In Monteleone, R. (a cura di) (2007) “La contrattualizzazione nelle politiche sociali:
forme ed effetti”, Roma, Officina edizioni.
Capitolo 6
Supporti all’individuazione e contrattualità: il caso dei budget di cura
di Raffaele Monteleone
“L’impresa sociale altro non è che l’impresa di far esistere il sociale, di dargli nerbo e materia. La
materia prima è data dagli individui, dai loro saperi, dalle loro strategie. L’importante è che esista
uno scambio tra di loro, un commercio e nostro compito è vivificare la scena, mettere su le “piazze
del mercato”. Se non facciamo questo, non ci resta che gestire un residuo inerte: la malattia,
l’inabilità, l’esclusione, la povertà.”
Franco Rotelli (1991)
1. Introduzione
L’obiettivo di questo capitolo è quello di presentare e discutere un dispositivo contrattuale, i
progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati/budget di cura, come strumento operativo concreto
all’interno delle pratiche dei servizi socio-sanitari e punto di osservazione privilegiato per ragionare
sulla tema della contrattualizzazione delle politiche oggetto specifico di questo volume. Questa
misura, nata originariamente per mettere a punto percorsi personalizzati di riabilitazione in campo
psichiatrico, si fonda su un “contratto di cura” che analizzeremo con riferimento a due dimensioni
fra loro collegate: un primo livello, che riguarda il sistema dell’offerta e la convergenza di diversi
attori e politiche attorno alla necessità di costruire un progetto personalizzato di cura, un secondo
livello che, invece, pertiene alla definizione e al ruolo giocato dei destinatari all’interno del progetto
stesso. A partire da questi due fuochi analitici ricostruiremo le vicende che hanno portato
all’introduzione e al consolidamento di questo dispositivo contrattuale, i budget di cura verranno
collocati in prospettiva con le vicende della deistituzionalizzazione psichiatrica che costituiscono il
ricco patrimonio di pratiche e riflessioni da cui originano, allo stesso tempo, non ne verranno
trascurate le specificità e gli elementi che ne caratterizzano il disegno di policy. Procederemo,
dunque, combinando passato e presente, analisi della documentazione amministrativa e delle prassi
1
operative, in una riflessione che vuole rendere conto delle modalità di rapporto fra servizi e cittadini
che passano anche dai vincoli (e dalle risorse) contenuti per l’appunto nei contratti di cura.
2. La prima sperimentazione dei budget di cura
La prima sperimentazione dei progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati (che per comodità
chiameremo “budget di cura” o “progetti personalizzati”) è legata al progetto di chiusura
dell’ospedale psichiatrico femminile di Sottoselva iniziato nel 19961. Come è noto, il processo di
deistituzionalizzazione psichiatrica, che ancor oggi non può dirsi del tutto compiuto, è stato in Italia
lento, molto disomogeneo territorialmente e non privo di contraddizioni e criticità2, ne è la riprova il
fatto che il lavoro di chiusura di questa struttura inizia a diciotto anni di distanza dall’introduzione
della legge-quadro 180 del 1978 e, più precisamente, in conseguenza di due disposizioni legislative:
la legge finanziaria del 1995 che imponeva la definitiva chiusura degli ospedali psichiatrici entro il
31 dicembre 1996 e l’approvazione del “Progetto obiettivo per la tutela della salute mentale 19941996” in cui veniva delineata una prima strategia organica per dare applicazione concreta ai principi
della legge Basaglia superando l’istituzionalizzazione.
I budget di cura nascono, in questo contesto, come progetto pilota orientato alla riconversione delle
risorse destinate, sino ad allora, al pagamento delle rette di ricovero per l’assistenza residenziale di
utenti psichiatrici: per ciascuna persona dimessa dall’ospedale viene immaginato un progetto
personalizzato in cui le risorse economiche vengono – invece – interpretate e utilizzate come
investimenti necessari per includere e reintegrare socialmente gli ex degenti.
Più in dettaglio, nel 1998 l’Azienda per i Servizi Sanitari n. 5 “Bassa friulana” mette a punto una
gara d’appalto per individuare soggetti cogestori, appartenenti al privato sociale, interessati a
sviluppare un progetto di investimento complessivo delle risorse economiche, prima destinate alla
residenzialità, finalizzato alla creazione di un “sistema di opportunità” in cui i progetti
personalizzati di cura garantissero il miglioramento del funzionamento sociale3 degli utenti. Il
1
Sottoselva è una piccola frazione del Comune di Palmanova in Provincia di Udine.
Si pensi, ad esempio, al fenomeno delle “false chiusure”, ma, più in generale, a come la logica custodialisticosegregativa del manicomio si conservi e si riproduca immutata all’interno di alcune strutture residenziali non solo
psichiatriche.
3
Con il concetto di “funzionamento sociale” si fa riferimento alla gamma completa di domini in cui si articolano le
attività e la partecipazione degli individui all’interno della società. Il concetto di funzionamento è posto al centro del
nuovo modello per classificare salute e disabilità elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità l’International
Classification of functioning, disability and health (ICF). Sperimentato a partire dal 1994 sino al 2001 in 65 Paesi ed è
stato riconosciuto da 191 Paesi, tra cui l’Italia, come il nuovo riferimento internazionale per descrivere e misurare la
salute e l'handicap.
2
2
bando della gara d’appalto viene utilizzato, a questo scopo, come strumento di pianificazione
strategica per ridisegnare la rete complessiva dei servizi di salute mentale valorizzando
l’integrazione fra politiche sanitarie e sociali, creando le condizioni per un rapporto di cogestione
dei progetti personalizzati fra azienda sanitaria e compagini sociali appartenenti al terzo settore.
