2) Se l’art. 3, n. 1, lett. c), possieda, al pari dell’art. 3, n. 1, lett. e), un significato autonomo con riguardo ai marchi tridimensionali, che rappresentino la forma del prodotto. In caso affermativo, se nell’esame dell’art. 3, n. 1, lett. c) - altrimenti della lett. e) - debba essere preso in considerazione l’interesse del mercato alla libera disponibilità della forma del prodotto nel senso che la registrazione, in linea di principio, sia SOMMARIO esclusa e possa essere presa in considerazione unicamente per quei marchi rispondenti ai requisiti previsti dall’art. 3, n. 3, primo periodo, della direttiva medesima». 27 Con ordinanza del presidente della Corte 15 marzo 2001, i tre procedimenti venivano riuniti ai fini della fase scritta, di quella orale e della sentenza. Sulla prima questione 28 Con la prima questione il giudice rinvio chiede se, ai fini della valutazione del carattere distintivo, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, di un marchio tridimensionale costituito dalla forma di un prodotto, debbano essere applicati criteri più severi rispetto a quelli utilizzati per altri tipi di marchi. Osservazioni depositate dinanzi alla Corte 29 La Winward e la Linde ritengono che, quanto al carattere distintivo, la tutela dei marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto non debba essere subordinata a requisiti più severi rispetto a quelli applicabili ad altri tipi di marchi. 30 Secondo la Winward, la Corte avrebbe già escluso che dall’esigenza di disponibilità possano discendere requisiti supplementari per quanto attiene al carattere distintivo (v., in tal senso, la menzionata sentenza Windsurfing Chiemsee, punto 48). 31 La Winward e la Rado deducono che occorrerebbe utilizzare un criterio di analisi uniforme per tutti i tipi di marchi al fine di determinare se un segno sia idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa rispetto a quelli di altre imprese. Solamente l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva conterrebbe una disposizione derogatoria espressa per i marchi tridimensionali. Per contro, il n. 1, lett. b), del medesimo articolo non opererebbe alcuna distinzione tra i marchi costituiti da una forma, da un lato, e gli altri tipi di marchi, dall’altro. Al fine di poter valutare il carattere distintivo concreto di un marchio costituito da una forma, nonoccorrerebbe quindi applicare criteri più severi rispetto a quelli relativi ad altri tipi di marchi. 32 Il governo austriaco sostiene che, quando la forma di un segno tridimensionale risulti conforme alle attese del consumatore con riguardo alla forma data al prodotto o all’imballaggio, dovrebbe ritenersi che il mercato interessato non individuerà in tale forma indicazioni che consentano di identificare il prodotto come proveniente da una determinata impresa. A parere del medesimo governo, non si tratterebbe, a tal riguardo, di definire criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali più severi, bensì occorrerebbe tener conto del fatto che la varietà delle forme che possono essere date ai prodotti e al loro confezionamento potrebbe rendere più difficile, per taluni settori commerciali, individuare un marchio nella forma di un prodotto o in un determinato confezionamento. 33 A parere del governo del Regno Unito, l’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, non distinguerebbe tra i marchi costituiti dalla forma del prodotto e gli altri segni idonei a costituire un marchio ai sensi del precedente art. 2. L’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva medesima, costituirebbe l’unica disposizione specificamente attinente alla registrazione dei segni tridimensionali. Correttamente interpretata, la detta direttiva terrebbe pienamente conto dell’interesse rappresentato per il commercio dal fatto che le forme dei prodotti stessi siano mantenute disponibili per l’utilizzazione da parte dei concorrenti. 34 Tuttavia, tanto il governo del Regno Unito quanto quello austriaco osservano che, sebbene i criteri di valutazione del carattere distintivo siano identici per tutti i marchi, nella pratica un’impresa si troverà verosimilmente di fronte a maggiori difficoltà per dimostrare il carattere distintivo - ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva di un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto rispetto al caso in cui si tratti di un marchio verbale o figurativo. 35 Orbene, per quanto attiene ai marchi verbali o figurativi, il consumatore medio sarebbe abituato al fatto che parole, logo e segni analoghi possono svolgere un ruolo importante nell’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti sui quali vengono apposti. Per contro, per quanto riguarda vari prodotti, le principali caratteristiche dei medesimi verrebbero influenzate dalla loro funzione e prodotti di uno stesso tipo presenterebbero, per tale motivo, molte analogie, ragion per cui nessuna forma si distinguerebbe in particolare. Inoltre, il carattere distintivo della forma dovrebbe essere parimenti valutato con riguardo alle variazioni normali del prodotto di cui trattasi. Il governo del Regno Unito deduce che, se le differenti caratteristiche di forma rientrano nelle variazioni normali di un prodotto, sarebbe improbabile che il consumatore medio attribuisca al prodotto stesso il significato di un marchio. 36 La Commissione sostiene che oltre all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, che esclude la registrazione della forma di un prodotto quando l’impresa possamonopolizzare tale forma a danno dei concorrenti o dei consumatori, la direttiva non contemplerebbe criteri specifici riguardanti le forme che possano costituire oggetto di una domanda di registrazione. Ai fini della valutazione del carattere distintivo di un marchio, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, non occorrerebbe, quindi, applicare ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma di un prodotto criteri più severi rispetto a quelli utilizzati per altri tipi di marchi. Giudizio della Corte 37 Si deve anzitutto ricordare l’art. 2 della direttiva prevede che possono costituire marchi d’impresa tutti i segni che possono essere, da un lato, riprodotti graficamente e, dall’altro, adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. 38 Ne consegue che un segno tridimensionale che riproduce la forma di un prodotto può, in linea di principio, costituire un marchio sempreché siano soddisfatti due criteri (v. sentenza 18 giugno 2002, causa C-299/99, Philips, Racc. pag. I-5475, punto 73). 39 Inoltre, in virtù della norma contenuta nell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, sono esclusi dalla registrazione ovvero, se registrati, possono essere dichiarati nulli, i marchi privi di carattere distintivo. 40 Il carattere distintivo di un marchio ai sensi della detta disposizione implica che tale marchio sia atto a identificare il prodotto per il quale sia richiesta la registrazione come preveniente da una determinata impresa e, quindi, a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese (v. la menzionata sentenza Philips, punto 35). SOMMARIO 41 Inoltre, il carattere distintivo di un marchio deve essere valutato con riguardo, da un lato, ai prodotti o ai servizi per i quali ne sia stata chiesta la registrazione e, dall’altro, alle aspettative dei settori interessati, costituiti dai consumatori dei prodotti o servizi medesimi. Si tratta, secondo la giurisprudenza della Corte, dell’aspettativa presunta di un consumatore medio dei prodotti o servizi in questione, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto (v. le sentenze 16 luglio 1998, causa C-210/96, Gur Springenhei e Tusky, Racc. pag. I-4657, punto 31, e Philips, citata supra, punto 63). 42 Al punto 48 della menzionata sentenza Philips la Corte ha infine rilevato che i criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto non sono diversi da quelli applicabili alle altre categorie di marchi. Infatti, l’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, non opera alcuna distinzione tra le singole categorie di marchi per quanto attiene alla valutazione del loro carattere distintivo. 43 Solamente l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, individua espressamente taluni segni costituiti dalla forma del prodotto, elencando i motivi di impedimento allaregistrazione di tali segni. Ai sensi di tale disposizione, sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, e dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto. 44 Atteso che l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, costituisce un ostacolo preliminare che può impedire la registrazione di un segno costituito esclusivamente dalla forma di un prodotto, ne consegue che, qualora sia soddisfatto anche uno solo dei criteri ivi menzionati, il segno non potrà essere registrato come marchio. Inoltre, non potrà mai acquisire carattere distintivo per l’uso che ne sia stato fatto ai sensi del n. 3 della detta disposizione (v. la sentenza Philips, citata supra, punti 74-76). 45 Tuttavia, nell’ipotesi in cui tale ostacolo preliminare risulti superato, resta necessario verificare se la registrazione del segno tridimensionale costituito dalla forma di un prodotto debba essere negata in considerazione di uno o più impedimenti tra quelli indicati nelle lett. b)-d) della detta disposizione. 46 Per quanto attiene all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, si deve rilevare che né dall’economia della direttiva né dal tenore di tale disposizione emerge che, ai fini della valutazione del carattere distintivo di un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto stesso, debbano essere applicati criteri più severi rispetto a quelli utilizzati per altre categorie di marchi. 47 Infatti, come risulta dal precedente punto 40, il criterio del carattere distintivo esige che, con riguardo a qualsiasi marchio, esso sia idoneo ad identificare il prodotto come proveniente da una determinata impresa, distinguendolo, quindi, dai prodotti di altre imprese. 48 Resta il fatto, come correttamente osservato dai governi austriaco e del Regno Unito nonché dalla Commissione, che, in pratica, il carattere distintivo di un marchio costituito dalla forma di un prodotto può risultare, alla luce dei criteri richiamati ai precedenti punti 40 e 41, più difficile da dimostrare rispetto a quello di un marchio verbale o figurativo. Tale difficoltà, da cui può scaturire il diniego di registrazione di marchi di tale natura, non esclude, tuttavia, che essi possano acquisire carattere distintivo a seguito dell’uso che ne sia fatto ed essere, conseguentemente, registrati in quanto marchi sulla base dell’art. 3, n. 3, della direttiva. 49 Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione deve essere risolta nel senso che, ai fini della valutazione del carattere distintivo, a termini dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, di un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto, non occorre applicare criteri più severi rispetto a quelli utilizzati per altri tipi di marchi. Sulla seconda questione 50 Con il primo capo della seconda questione, il giudice di rinvio chiede se, oltre all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, anche il successivo n. 1, lett. c), sia rilevante per i marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto. 51 Quanto al secondo capo della seconda questione, si deve osservare che essa si riferisce a due distinte ipotesi, a seconda della soluzione che la Corte intende accogliere per il primo capo della stessa questione. 52 Nell’ipotesi in cui, oltre all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, la disposizione di cui alla precedente lett. c) rilevi per i marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto, il giudice di rinvio chiede se, ai fini dell’interpretazione di quest’ultima disposizione, occorra tener conto dell’interesse generale del mercato alla libera disponibilità della forma del prodotto, dimodoché la registrazione sarebbe esclusa, in linea di principio, e risulterebbe possibile, in linea generale, solamente per i marchi rispondenti ai requisiti di cui all’art. 3, n. 3, primo periodo, della direttiva. 53 In caso di soluzione negativa al primo capo della seconda questione, vale a dire nell’ipotesi in cui solamente l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva si applichi ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto, il giudice di rinvio chiede tuttavia se, ai fini dell’interpretazione di tale disposizione, occorra tener parimenti conto dell’interesse generale del commercio a mantenere disponibile la forma del prodotto. Osservazioni depositate dinanzi alla Corte 54 La Linde sostiene che, oltre all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, anche la disposizione di cui alla precedente lett. c) presenti significato autonomo per i marchi tridimensionali. L’esigenza di libera disponibilità, valutata alla luce di bisogni concretamente accertati della concorrenza, dovrebbe essere esaminata con riguardo a quest’ultima disposizione, dopo aver verificato che l’esigenza di disponibilità assoluta risultante dalla lett. e) del n. 1 dell’art. 3 non costituisca impedimento alla registrazione del marchio tridimensionale depositato. 55 La Linde ritiene che l’esistenza di tale esigenza di disponibilità debba essere riconosciuta solamente per talune forme, imposte da vincoli tecnici o estetici connessi alla natura del prodotto o al suo imballaggio, vale a dire nella sfera di applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva. Per quanto attiene alle altre forme di prodotto e di imballaggi, sarebbe sufficiente esaminare, caso per caso, il carattere distintivo e l’esigenza di disponibilità. SOMMARIO 56 La Winward ritiene che gli impedimenti assoluti alla registrazione indicati nell’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, si applichino unicamente qualora sussista un’esigenza assoluta di libera disponibilità della forma depositata. Tale disposizione non indicherebbe in termini esaustivi le regole dirette ad escludere la possibilità di appropriarsi dei segni tridimensionali costituiti dalla forma di un prodotto e non dovrebbe trovare applicazione qualora sussistano, oltre alla forma di cui sia chiestala registrazione, altre forme che consentano di raggiungere il risultato tecnico voluto. 57 A parere della Winward, l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, sarebbe applicabile indipendentemente dal disposto di cui alla successiva lett. e), anche con riguardo ai marchi rappresentanti la forma del prodotto, ma l’esistenza di un’esigenza di disponibilità dovrebbe essere verificata solamente nell’ambito di quest’ultima disposizione. 58 La Rado deduce che, sebbene le lett. c) ed e) del n. 1, dell’art. 3 della direttiva perseguano obiettivi analoghi, vale a dire impedire l’appropriazione esclusiva di forme di cui il mercato necessiti ai fini del design di prodotti identici, le due dette disposizioni si applicherebbero indipendentemente l’una dall’altra. Tuttavia, a suo parere, la sfera di applicazione della lett. c) del detto articolo si estenderebbe al di là di quella della successiva lett. e). 