SOMMARIO
GU 7-8/2003
Pagina
Decisione della Terza Commissione di ricorso del 24 aprile 2002 nel procedimento
R 1099/2000-3 (A2A / A.ZWEI) ..................................................................................................
1389
Decisione della Prima Commissione di ricorso del 5 settembre 2002 nel procedimento
R 334/2001-1 (EUROFOCUS) ....................................................................................................
1425
Elenco dei mandatari abilitati .......................................................................................................
1456
Regolamento (CE) n. 617/2003 della Commissione, del 4 aprile 2003, che completa l’allegato del regolamento (CE) n. 2400/96, relativo all’iscrizione di alcune denominazioni nel
Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette di
cui al regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari .........
1465
Regolamento (CE) n. 692/2003 del Consiglio, del 8 aprile 2003, che modifica il regolamento
(CEE) n. 2081/92 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari ...................................................................
1471
Giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee
• Sentenza della Corte di giustizia del 8 aprile 2003 nei procedimenti riuniti C-53/01C-55/01 ........................................................................................................................................
1503
Giurisprudenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee
• Sentenza del Tribunale di Primo Grado (Seconda Sezione) del 5 marzo 2003 nella causa
T-194/01 (forma di un prodotto per lavastoviglie - Pasticca ovoidale) ...............................
1543
• Sentenza del Tribunale di Primo Grado (Seconda Sezione) del 5 marzo 2003 nella causa
T-237/01 (BSS) ............................................................................................................................
1585
• Sentenza del Tribunale di Primo Grado (Quarta Sezione) del 6 marzo 2003 nella causa
T-128/01 (calandra di veicolo) ..................................................................................................
1615
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DECISIONE DELLA TERZA
COMMISSIONE DI RICORSO
del 24 aprile 2002
nel procedimento R 1099/2000-3
(Lingua del procedimento: tedesco)
Articolo 8, paragrafo 1, lettera b)
La Terza Commissione di ricorso
composta da S. Sandri (presidente), A.
Bender (relatore) e Th. Margellos
(membro)
cancelliere: N. Semjevski
ha adottato la seguente
relativa a merci, contabilità aperta delle
voci, ingiunzioni di pagamento, gestione dei pagamenti, calcolo delle varietà,
gestione dei contratti, statistiche, ottimizzazione, gestione delle buste paga,
gestione del conto corrente, sistemi di
cassa online con economia dei prodotti
e sistemi di cassa per la gastronomia
con metodi statistici.
Decisione
Combinazione – Marchi differenti –
Identità dei prodotti e servizi - Lettera – Rischio di confusione - Numero
– Estensione della protezione – Pubblico specializzato
1. Tra i due marchi non sussiste alcun
rischio di confusione.
2. I prodotti e i servizi tutelati dai
marchi in questione sono identici. Tuttavia, esiste tra i marchi una chiara differenza dal punto di vista fonetico, visivo (lettera/numero) e concettuale. Nei
marchi brevi le piccole differenze sono
più evidenti che nei marchi lunghi. Il
pubblico di riferimento, costituito da
specialisti del mercato informatico, presterà grande attenzione a tali differenze.
3. Le combinazioni di lettere o le abbreviazioni godono della tutela soltanto nella forma in cui sono registrate.
HiServ Hightech International Services GmbH
Brünningstraße 50
D-65926 Francoforte sul Meno
Germania
richiedente
e ricorrente
rappresentata da FREITAG & BEST,
Industriepark Höchst/E 416, D-65926
Francoforte sul Meno, Germania
contro
HaKoZe GmbH Handels-Kooperations-Zentrum GmbH
Im Bruch 69 A
D-28844 Weyhe
Germania
opponente
e resistente
rappresentata da BÜSING, MÜFFELMANN & THEYE, Marktstraße 3 Börsenhof C, D-28195 Brema, Germania
avente ad oggetto il ricorso proposto in
esito al procedimento di opposizione B
116 709 (domanda di marchio comunitario n. 702 233)
Sintesi dei fatti e conclusioni delle parti
1. Con domanda pervenuta all’Ufficio
il 13 dicembre 1997, la richiedente chiedeva la registrazione del marchio denominativo
A2A
quale marchio comunitario per prodotti e servizi compresi nelle classi:
9
Software per la creazione e la gestione
di sistemi di infrastrutture volti alla realizzazione di collegamenti tra sistemi di
elaborazione dati.
42
Consulenza in materia di creazione
nonché di progettazione, di sviluppo, di
implementazione e di gestione di sistemi di infrastrutture volti alla realizzazione di collegamenti tra sistemi di elaborazione dati.
2. La domanda veniva pubblicata nel
Bollettino dei marchi comunitari n.
76/98 del 5 ottobre 1998.
3. In data 23 dicembre 1998, con atto
pervenuto lo stesso giorno, l’opponente proponeva un’opposizione avverso la
registrazione di tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda, adducendo un rischio di confusione e facendo
valere il proprio marchio denominativo
nazionale anteriore registrato in Germania il 15 maggio 1997, con il numero 397 22 118
37
Riparazione e manutenzione di impianti di elaborazione dati.
42
Programmazione di computer, sviluppo
di software individuali per elaboratori
principali e per PC; consulenza tecnica;
consulenza organizzativa; servizi di un
centro di calcolo per l’elaborazione
dati, ovvero organizzazione, elaborazione, valutazione, archiviazione e trasferimento di dati; intermediazione e
conclusione di affari commerciali nel
settore dei computer, di apparecchi per
l’elaborazione dati e di impianti da essi
costituiti, per conto terzi.
4. Con decisione n. 2257/2000 del 29
settembre 2000, adottata nel procedimento B 116 709, la divisione Opposizione giudicava fondata l’opposizione
rispetto alla totalità dei prodotti contestati, respingeva la domanda di registrazione e poneva le spese a carico della richiedente. Essa adduceva come motivazione sostanzialmente che, data
l’identità dei rispettivi prodotti e servizi, occorreva porre requisiti rigorosi riguardo alla differenziazione dei marchi.
Anche nell’ipotesi di una scarsa capacità
distintiva del diritto anteriore, le diversità dei segni erano troppo esigue per
poterli distinguere l’uno dall’altro con
sufficiente certezza.
A.zwei
nei confronti di tutti i prodotti e servizi da esso protetti compresi nelle classi:
9
Software per elaboratori elettronici
principali e PC.
35
Amministrazione aziendale e lavori di
ufficio per conto terzi, in particolare,
fatturazione, contabilità finanziaria e
5. Da un punto di vista fonetico, i
marchi «A-zwei» e «A-zwei-A» erano
speculari e il marchio dell’opponente
era contenuto integralmente in quello
oggetto della domanda. Tenendo conto
del fatto che, per esperienza, il pubblico presta più attenzione alla parte iniziale delle parole piuttosto che alle sillabe successive e dato che la vocale finale «A» del marchio oggetto della
domanda corrisponde all’identica voca-
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le iniziale di ambedue i marchi, occorreva constatare un’elevata somiglianza
fonetica dei segni. Questi segni erano
da considerarsi estremamente simili non
soltanto sul piano fonetico, ma anche su
quello concettuale, a maggior ragione in
quanto l’aggiunta della lettera «A» non
dava luogo a una differenza di significato caratteristica e distintiva tale da
rendere agevole una differenziazione
dei due marchi. La semplice ripetizione
della lettera iniziale «A» comportava
anzi il rischio di richiamare ulteriormente all’attenzione del pubblico il vecchio marchio.
6. Il 13 novembre 2000, con atto pervenuto all’Ufficio il 16 novembre 2000,
la richiedente presentava un ricorso
chiedendo
l’accoglimento del ricorso,
l’annullamento della decisione della
divisione Opposizione e
registrazione, infatti, non sarebbe costituito da consumatori medi, bensì da
operatori specializzati, ossia da esperti
in informatica. Con «A2A» la richiedente denominerebbe un’applicazione
altamente specializzata nel settore
informatico, accessibile soltanto a specialisti altamente qualificati e abituati
all’utilizzo dei concetti in lingua inglese, dato che tutto il linguaggio del settore sarebbe caratterizzato da espressioni in inglese e anche la comunicazione
tra addetti ai lavori avverrebbe prevalentemente in tale lingua.
9. Pertanto, il pubblico di riferimento
non avrebbe alcun motivo di compiere
un’associazione tra la denominazione
(tedesca) «A.zwei» e l’abbreviazione
(inglese) «A2A»; una lettura in tedesco
della sigla verrebbe considerata anzi
come «non tecnica». Quand’anche
«A2A» fosse pronunciato in tedesco,
proprio in ambiente tecnico, per evitare confusioni tra le cifre «zwei» (due) e
«drei» (tre), di norma si pronuncerebbe
«a-zwo-a» e non «a-zwei-a».
il rigetto dell’opposizione presentata,
nonché
la condanna dell’opponente a tutte le
spese di procedimento.
7. Nella sua memoria contenente i
motivi del ricorso, a cui sono acclusi
una copiosa documentazione, un opuscolo dell’impresa della richiedente, dati
ricavati da Internet e relazioni di ricerca, la richiedente argomenta che i segni
in conflitto sono completamente diversi dal punto di vista visivo e assolutamente non confondibili tra loro. Anche
dal punto di vista fonetico non sussisterebbe alcun rischio di confusione,
perché «A2A» non verrebbe pronunciato alla tedesca «A zwei A» (A due
A), bensì «[ei tu: ei]», visto che il marchio oggetto della domanda deriverebbe dall’espressione «Application to Application». La combinazione di queste
due lettere avrebbe dato origine al marchio, analogamente alle denominazioni
«B2B» e «B2C» generalmente utilizzate in informatica per determinati tipi di
applicazioni collegate in rete, laddove
«B2B» starebbe per «Business to Business», «B2C» per «Business to Consumer». Ambedue sarebbero ormai entrati nel linguaggio informatico corrente,
come dimostrerebbero alcuni estratti di
risultati di ricerche condotte su pagine
web redatte in tedesco.
8. Il pubblico a cui sono destinati i
prodotti rivendicati nella domanda di
10. Nel settore dell’elaborazione elettronica dei dati sarebbe comune l’uso di
combinazioni di lettere e cifre, come dimostrerebbero i risultati delle ricerche
presentati. Esisterebbe inoltre un’ampia
serie di marchi anteriori costituiti da
due o tre lettere e/o cifre e contenenti
la lettera «A» oppure la cifra «2». Da
ciò si evincerebbe che sia il «consumatore medio» sia gli specialisti, particolarmente versati in questioni informatiche, i soli ai quali il marchio si rivolgerebbe, sarebbero senz’altro abituati
all’utilizzo di diverse combinazioni di
cifre e lettere, anche se queste spesso si
differenziano per una sola di esse.
12. Proprio per accrescere il carattere
distintivo del proprio marchio la richiedente non avrebbe scelto la combinazione visiva di una lettera e una cifra,
bensì quello di una lettera, un punto e
una parola, che conferirebbe al marchio
un carattere del tutto inconsueto. Esisterebbero già numerose combinazioni
di lettere e cifre nel registro tedesco, in
quello dei marchi comunitari e in quello internazionale, come in particolare il
marchio comunitario anteriore «A2Z»,
per le classi 9 e 42, e la domanda di
marchio comunitario «A2C», per le
classi 9 e 33. Ambedue i segni sarebbero anteriori rispetto al marchio dell’opponente, circostanza che ne indebolirebbe decisamente la capacità distintiva.
13. I marchi consistenti in singole lettere o cifre oppure in combinazioni alfanumeriche avrebbero in generale una
scarsa capacità distintiva e una tutela
estremamente limitata nella sua portata.
Pertanto, nella misura in cui la resistente si è richiamata al carattere del suo
marchio consistente in una combinazione tra una lettera e una cifra – che
esisterebbe soltanto dal punto di vista
fonetico - non potrebbe desumerne alcun diritto di tutela da opporre al marchio richiesto. Se il titolare di un marchio di questo tipo potesse avanzare diritti a scapito della registrazione e
dell’uso di altri segni contenenti - tra
l’altro – tale combinazione di lettere e
cifre, la sua registrazione comporterebbe ben presto la preclusione dell’iscrizione nel registro di ulteriori combinazioni di lettere e marchi.
14. Al riguardo, l’opponente conclude
per
11. Proprio il pubblico specializzato
presterebbe indubbiamente un’attenzione particolare anche alle piccole differenze, attribuendo ad esse il loro corretto significato. Valutando l’impressione complessiva suscitata dai segni in
conflitto, e tenendo conto della situazione specifica del mercato, si giungerebbe alla conclusione che i marchi
«A.zwei» e «A2A» effettivamente non
sarebbero simili tra loro e che non sussisterebbe alcun rischio di confusione.
il rigetto del ricorso e
la condanna della richiedente alle
spese di procedimento ulteriori.
15. A sostegno di tali conclusioni,
l’opponente argomenta, tra l’altro, che
la divisione Opposizione ha correttamente accertato un sufficiente rischio di
confusione. L’identità tra i prodotti e i
servizi sarebbe incontestabile. Non si
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capirebbe perché al marchio dell’opponente dovrebbe attribuirsi una tenue capacità distintiva, dal momento che la
denominazione «A.zwei» non avrebbe
alcun nesso descrittivo rispetto ai prodotti e ai servizi tutelati. Le combinazioni di cifre e lettere prive di significato descrittivo sarebbero in generale tutelabili. Di conseguenza, bisognerebbe
ritenere che la capacità distintiva del diritto anteriore fosse comunque pari alla
media, tanto più che il segno in questione sarebbe un’efficace denominazione di fantasia.
16. Bisognerebbe muovere dal punto
di vista del pubblico tedesco a cui i prodotti e servizi sono destinati. Orbene,
esso non sarebbe affatto indotto a pronunciare il marchio oggetto della domanda alla maniera inglese, anche se nel
settore informatico si utilizzano spesso
parole inglesi. Il pubblico tedesco, al
contrario, tenderebbe a pronunciare le
abbreviazioni utilizzate in questo campo in tedesco, come per esempio RAM,
DOS, AOL, ISDN, ecc. Inoltre, il marchio oggetto della domanda non sarebbe un’abbreviazione già consolidata.
Neppure il fatto, ammesso che fosse
corrispondente alla realtà, che l’abbreviazione possa essersi formata analogamente ad altre abbreviazioni che si asseriscono pronunciate in inglese costituirebbe un motivo valido per
pronunciarla in inglese.
17. Posto che la pronuncia inglese del
marchio oggetto della domanda (rispetto al marchio tedesco dell’opponente)
non potrebbe avere rilevanza ai fini della decisione, resterebbe valida la constatazione della divisione Opposizione secondo cui sussiste «un’elevata somiglianza fonetica dei segni». Inoltre,
giustamente, sarebbe stata constatata
anche un’elevata similitudine dal punto
di vista concettuale, perché la semplice
ripetizione della lettera iniziale «A»
non darebbe luogo a nessun’altra differenza di significato che se ne discosti in
maniera caratterizzante, ma anzi ricorderebbe ancor di più al pubblico il diritto anteriore.
18. In seguito alla limitazione, operata dalla richiedente nell’ambito del procedimento di ricorso, del proprio elenco dei prodotti e servizi, quest’ultimo
appariva come segue:
Classe 9
Software per la creazione e la gestione
di sistemi di infrastrutture volti alla rea-
lizzazione di collegamenti tra sistemi di
elaborazione dati, ovvero componenti
di software che raccolgono dati in sistemi di trasmissione, li trasmettono a sistemi di ricezione e qui li trasferiscono
all’applicazione concreta («application
to application connectivity»).
Classe 42
Consulenza in materia di creazione
nonché di progettazione, di sviluppo, di
implementazione e di gestione di componenti software che raccolgono dati in
sistemi di trasmissione, li trasmettono a
sistemi di ricezione e qui li trasferiscono all’applicazione concreta («application to application connectivity»).
La Commissione di ricorso invitava le
parti a pervenire ad una composizione
amichevole, senza che tuttavia queste
addivenissero a un accordo.
19. Per il resto, si fa rinvio agli atti del
fascicolo e in particolare agli argomenti svolti dalle parti nelle loro memorie e
ai relativi allegati, che la Commissione
di ricorso ha preso in esame e posto a
fondamento della propria decisione.
Motivazione
20. Il ricorso è conforme agli articoli
57, 58 e 59 del regolamento (CE) n.
40/94 del Consiglio, del 20 dicembre
1993, sul marchio comunitario (GU
UAMI n. 1/1995, pag. 52) (in prosieguo: «RMC»), nonché alle regole 48 e
49 del regolamento n. 2868/95 (CE)
della Commissione, del 13 dicembre
1995, recante modalità di esecuzione del
regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU
UAMI n. 2-3/1995, pag. 258) (in prosieguo: «RE»), ed è pertanto ammissibile.
21. Il ricorso è altresì fondato, in
quanto la Commissione di ricorso, a
differenza della divisione Opposizione,
non ritiene di dover constatare l’esistenza di un apprezzabile rischio di
confusione tra i due marchi in conflitto, persino in presenza di identità dei
prodotti e servizi, data la palese diversità tra i segni e il carattere specialistico
del pubblico a cui sono destinati.
22. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafi 1,
lettera b), e 2, lettera a), punto ii),
RMC, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore registrato in uno Stato membro, ossia di un
marchio la cui data di registrazione è
anteriore a quella del marchio comunitario, il marchio oggetto della domanda
è escluso dalla registrazione se a causa
dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o
servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel
quale il marchio anteriore è tutelato; il
rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.
23. La funzione essenziale del marchio consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di
origine del prodotto o del servizio contrassegnato, consentendo loro di distinguere senza confusione possibile questo
prodotto o questo servizio da quelli di
provenienza diversa. Inoltre, per poter
svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non
falsato che il Trattato intende istituire,
il marchio deve costituire la garanzia
che tutti i prodotti o servizi che ne sono
contrassegnati sono stati fabbricati sotto il controllo di un’unica impresa, alla
quale possa attribuirsi la responsabilità
della loro qualità (sentenza della Corte
di giustizia 29 settembre 1998, causa C39/97 – Canon, punto 28, GU UAMI
n. 12/1998, pag. 1406).
24. La tutela conferita dal marchio comunitario è assoluta in caso di identità
tra il marchio e il segno richiesto e tra
i prodotti o servizi. La tutela è accordata anche in caso di somiglianza tra il
marchio d’impresa e il segno e tra i prodotti o servizi. È opportuno interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, dato che il
rischio di confusione costituisce la condizione specifica della tutela (v. settimo
‘considerando’ RMC).
25. Dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMC emerge che il rischio di
confusione comprende anche il rischio
di associazione tra i marchi. In tal senso, la nozione di rischio di associazione
non costituisce un’alternativa alla nozione di rischio di confusione, bensì
serve a precisarne l’estensione. I termini stessi della disposizione escludono,
quindi, che essa possa trovare applica-
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zione laddove non sussista nel pubblico
un rischio di confusione (sentenza della Corte di giustizia 11 novembre 1997,
causa C-251/95 – Sabèl BV / Puma AG,
punto 18; GU UAMI n. 1/1998, pag.
78).
26. La valutazione del rischio di confusione dipende da numerosi fattori, e
segnatamente dalla notorietà del marchio d’impresa sul mercato, dall’associazione che può essere fatta tra il marchio d’impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il
marchio d’impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati. Il rischio di
confusione deve essere quindi oggetto
di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di
specie (sentenze Sabèl, citata, punto 22,
e 22 giugno 1999, causa C-342/97 –
Lloyd Schuhfabrik, punto 18; GU
UAMI n. 12/1999, pag. 1568).
27. Questa valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, e in
particolare la somiglianza dei marchi e
quella dei prodotti e servizi designati.
Così, un tenue grado di somiglianza tra
i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di
somiglianza tra i marchi e viceversa
(sentenze Lloyd, citata, punto 19; Canon, citata, punto 17).
28. D’altro canto, poiché il rischio di
confusione è tanto più elevato quanto
più rilevante è il carattere distintivo del
marchio anteriore, i marchi che hanno
un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela
più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore. Ne consegue, per esempio, che può esservi motivo di negare la registrazione di un
marchio, nonostante il minor grado di
somiglianza tra i prodotti o servizi designati, allorché la somiglianza dei marchi è grande e grande è il carattere distintivo del marchio anteriore, in particolare la sua notorietà (sentenze Lloyd,
citata, punti 20 e 21; Canon, citata, punti 18 e 19; Sabèl, citata, punto 24).
29. Allorché si determina globalmente
il carattere distintivo di un marchio,
nell’effettuare la valutazione, occorre
prendere in considerazione in particolare le qualità intrinseche del marchio, ivi
compreso il fatto che esso sia o meno
privo di qualsiasi elemento descrittivo
dei prodotti o servizi per i quali è stato
registrato, la quota di mercato detenuta
dal marchio, l’intensità, l’estensione
geografica e la durata dell’uso di tale
marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo,
la percentuali degli ambienti interessati
che identifica i prodotti o servizi come
provenienti da una impresa determinata grazie al marchio, nonché le dichiarazioni delle camere di commercio e industria o di altre associazioni professionali (sentenza Lloyd, citata, punto 23).
30. Di conseguenza, è di per sé maggiore il carattere distintivo di un marchio che possiede elementi originali e
inusuali o appariscenti, consistente per
esempio in un’immagine caratterizzata
da elementi di fantasia, rispetto a quello di un marchio creato strettamente in
base a elementi descrittivi e che non
presenta una rielaborazione di fantasia.
È inoltre maggiore il carattere distintivo di un marchio diffuso sul mercato e
che, grazie a massicci interventi pubblicitari e/o all’elevato fatturato, gode di
una particolare notorietà (cfr. sentenza
Sabèl, citata, punto 25).
31. La valutazione globale del rischio
di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in
particolare, degli elementi distintivi e
dominanti dei marchi medesimi, ossia
dei loro elementi caratterizzanti. Infatti, il consumatore medio mediamente
informato, ragionevolmente attento e
avveduto, percepisce normalmente un
marchio come un tutt’uno, quale gli si
presenta nell’uso concreto, e non effettua un esame dei suoi singoli elementi.
32. Occorre inoltre tenere conto del
fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a
un confronto diretto dei vari marchi,
ma deve fare affidamento sull’immagine
non perfetta che ne ha mantenuto nella
memoria. Occorre anche prendere in
considerazione il fatto che il livello di
attenzione del consumatore medio può
variare in funzione della categoria di
prodotti o servizi di cui trattasi e delle
condizioni in cui essi sono messi in
commercio (sentenze Lloyd, citata,
punti 25 e 26; e Sabèl, citata, punto 23).
33. Al fine di valutare il grado di somiglianza esistente tra i marchi di cui
trattasi, occorre determinare il loro grado di somiglianza visiva, auditiva e concettuale ed, eventualmente, valutare la
rilevanza che occorre attribuire a questi
diversi elementi, tenendo conto della
categoria dei prodotti o servizi di cui
trattasi e delle condizioni in cui sono
messi in commercio (sentenza Lloyd,
citata, punto 27).
34. Non è necessario che la somiglianza sia presente sotto tutti e tre i
profili per poter accertare la sussistenza
di un rischi di confusione. È sufficiente
invece che, ove venga constatata la somiglianza tra i marchi in base ad uno
solo dei suddetti criteri (auditivo, visivo o concettuale), tale somiglianza possa generare un rischio di confusione rilevante a motivo delle circostanze particolari presenti sul mercato di
riferimento (decisione della Terza
Commissione di ricorso del 12 febbraio
2001, procedimento R 251/2000-3 –
MYSTERY / Mixery, punto 28, con ulteriori riferimenti; GU UAMI n.
1/2002, pag. 10).
35. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMC, resta necessario dimostrare che sussiste
somiglianza tra i prodotti o servizi contraddistinti. Per valutare la somiglianza,
si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto
tra i prodotti o i servizi, Questi fattori
includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego
nonché la loro concorrenzialità o complementarità (sentenza Canon, citata,
punti 22 e 23).
36. Costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa
credere che i prodotti o servizi in questione provengano dalla stessa impresa
o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro. Per escludere tale
rischio di confusione, non è sufficiente
dimostrare semplicemente l’insussistenza del rischio di confusione nella mente del pubblico quanto al luogo di produzione dei prodotti o servizi (sentenze Lloyd, citata, punto 17, e Canon,
citata, punto 29).
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37. Nel caso in esame, il marchio anteriore è dotato di un carattere distintivo normale. La Commissione non ha
potuto rilevare, nella sua globalità determinante ai fini della valutazione, un
particolare rafforzamento o affievolimento intrinseco, né l’opponente ha
fatto valere una notorietà del marchio
di molto superiore alla media presso il
pubblico di riferimento. Il semplice fatto che si tratti di una combinazione di
lettere e cifre non autorizza a presumere un carattere distintivo che sia in linea
di principio ridotto, presunzione che
potrebbe compiersi soltanto in base alla
presenza di un elemento descrittivo, che
palesemente non ricorre nel caso di specie.
38. La richiedente non può richiamarsi neppure alle numerose altre combinazioni di lettere e cifre registrate nei
registri dei marchi e simili al diritto anteriore, in quanto non è rilevante la situazione risultante nei registri in astratto, bensì l’effettivo impiego dei marchi
sul mercato. Quanto a tale reale situazione del mercato nel settore di riferimento, la richiedente non ha tuttavia
prodotto dati pertinenti, con la conseguenza che la Commissione non è in
grado di constatare un affievolimento
del carattere distintivo del marchio dell’opponente.
39. È pur vero che, nella sua decisione, la divisione Opposizione ha parlato
più volte di «prodotti» con riferimento
a servizi e nel dispositivo ha statuito
che l’opposizione era fondata rispetto
all’insieme dei «prodotti» contestati.
Tuttavia, dal contesto generale si desume che la decisione e il rigetto della domanda di registrazione ricomprendevano anche i servizi rivendicati. Le parti,
quantomeno, non li hanno intesi diversamente. In definitiva, si può trascurare
la questione se la domanda di marchio
sia stata respinta anche relativamente ai
servizi e non soltanto per i prodotti,
poiché in ogni caso la Commissione è
giunta alla conclusione che la decisione
impugnata vada annullata e l’opposizione respinta.
40. Quanto ai prodotti e i servizi a
confronto, la divisione Opposizione ha
ritenuto - correttamente e senza contestazione da parte della richiedente - che
esista identità tra i prodotti e i servizi
protetti e rivendicati da ambedue i segni. Anche la delimitazione dell’elenco
dei prodotti e i servizi alla quale ha proceduto la richiedente nell’ambito del
procedimento di ricorso non modifica
in nulla questa constatazione. È vero
che i prodotti e i servizi sono ora meglio specificati in alcuni punti, ma restano comunque coperti dalle più ampie definizioni dei prodotti e servizi del
diritto anteriore.
41. Gli articoli e i servizi oggetto della presente controversia sono però incontestatamente – e in ogni caso per
quanto riguarda i prodotti rivendicati
nella domanda – prodotti e servizi che
in virtù del loro elevato grado di specializzazione non sono destinati ad un
ampio pubblico di massa, bensì ad addetti ai lavori esperti del settore informatico, che dispongono della formazione e delle conoscenze tecniche necessarie per sceglierli ed utilizzarli
adeguatamente o, rispettivamente, per
utilizzare i servizi offerti.
42. Tuttavia, a differenza di quanto ritenuto dalla divisione Opposizione,
non sussiste una somiglianza significativa tra i due segni che compongono i
marchi, tanto più che non bisogna pensare ad un pubblico occasionale e del
tutto disattento, bensì al consumatore
medio, mediamente informato, ragionevolmente attento e avveduto, di questo
specifico settore. Poiché nella fattispecie al marchio oggetto della domanda si
oppone un marchio nazionale tedesco,
nell’accertare la somiglianza tra i marchi occorre tener conto della situazione
esistente in Germania. In particolare,
bisogna considerare la percezione dei
segni dal punto di vista grafico, fonetico e concettuale, oltre a tenere conto
delle caratteristiche di quel mercato e
delle abitudini dei consumatori locali.
43. Il marchio dell’opponente è un
marchio denominativo composto dalle
lettere «A» maiuscole, un punto e la parola «zwei» (due) scritta in lettere. Ad
esso si contrappone il marchio oggetto
della domanda, che è altresì un marchio
denominativo consistente in due lettere
«A» maiuscole in mezzo alle quali è posta senza spazi la cifra «2». I due segni
in conflitto presentano pertanto lunghezza e forma diverse: il diritto anteriore si compone di cinque lettere e un
punto, mentre il marchio oggetto della
domanda consta di una cifra posta tra
due lettere e si compone dunque di tre
segni.
44. La valutazione della somiglianza
deve basarsi sull’impressione complessiva prodotta dai due segni contrapposti, ed è necessario tenere conto soprattutto dei loro elementi distintivi e dominanti. Al riguardo, occorre tener
presente che nei marchi brevi le piccole differenze sono di norma più evidenti che nei marchi lunghi. Quindi, nelle
abbreviazioni corte, l’aggiunta di una
sola lettera può comportare già una modifica sostanziale che rappresenta un
elemento distintivo tale da garantire che
due segni non vengano confusi tra loro.
45. Nel caso presente, ambedue i segni a confronto contengono la componente iniziale «A», ma, data la brevità
dei due segni, questa lettera da sola non
rappresenta al loro interno un elemento dominante o avente capacità distintiva tale da caratterizzare da solo o in
modo prevalente l’impressione complessiva prodotta da uno dei due segni
contrapposti. Bisogna quindi tenere
conto anche degli altri elementi del
marchio nel loro complesso. Con l’elemento «zwei» (due), che segue la lettera «A», il marchio dell’opponente contiene due componenti chiaramente diversificanti rispetto al corrispondente
elemento «2A» del marchio oggetto
della domanda.
46. Il raffronto visivo dei segni dimostra quindi che i due marchi presentano
forma e lunghezza diverse, per cui, volendo scegliere i prodotti e servizi desiderati tra quelli offerti, nel caso del diritto anteriore, il pubblico specializzato
si orienterà all’insieme del concetto
composto da «A», «.» e «zwei» (due),
mentre per il marchio oggetto della domanda si atterrà alla combinazione dei
termini «A», «2» e «A». Anche l’ortografia dei due segni è decisamente diversa: in un caso la lettera iniziale «A»
è separata con un punto dalla cifra
«zwei» (due) scritta in lettere, nell’altro
caso con la cifra seguente scritta in numeri, con l’ulteriore aggiunta di un’altra «A», una lettera conclusiva che
manca completamente nel diritto anteriore.
47. Dal punto di vista grafico, i segni
riescono pertanto a distanziarsi nettamente già per la semplice diversità di
lunghezza e forma, posto che non biso-
SOMMARIO
gna pensare soltanto a uno sguardo distratto del pubblico a cui sono destinati, bensì a quello di un consumatore
medio mediamente informato, ragionevolmente attento e avveduto e specializzato in informatica. Data la brevità e
incisività dei due concetti, nei due marchi contrapposti non si perdono di vista né la parola «zwei», collocata dopo
la «A» iniziale, né l’elemento «2A», e
tanto meno essi passano inosservati per
distrazione.
48. Anche dal punto di vista fonetico
i due segni riescono a mantenere una
sufficiente distanza, in quanto il diritto
anteriore si compone di una vocale e di
una sillaba, il marchio oggetto della domanda di due vocali poste attorno alla
cifra pronunciata. Mentre il marchio
dell’opponente viene pronunciato «azwei», quello della richiedente ha un
suono diverso. In fin dei conti, non importa se il pubblico destinatario sul
mercato di riferimento pronunci il segno più recente «a-zwo-a» oppure, seguendo la moda del settore informatico, pronunci «ei-tu-ei», come si potrebbe supporre in base ad alcuni
argomenti addotti dalla richiedente, in
particolare per analogia alla pronuncia
inglese di concetti in campo informatico, soprattutto da parte degli specialisti
del settore di riferimento.
49. Infatti, anche se gli ambienti specializzati del settore di riferimento dovessero pronunciare il marchio oggetto
della domanda secondo le regole fonetiche della lingua tedesca, ossia «a-zweia», sussisterebbe comunque una netta
differenza rispetto al diritto anteriore,
che si pronuncia per l’appunto solo « azwei». Le differenze non passano inosservate all’orecchio e sono più appariscenti proprio nei segni relativamente
brevi. Se un marchio è composto da due
sillabe, l’aggiunta di una terza sillaba
rappresenta una chiara differenza. Pertanto, questa fattispecie è diversa dal
caso in cui, per esempio, ad una parola
di sei sillabe ne venga aggiunta una settima.