Nella documentazione amministrativa che istruisce il bando vengono, perciò, esplicitati i principi
cardine che orientano la sperimentazione dei budget di cura: innanzitutto la riabilitazione psicosociale viene riconosciuta come un processo di ricostruzione dei diritti di cittadinanza uscendo da
una lettura del compito di cura appiattita sulle tecniche sanitarie, in secondo luogo, le risorse
economiche vengono ricentrate e messe a disposizione delle persone invece di essere destinate in
misura prevalente al mantenimento in attività di strutture e servizi residenziali.
Nella metodologia di intervento dei budget di cura, come avremo modo di approfondire
successivamente, l’obiettivo di ricostruire i diritti di cittadinanza viene perseguito articolando i
progetti personalizzati su tre assi prioritari di intervento: la casa, il lavoro e la socialità, dimensioni
costitutive dell’identità e del funzionamento sociale di ciascun individuo. Questa impostazione di
lavoro prevede, come accennavamo, la costruzione di un sistema di opportunità, ovvero di luoghi e
contesti concreti che rendano possibile la riappropriazione e lo sviluppo delle capacità delle persone
prese in carico dai servizi. L’ipotesi portata avanti è che intervenire sulla trasformazione del
contesto di vita dei pazienti psichiatrici incida positivamente sulle loro prognosi.
La gara d’appalto scommette a tal fine sulla condivisione di obiettivi fra l’azienda sanitaria e i
soggetti cogestori, i servizi di salute mentale definiscono il compito di cura come un progetto
complesso che deve far convergere tecniche sanitarie e interventi sul contesto di vita delle persone:
viene alimentata, dunque, una logica di corresponsabilizzazione fra soggetti pubblici e privati, attori
di un’impresa collettiva che devono superare modalità di rapporto reciprocamente strumentali.
Nell’attività di selezione delle offerte presentate viene deciso, pertanto, di privilegiare i progetti di
investimento che corrispondono maggiormente a questa impostazione operativa al posto delle
offerte più vantaggiose da un punto di vista economico, scoraggiando così dinamiche di
competizione al ribasso. Questa specifica configurazione della gara d’appalto si allontana dal
modello del contratto di esternalizzazione di servizi dal pubblico al privato e – viceversa –
considera i singoli contratti di cura come leve per costruire un terreno di lavoro comune fra servizi
sanitari e realtà del privato sociale. Come vedremo più in dettaglio nelle prossime pagine, la
Per approfondimenti si veda: http://www3.who.int/icf/icftemplate.cfm?myurl=homepage.html&mytitle=Home%20Page
3
sperimentazione dei budget di cura fungerà da modello di riferimento per altre realtà interessate a
riconvertire la spesa per l’assistenza sanitaria residenziale in progetti di salute personalizzati non
solo in campo psichiatrico; in tempi diversi si lavorerà nella stessa direzione anche a Treviso,
Parma, Aversa, Gorizia, Messina e Trieste4. Come è ovvio, in questo capitolo non potremo rendere
conto di ciascuna di queste esperienze particolari che ha seguito una propria linea di sviluppo,
privilegeremo piuttosto un’analisi del dispositivo budget di cura nelle sue caratteristiche di fondo
senza prendere in esame gli specifici arrangiamenti istituzionali messi a regime nei diversi territori.
3. Prima della sperimentazione dei budget di cura: l’impresa sociale
Questo capitolo si apre con una citazione collocata “in esergo” solo da un punto di vista grafico,
l’esperienza dell’impresa sociale non è – come suggerisce l’etimologia greca – ex érgon ovvero
“fuori dall’opera” o, più liberamente, “estranea al lavoro” di cui ci stiamo occupando, al contrario,
costituisce un punto di riferimento ineludibile per comprendere il senso e contestualizzare la
sperimentazione dei progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati in una prospettiva storica. Se la
creazione del dispositivo budget di cura è collegata alla chiusura dell’ospedale psichiatrico di
Sottoselva, non possiamo trascurare che i progetti personalizzati che lavorano sugli assi casa,
lavoro, socialità sono stati sperimentati con successo più di trent’anni fa nel lavoro di smontaggio
dell’istituzione manicomiale portato avanti da Basaglia e dalla sua equipe prima a Gorizia e poi a
Trieste. Il passaggio, fondamentale e radicale, dell’occuparsi non più solamente della malattia ma
della persona malata, che ha caratterizzato questa vicenda ha implicato una complessificazione del
compito di cura e un confronto obbligato con la molteplicità delle necessità delle persone segregate
nel manicomio a cui erano negati i diritti più elementari. A partire dalla deistituzionalizzazione
dell’ospedale psichiatrico è stata messa a punto una metodologia di azione orientata a restituire
potere contrattuale agli utenti: la “pratica dei diritti di cittadinanza”, l’obiettivo della “validazione”,
l’invenzione dell’impresa sociale, per richiamare solo alcune delle parole chiave di quella
esperienza, costituiscono un patrimonio che la sperimentazione dei budget di cura ha raccolto e
4
I budget di cura sono stati recentemente inseriti fra le azioni di sistema del Piano di zona del Comune di Trieste per il
triennio 2006-2008. La sperimentazione dei budget di cura “si colloca nel contesto delle azioni di miglioramento
dell’integrazione socio-sanitaria e dell’impegno degli enti a ottimizzare l’impiego delle risorse disponibili per
assicurare, nel rispetto di piani di intervento individualizzati, migliori risultati in termine di salute e benessere delle
cittadine e dei cittadini”.
4
capitalizzato attraverso l’invenzione di una dispositivo formalizzato. In particolar modo, i progetti
personalizzati sembrano interpretare il compito di cura e di riabilitazione degli utenti psichiatrici
come un’intrapresa collettiva, un’impresa sociale appunto. Con questa formula, oggi tanto diffusa
quanto travisata (se non utilizzata in modo strumentale), si faceva riferimento specifico a una
strategia di azione nel sociale che aveva come obiettivo l’esercizio dei diritti di cittadinanza dei
gruppi vulnerabili della popolazione (de Leonardis, Mauri, Rotelli, 1994). La distruzione del
manicomio poneva con forza la questione di come lavorare alla ricostruzione dei diritti e delle
capacità degli internati, ribaltando la logica, ancora oggi invero pervasiva, delle forme di intervento
sanitarie e sociali che si concentrano quasi esclusivamente sui deficit e sulle mancanze degli utenti.