59 La Rado sostiene che, alla luce dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, i marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto sarebbero soggetti agli stessi criteri di valutazione degli altri tipi di marchi e che non vi sarebbe motivo per accogliere un’interpretazione restrittiva, nel senso che l’interesse a mantenere la libera disponibilità di tali marchi tridimensionali costituirebbe ostacolo, in linea di principio, alla loro registrazione. 60 Il governo del Regno Unito osserva che l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, costituirebbe la «prima linea di difesa» nella lotta diretta ad impedire la monopolizzazione ingiustificata, attuata per mezzo del diritto di marchio, delle forme dei prodotti stessi. L’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva presenterebbe significato autonomo rispetto al disposto di cui alla successiva lett. e), escludendo la registrazione di segni che potrebbero non essere esclusi da quest’ultima. Il governo del Regno Unito deduce, tuttavia, che, ove l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, venga interpretato in modo sufficientemente utile, il di- sposto di cui alla precedente lett. c) finirebbe probabilmente per essere applicato in misura limitata. In ogni caso, l’interesse del mercato a mantenere disponibile l’utilizzazione delle forme dei prodotti sarebbe tutelato dall’applicazione di tali due disposizioni della direttiva. 61 La Commissione osserva che dal tenore della direttiva non risulta in alcun modo che ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto sarebbe applicabile unicamente l’art. 3, n. 1, lett. e), della medesima. A parere della Commissione, i detti marchi, ove la loro registrazione non venga negata sulla base di tale disposizione, restano nondimeno soggetti agli impedimenti indicati alla lett. c) del n. 1 dell’art. 3. Nell’ambito dell’esame di una domanda di registrazione di marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto, quest’ultima disposizione dovrebbe essere applicata in modo autonomo. 62 La Commissione ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva non dipende dall’esistenza di un imperativo di disponibilità «»concreto, attuale o serio ai sensi della giurisprudenza tedesca (v., in tal senso, la menzionata sentenza Windsurfing Chiemsee, punto 35). Al di là dell’esame dei requisiti specifici indicati nella detta disposizione, non vi sarebbe motivo di prendere in considerazione un’esigenza di disponibilità più ampia. Infatti, secondo la Commissione, l’interesse del mercato a mantenere disponibili talune forme sarebbe già contenuto nell’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva. Giudizio della Corte 63 Per quanto attiene al primo capo della seconda questione, si deve rilevare che, a termini dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, sono esclusi dalla registrazione i marchi descrittivi, vale a dire quelli composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare le caratteristiche del prodotto o del servizio di cui sia richiesta la registrazione. 64 A termini dell’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, sono esclusi dalla registrazione i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto. 65 Tali impedimenti specifici alla registrazione di taluni segni costituiti dalla forma del prodotto, espressamente indicati nell’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, costituiscono, come risulta dal punto 44 della presente sentenza, un ostacolo preliminare che può impedire la registrazione di tali segni (v. la menzionata sentenza Philips, punti 74 e 76). 66 Tuttavia, anche quanto tale ostacolo preliminare sia stato superato, non emerge né dal tenore dell’art. 3, n. 1, della direttiva, né dall’economia della medesima che gli altri impedimenti alla registrazione indicati in tale disposizione, ivi compresi quelli di cui al n. 1, lett. c), non possano parimenti applicarsi alle domande di registrazione di marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto. 67 Infatti, dall’art. 3, n. 1, della direttiva emerge chiaramente che i singoli impedimenti alla registrazione indicati in tale disposizione sono indipendenti l’uno dall’altro ed esigono un esame separato. 68 Ne consegue che, nel caso in cui la registrazione di un segno tridimensionale costituito dalla forma del prodotto non venga negata in base all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, il diniego può essere nondimeno opposto qualora il segno ricada in una o più delle categorie indicate nelle lett. b)-d), della stessa disposizione. 69 Per quanto attiene, in particolare, all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, nulla osta, in linea di principio, all’applicabilità di tale disposizione ad una domanda diregistrazione di un marchio tridimensionale costituito dalla forma di un prodotto. Infatti, il riferimento ai marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che possono servire a designare le caratteristiche del prodotto o della prestazione di servizi diverse da quelle espressamente elencate nella disposizione medesima è sufficientemente ampio per ricomprendere una grande varietà di marchi, ivi compresi i marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto. 70 Alla luce delle suesposte considerazioni, il primo capo della seconda questione dev’essere risolto nel senso che, oltre all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, anche l’art. 3, n. 1, lett. b), della medesima rileva con riguardo ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto. SOMMARIO 71 Per quanto attiene al secondo capo della seconda questione, si deve rammentare, in limine, che, secondo la giurisprudenza della Corte, i vari motivi d’impedimento alla registrazione elencati all’art. 3 della direttiva vanno interpretati alla luce dell’interesse generale sottostante a ciascuno di essi (v., le menzionate sentenze Windsurfing Chiemsee, punti 25-27, e Philips, punto 77). 72 Per quanto attiene, più in particolare, alla seconda ipotesi formulata dal giudice di rinvio relativa all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, si deve rilevare che, con riguardo a taluni segni tridimensionali costituiti dalla forma di un prodotto, la Corte ha già avuto modo di affermare che la ratio degli impedimenti alla registrazione, previsti da tale disposizione, consiste nell’evitare che la tutela del diritto di marchio sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto, che possono essere ricercate dall’utilizzatore nei prodotti dei concorrenti (v. la menzionata sentenza Philips, punto 78/80). 73 Secondo la giurisprudenza della Corte, l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle categorie di prodotti o servizi per le quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti, anche come marchi collettivi o all’interno di marchi complessi o grafici. Tale disposizione osta, quindi, a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi (v., in tal senso, la menzionata sentenza Windsurfing Chiemsee, punto 25). 74 L’interesse generale sotteso all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, implica che tutti i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che possano servire a designare le caratteristiche di un prodotto o di un servizio ai sensi della detta disposizione siano liberamente disponibili per tutti e non possano costituire oggetto di registrazione, fatta salva l’applicazione del n. 3 della disposizione medesima. 75 L’autorità competente chiamata ad applicare l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, ai marchi di cui trattasi è tenuta ad accertare, con riguardo ai prodotti o ai servizi per i quali sia chiesta la registrazione, alla luce di un esame concreto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano la domanda di registrazione e, in particolare,alla luce dell’interesse generale precedentemente ricordato, se il motivo di impedimento alla registrazione previsto da tale disposizione trovi applicazione nel caso di specie. Tale esame concreto è parimenti richiesto in presenza di una domanda di registrazione di un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto. L’autorità medesima non potrà, invece, opporre alla domanda di registrazione un diniego di principio. 76 Ne consegue che un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto deve essere soggetto, al pari di tutte le altre categorie di marchi, a un esame della sua conformità rispetto a tutti i criteri indicati dall’art. 3, n. 1, lett. b)-e), della direttiva e che tali criteri devono esser interpretati ed applicati, caso per caso, alla luce dell’interesse generale sotteso ad ognuno di essi. 77 Alla luce delle suesposte considerazioni, il secondo capo della seconda questione dev’essere risolto nel senso che, nell’esame, caso per caso, del motivo di impedimento alla registrazione previsto dall’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, si deve tener conto dell’interesse generale sotteso a tale disposizione, vale a dire che tutti i marchi tridimensionali costituiti dalla forma di un prodotto composti esclusivamente da segni o indicazioni che possono servire a designare le caratteristiche di un prodotto o di un servizio ai sensi della disposizione medesima siano liberamente disponibili per tutti e non possano costituire oggetto di registrazione, fatta salva l’applicazione dell’art. 3, n. 3, della direttiva medesima. 78 (…) Sulle spese Dispositivo 1. Ai fini della valutazione del carattere distintivo, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa, di un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto, non occorre applicare criteri più severi rispetto a quelli utilizzati per altri tipi di marchi. 2. Oltre all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, anche il disposto di cui alla lett. c) del medesimo n. 1 dell’art. 3 rileva con riguardo ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto. Nell’ambito dell’esame, caso per caso, del motivo di impedimento alla registrazione previsto dall’art. 3, n. 1, lett. c), si deve tener conto dell’interesse generale sotteso a tale disposizione, vale a dire che tutti i marchi tridimensionali costituiti dalla forma di un prodotto composti esclusivamente da segni o indicazioni che possono servire a designare le caratteristiche di un prodotto o di un servizio ai sensi della disposizione medesima siano liberamente disponibili per tutti e non possano costituire oggetto di registrazione, fatta salva l’applicazione dell’art. 3, n. 3, della direttiva. SOMMARIO GIURISPRUDENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (1) SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO (Seconda Sezione) del 5 marzo 2003 nella causa T-194/01 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 22 maggio 2001 (procedimento R 1086/2000-1)): Unilever NV, contro Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) (Marchio comunitario - Forma di un prodotto per lavastoviglie - Pasticca ovoidale - Impedimento assoluto alla registrazione - Art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94) (Lingua processuale: inglese) Fatti all’origine della controversia 1 Il 9 dicembre 1999 la ricorrente ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«Ufficio») una domanda di marchio comunitario, in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato. 2 Il marchio tridimensionale per il quale è stata chiesta la registrazione è il seguente: Nessun colore ha formato oggetto della domanda. (1) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale del Tribunale di primo grado. L’unico testo delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nello «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di primo grado». 3 I prodotti per i quali si chiede la registrazione del marchio rientrano nella classe 3 dell’accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Detergenti; preparati e sostanze per il bucato; ammorbidenti per tessuti; preparati per la sbiancatura; preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; prodotti per lavare i piatti; saponi; profumeria; olii essenziali; cosmetici; creme cosmetiche; lozioni per capelli; deodoranti per uso personale; pietra d’allume; pietra per lucidare; pietre pomici; blocchetti di allume da barba; tripolo per lucidare; sali da bagno; sali per sbiancare; antitraspiranti; dentifrici; preparati per il makeup; preparati per togliere il trucco; prodotti da toletta». 4 Con decisione 7 settemre 2000 l’esaminatore ha respinto la domanda in forza dell’art. 38 del regolamento n. 40/94, poiché il marchio richiesto era privo di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. 5 Il 7 novembre 2000 la ricorrente ha presentato presso l’Ufficio un ricorso contro la decisione dell’esaminatore, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94. 6 Con decisione 22 maggio 2001 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata alla ricorrente il 5 giugno 2001, la commissione di ricorso ha annullato la decisione dell’esaminatore nella parte in cui quest’ultimo aveva respinto la domanda per i prodotti seguenti: «profumeria, olii essenziali, creme cosmetiche, lozioni per capelli, deodoranti per uso personale, antitraspiranti e dentifrici». Per il resto, essa ha respinto il ricorso. 7 In sostanza, la commissione di ricorso ha considerato che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo per i detergenti solidi e per i prodotti connessi. Essa ha rilevato che la forma ovoidale irregolare del marchio richiesto, anche se non strettamente identica alla forma discoidale tradizionalmente rappresentata dal sapone o dal detergente normale, non ne differisce in modo significativo. Anche le macchiettature presenti sulla pasticca sarebbero comuni. Le pasticche come quelledella ricorrente rappresenterebbero un’idea fondamentale di confezionamento per detergenti e per una vasta gamma di prodotti simili. La pasticca di cui trat- tasi non presenterebbe caratteristiche arbitrarie tali da distinguerla da altre simili forme presenti sul mercato. Procedimento e conclusioni delle parti 8 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 14 agosto 2001 la ricorrente ha proposto il ricorso in esame. Il 13 novembre 2001 l’Ufficio ha depositato un controricorso. La ricorrente non ha chiesto l’autorizzazione a depositare una replica ai sensi dell’art. 135, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale. 9 Nell’ambito della misure di organizzazione del procedimento il Tribunale ha invitato le parti a rispondere ad un quesito. Ha altresì chiesto alla ricorrente la produzione di taluni documenti. Rispondendo a tali domande, la ricorrente ha depositato una memoria accompagnata da allegati. Il Tribunale ha deciso di prendere atto della risposta della ricorrente al quesito posto e dei documenti prodotti conformemente alla domanda. La detta risposta, contenuta ai punti 1-13, 35 e 36 della memoria, e l’allegato 20 a quest’ultima sono stati quindi versati al fascicolo. Per il resto il Tribunale ha negato la registrazione della detta memoria e degli altri allegati, che sono stati restituiti alla ricorrente. 