50. Il marchio oggetto della domanda
è quindi dotato di un elemento nettamente diverso rispetto al diritto anteriore, tale da creare una differenziazione sufficiente dal punto di vista fonetico. Queste differenze determinano un
suono ed un ritmo di pronuncia chiara-
mente distinto, fornendo quindi un’impressione globale complessivamente
dissimile. La somiglianza esistente tra i
segni è dunque molto remota e marginale.
51. I due marchi non sono vicini
neanche da un punto di vista concettuale, in quanto non sono dotati di un
significato che indichi quantomeno una
stessa direzione, bensì rappresentano
una semplice sequenza arbitraria di cifre e lettere. Non è convincente l’argomento dell’opponente secondo cui la ripetizione della lettera iniziale «A» nel
marchio oggetto della domanda non
comporterebbe una differenziazione di
significato, bensì richiamerebbe alla
memoria del pubblico il diritto anteriore. La ripetizione della «A» crea viceversa un’impressione completamente
distinta e diverse possibilità interpretative. Di conseguenza, non sussiste somiglianza nemmeno sul piano concettuale.
52. La Commissione ha più volte precisato che le combinazioni di lettere o
le abbreviazioni possono ottenere soltanto il grado di tutela richiesto dalla
forma registrata. In nessun caso a questa forma di marchio può essere concessa una tutela più estesa rispetto ad
altri tipi di segni (v. decisioni della Terza Commissione del 16 gennaio 2002,
procedimento R 1218/00-3 - CCC/CC;
del 31 ottobre 2000, procedimento R
76/00-3 - ELS/ILS; del 5 ottobre 2001,
procedimento R 649/99-2 - BC/PC, e
del 5 settembre 2001, procedimento R
585/00-4 - QAD/GAD).
53. Una valutazione diversa porterebbe all’inammissibile ed incoerente risultato secondo cui il titolare di un marchio molto breve, composto da lettere
e/o cifre, potrebbe monopolizzare per
sé o precludere ai concorrenti l’utilizzazione di combinazioni di lettere e cifre che si differenzino soltanto per
un’ulteriore lettera – o perfino per una
sola vocale, come in questo caso – oppure un’altra cifra, qualora a questa tipologia di marchi venisse riconosciuta
una tutela più estesa e sostanzialmente
superiore a quella della forma registrata.
54. Non è nemmeno ipotizzabile un
rischio di confusione indiretto, nel senso di un’associazione. Da un lato, non
risulta che parti rilevanti del pubblico
specializzato considererebbero come
variante non modificativa del carattere
distintivo del diritto anteriore l’elemento «A.zwei» integrato da una «A». Dall’altro, l’opponente non ha sostenuto
che «A.zwei» sia parte integrante di una
serie di segni ad essa spettanti, il che indurrebbe il pubblico a ricomprendervi,
attribuendolo quindi all’opponente
stessa come produttrice o distributrice,
anche il nuovo marchio oggetto della
domanda, ampliato di una lettera e modificato nell’ortografia.
55. Premesso quanto sopra, la Commissione, pur avendo constatato l’identità dei rispettivi prodotti e servizi, e tenuto conto del carattere distintivo normale del marchio anteriore, dell’elevato
grado di attenzione del pubblico specializzato del settore di riferimento
nonché delle differenze fonetiche, ortografiche e concettuali chiaramente riconoscibili tra i segni contrapposti, giunge alla conclusione che non sussiste un
rischio apprezzabile di confusione presso il pubblico di riferimento in Germania, considerato inoltre che occorre presumere che si tratti di un consumatore
medio mediamente informato, ragionevolmente attento e avveduto nel mercato informatico, e non della categoria residuale di consumatori disattenti e frettolosi.
56. Ciò posto, il ricorso dev’essere accolto. La decisione impugnata emessa
dalla divisione Opposizione va pertanto annullata e l’opposizione respinta.
Poiché l’opponente è rimasta soccombente, ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, RMC e della regola 94, paragrafo 1, RE, le spese dei procedimenti
di opposizione e di ricorso, comprese
quelle sostenute dalla richiedente, sono
a suo carico.
Dispositivo
Per questi motivi: la commissione così
decide:
1. La decisione della divisione Opposizione del 29 settembre 2000, n.
2257/2000, nel procedimento di opposizione B 116 709 è annullata.
2. L’opposizione è respinta.
3. L’opponente sopporterà le spese,
comprese quelle sostenute dalla richiedente, relative ai procedimenti
di opposizione e di ricorso.
SOMMARIO
DECISIONE DELLA PRIMA
COMMISSIONE DI RICORSO
5 settembre 2002
nel procedimento R 334/2001-1
(Lingua del procedimento: inglese)
Articolo 115, paragrafo 6, RMC – Regola 15 RE – Regola 16, paragrafo 1,
RE – Regola 16, paragrafo 2, RE – Regola 17, paragrafo 2, RE – Regola 18,
paragrafo 2, RE – Regola 20, paragrafo
2, RE – Regola 51 RE
Dimostrazione di un diritto anteriore
– Traduzione – Esame – Opposizione
– Comunicazione – Lettera tipo
1. L’obbligo di cui alla regola 17, paragrafo 2, RE di tradurre i documenti
probatori non presentati nella lingua
del procedimento d’opposizione è chiaro ed essenziale ed è inequivocabilmente imposto all’opponente.
2. La Commissione ritiene che le due
comunicazioni inviate alla ricorrente
dalla divisione Opposizione, la prima
delle quali notificava irregolarità riscontrate nell’atto di opposizione e la seconda rammentava alla richiedente che
tutti i documenti dovevano essere forniti nella lingua del procedimento, fossero inequivocabili. Da tali comunicazioni la ricorrente avrebbe dovuto comprendere le irregolarità rimaste da
sanare, o quanto meno nutrire dubbi
che la inducessero a chiedere ulteriori
precisazioni.
3. A norma della regola 20, paragrafo
2, RE, la divisione Opposizione non era
quindi tenuta a comunicare alla ricorrente le singole irregolarità riscontrate
nell’esame dei documenti forniti a sostegno dell’opposizione. I fatti, le prove e le osservazioni che un opponente
decida di presentare a sostegno dell’opposizione sono lasciati alla discrezione
dell’opponente stesso, come risulta
chiaramente dal raffronto tra le diverse
formulazioni della regola 18, paragrafo
2, (esame dell’ammissibilità di un’opposizione) e della regola 20, paragrafo 2
(esame del merito dell’opposizione),
RE.
4. Tenuto conto del tenore preciso
delle comunicazioni inviate, la Commissione non ritiene che la divisione
Opposizione abbia adottato un comportamento ingannevole nei confronti
della ricorrente nel corso del procedimento di opposizione.
Focus Asset Management GmbH
Maria-Theresia-Str. 6
D-81675 Monaco di Baviera
Germania
opponente
e ricorrente
rappresentata da Strohschänk, Uri &
Strasser, Innere Wiener Str. 8, D81667 Monaco di Baviera, Germania
contro
BSN, S. A., Sociedad de Valores y Bolsa
Castellana, 32
E-28046 Madrid
Spagna
richiedente
e resistente
rappresentata da Luis Alfonso Díaz
Orueta, Mesena 80, Torre de Operaciones, 4a planta, E-28033 Madrid, Spagna
avente ad oggetto il ricorso proposto in
esito al procedimento di opposizione B 250 474 (domanda di marchio comunitario n. 1161249)
La Prima Commissione di ricorso
composta da S. Mandel (presidente), W.
Peeters (relatore) e J. L. Soares Curado
(membro)
cancelliere: E. Gastinel
ha adottato la seguente
Decisione
Sintesi dei fatti
1 Con domanda depositata il 4 maggio 1999, la BSN, S.A., Sociedad de Valores y Bolsa (in prosieguo: la “richiedente”), chiedeva la registrazione del
marchio denominativo
EUROFOCUS
per i seguenti prodotti e servizi:
Classe 16 – Carta, cartone e prodotti in
queste materie, non compresi in altre
classi; stampati, pubblicazioni stampate;
libri, riviste, quotidiani e periodici
stampati, articoli per legatoria; fotografie; cartoleria; adesivi (materie collanti)
per la cartoleria o per uso domestico;
materiale per artisti; pennelli; macchine
da scrivere e articoli per ufficio (esclusi
i mobili); materiale per l’istruzione o
l’insegnamento (tranne gli apparecchi);
materie plastiche per l’imballaggio (non
comprese in altre classi); carte da gioco;
caratteri tipografici; cliché.
Classe 35 – Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio.
Classe 36 – Assicurazioni; affari finanziari; affari monetari; affari immobiliari.
Classe 38 – Telecomunicazioni.
La domanda era redatta in spagnolo e
l’inglese vi era indicato come seconda
lingua.
2 La domanda veniva pubblicata nel
Bollettino dei marchi comunitari
n. 99/99 del 13 dicembre 1999.
3 Il 10 marzo 2000 la Focus Asset
Management GmbH (in prosieguo:
l’“opponente”) presentava opposizione
in lingua tedesca contro la domanda.
L’opposizione si basava sulla registrazione nazionale tedesca n. 1 182 455, recante data di deposito del 1° marzo 1990, per il marchio denominativo
FOCUS
All’atto di opposizione erano allegati
due documenti in lingua tedesca. Il primo documento, che non recava alcuna
intestazione, indicava la data di registrazione, il numero di registrazione e
l’elenco dei servizi registrati per il marchio FOCUS a nome della “FOCUS
Wertpapierverwaltungs- und Finanzberatungsgesellschaft mbH”. Il secondo
documento, recante l’intestazione e il
timbro dell’Ufficio tedesco brevetti e
marchi, attestava che il 28 ottobre 1999
era stata registrata una modifica del nominativo del titolare di quattro marchi,
tra cui il marchio n. 1182455, in “FOCUS Asset Management GmbH”.
4 Con lettera del 18 aprile 2000, l’Ufficio notificava all’opponente, in lingua
tedesca, le seguenti irregolarità riscontrate nell’atto di opposizione:
— assenza dell’indicazione della lingua
del procedimento, cioè l’inglese o lo
spagnolo. Se l’irregolarità non fosse
stata sanata entro un termine di due
mesi, l’opposizione sarebbe stata dichiarata inammissibile;
— assenza dell’indicazione, nella lingua
del procedimento, dei prodotti e servizi a cui si riferiva l’opposizione.
Veniva fissato un termine di due
mesi per sanare l’irregolarità, in caso
contrario l’opposizione sarebbe stata
dichiarata inammissibile;
SOMMARIO
— assenza dell’indicazione, nella lingua
del procedimento, della portata dell’opposizione. Se l’irregolarità non
fosse stata sanata entro un termine di
due mesi, l’Ufficio avrebbe considerato l’opposizione diretta contro tutti i prodotti e i servizi rivendicati
nella domanda di marchio comunitario.
“Si prega di notare che tutti i documenti devono essere redatti nella lingua
del procedimento o accompagnati da
una traduzione. È inoltre richiesta la
traduzione di eventuali documenti o
certificati già presentati in un’altra lingua. L’Ufficio non terrà conto di alcun
documento non tradotto nella lingua
del procedimento (…)”.
5 Con lettera pervenuta all’Ufficio in
data 25 maggio 2000, l’opponente rispondeva che l’inglese era stato scelto
come lingua del procedimento e che
l’opposizione era riferita ai seguenti
prodotti e servizi:
7 Il 13 dicembre 2000 la richiedente
presentava osservazioni in risposta all’opposizione. Tali osservazioni si possono riassumere come segue:
“Servizi finanziari, ovvero gestione finanziaria, intermediazione per le operazioni di investimento e le quote di fondi, consulenza in materia di crediti, intermediazione nel settore dei crediti,
intermediazione nel settore delle assicurazioni, gestione di titoli, obbligazioni e
azioni, analisi di titoli, obbligazioni e
azioni, creazione, organizzazione e
commercializzazione di fondi d’investimento”,
ed era diretta contro i seguenti servizi:
“Assicurazioni; affari finanziari e affari
monetari”.
Per quanto riguarda i motivi del ricorso, l’opponente indicava che l’impressione generale suscitata dal marchio comunitario richiesto era caratterizzata
dalla presenza caratterizzante del termine FOCUS, identico al marchio anteriore, in quanto EURO costituiva una
semplice aggiunta descrittiva. Anche i
servizi contro i quali era diretta l’opposizione erano identici a quelli tutelati
dal marchio anteriore. A conclusione
della lettera, l’opponente affermava di
ritenere che le indicazioni fornite rispondessero a tutti i requisiti indicati
dall’Ufficio. In caso contrario, l’Ufficio
era pregato di informarne l’opponente.
6 Con lettera del 15 giugno 2000, la
divisione Opposizione informava l’opponente che l’opposizione era stata notificata alla richiedente e che il contraddittorio avrebbe avuto inizio il 16 agosto 2000. Veniva indicato che
l’opponente disponeva di un termine
massimo di quattro mesi, cioè fino al
15 ottobre 2000, per presentare eventuali nuovi fatti, prove od osservazioni
a sostegno dell’opposizione. La comunicazione conteneva, tra l’altro, anche le
seguenti indicazioni:
— contravvenendo alle disposizioni di
cui alla regola 16, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2868/95 della
Commissione, del 13 dicembre 1995,
recante modalità di esecuzione del
regolamento (CE) n. 4094 del Consiglio sul marchio comunitario (in
prosieguo: il “regolamento di esecuzione” o “RE”) (GU L 303 del
15.12.1995, pag. 1; GU UAMI n. 23/95, pag. 258), l’opponente non
avrebbe presentato alcun tipo di certificato di registrazione. La documentazione fornita consisterebbe
solo in una serie di documenti, che
non certificherebbero il diritto invocato dall’opponente.
— Contravvenendo alle disposizioni di
cui alla regola 17, paragrafi 1 e 2, RE,
l’opponente non avrebbe fornito una
traduzione dell’atto di opposizione o
dei documenti di appoggio nella lingua del procedimento. Ne conseguirebbe che, per esempio, la richiedente non sarebbe in grado di verificare
se i servizi contro i quali è diretta
l’opposizione, indicati in inglese nella comunicazione dell’opponente del
24 maggio 2000, corrispondano effettivamente alle indicazioni fornite
nell’atto di opposizione, presentato
in tedesco.
— I segni a confronto presenterebbero
differenze sul piano concettuale, fonetico e generale e si potrebbe quindi escludere il rischio di confusione
o di associazione. Il fatto che il termine FOCUS compaia in entrambi i
marchi non sarebbe decisivo, in
quanto una ricerca tra i marchi comunitari rivelerebbe che oltre 50
marchi registrati per servizi rientranti nella stessa classe di quelli dell’opponente sarebbero costituiti dal detto termine o lo comprenderebbero.
— L’opponente non avrebbe addotto
prove dell’uso effettivo del marchio
anteriore, conformemente all’articolo 43 del regolamento (CE) n. 40/94
del Consiglio, del 20 dicembre 1993,
sul marchio comunitario (in prosieguo: RMC) (GU L 11 del 14.1.1994,
pag. 1; GU UAMI n. 1/95, pag. 52).
Nell’ambito di un’opposizione, la
prova dell’uso costituirebbe un requisito essenziale e, in mancanza di
tale prova, “richiesta dalla richiedente, come nel presente caso”, l’opposizione dovrebbe essere respinta.
8 Il 18 gennaio 2001 la divisione Opposizione trasmetteva all’opponente, a
titolo puramente informativo, le osservazioni della richiedente. La comunicazione indicava quanto segue: “L’Ufficio
adotterà una decisione sull’opposizione
in base alle prove in suo possesso. L’Ufficio considera tali prove insufficienti a
dimostrare la registrazione tedesca n.
1182455, su cui si fonda l’opposizione”.
9 Il 9 marzo 2001 la divisione Opposizione adottava la decisione
n. 649/2001, relativa all’opposizione
B 250474 (in prosieguo: la “decisione
impugnata”). L’opposizione veniva respinta e le spese venivano poste a carico dell’opponente. La divisione Opposizione adduceva come motivazione
quanto segue:
— con l’atto di opposizione, l’opponente ha presentato diversi documenti in tedesco, compreso un documento in cui figuravano indicazioni relative al marchio anteriore, la cui
origine ufficiale non era tuttavia indicata.
— Conformemente alle regole 16, paragrafo 3, e 17, paragrafo 2, RE, l’Ufficio ha concesso all’opponente un
termine di quattro mesi per integrare l’opposizione. Alla lettera è stata
allegata una scheda informativa riguardante le prove richieste a sostegno di un’opposizione. È stato inoltre rammentato all’opponente che
tutti i documenti dovevano essere redatti nella lingua del procedimento o
corredati di una traduzione.
— L’opponente non ha presentato ulteriori documenti.
— Di conseguenza, l’opponente non ha
dimostrato di essere la titolare del
diritto anteriore invocato, né che tale
diritto anteriore sia valido, considerato che essa:
SOMMARIO
ii(i) non ha presentato una copia del
certificato di registrazione che
indicasse l’origine della stessa;
menzione di irregolarità specifiche
riguardo al caso di specie.
i(ii) non ha presentato una traduzione soddisfacente delle pertinenti indicazioni relative alla registrazione anteriore, eccetto per
l’elenco dei servizi tutelati dal
marchio anteriore;
— Per quanto riguarda l’affermazione
della divisione Opposizione, secondo cui l’opponente non avrebbe dimostrato di essere la titolare registrata del marchio anteriore, l’opponente rileva che risultava evidente,
dall’esame congiunto dei documenti
inizialmente presentati – cioè un
estratto ufficiale del registro tedesco
dei marchi, che in realtà non faceva
accenno diretto alla sua origine ufficiale, e una copia di un certificato ufficiale rilasciato dall’Ufficio tedesco
dei marchi, comprovante la modifica
del nome del titolare del marchio anteriore – che l’opponente era la titolare del marchio tedesco n. 1 182 455
FOCUS, recante data di deposito 1°
marzo 1990 e registrato per i servizi
indicati nel certificato del registro
dei marchi. L’Ufficio, che avrebbe
padronanza della lingua tedesca, non
potrebbe ragionevolmente affermare
di non avere alcuna certezza in merito al punto se l’opponente avesse
soddisfatto le condizioni di cui all’articolo 42, paragrafo 1, RMC.
Inoltre, se l’estratto del registro presentato indica i dati relativi al marchio, ma non la sua origine ufficiale,
ciò sarebbe dovuto al fatto che l’Ufficio tedesco dei marchi utilizza tale
formato standard da molti anni, il
che non potrebbe essere interpretato
a sfavore dell’opponente.
(iii) non ha tradotto il documento
attestante il trasferimento all’opponente del marchio anteriore. In assenza di tale traduzione, né l’Ufficio né l’opponente potevano essere certi che
quest’ultima avesse rispettato le
condizioni di cui all’articolo 42,
paragrafo 1, RMC.
10 Il 30 marzo 2001 l’opponente presentava un ricorso avverso la decisione
impugnata. La memoria contenente i
motivi del ricorso veniva depositata il
9 luglio 2001.
11 Il 14 settembre 2001 la richiedente
presentava le proprie osservazioni sulla
memoria contenente i motivi del ricorso.
Motivi del ricorso
12 L’opponente chiede alla Commissione di ricorso di annullare la decisione impugnata, disporre la prosecuzione del procedimento di opposizione e
consentire all’opponente di presentare
tutti i documenti mancanti. L’opponente chiede altresì il rimborso della
“tassa d’opposizione”, conformemente
alla regola 51 RE, sostenendo che tale
rimborso risulterebbe equo per via
della violazione di norme procedurali
sostanziali. Gli argomenti dell’opponente possono essere sintetizzati come
segue:
— con la comunicazione del 18 aprile 2001, la divisione Opposizione
avrebbe notificato all’opponente, in
seguito all’esame del fascicolo, tre irregolarità, che sarebbero poi state sanate dall’opponente con lettera del
22 maggio 2000. Alla richiesta esplicita dell’opponente di comunicare
eventuali altre irregolarità, l’Ufficio
avrebbe risposto con una lettera tipo
contenente “Informazioni sulle prove”, nella quale erano elencate varie
irregolarità possibili, senza alcuna
— Per quanto riguarda l’argomento relativo alla mancanza di una traduzione dell’estratto, l’Ufficio avrebbe
ammesso che l’opponente aveva presentato una traduzione dei servizi
tutelati dal marchio anteriore. Nell’estratto non figuravano altre “indicazioni pertinenti” che potessero essere tradotte. Non sarebbe necessario tradurre il nome del marchio e
quello del titolare. Le indicazioni
“Klasse”, “Aktenzeichen”, “Geschäftsbetrieb” e “Waren/Dienstleistungen” non sarebbero rilevanti per
comprendere il contenuto e la portata della tutela del marchio anteriore.
Non sarebbero stati usati codici di
rilievo che potessero essere tradotti.
Inoltre, il registro tedesco ufficiale
dei marchi sarebbe pubblico, pertanto chiunque fosse in possesso del numero di registrazione di un marchio
tedesco anteriore potrebbe accedere
a tutte le relative informazioni in
qualsiasi momento.
— Tre irregolarità formali sarebbero
state notificate all’opponente nella
fase iniziale del procedimento, l’indicazione di un preciso termine entro cui sanarle, mentre altre tre cosiddette irregolarità sarebbero state
constatate solo nella decisione della
divisione Opposizione, senza informarne prima l’opponente e consentirle di sanarle. Questa prassi non sarebbe conforme alla regola 20, paragrafo 2, RE, che imporrebbe
all’Ufficio di invitare l’opponente a
presentare, entro un preciso termine,
le indicazioni relative a fatti, prove
ed osservazioni, di cui alla regola 16,
paragrafi 1 e 2, qualora non siano
contenute nell’atto di opposizione.
L’uso del termine “indicazioni” significherebbe che l’Ufficio è tenuto
a specificare tali irregolarità.
— Il comportamento della divisione
Opposizione sarebbe stato oltremodo ingannevole, in quanto l’opponente avrebbe avuto ragionevolmente diritto di fare assegnamento sulla
completezza dell’elenco delle irregolarità notificatele. Ove difendesse
una prassi siffatta, affermando di dover mantenere una posizione assolutamente neutrale nei procedimenti di
opposizione, l’Ufficio commetterebbe un errore. Il modo dell’Ufficio di
effettuare l’esame di un’opposizione
non sarebbe neutrale, bensì renderebbe estremamente difficile per
l’opponente rispettare tutti i requisiti, giustificati e ingiustificati, posti
dall’Ufficio stesso, mentre la richiedente potrebbe limitarsi ad attendere che l’opponente commetta un
qualsiasi errore, dal momento che su
quest’ultima graverebbe l’intero onere. Ne risulterebbe una situazione
estremamente iniqua.
13 La richiedente chiede alla Commissione di confermare la decisione impugnata, respingere il ricorso ed ordinare all’opponente di sopportare le spese. Gli argomenti della richiedente
possono essere sintetizzati come segue:
— una traduzione letterale nella lingua
del procedimento dei documenti
volti a dimostrare il diritto dell’opponente non costituirebbe un requi-
SOMMARIO
sito formale, bensì una condizione
essenziale intesa a garantire i diritti
della difesa della parte richiedente.
Sarebbe vero che l’Ufficio è in grado
di comprendere documenti presentati in tedesco, ma sarebbe altrettanto
vero che la richiedente non è in grado di farlo. Secondo l’opponente, le
parti dei certificati da tradurre sono
irrilevanti, tuttavia la richiedente non
sarebbe nemmeno in grado di verificare tale affermazione. Avendo presentato soltanto un documento non
tradotto, la cui origine non era specificata e che menzionava inoltre il
nome di un’impresa diversa dall’opponente, quest’ultima avrebbe palesemente disatteso le disposizioni della regola 17, paragrafo 2, RE.
— La regola 20, paragrafo 2, RE imporrebbe all’Ufficio di invitare l’opponente a presentare le indicazioni
relative a fatti, prove ed osservazioni, di cui alla regola 16, paragrafi 1 e
2, RE, qualora non siano contenute
nell’atto di opposizione, ma tale regola non imporrebbe all’Ufficio di
indicare il tipo di fatti o prove che
devono essere presentati nel caso
specifico. Poiché l’opponente ha risposto alla richiesta iniziale dell’Ufficio di presentare i dati essenziali
dell’atto di opposizione in una lingua che potesse essere scelta come
lingua del procedimento, conformemente all’articolo 115 RMC, l’opposizione sarebbe stata dichiarata ammissibile. Come provvedimento successivo, l’Ufficio ha concesso
all’opponente un nuovo termine entro cui presentare eventuali nuove
prove, necessarie per dimostrare appieno il suo diritto anteriore. Poiché
tali nuove prove non sono state presentate, l’Ufficio avrebbe dovuto
adottare la decisione alla luce delle
prove in suo possesso. Di conseguenza, l’opposizione sarebbe stata
respinta per motivi sostanziali, in
quanto l’opponente non avrebbe dimostrato, nella lingua del procedimento, il diritto su cui basava la propria opposizione. Nella sua decisione del 6 aprile 2001, procedimento
R 222/2000-1, SOL SALT/SOLSEL, la Commissione di ricorso
avrebbe già stabilito che non vi è alcuna contraddizione tra, da un lato,
considerare un’opposizione ammissibile e, dall’altro, respingerla per il
motivo che la prova del diritto anteriore non è stata tradotta nella lingua
del procedimento. Sebbene nel presente procedimento la divisione Op-
posizione abbia trasmesso all’opponente un elenco di documenti che
potevano essere considerati sufficienti ai fini della dimostrazione di
un diritto anteriore, l’opponente non
avrebbe fornito le necessarie prove
del diritto invocato.
— Sarebbe evidente che, quando ha indicato l’inglese come seconda lingua
nella domanda di marchio comunitario, la richiedente intendeva quantomeno assicurarsi che in caso di opposizione sarebbe stata in grado di
esaminare l’atto e di difendersi in
una lingua a lei comprensibile. Presentando un documento in un’altra
lingua, senza fornire un’adeguata
traduzione, l’opponente avrebbe privato la richiedente della possibilità di
difendersi. Di conseguenza, la divisione Opposizione avrebbe dovuto
adottare la decisione impugnata e
l’opponente sarebbe la sola responsabile del rigetto della sua opposizione.
Motivazione
14 Il ricorso è conforme agli articoli
57, 58 e 59 RMC, nonché alla regola 48
RE, ed è pertanto ammissibile.
15 I requisiti formali di base, a cui
deve conformarsi l’opponente per poter
dimostrare il diritto o i diritti anteriori
su cui fonda la sua opposizione, sono
specificati alle regole 16 e 17 RE. Dalla
regola 16, paragrafo 2, RE discende che
se un’opposizione si fonda su un marchio anteriore nazionale, l’opponente
deve fornire prove relative alla registrazione o al deposito del marchio anteriore, come ad esempio un certificato di
registrazione. Ai sensi della regola 17,
paragrafo 2, RE, se dette prove non
sono presentate nella lingua del procedimento, l’opponente deve fornirne una
traduzione in tale lingua entro il termine stabilito. Tali requisiti sono chiari ed
essenziali. Incombe all’opponente l’onere di addurre prove, dimostrandone
l’origine ufficiale, che attestino l’esistenza e la validità del diritto invocato
per opporsi alla registrazione del marchio comunitario richiesto. Tali prove
devono essere fornite nella lingua del
procedimento, requisito che ha lo scopo preciso di consentire alle parti di comunicare l’una con l’altra tramite l’Ufficio.
16 Le uniche prove presentate dall’opponente nel corso del procedimento di opposizione consistono in due documenti in lingua tedesca. Per quanto
riguarda il primo documento, che sembrava essere un certificato di registrazione, seppure privo di indicazioni relative alla fonte di emissione, soltanto
una parte, cioè l’elenco dei servizi, è
stata tradotta dall’opponente. Dell’altro
documento, che sembrava essere un
certificato di mutamento del nome del
titolare di alcuni marchi, tra cui quello
invocato per l’opposizione, non è stata
fornita alcuna traduzione. È quindi
chiaro che l’opponente non ha rispettato il requisito di base relativo alla traduzione delle prove presentate, stabilito alla regola 17, paragrafo 2, RE. La
mancanza di traduzione non ha riguardato solo un particolare trascurabile ed
irrilevante di un documento, bensì ha
impedito alla richiedente di comprendere persino la natura, la fonte e la portata dei documenti presentati come prove. Gli argomenti dell’opponente riguardo ad una possibilità alternativa per
la richiedente di ottenere le informazioni più essenziali tramite un’attenta deduzione basata su un confronto tra l’atto di opposizione e le prove presentate,
o persino tramite la consultazione diretta della banca dati dell’Ufficio marchi tedesco, oltre a non essere realistici,
sono irrilevanti in quanto le disposizioni del regolamento che disciplinano il
procedimento di opposizione non prevedono un’alternativa all’onere di fornire e tradurre i documenti probatori,
imposto all’opponente in modo chiaro
ed inequivocabile. Come ha rilevato il
Tribunale di primo grado delle Comunità europee nella sua sentenza 13 giugno 2002, causa T-232/00, Chef Revival
USA Inc./UAMI, l’onere che grava sulla parte all’origine di un procedimento
inter partes è giustificato dalla “necessità di rispettare pienamente il principio
del contraddittorio nonché il principio
secondo cui le parti devono trovarsi ad
armi pari nei procedimenti inter partes”
(punto 42).
17 La Commissione conclude quindi
che la divisione Opposizione ha giustamente ritenuto che l’opposizione fosse
infondata e dovesse quindi essere respinta. L’opponente sostiene che la divisione Opposizione, prima di adottare
la decisione, avrebbe dovuto comuni-
SOMMARIO
carle le irregolarità specifiche individuate invitandola a sanarle, conformemente alla regola 20, paragrafo 2, RE. Essa
sostiene inoltre che il modo in cui la divisione Opposizione ha trattato il caso
è stato estremamente ingannevole, in
quanto alcune irregolarità riscontrate
sono state notificate con precisione,
mentre altre no. Il legittimo affidamento dell’opponente in un approccio coerente dell’Ufficio nell’ambito dell’esame di un’opposizione sarebbe quindi
stato violato.
18 Tuttavia, la Commissione di ricorso non può individuare alcun errore o
comportamento ingannevole nel modo
in cui la divisione Opposizione ha condotto l’esame dell’opposizione. La prima comunicazione della divisione Opposizione, datata 18 aprile 2000, notificava tre irregolarità riscontrate nell’atto
di opposizione ed indicava che era
adottata conformemente alla regola 15 e
alla regola 18, paragrafo 2, RE. La regola 18 RE s’intitola “Rigetto dell’opposizione per inammissibilità”. Poiché
le successive regole 19 e 20 RE sono intitolate, rispettivamente “Inizio della
procedura d’opposizione” ed “Esame
dell’opposizione”, già dalla struttura
del regolamento di esecuzione risulta
evidente che l’esame dell’ammissibilità
costituisce soltanto una fase iniziale
della procedura di esame di un’opposizione. Nella comunicazione suddetta si
affermava chiaramente, riguardo a due
delle tre irregolarità notificate, che se
esse non fossero state sanate l’opposizione sarebbe stata dichiarata inammissibile. Con lettera del 24 maggio 2000,
l’opponente ha provveduto a sanare le
irregolarità. A conclusione della lettera
figurava la seguente menzione: “Riteniamo che quanto sopra soddisfi tutti i
requisiti. In caso contrario, vi preghiamo di comunicarcelo”.
19 La fase successiva dell’esame è stata aperta con le lettere inviate alle parti
dalla divisione Opposizione il 15 giugno 2000. La lettera all’opponente era
intitolata “Comunicazione all’opponente della data di inizio del contraddittorio e invito a presentare fatti, prove ed osservazioni a sostegno dell’opposizione (regole 19, paragrafo 1, 16,
paragrafo 3, 17, paragrafo 2, e 20, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione)”. Dal chiaro riferimento ai paragrafi delle regole in questione, l’opponente poteva già comprendere lo scopo che
si prefiggeva la comunicazione. Quest’ultima conteneva inoltre le seguenti
indicazioni:
“È concesso un termine massimo di
quattro mesi, decorrente dalla data di
ricevimento della presente notificazione, ossia fino al 15 ottobre 2000, per
presentare ulteriori fatti, prove ed osservazioni che consideriate necessari
per sostenere l’opposizione (…).
