Sessualità: un diritto inviolabile
Intervento di Sergio Lo Giudice al Convegno Autismi, Rimini 2014
L'ordinamento giuridico italiano non ha mai avuto un rapporto sereno con la sessualità. Nel paese che a
torto o a ragione è considerato all'estero il cortile del Vaticano, i temi relativi alla sfera sessuale delle
persone sono stati lasciati da sempre nel dominio del non detto.
È più facile che la prima formazione sessuale di un adolescente avvenga nel gruppo dei coetanei o di
fronte alla TV piuttosto che a scuola o in famiglia. Una legge sull'educazione sessuale (o sull'educazione
sentimentale, o sull'informazione sessuale) fatica a decollare nonostante da molte legislature si
depositino invano delle proposte in Parlamento. La difficoltà ad assumere una riflessione pubblica sulla
sessualità femminile ha fatto sì che solo nel 1996 il reato di violenza sessuale diventasse un crimine
contro la persona e non più, com'era stato fino ad allora, un reato contro la moralità pubblica e il buon
costume.
Un esempio tipico della rinuncia dello Stato italiano ad occuparsi di questioni attinenti alla sessualità è
l'atteggiamento dei nostri codici verso l'omosessualità. In altri paesi europei come la Gran Bretagna o la
Germania le persone omosessuali sono state prima oggetto di legislazioni repressive per poi diventare
destinatarie di norme positive come quelle contro le discriminazioni o il riconoscimento dell'accesso ai
matrimoni. In Italia , dal primo codice penale dell'Italia unitaria in poi, le persone omosessuali sono
state semplicemente ignorate dalla legge, secondo il principio per cui il fenomeno era irrilevante nel
nostro paese e comunque non parlarne era più utile a contenere il fenomeno che parlarne. Il controllo
repressivo dei comportamenti sessuali veniva assegnato allo spazio privato della famiglia e al segreto del
confessionale e non elevato al rango di questione giuridica.
Negli ultimi decenni le leggi che hanno dovuto occuparsi di questioni legate alla dimensione sessuale o
riproduttiva delle cittadine e dei cittadini hanno sempre avuto vita accidentata ed esiti spesso infausti.
Basti pensare alla legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita: una cattiva legge, non a
caso fatta a pezzi dalla Corte costituzionale e dalla Corte europea dei diritti umani. La legge Merlin del
1975 che, sull'onda della diffusione in Europa della posizione abolizionista, si riproponeva di contrastare
il fenomeno della prostituzione abolendone la regolamentazione di Stato, è stata nel tempo oggetto di
numerosi tentativi di revisione che non sono mai andati in porto. Giacciono in parlamento, in attesa di
essere discusse, la proposta di modifica della legge 164 del 1982 sulla riattribuzione anagrafica del sesso
e quella sull'attivazione negli edifici penitenziari di locali senza controllo visivo dell'Inter consentire ai
detenuti di intrattenere relazioni personali e affettive con il proprio coniuge o convivente.
Le proposte di legge contro l'omofobia e la transfobia, sulle unioni dello stesso sesso e sulle convivenze
di fatto procedono lentamente e fra mille ostacoli il loro iter parlamentare. La legge sul femminicidio,
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nonostante le camere abbiano recepito la bella e articolata Convenzione di Istanbul contro la violenza di
genere, soffre ancora della mancata attuazione del piano di interventi previsto dalla stessa norma.
Insomma, quando si parla di sessualità o di morale familiare la politica nostrana va in fibrillazione,
talvolta con effetti nefasti anche oltralpe. Nel dicembre 2013 la risoluzione Estrela sulla salute e i diritti
sessuali e riproduttivi è stata bocciata dal parlamento europeo grazie all'apporto determinante di un
drappello di cattolici italiani di centrosinistra che hanno unito il loro voto contrario a quello delle destre.