L’impresa sociale voleva, al contrario, “dare credito”, in senso sia materiale che simbolico, agli
utenti perché potessero perseguire progetti emancipativi: non sono casuali – a questo proposito – la
creazione a Trieste della prima cooperativa sociale d’Italia nel 19725, che costruì le condizioni per il
passaggio dall’ergoterapia come intrattenimento al lavoro e alla costruzione di reddito come
elementi di reintegrazione sociale; come pure la costituzione dei primi appartamenti riabilitativi,
abitazioni civili inserite nel contesto urbano, prima di tutto luoghi di vita e di possibili scambi
sociali e non strutture sanitarie di tipo residenziale. Questa metodologia d’azione ha permesso di
valorizzare risorse di costruzione sociale della salute, riconoscendo la produzione di salute come
risultato di un’impresa sociale e non come prodotto prestazionale, la stessa prospettiva in cui si
muovono,
come
abbiamo
visto,
i
progetti
terapeutico-riabilitativi
individualizzati.
La
sperimentazione dei budget di cura fa propria la strategia di riconversione delle risorse assistenziali
in investimenti per costruire un sistema di opportunità, fatto di contesti lavorativi, luoghi di vita e di
socialità. L’ipotesi di lavoro, ieri come oggi, è che le risorse pubbliche “potessero essere utilizzate
per animare, per far intraprendere, piuttosto che per invalidare, per contenere, per proteggere, per
cronicizzare” (ibidem). L’impresa sociale era impegnata nella costruzione di alternative alle
politiche assistenzialistiche dei servizi a partire dal riconoscimento del diritto e della possibilità per
i gruppi vulnerabili di accedere al ciclo sociale produttivo, una breve citazione da “L’impresa
sociale” (1994) ci può aiutare a chiarire questo passaggio: “…si distruggono energie per riprodurre
una cultura assistenzialistica, mentre i soldi dell’assistenza dovrebbero essere usati per attivare
energie – anche residuali – delle persone. Ognuno ha energie, residuali e non, e bisognerebbe usare
il denaro per attivarle, anziché per sopprimerle e poi passare in cambio sussidi,
5
La CLU “Cooperativa Lavoratori Uniti Franco Basaglia”.
5
istituzionalizzazione, internamento”. I budget di cura individuali rappresentano, in accordo con
questa impostazione, per l’appunto la misura degli investimenti necessari per ridare funzionamento
sociale a persone per lungo tempo istituzionalizzate, dando consistenza all’idea che le risorse
possano e debbano essere investite e rese produttive e non soltanto consumate. L’attribuzione di
credito alle persone viene considerata come il primo passo per la loro validazione, allo stesso
tempo, scommettendo su “coloro che stanno peggio” viene avviato un cantiere di manutenzione e
trasformazione delle istituzioni e delle politiche, aspetto quest’ultimo che verrà approfondito nel
prosieguo della trattazione.
4. Caratteristiche principali del dispositivo budget di cura
Come abbiamo visto, i budget di cura traducono un patrimonio di pratiche messe a punto nel lavoro
di smontaggio del manicomio in un dispositivo istituzionale di cui descriveremo l’architettura
complessiva facendo riferimento diretto all’esperienza di Sottoselva per poi analizzarne gli elementi
costitutivi in termini più generali. Se fin qui ci siamo concentrati principalmente sull’analisi di uno
strumento amministrativo come il bando della gara d’appalto che da’ inizio alla riconversione delle
risorse destinate alla residenzialità, a questo punto è necessario introdurre un fuoco analitico
complementare che renda conto del processo di implementazione sociale della sperimentazione dei
progetti di cura personalizzati. Come dicevamo, con la chiusura del manicomio di Sottoselva si
portano all’attenzione della comunità locale gravi situazioni di esclusione sociale che pongono ai
servizi sanitari e sociali il problema, tutto nuovo per questo territorio, del riconoscimento dei diritti
di cittadinanza per i lungodegenti psichiatrici. Comuni e famiglie - come si può facilmente
immaginare - facevano affidamento e avevano delegato al manicomio il compito istituzionale di
cura ma soprattutto quello di custodia dei pazienti psichiatrici: non sorprende, pertanto, che in
corrispondenza dell’avvio dei primi progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati di dimissione
dalle strutture residenziali il tentativo di allargare la rete della presa in carico ai servizi sociali
comunali abbia incontrato resistenze e innescato conflitti. Il bando aveva sì introdotto un rapporto
duale di cogestione dei progetti personalizzati fra i servizi sanitari ed un consorzio di cooperative
sociali, tuttavia, la prospettiva di trasformazione complessiva delle politiche di salute mentale nel
territorio si poneva come obiettivo il coinvolgimento di un terzo attore nella gestione e nel
6
finanziamento dei progetti di cura, ovvero i servizi sociali dei Comuni. Nel 1999, ad un anno
dall’avvio delle prime dimissioni, su iniziativa dell’azienda sanitaria viene istituito un tavolo interistituzionale fra i servizi sanitari (area anziani, disabili, salute mentale), i rappresentanti degli ambiti
socio-assistenziali dei Comuni e quelli del consorzio delle cooperative sociali, al fine di avviare un
processo di integrazione operativa fra tutti i soggetti, pubblici e privati, coinvolti nella
sperimentazione. All’interno di questo contesto, come in altre sedi istituzionali, si cerca di
rinsaldare il legame dei diversi attori attorno al dispositivo budget di cura che fa da catalizzatore del
processo richiamando ciascuno alla propria responsabilità: il lavorio continuo sui singoli progetti di
reinserimento sociale dimostra come i compiti di cura, assistenza ed integrazione sociale non
possano prodursi in modo settoriale, separato e disgiunto, ma siano - al contrario - strettamente
correlati e reciprocamente dipendenti. I progetti di cura diventano luoghi concreti di questa
integrazione che permettono, pur tra mille difficoltà, di creare in modo incrementale patti e alleanze
non formali, mettendo assieme pubblico e privato per costruire condizioni di cooperazione,
cogestione e reciproco apprendimento. Il budget di cura, in altre parole, allestisce un contesto
istituzionale in cui è possibile ricucire e riconnettere azioni, soggetti e politiche. Il punto di arrivo di
questo processo sarà la costruzione di un’unità di valutazione integrata, che descriveremo in
dettaglio più avanti, cui partecipano tutti i soggetti che definiscono e stipulano un contratto di cura
personalizzato.