Qualora entro il termine impartito non
vengano presentati ulteriori fatti, prove
od osservazioni, l’Ufficio adotterà una
decisione sull’opposizione sulla base
delle prove in suo possesso. Si noti che,
in assenza delle prove necessarie a dimostrare il diritto o i diritti anteriori su
cui si fonda l’opposizione, o delle prove concernenti i presupposti essenziali
per l’applicazione dell’impedimento o
degli impedimenti, e qualora tali prove
non siano presentate entro il termine
suindicato, l’opposizione sarà respinta
in quanto insufficientemente fondata.
A fini di agevolazione, alleghiamo una
scheda informativa sulle prove da fornire a sostegno di un atto di opposizione.
Si noti che tutti i documenti devono essere redatti nella lingua del procedimento o corredati di una traduzione. La
traduzione è altresì richiesta per eventuali documenti o certificati già presentati in altre lingue. L’Ufficio non terrà
conto dei documenti non tradotti nella
lingua del procedimento, né di traduzioni fornite senza allegare copia del
documento originale, in quanto ritiene
che una traduzione da sola non sia sufficiente come prova”.
La Commissione considera queste
informazioni sufficientemente chiare ed
inequivocabili da consentire all’opponente di comprendere quali fossero le
irregolarità rimaste da sanare, a norma
della regola 20, paragrafo 2, RE. La comunicazione avrebbe quantomeno dovuto far sorgere seri dubbi nell’opponente in merito alla necessità di completare e tradurre le prove fornite.
Ciononostante l’opponente non ha presentato ulteriori documenti, né ha chiesto precisazioni in merito alle conseguenze che si potevano trarre dalla comunicazione ricevuta.
20 L’opponente sostiene che dal tenore della regola 20, paragrafo 2, RE si
evince l’obbligo per l’Ufficio di indicare le singole irregolarità riscontrate nell’esame dei documenti a sostegno dell’opposizione forniti al fine di presenta-
re le indicazioni relative a fatti, prove ed
osservazioni di cui alla regola 16 RE. La
Commissione non ravvisa alcun obbligo del genere nella formulazione della
regola suddetta. Con il termine “indicazioni” s’intende “particolari” (nella versione in lingua tedesca il termine è
“Einzelheiten”, in quella spagnola
“pormenores”) e nella regola 20, paragrafo 2, RE tale termine è usato nello
stesso significato generale di cui alla regola 16, paragrafo 1, RE, al quale la regola 20, paragrafo 2, RE fa esplicito riferimento. Le “indicazioni” relative a
fatti, prove ed osservazioni che l’opponente decida di presentare a sostegno
dell’opposizione sono, com’è logico, lasciate alla sua discrezione. La regola 20,
paragrafo 2, RE stabilisce solo che l’Ufficio “invita l’opponente a presentare,
entro un preciso termine, le indicazioni
relative ai fatti, le prove e le osservazioni”. Questa formulazione è nettamente diversa da quella della regola 18,
paragrafo 2, RE, che riguarda l’esame
dell’ammissibilità di un’opposizione e
prescrive che, in caso di non conformità, l’Ufficio ne dia comunicazione all’opponente, “invitandolo a sanare le irregolarità entro due mesi”.
21 Per gli stessi motivi, la Commissione non può riscontrare alcun comportamento oggettivamente ingannevole da parte dell’Ufficio nella forma o nel
contenuto delle comunicazioni inviate,
rispettivamente, il 18 aprile 2000 e il
15 giugno 2000. Le due comunicazioni
corrispondono a due diverse fasi del
procedimento di opposizione e riflettono due diversi obblighi imposti all’Ufficio. Naturalmente, non si può escludere che un opponente, che non sempre
ha una chiara comprensione della struttura alquanto articolata del regolamento di esecuzione, si senta tratto in inganno da un’impostazione che reputi
incoerente. In ogni caso, la Commissione è convinta che il tenore della comunicazione trasmessa dall’Ufficio il
15 giugno 2000 era preciso ed esplicito,
quindi atto a fornire all’opponente le
informazioni necessarie a conformarsi
alle disposizioni della regola 20, paragrafo 2, RE [v. anche, in un caso analogo, decisione della Commissione del
4 giugno 2002, procedimento
R 787/2001-1, CASTLE LAGER
GLASS FOUNDER BREWER
(MARCHIO FIGURATIVO) / SAB
(MARCHIO FIGURATIVO), punti
22-25, in particolare punto 23].
SOMMARIO
22 Ai sensi della regola 51 RE, poiché
la Commissione non ritiene che il procedimento di opposizione sia inficiato
da violazione di norme procedurali sostanziali, non vi è motivo per disporre
il rimborso della tassa di ricorso.
Sulle spese
23 Ai sensi dell’articolo 81, paragrafo
1, RMC, poiché l’opponente è risultata
essere la parte soccombente, deve sopportare le spese sostenute dalla richiedente nel procedimento di ricorso.
Dispositivo
Per questi motivi, la Commissione di
Ricorso così decide:
1. Il ricorso è respinto.
2. La richiesta di rimborso della tassa
di ricorso è respinta.
3. L’opponente sopporterà l’onere
delle spese sostenute dalla richiedente nel procedimento di ricorso.
SOMMARIO
LISTA DE LOS REPRESENTANTES AUTORIZADOS ANTE LA OFICINA
DE ARMONIZACIÓN DEL MERCADO INTERIOR
(MARCAS, DIBUJOS Y MODELOS)
LISTE DER ZUGELASSENEN VERTRETER BEIM
HARMONISIERUNGSAMT FÜR DEN BINNENMARKT
(MARKEN, MUSTER UND MODELLE)
LIST OF PROFESSIONAL REPRESENTATIVES BEFORE THE OFFICE
FOR HARMONIZATION IN THE INTERNAL MARKET
(TRADE MARKS AND DESIGNS)
LISTE DES MANDATAIRES AGRÉÉS AUPRÈS DE L’OFFICE
DE L’HARMONISATION DANS LE MARCHÉ INTÉRIEUR
(MARQUES, DESSINS ET MODÈLES)
ELENCO DEI MANDATARI ABILITATI PRESSO L’UFFICIO
PER L’ARMONIZZAZIONE NEL MERCATO INTERNO
(MARCHI, DISEGNI E MODELLI)
(Véase también las comunicaciones del presidente de la Oficina / Siehe auch die
Mitteilungen des Präsidenten des Amtes / See also the communications of the
President of the Office / Voir aussi les communications du président de l’Office /
Vedi anche le comunicazioni del presidente dell’Ufficio)
nº 1/95, DO/ABI./OJ/JO/GU nº 1/95, p. 16
nº 2/99, DO/ABI./OJ/JO/GU nº 7-8/99, p. 1003
nº 10/02, DO/ABI./OJ/JO/GU nº 9/02, p. 1636
nº 12/02, DO/ABl./OJ/JO/GU nº 3/03, p. 525
PARTE A: / TEIL A: / PART A: / PARTIE A: / PARTE A:
Lista de representantes autorizados contemplada en el artículo 89 del Reglamento
sobre la marca comunitaria
Liste der zugelassenen Vertreter gemäß Artikel 89 der
Gemeinschaftsmarkenverordnung
List of professional representatives according to Article 89 Community Trade
Mark Regulation
Liste de mandataires agréés conformément à l’article 89 du règlement
sur la marque communautaire
Elenco dei mandatari abilitati ai sensi dell’articolo 89 del regolamento
sul marchio comunitario
Inscripciones / Eintragungen / Entries / Inscriptions / Iscrizioni
België / Belgique
(véase / siehe / see / voir / vedi Benelux)
Deutschland
ARTH, Hans-Lothar (DE)
Kistlerhofstr. 111
D-81379 München
BACHMANN, Jürgen (DE)
Rosenstr. 2a
D-01445 Radebeul
BALS, Rüdiger (DE)
BUSE MENTZEL LUDEWIG
Kleiner Werth 34
D-42275 Wuppertal
BUCHETMANN, Dominik (DE)
Maximilianstr. 54
D-80538 München
FLOYMAYR, Michael (DE)
Max-Eyth-Str. 33
D-73240 Wendlingen
HABERMANN, Jan (DE)
Fröbelweg 1
D-64291 Darmstadt
SOMMARIO
HACKEL, Stefanie (DE)
DR. VOLKER VOSSIUS
Geibelstr. 6
D-81679 München
YENNADHIOU, Peter (GB)
HEWLETT-PACKARD
Avd. Graells, 501
E-08190 Sant Cugat del Valles-Barcelona
HAGGENMÜLLER, Christian (DE)
Würzstr. 5
D-81371 München
France
HEISKE, Harald R. (DE)
SIEMENS AG
Ridlerstr. 55
D-80339 München
KAUFMANN, Ursula (DE)
Birkenwaldstr. 114
D-70191 Stuttgart
KOMARNICKI, Katharina (DE)
SIEMENS AG CT IP ICM
Ridlerstr. 55
D-80339 München
LAHRTZ, Fritz (DE)
ISENBRUCK / BÖSL / HÖRSCHLER /
WICHMANN / HUHN
Prinzregentenstraße 68
D-81675 München
REINSTÄDLER, Diane (DE)
GULDE HENGELHAUPT ZIEBIG &
SCHNEIDER
Schützenstraße 15-17
D-10117 Berlin
RIEMANN, Sabine (DE)
DR. VOLKER VOSSIUS
Geibelstr. 6
D-81679 München
SCHRETTER, Nikola (DE)
SIEMENS AG
Ridlerstr. 55
D-80339 München
SIMON, Josef (DE)
MATSCHKUR, LINDNER, BLAUMEIER
Dr.-Kurt-Schumacher-Str. 23
D-90402 Nürnberg
VOGEL, Andreas (DE)
Dibergstr.9
D-44789 Bochum
España
LEADBETTER, Benedict (GB)
HEWLETT-PACKARD
Avd. Graells, 501
E-08190 Sant Cugat del Valles- Barcelona
LORENTE BERGES, Ana (ES)
A2 ESTUDIO LEGAL
C/ Felix Boix n° 3 7° C
E-28036 Madrid
BOOS, Philippe (FR)
CABINET HIRSCH
34, rue de Bassano
F-75008 Paris
FONTAINE, Benjamin (FR)
ERNEST GUTMANN - YVES
PLASSERAUD S.A.
3, rue Chauveau-Lagarde
F-75008 Paris
GLAIZE, Frédéric (FR)
CABINET MEYER & PARTENAIRES
Bureaux Europe
20, place des Halles
F-67000 Strasbourg
GRYNWALD, Nathalie (FR)
CABINET GRYNWALD
127, rue du Faubourg Poissonnière
F-75009 Paris
INGRAND, Grégory (FR)
CABINET HIRSCH
34, rue de Bassano
F-75008 Paris
NAPPEY, Alexandre (FR)
CABINET MEYER & PARTENAIRES
Bureaux Europe
20, place des Halles
F-67000 Strasbourg
PACAUD, Nathalie (FR)
ERNEST GUTMANN - YVES
PLASSERAUD S.A.
3, rue Chauveau-Lagarde
F-75008 Paris
PELESE, Christophe (FR)
ERNEST GUTMANN - YVES
PLASSERAUD S.A.
3, rue Chauveau-Lagarde
F-75008 Paris
RINGEISEN, Gilles (FR)
CABINET PLASSERAUD
84, rue d’Amsterdam
F-75440 Paris Cédex 09
DE ZEEUW, Johan Diederick (NL)
MURGITROYD & COMPANY
Immeuble AIR FRANCE
455, Promenade des Anglais
F-06299 Nice Cédex
SOMMARIO
Sverige
EMILSON, Göran (SE)
GROTH & CO I MALMÖ HB
Norra Vallgatan 72
Box 6153
S-200 11 Malmö
HELLGREN, Markus (SE)
ALBIHNS GÖTEBORG AB
Torrgatan 8
S-401 22 Göteborg
United Kingdom
ANDREWS, Arthur Stanley (GB)
REDDIE & GROSE
5 Shaftesbury Road
Cambridge CB2 2BW
United Kingdom
BOYDELL, John Christopher (GB)
STEVENS HEWLETT & PERKINS
Halton House
20/23 Holborn
London EC1N 2JD
United Kingdom
BRADY, Paul Andrew (GB)
ABEL & IMRAY
20 Red Lion Street
London WC1R 4PQ
United Kingdom
BRISTOW, Stephen Robert (GB)
MILLIKEN INDUSTRIALS LIMITED
Beech Hill Plant
Gidlow Lane
Wigan WN6 8RN
United Kingdom
LEGG, Cyrus James Grahame (GB)
ABEL & IMRAY
20 Red Lion Street
London WC1R 4PQ
United Kingdom
LEILA, George Conrad (GB)
ABEL & IMRAY
20 Red Lion Street
London WC1R 4PQ
United Kingdom
NETTLETON, John Victor (GB)
ABEL & IMRAY
20 Red Lion Street
London WC1R 4PQ
United Kingdom
SCOTT, Susan Margaret (GB)
ABEL & IMRAY
20 Red Lion Street
London WC1R 4PQ
United Kingdom
SENIOR, Janet (GB)
ABEL & IMRAY
20 Red Lion Street
London WC1R 4PQ
United Kingdom
SETCHELL, James Clifford (GB)
TRADE MARK CONSULTANTS CO.
54 Hillbury Avenue
Harrow, HA3 8EW
United Kingdom
SOAMES, Candida Jane (GB)
D YOUNG & CO
21 New Fetter Lane
London EC4A 1DA
United Kingdom
COULSON, Antony John (GB)
ABEL & IMRAY
20 Red Lion Street
London WC1R 4PQ
United Kingdom
THACH, Tum Branly (FR)
MURGITROYD & COMPANY
165-169 Scotland Street
Glasgow G5 8PL
United Kingdom
HUMPHREYS, Ceris Anne (GB)
ABEL & IMRAY
20 Red Lion Street
London WC1R 4PQ
United Kingdom
WEBB, Andrew John (GB)
J A KEMP & CO
14, South Square,
Gray’s Inn
London WC1R 5JJ
United Kingdom
LACAZE-MASMONTEIL, Anne Yves (FR)
WILSON, GUNN, M’CAW
41-51 Royal Exchange
Cross Street
Manchester M2 7BD
United Kingdom
WHITING, Gary (GB)
ABEL & IMRAY
20 Red Lion Street
London WC1R 4PQ
United Kingdom
LEES, Kate Jane (GB)
ROYSTONS
Tower Building
Water Street
Liverpool L3 1BA
United Kingdom
WILDING, Frances Ward (GB)
Haseltine Lake,
Imperial House,
15-19 Kingsway,
London WC2B 6UD
United Kingdom
SOMMARIO
Benelux
DE BOER, H.J.R. (NL)
NEDERLANDSCH OCTROOIBUREAU
Postbus 29720
NL-2502 LS Den Haag
KETELAARS, Maarten F.J.M. (NL)
NEDERLANDSCH OCTROOIBUREAU
Scheveningseweg 82
NL-2517 KZ Den Haag
MEEKEL, Arthur Augustinus Petrus (NL)
NEDERLANDSCH OCTROOIBUREAU
Scheveningseweg 82
NL-2517 KZ Den Haag
RADSTAKE, Kasper (NL)
NOVAGRAAF NEDERLAND B.V.
Hogehilweg 3
NL-1101 CA Amsterdam
SMILDE-WESTMAAS, Mariëtte Johanna (NL)
Prof. Holstlaan 6, building WAH
NL-5656 AA Eindhoven
VAN LIEMPD, Johannes Petrus Josephus
Gerardus (NL)
PHILIPS INTELLECTUAL PROPERTY
AND STANDARDS
Prof. Holstlaan 6
NL-5656 AA Eindhoven
PET, Robert Jacob (NL)
Professor Holstlaan 6 (WAH)
NL-5656 AA Eindhoven
Modificaciones / Änderungen / Changes / Changements / Modifiche
België / Belgique
(véase / siehe / see / voir / vedi Benelux)
Danemark
ELLERMANN, Annemette (DK)
JOHAN SCHLÜTER
Sundkrogsgade 9
DK-2100 Cøbenhagen Ø
Deutschland
ACKMANN, Günter (DE)
PATENTANWÄLTE ACKMANN,
MENGES & DEMSKI
Tonhallenstr. 16
D-47051 Duisburg
BECK, Josef (DE)
WILHELM & BECK
Nymphenburgerstr. 139
D-80636 München
BIEBER, Björn (DE)
PATENTANWÄLTE BOCK & BIEBER GBR
Winzerlaer Str. 10
D-07743 Jena
BOCK, Gerhard (DE)
PATENTANWÄLTE BOCK & BIEBER
GBR
Winzerlaer Str. 10
D-07745 Jena
GERBAULET, Hannes (DE)
RICHTER, WERDERMANN,
GERBAULET & HOFMANN
Neuer Wall 10
D-20354 Hamburg
HASELHORST, Dörte (DE)
Lierstr. 12b
D-80639 Muenchen
HOFMANN, Andreas (DE)
RICHTER, WERDERMANN,
GERBAULET & HOFMANN
Sendlinger Str. 2 / III
D-80331 München
REMUS, Alvaro (DE)
Grafenberger Allee 76
D-40237 Düsseldorf
RICHTER, Joachim (DE)
RICHTER, WERDERMANN,
GERBAULET & HOFMANN
Schützenstr. 15-17
D-10117 Berlin
RICHTER, Matthias (DE)
RICHTER, WERDERMANN,
GERBAULET & HOFMANN
Sendlinger Str. 2 / III
D-80331 München
ROTHKOPF, Ferdinand (DE)
ROTHKOPF & THEOBALD
Isartorplatz 5
D-80331 München
SCHMIDT, Ursula (DE)
Wilhelm-Liebknecht-Str. 99
D-01257 Dresden
SCHNEIDER, Günther (DE)
BETTINGER SCHNEIDER SCHRAMM
Cuvilliéstr. 14/14a
D-81679 München
SOMMARIO
THEOBALD, Andreas (DE)
ROTHKOPF & THEOBALD
Chausseestr. 29
D-10115 Berlin
ZORZOLI, Franco (IT)
IPSER S.R.L.
Via M. Melloni, 32
I-20129 Milano
WILHELM, Jürgen (DE)
WILHELM & BECK
Nymphenburger Str. 139
D-80636 München
Nederland
WILHELM, Ludwig (DE)
MPM CONSULTING & SERVICES GMBH
Krauss-Maffei-Str. 2
D-80997 München
Sverige
ZOLLNER, Richard (DE)
MPM CONSULTING & SERVICES GMBH
Krauss-Maffei-Str. 2
D-80997 München
VON AHSEN, Erwin-Detlef (DE)
VON AHSEN, NACHTWEY &
KOLLEGEN
Wilhelm-Herbst-Str. 5
D-28359 Bremen
España
CAPITÁN GARCÍA, Maria Nuria (ES)
C/ Capitán Haya, 13 1° B
E-28020 Madrid
France
ROUSSEL, Sophie (FR)
CABINET FERAY-LENNE
44-52, rue de la Justice
F-75020 Paris
Italia
CATTANEO, Elisabetta (IT)
IPSER S.R.L.
Via Macedonio Melloni, 32
I-20129 Milano
LOLLI, Silvia (IT)
MAROSCIA & ASSOCIATI S.R.L.
Contra’ S. Caterina, 29
I-36100 Vicenza
MAROSCIA, Antonio (IT)
MAROSCIA & ASSOCIATI S.R.L.
Contra’ S. Caterina, 29
I-36100 Vicenza
RICCARDI, Sergio (IT)
IPSER S.R.L.
Via M. Melloni, 32
I-20129 Milano
VANNINI, Mario (IT)
MAROSCIA & ASSOCIATI S.R.L.
Contra’ S. Caterina, 29
I-36100 Vicenza
(Véase / siehe / see / voir / vedi Benelux)
HERMANSSON, Birgitta (SE)
STRÖM & GULLIKSSON IP AB
Sveavägen 24
S-111 57 Stockholm
HUSFELDT-SANDBERG, Birgitta (SE)
STRÖM & GULLIKSSON IP AB
Sveavägen 24
S-111 57 Stockholm
ROSENBERG, Anne (SE)
STRÖM & GULLIKSSON IP AB
Sveavägen 24
S-111 57 Stockholm
TANNBORG, Barbro (SE)
STRÖM & GULLIKSSON IP AB
Sveavägen 24
S-111 57 Stockholm
United Kingdom
CURTIS, Lee Martin (GB)
PINSENTS
1 Park Row
Leeds LS1 5AB
United Kingdom
MCLEOD, Christopher James (GB)
HAMMONDS
7 Devonshire Square
Cutlers Gardens
London EC2M 4YH
United Kingdom
WALFORD, Margot Ruth (GB)
BRITISH-AMERICAN TOBACCO
COMPANY LTD.
British American Tobacco R&D Centre
Regents Park Road
Southampton SO15 8TL
United Kingdom
WRENN, Lindsey Jane (GB)
PINSENTS
1 Park Row
Leeds LS1 5AB
United Kingdom
SOMMARIO
Benelux
OSKAM, Wendy (NL)
MERKENBUREAU ONEL B.V.
PO Box 94409
NL-1092 GK Amsterdam
WOLFS, Noëlle L. (NL)
VEREENIGDE
Nieuwe Parklaan 97
NL-2587 BN Den Haag
Cancelaciones / Löschungen / Deletions / Radiations / Radiazioni
France
HAUSS, Gérard (FR)
CABINET NUSS
10, rue Jacques Kablé
F-67080 Strasbourg Cédex
PARTE B: / TEIL B: / PART B: / PARTIE B: / PARTE B:
Lista especial de representantes autorizados contemplada en el artículo 78
del Reglamento sobre los dibujos y modelos comunitarios
Besondere Liste zugelassener Vertreter gemäß Artikel 78
der Gemein-schaftsgeschmacksmusterverordnung
Special list of professional representatives according to Article 78
Community Designs Regulation
Liste spécifique des mandataires agréés conformément à l’article 78
du règlement sur les dessins ou modèles communautaires
Elenco speciale di mandatari abilitati ai sensi dell’articolo 78
del regolamento sui disegni e modelli comunitari
Inscripciones / Eintragungen / Entries / Inscriptions / Iscrizioni
België / Belgique
(véase / siehe / see / voir / vedi Benelux)
Danemark
GRINVALDS, Carsten Brønnum (DK)
VKR HOLDING A/S
Tobaksvejen 10
DK-2860 Søborg
DI GENNARO, Sergio (IT)
ING. BARZANO’ & ZANARDO MILANO
S.P.A.
Via Borgonuovo, 10
I-20121 Milano
SIMINO, Massimo (IT)
PERANI MEZZANOTTE & PARTNERS
Piazza San Babila, 5
I-20122 Milano
Italia
SUSANETTO, Carlo (IT)
CANTALUPPI & PARTNERS S.R.L.
Via Matteotti, 26
I-35137 Padova
BURCHIELLI, Riccardo (IT)
ING. BARZANO’ & ZANARDO MILANO
S.P.A.
Via Borgonuovo, 10
I-20121 Milano
TIBLIAS, Renato Edoardo (IT)
ING. BARZANO’ & ZANARDO MILANO
S.P.A.
Via Borgonuovo, 10
I-20121 Milano
CONCONE, Emanuele (IT)
SOCIETÀ ITALIANA BREVETTI S.P.A.
Via Carducci, 8
I-20123 Milano
Nederland
(Véase / siehe / see / voir / vedi Benelux)
SOMMARIO
Sverige
ERIKSSON, Kjell (SE)
NORRTELJE PATENTBYRÅ AB
P.O. Box 38
S-761 21 Norrtälje
ESTREEN, Lars (SE)
KRANSELL & WENNBORG AB
PO Box 27834
S-115 93 Stockholm
SKAGERSTEN, Thomas (SE)
AWAPATENT AB
P.O. Box 45086
S-104 30 Stockholm
United Kingdom
BAKER, Colin (GB)
ERIC POTTER CLARKSON
Park View House
58 The Ropewalk
Nottingham NG1 5DD
United Kingdom
BARLOW, Michael Thomas (GB)
BP INTERNATIONAL LIMITED
Chertsey Road
Sunbury-on-Thames TW16 7LN
United Kingdom
BROOKE, Caron (GB)
BP INTERNATIONAL LIMITED
Chertsey Road
Sunbury-on-Thames TW16 7LN
United Kingdom
CHISHOLM, Geoffrey David (GB)
MARKS & CLERK
57-60 Lincoln’s Inn Fields
London WC2A 3LS
United Kingdom
CHURCH, Simon John (GB)
LEWIS & TAYLOR
144 New Walk
Leicester LE1 7JA
United Kingdom
COCHLIN, Rachel Louise (GB)
MEWBURN ELLIS
York House
23 Kingsway
London WC2B 6HP
United Kingdom
COLLINS, Frances Mary (GB)
BP INTERNATIONAL LIMITED
Chertsey Road
Sunbury-on-Thames TW16 7LN
United Kingdom
CROWHURST, Charlotte Waveney (GB)
ERIC POTTER CLARKSON
Park View House
58 The Ropewalk
Nottingham NG1 5DD
United Kingdom
DODD, Graham Marshall (GB)
FORRESTER KETLEY & CO.
Chamberlain House
Paradise Place
Birmingham B3 3HP
United Kingdom
EASTWOOD, Simon Christopher (GB)
STEVENS HEWLETT & PERKINS
1 St.Augustin Place
Bristol BS1 4UD
United Kingdom
EDWARDS, David Harvey Lloyd (GB)
R.G.C. JENKINS & CO
26 Caxton Street
London SW1H 0RJ
United Kingdom
ELLIOTT, Peter William (GB)
UNILEVER R&D PORT SUNLIGHT
Quarry Road East
Bebington, Wirral CH63 3JW
United Kingdom
FAULKNER, Thomas John (GB)
FJ CLEVELAND
40-43 Chancery Lane
London WC2A 1JQ
United Kingdom
FOX-MALE, Nicholas Vincent Humbert
(GB)
ERIC POTTER CLARKSON
Park View House
58 The Ropewalk
Nottingham NG1 5DD
United Kingdom
GRANLEESE, Rhian Jane (GB)
MARKS & CLERK
57-60 Lincoln’s Inn Fields
London WC2A 3LS
United Kingdom
HAWKINS, David George (GB)
BP INTERNATIONAL LIMITED
Chertsey Road
Sunbury-on-Thames TW16 7LN
United Kingdom
HYMERS, Ronald Robson (GB)
BP INTERNATIONAL LIMITED
Chertsey Road
Sunbury-on-Thames TW16 7LN
United Kingdom
LEON, Susanna Iris (GB)
W. P. THOMPSON & CO
Coopers Building
Church Street
Liverpool L1 3AB
United Kingdom
SOMMARIO
LOCKEY, Robert Alexander (GB)
FORRESTER KETLEY & CO.
Chamberlain House
Paradise Place
Birmingham B3 3HP
United Kingdom
SHAW, Matthew Nigel (GB)
FORRESTER KETLEY & CO.
Chamberlain House
Paradise Place
Birmingham B3 3HP
United Kingdom
McNEENEY, Stephen Phillip (GB)
ERIC POTTER CLARKSON
Park View House
58 The Ropewalk
Nottingham NG1 5DD
United Kingdom
SMALL, Gary James (GB)
CARPMAELS & RANSFORD
43 Bloomsbury Square
London WC1A 2RA
United Kingdom
MIDGLEY, Jonathan Lee (GB)
MARKS & CLERK
57-60 Lincoln’s Inn Fields
London WC2A 3LS
United Kingdom
SMITH, Julian Philip Howard (GB)
BP INTERNATIONAL LIMITED
Chertsey Road
Sunbury-on-Thames TW16 7LN
United Kingdom
OXLEY, Robin John George (GB)
MARKS & CLERK
57-60 Lincoln’s Inn Fields
London WC2A 3LS
United Kingdom
STEVENS, Ian Edward (GB)
ERIC POTTER CLARKSON
Park View House
58 The Ropewalk
Nottingham NG1 5DD
United Kingdom
PERKINS, Nicholas David (GB)
BP INTERNATIONAL LIMITED
Chertsey Road
Sunbury-on-Thames TW16 7LN
United Kingdom
PILKINGTON, Stephanie Joan (GB)
ERIC POTTER CLARKSON
Park View House
58 The Ropewalk
Nottingham NG1 5DD
United Kingdom
PREECE, Michael (GB)
BP INTERNATIONAL LIMITED
Chertsey Road
Sunbury-on-Thames TW16 7LN
United Kingdom
PROBERT, Gareth David (GB)
W. P. THOMPSON & CO
Eastcheap House
Central Approach
Letchworth SG6 3DS
United Kingdom
THACKER, Michael Anthony (GB)
UNILEVER R&D
Patent Department
Colworth
Sharnbrook
Bedford MK44 1LQ
United Kingdom
VALENTINE, Francis Anthony Brinsley
(GB)
REDDIE & GROSE
16 Theobalds Road
London WC1X 8PL
United Kingdom
Benelux
HODGETTS, Catherine Dawn (GB)
UNILEVER N.V.
Patent Department
Olivier van Noortlaan 120
NL-3133 AT Vlaardingen
Modificaciones / Änderungen / Changes / Changements / Modifiche
Suomi/Finland
KANGASMÄKI, Reijo Holger (FI)
Hermiankatu 14
FIN-33720 Tampere
SOMMARIO
REGOLAMENTO (CE) N. 617/2003
DELLA COMMISSIONE
del 4 aprile 2003
che completa l’allegato del
regolamento (CE) n. 2400/96, relativo
all’iscrizione di alcune denominazioni
nel Registro delle denominazioni di
origine protette e delle indicazioni
geografiche protette di cui al
regolamento (CEE) n. 2081/92 del
Consiglio relativo alla protezione delle
indicazioni geografiche e delle
denominazioni di origine dei prodotti
agricoli e alimentari
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CEE) n. 2081/92
del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni
geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari(1), modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2796/2000 della Commissione(2), in particolare l’articolo 6,
paragrafi 3 e 4,
considerando quanto segue:
(1) Ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CEE) n. 2081/92, il Portogallo ha trasmesso alla Commissione due domande di registrazione dell’indicazione geografica per
le denominazioni «Carne dos
Açores» e «Borrego do Nordeste
Alentejano» e una domanda di registrazione della denominazione
d’origine per la «Carne de Porco
Alentejano» e l’Italia ha trasmesso
alla Commissione due domande di
registrazione dell’indicazione geografica per le denominazioni «Pomodoro di Pachino» e «Uva da tavola di Mazzarrone».
(2) Si è constatato, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2081/92, che
queste domande sono conformi a
tale regolamento, in particolare
che esse contengono tutti gli elementi di cui all’articolo 4.
(3) Non è stata trasmessa nessuna dichiarazione d’opposizione alla
(1) GU L 208 del 24.7.1992, pag. 1.
(2) GU L 324 del 21.12.2000, pag. 26.
Commissione, ai sensi dell’articolo
7 del regolamento (CEE) n.
2081/92, a seguito della pubblicazione della Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee(3) relativa alle
altre denominazioni che figurano
nell’allegato del presente regolamento.
(4) Tali denominazioni meritano pertanto di essere iscritte nel «Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette» e di essere
tutelate sul piano comunitario
come denominazioni di origine
protette o come indicazioni geografiche protette.
(5) L’allegato del presente regolamento
completa l’allegato del regolamento
(CE) n. 2400/96 della Commissione(4), modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 492/2003(5),
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
L’allegato del regolamento (CE) n.
2400/96 è completato dalle denominazioni che figurano nell’allegato del presente regolamento e tali denominazioni
sono iscritte nel «Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette», come
denominazione di origine protetta
(DOP) o come indicazione geografica
protetta (IGP), previsto dall’articolo 6,
paragrafo 3, del regolamento (CEE) n.
2081/92.
Articolo 2
Il presente regolamento entra in vigore
il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio
in tutti i suoi elementi e direttamente
applicabile in ciascuno degli Stati membri.
(3) GU C 168 del 13.7.2002, pag. 12 (Carne
dos Açores)
GU C 168 del 13.7.2002, pag. 15 (Borrego do Nordeste Alentejano)
GU C 168 del 13.7.2002, pag. 17 (Carne
de Porco Alentejano)
GU C 168 del 13.7.2002, pag. 7 (Pomodoro di Pachino)
GU C 186 del 6.8.2002, pag. 13 (Uva da
tavola di Mazzarrone)
(4) GU L 327 del 18.12.1996, pag. 11.
