LA RESPONSABILITA’ DELL’IMPRESA • C.1 L’impresa nella Dottrina Sociale • C.2 L’impresa in transizione • C.3. Verso una concezione comunitaria ed equilibrata d’impresa • C.4 Per una cultura d’impresa • C.5 L’impresa responsabile • C.6 La leadership manageriale • C.7 La responsabilità individuale introduzione • 1. oggetto della nostra ricerca è l’impresa capitalistica come gruppo di persone • -alla base sta l’iniziativa creatrice e un progetto: impresa come un settore di relazioni umane, con regole di cooperazione, autorealizzazione personale • Diritti e doveri, criteri di giustizia • 2. tre modelli di comprensione dell’impresa • -massimizzazione del profitto • -contratto sociale • -comunità di persone – Non ogni paradigma economico è appropriato per la ricerca interdisciplinare sull’impresa • -l’approccio integrale considera la complessità dell’impresa • -la valutazione del valore implica il che cosa, il punto di vista e come, si astrae poi da alcuni aspetti. Presuppone determinate visioni di impresa: la visione dell’impresa come meccanismo che massimizza il profitto esclude caratteristiche dell’azione umana, l’etica è solo un’esigenza esterna • -nella visione comunitaria l’etica guida i vari momenti dell’azione imprenditoriale • 3.La visione comunitaria evidenzia anche la dimensione sociale dell’impresa, le variabili della situazione esterna includono le influenze sociali che riflettono i valori su cui c’è consenso. • -impresa come istituzione economica sociale e morale. Il fine dell’impresa deve considerare tutte e tre le dimensioni • -si tratta di far partecipare i membri dell’impresa al suo progetto • -è una sfida morale che stimola la responsabilità di tutti i membri • -le risorse che si investono sono molto più che il lavoro e il capitale • -alla luce di queste convinzioni si sviluppano i vari capitoli • 4.- La visione della DSC circa l’impresa come comunità di persone, luogo in cui l’uomo diventa se stesso, confronto con la Business Ethics (c.1) • -l’evoluzione storico-culturale dell’impresa capitalista con attenzione alle questioni fondamentali del destino dell’uomo (c.2) • -le teorie dell’impresa e il confronto dei loro paradigmi con la DSC (c.3) • -la relazione della teologia sociale alla cultura dell’impresa, critica e propositiva degli ideali della mission (c.4) • -la responsabilità pluridimensionale (economica sociale ambientale) dell’impresa a livello strategico e decisionale (c.5) • -il ruolo del dirigente come leader e la partecipazione dei dipendenti a tutti i livelli (c.6) • -lo spazio della responsabilità individuale nelle organizzazioni imprenditoriali, la spiritualità cristiana nell’impresa (c.7). c.1 L’IMPRESA NELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA • -nell’economia la competenza della chiesa è a livello morale • 1.l’interesse della chiesa per l’impresa: il fondamento antropologico • 2.Analisi dei documenti del Magistero • 3. la competenza dell’insegnamento sociale della chiesa • 4.”Ragioni pubbliche” ed etica teologica dell’impresa 1.1.L’interesse della chiesa per l’impresa: il fondamento antropologico • A)la sfida di correlare la prospettiva della fede con la prospettiva della prassi economica,come luogo della libertà • Le istituzioni come strutture di rapporti umani, che la teologia sociale deve esplicitare, coniugando efficienza e giustizia, giustizia come parte della testimonianza, profilo politico dell’agire economico, domande tecniche che sottendono domande di senso • -le strutture dell’impresa come forme del desiderio umano • B)la chiesa esplicita una particolare sensibilità al rispetto della dignità umana nella sua integralità umana. • -la DSC è indirizzata innanzitutto ai cristiani ma è comunicabile a tutti, giudica e stimola all’impegno, è storica e universale, riferendosi al criterio di giudizio che è Gesù l’universale concreto, ha la figura di una dottrina cristocentrica e storicosalvifica • C) verità evangelica e prassi economica non sono suscettibili di immediato confronto: l’impresa interpretata alla luce della fede escatologica, giudizio e raccomandazione a riformarla attraverso criteri intermedi e il dialogo interdisciplinare • -la riflessione della chiesa va istituita in termini accessibili a tutta la società: a procedere dall’effettivo, far vedere quale sia la giustizia possibile, oggetto è il mistero dell’uomo 1.2.L’impresa negli interventi della DSC • -continuità di pensiero e linguaggi diversi • -la parola impresa compare nel 1931 • -fino alla seconda guerra mondiale si risolve nelle relazioni capitale lavoro • -l’impresa come insieme di persone con proiezioni interne e esterne • -influsso sul diritto positivo 1.2.1.l’impresa non è una società di capitali • -RN: capitalismo industriale, capitale e lavoro in conflitto, liberalismo e capitalismo • -l’impresa è il luogo di incontro tra capitale e lavoro, rapporti ,secondo giustizia, ideale solidaristico, indicazione corporativista • -dopo la RN si aprì un dibattito vivo sulla natura del contratto salariale (Marx) • -Pio XI esorta a “temperare nella misura del possibile il contratto di lavoro con degli elementi del contratto di società”(QA 72) • Contratto salariale: giustizia commutativa • Contratto di società: giustizia distributiva dove tutti hanno diritto ad una parte di proprietà • -il lavoratore non è esterno all’impresa come lo pensa la concezione dell’impresa come pura società di capitali (lavoro=costo) 1.2.2.L’impresa è una società o una comunità? • -dopo la seconda guerra mondiale, diventa importante il problema della natura e forma giuridica dell’impresa. Per questo Pio XII affronta sovente il tema dell’impresa • -l’impresa non è una società in cui i rapporti tra i partecipanti sono determinati dalle regole della giustizia distributiva in modo che tutti abbiano diritto alla loro parte di proprietà • -in una società economica le relazioni sono relazioni di scambio mediate dalle cose e sottomesse alla giustizia commutativa • -legittimità del contratto salariale anche se i lavoratori non sono semplici fattori produttivi • -a motivo del primato del lavoro si pongono condizioni ben precise per la liceità del contratto salariale, la tendenza costante è verso una maggior partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa 1.2.3.il dibattito sul diritto di cogestione o sulla struttura giuridica dell’impresa • -in Germania si poneva il problema della partecipazione di tutti alla gestione come un diritto naturale, il rapporto salariale è trasformato in rapporto di società • -Pio XII:non si nega la parità tra lavoratore e imprenditore, l’impresa però riposa su una collaborazione di persone attraverso la mediazione delle cose • -il pontefice vuole salvaguardare il diritto di proprietà ed evitare forme di gestione anonima e collettivistiche • -non si deve snaturare l’essenza dell’impresa e le sue specifiche relazioni (visione realistica) • -non si negano le riforme sociali ma non devono portare ad una proprietà anonima distruttrice della responsabilità personale • -inizio della revisione del concetto privatistico di impresa e di proprietà privata 1.2.4.L’impresa come insieme di diritti personali • -Giovanni XXIII approfondisce la partecipazione alle decisione con la tematica dei diritti, il ruolo attivo dei lavoratori, l’impresa come “una vera comunità umana” • Vaticano II: affronta il problema di come realizzare il principio della priorità del lavoro rispetto a tutti gli altri elementi. • -con la PP si impone una considerazione in prospettiva politica dei beni economici 1.2.5.L’impresa luogo di creatività ed espressione di libertà • LE: grande banco del lavoro moderno, primato dell’uomo nel processo di produzione, giusta posizione del lavoro, azionariato operaio, elementi del contratto di società, partecipazione e co-proprietà, datore di lavoro indiretto. • -CA: l’impresa regolata dal bene comune, al servizio dell’uomo, libertà economica e libertà umana, creatività • Caritas in veritate • L’attenzione dell’enciclica va in particolare sulla realtà umana dellimpresa e sulla sua responsabilità sociale (nn.38, 40) • -delocalizzazione • Si pone il germe di una imprenditorialità diffusa, che va oltre la distinzione privato e pubblico e apre al travaso di competenze tra il mondo profit e quello non profit (n.41). • Il riferimento esplicito alle forme organizzative dell'attività produttiva delle imprese del settore non profit costituisce una novità nell'ambito dei documenti pontifici; • Esse sono una delle espressioni dell'esigenza che l'attività economica non prescinda «dalla gratuità, che dissemina e alimenta la solidarietà e responsabilità per la giustizia e il bene comune» (n. 38). • Tali organizzazzioni non sono presentate come forme esclusive, ma coesistenti e operanti «un mercato nel quale possano liberamente operare, in condizioni di pari opportunità, imprese che perseguono fini istituzionali diversi. • Accanto all'impresa privata orientata al profitto, e ai vari tipi di impresa pubblica, devono potersi radicare ed esprimere quelle organizzazioni produttive che perseguono fini mutualistici e sociali. • È dal loro reciproco confronto sul mercato che ci si può attendere una sorta di ibridazione dei comportamenti d'impresa e dunque un'attenzione sensibile alla civilizzazione dell'economia”(n.38). 1.3. La competenza dell’insegnamento sociale della chiesa prospettiva della chiesa riflette un’immagine integrale dell’uomo, tocca il livello dei valori della cultura d’impresa, e quello dei meccanismi istituzionali-economici. • -ruolo del magistero universale e di quello locale • A)la • -né semplice enunciazione dei principi né dilatazione normativa • -influsso diverso secondo i diversi livelli di giudizio e di concretezza, diversi gradi di autorevolezza per le situazioni mutevoli, aiutare il discernimento • B) la riforma deve iniziare dal cambiamento dei costumi • -strutture di peccato: l’obbligo morale tocca l’utilizzatore dei meccanismi econ, che sono consolidati dagli atti degli individui, connessione al peccato personale, il dominio nasce dalla paura • -l’attività dell’impresa