Delineati i contorni di massima della sperimentazione dei budget di cura facendo riferimento diretto
all’esperienza di Palmanova, è opportuno presentare e approfondire le caratteristiche generali di
questo strumento, che come accennavamo nell’introduzione, si è diffuso in diversi contesti
territoriali e non riguarda esclusivamente le politiche di salute mentale. Oggi i progetti terapeuticoriabilitativi individualizzati, infatti, sono rivolti più in generale “a soggetti affetti da disabilità
sociale conseguente a malattie psico-organiche o a marginalità socio-ambientale per i quali è
indispensabile fornire opportunità per la ripresa delle funzionalità psico-sociali” 6. Più precisamente,
attraverso i budget, ci si propone di promuovere percorsi abilitativi per le persone in condizioni di
disabilità secondarie e handicap psico-sociali e istituzionali, che richiedono prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria e attengono alle aree: materno-infantile, anziani,
handicap, dipendenze (da droga, alcool e farmaci), patologie conseguenti ad infezioni da H.I.V.,
6
ASL CE/2 (Caserta 2) determina n. 2006 del 24 settembre 2002 “Bando per la ricerca di soggetti per la cogestione dei
Budgets di cura – progetti terapeutico-riabilitativi (T.R.) Individuali”.
7
psichiatriche, cronico-degenerative e in fase terminale. Descriveremo come l’introduzione del
dispositivo budget di cura ridisegni e trasformi il sistema complessivo dell’offerta e le modalità di
rapporto fra servizi e utenti. Prenderemo in esame, a questo scopo, i tre principi cardine che
caratterizzano questa misura: cogestione, cofinanziamento e coprogettazione.
Cogestione. Se nelle pagine precedenti abbiamo cercato di chiarire dove e perché sia stato
introdotto per la prima volta lo strumento del progetto terapeutico-riabilitativo individualizzato, ci
concentreremo ora sul come ciò sia avvenuto, a partire da una domanda con cui si sono confrontati i
servizi di salute mentale nel dare avvio alla sperimentazione, ovvero: quale forma gestionale
innovativa sperimentare perché possa essere costruito un sistema di opportunità sociali per gli ex
degenti dell’ospedale psichiatrico? Domanda che può essere riarticolata in questi termini: come
operare perché le persone istituzionalizzate possano fruire di risorse economiche e professionali in
grado di sostenerne diritti e capacità pur se in condizioni di impedimento dovute a disabilità sociali?
Come sappiamo, quello che viene immaginato è un appalto che stabilisce una forma di
collaborazione fra pubblico ed privato sociale, non basata sulla delega di aree residuali, come
avviene normalmente in questo (e in altri) campi di politiche, ma su un mix gestionale in cui
pubblico e privato sociale sono partner all’interno di un sistema di costruzione di opportunità
sociali. La leva di questo modello di rapporto è la trasformazione delle risorse disponibili da costi
assistenziali
in
investimenti
produttivi,
che
costituisce
un
tentativo
di
superamento
dell’impostazione cliente-fornitore e del concetto dell’affidamento di servizi esternalizzato. Nello
schema di cogestione pubblico/privato sociale introdotto dalla gara d’appalto i budget di cura
rappresentano una importante fonte di finanziamento per le cooperative sociali impegnate nella
gestione dei progetti in salute mentale, che alimenta le attività produttive di queste realtà a
condizione che vengano utilizzate come contesti e strumenti per raggiungere l’obiettivo della
riabilitazione degli utenti. Il finanziamento che ogni progetto personalizzato porta con sé viene
utilizzato per creare opportunità lavorative e abitative, che, a loro volta, sono in grado di produrre
risorse aggiuntive, queste ultime confluiscono nel budget principale e lo vanno ad alimentare. Il
valore economico della compartecipazione è orientato a promuovere nelle realtà locali forme di
mutualità come strumenti innovativi di espansione del sistema di protezione e di integrazione
sociale legato al territorio in grado di favorire nuove opportunità occupazionali e relazionali per
soggetti svantaggiati. Nel mix gestionale tra pubblico e privato sociale le risorse economiche
destinate alle attività di riabilitazione sono, dunque, interpretate come un investimento per la
8
creazione di legami sociali e nuove opportunità di sviluppo locale. L’investimento in diverse attività
produttive7 da parte delle cooperative sociali, infatti, non produce solo occasioni per la
riabilitazione degli utenti, ma può essere una componente rilevante di programmi di sviluppo
economico locale (community development), concorrendo alla capacitazione dei territori. In altre
parole, nel rapporto di cogestione è iscritta un’idea di promozione della salute che fa leva su e si
integra con prospettive e strumenti di sviluppo locale. Il mix gestionale pubblico e privato vuole
contrastare le tendenze all’autoreferenzialità delle organizzazioni tecniche (i servizi sanitari) e di
quelle di scopo (le cooperative sociali), lo sviluppo di forme di collaborazione tra questi attori che
accettino di cooperare e non siano in competizione, rappresenta una possibilità che le recenti
innovazioni ordinamentali, come la legge 328/2000, consentono per convogliare risorse private
(non esclusivamente finanziarie o economiche) nella produzione e nell’erogazione di servizi sanitari
di carattere pubblico.