(5) GU L 73 del 19.3.2003, pag. 3.
Fatto a Bruxelles, il 4 aprile 2003.
Per la Commissione
Franz Fischler
Membro della Commissione
ALLEGATO
PRODOTTI DI CUI ALL’ALLEGATO I DEL TRATTATO DESTINATI
ALL’ALIMENTAZIONE UMANA
Carni (e frattaglie) fresche
PORTOGALLO
Carne dos Açores (IGP)
Borrego do Nordeste Alentejano (IGP)
Carne de Porco Alentejano (AOP)
Ortofrutticoli
ITALIA
Pomodoro di Pachino (IGP)
Uva da tavola di Mazzarrone (IGP)
SOMMARIO
REGOLAMENTO (CE) n. 692/2003
DEL CONSIGLIO
del 8 aprile 2003
che modifica il regolamento (CEE)
n. 2081/92 relativo alla protezione
delle indicazioni geografiche e delle
denominazioni di origine dei
prodotti agricoli ed alimentari
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE
EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 37,
vista la proposta della Commissione(1),
visto il parere del Parlamento europeo(2),
visto il parere del Comitato economico
e sociale(3),
visto il parere del Comitato delle regioni(4),
considerando quanto segue:
(1) Il regolamento (CEE) n. 2081/92(5)
non si applica né ai prodotti del
settore vitivinicolo né alle bevande
spiritose. Per evitare un’assenza di
protezione, sembra tuttavia opportuno includere l’aceto di vino
nell’ambito di applicazione di cui
all’articolo 1. Per rispondere alle
attese di taluni produttori, risulta
inoltre necessario ampliare l’elenco di prodotti agricoli di cui all’allegato II del regolamento (CEE) n.
2081/92. È altresì opportuno includere nell’elenco di cui all’allegato I del suddetto regolamento le
derrate derivanti da prodotti dell’allegato I del trattato sottoposti a
lieve trasformazione.
(2) L’allegato I del regolamento
(CEE) n. 2081/92, contenente i
prodotti alimentari che possono
essere registrati, include fra l’altro
(1) GU C 181 E del 30.7.2002, pag. 275.
(2) Parere reso il 5 dicembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU C 241 del 7.10.2002, pag. 57.
(4) Parere reso il 31 luglio 2002 (non ancora
pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(5) GU L 208 del 24.7.1992, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2796/2000 della Commissione (GU L 324 del 21.12.2000, pag. 26).
le acque minerali naturali e le acque di sorgente. L’esame delle domande di registrazione ha evidenziato molteplici problemi. Essi riguardano l’esistenza di nomi
identici per acque distinte, l’esistenza di nomi di fantasia che non
sono coperti dalle disposizioni del
suddetto regolamento, nonché il
fatto che i nomi di cui trattasi mal
si prestano alla registrazione ai
sensi di tale regolamento, in particolare tenuto conto delle conseguenze derivanti dall’articolo 13.
Tali problemi hanno suscitato
molteplici conflitti pratici al momento dell’attuazione del suddetto
regolamento.
(4) L’articolo 4 del regolamento
(CEE) n. 2081/92 stabilisce un
elenco non esaustivo di elementi
che qualunque disciplinare deve
contenere. In taluni casi, per preservare le caratteristiche tipiche dei
prodotti ovvero assicurarne la rintracciabilità o il controllo, il condizionamento deve aver luogo nella zona geografica delimitata. Appare quindi opportuno prevedere
esplicitamente la possibilità di includere tra gli elementi del disciplinare le disposizioni relative al
condizionamento, quando tali circostanze si presentano e sono giustificate.
(3) Le acque minerali e le acque di
sorgente sono già oggetto della direttiva 80/777/CEE del Consiglio,
del 15 luglio 1980, in materia di
ravvicinamento della legislazione
degli Stati membri sull’utilizzazione e la commercializzazione delle
acque minerali naturali(6). Benché
tale direttiva non abbia esattamente la stessa finalità del regolamento (CEE) n. 2081/92, essa offre
tuttavia una regolamentazione sufficiente a livello comunitario delle
suddette acque minerali e acque di
sorgente. Non è pertanto opportuno registrare le denominazioni relative a tali acque. È opportuno
dunque sopprimere le acque minerali e le acque di sorgente dall’allegato I del regolamento (CEE) n.
2081/92. Dato che talune denominazioni erano già state registrate ai
sensi del regolamento (CE) n.
1107/96 della Commissione, del 12
giugno 1996, relativo alla registrazione delle indicazioni geografiche
e delle denominazioni di origine
nel quadro della procedura di cui
all’articolo 17 del regolamento
(CEE) n. 2081/92 del Consiglio(7),
per evitare ogni pregiudizio è opportuno prevedere un periodo
transitorio fino al 31 dicembre
2013, trascorso il quale tali denominazioni non faranno più parte
del registro previsto all’articolo 6,
paragrafo 3 del regolamento
(CEE) n. 2081/92.
(5) È opportuno risolvere in maniera
adeguata, soprattutto al fine di salvaguardare il patrimonio dei produttori degli Stati membri, i casi di
denominazioni geografiche totalmente o parzialmente omonime sia
per quanto riguarda denominazioni conformi ai criteri di registrazione sia per quelle che, pur non
essendo conformi a tali criteri,
soddisfano tuttavia talune condizioni di utilizzazione precisamente stabilite.
(6) GU L 229 del 30.8.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva
96/70/CE (GU L 299 del 23.11.1996,
pag. 26).
(7) GU L 148 del 21.6.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2703/2000 (GU L 311 del
12.12.2000, pag. 25).
(6) È opportuno adattare il riferimento alla norma EN 45011 che figura all’articolo 10 al fine di prevedere eventuali successive modifiche.
(7) Qualora, per motivi debitamente
giustificati, un’associazione o una
persona fisica o giuridica desideri
rinunciare alla registrazione di
un’indicazione geografica o di una
denominazione d’origine, è opportuno prevedere la cancellazione
della denominazione in causa dal
registro comunitario.
(8) L’accordo sugli aspetti dei diritti di
proprietà intellettuale attinenti al
commercio (accordo TRIPS, 1994,
oggetto dell’allegato 1C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio)
comprende disposizioni specifiche
relative all’esistenza, all’acquisizione, alla portata, al mantenimento dei diritti di proprietà intellettuale nonché ai mezzi per farli rispettare.
(9) La protezione mediante registrazione concessa dal regolamento
(CEE) n. 2081/92 è aperta alle de-
SOMMARIO
nominazioni dei paesi terzi su base
di reciprocità e in condizioni di
equivalenza secondo quanto previsto all’articolo 12 del suddetto regolamento. È opportuno precisare
le disposizioni di detto articolo al
fine di garantire che la procedura
comunitaria di registrazione sia disponibile per i paesi che soddisfano le condizioni suddette.
(10) L’articolo 7 del regolamento
(CEE) n. 2081/92 prevede una
procedura di opposizione. Al fine
di adempiere all’obbligo derivante
in particolare dall’articolo 22 dell’accordo TRIPS, è opportuno
precisare tali disposizioni per garantire che i cittadini di tutti i
membri dell’OMC beneficino di
questo regime e che le disposizioni medesime si applichino effettivamente, fatti salvi gli accordi internazionali, secondo quanto previsto all’articolo 12. Il diritto di
opposizione dovrebbe essere concesso ai cittadini dei membri dell’OMC qualora legittimamente interessati e secondo criteri identici
a quelli stabiliti all’articolo 7, paragrafo 4 del regolamento dianzi
citato. Le prove e le valutazioni di
tali criteri devono essere giustificate in riferimento al territorio comunitario, ossia quello in cui si
applica la protezione concessa dal
regolamento.
(11) L’articolo 24, paragrafo 5, dell’accordo TRIPS contempla non solo
i marchi registrati o depositati, ma
anche i casi di marchi che possono
essere acquisiti con l’uso, anteriormente alla data di riferimento prevista, in particolare, la data di protezione della denominazione nel
paese di origine. È opportuno pertanto modificare l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (CEE)
n. 2081/92. La data di riferimento
ivi prevista diventerebbe quella di
protezione nel paese di origine o
quella di presentazione della domanda di registrazione dell’indicazione geografica o della denominazione d’origine, a seconda che si
tratti rispettivamente di una denominazione ai sensi dell’articolo 17
o dell’articolo 5 dello stesso regolamento. Inoltre, all’articolo 14,
paragrafo 1, la data di riferimento
diventerebbe quella di presentazione della domanda di registrazione anziché quella della prima
pubblicazione.
(12) Le misure necessarie per l’attuazione del regolamento (CEE) n.
2081/92 sono adottate secondo la
decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante
modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite
alla Commissione(8).
(13) La procedura semplificata di cui
all’articolo 17 del regolamento
(CEE) n. 2081/92, destinata alla
registrazione delle denominazioni
esistenti, protette o consacrate dall’uso negli Stati membri, non prevede il diritto di opposizione. Per
motivi di certezza del diritto e di
trasparenza è opportuno sopprimere tale disposizione. Occorre
inoltre, per coerenza, sopprimere
il periodo transitorio di cinque
anni previsto all’articolo 13, paragrafo 2 e relativo alle denominazioni registrate ai sensi di tale disposizione, fermo restando tuttavia l’esaurimento del suddetto
periodo transitorio per quanto riguarda le denominazioni registrate
nell’ambito dell’articolo 17 sopra
citato.
(14) Gli elementi sopra illustrati inducono a modificare il regolamento
(CEE) n. 2081/92,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
giudica l’applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 relativo
all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo.
«1. Gli allegati I e II del presente regolamento possono essere modificati
secondo la procedura di cui all’articolo 15.»;
2. all’articolo 4, paragrafo 2, la lettera
e) è sostituita dalla seguente:
«e) la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto agricolo o alimentare e, se del caso, i metodi locali, leali e costanti, nonché gli elementi relativi al condizionamento,
quando l’associazione richiedente
determina e giustifica che il condizionamento deve aver luogo nella
zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità, assicurare la
rintracciabilità o il controllo;»;
3. all’articolo 5, paragrafo 5, il secondo comma è sostituito dal
seguente:»Prima di trasmettere la domanda di registrazione e allorché questa riguarda una denominazione che designa altresì un’area geografica frontaliera, o una denominazione tradizionale
legata a tale area geografica, situata in
un altro Stato membro o in un paese
terzo riconosciuto secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 3, lo
Stato membro investito della domanda
consulta lo Stato membro o il paese terzo in questione.
Il regolamento (CEE) n. 2081/92 è modificato come segue:
1. l’articolo 1, paragrafo 1 è sostituito
dal seguente:
«1. Il presente regolamento stabilisce le
norme relative alla protezione delle
denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti
agricoli destinati all’alimentazione
umana elencati nell’allegato I del
trattato e dei prodotti alimentari
elencati nell’allegato I del presente
regolamento, nonché dei prodotti
agricoli elencati nell’allegato II del
presente regolamento.
«1. Tuttavia, il presente regolamento
non si applica ai prodotti del settore vitivinicolo, ad eccezione degli
aceti di vino, né alle bevande spiritose. Il presente paragrafo non pre(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
Allorché, in seguito alle consultazioni,
le associazioni, o le persone fisiche o
giuridiche interessate di detti Stati raggiungono un accordo su una soluzione
globale, gli Stati in questione possono
presentare alla Commissione una domanda di registrazione comune.
Possono essere adottate norme specifiche secondo la procedura di cui all’articolo 15.»;
4. all’articolo 6, paragrafo 1, è aggiunto il comma seguente:»La Commissione pubblica le domande di registrazione presentate e le relative date di deposito.»;
5. all’articolo 6, è inserito il paragrafo
seguente:
«6. Allorché la domanda riguarda una
denominazione omonima rispetto
ad una denominazione già registra-
SOMMARIO
ta dell’Unione europea o di un paese terzo riconosciuto secondo la
procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 3, prima della registrazione
di cui al paragrafo 3 del presente articolo la Commissione può chiedere il parere del comitato previsto all’articolo 15.
«6. La registrazione di una denominazione omonima conforme al presente regolamento tiene debitamente conto degli usi locali e tradizionali e dei rischi effettivi di
confusione. In particolare:
«6. — una denominazione omonima
che induca erroneamente il pubblico a pensare che i prodotti
sono originari di un altro territorio non è registrata, benché sia
testualmente esatta per quanto
attiene al territorio, alla regione
o alla località di cui sono originari i prodotti agricoli o alimentari,
«6. — l’impiego di una denominazione
omonima registrata è autorizzato esclusivamente in condizioni
pratiche tali da assicurare che la
denominazione omonima registrata successivamente sia ben
differenziata da quella registrata
in precedenza, tenuto conto della necessità di garantire un trattamento equo ai produttori interessati e di non indurre in errore i consumatori.»;
6. all’articolo 10, paragrafo 3, è aggiunto il comma seguente:»La norma o
la versione da applicare della norma EN
45011, alle cui condizioni devono
adempiere gli organismi di controllo
per ottenere l’autorizzazione, è stabilita
o modificata secondo la procedura di
cui all’articolo 15.
La norma equivalente o la versione da
applicare della norma equivalente, allorché si tratta dei paesi terzi di cui all’articolo 12, paragrafo 3, alle cui condizioni devono adempiere gli organismi
di controllo per ottenere l’autorizzazione, è stabilita o modificata secondo la
procedura di cui all’articolo 15.»;
7. all’articolo 11, paragrafo 4, è aggiunto il testo seguente:»La cancellazio-
ne è pubblicata nella Gazzetta ufficiale
dell’Unione europea»;
8. dopo l’articolo 11 è inserito l’articolo seguente:
«Articolo 11 bis
Secondo la procedura di cui all’articolo
15, la Commissione può procedere alla
cancellazione della registrazione di una
denominazione nei casi seguenti:
a) allorché lo Stato che aveva trasmesso la domanda di registrazione iniziale costata che una domanda di
cancellazione, presentata dall’associazione o dalla persona fisica o giuridica interessata, è giustificata e la
trasmette alla Commissione;
b) per motivi debitamente giustificati,
attestanti che il rispetto delle condizioni del disciplinare di un prodotto
agricolo o alimentare che beneficia
di una denominazione protetta non
sarebbe più assicurato.
Norme specifiche possono essere adottate secondo la procedura di cui all’articolo 15.
La cancellazione è pubblicata nella
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.»;
9. all’articolo 12, paragrafo 1, il secondo trattino è sostituito dal seguente:
«— nel paese terzo interessato esistono
un sistema di controllo e un diritto
d’opposizione equivalenti a quelli
definiti dal presente regolamento»;
10. all’articolo 12, è aggiunto il paragrafo seguente:
«3. Su richiesta del paese interessato, la
Commissione constata, secondo la
procedura di cui all’articolo 15, se
un paese terzo soddisfa le condizioni di equivalenza e offre le garanzie ai sensi del paragrafo 1, in
ragione della sua normativa interna.
Se la decisione della Commissione è
affermativa, si applica la procedura
di cui all’articolo 12 bis.»;
11. dopo l’articolo 12 sono inseriti gli
articoli seguenti:
«Articolo 12 bis
1. Nel caso previsto dall’articolo 12,
paragrafo 3, quando un’associazione
o una persona fisica o giuridica, di
cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, di
un paese terzo desidera far registrare una denominazione ai sensi del
presente regolamento, essa trasmette
una domanda di registrazione alle
autorità del paese terzo in cui è situata l’area geografica. La domanda
include per ciascuna denominazione
il disciplinare di cui all’articolo 4.
Prima di trasmettere la domanda di
registrazione e allorché questa riguarda una denominazione che designa altresì un’area geografica frontaliera o una denominazione tradizionale legata a tale area geografica,
situata in uno Stato membro, il paese terzo investito della domanda
consulta lo Stato membro in questione.
Allorché, in seguito alle consultazioni, le associazioni o le persone fisiche o giuridiche interessate di detti
Stati raggiungono un accordo su una
soluzione globale, gli Stati in questione possono presentare alla Commissione una domanda di registrazione comune.
Possono essere adottate norme specifiche secondo la procedura di cui
all’articolo 15.
2. Se il paese terzo di cui al paragrafo 1
ritiene che le condizioni del presente regolamento siano soddisfatte,
esso trasmette la domanda di registrazione alla Commissione corredandola:
a) di una descrizione del contesto
giuridico e dell’uso sulla base dei
quali la denominazione d’origine
o l’indicazione geografica è protetta o consacrata nel paese;
b) di una dichiarazione da cui risulta che gli elementi previsti all’articolo 10 sono soddisfatti sul proprio territorio; e
c) degli altri documenti su cui ha
fondato la propria valutazione.
3. La domanda e tutti i documenti trasmessi alla Commissione sono redatti in una delle lingue ufficiali della
Comunità o sono accompagnati da
una traduzione in una lingua ufficiale della Comunità.
Articolo 12 ter
1. La Commissione verifica, entro un
termine di sei mesi, che la domanda
di registrazione trasmessa da un pae-
SOMMARIO
se terzo includa tutti gli elementi necessari. La Commissione informa il
paese interessato delle proprie conclusioni.
Se la Commissione:
a) è giunta alla conclusione che la
denominazione soddisfa le condizioni per essere protetta, essa
procede alla pubblicazione della
domanda a norma dell’articolo 6,
paragrafo 2. Prima della pubblicazione, la Commissione può chiedere il parere del comitato previsto all’articolo 15;
b) è giunta alla conclusione che la
denominazione non soddisfa le
condizioni per essere protetta,
essa decide, previa consultazione
dello Stato che ha trasmesso la
domanda, secondo la procedura
di cui all’articolo 15, di non procedere alla pubblicazione di cui
alla lettera a).
2. Entro un termine di sei mesi a decorrere dalla data di pubblicazione
prevista al paragrafo 1, lettera a),
qualsiasi persona fisica o giuridica legittimamente interessata può opporsi alla domanda pubblicata ai sensi
del paragrafo 1, lettera a), alle seguenti condizioni:
a) se l’opposizione proviene da uno
Stato membro o da un membro
dell’OMC, si applicano rispettivamente l’articolo 7, paragrafi 1, 2
e 3 o l’articolo 12 quinquies;
b) se l’opposizione proviene da un
paese terzo che soddisfa le condizioni di equivalenza previste dall’articolo 12, paragrafo 3, la dichiarazione di opposizione, debitamente motivata, è trasmessa
allo Stato in cui la persona fisica
o giuridica summenzionata ha residenza o sede, che la trasmette
alla Commissione.
b) La dichiarazione d’opposizione e
tutti i documenti trasmessi alla
Commissione sono redatti in una
lingua ufficiale della Comunità o
sono accompagnati da una traduzione in una lingua ufficiale della
Comunità.
3. La Commissione esamina la ricevibilità conformemente ai criteri previsti
all’articolo 7, paragrafo 4. Tali criteri devono essere provati e valutati in
riferimento al territorio della Comu-
nità. Se una o più opposizioni sono
ricevibili, la Commissione adotta
una decisione secondo la procedura
di cui all’articolo 15, previa consultazione dello Stato che ha trasmesso
la domanda, tenendo conto delle
prassi corrette tradizionalmente seguite e degli effettivi rischi di confusione nel territorio comunitario.
Qualora si decida di procedere alla
registrazione, la denominazione è
iscritta nel registro previsto all’articolo 6, paragrafo 3, e pubblicata a
norma dell’articolo 6, paragrafo 4.
4. Se nessuna dichiarazione di opposizione è notificata alla Commissione,
questa procede all’iscrizione della o
delle denominazioni in questione nel
registro previsto all’articolo 6, paragrafo 3, e alla pubblicazione a norma
dell’articolo 6, paragrafo 4.
Articolo 12 quater
L’associazione o la persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e
2, può chiedere la modifica del disciplinare di una denominazione registrata ai
sensi degli articoli 12 bis e 12 ter, in particolare per tener conto dell’evoluzione
delle conoscenze scientifiche e tecniche
o per rivederne la delimitazione geografica.
Si applica la procedura di cui agli articoli 12 bis e 12 ter.
La Commissione può tuttavia decidere,
secondo la procedura di cui all’articolo
15, di non applicare la procedura prevista agli articoli 12 bis e 12 ter, qualora
la modifica sia di scarsa rilevanza.
Articolo 12 quinquies
1. Entro sei mesi a decorrere dalla data
di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, prevista
all’articolo 6, paragrafo 2 e relativa a
una domanda di registrazione presentata da uno Stato membro, qualsiasi persona fisica o giuridica legittimamente interessata di un membro
dell’OMC o di un paese terzo riconosciuto secondo la procedura di cui
all’articolo 12, paragrafo 3, può opporsi alla registrazione prevista mediante l’invio di una dichiarazione,
debitamente motivata, allo Stato nel
quale risiede o è stabilita, che la trasmette alla Commissione, redatta o
tradotta in una lingua della Comunità. Gli Stati membri provvedono
affinché qualunque persona di un
membro dell’OMC o di un paese
terzo riconosciuto secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo
3, in grado di dimostrare un legittimo interesse economico sia autorizzata a consultare la domanda di registrazione.
2. La Commissione esamina la ricevibilità delle opposizioni conformemente ai criteri previsti all’articolo 7, paragrafo 4. Tali criteri devono essere
provati e valutati in riferimento al
territorio della Comunità.
3. Se l’opposizione è ricevibile, la
Commissione adotta una decisione
secondo la procedura di cui all’articolo 15, previa consultazione dello
Stato che ha trasmesso la domanda
di opposizione, tenendo conto delle
prassi corrette tradizionalmente seguite e degli effettivi rischi di confusione. Se si decide di procedere alla
registrazione, la Commissione procede alla pubblicazione a norma dell’articolo 6, paragrafo 4.»;
12. l’articolo 13 è modificato come segue:
a) il paragrafo 4 è sostituito dal seguente:
a) «4. Per quanto riguarda le denominazioni la cui registrazione è richiesta ai sensi dell’articolo 5 o
dell’articolo 12 bis, un periodo
transitorio non superiore a cinque anni può essere previsto, nel
quadro dell’articolo 7, paragrafo
5, lettera b), dell’articolo 12 ter,
paragrafo 3 e dell’articolo 12
quinquies, paragrafo 3, solo nel
caso in cui un’opposizione sia
stata dichiarata ricevibile in
quanto la registrazione della denominazione proposta danneggerebbe l’esistenza di una denominazione totalmente o parzialmente omonima o l’esistenza di
prodotti che si trovano legalmente sul mercato da almeno
cinque anni prima della data di
pubblicazione prevista all’articolo 6, paragrafo 2.
a) Questo periodo transitorio può essere previsto solo a condizione che le
imprese abbiano legalmente immesso in commercio i prodotti in questione utilizzando in modo continuativo tali denominazioni durante
SOMMARIO
almeno i cinque anni che precedono
la data di pubblicazione prevista all’articolo 6, paragrafo 2.»;
b) è aggiunto il paragrafo seguente:
b) «5. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 14, la Commissione
può decidere, secondo la procedura di cui all’articolo 15, di far
coesistere una denominazione
registrata e una denominazione
non registrata che designa un
luogo di uno Stato membro o di
un paese terzo riconosciuto secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 3, qualora
questa denominazione sia identica alla denominazione registrata, purché siano soddisfatte le
seguenti condizioni:
b) «5. — la denominazione identica
non registrata sia stata legalmente utilizzata durante almeno i venticinque anni precedenti l’entrata in vigore del
regolamento (CEE) n.
2081/92, sulla base di prassi
leali e costanti,
b) «5. — sia provato che tale uso non
abbia inteso sfruttare, in alcun momento, la reputazione
della denominazione registrata e che non abbia indotto né
abbia potuto indurre il pubblico in errore quanto alla
vera origine del prodotto, e
b) «5. — il problema relativo alla denominazione identica sia stato evocato prima della registrazione della denominazione.
b) La coesistenza della denominazione
registrata e della denominazione
identica non registrata in questione
può durare al massimo per un periodo di quindici anni, trascorso il
quale la denominazione non registrata non può continuare ad essere
utilizzata.
b) L’impiego della denominazione geografica non registrata è autorizzato
solamente se lo Stato di origine è
chiaramente e visibilmente indicato
sull’etichetta.»;
13. l’articolo 14 è modificato nel
modo seguente:
a) il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:
a) «1. Qualora una denominazione
d’origine o un’indicazione geografica sia registrata ai sensi del
presente regolamento, la domanda di registrazione di un marchio corrispondente ad una delle situazioni di cui all’articolo 13
e concernente lo stesso tipo di
prodotto viene respinta, purché
la domanda di registrazione del
marchio sia presentata alla Commissione successivamente alla
data di presentazione della domanda di registrazione della denominazione d’origine o dell’indicazione geografica.
a) I marchi registrati in modo contrario
al primo comma sono annullati.»;
b) il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
b) «2. Nel rispetto del diritto comunitario, l’uso di un marchio corrispondente ad una delle situazioni di cui all’articolo 13, depositato, registrato o, nei casi in cui
ciò sia previsto dalla normativa
pertinente, acquisito con l’uso in
buona fede sul territorio comunitario, anteriormente alla data
di protezione nel paese d’origine o anteriormente alla data di
presentazione della domanda di
registrazione della denominazione d’origine o dell’indicazione geografica alla Commissione,
può proseguire, nonostante la
registrazione di una denominazione d’origine o di un’indicazione geografica, qualora il marchio non incorra nella nullità o
decadenza per i motivi previsti
dalla direttiva 89/104/CEE del
Consiglio, del 21 dicembre
1988, sul ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri
in materia di marchi d’impresa(9), e/o dal regolamento (CE)
n. 40/94 del Consiglio, del 20
dicembre 1993, sul marchio comunitario(10).»;
14. l’articolo 15 è sostituito dal seguente:
«Articolo 15
1. La Commissione è assistita dal comitato per le denominazioni d’origi(9) GU L 40 dell’11.2.1989, pag. 1.
(10) GU L 11 del 14.1.1994, pag. 1.
ne e le indicazioni geografiche, composto da rappresentanti degli Stati
membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al
presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione
1999/468/CE.
Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE
è fissato a tre mesi.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
4. Il comitato può prendere in esame
ogni altra questione sollevata dal
Presidente, sia su iniziativa di quest’ultimo, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro.»;
15. l’articolo 13, paragrafo 2 e l’articolo 17 sono abrogati. Tuttavia, le disposizioni di questi articoli continuano
ad applicarsi alle denominazioni registrate o a quelle la cui registrazione è
stata chiesta secondo la procedura di cui
all’articolo 17 prima dell’entrata in vigore del presente regolamento;
16. gli allegati I e II sono sostituiti dagli allegati I e II del presente regolamento.
Articolo 2
Il presente regolamento entra in vigore
il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto salvo l’articolo 1, punto 16), gli
articoli 5 e 17 continuano ad applicarsi
alle domande di registrazione di denominazioni di acque minerali naturali e
di acque di sorgente la cui registrazione è stata chiesta prima dell’entrata in
vigore del presente regolamento.
Le acque minerali naturali e le acque di
sorgente già registrate o quelle che potrebbero eventualmente essere registrate in seguito all’applicazione del secondo comma continuano a figurare nel registro previsto all’articolo 6, paragrafo
3, del regolamento (CEE) n. 2081/92 e
a beneficiare della protezione accordata
da tale regolamento fino al 31 dicembre
2013.
Il presente regolamento è obbligatorio
in tutti i suoi elementi e direttamente
applicabile in ciascuno degli Stati membri.
SOMMARIO
Fatto a Lussemburgo, addì 8 aprile
2003.
Per il Consiglio
Il Presidente
G. Drys
ALLEGATO I
«ALLEGATO I
Prodotti alimentari di cui all’articolo 1,
paragrafo 1:
— Birre
— Bevande a base di estratti di piante
— Prodotti della panetteria, pasticceria,
confetteria e biscotteria
— Gomme e resine naturali
— Pasta di mostarda
— Paste alimentari»
ALLEGATO II
«ALLEGATO II
Prodotti agricoli di cui all’articolo 1,
paragrafo 1:
— Fieno
— Oli essenziali
— Sughero
— Cocciniglia (prodotto greggio di origine animale)
— Fiori e piante ornamentali
— Lana
— Vimine»
GIURISPRUDENZA DELLA
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE
COMUNITÀ EUROPEE (*)
SENTENZA DELLA CORTE DI
GIUSTIZIA
del 8 aprile 2003
nei procedimenti riuniti C-53/01C-55/01 (di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, a norma dell’art.
234 CE dal Bundesgerichtshof (Germania)): Linde Ag (C-53/01),
Winward Industries Inc. (C-54/01) e
Rado Uhren AG (C-55/01)
(Ravvicinamento delle legislazioni Marchi d’impresa - Direttiva 89/104/
CEE - Impedimenti alla registrazione Art. 3, n. 1, lett. b), c) ed e) - Marchio
tridimensionale costituito dalla forma
del prodotto - Carattere distintivo - Interesse generale al mantenimento della
disponibilità di taluni segni)
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 Secondo il primo ‘considerando’, la
direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri sui marchi allo scopo di sopprimere le disparità esistenti che possono ostacolare la libera circolazione dei
prodotti e la libera prestazione dei servizi, nonché falsare le condizioni di
concorrenza nel mercato comune.
4 L’art. 2 della direttiva, intitolato
«Segni suscettibili di costituire un marchio di impresa», così dispone:
«Possono costituire marchi di impresa
tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del
prodotto o il suo confezionamento, a
condizione chetali segni siano adatti a
distinguere i prodotti o i servizi di
un’impresa da quelli di altre imprese».
(Lingua processuale: tedesco)
1 Con ordinanza 23 novembre 2000,
pervenuta alla Corte l’8 febbraio 2001,
il Bundesgerichtshof ha sottoposto, a
norma dell’art. 234 CE, due questioni
pregiudiziali relative all’interpretazione
dell’art. 3, n. 1, lett. b), c) ed e), della
prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri in materia di marchi d’impresa
(GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la
«direttiva»).
2 Tali questioni sono state sollevate
nell’ambito di tre controversie tra, rispettivamente, la Linde AG (in prosieguo: la «Linde»), la Winward Industries
Inc. (in prosieguo: la «Winward») e la
Rado Uhren AG (in prosieguo: la
«Rado»), da un lato, e il Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio marchio
e brevetti tedesco), dall’altro, vertenti
sul rigetto, da parte di quest’ultimo, di
talune domande di registrazione di
marchi delle dette società per mancanza di carattere distintivo.
(*) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono
resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale della
Corte di Giustizia. L’unico testo delle
sentenze che fa fede è quello pubblicato
nella «Raccolta della Giurisprudenza
della Corte e del Tribunale di primo grado».
5 L’art. 3 della direttiva, che elenca gli
impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità, così recita:
«1. Sono esclusi dalla registrazione, o,
se registrati, possono essere dichiarati nulli:
«1. a) i segni che non possono costituire un marchio di impresa;
«1. b) i marchi di impresa privi di carattere distintivo;
«1. c) i marchi di impresa composti
esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie,
la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza
geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della
prestazione del servizio, o altre
caratteristiche del prodotto o
servizio;
«1. d) i marchi di impresa composti
esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso
comune nel linguaggio corrente
o negli usi leali e costanti del
commercio;
«1. e) i segni costituiti esclusivamente:
«1. e) — dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto;
SOMMARIO
«1. e) — dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico;
«1. e) — dalla forma che dà un valore
sostanziale al prodotto;
7 Ai sensi dell’art. 8, n. 1, del Markengesetz, sono esclusi dalla registrazione
come marchi i segni che non possono
essere oggetto di tutela ai sensi del precedente art. 3 né possono essere rappresentati graficamente.
8 L’art. 8, n. 2, del Markengesetz così
dispone:
(...)
3. Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai
sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o
d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne
è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. Gli Stati membri
possono inoltre disporre che la presente disposizione sia anche applicabile quando il carattere distintivo è
stato acquisito dopo la domanda di
registrazione o dopo la registrazione
stessa.
(...)».
«Sono esclusi dalla registrazione i marchi
1. privi di qualsiasi carattere distintivo
per i prodotti o i servizi,
2. composti esclusivamente da segni o
indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la
qualità, la quantità, la destinazione, il
valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del
prodotto o della prestazione del servizio, ovvero altre caratteristiche dei
medesimi,
La normativa nazionale
6 A termini dell’art. 3 del Gesetz über
den Schutz von Marken und sonstigen
Kennzeichnungen (legge tedesca sulla
tutela dei marchi d’impresa e di altri segni distintivi) 25 ottobre 1994 (in BGBl.