È in questo contesto non favorevole che è arrivata in Parlamento la prima proposta di legge
sull'assistenza sessuale per le persone con disabilità. Suo presupposto è che i diritti sessuali sono diritti
umani la cui privazione costituisce una violazione dei diritti all'uguaglianza alla non discriminazione, alla
dignità e alla salute. La sentenza 561 del 1987 della Corte costituzionale ha sancito che il diritto di
disporre liberamente della propria sessualità è un "diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le
posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della
persona umana che l'articolo 2 Cost. impone di garantire". Le difficoltà incontrate dalle persone disabili
nell'accesso autonomo all'esercizio di questo diritto (a causa di pregiudizi sociali, difficoltà relazionali,
limitazioni fisiche o psichiche) producono incremento di isolamento, perdita di autonomia e di autostima
e quindi rischio di emarginazione sociale e di disagio emotivo.
Il disegno di legge 1441 si propone di rimuovere gli ostacoli che impediscono l'esercizio di questa libertà.
La proposta si compone di un unico articolo e mira a costruire percorsi di sostegno e di
accompagnamento all'esercizio di una sessualità soddisfacente e , quando possibile, alla costruzione di
una autonomia nelle relazioni affettive e sessuali. A questo fine viene istituita la figura dell'assistente
per la sana sessualità e il benessere psico-fisico delle persone disabili o assistente sessuale.
Al ministero della Salute si affida il compito di definire con decreto le linee guida sulla cui base le Regioni
attiveranno specifici interventi di formazione e di accreditamento degli operatori, per l'inclusione
nell'elenco delle persona accreditate a svolgere la funzione di assistente sessuale nel territorio
regionale. il testo definisce le caratteristiche necessarie ad essere inseriti nell'elenco degli operatori
accreditati. Oltre alla maggiore età, all'adempimento dell'obbligo scolastico e al possesso dell'idoneità
psico-fisica certificata dall'ASL competente, si prevede la sottoscrizione di un codice etico. Questo
impegna sia gli operatori che gli utenti del servizio e si prevede che venga steso a partire da analoghe
carte elaborate e sperimentate, in Italia o all'estero, da associazioni professionali o da istituzioni.
Si prevede anche l'adozione di misure a garanzia della protezione dei dati sensibili relativi agli assistenti
sessuali, secondo quanto disposto dal codice in materia di protezione dei dati personali. Il disegno di
legge si occupa anche di definire il profilo lavorativo dell'attività di assistente sessuale . Questa non può
essere oggetto di un contratto di lavoro subordinato, né di un contratto di appalto, ma mantiene la
caratteristica di un lavoro autonomo che può essere esercitato anche in forma cooperativa.
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Che questa proposta incontrerà ostacoli di diverso tipo è facile da prevedere. Meno facile, ma
necessario, sarà costruire le condizioni affinché il Parlamento possa decidere di varare questa riforma
di civiltà. Una sopra tutte: la costruzione nella società di un movimento di cittadine e cittadini
direttamente colpiti nei loro diritti fondamentali dalla mancanza di una norma come questa. Com'è
sempre stato anche nel nostro paese per le riforme sui diritti civili, dai diritti delle donne, al divorzio ai
diritti delle persone Lgbt ( lesbiche, gay, bisessuali e transgender), occorre che i soggetti interessati
scendano in campo direttamente, evidenziando all'opinione pubblica l'esistenza di un bisogno sociale e
la violazione di un diritto e animando un dibattito pubblico sul tema. In questo caso un ruolo importante
spetterà, oltre che alle persone con disabilità e alle loro organizzazioni, alle associazioni dei familiari. Il
loro ruolo attivo sarà indispensabile per il successo dell'iniziativa e l'apertura di una pagina nuova nel
percorso di realizzazione delle persone con disabilità.
Disegno di legge n.1442 "Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità"
depositato il 9 aprile 2014
d’iniziativa dei senatori LO GIUDICE, CIRINNÀ, D’ADDA, GUERRA, ICHINO, MANCONI, MARAN,
MASTRANGELI, MATTESINI, PEZZOPANE, RICCHIUTI, SPILABOTTE, VALENTINI, BENCINI, ROMANI
Maurizio
ONOREVOLI SENATORI. – Il presente disegno di legge intende favorire il pieno sviluppo della persona
anche sotto il profilo dell’espressione della sessualità.