10 Nel ricorso la ricorrente ha chiesto che il Tribunale voglia: — riformare la decisione impugnata affinché il marchio richiesto possa essere registrato; — in alternativa, annullare la decisione impugnata; — condannare l’Ufficio alle spese. 11 In udienza la ricorrente ha dichiarato di voler limitare l’elenco dei prodotti per i quali chiede la registrazione del marchio nel senso che la domanda di marchio riguarda ormai solo i preparati per lavastoviglie. In risposta ad un quesito del Tribunale, la ricorrente ha precisato che tale dichiarazione implica una rinuncia, da parte sua, al secondo motivo, attinente ad una violazione dell’obbligo di motivazione relativa ad una parte dei prodotti per i quali la commissione di ricorso ha confermato la decisione dell’esaminatore, e che essa si SOMMARIO limita ormai a chiedere l’annullamento della decisione impugnata per violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Essa chiede, al riguardo, che il carattere distintivo del marchio richiesto venga valutato con riferimento ai soli preparati per lavastoviglie. 12 L’Ufficio chiede che il Tribunale voglia: — respingere il ricorso; — condannare la ricorrente alle spese. In diritto Sulla portata delle conclusioni della ricorrente 13 Per quanto riguarda le dichiarazioni fatte in udienza dalla ricorrente occorre rammentare che il richiedente un marchio comunitario può in qualsiasi momento presentare all’Ufficio un’istanza diretta a limitare l’elenco dei prodotti e servizi, conformemente all’art. 44 del regolamento n. 40/94, nonché della regola 13 del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1). Risulta da tali disposizioni che una limitazione dell’elenco dei prodotti o servizi designati in una domanda di marchio comunitario deve essere realizzata seguendo particolari modalità. Poiché la domanda presentata oralmente in udienza dalla ricorrente non corrisponde a tali modalità, essa non può essere considerata un’istanza di modifica ai sensi delle citate disposizioni. l’annullamento della decisione impugnata per la parte in cui essa riguarda tutta una serie di altri prodotti rientranti nella classe 3 dell’accordo di Nizza, la ricorrente ha concentrato il suo ricorso sui prodotti menzionati in via principale nella sua domanda di marchio, cioè una certa categoria di prodotti detergenti solidi. 16 Per quanto riguarda la domanda della ricorrente diretta ad ottenere che il carattere distintivo del marchio richiesto venga valutato con riferimento ai soli preparati per lavastoviglie, occorre tuttavia precisare che la sua rinuncia parziale non incide sul principio secondo cui spetta al Tribunale, nel contenzioso in esame, controllare la legittimità della decisione della commissione di ricorso. Tale controllo deve essere svolto con riferimento all’ambito fattuale e giuridico della controversia, nei termini in cui quest’ultima è stata proposta alla commissione di ricorso. Ne consegue che una parte non può, rinunciando parzialmente alle sue richieste, modificare gli elementi di fatto e di diritto sulla base dei quali viene esaminata la legittimità della decisione della commissione di ricorso. 17 Considerate le dichiarazioni fatte dalla ricorrente in udienza, si deve constatare che quest’ultima conclude ormai nel senso dell’annullamento della decisione impugnata solo nella parte in cui quest’ultima respinge il ricorso per quanto riguarda i preparati per lavastoviglie e nel senso della condanna dell’Ufficio alle spese. Sulla legittimità della decisione impugnata Argomenti delle parti 14 Tale dichiarazione deve invece essere interpretata nel senso che la ricorrente ha rinunciato al suo ricorso per la parte in cui aveva chiesto l’annullamento della decisione impugnata relativamente ai prodotti diversi dai preparati per lavastoviglie. 15 Una siffatta rinuncia parziale non è di per sé contraria al divieto, risultante dall’art. 135, n. 4, del regolamento di procedura del Tribunale, di modificare dinanzi al Tribunale l’oggetto della controversia di cui è stata investita la commissione di ricorso. Infatti, limitando la sua domanda di annullamento alla sola parte del ricorso vertente sui preparati per lavastoviglie, la ricorrente non chiede al Tribunale di pronunciarsi su richieste diverse da quelle fatte valere dinanzi alla commissione di ricorso. Piuttosto, rinunciando a chiedere 18 Poiché la ricorrente ha rinunciato al suo secondo motivo, attinente ad una violazione dell’obbligo di motivazione, essa fa valere, a sostegno del suo ricorso, un motivo unico, attinente alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Tale motivo si articola in quattro parti. In primo luogo, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia proceduto ad un’interpretazione erronea dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, applicando criteri più restrittivi ai marchi tridimensionali rispetto agli altri marchi. In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la commissione di ricorso ha omesso di prendere in considerazione la situazione sul mercato di cui trattasi e le abitudini dei consumatori. In terzo luogo, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di avere ignorato il fat- to che il marchio richiesto si differenzia sufficientemente dalle forme correnti delle pasticche per lavastoviglie per essere distintivo. In quarto luogo, la ricorrente fa riferimento alla giurisprudenza esistente in taluni Stati membri e alla pratica degli uffici nazionali dei marchi i quali a suo avviso, depongono a favore della sua tesi, secondo cui le forme di pasticche per lavostoviglie diverse dalla forme di base correnti possono essere protette come marchi comunitari. 19 Con la prima parte del motivo la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver operato una discriminazione tra marchi tridimensionali e marchi tradizionali contraria all’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Essa fa valere che, secondo il regolamento n. 40/94, la possibilità di registrare un marchio costituisce la regola, mentre l’esistenza di un impedimento alla registrazione ai sensi dell’art. 7 del regolamento n. 40/94 rappresenta l’eccezione. L’onere della prova dell’esistenza di un impedimento assoluto alla registrazione spetterebbe quindi all’Ufficio. La commissione di ricorso avrebbe operato un’inversione del rapporto tra la regola e l’eccezione e un rovesciamento dell’onere della prova per quanto riguarda i marchi tridimensionali, e più in particolare le pasticche per lavastoviglie. La ricorrente ricorda che un carattere distintivo minimo è sufficiente per giustificare la registrazione di un marchio. 20 La ricorrente considera erronea la concezione secondo cui, in linea di principio, i consumatori non percepiscono le forme come un’indicazione dell’origine del prodotto. A suo avviso, i consumatori non riflettono sull’origine dei prodotti di consumo quotidiano, che non conoscono neanche, bensì prestano attenzione unicamente alla distinzione tra i diversi prodotti. I marchi non avrebbero quindi la funzione di indicare l’origine, ma piuttosto quella di indicare il prodotto. Per distinguere i prodotti gli uni dagli altri i consumatori farebbero riferimento a unamoltitudine di segni, ivi compresi il confezionamento, il colore e la forma del prodotto, tra i quali il nome del prodotto non sarebbe il più importante. 21 La ricorrente è dell’opinione che l’applicazione di criteri più restrittivi ai marchi tridimensionali non può essere SOMMARIO giustificata dalla considerazione secondo cui le forme devono restare disponibili per essere utilizzate da parte di tutti gli operatori economici. Da un lato, essa fa valere che tale «imperativo di disponibilità» non costituisce un impedimento autonomo alla registrazione. Dall’altro, essa sostiene che la registrazione di marchi tridimensionali non è diretta a monopolizzare la vendita di un certo prodotto, bensì a proteggere la presentazione particolare di un prodotto. La ricorrente ritiene inoltre che considerzioni attinenti alla protezione dei disegni e modelli non possano giustificare criteri più restrittivi per i marchi tridimensionali. 22 Con la seconda parte del motivo la ricorrente critica la constatazione della commissione di ricorso secondo cui i consumatori non percepiscono la presentazione delle pasticche detergenti come un’indicazione d’origine, in quanto essa è fondata solo su considerazioni astratte e non su fatti ed elementi di prova. A suo avviso, la commissione di ricorso non ha preso in considerazione tutte le circostanze del caso di specie portate alla sua attenzione dalla ricorrente, in particolare quelle relative alla situazione del mercato. 23 Per quanto riguarda la situazione sul mercato, la ricorrente rileva che i fabbricanti di pasticche di detersivo in Europa utilizzano la forma e la presentazione di queste ultime per distinguere i loro prodotti da quelli di altri operatori. Secondo la ricorrente i consumatori sono sempre stati capaci di distinguere effettivamente diverse pasticche di detersivo secondo le loro forme e i loro colori. Essa è dell’opinione che, in ogni caso, i consumatori sono stati «allenati» a farlo. Essa sottolinea che l’effetto di tale «allenamento» deve essere distinto dal carattere distintivo acquistato. 24 La ricorrente fa valere che i produttori di pasticche di detersivo conoscono il mercato nel modo più approfondito. Pertanto, il fatto di aver scelto forme e colori diversi per distinguere i loro prodotti detergenti solidi da quelli dei loro concorrenti, e il fatto di cercare di proteggerli come marchi dovrebbero essere considerati come la prova, o almeno con un indizio importante, che i consumatori percepiscono le caratteristiche delle pasticche e che essi vi si fondano per orientarsi sul mercato, senza fare solo riferimento ai nomi dei prodtti. 25 Con la terza parte del motivo, la ricorrente contesta la constatazione dell’Ufficio secondo cui la forma e l’aspetto della pasticca di cui trattasi nel caso di specie sono normali. Essa ammette che sul mercato dei prodotti detergenti sono divenute usuali pasticche rotonde o rettangolari con uno o due strati colorati che possono, quindi, essere considerati privi di carattere distintivo. 26 La ricorrente sottolinea che la forma di cui trattasi nel caso di specie è rappresentata da un’ovale irregolare con bordi appiattiti e grandi macchiettature scure, che somiglia a quella di un ciottolo. Essa rammenta che i consumatori europei fanno attenzione alla forma ed ai colori delle pasticche di detersivo. Essa ne deduce che il pubblico interessato distinguerà sicuramente la forma di «ciottolo» dalle forme di pasticche rotonde o rettangolari generalmente utilizzate sul mercato di cui trattasi. Essa insiste sul fatto che tale forma è unica sul mercato e che nessun operatore l’ha utilizzata per i prodotti di cui trattasi. Essa afferma che sul mercato sono presenti solo pasticche rotonde o rettangolari e presenta taluni esempi per dimostrarlo. Aggiunge che le grandi macchiettature perfettamente visibili presenti sulla pasticca controversa sarebbero diverse dall’aspetto di altre pasticche di detersivo sul mercato, poiché le macchiettature presenti su queste ultime sono molto più piccole e non possono essere percepite in quanto tali. A suo avviso la commissione di ricorso avrebbe dovuto raccogliere prove al riguardo per poter affermare che la forma di cui trattasi nel caso di specie era corrente. In risposta ad un quesito del Tribunale, essa indica di non aver, al momento, immesso sul mercato una pasticca per lavastoviglie avente la forma del marchio richiesto, di modo che essa non può produrre un esempio tridimensionale del marchio richiesto. 27 La ricorrente fa osservare che, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha riconosciuto che la forma richiesta nel caso di specie era una forma ovale irregolare non identica alla forma normale dei prodotti detergenti. La ricorrente è dell’opinione che la commissione di ricorso ha illegittimamente chiesto che il marchio oggetto della domanda si differenziasse in modo significativo dalle forme normali e presentasse caratteristiche arbitrarie per poter essere registrato. 28 Durante l’udienza la ricorrente ha aggiunto che, per quanto riguarda i preparati per lavastoviglie, solo la forma rettangolare è usuale sul mercato, poiché tale forma corrisponde a quella dei recipienti che si trovano nelle macchine alle quali sono destinati tali prodotti. Essa ne deduce che, per i prodotti per lavastoviglie, solo la forma rettangolare è priva di carattere distintivo. Ritiene che la situazione sarebbe diversa per la forma di «ciottolo» di cui si tratta nel caso di specie. Essa sostiene che tale forma è unica e si differenzia in modo significativo dalle forme di base correnti utilizzate fino ad oggi sul mercato. Inoltre, anche se si ritenesse che tale forma è simile a quella di una pasticca rotonda, usuale sul mercato dei prodotti per lavabiancheria, ciò non consentirebbe di considerare che non vi è carattere distintivo per quanto riguarda i prodotti per lavastoviglie. 29 La ricorrente ha aggiunto, sempre durante l’udienza, che la varietà delle forme che possono presentare pasticche detergenti è limitata, considerato che esse sono composte da polvere per detersivo compressa che rischierebbe di frantumarsi se le forme scelte fossero troppo elaborate. Essa ne deduce che, nel caso di tali pasticche, differenze poco importanti rispetto alle forme di base debbano essere sufficienti per riconoscere il carattere distintivo di una forma. 30 Con la quarta parte del motivo la ricorrente fa valere la giurisprudenza e la prassi in taluni Stati membri e la prassi dell’Ufficio stesso per dimostrare che i criteri applicati nel caso di specie sono troppo restrittivi. Da un lato, essa fa riferimento a decisioni giurisdizionali rese in Germania, nei Paesi Bassi ed in Italia. Essa deduce da tale giurisprudenza che taluni giudici nazionali ritengono che pasticche detergenti le cui caratteristiche si differenziano, anche modestamente, dalla forma usuale di tali prodotti presentino un carattere distintivo sufficiente affinché la loro apparenza sia protetta come marchio. Essa ritiene che la forma di cui trattasi nel caso di specie possa essere protetta a fortiori. 31 La ricorrente fa poi valere che le autorità nazionali di molti Stati membri hanno registrato diverse forme di pasticche detergenti senza esigere che queste ultime presentassero differenze evidenti rispetto alle forme normali preesistenti. Essa ritiene che la forma SOMMARIO della pasticca di cui trattasi nel caso di specie si differenzi dalle forme normali più dei marchi che sono stati registrati a livello nazionale. 