1994 I, pag. 3082; in prosieguo:
il«Markengesetz»), legge di attuazione
della direttiva nell’ordinamento giuridico tedesco, entrata in vigore il 1° gennaio 1995:
«1) Possono essere tutelati come marchi d’impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di
persona, i disegni, le lettere, le cifre, i segnali acustici, le raffigurazioni tridimensionali, nonché la
forma di un prodotto o il suo confezionamento, al pari di altre presentazioni, nonché i colori e le
combinazioni di colori, che siano
atti a distinguere i prodotti e i servizi di un’impresa da quelli di altre
imprese.
3. composti esclusivamente da segni o
indicazioni divenuti di uso comune
nel linguaggio corrente o negli usi
leali e costanti del commercio per
designare il prodotto o la prestazione di servizi.
(...)».
9 Ai sensi dell’art. 8, n. 3, del Markengesetz, l’applicazione delle disposizioni
di cui ai punti 1, 2 e 3 del n. 2 del medesimo articolo è esclusa quando, anteriormente alla data della decisione sulla
registrazione del marchio e successivamente all’uso che ne sia stato fatto per
i prodotti o servizi oggetto della domanda diregistrazione, la registrazione
stessa si sia imposta nei settori commerciali interessati.
I procedimenti principali e le questioni
pregiudiziali
2) Non possono essere tutelati come
marchi i segni costituiti esclusivamente da una forma
10 Le presenti domande di pronuncia
pregiudiziale sono scaturite da tre distinte controversie.
2) 1. imposta dalla natura stessa del
prodotto,
11 Nella prima controversia (procedimento C-53/01), la Linde ha presentato domanda di registrazione di un veicolo quale marchio tridimensionale per
i prodotti «attrezzi agricoli motorizzati
e ulteriori macchinari mobili con cabina di guida, e in special modo carrelli
elevatori a forca». Tale domanda veniva
respinta dal Deutsches Patent- und
Markenamt per mancanza di carattere
distintivo.
2) 2. necessaria per ottenere un risultato tecnico,
2)
o
2) 3. che dà un valore sostanziale al
prodotto».
12 Il Bundespatentgericht (giudice federale in materia di proprietà industriale) (Germania) respingeva il ricorso
proposto dalla Linde avverso la detta
decisione di rigetto, in base al rilievo
che il marchio di cui trattasi sarebbe totalmente privo di qualsiasi carattere distintivo. A tal riguardo rilevava che «il
mercato ravvisa nella detta raffigurazione solamente il prodotto stesso, senza
attribuirgli alcuna funzione distintiva
fintantoché il prodotto stesso circoli
entro i limiti commerciali abituali. La
linea del prodotto non va al di là di un
design industriale moderno. Il prodotto non si discosta sufficientemente,
quanto ai suoi connotati, dalla linea abituale di qual genere di prodotti, in
modo da consentire al mercato di ravvisarvi non solo una variazione qualunque di forme note, bensì anche il segno
distintivo dell’impresa».
13 Nella seconda controversia (procedimento C-54/01), la Winward presentava domanda di registrazione di una
lampada tascabile quale marchio tridimensionale. Tale domanda veniva respinta dal Deutsches Patent- und
Markenamt in base al rilievo che il marchio di cui era stata chiesta la registrazione sarebbe sprovvisto di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 8, n.
2, punto 1, del Markengesetz.
14 Il Bundespatentgericht escludeva
parimenti la registrabilità del marchio
per assenza di qualsiasi carattere distintivo. Il detto giudice rilevava al riguardo che «si tratta di una forma tipica di
torcia-pila che, nonostante una certa
eleganza, rimane nei comuni canoni del
mercato. In questo settore merceologico, il consumatore non ravvisa, nella
forma del prodotto, alcun riferimento
all’impresa d’origine. In considerazione
delle esigue differenze rispetto ai prodotti della concorrenza, anche il consumatore più attento sarebbe difficilmente in grado di riconoscere a memoria un
determinato produttore».
15 La terza controversia (procedimento C-55/01) verte su una domanda
di registrazione presentata dalla Rado,
relativa ad un marchio tridimensionale
già oggetto di registrazione quale marchio internazionale con il n. 640 196 e
di cui la società medesima è proprietaria, marchio consistente nella rappresentazione grafica di un orologio da
polso. Tale domanda veniva respinta dal
Deutsches Patent- undMarkenamt per
mancanza di carattere distintivo ed in
considerazione dell’esigenza di garantire la libera disponibilità («Freihaltebedürfnis»).
SOMMARIO
16 Il ricorso avverso tale decisione
proposto dalla Rado dinanzi al Bundespatentgericht veniva respinto. A parere del detto giudice, la rappresentazione tridimensionale di una cassa d’orologio munita di quadrante, coperto o
meno, e di un bracciale segmentato corrispondente alla larghezza del quadrante, difetterebbe, nella sua concreta rappresentazione, del necessario carattere
distintivo. Il Bundespatentgericht rilevava parimenti che «la tutela non può
derivare solamente da un design originale tale da fornire un’indicazione
quanto all’origine del prodotto che
consenta di superare l’esigenza di libera disponibilità della forma elementare
del prodotto e l’assenza di carattere distintivo. Ai fini dell’accertamento dell’originalità del prodotto ovvero dei
suoi componenti, occorre prendere in
considerazione un criterio piuttosto rigido, in quanto il prodotto ed i suoi
componenti costituiscono il mezzo più
significativo della loro rappresentazione
e la loro monopolizzazione rischia di
ostacolare i concorrenti nella realizzazione dei propri prodotti, raggiungendo quantomeno i limiti dell’esigenza di
libera disponibilità.»
17 Le tre dette decisioni del Bundespatentgericht veniva impugnate dinanzi al Bundesgerichtshof.
18 Il Bundesgerichtshof rilevava che
l’accoglimento delle impugnazioni dipendeva dall’interpretazione dell’art. 3,
n. 1, lett. b), c) ed e), della direttiva.
19 A parere del Bundesgerichtshof,
non sussisterebbe alcun elemento in
base al quale il carattere distintivo
astratto, previsto dall’art. 2 della direttiva, debba essere negato ai marchi tridimensionali. Tale disposizione imporrebbe che il marchio sia idoneo a distinguere astrattamente prodotti o
servizi. L’esigenza di un carattere distintivo concreto per i prodotti o servizi oggetto della domanda di registrazione risulterebbe dall’art. 3, n. 1, lett.
b), della direttiva.
20 Il Bundesgerichtshof rilevava parimenti che gli impedimenti assoluti alla
registrazione di cui all’art. 3, n. 1, lett.
e), della direttiva, dovrebbero essere
esclusi. A tal riguardo osservava che per quanto concerne i marchi di cui era
stata chiesta la registrazione da parte
della Linde e della Rado - tali marchi
presentavano, oltre alle caratteristiche
generali - dettate da motivi tecnici - della forma elementare dei relativi prodotti, una serie di caratteristiche di forma
non imposte esclusivamente né dalla
natura stessa del prodotto né da considerazioni tecniche o attinenti al valore
del prodotto medesimo. Nel procedimento C-54/01 (Winward) il Bundesgerichtshof rilevava parimenti che il marchio di cui trattasi presentava caratteristiche che andavano al di là della forma
elementare, determinata da esigenze
tecniche, di una lampada tascabile, che
non potevano essere né imputate unicamente alla natura stessa del prodotto né
considerate necessarie all’ottenimento
di un determinato risultato tecnico.
21 Il giudice di rinvio riteneva quindi
necessario verificare se i marchi oggetto delle tre controversie siano privi di
qualsiasi carattere distintivo ai sensi
dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva
ovvero se sussista un impedimento assoluto di registrazione ai sensi della lett.
c) della medesima disposizione.
22 Dall’ordinanza di rinvio del procedimento C-53/01 (Linde) emerge che la
giurisprudenza del Bundespatentgericht
relativa all’art. 8, n. 2, punto 1, del
Markengesetz - vale a dire la disposizione nazionale corrispondente all’art.
3, n. 1, lett. b), della direttiva - postula
per i marchi tridimensionali costituiti
dalla forma del prodotto requisiti più
severi sotto il profilo del carattere distintivo rispetto ad altri marchi. A motivazione di tali più severi requisiti relativi al carattere distintivo, il Bundespatentgericht si richiama alla correlata
esigenza di libera disponibilità nonché
alle differenze intrinseche tra il diritto
di marchio, da un lato, diretto a contraddistinguere la provenienza del prodotto e, dall’altro, i diritti volti alla tutela di forme e modelli, in particolare la
normativa in materia di modelli ornamentali.
23 Il Bundesgerichtshof osservava,
tuttavia, di non aver ravvisato motivo
per applicare ai marchi tridimensionali,
costituiti dalla forma del prodotto stesso, requisiti più severi quanto al loro
carattere distintivo, rispetto ai marchi di
forma tradizionale. A suo parere, tali
più severi requisiti quanto al carattere
distintivo del marchio non potrebbero
trovare giustificazione in concreti elementi relativi all’interesse del mercato a
mantenere la forma del prodotto liberamente disponibile per altri imprenditori.
24 Secondo il giudice di rinvio, la
Corte avrebbe parimenti escluso, nell’esame del carattere distintivo di un marchio, differenziazioni a seconda dell’accertato interesse alla libera disponibilità
di una determinata determinazione geografica (v. sentenza 4 maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I-2779,
punto 48). L’interesse a mantenere una
disponibilità generale delle forme grafiche non dovrebbe rivestire - a prescindere dalla possibile rilevanza con riguardo all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva - alcuna importanza quanto al
carattere distintivo concreto ai sensi
della lett. b) della detta disposizione.
25 Quanto all’interpretazione dell’art.
3, n. 1, lett. c), della direttiva, il Bundesgerichtshof riteneva che tale disposizione si applicasse autonomamente a
tutti i tipi di marchi, vale a dire anche
ai marchi costituiti dalla forma del prodotto, a prescindere dal disposto di cui
alla successiva lett. e). Secondo tale
orientamento, l’esigenza di libera disponibilità delle forme tridimensionali
del prodotto dovrebbe essere considerata immanente nell’art. 3, n. 1, lett. c),
e non andrebbe ricavata mediante
un’interpretazione estensiva del n. 1,
lett. e), della disposizione medesima. A
parere del Bundesgerichtshof, da tale
impostazione deriverebbe che la registrazione come marchio sarebbe possibile, nella maggior parte dei casi, unicamente per i marchi che abbiano acquisito un carattere distintivo per effetto di
uso ai sensi dell’art. 3, n. 3, primo periodo, della direttiva.
26 Ciò premesso, il Bundesgerichtshof decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, redatte in
termini identici nelle tre menzionate
controversie:
«1) Se, ai fini dell’accertamento, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, del carattere distintivo dei
marchi tridimensionali, che rappresentino la forma del prodotto, occorra applicare criteri più restrittivi
rispetto ad altri tipi di marchio.
2) Se l’art. 3, n. 1, lett. c), possieda, al
pari dell’art. 3, n. 1, lett. e), un significato autonomo con riguardo ai
marchi tridimensionali, che rappresentino la forma del prodotto. In
caso affermativo, se nell’esame dell’art. 3, n. 1, lett. c) - altrimenti della lett. e) - debba essere preso in
considerazione l’interesse del mercato alla libera disponibilità della forma del prodotto nel senso che la registrazione, in linea di principio, sia
SOMMARIO
esclusa e possa essere presa in considerazione unicamente per quei marchi rispondenti ai requisiti previsti
dall’art. 3, n. 3, primo periodo, della
direttiva medesima».
27 Con ordinanza del presidente della Corte 15 marzo 2001, i tre procedimenti venivano riuniti ai fini della fase
scritta, di quella orale e della sentenza.
Sulla prima questione
28 Con la prima questione il giudice
rinvio chiede se, ai fini della valutazione del carattere distintivo, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, di
un marchio tridimensionale costituito
dalla forma di un prodotto, debbano essere applicati criteri più severi rispetto
a quelli utilizzati per altri tipi di marchi.
Osservazioni depositate dinanzi alla
Corte
29 La Winward e la Linde ritengono
che, quanto al carattere distintivo, la tutela dei marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto non debba
essere subordinata a requisiti più severi
rispetto a quelli applicabili ad altri tipi
di marchi.
30 Secondo la Winward, la Corte
avrebbe già escluso che dall’esigenza di
disponibilità possano discendere requisiti supplementari per quanto attiene al
carattere distintivo (v., in tal senso, la
menzionata sentenza Windsurfing
Chiemsee, punto 48).
31 La Winward e la Rado deducono
che occorrerebbe utilizzare un criterio
di analisi uniforme per tutti i tipi di
marchi al fine di determinare se un segno sia idoneo a distinguere i prodotti
o i servizi di un’impresa rispetto a quelli di altre imprese. Solamente l’art. 3, n.
1, lett. e), della direttiva conterrebbe
una disposizione derogatoria espressa
per i marchi tridimensionali. Per contro, il n. 1, lett. b), del medesimo articolo non opererebbe alcuna distinzione
tra i marchi costituiti da una forma, da
un lato, e gli altri tipi di marchi, dall’altro. Al fine di poter valutare il carattere distintivo concreto di un marchio costituito da una forma, nonoccorrerebbe quindi applicare criteri più
severi rispetto a quelli relativi ad altri
tipi di marchi.
32 Il governo austriaco sostiene che,
quando la forma di un segno tridimensionale risulti conforme alle attese del
consumatore con riguardo alla forma
data al prodotto o all’imballaggio, dovrebbe ritenersi che il mercato interessato non individuerà in tale forma indicazioni che consentano di identificare il
prodotto come proveniente da una determinata impresa. A parere del medesimo governo, non si tratterebbe, a tal
riguardo, di definire criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi
tridimensionali più severi, bensì occorrerebbe tener conto del fatto che la varietà delle forme che possono essere
date ai prodotti e al loro confezionamento potrebbe rendere più difficile,
per taluni settori commerciali, individuare un marchio nella forma di un
prodotto o in un determinato confezionamento.
33 A parere del governo del Regno
Unito, l’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, non distinguerebbe tra i marchi
costituiti dalla forma del prodotto e gli
altri segni idonei a costituire un marchio ai sensi del precedente art. 2. L’art.
3, n. 1, lett. e), della direttiva medesima,
costituirebbe l’unica disposizione specificamente attinente alla registrazione
dei segni tridimensionali. Correttamente interpretata, la detta direttiva terrebbe pienamente conto dell’interesse rappresentato per il commercio dal fatto
che le forme dei prodotti stessi siano
mantenute disponibili per l’utilizzazione da parte dei concorrenti.
34 Tuttavia, tanto il governo del Regno Unito quanto quello austriaco osservano che, sebbene i criteri di valutazione del carattere distintivo siano
identici per tutti i marchi, nella pratica
un’impresa si troverà verosimilmente di
fronte a maggiori difficoltà per dimostrare il carattere distintivo - ai sensi
dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva di un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto rispetto al
caso in cui si tratti di un marchio verbale o figurativo.
35 Orbene, per quanto attiene ai marchi verbali o figurativi, il consumatore
medio sarebbe abituato al fatto che parole, logo e segni analoghi possono
svolgere un ruolo importante nell’indicazione dell’origine commerciale dei
prodotti sui quali vengono apposti. Per
contro, per quanto riguarda vari prodotti, le principali caratteristiche dei
medesimi verrebbero influenzate dalla
loro funzione e prodotti di uno stesso
tipo presenterebbero, per tale motivo,
molte analogie, ragion per cui nessuna
forma si distinguerebbe in particolare.
Inoltre, il carattere distintivo della forma dovrebbe essere parimenti valutato
con riguardo alle variazioni normali del
prodotto di cui trattasi. Il governo del
Regno Unito deduce che, se le differenti caratteristiche di forma rientrano
nelle variazioni normali di un prodotto,
sarebbe improbabile che il consumatore medio attribuisca al prodotto stesso
il significato di un marchio.
36 La Commissione sostiene che oltre
all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, che
esclude la registrazione della forma di
un prodotto quando l’impresa possamonopolizzare tale forma a danno dei
concorrenti o dei consumatori, la direttiva non contemplerebbe criteri specifici riguardanti le forme che possano costituire oggetto di una domanda di registrazione. Ai fini della valutazione del
carattere distintivo di un marchio, ai
sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, non occorrerebbe, quindi, applicare ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma di un prodotto criteri
più severi rispetto a quelli utilizzati per
altri tipi di marchi.
Giudizio della Corte
37 Si deve anzitutto ricordare l’art. 2
della direttiva prevede che possono costituire marchi d’impresa tutti i segni
che possono essere, da un lato, riprodotti graficamente e, dall’altro, adatti a
distinguere i prodotti o i servizi di
un’impresa da quelli di altre imprese.
38 Ne consegue che un segno tridimensionale che riproduce la forma di
un prodotto può, in linea di principio,
costituire un marchio sempreché siano
soddisfatti due criteri (v. sentenza 18
giugno 2002, causa C-299/99, Philips,
Racc. pag. I-5475, punto 73).
39 Inoltre, in virtù della norma contenuta nell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, sono esclusi dalla registrazione
ovvero, se registrati, possono essere dichiarati nulli, i marchi privi di carattere
distintivo.
40 Il carattere distintivo di un marchio ai sensi della detta disposizione
implica che tale marchio sia atto a identificare il prodotto per il quale sia richiesta la registrazione come preveniente da una determinata impresa e, quindi, a distinguere tale prodotto da quelli
di altre imprese (v. la menzionata sentenza Philips, punto 35).
SOMMARIO
41 Inoltre, il carattere distintivo di un
marchio deve essere valutato con riguardo, da un lato, ai prodotti o ai servizi per i quali ne sia stata chiesta la registrazione e, dall’altro, alle aspettative
dei settori interessati, costituiti dai consumatori dei prodotti o servizi medesimi. Si tratta, secondo la giurisprudenza
della Corte, dell’aspettativa presunta di
un consumatore medio dei prodotti o
servizi in questione, normalmente
informato e ragionevolmente attento ed
avveduto (v. le sentenze 16 luglio 1998,
causa C-210/96, Gur Springenhei e Tusky, Racc. pag. I-4657, punto 31, e Philips, citata supra, punto 63).
42 Al punto 48 della menzionata sentenza Philips la Corte ha infine rilevato
che i criteri di valutazione del carattere
distintivo dei marchi tridimensionali
costituiti dalla forma del prodotto non
sono diversi da quelli applicabili alle altre categorie di marchi. Infatti, l’art. 3,
n. 1, lett. b), della direttiva, non opera
alcuna distinzione tra le singole categorie di marchi per quanto attiene alla valutazione del loro carattere distintivo.
43 Solamente l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, individua espressamente taluni segni costituiti dalla forma del prodotto, elencando i motivi di impedimento allaregistrazione di tali segni. Ai
sensi di tale disposizione, sono esclusi
dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto,
dalla forma del prodotto necessaria per
ottenere un risultato tecnico, e dalla
forma che dà un valore sostanziale al
prodotto.
44 Atteso che l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, costituisce un ostacolo preliminare che può impedire la registrazione di un segno costituito esclusivamente dalla forma di un prodotto, ne
consegue che, qualora sia soddisfatto
anche uno solo dei criteri ivi menzionati, il segno non potrà essere registrato come marchio. Inoltre, non potrà
mai acquisire carattere distintivo per
l’uso che ne sia stato fatto ai sensi del
n. 3 della detta disposizione (v. la sentenza Philips, citata supra, punti 74-76).
45 Tuttavia, nell’ipotesi in cui tale
ostacolo preliminare risulti superato,
resta necessario verificare se la registrazione del segno tridimensionale costituito dalla forma di un prodotto debba
essere negata in considerazione di uno
o più impedimenti tra quelli indicati
nelle lett. b)-d) della detta disposizione.
46 Per quanto attiene all’art. 3, n. 1,
lett. e), della direttiva, si deve rilevare
che né dall’economia della direttiva né
dal tenore di tale disposizione emerge
che, ai fini della valutazione del carattere distintivo di un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto
stesso, debbano essere applicati criteri
più severi rispetto a quelli utilizzati per
altre categorie di marchi.
47 Infatti, come risulta dal precedente
punto 40, il criterio del carattere distintivo esige che, con riguardo a qualsiasi
marchio, esso sia idoneo ad identificare
il prodotto come proveniente da una
determinata impresa, distinguendolo,
quindi, dai prodotti di altre imprese.
48 Resta il fatto, come correttamente
osservato dai governi austriaco e del
Regno Unito nonché dalla Commissione, che, in pratica, il carattere distintivo
di un marchio costituito dalla forma di
un prodotto può risultare, alla luce dei
criteri richiamati ai precedenti punti 40
e 41, più difficile da dimostrare rispetto a quello di un marchio verbale o figurativo. Tale difficoltà, da cui può scaturire il diniego di registrazione di marchi di tale natura, non esclude, tuttavia,
che essi possano acquisire carattere distintivo a seguito dell’uso che ne sia fatto ed essere, conseguentemente, registrati in quanto marchi sulla base dell’art. 3, n. 3, della direttiva.
49 Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione deve essere
risolta nel senso che, ai fini della valutazione del carattere distintivo, a termini dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, di un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto, non
occorre applicare criteri più severi rispetto a quelli utilizzati per altri tipi di
marchi.
Sulla seconda questione
50 Con il primo capo della seconda
questione, il giudice di rinvio chiede se,
oltre all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, anche il successivo n. 1, lett. c), sia
rilevante per i marchi tridimensionali
costituiti dalla forma del prodotto.
51 Quanto al secondo capo della seconda questione, si deve osservare che
essa si riferisce a due distinte ipotesi, a
seconda della soluzione che la Corte intende accogliere per il primo capo della stessa questione.
52 Nell’ipotesi in cui, oltre all’art. 3,
n. 1, lett. e), della direttiva, la disposizione di cui alla precedente lett. c) rilevi per i marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto, il giudice di
rinvio chiede se, ai fini dell’interpretazione di quest’ultima disposizione, occorra tener conto dell’interesse generale del mercato alla libera disponibilità
della forma del prodotto, dimodoché la
registrazione sarebbe esclusa, in linea di
principio, e risulterebbe possibile, in linea generale, solamente per i marchi rispondenti ai requisiti di cui all’art. 3, n.
3, primo periodo, della direttiva.
53 In caso di soluzione negativa al
primo capo della seconda questione,
vale a dire nell’ipotesi in cui solamente
l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva si applichi ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto, il giudice di rinvio chiede tuttavia se, ai fini
dell’interpretazione di tale disposizione,
occorra tener parimenti conto dell’interesse generale del commercio a mantenere disponibile la forma del prodotto.
Osservazioni depositate dinanzi alla
Corte
54 La Linde sostiene che, oltre all’art.
3, n. 1, lett. e), della direttiva, anche la
disposizione di cui alla precedente lett.
c) presenti significato autonomo per i
marchi tridimensionali. L’esigenza di libera disponibilità, valutata alla luce di
bisogni concretamente accertati della
concorrenza, dovrebbe essere esaminata con riguardo a quest’ultima disposizione, dopo aver verificato che l’esigenza di disponibilità assoluta risultante
dalla lett. e) del n. 1 dell’art. 3 non costituisca impedimento alla registrazione
del marchio tridimensionale depositato.
55 La Linde ritiene che l’esistenza di
tale esigenza di disponibilità debba essere riconosciuta solamente per talune
forme, imposte da vincoli tecnici o estetici connessi alla natura del prodotto o
al suo imballaggio, vale a dire nella sfera di applicazione dell’art. 3, n. 1, lett.
e), della direttiva. Per quanto attiene
alle altre forme di prodotto e di imballaggi, sarebbe sufficiente esaminare,
caso per caso, il carattere distintivo e
l’esigenza di disponibilità.
SOMMARIO
56 La Winward ritiene che gli impedimenti assoluti alla registrazione indicati nell’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, si applichino unicamente qualora
sussista un’esigenza assoluta di libera
disponibilità della forma depositata.
Tale disposizione non indicherebbe in
termini esaustivi le regole dirette ad
escludere la possibilità di appropriarsi
dei segni tridimensionali costituiti dalla
forma di un prodotto e non dovrebbe
trovare applicazione qualora sussistano,
oltre alla forma di cui sia chiestala registrazione, altre forme che consentano di
raggiungere il risultato tecnico voluto.
57 A parere della Winward, l’art. 3, n.
1, lett. c), della direttiva, sarebbe applicabile indipendentemente dal disposto
di cui alla successiva lett. e), anche con
riguardo ai marchi rappresentanti la
forma del prodotto, ma l’esistenza di
un’esigenza di disponibilità dovrebbe
essere verificata solamente nell’ambito
di quest’ultima disposizione.
58 La Rado deduce che, sebbene le
lett. c) ed e) del n. 1, dell’art. 3 della direttiva perseguano obiettivi analoghi,
vale a dire impedire l’appropriazione
esclusiva di forme di cui il mercato necessiti ai fini del design di prodotti
identici, le due dette disposizioni si applicherebbero indipendentemente l’una
dall’altra. Tuttavia, a suo parere, la sfera di applicazione della lett. c) del detto articolo si estenderebbe al di là di
quella della successiva lett. e).
59 La Rado sostiene che, alla luce dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, i
marchi tridimensionali costituiti dalla
forma del prodotto sarebbero soggetti
agli stessi criteri di valutazione degli altri tipi di marchi e che non vi sarebbe
motivo per accogliere un’interpretazione restrittiva, nel senso che l’interesse a
mantenere la libera disponibilità di tali
marchi tridimensionali costituirebbe
ostacolo, in linea di principio, alla loro
registrazione.
60 Il governo del Regno Unito osserva che l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, costituirebbe la «prima linea di difesa» nella lotta diretta ad impedire la
monopolizzazione ingiustificata, attuata per mezzo del diritto di marchio, delle forme dei prodotti stessi. L’art. 3, n.
1, lett. c), della direttiva presenterebbe
significato autonomo rispetto al disposto di cui alla successiva lett. e), escludendo la registrazione di segni che potrebbero non essere esclusi da quest’ultima. Il governo del Regno Unito
deduce, tuttavia, che, ove l’art. 3, n. 1,
lett. e), della direttiva, venga interpretato in modo sufficientemente utile, il di-
sposto di cui alla precedente lett. c) finirebbe probabilmente per essere applicato in misura limitata. In ogni caso,
l’interesse del mercato a mantenere disponibile l’utilizzazione delle forme dei
prodotti sarebbe tutelato dall’applicazione di tali due disposizioni della direttiva.
61 La Commissione osserva che dal
tenore della direttiva non risulta in alcun modo che ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto sarebbe applicabile unicamente l’art. 3, n.
1, lett. e), della medesima. A parere della Commissione, i detti marchi, ove la
loro registrazione non venga negata sulla base di tale disposizione, restano
nondimeno soggetti agli impedimenti
indicati alla lett. c) del n. 1 dell’art. 3.
Nell’ambito dell’esame di una domanda
di registrazione di marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto,
quest’ultima disposizione dovrebbe essere applicata in modo autonomo.
62 La Commissione ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte,
l’applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. c),
della direttiva non dipende dall’esistenza di un imperativo di disponibilità
«»concreto, attuale o serio ai sensi della giurisprudenza tedesca (v., in tal senso, la menzionata sentenza Windsurfing
Chiemsee, punto 35). Al di là dell’esame dei requisiti specifici indicati nella
detta disposizione, non vi sarebbe motivo di prendere in considerazione un’esigenza di disponibilità più ampia. Infatti, secondo la Commissione, l’interesse del mercato a mantenere
disponibili talune forme sarebbe già
contenuto nell’art. 3, n. 1, lett. e), della
direttiva.
Giudizio della Corte
63 Per quanto attiene al primo capo
della seconda questione, si deve rilevare che, a termini dell’art. 3, n. 1, lett. c),
della direttiva, sono esclusi dalla registrazione i marchi descrittivi, vale a dire
quelli composti esclusivamente da segni
o indicazioni che in commercio possono servire a designare le caratteristiche
del prodotto o del servizio di cui sia richiesta la registrazione.
64 A termini dell’art. 3, n. 1, lett. e),
della direttiva, sono esclusi dalla registrazione i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura
stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto.
65 Tali impedimenti specifici alla registrazione di taluni segni costituiti dalla
forma del prodotto, espressamente indicati nell’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, costituiscono, come risulta dal
punto 44 della presente sentenza, un
ostacolo preliminare che può impedire
la registrazione di tali segni (v. la menzionata sentenza Philips, punti 74 e 76).
66 Tuttavia, anche quanto tale ostacolo preliminare sia stato superato, non
emerge né dal tenore dell’art. 3, n. 1,
della direttiva, né dall’economia della
medesima che gli altri impedimenti alla
registrazione indicati in tale disposizione, ivi compresi quelli di cui al n. 1, lett.
c), non possano parimenti applicarsi alle
domande di registrazione di marchi tridimensionali costituiti dalla forma del
prodotto.
67 Infatti, dall’art. 3, n. 1, della direttiva emerge chiaramente che i singoli
impedimenti alla registrazione indicati
in tale disposizione sono indipendenti
l’uno dall’altro ed esigono un esame separato.
68 Ne consegue che, nel caso in cui la
registrazione di un segno tridimensionale costituito dalla forma del prodotto
non venga negata in base all’art. 3, n. 1,
lett. e), della direttiva, il diniego può essere nondimeno opposto qualora il segno ricada in una o più delle categorie
indicate nelle lett. b)-d), della stessa disposizione.
69 Per quanto attiene, in particolare,
all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva,
nulla osta, in linea di principio, all’applicabilità di tale disposizione ad una
domanda diregistrazione di un marchio
tridimensionale costituito dalla forma
di un prodotto. Infatti, il riferimento ai
marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che possono servire a
designare le caratteristiche del prodotto
o della prestazione di servizi diverse da
quelle espressamente elencate nella disposizione medesima è sufficientemente ampio per ricomprendere una grande
varietà di marchi, ivi compresi i marchi
tridimensionali costituiti dalla forma
del prodotto.
70 Alla luce delle suesposte considerazioni, il primo capo della seconda
questione dev’essere risolto nel senso
che, oltre all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva, anche l’art. 3, n. 1, lett. b), della medesima rileva con riguardo ai marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto.
SOMMARIO
71 Per quanto attiene al secondo capo
della seconda questione, si deve rammentare, in limine, che, secondo la giurisprudenza della Corte, i vari motivi
d’impedimento alla registrazione elencati all’art. 3 della direttiva vanno interpretati alla luce dell’interesse generale
sottostante a ciascuno di essi (v., le
menzionate sentenze Windsurfing
Chiemsee, punti 25-27, e Philips, punto 77).
72 Per quanto attiene, più in particolare, alla seconda ipotesi formulata dal
giudice di rinvio relativa all’art. 3, n. 1,
lett. e), della direttiva, si deve rilevare
che, con riguardo a taluni segni tridimensionali costituiti dalla forma di un
prodotto, la Corte ha già avuto modo
di affermare che la ratio degli impedimenti alla registrazione, previsti da tale
disposizione, consiste nell’evitare che la
tutela del diritto di marchio sfoci nel
conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto, che
possono essere ricercate dall’utilizzatore nei prodotti dei concorrenti (v. la
menzionata sentenza Philips, punto
78/80).
73 Secondo la giurisprudenza della
Corte, l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva persegue una finalità di interesse
generale, la quale impone che i segni o
le indicazioni descrittivi delle categorie
di prodotti o servizi per le quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti, anche come
marchi collettivi o all’interno di marchi
complessi o grafici. Tale disposizione
osta, quindi, a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come
marchi (v., in tal senso, la menzionata
sentenza Windsurfing Chiemsee, punto
25).
74 L’interesse generale sotteso all’art.
3, n. 1, lett. c), della direttiva, implica
che tutti i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che possano servire a designare le caratteristiche
di un prodotto o di un servizio ai sensi della detta disposizione siano liberamente disponibili per tutti e non possano costituire oggetto di registrazione,
fatta salva l’applicazione del n. 3 della
disposizione medesima.
75 L’autorità competente chiamata ad
applicare l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, ai marchi di cui trattasi è tenuta ad accertare, con riguardo ai prodotti o ai servizi per i quali sia chiesta la
registrazione, alla luce di un esame concreto di tutti gli elementi pertinenti che
caratterizzano la domanda di registrazione e, in particolare,alla luce dell’interesse generale precedentemente ricordato, se il motivo di impedimento alla
registrazione previsto da tale disposizione trovi applicazione nel caso di specie. Tale esame concreto è parimenti richiesto in presenza di una domanda di
registrazione di un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto. L’autorità medesima non potrà,
invece, opporre alla domanda di registrazione un diniego di principio.