Cofinanziamento. I budget di cura sono lo strumento finanziario che sta alla base dei progetti
terapeutico-riabilitativi individualizzati e rappresentano l’unità di misura delle risorse economiche e
professionali necessarie per ridare ad una persona un funzionamento sociale accettabile. I contratti
di cura hanno un valore economico e in questo senso sono un budget di cura. Il budget di cura è il
luogo in cui convergono potenziali risorse finanziarie, sia sanitarie provenienti dalle aziende
sanitarie, sia sociali provenienti dai Comuni, oltre alle risorse che il terzo settore è in grado di
mettere a disposizione attraverso le imprese sociali con i loro contesti di sviluppo economico e
lavorativo. Alcune di queste risorse sono prevedibili e pianificabili, altre sono invece variabili: in
funzione dell’efficacia, della tenuta e della capacità di coinvolgimento dei progetti riabilitativi
possono confluire risorse aggiuntive che inizialmente non sono preventivabili. L’assunto di base da
cui origina il progetto è che le risorse istituzionali non siano un dato immodificabile, si scommette
pertanto sulla possibilità di agire a monte sui flussi di finanziamento, investendo sul passaggio da
strutture a processi per comporre miscele di risorse varie, che funzionano come moltiplicatori di
interscambi. In questo modo il sistema dell’offerta fa convergere sui progetti personalizzati le
risorse dell’azienda sanitaria, dei Comuni e del privato sociale: più progetti possono essere
compartecipati economicamente, più si estende la rete della presa in carico e maggiore è la capacità
7
Dalle attività commerciali come la ristorazione, l’ospitalità alberghiera, la produzione agricola da colture biologiche o
l’allevamento di bestiame, alla gestione di beni pubblici come le riserve naturali.
9
di attivare nuovi progetti. La strategia è orientata a coinvolgere i servizi sociali nel finanziamento
dei budget di cura al fine di liberare risorse per altri progetti riabilitativi attivando un circolo
virtuoso. Con l’introduzione della legge 328 del 2000 è stato poi aperto uno scenario di una salute
mentale che viene fatta sul territorio con gli attori del territorio, in cui i piani di zona hanno assunto
un ruolo rilevante. L’ambito territoriale è divenuto il luogo cruciale dove si progettano e gestiscono
le politiche sociali e socio-sanitarie. L’azienda sanitaria ha previsto azioni di sistema sul territorio
allo scopo di rinsaldare i legami coi Comuni perché compartecipassero non solo finanziariamente
ma anche operativamente ai progetti finalizzati alla creazione di opportunità di vita o di socialità per
le persone. I Comuni sono stati incentivati ad investire parte delle risorse della legge 328 sui
progetti personalizzati, nonché sullo sviluppo di sistemi di welfare comunitario nei loro territori e,
allo stesso tempo, le aziende sanitarie si sono impegnate, attraverso i distretti, a trasformare
qualitativamente i propri costi prestazionali ed esternalizzati, in investimenti produttivi sulle aree ad
alta integrazione socio-sanitaria e sulle comunità locali. Se un Comune partecipa economicamente
ad un progetto riabilitativo al 50% del suo valore, l’azienda sanitaria libera le risorse corrispondenti
che possono essere destinate ad un nuovo progetto; inoltre, viene finanziata la costruzione di un
sistema di opportunità che rafforza il welfare locale e quindi la capacità di risposta per tutti i
cittadini svantaggiati.
Coprogettazione8. La nostra analisi degli elementi di cogestione e cofinanziamento, che
caratterizzano il sistema dell’offerta a partire dall’introduzione dei budget di cura, deve essere
completata e chiarita affrontando la questione della coprogettazione, al fine di mettere a fuoco le
modalità di definizione e di gestione del “contratto di cura” fra servizi sanitari, servizi sociali,
cogestore del privato sociale e persona in progetto. Per prima cosa va detto che i progetti di cura
personalizzati sono messi a punto da un apposito organismo, l’unità di valutazione integrata
(U.V.I.), che si qualifica come strumento per la valutazione multidimensionale e multidisciplinare
dei bisogni socio-sanitari complessi e per la predisposizione e proposta all’utente del progetto
8
La recente legislazione sociale e sanitaria insiste molto sulla necessità di elaborare progetti assistenziali integrati e
personalizzati. Oltre al DPCM del 14 febbraio del 2001 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni
socio-sanitarie” va menzionato l’art. 14 della legge 328 del 2000 (Progetti individuali per le persone disabili) che recita
testualmente: “Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992,
n. 104, nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del
lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto
individuale, secondo quanto stabilito al comma 2.
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terapeutico-riabilitativo individuale. All’unità di valutazione integrata partecipano gli operatori
sanitari direttamente coinvolti nella gestione del progetto terapeutico-riabilitativo personalizzato, i
servizi sociali dei Comuni, la persona alla quale è attribuita la misura (in quanto titolare del
progetto), i suoi familiari, i medici di medicina generale e, per finire, i soggetti cogestori privati. La
valutazione multidimensionale e multidisciplinare è effettuata partendo dalla conoscenza della
storia individuale, del contesto di vita e dalle aspettative della persona e fa riferimento, sia all’avvio
del progetto che durante l’attività di follow-up, all’International Classification of functioning,
disability and health (ICF). Sulla scorta di questa valutazione la compagine sociale predispone un
proprio progetto complessivo relativo alle attività che si intendono porre in essere per offrire
opportunità di emancipazione e di autonomizzazione attraverso i percorsi riabilitativi sugli assi
casa, lavoro e socialità e individua un referente che segue tutto il processo in collaborazione con le
unità operative dell’azienda sanitaria. L’inserimento delle persone nei budget di cura non fa
decadere, ma integra la presa in carico degli utenti da parte delle unità operative competenti
dell’azienda sanitaria, che si esplica attraverso tutte le attività necessarie a garantire i livelli
essenziali di assistenza sanitaria. L’unità di valutazione integrata modula a cadenze regolari le
risorse umane, professionali ed economiche necessarie per la realizzazione del progetto terapeuticoriabilitativo individualizzato. Una volta al mese, o più frequentemente qualora se ne ravvisasse la
necessità, i referenti dell’unità operativa competente dell’ASL e dei servizi sociali convocano un
incontro con gli operatori delle compagini sociali per monitorare ed eventualmente modificare il
progetto personalizzato9.