32 Infine, la ricorrente fa valere la pratica dell’Ufficio in materia di registrazione di marchi tridimensionali riguardanti pasticche detergenti. In primo luogo essa fa riferimento a due domande di marchio pubblicate, cioè le domande n. 809 830 e n. 924 829. Essa ammette che tali domande non hanno dato luogo a registrazioni, ma rileva che gli esaminatori le hanno apparentemente considerate in possesso di un carattere distintivo sufficiente. Secondo la ricorrente, tuttavia, ciò ha avuto luogo prima che l’Ufficio adottasse la decisione di principio secondo cui le pasticche detergenti non possono essere registrate a meno che esse non presentino differenze evidenti rispetto alle pasticche abituali. La ricorrente fa poi valere che l’Ufficio ha registrato un certo numero di forme di pasticche detergenti. Essa ritiene che tali registrazioni, confrontate al rifiuto che le è stato opposto nel caso di specie, dimostrino l’esistenza di un’incertezza all’interno dell’Ufficio quanto ai criteri applicabili alla registrazione dei marchi per pasticche detergenti. 33 Essa considera che sarebbe conforme alla finalità del regolamento n. 40/94 ed alla prassi degli uffici nazionali se l’Ufficio accettasse marchi siffatti, ove essi abbiano un minimo di carattere distintivo. A suo avviso il marchio di cui trattasi nel caso di specie presenta un siffatto carattere distintivo minimo. La ricorrente sostiene che un tale approccio inciderà sulla portata della protezione dei marchi di cui trattasi. Essa ritiene tuttavia appropriato che tale portata sia definita, caso per caso, dai giudici aditi delle controversie in materia di contraffazione. 34 Per quanto riguarda la prima parte del motivo, l’Ufficio risponde che i criteri applicati dalla commissione di ricorso non danno luogo ad una discriminazione fra i marchi tridimensionali rappresentati dalla forma del prodotto e gli altri marchi. Esso afferma che la commissione di ricorso ha semplicemente applicato l’art. 7 del regolamento n. 40/94 tenendo conto delle caratteristiche specifiche dei prodotti di cui trattasi e delle circostanze in cui tali prodotti sono commercializzati. 35 Quanto alla seconda parte del motivo l’Ufficio fa osservare che la ricorrente non tiene sufficientemente conto dell’importanza dei nomi dei prodotti per la scelta esercitata dai consumatori. Esso critica inoltre l’analisi del mercato condotta dalla ricorrente, in quanto quest’ultima non esamina né il prezzo né la qualità dei prodotti. Secondo l’Ufficio, dal fatto che sulla confezione dei prodotti sono riportate rappresentazioni delle pasticche non si può dedurre che tali pasticche hanno un carattere distintivo. Esso ritiene che l’affermazione della ricorrente, secondo cui i consumatori sono in grado di distinguere diverse pasticche di detersivo secondo le loro forme e i loro colori e che sono stati allenati a farlo, sia una semplice supposizione non suffragata da prove per quanto riguarda le forme di base o normali e le loro variazioni alle quali si pensa spontaneamente. 36 Per quanto attiene alla terza parte del motivo l’Ufficio afferma che le differenze tra la forma di cui è richiesta la registrazione e le forme di base delle pasticche di detersivo rotonde o rettangolari non sono tali da essere notate dal consumatore. Innanzitutto, esso paragona la rappresentazione grafica del marchio richiesto a quella di una pasticca rotonda simile. Esso fa osservare che, quando si rappresenta la pasticca controversa da sei lati diversi, quattro di tali rappresentazioni sono identiche a quelle di una pasticca rotonda, mentre la forma ovoidale appare solo su due di tali rappresentazioni. L’Ufficio rileva poi che, quando le pasticche detergenti sono rappresentate su una confezione, esse sono rappresentate normalmente in gruppo e/o in prospettiva. Secondo l’Ufficio non è possibile, in tali due ipotesi, rendersi conto di una qualsivoglia differenza tra la forma ovoidale di cui trattasi ed una forma rotonda. Per quanto riguarda le macchiettature sulla superficie del marchio l’Ufficio fa valere le sentenze del Tribunale 19 settembre 2001 in materia di marchio tridimensionale [causa T-335/99, HenkelUAMI (pasticca rettangolare rossa e bianca), Racc. pag. II-2581; causa T336/99 (pasticca rettangolare verde e bianca), Racc. pag. II-2589; causa T337/99 (pasticca rotonda rossa e bianca), Racc. pag. II-2597; causa T-117/00, Procter & Gamble/UAMI (pasticca quadrata bianca e verde chiaro), Racc. pag. II-2723; causa T-118/00 (pasticca quadrata bianca macchiata di verde e verde chiaro), Racc. pag. II-2731; causa T-119/00 (pasticca quadrata bianca macchiata di giallo e di blu), Racc. pag. II-2761; causa T-120/00 (pasticca quadrata bianca macchiata di blu), Racc. pag. II-2769; causa T-121/00 (pasticca quadrata bianca macchiata di verde e di blu), Racc. pag. II-2777; causa T-128/00 (pasticca quadrata con incrostazione), Racc. pag. II-2785; causa T-129/00 (pasticca rettangolare con incrostazione), Racc. pag. II-2793]. Secondo tali sentenze, la presenza di macchiettature non è sufficiente affinché l’aspetto di una pasticca detergente possa essere percepito come un’indicazione dell’origine del prodotto. L’Ufficio sostiene che il marchio richiesto non è idoneo a distinguere i prodotti di cui trattasi da quelli aventi un’origine diversa. Esso sottolinea che la forma di cui trattasi è corrente o, comunque, una variazione della forma standard, rotonda, quadrata o rettangolare a cui si pensa spontaneamente. 37 Infine, quanto alla quarta parte del motivo, l’Ufficio fa valere che l’approccio accolto dalle decisioni dei giudici nazionali citate dalla ricorrente non è più validodopo le sentenze del Tribunale 19 settembre 2001 (citate al punto 36, supra). Esso rammenta la giurisprudenza secondo cui le registrazioni effettuate fino a questo momento in taluni Stati membri rappresentano solo un elemento che, pur non essendo determinante, può soltanto essere preso in considerazione ai fini della registrazione di un marchio comunitario. Esso ritiene che gli esempi di registrazione presentati dalla ricorrente dimostrino che l’Ufficio ha seguito una prassi coerente in sede di registrazione dei marchi per pasticche di detersivo. Giudizio del Tribunale 38 Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del del regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione «i marchi privi di carattere distintivo». 39 Come risulta dalla giurisprudenza, i marchi a cui si riferisce l’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 sono, in particolare, quelli che, dal punto di vista del pubblico destinatario, sono comunemente usati, nel commercio, per la presentazione dei prodotti o dei servizi interessati o a riguardo dei quali esistono, perlomeno, indizi concreti che permettono di concludere che essi sono idonei a essere usati in tale modo [sen- SOMMARIO tenza del Tribunale 2 luglio 2002, causa T-323/00, SAT.1/UAMI (SAT.2), Racc. pag. II-2893, punto 37]. Infatti, simili marchi non consentono al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio di effettuare, in occasione di un successivo acquisto, la medesima scelta, qualora l’esperienza lo abbia soddisfatto, oppure una scelta diversa, nell’ipotesi contraria [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T79/00, Rewe-Zentral/UAMI (LITE), Racc. pag. II-705, punto 26]. 40 Pertanto, il carattere distintivo di un marchio può essere valutato soltanto rispetto, da un lato, ai prodotti o ai servizi per i quali viene richiesta la registrazione, e, dall’altro, alla percezione che di esso abbia il pubblico destinatario (sentenza LITE, citata al punto 39, supra, punto 27, e SAT.2, citata al punto 39, supra, punto 37). 41 Per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi nel ricorso in esame, cioè i preparati per lavastoviglie rientranti nella classe 3 dell’accordo di Nizza, occorre precisare che il marchio richiesto è rappresentato dall’immagine del prodotto stesso. 42 Le pasticche per lavastoviglie di cui trattasi nel ricorso in esame, come gli altri prodotti rientranti nella classe 3 dell’accordo di Nizza menzionati nella domanda di marchio originaria e nella decisione impugnata sono beni di consumo largamente diffusi. Il pubblico interessato da tali prodotti è composto da tutti i consumatori. Occorre quindi valutare il carattere distintivo del marchio richiesto tenendo conto dell’aspettativa presunta di un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto (v., per analogia, sentenza della Corte 16 luglio 1998, causa C-210/96, Gut Springenheide e Tusky, Racc. pag. I-4657, punti da 30 a 32). Occorre altresì rammentare che la percezione del marchio da parte del pubblico interessato, nel caso di specie del consumatore medio, è influenzata,dal suo livello di attenzione, che può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (v. sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819, punto 26). 43 Inoltre, non è necessario che un marchio trasmetta un’informazione precisa relativa all’identità di colui che ha fabbricato il prodotto o che ha prestato il servizio. E’ sufficiente che il marchio consenta al pubblico interessato di distinguere il prodotto o il servizio da esso designato nei confronti di quelli che hanno un’altra origine commerciale e di concludere che tutti i prodotti o i servizi che esso designa sono stati fabbricati, commercializzati o forniti sotto il controllo del titolare di tale marchio, al quale può attribuirsi la responsabilità della loro qualità (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C-39/97, Canon, Racc. pag. I-5507, punto 28). 44 Quanto alla prima parte del motivo, attinente ad una discriminazione tra i marchi tridimensionali e gli altri marchi, si deve rammentare che l’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 non opera distinzioni tra diverse categorie di marchi. I criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali costituiti dall’immagine del prodotto stesso non sono quindi diversi da quelli applicabili alle altre categorie di marchi [sentenza Pasticca rettangolare con incrostrazione, citata al punto 36, supra, punto 50; vedi anche, per quanto riguarda l’art. 2 della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), sentenza della Corte 18 giugno 2002, causa C-299/99, Philips, Racc. pag. I-5475, punto 48, e, per quanto riguarda l’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104/CEE, le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer 24 ottobre 2002, rese nelle cause riunite da C-53/01 a C-55/01, Linde e a., Racc. pag. I-0000, paragrafo 13]. 45 Occorre cionondimeno tener conto, nell’ambito dell’applicazione di tali criteri, che nel caso di un marchio tridimensionale costituito dall’immagine del prodotto stesso la percezione da parte del pubblico interessato non è necessariamente la stessa che nel caso di un marchio nominativo, figurativo o tridimensionale non costituito da tale immagine. Infatti, mentre il pubblico abitualmente percepisce subito tali ultimi marchi come segni che identificano il prodotto, ciò non accade necessariamente quando il segno si confonde con l’immagine del prodotto stesso (sentenza Pasticca rettangolare con incrostazione, citata al punto 36, supra, punto 51, e conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer, citate al punto 44, supra, paragrafo 12). 46 Risulta dalla decisione impugnata, in particolare dai suoi punti 14 e 15, che la commissione di ricorso ha esaminato il marchio richiesto conformemente alle considerazioni che precedono. Ne consegue che la commissione di ricorso non ha applicato criteri più restrittivi ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto rispetto agli altri marchi. Di conseguenza, la prima parte del motivo della ricorrente è infondato. 47 Per quanto riguarda la seconda parte del motivo, attinente alla violazione da parte della commissione di ricorso, della situazione sul mercato di cui trattasi, dal punto 7 della decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso ha preso atto degli argomenti della ricorrente relativi alla situazione sul mercato dei prodotti detergenti. Essa non ha però accolto la tesi della ricorrente secondo cui i consumatori distinguono i diversi prodotti detergenti presentati sotto forma di pasticche in funzione delle forme e dei colori di queste ultime. Essa ha basato tale valutazione in particolare sull’impiego di marchi convenzionali da parte di fabbricanti di pasticche simili, che traduce, secondo al commissione di ricorso, i dubbi di questi stessi fabbricanti nei confronti della capacità dell’immagine dei prodotti di agire come indicatori dell’origine commerciale. 48 Al riguardo non si può accogliere la tesi della ricorrente secondo cui spetta all’Ufficio dimostrare, sulla base di elementi di prova concreti, che i consumatori non percepiscono la presentazione delle pasticche detergenti come un’indicazione d’origine. Infatti, si tratta di prodotti di consumo quotidiano che sono venduti, abitualmente, in confezioni recanti il nome di tali prodotti e sui quali sono spesso visibili marchi denominativi o figurativi o altri elementi figurativi tra i quali può figurare l’immagine del prodotto. Per quanto riguarda i prodotti commercializzati in tal modo è possibile, in generale, dedurre dall’esperienza che il livello d’attenzione del consumatore medio nei confronti del loro aspetto non è eleva- SOMMARIO to. Pertanto, spetta al richiedente il marchio dimostrare la diversità delle abitudini dei consumatori sul mercato di cui trattasi, e non si può esigere che l’Ufficio proceda ad un’analisi economica del mercato, o addirittura ad inchieste presso i consumatori, per stabilire in quale misura questi ultimi facciano attenzione all’aspetto dei prodotti appartenenti ad una categoria determinata. Il richiedente di un marchio siffatto si trova in una posizione migliore, data la sua conoscenza approfondita del mercato, per fornire in merito indicazioni solide e concrete. 49 La ricorrente fa valere in particolare che i consumatori sono stati «allenati» a distinguere diverse pasticche detergenti secondo le loro forme e i loro colori. In tale contesto si è dichiarato nelle sentenze del Tribunale 19 settembre 2001, citata al punto 36, supra (segnatamente la sentenza Pasticca rettangolare con incrostazione, punto 61), che la possibilità che i consumatori possano abituarsi a riconoscere il prodotto sulla base del suo aspetto non basta per eludere l’applicazione dell’impedimento previsto dall’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in quanto una siffatta evoluzione della percezione del segno da parte del pubblico può essere presa in considerazione, se accertata, solo nell’ambito dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94. Al riguardo, occorre precisare che l’«allenamento» fatto valere dalla ricorrente non equivale al carattere distintivo acquistato ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94. Infatti, l’argomentazione della ricorrente non riguarda il problema di sapere se una forma specifica di un prodotto abbia un carattere distintivo, bensì è diretta ad ottenere che il Tribunale tenga conto del significato generalmente ricollegato, dal pubblico rilevante, all’aspetto di una determinata categoria di prodotti. 