76 Ne consegue che un marchio tridimensionale costituito dalla forma del
prodotto deve essere soggetto, al pari di
tutte le altre categorie di marchi, a un
esame della sua conformità rispetto a
tutti i criteri indicati dall’art. 3, n. 1,
lett. b)-e), della direttiva e che tali criteri devono esser interpretati ed applicati, caso per caso, alla luce dell’interesse generale sotteso ad ognuno di essi.
77 Alla luce delle suesposte considerazioni, il secondo capo della seconda
questione dev’essere risolto nel senso
che, nell’esame, caso per caso, del motivo di impedimento alla registrazione
previsto dall’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, si deve tener conto dell’interesse generale sotteso a tale disposizione,
vale a dire che tutti i marchi tridimensionali costituiti dalla forma di un prodotto composti esclusivamente da segni
o indicazioni che possono servire a designare le caratteristiche di un prodotto
o di un servizio ai sensi della disposizione medesima siano liberamente disponibili per tutti e non possano costituire oggetto di registrazione, fatta salva l’applicazione dell’art. 3, n. 3, della
direttiva medesima.
78
(…) Sulle spese
Dispositivo
1. Ai fini della valutazione del carattere distintivo, ai sensi dell’art. 3, n.
1, lett. b), della prima direttiva del
Consiglio 21 dicembre 1988,
89/104/CEE, sul ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri
in materia di marchi di impresa, di
un marchio tridimensionale costituito dalla forma del prodotto, non
occorre applicare criteri più severi
rispetto a quelli utilizzati per altri
tipi di marchi.
2. Oltre all’art. 3, n. 1, lett. e), della
direttiva, anche il disposto di cui
alla lett. c) del medesimo n. 1 dell’art. 3 rileva con riguardo ai marchi tridimensionali costituiti dalla
forma del prodotto.
Nell’ambito dell’esame, caso per
caso, del motivo di impedimento
alla registrazione previsto dall’art.
3, n. 1, lett. c), si deve tener conto
dell’interesse generale sotteso a tale
disposizione, vale a dire che tutti i
marchi tridimensionali costituiti
dalla forma di un prodotto composti esclusivamente da segni o indicazioni che possono servire a designare le caratteristiche di un prodotto o di un servizio ai sensi della
disposizione medesima siano liberamente disponibili per tutti e non
possano costituire oggetto di registrazione, fatta salva l’applicazione
dell’art. 3, n. 3, della direttiva.
SOMMARIO
GIURISPRUDENZA DEL
TRIBUNALE DI PRIMO
GRADO DELLE COMUNITÀ
EUROPEE (1)
SENTENZA DEL TRIBUNALE DI
PRIMO GRADO
(Seconda Sezione)
del 5 marzo 2003
nella causa T-194/01 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi,
disegni e modelli) 22 maggio 2001
(procedimento R 1086/2000-1)): Unilever NV, contro Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)
(Marchio comunitario - Forma di un
prodotto per lavastoviglie - Pasticca
ovoidale - Impedimento assoluto alla
registrazione - Art. 7, n. 1, lett. b), del
regolamento (CE) n. 40/94)
(Lingua processuale: inglese)
Fatti all’origine della controversia
1 Il 9 dicembre 1999 la ricorrente ha
presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«Ufficio») una domanda di marchio comunitario, in forza del regolamento (CE) del
Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94,
sul marchio comunitario (GU 1994, L
11, pag. 1), come modificato.
2 Il marchio tridimensionale per il
quale è stata chiesta la registrazione è il
seguente:
Nessun colore ha formato oggetto della domanda.
(1) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono
resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale del Tribunale di primo grado. L’unico testo delle
sentenze che fa fede è quello pubblicato
nello «Raccolta della Giurisprudenza
della Corte e del Tribunale di primo grado».
3 I prodotti per i quali si chiede la registrazione del marchio rientrano nella
classe 3 dell’accordo di Nizza 15 giugno
1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per
la registrazione dei marchi, come rivisto
e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Detergenti; preparati e sostanze per il bucato; ammorbidenti per tessuti; preparati per la sbiancatura; preparati per pulire, lucidare,
sgrassare e abradere; prodotti per lavare i piatti; saponi; profumeria; olii essenziali; cosmetici; creme cosmetiche;
lozioni per capelli; deodoranti per uso
personale; pietra d’allume; pietra per lucidare; pietre pomici; blocchetti di allume da barba; tripolo per lucidare; sali
da bagno; sali per sbiancare; antitraspiranti; dentifrici; preparati per il makeup; preparati per togliere il trucco; prodotti da toletta».
4 Con decisione 7 settemre 2000 l’esaminatore ha respinto la domanda in
forza dell’art. 38 del regolamento n.
40/94, poiché il marchio richiesto era
privo di qualsiasi carattere distintivo ai
sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.
5 Il 7 novembre 2000 la ricorrente ha
presentato presso l’Ufficio un ricorso
contro la decisione dell’esaminatore, ai
sensi dell’art. 59 del regolamento n.
40/94.
6 Con decisione 22 maggio 2001 (in
prosieguo: la «decisione impugnata»),
notificata alla ricorrente il 5 giugno
2001, la commissione di ricorso ha annullato la decisione dell’esaminatore
nella parte in cui quest’ultimo aveva
respinto la domanda per i prodotti seguenti: «profumeria, olii essenziali, creme cosmetiche, lozioni per capelli, deodoranti per uso personale, antitraspiranti e dentifrici». Per il resto, essa ha
respinto il ricorso.
7 In sostanza, la commissione di ricorso ha considerato che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo
per i detergenti solidi e per i prodotti
connessi. Essa ha rilevato che la forma
ovoidale irregolare del marchio richiesto, anche se non strettamente identica
alla forma discoidale tradizionalmente
rappresentata dal sapone o dal detergente normale, non ne differisce in
modo significativo. Anche le macchiettature presenti sulla pasticca sarebbero
comuni. Le pasticche come quelledella
ricorrente rappresenterebbero un’idea
fondamentale di confezionamento per
detergenti e per una vasta gamma di
prodotti simili. La pasticca di cui trat-
tasi non presenterebbe caratteristiche
arbitrarie tali da distinguerla da altre simili forme presenti sul mercato.
Procedimento e conclusioni delle parti
8 Con atto introduttivo depositato
nella cancelleria del Tribunale il 14 agosto 2001 la ricorrente ha proposto il ricorso in esame. Il 13 novembre 2001
l’Ufficio ha depositato un controricorso. La ricorrente non ha chiesto l’autorizzazione a depositare una replica ai
sensi dell’art. 135, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale.
9 Nell’ambito della misure di organizzazione del procedimento il Tribunale ha invitato le parti a rispondere ad
un quesito. Ha altresì chiesto alla ricorrente la produzione di taluni documenti. Rispondendo a tali domande, la ricorrente ha depositato una memoria accompagnata da allegati. Il Tribunale ha
deciso di prendere atto della risposta
della ricorrente al quesito posto e dei
documenti prodotti conformemente
alla domanda. La detta risposta, contenuta ai punti 1-13, 35 e 36 della memoria, e l’allegato 20 a quest’ultima sono
stati quindi versati al fascicolo. Per il resto il Tribunale ha negato la registrazione della detta memoria e degli altri
allegati, che sono stati restituiti alla ricorrente.
10 Nel ricorso la ricorrente ha chiesto
che il Tribunale voglia:
— riformare la decisione impugnata affinché il marchio richiesto possa essere registrato;
— in alternativa, annullare la decisione
impugnata;
— condannare l’Ufficio alle spese.
11 In udienza la ricorrente ha dichiarato di voler limitare l’elenco dei prodotti per i quali chiede la registrazione
del marchio nel senso che la domanda
di marchio riguarda ormai solo i preparati per lavastoviglie. In risposta ad un
quesito del Tribunale, la ricorrente ha
precisato che tale dichiarazione implica
una rinuncia, da parte sua, al secondo
motivo, attinente ad una violazione dell’obbligo di motivazione relativa ad una
parte dei prodotti per i quali la commissione di ricorso ha confermato la
decisione dell’esaminatore, e che essa si
SOMMARIO
limita ormai a chiedere l’annullamento
della decisione impugnata per violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Essa chiede, al riguardo, che il carattere distintivo del marchio richiesto venga valutato con
riferimento ai soli preparati per lavastoviglie.
12 L’Ufficio chiede che il Tribunale
voglia:
— respingere il ricorso;
— condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
Sulla portata delle conclusioni della ricorrente
13 Per quanto riguarda le dichiarazioni fatte in udienza dalla ricorrente occorre rammentare che il richiedente un
marchio comunitario può in qualsiasi
momento presentare all’Ufficio un’istanza diretta a limitare l’elenco dei
prodotti e servizi, conformemente all’art. 44 del regolamento n. 40/94, nonché della regola 13 del regolamento
(CE) della Commissione 13 dicembre
1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU
L 303, pag. 1). Risulta da tali disposizioni che una limitazione dell’elenco
dei prodotti o servizi designati in una
domanda di marchio comunitario deve
essere realizzata seguendo particolari
modalità. Poiché la domanda presentata oralmente in udienza dalla ricorrente
non corrisponde a tali modalità, essa
non può essere considerata un’istanza
di modifica ai sensi delle citate disposizioni.
l’annullamento della decisione impugnata per la parte in cui essa riguarda
tutta una serie di altri prodotti rientranti nella classe 3 dell’accordo di Nizza, la ricorrente ha concentrato il suo
ricorso sui prodotti menzionati in via
principale nella sua domanda di marchio, cioè una certa categoria di prodotti detergenti solidi.
16 Per quanto riguarda la domanda
della ricorrente diretta ad ottenere che
il carattere distintivo del marchio richiesto venga valutato con riferimento
ai soli preparati per lavastoviglie, occorre tuttavia precisare che la sua rinuncia parziale non incide sul principio
secondo cui spetta al Tribunale, nel
contenzioso in esame, controllare la legittimità della decisione della commissione di ricorso. Tale controllo deve essere svolto con riferimento all’ambito
fattuale e giuridico della controversia,
nei termini in cui quest’ultima è stata
proposta alla commissione di ricorso.
Ne consegue che una parte non può, rinunciando parzialmente alle sue richieste, modificare gli elementi di fatto e di
diritto sulla base dei quali viene esaminata la legittimità della decisione della
commissione di ricorso.
17 Considerate le dichiarazioni fatte
dalla ricorrente in udienza, si deve constatare che quest’ultima conclude ormai
nel senso dell’annullamento della decisione impugnata solo nella parte in cui
quest’ultima respinge il ricorso per
quanto riguarda i preparati per lavastoviglie e nel senso della condanna dell’Ufficio alle spese.
Sulla legittimità della decisione impugnata
Argomenti delle parti
14 Tale dichiarazione deve invece essere interpretata nel senso che la ricorrente ha rinunciato al suo ricorso per la
parte in cui aveva chiesto l’annullamento della decisione impugnata relativamente ai prodotti diversi dai preparati
per lavastoviglie.
15 Una siffatta rinuncia parziale non è
di per sé contraria al divieto, risultante
dall’art. 135, n. 4, del regolamento di
procedura del Tribunale, di modificare
dinanzi al Tribunale l’oggetto della controversia di cui è stata investita la commissione di ricorso. Infatti, limitando la
sua domanda di annullamento alla sola
parte del ricorso vertente sui preparati
per lavastoviglie, la ricorrente non chiede al Tribunale di pronunciarsi su richieste diverse da quelle fatte valere dinanzi alla commissione di ricorso. Piuttosto, rinunciando a chiedere
18 Poiché la ricorrente ha rinunciato
al suo secondo motivo, attinente ad una
violazione dell’obbligo di motivazione,
essa fa valere, a sostegno del suo ricorso, un motivo unico, attinente alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Tale motivo si articola in quattro parti. In primo luogo,
la ricorrente ritiene che la commissione
di ricorso abbia proceduto ad un’interpretazione erronea dell’art. 7, n. 1, lett.
b), del regolamento n. 40/94, applicando criteri più restrittivi ai marchi tridimensionali rispetto agli altri marchi. In
secondo luogo, la ricorrente fa valere
che la commissione di ricorso ha omesso di prendere in considerazione la situazione sul mercato di cui trattasi e le
abitudini dei consumatori. In terzo luogo, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di avere ignorato il fat-
to che il marchio richiesto si differenzia
sufficientemente dalle forme correnti
delle pasticche per lavastoviglie per essere distintivo. In quarto luogo, la ricorrente fa riferimento alla giurisprudenza esistente in taluni Stati membri e
alla pratica degli uffici nazionali dei
marchi i quali a suo avviso, depongono
a favore della sua tesi, secondo cui le
forme di pasticche per lavostoviglie diverse dalla forme di base correnti possono essere protette come marchi comunitari.
19 Con la prima parte del motivo la
ricorrente contesta alla commissione di
ricorso di aver operato una discriminazione tra marchi tridimensionali e marchi tradizionali contraria all’art. 7, n. 1,
lett. b), del regolamento n. 40/94. Essa
fa valere che, secondo il regolamento n.
40/94, la possibilità di registrare un
marchio costituisce la regola, mentre
l’esistenza di un impedimento alla registrazione ai sensi dell’art. 7 del regolamento n. 40/94 rappresenta l’eccezione.
L’onere della prova dell’esistenza di un
impedimento assoluto alla registrazione
spetterebbe quindi all’Ufficio. La commissione di ricorso avrebbe operato
un’inversione del rapporto tra la regola
e l’eccezione e un rovesciamento dell’onere della prova per quanto riguarda i
marchi tridimensionali, e più in particolare le pasticche per lavastoviglie. La
ricorrente ricorda che un carattere distintivo minimo è sufficiente per giustificare la registrazione di un marchio.
20 La ricorrente considera erronea la
concezione secondo cui, in linea di
principio, i consumatori non percepiscono le forme come un’indicazione
dell’origine del prodotto. A suo avviso,
i consumatori non riflettono sull’origine dei prodotti di consumo quotidiano,
che non conoscono neanche, bensì prestano attenzione unicamente alla distinzione tra i diversi prodotti. I marchi
non avrebbero quindi la funzione di indicare l’origine, ma piuttosto quella di
indicare il prodotto. Per distinguere i
prodotti gli uni dagli altri i consumatori farebbero riferimento a unamoltitudine di segni, ivi compresi il confezionamento, il colore e la forma del prodotto, tra i quali il nome del prodotto non
sarebbe il più importante.
21 La ricorrente è dell’opinione che
l’applicazione di criteri più restrittivi ai
marchi tridimensionali non può essere
SOMMARIO
giustificata dalla considerazione secondo cui le forme devono restare disponibili per essere utilizzate da parte di tutti gli operatori economici. Da un lato,
essa fa valere che tale «imperativo di disponibilità» non costituisce un impedimento autonomo alla registrazione.
Dall’altro, essa sostiene che la registrazione di marchi tridimensionali non è
diretta a monopolizzare la vendita di un
certo prodotto, bensì a proteggere la
presentazione particolare di un prodotto. La ricorrente ritiene inoltre che considerzioni attinenti alla protezione dei
disegni e modelli non possano giustificare criteri più restrittivi per i marchi
tridimensionali.
22 Con la seconda parte del motivo la
ricorrente critica la constatazione della
commissione di ricorso secondo cui i
consumatori non percepiscono la presentazione delle pasticche detergenti
come un’indicazione d’origine, in quanto essa è fondata solo su considerazioni astratte e non su fatti ed elementi di
prova. A suo avviso, la commissione di
ricorso non ha preso in considerazione
tutte le circostanze del caso di specie
portate alla sua attenzione dalla ricorrente, in particolare quelle relative alla
situazione del mercato.
23 Per quanto riguarda la situazione
sul mercato, la ricorrente rileva che i
fabbricanti di pasticche di detersivo in
Europa utilizzano la forma e la presentazione di queste ultime per distinguere i loro prodotti da quelli di altri operatori. Secondo la ricorrente i consumatori sono sempre stati capaci di
distinguere effettivamente diverse pasticche di detersivo secondo le loro forme e i loro colori. Essa è dell’opinione
che, in ogni caso, i consumatori sono
stati «allenati» a farlo. Essa sottolinea
che l’effetto di tale «allenamento» deve
essere distinto dal carattere distintivo
acquistato.
24 La ricorrente fa valere che i produttori di pasticche di detersivo conoscono il mercato nel modo più approfondito. Pertanto, il fatto di aver
scelto forme e colori diversi per distinguere i loro prodotti detergenti solidi
da quelli dei loro concorrenti, e il fatto
di cercare di proteggerli come marchi
dovrebbero essere considerati come la
prova, o almeno con un indizio importante, che i consumatori percepiscono le
caratteristiche delle pasticche e che essi
vi si fondano per orientarsi sul mercato, senza fare solo riferimento ai nomi
dei prodtti.
25 Con la terza parte del motivo, la ricorrente contesta la constatazione dell’Ufficio secondo cui la forma e l’aspetto della pasticca di cui trattasi nel caso
di specie sono normali. Essa ammette
che sul mercato dei prodotti detergenti
sono divenute usuali pasticche rotonde
o rettangolari con uno o due strati colorati che possono, quindi, essere considerati privi di carattere distintivo.
26 La ricorrente sottolinea che la forma di cui trattasi nel caso di specie è
rappresentata da un’ovale irregolare con
bordi appiattiti e grandi macchiettature
scure, che somiglia a quella di un ciottolo. Essa rammenta che i consumatori
europei fanno attenzione alla forma ed
ai colori delle pasticche di detersivo.
Essa ne deduce che il pubblico interessato distinguerà sicuramente la forma di
«ciottolo» dalle forme di pasticche rotonde o rettangolari generalmente utilizzate sul mercato di cui trattasi. Essa
insiste sul fatto che tale forma è unica
sul mercato e che nessun operatore l’ha
utilizzata per i prodotti di cui trattasi.
Essa afferma che sul mercato sono presenti solo pasticche rotonde o rettangolari e presenta taluni esempi per dimostrarlo. Aggiunge che le grandi macchiettature perfettamente visibili
presenti sulla pasticca controversa sarebbero diverse dall’aspetto di altre pasticche di detersivo sul mercato, poiché
le macchiettature presenti su queste ultime sono molto più piccole e non possono essere percepite in quanto tali. A
suo avviso la commissione di ricorso
avrebbe dovuto raccogliere prove al riguardo per poter affermare che la forma di cui trattasi nel caso di specie era
corrente. In risposta ad un quesito del
Tribunale, essa indica di non aver, al
momento, immesso sul mercato una pasticca per lavastoviglie avente la forma
del marchio richiesto, di modo che essa
non può produrre un esempio tridimensionale del marchio richiesto.
27 La ricorrente fa osservare che, nella decisione impugnata, la commissione
di ricorso ha riconosciuto che la forma
richiesta nel caso di specie era una forma ovale irregolare non identica alla
forma normale dei prodotti detergenti.
La ricorrente è dell’opinione che la
commissione di ricorso ha illegittimamente chiesto che il marchio oggetto
della domanda si differenziasse in modo
significativo dalle forme normali e presentasse caratteristiche arbitrarie per
poter essere registrato.
28 Durante l’udienza la ricorrente ha
aggiunto che, per quanto riguarda i preparati per lavastoviglie, solo la forma
rettangolare è usuale sul mercato, poiché tale forma corrisponde a quella dei
recipienti che si trovano nelle macchine
alle quali sono destinati tali prodotti.
Essa ne deduce che, per i prodotti per
lavastoviglie, solo la forma rettangolare
è priva di carattere distintivo. Ritiene
che la situazione sarebbe diversa per la
forma di «ciottolo» di cui si tratta nel
caso di specie. Essa sostiene che tale
forma è unica e si differenzia in modo
significativo dalle forme di base correnti utilizzate fino ad oggi sul mercato.
Inoltre, anche se si ritenesse che tale
forma è simile a quella di una pasticca
rotonda, usuale sul mercato dei prodotti per lavabiancheria, ciò non consentirebbe di considerare che non vi è carattere distintivo per quanto riguarda i
prodotti per lavastoviglie.
29 La ricorrente ha aggiunto, sempre
durante l’udienza, che la varietà delle
forme che possono presentare pasticche
detergenti è limitata, considerato che
esse sono composte da polvere per detersivo compressa che rischierebbe di
frantumarsi se le forme scelte fossero
troppo elaborate. Essa ne deduce che,
nel caso di tali pasticche, differenze
poco importanti rispetto alle forme di
base debbano essere sufficienti per riconoscere il carattere distintivo di una
forma.
30 Con la quarta parte del motivo la
ricorrente fa valere la giurisprudenza e
la prassi in taluni Stati membri e la prassi dell’Ufficio stesso per dimostrare che
i criteri applicati nel caso di specie sono
troppo restrittivi. Da un lato, essa fa riferimento a decisioni giurisdizionali
rese in Germania, nei Paesi Bassi ed in
Italia. Essa deduce da tale giurisprudenza che taluni giudici nazionali ritengono che pasticche detergenti le cui caratteristiche si differenziano, anche modestamente, dalla forma usuale di tali
prodotti presentino un carattere distintivo sufficiente affinché la loro apparenza sia protetta come marchio. Essa
ritiene che la forma di cui trattasi nel
caso di specie possa essere protetta a
fortiori.
31 La ricorrente fa poi valere che le
autorità nazionali di molti Stati membri
hanno registrato diverse forme di pasticche detergenti senza esigere che
queste ultime presentassero differenze
evidenti rispetto alle forme normali
preesistenti. Essa ritiene che la forma
SOMMARIO
della pasticca di cui trattasi nel caso di
specie si differenzi dalle forme normali
più dei marchi che sono stati registrati
a livello nazionale.
32 Infine, la ricorrente fa valere la
pratica dell’Ufficio in materia di registrazione di marchi tridimensionali riguardanti pasticche detergenti. In primo luogo essa fa riferimento a due domande di marchio pubblicate, cioè le
domande n. 809 830 e n. 924 829. Essa
ammette che tali domande non hanno
dato luogo a registrazioni, ma rileva che
gli esaminatori le hanno apparentemente considerate in possesso di un carattere distintivo sufficiente. Secondo la ricorrente, tuttavia, ciò ha avuto luogo
prima che l’Ufficio adottasse la decisione di principio secondo cui le pasticche
detergenti non possono essere registrate a meno che esse non presentino differenze evidenti rispetto alle pasticche
abituali. La ricorrente fa poi valere che
l’Ufficio ha registrato un certo numero
di forme di pasticche detergenti. Essa
ritiene che tali registrazioni, confrontate al rifiuto che le è stato opposto nel
caso di specie, dimostrino l’esistenza di
un’incertezza all’interno dell’Ufficio
quanto ai criteri applicabili alla registrazione dei marchi per pasticche detergenti.
33 Essa considera che sarebbe conforme alla finalità del regolamento n. 40/94
ed alla prassi degli uffici nazionali se
l’Ufficio accettasse marchi siffatti, ove
essi abbiano un minimo di carattere distintivo. A suo avviso il marchio di cui
trattasi nel caso di specie presenta un
siffatto carattere distintivo minimo. La
ricorrente sostiene che un tale approccio inciderà sulla portata della protezione dei marchi di cui trattasi. Essa ritiene tuttavia appropriato che tale portata sia definita, caso per caso, dai
giudici aditi delle controversie in materia di contraffazione.
34 Per quanto riguarda la prima parte
del motivo, l’Ufficio risponde che i criteri applicati dalla commissione di ricorso non danno luogo ad una discriminazione fra i marchi tridimensionali
rappresentati dalla forma del prodotto e
gli altri marchi. Esso afferma che la
commissione di ricorso ha semplicemente applicato l’art. 7 del regolamento n. 40/94 tenendo conto delle caratteristiche specifiche dei prodotti di cui
trattasi e delle circostanze in cui tali
prodotti sono commercializzati.
35 Quanto alla seconda parte del motivo l’Ufficio fa osservare che la ricorrente non tiene sufficientemente conto
dell’importanza dei nomi dei prodotti
per la scelta esercitata dai consumatori.
Esso critica inoltre l’analisi del mercato
condotta dalla ricorrente, in quanto
quest’ultima non esamina né il prezzo
né la qualità dei prodotti. Secondo l’Ufficio, dal fatto che sulla confezione dei
prodotti sono riportate rappresentazioni delle pasticche non si può dedurre
che tali pasticche hanno un carattere distintivo. Esso ritiene che l’affermazione
della ricorrente, secondo cui i consumatori sono in grado di distinguere diverse pasticche di detersivo secondo le
loro forme e i loro colori e che sono
stati allenati a farlo, sia una semplice
supposizione non suffragata da prove
per quanto riguarda le forme di base o
normali e le loro variazioni alle quali si
pensa spontaneamente.
36 Per quanto attiene alla terza parte
del motivo l’Ufficio afferma che le differenze tra la forma di cui è richiesta la
registrazione e le forme di base delle
pasticche di detersivo rotonde o rettangolari non sono tali da essere notate dal
consumatore. Innanzitutto, esso paragona la rappresentazione grafica del
marchio richiesto a quella di una pasticca rotonda simile. Esso fa osservare
che, quando si rappresenta la pasticca
controversa da sei lati diversi, quattro
di tali rappresentazioni sono identiche a
quelle di una pasticca rotonda, mentre
la forma ovoidale appare solo su due di
tali rappresentazioni. L’Ufficio rileva
poi che, quando le pasticche detergenti
sono rappresentate su una confezione,
esse sono rappresentate normalmente in
gruppo e/o in prospettiva. Secondo
l’Ufficio non è possibile, in tali due ipotesi, rendersi conto di una qualsivoglia
differenza tra la forma ovoidale di cui
trattasi ed una forma rotonda. Per
quanto riguarda le macchiettature sulla
superficie del marchio l’Ufficio fa valere le sentenze del Tribunale 19 settembre 2001 in materia di marchio tridimensionale [causa T-335/99, HenkelUAMI (pasticca rettangolare rossa e
bianca), Racc. pag. II-2581; causa T336/99 (pasticca rettangolare verde e
bianca), Racc. pag. II-2589; causa T337/99 (pasticca rotonda rossa e bianca), Racc. pag. II-2597; causa T-117/00,
Procter & Gamble/UAMI (pasticca
quadrata bianca e verde chiaro), Racc.
pag. II-2723; causa T-118/00 (pasticca
quadrata bianca macchiata di verde e
verde chiaro), Racc. pag. II-2731; causa
T-119/00 (pasticca quadrata bianca
macchiata di giallo e di blu), Racc. pag.
II-2761; causa T-120/00 (pasticca quadrata bianca macchiata di blu), Racc.
pag. II-2769; causa T-121/00 (pasticca
quadrata bianca macchiata di verde e di
blu), Racc. pag. II-2777; causa T-128/00
(pasticca quadrata con incrostazione),
Racc. pag. II-2785; causa T-129/00 (pasticca rettangolare con incrostazione),
Racc. pag. II-2793]. Secondo tali sentenze, la presenza di macchiettature non
è sufficiente affinché l’aspetto di una
pasticca detergente possa essere percepito come un’indicazione dell’origine
del prodotto. L’Ufficio sostiene che il
marchio richiesto non è idoneo a distinguere i prodotti di cui trattasi da
quelli aventi un’origine diversa. Esso
sottolinea che la forma di cui trattasi è
corrente o, comunque, una variazione
della forma standard, rotonda, quadrata o rettangolare a cui si pensa spontaneamente.
37 Infine, quanto alla quarta parte del
motivo, l’Ufficio fa valere che l’approccio accolto dalle decisioni dei giudici
nazionali citate dalla ricorrente non è
più validodopo le sentenze del Tribunale 19 settembre 2001 (citate al punto 36,
supra). Esso rammenta la giurisprudenza secondo cui le registrazioni effettuate fino a questo momento in taluni Stati membri rappresentano solo un elemento che, pur non essendo
determinante, può soltanto essere preso
in considerazione ai fini della registrazione di un marchio comunitario. Esso
ritiene che gli esempi di registrazione
presentati dalla ricorrente dimostrino
che l’Ufficio ha seguito una prassi coerente in sede di registrazione dei marchi per pasticche di detersivo.
Giudizio del Tribunale
38 Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del
del regolamento n. 40/94, sono esclusi
dalla registrazione «i marchi privi di carattere distintivo».
39 Come risulta dalla giurisprudenza,
i marchi a cui si riferisce l’art. 7, n. 1,
lett. b), del regolamento n. 40/94 sono,
in particolare, quelli che, dal punto di
vista del pubblico destinatario, sono comunemente usati, nel commercio, per la
presentazione dei prodotti o dei servizi
interessati o a riguardo dei quali esistono, perlomeno, indizi concreti che permettono di concludere che essi sono
idonei a essere usati in tale modo [sen-
SOMMARIO
tenza del Tribunale 2 luglio 2002, causa
T-323/00, SAT.1/UAMI (SAT.2), Racc.
pag. II-2893, punto 37]. Infatti, simili
marchi non consentono al consumatore
che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio di effettuare, in occasione di un successivo acquisto, la
medesima scelta, qualora l’esperienza lo
abbia soddisfatto, oppure una scelta diversa, nell’ipotesi contraria [sentenza
del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T79/00, Rewe-Zentral/UAMI (LITE),
Racc. pag. II-705, punto 26].
40 Pertanto, il carattere distintivo di
un marchio può essere valutato soltanto rispetto, da un lato, ai prodotti o ai
servizi per i quali viene richiesta la registrazione, e, dall’altro, alla percezione
che di esso abbia il pubblico destinatario (sentenza LITE, citata al punto 39,
supra, punto 27, e SAT.2, citata al punto 39, supra, punto 37).
41 Per quanto riguarda i prodotti di
cui trattasi nel ricorso in esame, cioè i
preparati per lavastoviglie rientranti
nella classe 3 dell’accordo di Nizza, occorre precisare che il marchio richiesto
è rappresentato dall’immagine del prodotto stesso.
42 Le pasticche per lavastoviglie di cui
trattasi nel ricorso in esame, come gli
altri prodotti rientranti nella classe 3
dell’accordo di Nizza menzionati nella
domanda di marchio originaria e nella
decisione impugnata sono beni di consumo largamente diffusi. Il pubblico interessato da tali prodotti è composto da
tutti i consumatori. Occorre quindi valutare il carattere distintivo del marchio
richiesto tenendo conto dell’aspettativa
presunta di un consumatore medio,
normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto (v., per analogia, sentenza della Corte 16 luglio
1998, causa C-210/96, Gut Springenheide e Tusky, Racc. pag. I-4657,
punti da 30 a 32). Occorre altresì rammentare che la percezione del marchio
da parte del pubblico interessato, nel
caso di specie del consumatore medio,
è influenzata,dal suo livello di attenzione, che può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui
trattasi (v. sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd
Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819,
punto 26).
43 Inoltre, non è necessario che un
marchio trasmetta un’informazione
precisa relativa all’identità di colui che
ha fabbricato il prodotto o che ha prestato il servizio. E’ sufficiente che il
marchio consenta al pubblico interessato di distinguere il prodotto o il servizio da esso designato nei confronti di
quelli che hanno un’altra origine commerciale e di concludere che tutti i prodotti o i servizi che esso designa sono
stati fabbricati, commercializzati o forniti sotto il controllo del titolare di tale
marchio, al quale può attribuirsi la responsabilità della loro qualità (v., in tal
senso, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C-39/97, Canon, Racc.
pag. I-5507, punto 28).
44 Quanto alla prima parte del motivo, attinente ad una discriminazione tra
i marchi tridimensionali e gli altri marchi, si deve rammentare che l’art. 7, n.
1, lett. b), del regolamento n. 40/94 non
opera distinzioni tra diverse categorie
di marchi. I criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali costituiti dall’immagine del prodotto stesso non sono quindi diversi da
quelli applicabili alle altre categorie di
marchi [sentenza Pasticca rettangolare
con incrostrazione, citata al punto 36,
supra, punto 50; vedi anche, per quanto riguarda l’art. 2 della direttiva del
Consiglio 21 dicembre 1988,
89/104/CEE, sul ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40,
pag. 1), sentenza della Corte 18 giugno
2002, causa C-299/99, Philips, Racc.
pag. I-5475, punto 48, e, per quanto riguarda l’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104/CEE, le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer
24 ottobre 2002, rese nelle cause riunite da C-53/01 a C-55/01, Linde e a.,
Racc. pag. I-0000, paragrafo 13].