I diritti sessuali sono oggi considerati diritti umani, la cui violazione costituisce violazione dei diritti
all'uguaglianza, alla non discriminazione, alla dignità e alla salute.
Questo principio va adattato alle diverse necessità e alle differenti condizioni che le persone affrontano
nella loro vita. Con la sentenza n.561 del 1987 la Corte Costituzionale ha precisato che “essendo la
sessualità uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, il diritto di disporne
liberamente è senza dubbio un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni soggettive
direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana che
l'art. 2 Cost. impone di garantire”.
Ogni persona dovrebbe quindi avere la possibilità, indipendentemente dalla propria condizione di
disabilità, di compiere scelte informate e responsabili riguardo alla propria salute sessuale e di disporre
di opportunità e di mezzi adeguati a compiere tali scelte.
Molte persone in condizione di disabilità non possono autonomamente intrattenere relazioni
interpersonali complete sotto il profilo psicoaffettivo, emotivo e sessuale poiché impedite da una
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condizione di ridotta autosufficienza a livello di mobilità e motilità o a causa di un aspetto fisico lontano
dai modelli estetici dominanti e ritenuti attraenti. In certi casi si aggiunge l’impossibilità di pervenire
autonomamente a soddisfacenti pratiche di autoerotismo. Nel disabile psichico la difficoltà a vivere la
sfera dell’intimità e della sessualità alimenta la perdita di autonomia. Queste situazioni possono
produrre uno stato di emarginazione affettiva e relazionale. Si aggiunga a queste difficoltà la persistenza
nella nostra cultura del pregiudizio per cui le persone disabili sono percepite come asessuate, prive di
una dimensione erotica e senza un desiderio di intimità. L’impossibilità, con questi presupposti, di
raggiungere una condizione di benessere psicofisico, emotivo e sessuale, costituisce una limitazione al
diritto fondamentale alla salute, limitazione che la normativa ha il dovere di prevenire.
La mancanza di una relazione interpersonale adeguata non può certo essere sostituita da norme
legislative ma richiede il superamento di pregiudizi e barriere culturali. Tuttavia, la dimensione della
sessualità delle persone con disabilità può e deve essere sostenuta attraverso un intervento di
assistenza all’emotività, all’affettività, alla corporeità e alla sessualità.
A questo scopo il presente disegno di legge istituisce la figura dell’assistente per la sana sessualità e il
benessere psico-fisico delle persone disabili o assistente sessuale. Tale operatore, a seguito di un
percorso di formazione di tipo psicologico, sessuologico e medico, dovrà essere in grado di aiutare le
persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale o
sessuale e a indirizzare al meglio le proprie energie interne spesso scaricate in modo disfunzionale in
sentimenti di rabbia e aggressività.
La figura dell’assistente o accompagnatore sessuale è presente in Danimarca, Germania, Paesi Bassi,
Svizzera e Austria. Con questo disegno di legge ci si propone di conseguire anche in Italia questo
obiettivo di civiltà.