50 Il solo fatto che la ricorrente e i suoi concorrenti abbiano scelto forme e colori diversi per i loro detergenti solidi e che cerchino di proteggerli come marchi non basta tuttavia per concludere che l’aspetto di tali prodotti è di regola percepito dal pubblico di cui trattasi come un’indicazione della loro origine commerciale. 51 Ora, dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente non ha prodotto elementi di prova concreti per stabilire che la forma e i colori delle pasticche detergenti svolgono un ruolo importante nel momento in cui il consumatore esercita la sua scelta tra prodotti diversi. Di conseguenza, non si può contestare alla commissione di ricorso di aver erroneamente valutato la situazione sul mercato di cui trattasi. 52 Occorre aggiungere che la ricorrente non ha prodotto tali elementi di prova neanche in una fase successiva del procedimento, senza che sia necessario, nella causa in esame, che il Tribunale si pronunci sul problema di sapere se possa prendere in considerazione, nell’ambito di una ricorso ai sensi dell’art. 63 del regolamento n. 40/94, elementi che non sono stati portati all’attenzione della commissione di ricorso. Certo, quando ha presentato, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento adottate dla Tribunale, una memoria che equivaleva ad una replica, essa ha inteso presentare al Tribunale taluni elementi ad esso relativi. Tuttavia, essa non ha con ciò rispettato le condizioni alle quali, conformemente all’art. 135, n. 2, del regolamento di procedura, può essere depositata una memoria aggiuntiva, di modo che gli elementi che essa intendeva portare all’attenzione del Tribunale con tale memoria diversi dalle risposte alle misure di organizzazione del procedimento non hanno potuto, comunque, essere presi in considerazione. 53 Ne consegue che la seconda parte del motivo è infondata. 54 Nell’ambito della terza parte del motivo, per verificare se la commissione di ricorso abbia ignorato il carattere distintivo del marchio richiesto occorre analizzare l’impressione complessiva prodotta dall’aspetto della pasticca di cui trattasi (v., analogamente, sentenza della Corte 11 novembre 1997, causa C251/95, SABEL, Racc. pag. I-6191, punto 23), il che non è incompatibile con un esame in successione di diversi elementi di presentazione impiegati. 55 La forma tridimensionale di cui si chiede la registrazione si presenta, vista di profilo o dall’alto, come un rettangolo dai bordi lunghi e convessi. Al riguardo, quindi, essa non si distingue da altre forme di pasticche convesse, siano esse rotonde o quadrangolari. Vista di fronte, la pastica di cui trattasi ha la forma di un ovale irregolare, o ovoide, con l’estremità inferiore allargata ed appiattita e presenta una rassomiglianza più lontana con una forma trapezoidale, i cui angoli sono fortemente arrotondati. 56 Tale forma non rientra, in quanto tale, tra le forme geometriche di base, ma presenta una combinazione delle caratteristiche di diverse forme arrotondate e sembra altresì ispirata a talune forme quadrandolari. Essa è quindi molto vicina adalcune forme di pasticche comunemente impiegate per i prodotti detergenti, in particolare a quella delle pasticche rotonde ed ovali nonché, in minore misura, a quella della pasticche rettangolari. 57 Come rilevato giustamente dall’Ufficio, le differenze presentate dalla forma richiesta rispetto a tali altre forme non sono facilmente percepibili. La forma richiesta è una variante delle forme di base comunemente impiegate e non se ne distingue sufficientemente per consentire al pubblico rilevante di riconoscerla e di ripetere, in occasione di un successivo acquisto, la medesima scelta se essa si rivela positiva, o di evitarla se essa si rivela negativa. 58 Le macchiettature presenti sulla pasticca non sono idonee a conferire un carattere distintivo al marchio richiesto. Infatti, l’aggiunta di macchiettature fa parte delle soluzioni a cui si pensa più spontaneamente quando si tratta di combinare diverse sostanze in un prodotto detergente (v., in particolare, sentenza Pasticca rettangolare con incrostazione, citata al punto 36, supra, punto 58). Inoltre esse sono correnti nell’aspetto dei prodotti detergenti solidi. Il fatto che le macchiettature presenti nell’aspetto della pasticca richiesta siano relativamente grandi non è tale da influire in modo significativo sul carattere distintivo del marchio richiesto. Infatti, l’aspetto macchiettato è quello presentato da una polvere composta da particelle chiare e scure, compressa sotto forma di pasticche, e le variazioni della misura delle macchiettature si spiegano facilmente con la misura delle particelle di cui è composta una siffatta polvere. 59 Di conseguenza, la commissione di ricorso ha giustamente considerato che il modo di apparire della pasticca richiesta è privo di carattere distintivo. SOMMARIO 60 L’argomento della ricorrente secondo cui, sul mercato dei prodotti per lavastoviglie, solo le pasticche rettangolari sono utilizzate comunemente, di modo che qualsiasi altra forma possiede un carattere distintivo, non può inficiare tale conclusione. Innanzitutto, come esposto supra, ai punti 15 e 16, la rinuncia parziale della ricorrente non può condurre il Tribunale ad uscire dall’ambito di un controllo della legittimità della decisione impugnata esaminando il carattere distintivo del marchio richiesto sulla base di fatti diversi da quelli di cui è stata investita la commissione di ricorso. 61 Anche supponendo, poi, che la commissione di ricorso avrebbe dovuto esaminare separatamente il carattere distintivo del marchio richiesto con riferimento ai prodotti per lavastoviglie, e supponendo provato il fatto che solo la forma rettangolare è attualmente utilizzata per tali prodotti, resterebbe valida la conclusione secondo cui il modo di apparire della pasticca richiesta è privo di carattere distintivo. Infatti, anche le altre forme geometriche di base, come le pasticche rotonde, ovali, quadrate o cilindriche, nonché le loro varianti, possono essere comunemente utilizzate per tali prodotti, considerato che a tutte questeforme si pensa spontaneamente quando si tratta di comprimere una polvere per presentarla in una forma solida. 62 Il fatto che sul mercato prossimo dei prodotti per lavabiancheria esistano pasticche rotonde, quadrate ed ovali, rappresenta un indizio concreto che consente di concludere che anche tali diverse forme possono essere comunemente utilizzate per prodotti per lavastoviglie. 63 L’argomento della ricorrente secondo cui la forma rettangolare delle pasticche destinate alle lavastoviglie corrisponde a quella dei recipienti che si trovano in tali apparecchi per contenere il prodotto non è sufficiente per eliminare tale indizio. Infatti, anche pasticche ovali o cilindriche, nonché, secondo la loro misura, pasticche rotonde o quadrate, possono essere comodamente introdotte in tali recipienti, come le pasticche rettangolari. 64 Si deve altresì respingere l’argomento della ricorrente secondo cui differenze minime del marchio richiesto rispetto alle forme di base dovrebbero essere considerate sufficienti, nel caso di specie, per accertare un carattere distintivo, poiché la varietà delle forme che possono presentare le pasticche deter- genti è limitata da ragioni tecniche. Supponendo provata tale affermazione, essa non potrebbe comunque giustificare una modifica dei criteri di valutazione del carattere distintivo. 65 Da un lato, non sussiste alcun motivo che consenta di concludere che la percezione della forma o dell’aspetto di una pasticca da parte del pubblico interessato e l’attenzione di tale pubblico nei confronti delle differenze minime tra le forme o gli aspetti di diverse pasticche siano influenzate dalla possibilità o dall’impossibilità tecnica di produrre forme molto diverse le une dalle altre. 66 Dall’altro, supponendo che sia effettivamente difficile, per motivi tecnici, produrre pasticche le cui forme si distinguono le une dalle altre in modo significativo, la registrazione di forme molto simili alle forme di base comunemente utilizzate aumenterebbe il rischio di conferire, mediante il diritto dei marchi, diritti esclusivi a favore di un operatore che potrebbero ostacolare la concorrenza sul mercato dei prodotti di cui trattasi. Ora, gli impedimenti assoluti alla registrazione traducono proprio l’intento del legislatore comunitario di evitare la creazione di simili monopoli (sentenza Pasticca rettangolare con incrostazione, citata al punto 36, supra, punto 69). Di conseguenza, non possono essere fatte valere circostanze tali da aumentare il detto rischio per giustificare la registrazione di un segno non idoneo a soddisfare la funzione di un marchio, cioè a consentire al pubblico interessato di distinguere il prodotto di cui trattasi da quelli aventi un’altra origine commerciale. 67 Di conseguenza, la terza parte del motivo è infondata. 68 Per quanto riguarda gli argomenti fatti valere dalla ricorrente nell’ambito della quarta parte del motivo, attinenti alla giurisprudenza ed alla prassi in taluni Stati membri nonché alla prassi dell’Ufficio, occorre rammentare che le registrazione effettuate fino a questo momento in taluni Stati membri rappresentano solo elementi che, pur non essendo determinanti, possono soltanto essere presi in considerazione ai fini della registrazione di un marchio comunitario [sentenze del Tribunale 16 febbraio 2000, causa T-122/99, Procter & Gamble/UAMI (Forma di un sapone), Racc. pag. II-265, punto 61; 31 gennaio 2001, causa T-24/00, Sunrider/UAMI (VITALITE), Racc. pag. II-449, punto 33, e Pasticca rotonda, rossa e bianca, citata al punto 36, supra, punto 58]. Le medesime considerazioni valgono per la giurisprudenza dei giudici degli Stati membri. Inoltre, dai documenti prodotti dalla ricorrente a sostegno dei suoi argomenti risulta che la prassi degli uffici nazionali dei marchi nei confronti dei marchi tridimensionali, rappresentati dal modo di apparire di pasticche per lavabiancheria e per lavastoviglie, non è uniforme. 69 Occorre aggiungere che la grande maggioranza dei marchi analizzati dalla giurisprudenza e le registrazioni nazionali fatte valere dalla ricorrente hanno caratteristiche diverse dal marchio richiesto nel caso di specie. Tra gli esempi fatti valere dalla ricorrente, solo due marchi registrati in Francia presentano talune analogie con il marchio richiesto, nel senso che esse sono tridimensionali, poiché sono costituite da una variante delle forme geometriche di base e sono stati depositati senza alcuna rivendicazione di colore. Tuttavia, non si può dedurre da tali esempi isolati che la commissione di ricorso abbia ignorato la prassi degli uffici nazionali. 70 Infine, per quanto riguarda la prassi dell’Ufficio fatta valere dalla ricorrente, occorre osservare che motivi di fatto o di diritto esposti in una decisione precedente possono, certamente, costituire argomenti a sostegno di un motivo vertente sulla violazione di una disposione del regolamento n. 40/94. Tuttavia, è giocoforza constatare che, nel caso di specie, la ricorrente non ha invocato, riguardo a tali decisioni, motivi ivi esposti i quali potrebbero rimettere in discussione la valutazione della commissione di ricorso relativa al carattere distintivo del marchio richiesto. 71 Di conseguenza, la quarta parte del motivo è infondata. 72 Poiché il motivo unico della ricorrente attinente ad una violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, il ricorso deve essere respinto. 73 (…) Sulle spese Dipositivo 1. Il ricorso è respinto. 2. La ricorrente è condannata alle spese. SOMMARIO GIURISPRUDENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (1) SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO (Seconda Sezione) 2. Il marchio comunitario, registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b), c) e d), non può essere dichiarato nullo se, per l’uso che ne è stato fatto, dopo la registrazione ha acquisito carattere distintivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato. 8 Con lettera 27 settembre 1999 la Alcon Universal Ltd (in prosieguo: la «ricorrente») ha chiesto all’UAMI l’iscrizione nel registro del trasferimento alla stessa del marchio comunitario in questione. Il 29 novembre 1999 il trasferimento del detto marchio alla ricorrente è stato iscritto nel registro dell’UAMI. del 5 marzo 2003 nella causa T-237/01 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 13 luglio 2001 (procedimento R 273/2000-1)): Alcon Inc, contro Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) (Marchio comunitario - Procedura di annullamento - Vocabolo BSS - Art. 51 del regolamento (CE) n. 40/94 - Impedimento assoluto alla registrazione Art. 7, n. 1, lett. d), del regolamento n. 40/94 - Carattere distintivo acquistato in seguito all’uso - Artt. 7, n. 3, e 51, n. 2, del regolamento n. 40/94) (Lingua del processuale: inglese) Contesto normativo 1 Ai sensi dell’art. 51 del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato: «1. Su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, il marchio comunitario è dichiarato nullo «1. a) allorché è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 5 o dell’articolo 7; «1. b) allorché al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente abbia agito in malafede. (1) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale del Tribunale di primo grado. L’unico testo delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nello «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di primo grado». 3. Se la causa di nullità sussiste solo per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio comunitario è registrato, la nullità del marchio può essere dichiarata soltanto per i prodotti o servizi di cui trattasi». 2 Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. d), del regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio. 3 Conformemente all’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, il n. 1, lett. b), c) e d), non si applica se il marchio ha acquistato, per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto. Fatti 4 Il 1. aprile 1996 la Alcon Pharmaceuticals Ltd ha presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«UAMI») a norma del regolamento n. 40/94. 5 Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il vocabolo «BSS». 6 I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 5 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1997, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Prodotti farmaceutici per uso oftalmico; soluzioni sterili per la chirurgia oftalmica». 7 Il marchio è stato registrato il 7 agosto 1998 e pubblicato il 19 ottobre 1998. 9 Il 7 dicembre 1998 l’interveniente ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità del marchio comunitario ai sensi dell’art. 51, n. 1, del regolamento n. 40/94. I motivi addotti sono quelli di cui all’art. 7 del regolamento n. 40/94. 10 Con decisione 15 dicembre 1999 la divisione di annullamento ha dichiarato la nullità del marchio comunitario BSS in forza dell’art. 51, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, per il fatto che il detto marchio era composto da un segno divenuto di uso comune nel linguaggio corrente ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. d), del regolamento n. 40/94. Inoltre, la divisione di annullamento ha ritenuto che la ricorrente non avesse dimostrato che il segno aveva acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso ai sensi degli artt. 7, n. 3, e 51, n. 2, del regolamento n. 40/94. 