45 Occorre cionondimeno tener conto, nell’ambito dell’applicazione di tali
criteri, che nel caso di un marchio tridimensionale costituito dall’immagine
del prodotto stesso la percezione da
parte del pubblico interessato non è necessariamente la stessa che nel caso di
un marchio nominativo, figurativo o
tridimensionale non costituito da tale
immagine. Infatti, mentre il pubblico
abitualmente percepisce subito tali ultimi marchi come segni che identificano
il prodotto, ciò non accade necessariamente quando il segno si confonde con
l’immagine del prodotto stesso (sentenza Pasticca rettangolare con incrostazione, citata al punto 36, supra, punto
51, e conclusioni dell’avvocato generale
Ruiz-Jarabo Colomer, citate al punto
44, supra, paragrafo 12).
46 Risulta dalla decisione impugnata,
in particolare dai suoi punti 14 e 15, che
la commissione di ricorso ha esaminato
il marchio richiesto conformemente alle
considerazioni che precedono. Ne consegue che la commissione di ricorso
non ha applicato criteri più restrittivi ai
marchi tridimensionali costituiti dalla
forma del prodotto rispetto agli altri
marchi. Di conseguenza, la prima parte
del motivo della ricorrente è infondato.
47 Per quanto riguarda la seconda
parte del motivo, attinente alla violazione da parte della commissione di ricorso, della situazione sul mercato di
cui trattasi, dal punto 7 della decisione
impugnata risulta che la commissione di
ricorso ha preso atto degli argomenti
della ricorrente relativi alla situazione
sul mercato dei prodotti detergenti.
Essa non ha però accolto la tesi della ricorrente secondo cui i consumatori distinguono i diversi prodotti detergenti
presentati sotto forma di pasticche in
funzione delle forme e dei colori di
queste ultime. Essa ha basato tale valutazione in particolare sull’impiego di
marchi convenzionali da parte di fabbricanti di pasticche simili, che traduce,
secondo al commissione di ricorso, i
dubbi di questi stessi fabbricanti nei
confronti della capacità dell’immagine
dei prodotti di agire come indicatori
dell’origine commerciale.
48 Al riguardo non si può accogliere
la tesi della ricorrente secondo cui spetta all’Ufficio dimostrare, sulla base di
elementi di prova concreti, che i consumatori non percepiscono la presentazione delle pasticche detergenti come
un’indicazione d’origine. Infatti, si tratta di prodotti di consumo quotidiano
che sono venduti, abitualmente, in confezioni recanti il nome di tali prodotti e
sui quali sono spesso visibili marchi denominativi o figurativi o altri elementi
figurativi tra i quali può figurare l’immagine del prodotto. Per quanto riguarda i prodotti commercializzati in
tal modo è possibile, in generale, dedurre dall’esperienza che il livello d’attenzione del consumatore medio nei
confronti del loro aspetto non è eleva-
SOMMARIO
to. Pertanto, spetta al richiedente il
marchio dimostrare la diversità delle
abitudini dei consumatori sul mercato
di cui trattasi, e non si può esigere che
l’Ufficio proceda ad un’analisi economica del mercato, o addirittura ad inchieste presso i consumatori, per stabilire in quale misura questi ultimi facciano attenzione all’aspetto dei prodotti
appartenenti ad una categoria determinata. Il richiedente di un marchio siffatto si trova in una posizione migliore,
data la sua conoscenza approfondita del
mercato, per fornire in merito indicazioni solide e concrete.
49 La ricorrente fa valere in particolare che i consumatori sono stati «allenati» a distinguere diverse pasticche detergenti secondo le loro forme e i loro
colori. In tale contesto si è dichiarato
nelle sentenze del Tribunale 19 settembre 2001, citata al punto 36, supra (segnatamente la sentenza Pasticca rettangolare con incrostazione, punto 61), che
la possibilità che i consumatori possano
abituarsi a riconoscere il prodotto sulla
base del suo aspetto non basta per eludere l’applicazione dell’impedimento
previsto dall’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in quanto una siffatta evoluzione della percezione del segno da parte del pubblico può essere
presa in considerazione, se accertata,
solo nell’ambito dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94. Al riguardo, occorre precisare che l’«allenamento» fatto valere dalla ricorrente non equivale
al carattere distintivo acquistato ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n.
40/94. Infatti, l’argomentazione della ricorrente non riguarda il problema di sapere se una forma specifica di un prodotto abbia un carattere distintivo, bensì è diretta ad ottenere che il Tribunale
tenga conto del significato generalmente ricollegato, dal pubblico rilevante, all’aspetto di una determinata categoria di
prodotti.
50 Il solo fatto che la ricorrente e i
suoi concorrenti abbiano scelto forme e
colori diversi per i loro detergenti solidi e che cerchino di proteggerli come
marchi non basta tuttavia per concludere che l’aspetto di tali prodotti è di regola percepito dal pubblico di cui trattasi come un’indicazione della loro origine commerciale.
51 Ora, dinanzi alla commissione di
ricorso, la ricorrente non ha prodotto
elementi di prova concreti per stabilire
che la forma e i colori delle pasticche
detergenti svolgono un ruolo importante nel momento in cui il consumatore
esercita la sua scelta tra prodotti diversi. Di conseguenza, non si può contestare alla commissione di ricorso di aver
erroneamente valutato la situazione sul
mercato di cui trattasi.
52 Occorre aggiungere che la ricorrente non ha prodotto tali elementi di
prova neanche in una fase successiva del
procedimento, senza che sia necessario,
nella causa in esame, che il Tribunale si
pronunci sul problema di sapere se possa prendere in considerazione, nell’ambito di una ricorso ai sensi dell’art. 63
del regolamento n. 40/94, elementi che
non sono stati portati all’attenzione
della commissione di ricorso. Certo,
quando ha presentato, in risposta alle
misure di organizzazione del procedimento adottate dla Tribunale, una memoria che equivaleva ad una replica,
essa ha inteso presentare al Tribunale
taluni elementi ad esso relativi. Tuttavia,
essa non ha con ciò rispettato le condizioni alle quali, conformemente all’art.
135, n. 2, del regolamento di procedura, può essere depositata una memoria
aggiuntiva, di modo che gli elementi
che essa intendeva portare all’attenzione del Tribunale con tale memoria diversi dalle risposte alle misure di organizzazione del procedimento non hanno potuto, comunque, essere presi in
considerazione.
53 Ne consegue che la seconda parte
del motivo è infondata.
54 Nell’ambito della terza parte del
motivo, per verificare se la commissione di ricorso abbia ignorato il carattere
distintivo del marchio richiesto occorre
analizzare l’impressione complessiva
prodotta dall’aspetto della pasticca di
cui trattasi (v., analogamente, sentenza
della Corte 11 novembre 1997, causa C251/95, SABEL, Racc. pag. I-6191,
punto 23), il che non è incompatibile
con un esame in successione di diversi
elementi di presentazione impiegati.
55 La forma tridimensionale di cui si
chiede la registrazione si presenta, vista
di profilo o dall’alto, come un rettangolo dai bordi lunghi e convessi. Al riguardo, quindi, essa non si distingue da
altre forme di pasticche convesse, siano
esse rotonde o quadrangolari. Vista di
fronte, la pastica di cui trattasi ha la forma di un ovale irregolare, o ovoide, con
l’estremità inferiore allargata ed appiattita e presenta una rassomiglianza più
lontana con una forma trapezoidale, i
cui angoli sono fortemente arrotondati.
56 Tale forma non rientra, in quanto
tale, tra le forme geometriche di base,
ma presenta una combinazione delle caratteristiche di diverse forme arrotondate e sembra altresì ispirata a talune
forme quadrandolari. Essa è quindi
molto vicina adalcune forme di pasticche comunemente impiegate per i prodotti detergenti, in particolare a quella
delle pasticche rotonde ed ovali nonché,
in minore misura, a quella della pasticche rettangolari.
57 Come rilevato giustamente dall’Ufficio, le differenze presentate dalla
forma richiesta rispetto a tali altre forme non sono facilmente percepibili. La
forma richiesta è una variante delle forme di base comunemente impiegate e
non se ne distingue sufficientemente
per consentire al pubblico rilevante di
riconoscerla e di ripetere, in occasione
di un successivo acquisto, la medesima
scelta se essa si rivela positiva, o di evitarla se essa si rivela negativa.
58 Le macchiettature presenti sulla
pasticca non sono idonee a conferire un
carattere distintivo al marchio richiesto.
Infatti, l’aggiunta di macchiettature fa
parte delle soluzioni a cui si pensa più
spontaneamente quando si tratta di
combinare diverse sostanze in un prodotto detergente (v., in particolare, sentenza Pasticca rettangolare con incrostazione, citata al punto 36, supra, punto 58). Inoltre esse sono correnti
nell’aspetto dei prodotti detergenti solidi. Il fatto che le macchiettature presenti nell’aspetto della pasticca richiesta
siano relativamente grandi non è tale da
influire in modo significativo sul carattere distintivo del marchio richiesto. Infatti, l’aspetto macchiettato è quello
presentato da una polvere composta da
particelle chiare e scure, compressa sotto forma di pasticche, e le variazioni
della misura delle macchiettature si
spiegano facilmente con la misura delle
particelle di cui è composta una siffatta
polvere.
59 Di conseguenza, la commissione di
ricorso ha giustamente considerato che
il modo di apparire della pasticca richiesta è privo di carattere distintivo.
SOMMARIO
60 L’argomento della ricorrente secondo cui, sul mercato dei prodotti per
lavastoviglie, solo le pasticche rettangolari sono utilizzate comunemente, di
modo che qualsiasi altra forma possiede un carattere distintivo, non può inficiare tale conclusione. Innanzitutto,
come esposto supra, ai punti 15 e 16, la
rinuncia parziale della ricorrente non
può condurre il Tribunale ad uscire dall’ambito di un controllo della legittimità della decisione impugnata esaminando il carattere distintivo del marchio
richiesto sulla base di fatti diversi da
quelli di cui è stata investita la commissione di ricorso.
61 Anche supponendo, poi, che la
commissione di ricorso avrebbe dovuto
esaminare separatamente il carattere distintivo del marchio richiesto con riferimento ai prodotti per lavastoviglie, e
supponendo provato il fatto che solo la
forma rettangolare è attualmente utilizzata per tali prodotti, resterebbe valida
la conclusione secondo cui il modo di
apparire della pasticca richiesta è privo
di carattere distintivo. Infatti, anche le
altre forme geometriche di base, come
le pasticche rotonde, ovali, quadrate o
cilindriche, nonché le loro varianti, possono essere comunemente utilizzate per
tali prodotti, considerato che a tutte
questeforme si pensa spontaneamente
quando si tratta di comprimere una polvere per presentarla in una forma solida.
62 Il fatto che sul mercato prossimo
dei prodotti per lavabiancheria esistano
pasticche rotonde, quadrate ed ovali,
rappresenta un indizio concreto che
consente di concludere che anche tali
diverse forme possono essere comunemente utilizzate per prodotti per lavastoviglie.
63 L’argomento della ricorrente secondo cui la forma rettangolare delle
pasticche destinate alle lavastoviglie
corrisponde a quella dei recipienti che
si trovano in tali apparecchi per contenere il prodotto non è sufficiente per
eliminare tale indizio. Infatti, anche pasticche ovali o cilindriche, nonché, secondo la loro misura, pasticche rotonde o quadrate, possono essere comodamente introdotte in tali recipienti, come
le pasticche rettangolari.
64 Si deve altresì respingere l’argomento della ricorrente secondo cui differenze minime del marchio richiesto
rispetto alle forme di base dovrebbero
essere considerate sufficienti, nel caso di
specie, per accertare un carattere distintivo, poiché la varietà delle forme che
possono presentare le pasticche deter-
genti è limitata da ragioni tecniche.
Supponendo provata tale affermazione,
essa non potrebbe comunque giustificare una modifica dei criteri di valutazione del carattere distintivo.
65 Da un lato, non sussiste alcun motivo che consenta di concludere che la
percezione della forma o dell’aspetto di
una pasticca da parte del pubblico interessato e l’attenzione di tale pubblico
nei confronti delle differenze minime
tra le forme o gli aspetti di diverse pasticche siano influenzate dalla possibilità o dall’impossibilità tecnica di produrre forme molto diverse le une dalle
altre.
66 Dall’altro, supponendo che sia effettivamente difficile, per motivi tecnici, produrre pasticche le cui forme si distinguono le une dalle altre in modo significativo, la registrazione di forme
molto simili alle forme di base comunemente utilizzate aumenterebbe il rischio di conferire, mediante il diritto
dei marchi, diritti esclusivi a favore di
un operatore che potrebbero ostacolare
la concorrenza sul mercato dei prodotti di cui trattasi. Ora, gli impedimenti
assoluti alla registrazione traducono
proprio l’intento del legislatore comunitario di evitare la creazione di simili
monopoli (sentenza Pasticca rettangolare con incrostazione, citata al punto 36,
supra, punto 69). Di conseguenza, non
possono essere fatte valere circostanze
tali da aumentare il detto rischio per
giustificare la registrazione di un segno
non idoneo a soddisfare la funzione di
un marchio, cioè a consentire al pubblico interessato di distinguere il prodotto di cui trattasi da quelli aventi
un’altra origine commerciale.
67 Di conseguenza, la terza parte del
motivo è infondata.
68 Per quanto riguarda gli argomenti
fatti valere dalla ricorrente nell’ambito
della quarta parte del motivo, attinenti
alla giurisprudenza ed alla prassi in taluni Stati membri nonché alla prassi
dell’Ufficio, occorre rammentare che le
registrazione effettuate fino a questo
momento in taluni Stati membri rappresentano solo elementi che, pur non
essendo determinanti, possono soltanto
essere presi in considerazione ai fini
della registrazione di un marchio comunitario [sentenze del Tribunale 16
febbraio 2000, causa T-122/99, Procter
& Gamble/UAMI (Forma di un sapone), Racc. pag. II-265, punto 61; 31 gennaio
2001,
causa
T-24/00,
Sunrider/UAMI (VITALITE), Racc.
pag. II-449, punto 33, e Pasticca rotonda, rossa e bianca, citata al punto 36, supra, punto 58]. Le medesime considerazioni valgono per la giurisprudenza dei
giudici degli Stati membri. Inoltre, dai
documenti prodotti dalla ricorrente a
sostegno dei suoi argomenti risulta che
la prassi degli uffici nazionali dei marchi nei confronti dei marchi tridimensionali, rappresentati dal modo di apparire di pasticche per lavabiancheria e per
lavastoviglie, non è uniforme.
69 Occorre aggiungere che la grande
maggioranza dei marchi analizzati dalla
giurisprudenza e le registrazioni nazionali fatte valere dalla ricorrente hanno
caratteristiche diverse dal marchio richiesto nel caso di specie. Tra gli esempi fatti valere dalla ricorrente, solo due
marchi registrati in Francia presentano
talune analogie con il marchio richiesto,
nel senso che esse sono tridimensionali, poiché sono costituite da una variante delle forme geometriche di base e
sono stati depositati senza alcuna rivendicazione di colore. Tuttavia, non si
può dedurre da tali esempi isolati che la
commissione di ricorso abbia ignorato
la prassi degli uffici nazionali.
70 Infine, per quanto riguarda la prassi dell’Ufficio fatta valere dalla ricorrente, occorre osservare che motivi di
fatto o di diritto esposti in una decisione precedente possono, certamente, costituire argomenti a sostegno di un motivo vertente sulla violazione di una disposione del regolamento n. 40/94.
Tuttavia, è giocoforza constatare che,
nel caso di specie, la ricorrente non ha
invocato, riguardo a tali decisioni, motivi ivi esposti i quali potrebbero rimettere in discussione la valutazione della
commissione di ricorso relativa al carattere distintivo del marchio richiesto.
71 Di conseguenza, la quarta parte del
motivo è infondata.
72 Poiché il motivo unico della ricorrente attinente ad una violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n.
40/94, il ricorso deve essere respinto.
73
(…) Sulle spese
Dipositivo
1. Il ricorso è respinto.
2. La ricorrente è condannata alle
spese.
SOMMARIO
GIURISPRUDENZA DEL
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (1)
SENTENZA DEL TRIBUNALE DI
PRIMO GRADO
(Seconda Sezione)
2. Il marchio comunitario, registrato in
contrasto con le disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b), c) e
d), non può essere dichiarato nullo
se, per l’uso che ne è stato fatto,
dopo la registrazione ha acquisito
carattere distintivo per i prodotti o
servizi per i quali è stato registrato.
8 Con lettera 27 settembre 1999 la Alcon Universal Ltd (in prosieguo: la «ricorrente») ha chiesto all’UAMI l’iscrizione nel registro del trasferimento alla
stessa del marchio comunitario in questione. Il 29 novembre 1999 il trasferimento del detto marchio alla ricorrente
è stato iscritto nel registro dell’UAMI.
del 5 marzo 2003
nella causa T-237/01 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi,
disegni e modelli) 13 luglio 2001 (procedimento R 273/2000-1)): Alcon Inc,
contro Ufficio per l’armonizzazione
nel mercato interno (marchi, disegni e
modelli) (UAMI)
(Marchio comunitario - Procedura di
annullamento - Vocabolo BSS - Art. 51
del regolamento (CE) n. 40/94 - Impedimento assoluto alla registrazione Art. 7, n. 1, lett. d), del regolamento n.
40/94 - Carattere distintivo acquistato
in seguito all’uso - Artt. 7, n. 3, e 51, n.
2, del regolamento n. 40/94)
(Lingua del processuale: inglese)
Contesto normativo
1 Ai sensi dell’art. 51 del regolamento
(CE) del Consiglio 20 dicembre 1993,
n. 40/94, sul marchio comunitario (GU
1994, L 11, pag. 1), come modificato:
«1. Su domanda presentata all’Ufficio o
su domanda riconvenzionale in
un’azione per contraffazione, il
marchio comunitario è dichiarato
nullo
«1. a) allorché è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 5 o dell’articolo 7;
«1. b) allorché al momento del deposito della domanda di marchio il
richiedente abbia agito in malafede.
(1) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono
resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale del Tribunale di primo grado. L’unico testo
delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nello «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di primo grado».
3. Se la causa di nullità sussiste solo per
una parte dei prodotti o servizi per i
quali il marchio comunitario è registrato, la nullità del marchio può essere dichiarata soltanto per i prodotti o servizi di cui trattasi».
2 Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. d), del
regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione i marchi composti
esclusivamente da segni o indicazioni
che siano divenuti di uso comune nel
linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio.
3 Conformemente all’art. 7, n. 3, del
regolamento n. 40/94, il n. 1, lett. b), c)
e d), non si applica se il marchio ha acquistato, per tutti i prodotti o servizi
per i quali si chiede la registrazione, un
carattere distintivo in seguito all’uso
che ne è stato fatto.
Fatti
4 Il 1. aprile 1996 la Alcon Pharmaceuticals Ltd ha presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio
per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«UAMI») a norma del regolamento n. 40/94.
5 Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il vocabolo «BSS».
6 I prodotti per i quali è stata chiesta
la registrazione rientrano nella classe 5
ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1997, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini
della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono
alla seguente descrizione:
«Prodotti farmaceutici per uso oftalmico; soluzioni sterili per la chirurgia oftalmica».
7 Il marchio è stato registrato il 7 agosto 1998 e pubblicato il 19 ottobre 1998.
9 Il 7 dicembre 1998 l’interveniente ha
presentato una domanda di dichiarazione di nullità del marchio comunitario ai
sensi dell’art. 51, n. 1, del regolamento
n. 40/94. I motivi addotti sono quelli di
cui all’art. 7 del regolamento n. 40/94.
10 Con decisione 15 dicembre 1999 la
divisione di annullamento ha dichiarato
la nullità del marchio comunitario BSS
in forza dell’art. 51, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, per il fatto che il
detto marchio era composto da un segno divenuto di uso comune nel linguaggio corrente ai sensi dell’art. 7, n.
1, lett. d), del regolamento n. 40/94.
Inoltre, la divisione di annullamento ha
ritenuto che la ricorrente non avesse dimostrato che il segno aveva acquistato
un carattere distintivo in seguito all’uso
ai sensi degli artt. 7, n. 3, e 51, n. 2, del
regolamento n. 40/94.
11 Il 15 febbraio 2000 è stato presentato dinanzi all’UAMI un ricorso contro la decisione della divisione di annullamento, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94.
12 Il ricorso è stato respinto con decisione della prima commissione di ricorso 13 luglio 2001 (in prosieguo: la
«decisione impugnata»), notificata alla
ricorrente il 18 luglio 2001.
13 La commissione di ricorso ha ritenuto che la decisione della divisione di
annullamento fosse fondata. Essa ha affermato che il vocabolo «BSS» è utilizzato sia in tedesco sia in inglese per designare, nel linguaggio corrente, un
prodotto farmaceutico per uso oftalmico. Inoltre, riguardo agli artt. 7, n. 3, e
51, n. 2, del regolamento n. 40/94, la
commissione di ricorso ha rilevato che
le prove prodotte dalla ricorrente non
dimostravano che il detto segno avesse
acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso.
Procedimento e conclusioni delle parti
14 Con atto introduttivo depositato
presso la cancelleria del Tribunale il 18
SOMMARIO
settembre 2001, la ricorrente ha proposto il presente ricorso. Il 28 gennaio
2002 l’UAMI ha depositato il suo controricorso. Il 1. febbraio 2002 l’interveniente ha depositato il suo controricorso. Il 12 aprile 2002 la ricorrente ha depositato la propria replica. Il 14 giugno
2002 l’UAMI ha depositato la sua controreplica. Il 1. luglio 2002 l’interveniente ha depositato la propria controreplica.
15 Con comunicazione 19 novembre
2002 la ricorrente ha informato il Tribunale della modifica della propria denominazione sociale che è stata effettuata il 21 dicembre 2001.
16 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— annullare la decisione impugnata;
— ordinare all’UAMI di respingere la
domanda di dichiarazione di nullità
del marchio comunitario;
— pronunciarsi sulle spese.
17 L’UAMI chiede che il Tribunale
voglia:
— respingere il ricorso;
— condannare la ricorrente alle spese.
18 L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:
22 A tale proposito, la ricorrente rileva che la commissione di ricorso non ha
preso sufficientemente in considerazione le sue iniziative al fine di sorvegliare
l’uso del termine «BSS» da parte di terzi. La ricorrente afferma, in particolare,
di aver partecipato ad azioni volte a limitare l’impiego dei termini «IOCARE
BSS» da parte della società Ciba Vision
e dei termini «PHARMACIA &
UPJOHN BSS» da parte della società
Pharmacia & Upjohn. Inoltre, la ricorrente sostiene che ingiustamente la
commissione di ricorso non ha tenuto
conto della facoltà del titolare di un
marchio di combinare quest’ultimo con
un altro marchio senza alterarne il carattere distintivo.
23 Nella sua replica la ricorrente produce numerosi documenti, in particolare copie di estratti di dizionari farmaceutici, un aggiornamento della propria
«lista di sorveglianza BSS» presentata
dinanzi alla commissione di ricorso il
17 aprile 2000, 18 dichiarazioni di persone dell’ambiente medico di Francia,
Finlandia, Grecia, Belgio e Paesi Bassi
che affermano il carattere distintivo del
marchio BSS, una lista delle date in cui
i prodotti coperti dal marchio BSS sono
stati lanciati per la prima volta nei vari
paesi europei dopo il loro lancio iniziale negli Stati Uniti e indicazioni sulle
condizioni di registrazione del suo
marchio denominativo BSS nel Regno
Unito e in Germania.
— respingere il ricorso;
— condannare la ricorrente alle spese.
19 In udienza la ricorrente ha rinunciato al secondo capo delle sue conclusioni, diretto a che fosse ordinato all’UAMI di respingere la domanda di dichiarazione di nullità del marchio
comunitario.
In diritto
20 La ricorrente solleva nel caso di
specie un unico motivo, vertente sulla
violazione dell’art. 51, nn. 1, lett. a), e
2, del regolamento n. 40/94.
Argomenti delle parti
21 La ricorrente afferma che essa ha
dimostrato dinanzi alla divisione di annullamento dell’UAMI di essere stata la
prima ad avere adottato il vocabolo
«BSS» quale marchio nel 1959, di avere
preso alcune iniziative al fine di preservare il carattere distintivo del detto
marchio e di continuare a prenderne.
24 L’UAMI rileva che la commissione
di ricorso ha giustamente confermato la
nullità del marchio comunitario BSS
sulla base dell’affermazione della divisione di annullamento secondo la quale
il termine «BSS» era un termine generico per i prodotti oggetto del marchio in
questione.
25 Infatti l’UAMI è del parere che la
commissione di ricorso abbia rilevato
giustamente che, all’epoca della domanda di registrazione del marchio comunitario BSS da parte della ricorrente, il
termine «BSS» era impiegato, almeno in
una parte dell’Unione europea, come
un’indicazione che designava una «soluzione salina bilanciata» («Balanced
Salt Solution») e che era pertanto impossibile distinguere i prodotti di
un’impresa da quelli di altre imprese
sulla base del vocabolo in questione.
Ciò è confermato, a suo avviso, dai sette estratti di dizionari tecnici specializzati e di pubblicazioni scientifiche del
settore oftalmologico in tedesco e in inglese, nonché da numerosi siti internet
che sono stati analizzati dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata.
26 Per quanto riguarda l’argomento
della ricorrente secondo il quale essa ha
ideato i termini «Balanced Salt Solution» e «BSS», l’UAMI osserva che esso
è irrilevante nel caso di specie.
27 Per di più, l’UAMI ritiene infondato l’argomento della ricorrente secondo il quale la commissione di ricorso non ha preso in considerazione in
modo sufficiente le registrazioni nazionali precedenti del vocabolo «BSS» o
quelle contenenti il detto vocabolo,
dato che, secondo una giurisprudenza
consolidata del Tribunale, esse non vincolano l’UAMI e, per di più, non coincidono con il marchio di cui è causa.
28 Per quanto riguarda il carattere distintivo acquistato dal marchio BSS in
seguito all’uso, l’UAMI ritiene che la
ricorrente non abbia dimostrato la sua
esistenza né dinanzi alla divisione di annullamento né dinanzi alla commissione di ricorso.
29 Infine, nella controreplica, l’UAMI
fa valere che i documenti prodotti dalla ricorrente nella replica per la prima
volta dinanzi al Tribunale sono irricevibili ai sensi dell’art. 48, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, in
quanto essi sono stati prodotti tardivamente e tale ritardo non è stato motivato.
30 L’interveniente rileva che i documenti prodotti dalla ricorrente dinanzi
all’UAMI non sono sufficienti a preservare la registrazione del marchio comunitario BSS. Infatti, secondo la stessa, il
vocabolo «BSS» è utilizzato da numerosi produttori come un termine generico
o descrittivo che designa una soluzione
salina bilanciata e la ricorrente non ha
dimostrato di avere intrapreso iniziative
volte ad impedire l’utilizzo del vocabolo «BSS» da parte dei suoi concorrenti.
A tale proposito, l’interveniente ritiene
che la «lista di sorveglianza BSS», prodotta dalla ricorrente, sia irrilevante,
poiché essa menziona esclusivamente
una controversia vertente su tale marchio e, per contro, non fa riferimento all’utilizzo in Germania dei termini «IOCARE BSS» da parte della società Ciba
Vision e dei termini «PHARMACIA &
UPJOHN BSS» da parte della società
Pharmacia & Upjohn.
SOMMARIO
31 L’interveniente rileva che la combinazione del vocabolo «BSS» con altri
termini da parte della ricorrente stessa
solleva la questione se il detto utilizzo
sia tale da conferire carattere distintivo
ad uno solo degli elementi che compongono il segno.
32 Alla sua controreplica l’interveniente allega numerosi documenti integrativi volti a dimostrare il carattere generico e descrittivo del marchio BSS.
Giudizio del Tribunale
33 Nel presente ricorso la ricorrente
impugna una decisione della prima
commissione di ricorso dell’UAMI con
la quale è stato respinto il proprio ricorso contro la decisione della divisione di annullamento dell’UAMI, la quale ha dichiarato, su domanda dell’interveniente, la nullità del marchio
comunitario BSS registrato per «prodotti farmaceutici per uso oftalmico;
soluzioni sterili per la chirurgia oftalmica».
34 Nel detto contesto, occorre analizzare in primo luogo se la commissione
di ricorso abbia rilevato giustamente
che il marchio comunitario BSS non
avrebbe dovuto essere registrato ai sensi dell’art. 51, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, a causa dell’esistenza,
per il marchio in questione, di un impedimento assoluto alla registrazione e
in secondo luogo, se del caso, se la commissione di ricorso abbia osservato giustamente che il marchio in questione
non aveva acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso ai sensi degli
artt. 7, n. 3, e 51, n. 2, del regolamento
n. 40/94.
35 In primo luogo occorre rilevare
che la decisione della divisione di annullamento si fonda sull’applicazione al
caso di specie dell’art. 7, n. 1, lett. d),
del regolamento n. 40/94, che vieta la
registrazione dei marchi composti
esclusivamente da segni o indicazioni
che siano divenuti di uso comune nel
linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio. Pertanto il controllo della legittimità della
decisione impugnata, che conferma la
decisione della divisione di annullamento, dev’essere effettuato con riferimento a questo stesso fondamento normativo.
36 In via preliminare occorre rilevare
che non esiste giurisprudenza comunitaria attinente all’applicazione di tale
disposizione. Cionondimeno, alla Corte è stata sottoposta la questione vertente sull’interpretazione dell’art. 3, n.
1, lett. d), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE,
sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi
d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui
contenuto è sostanzialmente identico a
quello dell’art. 7, n. 1, lett. d), del regolamento n. 40/94 (sentenza della Corte
4 ottobre 2001, causa C-517/99, Merz
& Krell, Racc. pag. I-6959).
37 E’ convinzione della Corte che
l’art. 3, n. 1, lett. d), della direttiva
89/104 va interpretato nel senso che
osta alla registrazione di un marchio
soltanto quando i segni o le indicazioni
da cui tale marchio è esclusivamente
composto siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio
per designare i prodotti o i servizi per
cui detto marchio è presentato alla registrazione (sentenza Merz & Krell, citata, punto 31). In tal modo, occorre rilevare che l’uso comune di un marchio
può essere valutato soltanto rispetto, da
un lato, ai prodotti o ai servizi oggetto
del marchio, anche se la disposizione in
questione non fa alcun riferimento
esplicito a questi ultimi e, dall’altro, alla
percezione che di esso abbia il pubblico destinatario.
38 Per quanto riguarda il pubblico destinatario, occorre rilevare che l’uso comune di un segno viene valutato tenendo conto dell’aspettativa presunta di un
consumatore medio del tipo di prodotto in questione, che si ritiene sia normalmente informato e ragionevolmente
attento e avveduto [v., in tal senso, sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer,
Racc. pag. I-3819, punto 26, e sentenza
del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T34/00, Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL), Racc. pag. II-683, punto
47].
39 La Corte ha inoltre rilevato che,
benché sussista un’evidente sovrapposizione delle rispettive sfere di applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. c), e dell’art.
3, n. 1, lett. d), della direttiva 89/104,
l’esclusione dalla registrazione dei marchi considerati da quest’ultima disposizione non si fonda sulla natura descrittiva di tali marchi, ma sull’uso vigente
negli ambienti cui fa capo lo scambio
dei prodotti e dei servizi per cui detti
marchi sono stati presentati alla registrazione (sentenza Merz & Krell, citata, punto 35).
40 Infine la Corte ha sottolineato che
segni o indicazioni costitutivi di un
marchio che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle
consuetudini leali e costanti del commercio per designare i prodotti o i servizi oggetto di tale marchio non sono
adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese e non soddisfano quindi la funzione essenziale di detto marchio, a
meno che l’uso che di tali segni o di tali
indicazioni sia stato fatto abbia permesso a questi ultimi di acquisire un carattere distintivo idoneo ad essere riconosciuto in forza dell’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104 (sentenza Merz & Krell,
citata, punto 37).
41 Nel caso di specie occorre osservare che il marchio in questione era stato
registrato per «prodotti farmaceutici
per uso oftalmico; soluzioni sterili per
la chirurgia oftalmica» e che, pertanto,
l’uso comune del vocabolo «BSS»
dev’essere esaminato rispetto a tali prodotti.