sotto il segno della bontà naturale e della libertà, sfruttamento e partecipazione, realizza o ostacola il progetto di Dio, • Proposta positiva della DSC, fatica etica che non annulla i conflitti ma esige forza costante e dialogo 1.4.Ragioni pubbliche ed etica teologica dell’impresa • -la DSC si presenta come un corpo unitario, • -la Business Ethics contiene teorie divergenti, si spinge verso sistemi di norme per istituzioni economiche, elaborate con l’apporto di diverse discipline 1.4.1. Il dialogo tra DSC e Business Ethics • A)-BE complesso di contributi teorici e pratici • -condizioni che propiziano il suo sviluppo • -si diversifica dalla visione neutrale e dal moralismo, mostra che i requisiti econ e etici sono entrambi coinvolti • -radici filosofiche anglosassoni • -principi significativi: individualismo e concezione procedurale delle norme, che devono rispettare le prerogative degli individui • B)aspetto positivo della Business Ethics: ricchezza di strumenti di analisi delle istituzioni, affronta la moralizzazione delle forme oggettive dell’economia • riconosce l’autonomia non totale dell’economia, rilievo dell’efficienza e dell’aspetto strategico, l’etica appiattita sul giuridico, come protezione dei diritti, difficoltà a guidare i conflitti, necessità dei codici etici • -la DSC lega meno strettamente funzionamento e valore, ma prospettiva più radicale, superando la visione funzionale del vivere civile • C)uno degli apporti più significativi è il concetto di stakeholders: coloro che sono toccati dall’attività dell’impresa, concezione più comprensiva di impresa, rapporti stabili e duraturi con gli st. come parte del fine dell’impresa • -convergenza con la DSC: comunità di uomini • -si rende possibile superare l’individualismo (solo vincoli contrattuali nell’impresa), che impedisce di giungere a correttivi radicali circa il diritto di proprietà, gli obiettivi dello sviluppo… • -dalla domanda circa la qualità giusta del rapporto economico a quella sulla qualità giusta del volere, integrità dell’azienda e integrità personale 1.4.2. Le difficoltà del confronto • -difficile il dialogo con teorie che non riconoscono fecondità sociale al cristianesimo, le decisioni pubbliche solo sulla base di valori partecipati • -osservazioni critiche: definire come pubbliche solo le ragioni secolari, è ingiusto nei confronti della ragione religiosa • -inoltre gli ideali democratici includono la libertà religiosa e la tolleranza • -bisogno di un’etica ispirata alla religione perché la praticabilità dell’etica dell’impresa dipende da principi particolari (capacità di andare oltre i calcoli), inoltre le convinzioni religiose sostengono tipi di caratteristiche umane necessarie per un’etica pratica dell’impresa • -Rawls parla dell’uso inclusivo del linguaggio religioso per sostenere la democrazia • -Greenawait: traduzione del linguaggio religioso in ragioni pubbliche, etica cristiana dell’impresa in senso non confessionale, che provvede risposte specialmente nelle situazioni di conflitto, indicazioni pratiche universali e non intolleranti, che sono ragioni pubbliche • B)Pava: etica dell’impresa nella società pluralistica in tre tappe: 1. rispondere ai problemi con ragioni pubbliche, 2. interpretazione creativa della tradizione religiosa per ispirare strategie, 3.traduzione in modo da permettere all’altro di comprendere il proprio ragionamento • -comunicazione e possibilità di dialogo, traduzioni come ponti • C)il dialogo richiede apertura a convinzioni che vanno oltre quelle partecipate, ermeneutica del profondo, razionalità critica provveduta dalla religione nei confronti dei pregiudizi sociali • -le verità non partecipate sono trasgressive, sono fondate su una fede e creano instabilità, necessaria per strutture giuste • -escludendo dal dibattito sull’etica dell’impresa le convinzioni religiose, si nega una risorsa e si nega ad una persona di articolare ciò che la muove interiormente • -l’approccio esclusivista è incoerente con la filosofia liberale, promuove poche motivazioni alle scelte economiche e non promuove la libertà e uguaglianza • D) l’approccio inclusivista permette l’opportunità di agire secondo la propria fede, accresce la creatività umana, nutre il dialogo costruttivo piuttosto che la religiosità intollerante, aiuta a relativizzare l’interesse individuale • -un’etica cristiana dell’impresa è una risorsa per una cultura pluralista • -in conclusione,il confronto tra DSC e Business Ethics fa emergere un concezione comprensiva dell’impresa, la connessione con la società e la responsabilità morale • -utili strumenti anche se non si condividono i presupposti antropologici • -il confronto stimola un approfondimento antropologico. Il riferimento all’antropologia cristiana non conduce a disconoscere altri modi di esprimere la tensione morale della comune esperienza umana, di partecipare ad uno sforzo comune per individuare un’etica dell’impresa • -istruzione fenomenologica per cogliere il rimando dell’esperienza d’impresa alle questioni fondamentali