11 Il 15 febbraio 2000 è stato presentato dinanzi all’UAMI un ricorso contro la decisione della divisione di annullamento, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94. 12 Il ricorso è stato respinto con decisione della prima commissione di ricorso 13 luglio 2001 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata alla ricorrente il 18 luglio 2001. 13 La commissione di ricorso ha ritenuto che la decisione della divisione di annullamento fosse fondata. Essa ha affermato che il vocabolo «BSS» è utilizzato sia in tedesco sia in inglese per designare, nel linguaggio corrente, un prodotto farmaceutico per uso oftalmico. Inoltre, riguardo agli artt. 7, n. 3, e 51, n. 2, del regolamento n. 40/94, la commissione di ricorso ha rilevato che le prove prodotte dalla ricorrente non dimostravano che il detto segno avesse acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso. Procedimento e conclusioni delle parti 14 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 SOMMARIO settembre 2001, la ricorrente ha proposto il presente ricorso. Il 28 gennaio 2002 l’UAMI ha depositato il suo controricorso. Il 1. febbraio 2002 l’interveniente ha depositato il suo controricorso. Il 12 aprile 2002 la ricorrente ha depositato la propria replica. Il 14 giugno 2002 l’UAMI ha depositato la sua controreplica. Il 1. luglio 2002 l’interveniente ha depositato la propria controreplica. 15 Con comunicazione 19 novembre 2002 la ricorrente ha informato il Tribunale della modifica della propria denominazione sociale che è stata effettuata il 21 dicembre 2001. 16 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia: — annullare la decisione impugnata; — ordinare all’UAMI di respingere la domanda di dichiarazione di nullità del marchio comunitario; — pronunciarsi sulle spese. 17 L’UAMI chiede che il Tribunale voglia: — respingere il ricorso; — condannare la ricorrente alle spese. 18 L’interveniente chiede che il Tribunale voglia: 22 A tale proposito, la ricorrente rileva che la commissione di ricorso non ha preso sufficientemente in considerazione le sue iniziative al fine di sorvegliare l’uso del termine «BSS» da parte di terzi. La ricorrente afferma, in particolare, di aver partecipato ad azioni volte a limitare l’impiego dei termini «IOCARE BSS» da parte della società Ciba Vision e dei termini «PHARMACIA & UPJOHN BSS» da parte della società Pharmacia & Upjohn. Inoltre, la ricorrente sostiene che ingiustamente la commissione di ricorso non ha tenuto conto della facoltà del titolare di un marchio di combinare quest’ultimo con un altro marchio senza alterarne il carattere distintivo. 23 Nella sua replica la ricorrente produce numerosi documenti, in particolare copie di estratti di dizionari farmaceutici, un aggiornamento della propria «lista di sorveglianza BSS» presentata dinanzi alla commissione di ricorso il 17 aprile 2000, 18 dichiarazioni di persone dell’ambiente medico di Francia, Finlandia, Grecia, Belgio e Paesi Bassi che affermano il carattere distintivo del marchio BSS, una lista delle date in cui i prodotti coperti dal marchio BSS sono stati lanciati per la prima volta nei vari paesi europei dopo il loro lancio iniziale negli Stati Uniti e indicazioni sulle condizioni di registrazione del suo marchio denominativo BSS nel Regno Unito e in Germania. — respingere il ricorso; — condannare la ricorrente alle spese. 19 In udienza la ricorrente ha rinunciato al secondo capo delle sue conclusioni, diretto a che fosse ordinato all’UAMI di respingere la domanda di dichiarazione di nullità del marchio comunitario. In diritto 20 La ricorrente solleva nel caso di specie un unico motivo, vertente sulla violazione dell’art. 51, nn. 1, lett. a), e 2, del regolamento n. 40/94. Argomenti delle parti 21 La ricorrente afferma che essa ha dimostrato dinanzi alla divisione di annullamento dell’UAMI di essere stata la prima ad avere adottato il vocabolo «BSS» quale marchio nel 1959, di avere preso alcune iniziative al fine di preservare il carattere distintivo del detto marchio e di continuare a prenderne. 24 L’UAMI rileva che la commissione di ricorso ha giustamente confermato la nullità del marchio comunitario BSS sulla base dell’affermazione della divisione di annullamento secondo la quale il termine «BSS» era un termine generico per i prodotti oggetto del marchio in questione. 25 Infatti l’UAMI è del parere che la commissione di ricorso abbia rilevato giustamente che, all’epoca della domanda di registrazione del marchio comunitario BSS da parte della ricorrente, il termine «BSS» era impiegato, almeno in una parte dell’Unione europea, come un’indicazione che designava una «soluzione salina bilanciata» («Balanced Salt Solution») e che era pertanto impossibile distinguere i prodotti di un’impresa da quelli di altre imprese sulla base del vocabolo in questione. Ciò è confermato, a suo avviso, dai sette estratti di dizionari tecnici specializzati e di pubblicazioni scientifiche del settore oftalmologico in tedesco e in inglese, nonché da numerosi siti internet che sono stati analizzati dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata. 26 Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo il quale essa ha ideato i termini «Balanced Salt Solution» e «BSS», l’UAMI osserva che esso è irrilevante nel caso di specie. 27 Per di più, l’UAMI ritiene infondato l’argomento della ricorrente secondo il quale la commissione di ricorso non ha preso in considerazione in modo sufficiente le registrazioni nazionali precedenti del vocabolo «BSS» o quelle contenenti il detto vocabolo, dato che, secondo una giurisprudenza consolidata del Tribunale, esse non vincolano l’UAMI e, per di più, non coincidono con il marchio di cui è causa. 28 Per quanto riguarda il carattere distintivo acquistato dal marchio BSS in seguito all’uso, l’UAMI ritiene che la ricorrente non abbia dimostrato la sua esistenza né dinanzi alla divisione di annullamento né dinanzi alla commissione di ricorso. 29 Infine, nella controreplica, l’UAMI fa valere che i documenti prodotti dalla ricorrente nella replica per la prima volta dinanzi al Tribunale sono irricevibili ai sensi dell’art. 48, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, in quanto essi sono stati prodotti tardivamente e tale ritardo non è stato motivato. 30 L’interveniente rileva che i documenti prodotti dalla ricorrente dinanzi all’UAMI non sono sufficienti a preservare la registrazione del marchio comunitario BSS. Infatti, secondo la stessa, il vocabolo «BSS» è utilizzato da numerosi produttori come un termine generico o descrittivo che designa una soluzione salina bilanciata e la ricorrente non ha dimostrato di avere intrapreso iniziative volte ad impedire l’utilizzo del vocabolo «BSS» da parte dei suoi concorrenti. A tale proposito, l’interveniente ritiene che la «lista di sorveglianza BSS», prodotta dalla ricorrente, sia irrilevante, poiché essa menziona esclusivamente una controversia vertente su tale marchio e, per contro, non fa riferimento all’utilizzo in Germania dei termini «IOCARE BSS» da parte della società Ciba Vision e dei termini «PHARMACIA & UPJOHN BSS» da parte della società Pharmacia & Upjohn. SOMMARIO 31 L’interveniente rileva che la combinazione del vocabolo «BSS» con altri termini da parte della ricorrente stessa solleva la questione se il detto utilizzo sia tale da conferire carattere distintivo ad uno solo degli elementi che compongono il segno. 32 Alla sua controreplica l’interveniente allega numerosi documenti integrativi volti a dimostrare il carattere generico e descrittivo del marchio BSS. Giudizio del Tribunale 33 Nel presente ricorso la ricorrente impugna una decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI con la quale è stato respinto il proprio ricorso contro la decisione della divisione di annullamento dell’UAMI, la quale ha dichiarato, su domanda dell’interveniente, la nullità del marchio comunitario BSS registrato per «prodotti farmaceutici per uso oftalmico; soluzioni sterili per la chirurgia oftalmica». 34 Nel detto contesto, occorre analizzare in primo luogo se la commissione di ricorso abbia rilevato giustamente che il marchio comunitario BSS non avrebbe dovuto essere registrato ai sensi dell’art. 51, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, a causa dell’esistenza, per il marchio in questione, di un impedimento assoluto alla registrazione e in secondo luogo, se del caso, se la commissione di ricorso abbia osservato giustamente che il marchio in questione non aveva acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso ai sensi degli artt. 7, n. 3, e 51, n. 2, del regolamento n. 40/94. 35 In primo luogo occorre rilevare che la decisione della divisione di annullamento si fonda sull’applicazione al caso di specie dell’art. 7, n. 1, lett. d), del regolamento n. 40/94, che vieta la registrazione dei marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio. Pertanto il controllo della legittimità della decisione impugnata, che conferma la decisione della divisione di annullamento, dev’essere effettuato con riferimento a questo stesso fondamento normativo. 36 In via preliminare occorre rilevare che non esiste giurisprudenza comunitaria attinente all’applicazione di tale disposizione. Cionondimeno, alla Corte è stata sottoposta la questione vertente sull’interpretazione dell’art. 3, n. 1, lett. d), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui contenuto è sostanzialmente identico a quello dell’art. 7, n. 1, lett. d), del regolamento n. 40/94 (sentenza della Corte 4 ottobre 2001, causa C-517/99, Merz & Krell, Racc. pag. I-6959). 37 E’ convinzione della Corte che l’art. 3, n. 1, lett. d), della direttiva 89/104 va interpretato nel senso che osta alla registrazione di un marchio soltanto quando i segni o le indicazioni da cui tale marchio è esclusivamente composto siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio per designare i prodotti o i servizi per cui detto marchio è presentato alla registrazione (sentenza Merz & Krell, citata, punto 31). In tal modo, occorre rilevare che l’uso comune di un marchio può essere valutato soltanto rispetto, da un lato, ai prodotti o ai servizi oggetto del marchio, anche se la disposizione in questione non fa alcun riferimento esplicito a questi ultimi e, dall’altro, alla percezione che di esso abbia il pubblico destinatario. 38 Per quanto riguarda il pubblico destinatario, occorre rilevare che l’uso comune di un segno viene valutato tenendo conto dell’aspettativa presunta di un consumatore medio del tipo di prodotto in questione, che si ritiene sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto [v., in tal senso, sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819, punto 26, e sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T34/00, Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL), Racc. pag. II-683, punto 47]. 39 La Corte ha inoltre rilevato che, benché sussista un’evidente sovrapposizione delle rispettive sfere di applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. c), e dell’art. 3, n. 1, lett. d), della direttiva 89/104, l’esclusione dalla registrazione dei marchi considerati da quest’ultima disposizione non si fonda sulla natura descrittiva di tali marchi, ma sull’uso vigente negli ambienti cui fa capo lo scambio dei prodotti e dei servizi per cui detti marchi sono stati presentati alla registrazione (sentenza Merz & Krell, citata, punto 35). 40 Infine la Corte ha sottolineato che segni o indicazioni costitutivi di un marchio che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio per designare i prodotti o i servizi oggetto di tale marchio non sono adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese e non soddisfano quindi la funzione essenziale di detto marchio, a meno che l’uso che di tali segni o di tali indicazioni sia stato fatto abbia permesso a questi ultimi di acquisire un carattere distintivo idoneo ad essere riconosciuto in forza dell’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104 (sentenza Merz & Krell, citata, punto 37). 41 Nel caso di specie occorre osservare che il marchio in questione era stato registrato per «prodotti farmaceutici per uso oftalmico; soluzioni sterili per la chirurgia oftalmica» e che, pertanto, l’uso comune del vocabolo «BSS» dev’essere esaminato rispetto a tali prodotti. 42 Data la destinazione dei prodotti oggetto del marchio in questione, il pubblico destinatario è un pubblico specializzato in campo medico, costituito in particolare da oftalmologi e chirurghi oftalmici. D’altronde, data la conoscenza da parte dei medici e dei farmacisti nell’Unione europea dei termini scientifici in inglese, che costituisce la lingua tecnica di tale settore, occorre considerare come pubblico rilevante gli oftalmologi e i chirurghi oftalmici di tutta l’Unione europea. 43 Le prove prodotte dall’interveniente dinanzi all’UAMI, relative all’uso comune del vocabolo «BSS» rispetto ad un pubblico specializzato in oftalmologia, dimostrano che il detto vocabolo è diventato la denominazione generica corrente per una soluzione salina bilanciata («Balanced Salt Solution»). Infatti va rilevato che i dizionari chimici, medici e farmaceutici nonché gli articoli scientifici prodotti dall’interveniente provano che il vocabolo «BSS» è considerato dalla comunità scientifica del settore come un termine generico. SOMMARIO 44 Occorre quindi rilevare, come è stato affermato dalla commissione di ricorso al punto 17 della decisione impugnata, che i dizionari prodotti dall’interveniente dinanzi alla divisione di annullamento (Dictionary of Chemistry and Chemical Technology, di Helmut Gross, Elsevier, 1989; Lexicon medizinisch-wissenschaftlicher Abkürzungen, del dott. Rolf Heister, F. K. Schattauer Verlag, 1985; Medical and Pharmaceutical Dictionary, di Werner E. Bunjes, Georg Thieme Verlag, 1981; MASA Medical Acronyms, Symbols & Abbreviations, di Betty Hamilton e Barbara Guidos, Neal Schuman Publishers, Inc., 1984, e Abbreviations, di Ralph de Sola, Elsevier, 1986), nonché gli articoli prodotti dinanzi alla commissione di ricorso, tra cui essa cita quelli pubblicati dal Winterlude (edizione 1995) e dal New England Eye Center (edizione 1996), menzionano il vocabolo «BSS» quale denominazione generica del prodotto Balanced Salt Solution o Buffered Saline Solution (soluzione salina tamponata). 45 Occorre inoltre rilevare che dalle edizioni degli anni 1997, 1998 e 1999 della Rote Liste (vademecum medico tedesco), presentate dall’interveniente dinanzi alla divisione di annullamento, e da quella del 2000, presentata dinanzi alla commissione di ricorso, risulta che società diverse dalla ricorrente commercializzano prodotti per uso oftalmico con denominazioni che contengono il vocabolo «BSS». Così, ad esempio, l’edizione del 1999 menziona l’utilizzo della denominazione «IOCARE BSS» da parte della società Ciba Vision, della denominazione «PHARMACIA & UPJOHN BSS» da parte della società Pharmacia & Upjohn e della denominazione «Serag Ophtal BSS» da parte della società Serag-Wiessner. 