42 Data la destinazione dei prodotti
oggetto del marchio in questione, il
pubblico destinatario è un pubblico
specializzato in campo medico, costituito in particolare da oftalmologi e chirurghi oftalmici. D’altronde, data la conoscenza da parte dei medici e dei farmacisti nell’Unione europea dei termini
scientifici in inglese, che costituisce la
lingua tecnica di tale settore, occorre
considerare come pubblico rilevante gli
oftalmologi e i chirurghi oftalmici di
tutta l’Unione europea.
43 Le prove prodotte dall’interveniente dinanzi all’UAMI, relative all’uso comune del vocabolo «BSS» rispetto
ad un pubblico specializzato in oftalmologia, dimostrano che il detto vocabolo è diventato la denominazione generica corrente per una soluzione salina
bilanciata («Balanced Salt Solution»).
Infatti va rilevato che i dizionari chimici, medici e farmaceutici nonché gli articoli scientifici prodotti dall’interveniente provano che il vocabolo «BSS» è
considerato dalla comunità scientifica
del settore come un termine generico.
SOMMARIO
44 Occorre quindi rilevare, come è
stato affermato dalla commissione di ricorso al punto 17 della decisione impugnata, che i dizionari prodotti dall’interveniente dinanzi alla divisione di annullamento (Dictionary of Chemistry
and Chemical Technology, di Helmut
Gross, Elsevier, 1989; Lexicon medizinisch-wissenschaftlicher Abkürzungen,
del dott. Rolf Heister, F. K. Schattauer
Verlag, 1985; Medical and Pharmaceutical Dictionary, di Werner E. Bunjes,
Georg Thieme Verlag, 1981; MASA
Medical Acronyms, Symbols & Abbreviations, di Betty Hamilton e Barbara
Guidos, Neal Schuman Publishers, Inc.,
1984, e Abbreviations, di Ralph de Sola,
Elsevier, 1986), nonché gli articoli prodotti dinanzi alla commissione di ricorso, tra cui essa cita quelli pubblicati dal
Winterlude (edizione 1995) e dal New
England Eye Center (edizione 1996),
menzionano il vocabolo «BSS» quale
denominazione generica del prodotto
Balanced Salt Solution o Buffered Saline Solution (soluzione salina tamponata).
45 Occorre inoltre rilevare che dalle
edizioni degli anni 1997, 1998 e 1999
della Rote Liste (vademecum medico
tedesco), presentate dall’interveniente
dinanzi alla divisione di annullamento,
e da quella del 2000, presentata dinanzi
alla commissione di ricorso, risulta che
società diverse dalla ricorrente commercializzano prodotti per uso oftalmico
con denominazioni che contengono il
vocabolo «BSS». Così, ad esempio, l’edizione del 1999 menziona l’utilizzo
della denominazione «IOCARE BSS»
da parte della società Ciba Vision, della denominazione «PHARMACIA &
UPJOHN BSS» da parte della società
Pharmacia & Upjohn e della denominazione «Serag Ophtal BSS» da parte
della società Serag-Wiessner.
46 Di conseguenza la commissione di
ricorso ha rilevato giustamente, al punto 19 della decisione impugnata, che le
prove prodotte dall’interveniente dinanzi all’UAMI sono sufficienti a dimostrare che, per gli specialisti, «BSS»
è un termine che è divenuto di uso comune, alla data della presentazione della domanda di registrazione del marchio BSS da parte della ricorrente, quale denominazione generica per
«soluzioni sterili per la chirurgia oftalmica». Del resto, occorre rilevare che la
ricorrente non ha prodotto dinanzi all’UAMI prove tali da dimostrare che il
marchio BSS non ricada nell’ambito di
applicazione dell’impedimento assoluto
alla registrazione di cui all’art. 7, n. 1,
lett. d), del regolamento n. 40/94.
47 Per quanto riguarda l’affermazione
della ricorrente secondo la quale essa
avrebbe dimostrato di essere stata la
prima società ad avere adottato, nel
1959, il vocabolo «BSS» come marchio,
va rilevato che tale fatto non prova che
il marchio in questione non fosse divenuto di uso comune 37 anni dopo, a
causa del sopravvenuto utilizzo dello
stesso quale denominazione generica
nel settore oftalmologico.
48 Infatti un segno che, in un dato
momento, era idoneo a costituire un
marchio può perdere, a causa dell’utilizzo dello stesso da parte di terzi quale denominazione di uso comune di un
prodotto, l’idoneità a svolgere le funzioni di un marchio e, in particolare,
quella di identificare l’origine commerciale del prodotto allo scopo di consentire in tal modo al consumatore che acquista il prodotto designato dal marchio di fare la medesima scelta in
occasione di un acquisto successivo
qualora l’esperienza si riveli positiva,
oppure un’altra scelta, ove l’esperienza
si riveli negativa [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T-79/00,
Rewe Zentral/UAMI (LITE), Racc.
pag. II-705, punto 26].
49 In secondo luogo occorre verificare se la ricorrente abbia prodotto dinanzi all’UAMI la prova che il marchio
BSS aveva acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso per i prodotti per i quali era stato registrato.
50 Secondo la giurisprudenza della
Corte, per valutare il carattere distintivo del marchio, ivi compreso quello acquistato in seguito all’uso, possono essere prese in considerazione, in particolare, la quota di mercato detenuta dal
marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo, la percentuale degli ambienti interessati che
identifica il prodotto come proveniente
da un’impresa determinata grazie al
marchio, nonché le dichiarazioni delle
camere del commercio e dell’industria o
di altre associazioni professionali. Qualora, sulla scorta di tali elementi, gli ambienti interessati o quantomeno una
parte significativa di questi identifichino grazie al marchio il prodotto come
proveniente da un’impresa determinata,
si deve concluderne che la condizione
imposta dall’art. 3, n. 3, della direttiva
89/104 - e per analogia quella richiesta
dall’art. 7, n. 3, del regolamento n.
40/94 - per la registrazione del marchio
è soddisfatta (sentenze della Corte 4
maggio 1999, cause riunite C-108/97 e
C-109/97, Windsurfing Chiemsee,Racc.
pag. I-2779, punti 51 e 52, e 18 giugno
2002, causa C-299/99, Philips, Racc.
pag. I-5475, punti 60 e 61).
51 Il carattere distintivo di un marchio, ivi compreso quello acquistato in
seguito all’uso, dev’essere valutato
ugualmente in rapporto ai prodotti o
servizi per cui viene richiesta la registrazione e prendendo in considerazione l’aspettativa presunta di un consumatore medio della categoria dei prodotti o dei servizi in questione,
normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto (v., in tal
senso, sentenza Philips, citata, punti 59
e 63).
52 Per quanto riguarda l’estensione
dell’uso necessario per far accettare la
registrazione di un marchio ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94,
il Tribunale ha rilevato che il carattere
distintivo acquistato in seguito all’uso
di un marchio deve essere dimostrato
nella parte sostanziale dell’Unione europea in cui esso ne era privo alla luce
dell’art. 7, n. 1, lett. b), c) e d), del detto regolamento [sentenza del Tribunale
30 marzo 2000, causa T-91/99, Ford
Motor/UAMI (OPTIONS), Racc. pag.
II-1925, punto 27].
53 Nel caso di specie la ricorrente
avrebbe dovuto dimostrare dinanzi all’UAMI che il proprio marchio aveva
acquistato un carattere distintivo o prima della data di presentazione della domanda di marchio, 1. aprile 1996, o tra
la data della registrazione, 7 agosto
1998, e quella della domanda di dichiarazione di nullità, 7 dicembre 1998, in
tutta l’Unione europea o in una parte
sostanziale della stessa.
54 La ricorrente rileva che la commissione di ricorso non ha valutato sufficientemente le iniziative che essa ha
preso e che continua a prendere al fine
di preservare il carattere distintivo del
marchio BSS. L’UAMI e l’interveniente
osservano che le prove prodotte dalla
ricorrente dinanzi all’UAMI sono insufficienti per preservare la registrazione del detto marchio.
55 Va rilevato che la questione se un
vocabolo che è di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini
leali del commercio abbia acquistato un
carattere distintivo in seguito all’uso dipende, in particolare, dalla percezione
che di esso ha il pubblico destinatario,
o quale nome generico del prodotto in
questione, o quale segno distintivo di
SOMMARIO
un’impresa determinata. Pertanto, gli
sforzi del titolare sono presi in considerazione se essi producono risultati
oggettivi in merito alla percezione del
termine in questione da parte del pubblico interessato.
56 Per quanto riguarda i documenti
prodotti dalla ricorrente dinanzi alla divisione di annullamento e, in seguito,
dinanzi alla commissione di ricorso per
dimostrare che il marchio BSS aveva acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso, la ricorrente ha prodotto
una «lista di sorveglianza BSS» ed accordi conclusi dalla stessa con terzi, da
cui risulterebbe l’esistenza di un programma di controllo dell’uso del detto
marchio da parte di terzi, in particolare
negli Stati Uniti, in Italia, in Germania
e nel Regno Unito. Cionondimeno, la
rilevanza di tale programmanonché i risultati dello stesso in ordine alla sensibilizzazione del pubblico destinatario
non sono noti.
57 Infatti, la circostanza che la ricorrente abbia preso iniziative volte a garantire il mantenimento del carattere distintivo del marchio in questione non è
sufficiente a provare che il detto marchio abbia acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso per i prodotti oggetto della registrazione, a meno
che le dette misure non abbiano originato nel pubblico destinatario la consapevolezza del fatto che il vocabolo
«BSS» è un marchio. A tale proposito
va rilevato che la «lista di sorveglianza
BSS» è solo un indizio dell’intenzione
della ricorrente di impedire l’uso del
marchio BSS da parte di concorrenti,
ma non dimostra che il pubblico destinatario percepisca il vocabolo «BSS»
come costitutivo di un marchio e, quindi, non prova che il vocabolo «BSS»
non costituisse più una denominazione
di uso comune nell’ambito oftalmologico.
58 Occorre infine rilevare che gli argomenti che la ricorrente fa derivare dai
dati sui volumi d’affari e sugli investimenti in pubblicità, nonché i documenti prodotti dalla stessa dinanzi all’UAMI, in particolare i certificati delle registrazioni nazionali di marchi che
comprendono il vocabolo «BSS» e gli
opuscoli riguardanti i prodotti «ALCON BSS» e «BSS PLUS», non sono
più idonei a determinare il carattere distintivo del marchio BSS di quanto lo
siano quelli analizzati precedentemente.
Per di più, la ricorrente non ha addotto
nel ricorso alcun argomento relativo al
valore probatorio dei detti documenti.
59 Per quanto riguarda l’argomento
della ricorrente relativo alla facoltà del
titolare di un marchio di combinare
quest’ultimo con altri segni senza alterarne il carattere distintivo, va osservato che esso è irrilevante per l’analisi dell’acquisto del carattere distintivo da
parte del marchio BSS. Il carattere complesso della formula d’identificazione
dei prodotti che essa commercializza
(«ALCON BSS», «BSS PLUS» o «ALCON BSS PLUS») potrebbe tutt’al più
costituire un indizio del fatto che la
stessa ritenga che il marchio BSS non
abbia acquistato un carattere distintivo
sufficiente per essere utilizzato senza
alcun altro elemento integrativo d’identificazione del prodotto.
60 Occorre pertanto rilevare che la
commissione di ricorso ha giustamente
affermato che la ricorrente non ha dimostrato che il proprio marchio avesse
acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso ai sensi degli artt. 7, n. 3,
e 51, n. 2, del regolamento n. 40/94.
61 Per quanto riguarda i documenti
allegati al ricorso e alla replica della ricorrente, nonché alla controreplica dell’interveniente, che non erano stati analizzati dalla commissione di ricorso,
questi ultimi, prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, non possono essere presi in considerazione, dato che il
ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo sulla legittimità delle
decisioni adottate dalle commissioni di
ricorso dell’UAMI ai sensi dell’art. 63
del regolamento n. 40/94.
62 Ciò premesso, poiché la funzione
del Tribunale non è di riesaminare le
circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati per la prima volta dinanzi allo stesso, i documenti prodotti
dalla ricorrente e dall’interveniente per
la prima volta dinanzi al Tribunale vanno considerati irricevibili, senza che sia
necessario esaminare il valore probatorio degli stessi.
63 Dall’insieme delle considerazioni
che precedono risulta che la commissione di ricorso ha valutato giustamente che il marchio BSS era divenuto di
uso comune nel linguaggio corrente o
nelle consuetudini leali e costanti del
commercio e che la ricorrente non aveva dimostrato dinanzi all’UAMI che il
marchio in questione avesse acquistato,
per i prodotti per i quali era registrato,
un carattere distintivo in seguito all’uso
che ne è stato fatto.
64 Pertanto, il ricorso dev’essere respinto.
65
(…) Sulle spese
Dispositivo
1. Il ricorso è respinto.
2. La ricorrente è condannata alle
spese.
SOMMARIO
GIURISPRUDENZA DEL
TRIBUNALE DI PRIMO
GRADO DELLE COMUNITÀ
EUROPEE (1)
SENTENZA DEL TRIBUNALE DI
PRIMO GRADO
(Quarta Sezione)
del 6 marzo 2003
nella causa T-128/01 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi,
disegni e modelli) 21 marzo 2001 (procedimento R 309/1999-2)): Daimler
Chrysler Corporation contro Ufficio
per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli)
(UAMI)
(Marchio comunitario - Marchio figurativo - Rappresentazione di una calandra di veicolo - Impedimento assoluto alla registrazione - Art. 7, n. 1, lett.
b), del regolamento (CE) n. 40/94 Marchio privo di carattere distintivo)
(Lingua processuale: inglese)
Fatti all’origine della controversia
1 Il 29 aprile 1997 la ricorrente ha
presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli; in prosieguo:
l’«UAMI») in forza del regolamento
(CE) del Consiglio 20 dicembre 1993,
n. 40/94, sul marchio comunitario (GU
1994, L 11, pag. 1), come modificato.
2 Il marchio di cui è stata richiesta la
registrazione è il segno figurativo riprodotto qui di seguito:
dei servizi ai fini della registrazione dei
marchi, comeriveduto e modificato, e
corrispondono alla seguente descrizione: «veicoli; apparecchi di locomozione
terrestri, aerei o nautici; relativi componenti».
4 Con comunicazione 7 luglio 1998,
l’esaminatore dell’UAMI ha informato
la ricorrente del fatto che il segno in
questione gli sembrava non potesse venire registrato in quanto privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1,
lett. b), del regolamento n. 40/94, per
una parte dei prodotti menzionati dalla
domanda di marchio, vale a dire i «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti».
5 Con lettera 5 gennaio 1999, la ricorrente ha presentato vari documenti
tra cui la dichiarazione del perito sig.
F.E. Hoadley del 26 giugno 1998 sull’evoluzione delle calandre dal punto di
vista cronologico e, in particolare, della
calandra che costituisce l’oggetto del
marchio richiesto, al fine di dimostrarne il carattere di unicità e la notorietà.
6 Con decisione 7 aprile 1999, l’esaminatore dell’UAMI ha parzialmente
respinto la domanda di marchio ai sensi dell’art. 38 del regolamento n. 40/94,
per il fatto che il marchio richiesto era
privo di carattere distintivo per i «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti». Per contro,
ha accettato la suddetta domanda di
marchio quanto alla parte relativa agli
«apparecchi di locomozione aerei o
nautici; relativi componenti». Inoltre,
l’esaminatore ha ritenuto che la ricorrente non avesse provato l’acquisizione,
da parte del segno, di un carattere distintivo mediante l’uso, ai sensi dell’art.
7, n. 3, del regolamento n. 40/94.
7 Il 4 giugno 1999, la ricorrente ha
presentato all’UAMI un ricorso ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94
contro la decisione dell’esaminatore.
3 I prodotti per i quali tale richiesta di
registrazione è stata presentata rientrano nella classe 12 ai sensi dell’Accordo
di Nizza 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e
(1) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono
resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale del Tribunale di primo grado. L’unico testo
delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nello «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di primo grado».
8 Con decisione 21 marzo 2001 (in
prosieguo: la «decisione impugnata»),
notificata alla ricorrente il 23 febbraio
2001, la seconda commissione di ricorso ha respinto il ricorso.
9 La commissione di ricorso ha considerato, in sostanza, che la decisione
dell’esaminatore fosse fondata, atteso
che il segno raffigurante la calandra anteriore di un veicolo è, prima facie, privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n.
40/94 e che le prove presentate dalla ricorrente non dimostrano che il segno
abbia acquistato un carattere distintivo
mediante l’uso ai sensi dell’art. 7, n. 3,
del medesimo regolamento.
Procedimento e conclusioni delle parti
10 Con atto introduttivo depositato
presso la cancelleria del Tribunale il 6
giugno 2001 la ricorrente ha proposto il
presente ricorso.
11 L’UAMI ha depositato il proprio
controricorso il 17 settembre 2001.
12 Su domanda del Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione
del procedimento, il 14 ottobre 2002
l’UAMI ha risposto ai quesiti sottoposti da detto Tribunale e prodotto i documenti allegati dalla ricorrente alle sue
osservazioni del 5 gennaio 1999.
13 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— annullare la decisione impugnata;
— ingiungere all’UAMI di attribuire
una data di registrazione con riguardo al marchio comunitario richiesto;
— condannare l’UAMI alle spese.
14 L’UAMI chiede che il Tribunale
voglia:
— dichiarare irricevibile la domanda
della ricorrente diretta a che venga
ingiunto all’UAMI di attribuire una
data di registrazione con riguardo
alla domanda di marchio comunitario;
— per il resto, respingere il ricorso;
— condannare la ricorrente alle spese.
15 In udienza la ricorrente ha rinunciato al secondo capo delle sue conclusioni, diretto a che fosse ingiunto all’UAMI di attribuire una data di registrazione con riguardo al marchio
comunitario richiesto. Il Tribunale ha
preso atto di tale rinuncia nel verbale
dell’udienza.
In diritto
Sulla ricevibilità delle prove prodotte
per la prima volta dinanzi al Tribunale
16 La ricorrente allega al ricorso prove che non sono state esaminate dalla
SOMMARIO
commissione di ricorso, e in particolare
uno studio di mercato realizzato nei
Paesi Bassi sul riconoscimento delle calandre. Inoltre, la ricorrente propone di
presentare studi di mercato realizzati in
altri Stati membri qualora il Tribunale li
ritenga pertinenti.
ni più restrittive rispetto a quelle previste dal regolamento n. 40/94. Orbene,
atteso che la commissione di ricorso ha
riconosciuto il fatto che la calandra in
oggetto non è del tutto comune («the
grill device is not exactly commonplace»), si deve riconoscere al marchio richiesto un carattere minimamente distintivo necessario.
17 L’UAMI ritiene che le prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale non possano essere prese in considerazione.
22 La ricorrente sostiene che la forma
rappresentata dal marchio richiesto non
è funzionale, come è stato confermato
dalla dichiarazione del perito sig. F.E.
Hoadley, presentata dinanzi all’UAMI.
18 Il Tribunale rammenta che con il
ricorso per il quale è adito si chiede di
controllare la legittimità delle decisioni
delle commissioni di ricorso dell’UAMI
ai sensi dell’art. 63 del regolamento n.
40/94. Pertanto, la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove
prodotte per laprima volta dinanzi allo
stesso. L’ammissione di tali prove, infatti, è in contrasto con l’art. 135, n. 4,
del regolamento di procedura del Tribunale, secondo cui le memorie delle
parti non possono modificare l’oggetto
della controversia dinanzi alla commissione di ricorso. Pertanto, le prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale nonché l’istanza di prova dedotta dalla ricorrente sono irricevibili.
Nel merito
19 La ricorrente, in sostanza, fa valere due motivi. Il primo motivo riguarda la violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b),
del regolamento n. 40/94 e il secondo la
violazione dell’art. 7, n. 3, del suddetto
regolamento.
Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94
— Argomenti delle parti
20 La ricorrente osserva che, in
conformità all’art. 4 del regolamento n.
40/94, un disegno di calandra può essere registrato in quanto marchio comunitario, il che è stato confermato dalla
registrazione presso l’UAMI di nove
marchi comunitari relativi a disegni di
calandre per veicoli a motore appartenenti alla classe 12 ai sensi dell’accordo
di Nizza.
21 Essa sostiene inoltre che l’analisi
della commissione di ricorso, secondo
cui il pubblico non è abituato a percepire una calandra quale riferimento all’origine dei prodotti, applica condizio-
23 Peraltro, la ricorrente ritiene che la
commissione di ricorso non abbia valutato l’originalità, l’unicità, il carattere
inusuale e quindi distintivo della calandra oggetto della domanda di marchio,
che non è utilizzata da nessun altro veicolo terrestre.
24 Essa osserva che il consumatore al
quale si rivolge è l’acquirente medio di
veicoli terrestri che acquista un prodotto di quel genere dopo essere stato correttamente informato. A tale riguardo,
la ricorrente ritiene che la scelta dei
consumatori sia guidata dalle caratteristiche tecniche del veicolo nonché dall’aspetto di quest’ultimo, di cui la calandra rappresenta un elemento essenziale.
25 Infine, secondo la ricorrente, la
commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto, al punto 15 della decisione
impugnata, che il pubblico non sia abituato a percepire il marchio richiesto
come un’indicazione di origine del prodotto.
26 L’UAMI sostiene che la commissione di ricorso ha constatato, a buon
diritto, come l’esaminatore, che il segno
in questione è prima facie privo di carattere distintivo per i prodotti in questione, perché, a suo parere, il segno è
costituito da elementi geometrici usuali
e semplici, comunemente utilizzati per
rappresentare i fari e la griglia che formano una calandra.
27 L’UAMI ritiene che il segno in
questione non oltrepassi i limiti di
quanto il consumatore medio è abituato a qualificare come calandre di veicoli terrestri e che non presenti quindi alcuna arbitrarietà o originalità. Pertanto,
il segno verrà anzitutto percepito come
una parte del veicolo e non come un’indicazione di origine.
28 Inoltre, l’UAMI afferma che l’asserita mancata funzionalità della calandra
considerata non è, di per sé, sufficiente
per concludere che il segno è dotato di
carattere distintivo.
29 Per quanto riguarda i nove marchi
comunitari relativi a disegni di calandre
per veicoli a motore, l’UAMI osserva
nelle sue risposte del 14 ottobre 2002,
nonché nelle spiegazioni illustrate in
udienza, che le calandre oggetto delle
suddette registrazioni sono inusuali, atteso che sono costituite da due quadri
simmetrici.
— Giudizio del Tribunale
30 Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del
regolamento n. 40/94 sono esclusi dalla
registrazione i «marchi privi di carattere distintivo»
31 I segni contemplati dall’art. 7, n. 1,
lett. b), del regolamento n. 40/94 sono
reputati inidonei a svolgere la funzione
essenziale del marchio, vale a dire quella di identificare l’origine commerciale
del prodotto o del servizio, allo scopo
di consentire in tal modo al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio in questione
di fare, in occasione di un acquisto successivo, la medesima scelta, qualora l’esperienza si riveli positiva, oppure
un’altra scelta, ove l’esperienza si riveli
negativa [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T-79/00, Rewe-Zentral/UAMI (LITE), Racc. pag. II-705,
punto 26].
32 Il carattere distintivo di un marchio deve essere valutato, da una parte,
in relazione ai prodotti o ai servizi per
i quali la registrazione del segno è richiesta e, dall’altra, in relazione alla percezione da parte del pubblico cui ci si
rivolge, costituito dai consumatori di
tali prodotti e servizi.
33 Infine, dalla lettera dell’art. 7, n. 1,
lett. b), del regolamento n. 40/94 discende che un carattere minimamente
distintivo è sufficiente affinché non sia
applicatol’impedimento definito in tale
disposizione [sentenza del Tribunale 27
febbraio 2002, causa T-34/00, Eurocool
Logistik/UAMI (EUROCOOL), Racc.
pag. II-683, punto 39].
34 Nella fattispecie, il pubblico interessato si ritiene sia il consumatore medio, normalmente informato e ragione-
SOMMARIO
volmente attento ed avveduto [v., in tal
senso, sentenza della Corte 22 giugno
1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819, punto
26, e sentenza del Tribunale 7 giugno
2001, causa T-359/99, DKV/UAMI
(EuroHealth), Racc. pag. II-1645, punto 27]. Infatti, data la natura dei prodotti considerati (veicoli; apparecchi di
locomozione terrestri; relativi componenti), gli stessi sono destinati al consumo generale nell’intera Unione europea.
35 In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo
all’idoneità di una calandra a essere registrata, alla luce della definizione di
marchio comunitario figurante all’art. 4
del regolamento n. 40/94, occorre rammentare che non esiste una categoria di
marchi aventi carattere distintivo per la
loro natura o per l’uso che ne è stato
fatto, che non sia idonea a contraddistinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese (v., in tal
senso, sentenza della Corte 18 giugno
2002, causa C-299/99, Philips, Racc.
pag. I-5475, punto 39).
36 Peraltro, quanto al carattere distintivo concreto, non si può escludere a
priori che la rappresentazione grafica,
anche fedele alla realtà, di una calandra
possa avere un carattere distintivo [v., in
tal senso sentenza del Tribunale 19 settembre 2001, causa T-30/00,
Henkel/UAMI (Immagine di un prodotto detergente), Racc. pag. II-2663,
punti 44 e 45].
37 Tuttavia, per quanto riguarda la
prova prodotta dalla ricorrente riguardante la registrazione, da parte dell’UAMI, di nove marchi comunitari relativi a disegni di calandre per veicoli a
motore, anche se occorre constatare che
la prassi amministrativa dell’UAMI non
offre chiare indicazioni quanto all’applicazione da parte di quest’ultimo dei
criteri di analisi degli impedimenti assoluti alla registrazione per marchi relativi a calandre di veicoli, si deve rammentare che, comunque, la legittimità
delle decisioni delle commissioni di ricorso dev’essere valutata unicamente
sulla base del regolamento n. 40/94,
quale interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una prassi decisionale precedente [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T106/00,
Streamserve/UAMI
(STREAMSERVE), Racc. pag. II-723,
punto 79]. Pertanto, l’argomento della
ricorrente inerente alla registrazione da
parte dell’UAMI di nove marchi comunitari relativi a calandre per veicoli a
motore non è pertinente.
38 In secondo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui il
criterio applicato nella fattispecie dalla
commissione di ricorso è scorretto e
molto più restrittivo rispetto ai requisiti previsti dal regolamento n. 40/94, si
deve rammentare che l’art. 7, n. 1, lett.
b), del regolamento n. 40/94 non opera
distinzioni tra diversecategorie di marchi e che, pertanto, i criteri da applicare all’atto della valutazione del carattere distintivo dei marchi figurativi costituiti dalla rappresentazione del
prodotto stesso o da quella di uno dei
suoi componenti non devono essere diversi da quelli applicabili alle altre categorie di marchi (v., in tal senso, sentenza Immagine di un prodotto detergente, cit., punto 48).
39 In terzo luogo, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso ha
erroneamente ritenuto che il pubblico
non sia abituato a percepire il marchio
di cui trattasi come un’indicazione di
origine del prodotto (punto 15 della decisione impugnata), occorre tener conto
del fatto che la valutazione del carattere distintivo di un marchio implica che
si prendano in considerazione tutti gli
elementi pertinenti legati alle circostanze specifiche della fattispecie. Tra questi elementi, non può escludersi che la
natura del segno nonché quella dei prodotti cui si riferisce il marchio richiesto
possano influenzare la percezione che il
pubblico avrà del suddetto marchio.
40 In tale contesto, si deve osservare
che i veicoli e gli apparecchi di locomozione terrestri sono prodotti di
grandi dimensioni, per i quali può risultare utile avvalersi non solo di un
marchio denominativo, ma altresì dei
marchi figurativo o tridimensionale al
fine di rendere possibile l’identificazione visiva di tale prodotto da parte del
pubblico cui è diretto.
41 Si deve constatare che, da lungo
tempo e ancora all’epoca del deposito
del marchio richiesto, che costituisce il
momento rilevante per l’analisi dell’esistenza degli impedimenti assoluti alla
registrazione, le calandre non svolgono
più una funzione esclusivamente tecnica, come è stato rilevato dalla perizia
del sig. F.E. Hoadley. Inoltre, a differenza di altre parti che compongono un
veicolo a motore, talora le forme delle
calandre tendono a persistere nel tempo
e vengono utilizzate per vari modelli di
un medesimo costruttore.
42 Infatti, la calandra è divenuta un
elemento essenziale dell’aspetto dei veicoli e della differenziazione tra i modelli esistenti sul mercato realizzati dai
vari costruttori di tali prodotti. Pertanto, le calandre sono elementi che possono essere intrinsecamente utili nell’individuazione visiva di un modello,
di una gamma, o anche di tutti i modelli
di uno stesso costruttore di veicoli a
motore rispetto agli altri modelli.
43 Tale conclusione non può essere
inficiata dall’affermazione del sig. F.E.
Hoadley secondo cui una calandra può
anche servire all’aereazione del motore
del veicolo e a fornire una certa stabilità alla parte frontale di quest’ultimo.
A tale proposito, occorre rilevare che il
fatto che un segno svolga diverse funzioni simultanee è senza influenza sul
suo carattere distintivo [ v., in tal senso,
sentenza del Tribunale 9 ottobre 2002,
causa T-36/01, Glaverbel/UAMI (Superficie di una lastra di vetro), Racc.
pag. II-0000, punto 24], soprattutto se
la funzione distintiva è preponderante
rispetto alle altre funzioni.
44 Per quanto riguarda il segno in
questione, la commissione di ricorso ha
ritenuto che i consumatori siano abituati a vedere calandre di veicoli terrestri contenenti elementi identici o analoghi a quelli del segno di cui trattasi.
Tuttavia, essa ha ammesso che la forma
del modello della calandra non è del
tutto comune («the grill device is not
exactly commonplace») (punto 15 della
decisione impugnata).
45 La ricorrente rileva che il marchio
richiesto è manifestamente diverso dai
disegni di calandra di qualsiasi altro veicolo terrestre. L’UAMI replica che il segno in questione non oltrepassa i limiti
di quanto il consumatore medio è abituato a osservare come calandre di veicoli terrestri e che non presenta quindi
alcuna arbitrarietà o originalità.
46 A tale riguardo si deve osservare
che il segno in questione costituisce la
rappresentazione della parte frontale di
un’automobile avente una forma irregolare che include, al centro, sette ampie aperture verticali e da ciascun lato
superiore un cerchio rappresentante i
SOMMARIO
fari del veicolo. Tale figura, al momento del deposito della domanda, costituisce il disegno di una calandra inusuale,
atta a offrire l’immagine di una calandra
di altri tempi e una configurazione semplice che non può essere ritenuta come
del tutto comune nelle circostanze esistenti al momento del deposito della
domanda.
47 Pertanto, il segno di cui trattasi
non può essere considerato come l’immagine, che viene in mente spontanemante, della rappresentazione tipica di
una calandra contemporanea. Non è
quindi possibile accogliere l’affermazione dell’UAMI, secondo cui il segno in
questione riguarda elementi comunemente utilizzati per rappresentare una
calandra.
48 Di conseguenza, si deve ritenere
che la calandra in questione sia atta a influire sulla memoria del pubblico cui si
rivolge in quanto indicazione dell’origine commerciale e, quindi, differenziare
e identificare i veicoli a motore su cui è
installata la suddetta calandra da quelli
che provengono da altre imprese.
49 Si deve quindi ritenere che il segno
in parola abbia il carattere distintivo
minimo per sottrarsi all’impedimento
assoluto alla registrazione previsto dall’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n.
40/94. Tale conclusione è peraltro suffragata dall’affermazione della commissione di ricorso, menzionata supra al
punto 44, secondo cui la calandra non è
del tutto comune («the grill device is
not exactly commonplace»).
50 Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che erroneamente la commissione di ricorso ha ritenuto che il marchio richiesto fosse
privo di qualsiasi carattere distintivo.
51 Di conseguenza, senza che sia necessario esaminare la fondatezza del secondo motivo formulato dalla ricorrente, la decisione impugnata deve essere
annullata.
52
(…) Sulle spese
Dispositivo
1. La decisione 21 marzo 2001 (procedimento R 309/1999-2) della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e
modelli) è annullata.
2. Il convenuto è condannato alle spese.
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