9
Lo strumento d’integrazione gestionale e professionale, tra le diverse unità operative dell’azienda sanitaria e tra queste
ed i servizi sociali dei Comuni, sia nella fase di valutazione multidisciplinare del bisogno, sia d’attuazione degli
interventi individuali, viene individuato nell’Ufficio sociosanitario distrettuale (USSD). Questa struttura agisce a
supporto alla direzione distrettuale, nella sua funzione d’analisi, programmazione e monitoraggio della salute
territoriale, di attivazione delle unità di valutazione integrate e di raccordo con i diversi attori e servizi presenti sul
territorio distrettuale.
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5. La prospettiva di intervento: ricostruire il funzionamento sociale
All’interno dello schema analitico presentato la coprogettazione segue (crono)logicamente la
cogestione ed il cofinanziamento, questa scelta non è casuale e deve essere precisata. I budget di
cura, come abbiamo cercato di dimostrare, sono soprattutto una strategia di riconversione
nell’impiego delle risorse sanitarie orientata alla costruzione di un sistema di opportunità in cui
sono impegnati soggetti pubblici e privati (cogestione) che mettono a disposizione un insieme
composito di risorse economiche, professionali, materiali (cofinanziamento), destinate alla
definizione e alla gestione di contratti di cura personalizzati (coprogettazione). A fondamento di
questo processo di trasformazione del sistema dell’offerta c’è una prospettiva che vede prestazioni
sociali e sanitarie come non scindibili, secondo cui le istituzioni socio-sanitarie non possono
limitarsi alla produzione di prestazioni rigide, tipiche del modello clinico che fa riferimento
esclusivo a tecniche diagnostiche, terapeutiche e organizzative sanitarie perché le condizioni di
sofferenza più acute richiedono, piuttosto, la costruzione di un prodotto con caratteristiche flessibili,
in cui le procedure sono riferite all’area dei diritti della persona. In questo quadro, la
coprogettazione costituisce il punto di arrivo di un processo e non quello di partenza, ovvero
un’attività che non potrebbe sussistere in modo autonomo se non in termini puramente formali.
Detto in altre parole, la partecipazione all’unità di valutazione integrata dei servizi pubblici (sanitari
e sociali), del privato sociale e dell’utente se non fosse sostenuta dalla condivisione della
prospettiva d’intervento appena richiamata e – dato ancor più decisivo – dall’esistenza di contesti
riabilitativi reali sarebbe di per sé priva di un significato concreto.
In questo paragrafo ritorneremo sulla logica e sulle modalità d’intervento portate avanti dai budget
di cura proprio per scongiurare una lettura “strumentale” di uno strumento al servizio di una
strategia di reinserimento sociale. Come accennavamo, la prospettiva di intervento in cui si muove
la misura sostiene che per contrastare e prevenire gli esiti invalidanti delle malattie (e degli
interventi di cura inappropriati) sia necessario implementare azioni e strumenti, non solo inerenti
alla malattia e alle tecniche di cura specifiche, ma fondati su interventi ricostruttivi e di
valorizzazione dei contesti ambientali, sociali e relazionali. D’altra parte nelle aree ad alta
integrazione sociosanitaria è ormai generalmente riconosciuto come un intervento esclusivamente
sanitario non sia in grado di garantire prognosi positive e possa addirittura costituire un fattore di
cronicizzazione e disabilità per le persone in condizioni di fragilità. L’integrazione socio-sanitaria
12
diventa, quindi, una necessità ineludibile favorendo una ricaduta positiva relativamente a
uguaglianza, appropriatezza, economicità delle risposte, perché è in grado di promuovere risposte
unitarie ai bisogni complessi dei cittadini, che non possono essere adeguatamente affrontati da
sistemi di risposta sanitaria e sociale che operano in modo separato. Nei progetti personalizzati
vengono, cioè, incluse le variabili che sostengono la persona nella vita sociale. Si ragiona sulle
risorse che possono mettere i soggetti in condizione di avere una crescita di funzionamento,
producendo in modo aperto le possibilità e le occasioni in grado di restituire contrattualità. Viene
riconosciuta la rilevanza delle variabili sociali, perché uno sguardo orientato esclusivamente alle
tecniche sanitarie e alle istituzioni, e non alle relazioni e ai rapporti delle persone nel loro contesto
di vita, depriva e impoverisce utente e servizi, creando da un lato invalidazione e dall’altro
“stupidità istituzionale” (Monteleone, 2005). Come si legge nelle linee guida per la
programmazione socio-sanitaria dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 5 «un’organizzazione
sanitaria/sociale deve investire nella costruzione di entrambi i prodotti contemporaneamente,
sapendo bene che una buona cura o prende in carico e rivalorizza le determinanti sociali personali,
familiari ed economiche della persona-utente o semplicemente è una cattiva cura che procurerà
danni economici, personali, familiari e istituzionali nel medio-lungo periodo; così come la presa in
carico solo sociale delle situazioni ad alta integrazione socio-sanitaria, separatamente dalle
determinanti sanitarie è una pessima attività sociale».10
Questa impostazione di lavoro è in linea con il nuovo modello per classificare salute e disabilità
elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’International Classification of functioning,
disability and health (ICF), già richiamato nelle pagine precedenti. L’ICF è centrato sul concetto di
funzionamento, un termine ampio che fa riferimento sia alle funzioni propriamente biologiche e
organiche (funzioni del sistema organico e strutture anatomiche), che al cosiddetto “funzionamento
sociale”, ovvero la gamma completa di domini in cui si articolano le attività e la partecipazione
degli individui all’interno della società. Lo stato di funzionamento di una persona in questo modello
è il risultato della dinamica fra il suo problema di salute (malattie, danni, lesioni, traumi) ed i fattori
di contesto (fattori ambientali). I fattori contestuali rappresentano il quadro di vita di una persona ed
il funzionamento sociale è la “risultante positiva” della correlazione tra condizioni di salute e fattori
di contesto. In altri termini, si ha funzionamento sociale quando, anche in presenza di problemi di
10
ASS n. 5 Bassa Friulana “Linee guida per l’orientamento strategico degli strumenti di programmazione sociosanitaria”.