46 Di conseguenza la commissione di ricorso ha rilevato giustamente, al punto 19 della decisione impugnata, che le prove prodotte dall’interveniente dinanzi all’UAMI sono sufficienti a dimostrare che, per gli specialisti, «BSS» è un termine che è divenuto di uso comune, alla data della presentazione della domanda di registrazione del marchio BSS da parte della ricorrente, quale denominazione generica per «soluzioni sterili per la chirurgia oftalmica». Del resto, occorre rilevare che la ricorrente non ha prodotto dinanzi all’UAMI prove tali da dimostrare che il marchio BSS non ricada nell’ambito di applicazione dell’impedimento assoluto alla registrazione di cui all’art. 7, n. 1, lett. d), del regolamento n. 40/94. 47 Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo la quale essa avrebbe dimostrato di essere stata la prima società ad avere adottato, nel 1959, il vocabolo «BSS» come marchio, va rilevato che tale fatto non prova che il marchio in questione non fosse divenuto di uso comune 37 anni dopo, a causa del sopravvenuto utilizzo dello stesso quale denominazione generica nel settore oftalmologico. 48 Infatti un segno che, in un dato momento, era idoneo a costituire un marchio può perdere, a causa dell’utilizzo dello stesso da parte di terzi quale denominazione di uso comune di un prodotto, l’idoneità a svolgere le funzioni di un marchio e, in particolare, quella di identificare l’origine commerciale del prodotto allo scopo di consentire in tal modo al consumatore che acquista il prodotto designato dal marchio di fare la medesima scelta in occasione di un acquisto successivo qualora l’esperienza si riveli positiva, oppure un’altra scelta, ove l’esperienza si riveli negativa [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T-79/00, Rewe Zentral/UAMI (LITE), Racc. pag. II-705, punto 26]. 49 In secondo luogo occorre verificare se la ricorrente abbia prodotto dinanzi all’UAMI la prova che il marchio BSS aveva acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso per i prodotti per i quali era stato registrato. 50 Secondo la giurisprudenza della Corte, per valutare il carattere distintivo del marchio, ivi compreso quello acquistato in seguito all’uso, possono essere prese in considerazione, in particolare, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo, la percentuale degli ambienti interessati che identifica il prodotto come proveniente da un’impresa determinata grazie al marchio, nonché le dichiarazioni delle camere del commercio e dell’industria o di altre associazioni professionali. Qualora, sulla scorta di tali elementi, gli ambienti interessati o quantomeno una parte significativa di questi identifichino grazie al marchio il prodotto come proveniente da un’impresa determinata, si deve concluderne che la condizione imposta dall’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104 - e per analogia quella richiesta dall’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94 - per la registrazione del marchio è soddisfatta (sentenze della Corte 4 maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee,Racc. pag. I-2779, punti 51 e 52, e 18 giugno 2002, causa C-299/99, Philips, Racc. pag. I-5475, punti 60 e 61). 51 Il carattere distintivo di un marchio, ivi compreso quello acquistato in seguito all’uso, dev’essere valutato ugualmente in rapporto ai prodotti o servizi per cui viene richiesta la registrazione e prendendo in considerazione l’aspettativa presunta di un consumatore medio della categoria dei prodotti o dei servizi in questione, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto (v., in tal senso, sentenza Philips, citata, punti 59 e 63). 52 Per quanto riguarda l’estensione dell’uso necessario per far accettare la registrazione di un marchio ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, il Tribunale ha rilevato che il carattere distintivo acquistato in seguito all’uso di un marchio deve essere dimostrato nella parte sostanziale dell’Unione europea in cui esso ne era privo alla luce dell’art. 7, n. 1, lett. b), c) e d), del detto regolamento [sentenza del Tribunale 30 marzo 2000, causa T-91/99, Ford Motor/UAMI (OPTIONS), Racc. pag. II-1925, punto 27]. 53 Nel caso di specie la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare dinanzi all’UAMI che il proprio marchio aveva acquistato un carattere distintivo o prima della data di presentazione della domanda di marchio, 1. aprile 1996, o tra la data della registrazione, 7 agosto 1998, e quella della domanda di dichiarazione di nullità, 7 dicembre 1998, in tutta l’Unione europea o in una parte sostanziale della stessa. 54 La ricorrente rileva che la commissione di ricorso non ha valutato sufficientemente le iniziative che essa ha preso e che continua a prendere al fine di preservare il carattere distintivo del marchio BSS. L’UAMI e l’interveniente osservano che le prove prodotte dalla ricorrente dinanzi all’UAMI sono insufficienti per preservare la registrazione del detto marchio. 55 Va rilevato che la questione se un vocabolo che è di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali del commercio abbia acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso dipende, in particolare, dalla percezione che di esso ha il pubblico destinatario, o quale nome generico del prodotto in questione, o quale segno distintivo di SOMMARIO un’impresa determinata. Pertanto, gli sforzi del titolare sono presi in considerazione se essi producono risultati oggettivi in merito alla percezione del termine in questione da parte del pubblico interessato. 56 Per quanto riguarda i documenti prodotti dalla ricorrente dinanzi alla divisione di annullamento e, in seguito, dinanzi alla commissione di ricorso per dimostrare che il marchio BSS aveva acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso, la ricorrente ha prodotto una «lista di sorveglianza BSS» ed accordi conclusi dalla stessa con terzi, da cui risulterebbe l’esistenza di un programma di controllo dell’uso del detto marchio da parte di terzi, in particolare negli Stati Uniti, in Italia, in Germania e nel Regno Unito. Cionondimeno, la rilevanza di tale programmanonché i risultati dello stesso in ordine alla sensibilizzazione del pubblico destinatario non sono noti. 57 Infatti, la circostanza che la ricorrente abbia preso iniziative volte a garantire il mantenimento del carattere distintivo del marchio in questione non è sufficiente a provare che il detto marchio abbia acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso per i prodotti oggetto della registrazione, a meno che le dette misure non abbiano originato nel pubblico destinatario la consapevolezza del fatto che il vocabolo «BSS» è un marchio. A tale proposito va rilevato che la «lista di sorveglianza BSS» è solo un indizio dell’intenzione della ricorrente di impedire l’uso del marchio BSS da parte di concorrenti, ma non dimostra che il pubblico destinatario percepisca il vocabolo «BSS» come costitutivo di un marchio e, quindi, non prova che il vocabolo «BSS» non costituisse più una denominazione di uso comune nell’ambito oftalmologico. 58 Occorre infine rilevare che gli argomenti che la ricorrente fa derivare dai dati sui volumi d’affari e sugli investimenti in pubblicità, nonché i documenti prodotti dalla stessa dinanzi all’UAMI, in particolare i certificati delle registrazioni nazionali di marchi che comprendono il vocabolo «BSS» e gli opuscoli riguardanti i prodotti «ALCON BSS» e «BSS PLUS», non sono più idonei a determinare il carattere distintivo del marchio BSS di quanto lo siano quelli analizzati precedentemente. Per di più, la ricorrente non ha addotto nel ricorso alcun argomento relativo al valore probatorio dei detti documenti. 59 Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo alla facoltà del titolare di un marchio di combinare quest’ultimo con altri segni senza alterarne il carattere distintivo, va osservato che esso è irrilevante per l’analisi dell’acquisto del carattere distintivo da parte del marchio BSS. Il carattere complesso della formula d’identificazione dei prodotti che essa commercializza («ALCON BSS», «BSS PLUS» o «ALCON BSS PLUS») potrebbe tutt’al più costituire un indizio del fatto che la stessa ritenga che il marchio BSS non abbia acquistato un carattere distintivo sufficiente per essere utilizzato senza alcun altro elemento integrativo d’identificazione del prodotto. 60 Occorre pertanto rilevare che la commissione di ricorso ha giustamente affermato che la ricorrente non ha dimostrato che il proprio marchio avesse acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso ai sensi degli artt. 7, n. 3, e 51, n. 2, del regolamento n. 40/94. 61 Per quanto riguarda i documenti allegati al ricorso e alla replica della ricorrente, nonché alla controreplica dell’interveniente, che non erano stati analizzati dalla commissione di ricorso, questi ultimi, prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, non possono essere presi in considerazione, dato che il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo sulla legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’UAMI ai sensi dell’art. 63 del regolamento n. 40/94. 62 Ciò premesso, poiché la funzione del Tribunale non è di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati per la prima volta dinanzi allo stesso, i documenti prodotti dalla ricorrente e dall’interveniente per la prima volta dinanzi al Tribunale vanno considerati irricevibili, senza che sia necessario esaminare il valore probatorio degli stessi. 63 Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la commissione di ricorso ha valutato giustamente che il marchio BSS era divenuto di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio e che la ricorrente non aveva dimostrato dinanzi all’UAMI che il marchio in questione avesse acquistato, per i prodotti per i quali era registrato, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto. 64 Pertanto, il ricorso dev’essere respinto. 65 (…) Sulle spese Dispositivo 1. Il ricorso è respinto. 2. La ricorrente è condannata alle spese. SOMMARIO GIURISPRUDENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (1) SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO (Quarta Sezione) del 6 marzo 2003 nella causa T-128/01 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 21 marzo 2001 (procedimento R 309/1999-2)): Daimler Chrysler Corporation contro Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) (Marchio comunitario - Marchio figurativo - Rappresentazione di una calandra di veicolo - Impedimento assoluto alla registrazione - Art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 Marchio privo di carattere distintivo) (Lingua processuale: inglese) Fatti all’origine della controversia 1 Il 29 aprile 1997 la ricorrente ha presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli; in prosieguo: l’«UAMI») in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato. 2 Il marchio di cui è stata richiesta la registrazione è il segno figurativo riprodotto qui di seguito: dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, comeriveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici; relativi componenti». 4 Con comunicazione 7 luglio 1998, l’esaminatore dell’UAMI ha informato la ricorrente del fatto che il segno in questione gli sembrava non potesse venire registrato in quanto privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, per una parte dei prodotti menzionati dalla domanda di marchio, vale a dire i «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti». 5 Con lettera 5 gennaio 1999, la ricorrente ha presentato vari documenti tra cui la dichiarazione del perito sig. F.E. Hoadley del 26 giugno 1998 sull’evoluzione delle calandre dal punto di vista cronologico e, in particolare, della calandra che costituisce l’oggetto del marchio richiesto, al fine di dimostrarne il carattere di unicità e la notorietà. 6 Con decisione 7 aprile 1999, l’esaminatore dell’UAMI ha parzialmente respinto la domanda di marchio ai sensi dell’art. 38 del regolamento n. 40/94, per il fatto che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo per i «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti». Per contro, ha accettato la suddetta domanda di marchio quanto alla parte relativa agli «apparecchi di locomozione aerei o nautici; relativi componenti». Inoltre, l’esaminatore ha ritenuto che la ricorrente non avesse provato l’acquisizione, da parte del segno, di un carattere distintivo mediante l’uso, ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94. 7 Il 4 giugno 1999, la ricorrente ha presentato all’UAMI un ricorso ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94 contro la decisione dell’esaminatore. 3 I prodotti per i quali tale richiesta di registrazione è stata presentata rientrano nella classe 12 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e (1) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale del Tribunale di primo grado. L’unico testo delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nello «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di primo grado». 8 Con decisione 21 marzo 2001 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata alla ricorrente il 23 febbraio 2001, la seconda commissione di ricorso ha respinto il ricorso. 9 La commissione di ricorso ha considerato, in sostanza, che la decisione dell’esaminatore fosse fondata, atteso che il segno raffigurante la calandra anteriore di un veicolo è, prima facie, privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e che le prove presentate dalla ricorrente non dimostrano che il segno abbia acquistato un carattere distintivo mediante l’uso ai sensi dell’art. 7, n. 3, del medesimo regolamento. Procedimento e conclusioni delle parti 10 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 giugno 2001 la ricorrente ha proposto il presente ricorso. 11 L’UAMI ha depositato il proprio controricorso il 17 settembre 2001. 12 Su domanda del Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il 14 ottobre 2002 l’UAMI ha risposto ai quesiti sottoposti da detto Tribunale e prodotto i documenti allegati dalla ricorrente alle sue osservazioni del 5 gennaio 1999. 13 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia: — annullare la decisione impugnata; — ingiungere all’UAMI di attribuire una data di registrazione con riguardo al marchio comunitario richiesto; — condannare l’UAMI alle spese. 14 L’UAMI chiede che il Tribunale voglia: — dichiarare irricevibile la domanda della ricorrente diretta a che venga ingiunto all’UAMI di attribuire una data di registrazione con riguardo alla domanda di marchio comunitario; — per il resto, respingere il ricorso; — condannare la ricorrente alle spese. 