Il disegno di legge si compone di un unico articolo. Il comma 1 affida al Ministro della Salute la
definizione, con proprio decreto, delle linee guida per la promozione e il coordinamento degli interventi
regionali individuati dalla legge. Il comma 2 prevede l’istituzione presso ogni Regione e presso le
province di Trento e Bolzano di un elenco di assistenti per la sana sessualità e il benessere psico-fisico
delle persone con disabilità o assistenti sessuali. Il comma 3 definisce gli elementi necessari ad essere
inseriti nell’elenco suddetto: il raggiungimento della maggiore età, l’adempimento dell’obbligo
scolastico, l’idoneità psico-fisica, la sottoscrizione del codice etico, l’espletamento della procedura di
accreditamento prevista. Il comma 4 affida alle Regioni e alle province di Trento e Bolzano la
determinazione dei criteri e delle procedure di accreditamento, la definizione di un percorso formativo
finalizzato all’inserimento nell’elenco, la predisposizione e l’aggiornamento periodico dell’elenco stesso,
l'adozione di misure che garantiscano la protezione dei dati sensibili, la predisposizione di un codice
etico per gli assistenti sessuali e per gli utenti; le modalità per il monitoraggio dell’equilibrio psicofisico e
dello stato di salute degli assistenti sessuali, a definire le condizioni di disabilità che rendono funzionale
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l’intervento professionale degli assistenti. Il comma 5 stabilisce che l’attività di assistenza sessuale
rappresenta un’attività autonoma che può essere esercitata in forma cooperativa ma non può essere
oggetto di un contratto di lavoro subordinato né di un contratto di appalto.
L’obiettivo che ci si propone è di avere operatori e operatrici professionalmente formati che aiutino le
persone con disabilità a vivere un’esperienza sessuale ma che siano anche in grado di svolgere un’azione
di educazione alla sessualità e all’affettività.
Art. 1.
1. Al fine di tutelare il diritto alla sessualità e al benessere psico-fisico delle persone disabili a ridotta
autosufficienza a livello di mobilità e motilità, e nel rispetto delle disposizioni sul riparto delle
competenze in materia tra Stato e regioni, il Ministro della salute definisce con proprio decreto, da
emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le linee guida per la
promozione e il coordinamento degli interventi regionali individuati dalla presente legge.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano predispongono un elenco di persone
accreditate a svolgere nel territorio regionale la funzione di assistenti per la sana sessualità e il benessere
psico-fisico delle suddette persone, di seguito denominati assistenti sessuali.
3. Costituiscono elementi necessari per l'inserimento nell'elenco di cui al comma 2 le seguenti
caratteristiche:
a) il raggiungimento della maggiore età;
b) l'avere adempiuto all'obbligo scolastico;
c) la sottoscrizione del codice etico di cui al comma 4;
d) il possesso dell'idoneità psico-fisica all'attività di assistente sessuale certificata dalla ASL competente;
e) l'espletamento della procedura di accreditamento di cui al comma 4.
4. Ai fini di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono:
a) a determinare i criteri e le procedure di accreditamento e a definire un percorso formativo ai fini
dell'inserimento nell'elenco di cui al comma 2;
b) alla predisposizione e all'aggiornamento periodico dell'elenco di cui al comma 2, nonché alla
regolamentazione all'accesso a tale elenco;
c) all'adozione di misure che garantiscano la protezione dei dati sensibili relativi agli assistenti sessuali,
secondo quanto disposto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto
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legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e la libertà di ciascun interessato riguardo la pubblicazione del proprio
recapito professionale, salva la necessaria pubblicità dell'elenco;
d) alla recezione in un codice etico per gli assistenti sessuali e per gli utenti del contenuto dei codici etici
elaborati e sperimentati, in Italia o in altri Paesi, da associazioni professionali o istituzioni competenti per
questa materia;
e) a definire il tipo e la gravità della disabilità dell'utente che rende funzionale l'intervento professionale
dell'assistente per l'esercizio della sessualità;i vi è un legame affettivo, i detenuti e gli internati hanno
diritto a un incontro al mese di durata non inferiore alle tre ore consecutive con il proprio coniuge o
convivente senza alcun controllo visivo.
f) a definire le modalità per il monitoraggio dell'equilibrio psico-fisico e dello stato di salute di ciascun
assistente sessuale.
5. L'attività di assistenza sessuale non può essere oggetto di un contratto di lavoro subordinato, né di un
contratto di appalto, costituendo oggetto di una prestazione che deve rimanere caratterizzata da
autonomia piena della persona che la esercita. Essa può costituire oggetto di lavoro autonomo
cooperativo.
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Sergio Lo Giudice