13
salute, l’attività e la partecipazione delle persone non sono compromesse, anche grazie al fatto che
sono intervenuti cambiamenti, in termini di facilitazioni, del contesto stesso. I budget di cura
sposano questa prospettiva di lavoro intervenendo sulla trasformazione dei fattori di contesto con
azioni sull’asse abitare, lavoro e socialità che descriveremo in dettaglio nelle prossime pagine. La
classificazione introdotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità rappresenta un’autentica
rivoluzione: la disabilità cessa di essere interpretata come un problema particolare riferibile ad un
gruppo minoritario all’interno della società, diviene piuttosto una condizione che ciascuno può
sperimentare durante la propria esistenza. La questione disabilità interessa cioè la società nel suo
complesso perché viene considerata una condizione di vita ordinaria: la persona disabile è chiunque
si trovi in una determinata situazione di salute in un ambiente sfavorevole. Secondo questa
impostazione la disabilità non sarebbe, dunque, un attributo dell’individuo, bensì una condizione
correlata all’ambiente sociale in cui si vive. Questa definizione complessa della disabilità mette in
discussione il paradigma medico secondo cui gli individui sono classificati per ciò che gli difetta,
una classificazione che ha costituito il punto di riferimento centrale per programmare, gestire e
valutare anche gli interventi di sostegno sociale (politiche educative, lavorative, abitative, forme di
sostegno al reddito). I sistemi di aiuto nella nuova prospettiva dell’ICF devono porsi l’obbiettivo di
intervenire e tenere in considerazione le determinanti sociali e i cosiddetti fattori di contesto e non
esclusivamente
le
questioni
strettamente
sanitarie:
devono,
in
altre
parole,
investire
contemporaneamente sulla produzione di prestazioni rigide e flessibili.
I progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati-budget di cura lavorano precisamente in questa
direzione, intervenendo contemporaneamente sugli assi che costituiscono le basi del funzionamento
sociale degli individui, ovverosia i supporti sociali indispensabili (Castel, Haroche, 2001) per essere
a pieno titolo un soggetto dotato di potere contrattuale: la casa, il lavoro, la socialità. Il budget di
cura è, infatti, finalizzato al «mantenimento, costruzione e ricostruzione dell’habitat sociale, delle
abilità individuali attraverso formazione ed opportunità lavorative, alla promozione del sostegno
all’acquisizione/riacquisizione dei legami interumani e sociali»11. Attraverso il budget di cura
s’intendono modificare i fattori di contesto che costituiscono le principali determinanti sociali della
salute e rappresentano l’espressione dei diritti di cittadinanza costituzionalmente garantiti. Questa
impostazione dell’intervento considera gli impedimenti esterni all’accesso e all’esercizio dei diritti
11
Determina n. 2006 del 24 settembre 2002 “Bando per la ricerca di soggetti per la cogestione dei Budget di cura –
progetti terapeutico-riabilitativi (T.R.) Individuali”.
14
formativi, lavorativi, di habitat sociale come fattori che trasformano una persona vulnerabile o a
rischio, in un “caso” assorbito dal circuito dei servizi. La disabilità sociale, familiare, economica,
diviene pertanto il riferimento operativo delle istituzioni sanitarie e sociali.
La compagine sociale dovrà predisporre un progetto complessivo relativo alle attività che si
intendono porre in essere nel contratto di cura per offrire opportunità di emancipazione e di
autonomizzazione attraverso i percorsi riabilitativi sugli assi casa, lavoro e socialità che ora
descriveremo in modo sintetico.
Casa/habitat sociale. L’asse intende fornire soluzioni abitative civili per persone ricoverate
all’interno di strutture residenziali da lungo tempo (non solo utenti psichiatrici, ma ad esempio
minori istituzionalizzati, anziani ospitati in case di riposo) o comunque in grave situazione di
svantaggio sociale. Le abitazioni potranno prevedere forme di supporto differenziate, tuttavia
l’obiettivo è quello di superare la necessità di erogare sostegni investendo sullo sviluppo delle
capacità di autogestione degli utenti. L’offerta di abitazioni per le persone in progetto deve essere
garantita dal soggetto cogestore che deve presentare un adeguato piano di sviluppo d’impresa.12
Formazione/lavoro. L’obiettivo di questo asse di intervento è quello di garantire la formazione
professionale e la pratica di una attività lavorativa per costruire forme reddituali per le persone in
età lavorativa con finalità di emancipazione e di supporto economico. I contesti lavorativi in cui
vengono ricostruiti il diritto alla formazione e al lavoro devono rendere possibile lo sviluppo
dell’economia locale, in stretto collegamento con la municipalità e le organizzazioni locali del terzo
settore e del mondo imprenditoriale. Vengono sfruttate le opportunità offerte dalla legge 68 del
199913 per sviluppare i patti territoriali per la formazione-lavoro delle persone svantaggiate.