15 In udienza la ricorrente ha rinunciato al secondo capo delle sue conclusioni, diretto a che fosse ingiunto all’UAMI di attribuire una data di registrazione con riguardo al marchio comunitario richiesto. Il Tribunale ha preso atto di tale rinuncia nel verbale dell’udienza. In diritto Sulla ricevibilità delle prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale 16 La ricorrente allega al ricorso prove che non sono state esaminate dalla SOMMARIO commissione di ricorso, e in particolare uno studio di mercato realizzato nei Paesi Bassi sul riconoscimento delle calandre. Inoltre, la ricorrente propone di presentare studi di mercato realizzati in altri Stati membri qualora il Tribunale li ritenga pertinenti. ni più restrittive rispetto a quelle previste dal regolamento n. 40/94. Orbene, atteso che la commissione di ricorso ha riconosciuto il fatto che la calandra in oggetto non è del tutto comune («the grill device is not exactly commonplace»), si deve riconoscere al marchio richiesto un carattere minimamente distintivo necessario. 17 L’UAMI ritiene che le prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale non possano essere prese in considerazione. 22 La ricorrente sostiene che la forma rappresentata dal marchio richiesto non è funzionale, come è stato confermato dalla dichiarazione del perito sig. F.E. Hoadley, presentata dinanzi all’UAMI. 18 Il Tribunale rammenta che con il ricorso per il quale è adito si chiede di controllare la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’UAMI ai sensi dell’art. 63 del regolamento n. 40/94. Pertanto, la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove prodotte per laprima volta dinanzi allo stesso. L’ammissione di tali prove, infatti, è in contrasto con l’art. 135, n. 4, del regolamento di procedura del Tribunale, secondo cui le memorie delle parti non possono modificare l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso. Pertanto, le prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale nonché l’istanza di prova dedotta dalla ricorrente sono irricevibili. Nel merito 19 La ricorrente, in sostanza, fa valere due motivi. Il primo motivo riguarda la violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e il secondo la violazione dell’art. 7, n. 3, del suddetto regolamento. Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 — Argomenti delle parti 20 La ricorrente osserva che, in conformità all’art. 4 del regolamento n. 40/94, un disegno di calandra può essere registrato in quanto marchio comunitario, il che è stato confermato dalla registrazione presso l’UAMI di nove marchi comunitari relativi a disegni di calandre per veicoli a motore appartenenti alla classe 12 ai sensi dell’accordo di Nizza. 21 Essa sostiene inoltre che l’analisi della commissione di ricorso, secondo cui il pubblico non è abituato a percepire una calandra quale riferimento all’origine dei prodotti, applica condizio- 23 Peraltro, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso non abbia valutato l’originalità, l’unicità, il carattere inusuale e quindi distintivo della calandra oggetto della domanda di marchio, che non è utilizzata da nessun altro veicolo terrestre. 24 Essa osserva che il consumatore al quale si rivolge è l’acquirente medio di veicoli terrestri che acquista un prodotto di quel genere dopo essere stato correttamente informato. A tale riguardo, la ricorrente ritiene che la scelta dei consumatori sia guidata dalle caratteristiche tecniche del veicolo nonché dall’aspetto di quest’ultimo, di cui la calandra rappresenta un elemento essenziale. 25 Infine, secondo la ricorrente, la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto, al punto 15 della decisione impugnata, che il pubblico non sia abituato a percepire il marchio richiesto come un’indicazione di origine del prodotto. 26 L’UAMI sostiene che la commissione di ricorso ha constatato, a buon diritto, come l’esaminatore, che il segno in questione è prima facie privo di carattere distintivo per i prodotti in questione, perché, a suo parere, il segno è costituito da elementi geometrici usuali e semplici, comunemente utilizzati per rappresentare i fari e la griglia che formano una calandra. 27 L’UAMI ritiene che il segno in questione non oltrepassi i limiti di quanto il consumatore medio è abituato a qualificare come calandre di veicoli terrestri e che non presenti quindi alcuna arbitrarietà o originalità. Pertanto, il segno verrà anzitutto percepito come una parte del veicolo e non come un’indicazione di origine. 28 Inoltre, l’UAMI afferma che l’asserita mancata funzionalità della calandra considerata non è, di per sé, sufficiente per concludere che il segno è dotato di carattere distintivo. 29 Per quanto riguarda i nove marchi comunitari relativi a disegni di calandre per veicoli a motore, l’UAMI osserva nelle sue risposte del 14 ottobre 2002, nonché nelle spiegazioni illustrate in udienza, che le calandre oggetto delle suddette registrazioni sono inusuali, atteso che sono costituite da due quadri simmetrici. — Giudizio del Tribunale 30 Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 sono esclusi dalla registrazione i «marchi privi di carattere distintivo» 31 I segni contemplati dall’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 sono reputati inidonei a svolgere la funzione essenziale del marchio, vale a dire quella di identificare l’origine commerciale del prodotto o del servizio, allo scopo di consentire in tal modo al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio in questione di fare, in occasione di un acquisto successivo, la medesima scelta, qualora l’esperienza si riveli positiva, oppure un’altra scelta, ove l’esperienza si riveli negativa [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T-79/00, Rewe-Zentral/UAMI (LITE), Racc. pag. II-705, punto 26]. 32 Il carattere distintivo di un marchio deve essere valutato, da una parte, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali la registrazione del segno è richiesta e, dall’altra, in relazione alla percezione da parte del pubblico cui ci si rivolge, costituito dai consumatori di tali prodotti e servizi. 33 Infine, dalla lettera dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 discende che un carattere minimamente distintivo è sufficiente affinché non sia applicatol’impedimento definito in tale disposizione [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T-34/00, Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL), Racc. pag. II-683, punto 39]. 34 Nella fattispecie, il pubblico interessato si ritiene sia il consumatore medio, normalmente informato e ragione- SOMMARIO volmente attento ed avveduto [v., in tal senso, sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819, punto 26, e sentenza del Tribunale 7 giugno 2001, causa T-359/99, DKV/UAMI (EuroHealth), Racc. pag. II-1645, punto 27]. Infatti, data la natura dei prodotti considerati (veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti), gli stessi sono destinati al consumo generale nell’intera Unione europea. 35 In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo all’idoneità di una calandra a essere registrata, alla luce della definizione di marchio comunitario figurante all’art. 4 del regolamento n. 40/94, occorre rammentare che non esiste una categoria di marchi aventi carattere distintivo per la loro natura o per l’uso che ne è stato fatto, che non sia idonea a contraddistinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese (v., in tal senso, sentenza della Corte 18 giugno 2002, causa C-299/99, Philips, Racc. pag. I-5475, punto 39). 36 Peraltro, quanto al carattere distintivo concreto, non si può escludere a priori che la rappresentazione grafica, anche fedele alla realtà, di una calandra possa avere un carattere distintivo [v., in tal senso sentenza del Tribunale 19 settembre 2001, causa T-30/00, Henkel/UAMI (Immagine di un prodotto detergente), Racc. pag. II-2663, punti 44 e 45]. 37 Tuttavia, per quanto riguarda la prova prodotta dalla ricorrente riguardante la registrazione, da parte dell’UAMI, di nove marchi comunitari relativi a disegni di calandre per veicoli a motore, anche se occorre constatare che la prassi amministrativa dell’UAMI non offre chiare indicazioni quanto all’applicazione da parte di quest’ultimo dei criteri di analisi degli impedimenti assoluti alla registrazione per marchi relativi a calandre di veicoli, si deve rammentare che, comunque, la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dev’essere valutata unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, quale interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una prassi decisionale precedente [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II-723, punto 79]. Pertanto, l’argomento della ricorrente inerente alla registrazione da parte dell’UAMI di nove marchi comunitari relativi a calandre per veicoli a motore non è pertinente. 38 In secondo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui il criterio applicato nella fattispecie dalla commissione di ricorso è scorretto e molto più restrittivo rispetto ai requisiti previsti dal regolamento n. 40/94, si deve rammentare che l’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 non opera distinzioni tra diversecategorie di marchi e che, pertanto, i criteri da applicare all’atto della valutazione del carattere distintivo dei marchi figurativi costituiti dalla rappresentazione del prodotto stesso o da quella di uno dei suoi componenti non devono essere diversi da quelli applicabili alle altre categorie di marchi (v., in tal senso, sentenza Immagine di un prodotto detergente, cit., punto 48). 39 In terzo luogo, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che il pubblico non sia abituato a percepire il marchio di cui trattasi come un’indicazione di origine del prodotto (punto 15 della decisione impugnata), occorre tener conto del fatto che la valutazione del carattere distintivo di un marchio implica che si prendano in considerazione tutti gli elementi pertinenti legati alle circostanze specifiche della fattispecie. Tra questi elementi, non può escludersi che la natura del segno nonché quella dei prodotti cui si riferisce il marchio richiesto possano influenzare la percezione che il pubblico avrà del suddetto marchio. 40 In tale contesto, si deve osservare che i veicoli e gli apparecchi di locomozione terrestri sono prodotti di grandi dimensioni, per i quali può risultare utile avvalersi non solo di un marchio denominativo, ma altresì dei marchi figurativo o tridimensionale al fine di rendere possibile l’identificazione visiva di tale prodotto da parte del pubblico cui è diretto. 41 Si deve constatare che, da lungo tempo e ancora all’epoca del deposito del marchio richiesto, che costituisce il momento rilevante per l’analisi dell’esistenza degli impedimenti assoluti alla registrazione, le calandre non svolgono più una funzione esclusivamente tecnica, come è stato rilevato dalla perizia del sig. F.E. Hoadley. Inoltre, a differenza di altre parti che compongono un veicolo a motore, talora le forme delle calandre tendono a persistere nel tempo e vengono utilizzate per vari modelli di un medesimo costruttore. 42 Infatti, la calandra è divenuta un elemento essenziale dell’aspetto dei veicoli e della differenziazione tra i modelli esistenti sul mercato realizzati dai vari costruttori di tali prodotti. Pertanto, le calandre sono elementi che possono essere intrinsecamente utili nell’individuazione visiva di un modello, di una gamma, o anche di tutti i modelli di uno stesso costruttore di veicoli a motore rispetto agli altri modelli. 43 Tale conclusione non può essere inficiata dall’affermazione del sig. F.E. Hoadley secondo cui una calandra può anche servire all’aereazione del motore del veicolo e a fornire una certa stabilità alla parte frontale di quest’ultimo. A tale proposito, occorre rilevare che il fatto che un segno svolga diverse funzioni simultanee è senza influenza sul suo carattere distintivo [ v., in tal senso, sentenza del Tribunale 9 ottobre 2002, causa T-36/01, Glaverbel/UAMI (Superficie di una lastra di vetro), Racc. pag. II-0000, punto 24], soprattutto se la funzione distintiva è preponderante rispetto alle altre funzioni. 44 Per quanto riguarda il segno in questione, la commissione di ricorso ha ritenuto che i consumatori siano abituati a vedere calandre di veicoli terrestri contenenti elementi identici o analoghi a quelli del segno di cui trattasi. Tuttavia, essa ha ammesso che la forma del modello della calandra non è del tutto comune («the grill device is not exactly commonplace») (punto 15 della decisione impugnata). 45 La ricorrente rileva che il marchio richiesto è manifestamente diverso dai disegni di calandra di qualsiasi altro veicolo terrestre. L’UAMI replica che il segno in questione non oltrepassa i limiti di quanto il consumatore medio è abituato a osservare come calandre di veicoli terrestri e che non presenta quindi alcuna arbitrarietà o originalità. 46 A tale riguardo si deve osservare che il segno in questione costituisce la rappresentazione della parte frontale di un’automobile avente una forma irregolare che include, al centro, sette ampie aperture verticali e da ciascun lato superiore un cerchio rappresentante i SOMMARIO fari del veicolo. Tale figura, al momento del deposito della domanda, costituisce il disegno di una calandra inusuale, atta a offrire l’immagine di una calandra di altri tempi e una configurazione semplice che non può essere ritenuta come del tutto comune nelle circostanze esistenti al momento del deposito della domanda. 47 Pertanto, il segno di cui trattasi non può essere considerato come l’immagine, che viene in mente spontanemante, della rappresentazione tipica di una calandra contemporanea. Non è quindi possibile accogliere l’affermazione dell’UAMI, secondo cui il segno in questione riguarda elementi comunemente utilizzati per rappresentare una calandra. 48 Di conseguenza, si deve ritenere che la calandra in questione sia atta a influire sulla memoria del pubblico cui si rivolge in quanto indicazione dell’origine commerciale e, quindi, differenziare e identificare i veicoli a motore su cui è installata la suddetta calandra da quelli che provengono da altre imprese. 49 Si deve quindi ritenere che il segno in parola abbia il carattere distintivo minimo per sottrarsi all’impedimento assoluto alla registrazione previsto dall’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Tale conclusione è peraltro suffragata dall’affermazione della commissione di ricorso, menzionata supra al punto 44, secondo cui la calandra non è del tutto comune («the grill device is not exactly commonplace»). 50 Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che erroneamente la commissione di ricorso ha ritenuto che il marchio richiesto fosse privo di qualsiasi carattere distintivo. 51 Di conseguenza, senza che sia necessario esaminare la fondatezza del secondo motivo formulato dalla ricorrente, la decisione impugnata deve essere annullata. 52 (…) Sulle spese Dispositivo 1. La decisione 21 marzo 2001 (procedimento R 309/1999-2) della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) è annullata. 2. Il convenuto è condannato alle spese.