Socialità. Gli interventi nell’area socialità sono finalizzati a reinserire all’interno di una rete di
scambi sociali le persone in progetto, valorizzandone le capacità. Quest’area intende lavorare quindi
sulla partecipazione alla vita civile e sul funzionamento sociale degli utenti in budget. Il lavoro sul
territorio è curato dagli operatori delle cooperative sociali che hanno il compito di avvicinare e
attivare famiglie, vicini, associazioni: in una parola, di lavorare sulle reti informali e di prossimità.
In relazione ai bisogni dei singoli si verranno a configurare modalità di risposta maggiormente
12
Vengono identificati precisi standard di qualità dell’abitare: i gruppi di convivenza non possono superare le
cinque/sei persone. Gli spazi abitativi dovranno avere una superficie minima di 180 mq, con almeno tre camere e doppi
servizi, possibilmente con acceso a spazi verdi; dovranno, inoltre, essere collocati in aree che consentano alto accesso ai
servizi collettivi, nella normale rete di fruibilità dei servizi del territorio. Ogni nucleo abitativo avrà un referente
nominato dal servizio specialistico di pertinenza.
13
Legge 12 marzo 1999 n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.
15
orientate alla casa, al lavoro o alla socialità. Le tre variabili vengono comunque considerate non
separabili perché strettamente interdipendenti e il progetto individualizzato dovrà sempre tenerle in
conto almeno in termini fruitivi. I cogestori del privato sociale dovranno, quindi, operare
coerentemente su tutte le aree a partire dalle risorse disponibili all’interno del sistema di
opportunità: contesti abitativi e lavorativi, radicamento e partecipazione alla vita delle comunità
locali.
I contratti dei budget di cura possono essere articolati su diversi livelli di intensità in relazione alla
necessità di supporto dei richiedenti14, che vengono accertate dall’unità di valutazione integrata e
sottoposte ad una costante attività di monitoraggio. Il budget di cura è concepito come un
dispositivo evolutivo: al fine di contrastare la cronicizzazione degli interventi i progetti
personalizzati possono restare fissati allo stesso livello di intensità per un periodo massimo di due
anni, la misura ha, difatti, come obiettivo il passaggio progressivo a tipologie di contratto di cura a
minore intensità.
Nei progetti personalizzati i beni primari casa, lavoro, socialità sono considerati come supporti di
base che permettono di riacquisire “proprietà di sé” (Castel, Haroche, 2001), la protezione viene
considerata come “trampolino di lancio” verso la promozione della capacità. Questa impostazione
di lavoro ha molti punti di contatto con il capability approach di Amartya Sen (2000) secondo cui i
beni primari non sono di per sé costitutivi della libertà ma rappresentano, piuttosto, dei mezzi per
ottenere acquisizioni e libertà. I budget di cura, difatti, mettono a disposizione un sistema di
opportunità abitative, lavorative, sociali in cui le capacità possano esprimersi e crescere con l’uso.
Gli investimenti sui tre assi nell’elaborazione del progetto personalizzato garantiscono
funzionamenti iniziali che dovrebbero lavorare come “fattori di conversione” ovvero come
caratteristiche, personali, sociali e ambientali, che permettono di sostanziare e di rendere esigibili
diritti e libertà di ricercare nuovi funzionamenti. Detto in termini sintetici, i budget di cura fanno
leva sull’integrazione tra politiche, servizi, interventi e attori per costruire sistemi di opportunità nei
quali le capacità possano esprimersi e svilupparsi con l’uso.
14
Determina n. 2006 del 24.09.2002 – ASL CE/2. L’alta intensità è parametrata su un sostegno, presenza, mediazione
ed attivazione sociale che può arrivare a coprire le 24 ore, la media intensità può coprire sino a 12 ore, mentre la bassa
intensità non ha un parametro temporale ma è riferita ad un sostegno per “determinate attività al fine di aumentare la
capacità di autodeterminarsi, di aumentare il potere contrattuale della persona, l’accesso ai diritti di cittadino e di
arrivare alla libera capacità di condivisione ed ulteriore attivazione di nicchie economico-sociali”.
16
6. Brevi considerazioni conclusive
Il budget di cura si differenzia dalle forme di intervento standard nel campo della riabilitazione
precisamente rispetto al diverso peso che assumono obiettivi e metodologie di capacitazione degli
utenti e obiettivi e metodologie di integrazione fra politiche sociali e sanitarie.
I contratti di cura personalizzati introducono modelli di rapporto di tipo partenariale fra
organizzazioni pubbliche (aziende sanitarie e Comuni) e private (soggetti appartenenti al terzo
settore) vincolando alla reciproca responsabilità tutti i contraenti: la piena integrazione dei servizi
sociali e sanitari è assunta come condizione per l’integrazione dei soggetti deboli nei contesti
sociali. La definizione del progetto personalizzato di cura presenta, come abbiamo visto, le
caratteristiche di una “intrapresa collettiva”, gli obiettivi di protezione e promozione al centro della
misura sono orientati alla capacitazione di servizi ed utenti.
La rete dell’offerta lavora confrontandosi sui singoli progetti di cura che costituiscono il terreno
pratico dell’integrazione messa costantemente alla prova. I progetti personalizzati costituiscono
dunque un interessante cantiere di trasformazione istituzionale in cui si modificano in modo
significativo sia le logiche di rapporto all’interno del sistema dell’offerta che quelle fra servizi e
cittadini. In particolar modo, la restituzione di potere contrattuale a soggetti fragili messi in
condizione di acquisire funzionamenti e capacità rappresenta un elemento di non poco interesse
all’interno delle attuali tendenze di mercatizzazione della sanità perennemente alla ricerca di
consumatori di prestazioni.
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In Monteleone, R. (a cura di) - Dipartimento di Scienze Umane per la