Periodico della Società Italiana di Farmacologia - fondata nel 1939 - ANNO IX n. 33 – Marzo 2013 Riconosciuto con D.M. del MURST del 02/01/1996 - Iscritta Prefettura di Milano n. 467 pag. 722 vol. 2° ISSN 2039-9561 Ruolo dell’inibizione di mTOR nel carcinoma renale avanzato: aspetti farmacologici e clinici Marzia Del Re, *Mimma Rizzo, Elisa Paolicchi, Romano Danesi e *Giacomo Cartenì UO Farmacologia Clinica, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa *UO Oncologia, Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale A. Cardarelli, Napoli Introduzione Il carcinoma del rene (RCC) è una neoplasia con tasso annuale di incidenza nella popolazione mondiale maschile che varia tra 1 e 21 e in quella femminile tra 1 e 10 per 100.000. Ogni anno, vengono diagnosticati in Europa circa 86.000 nuovi casi e in Italia 8.200 (5.600 uomini e 2.600 donne). Questo tumore rappresenta il 3% circa di tutte le neoplasie nella popolazione italiana (AIRTUM, 2006). Questa neoplasia si presenta, alla diagnosi, confinata al rene nel 55% dei casi, localmente avanzata nel 19% e con metastasi sincrone nel 25% dei restanti. Il 30% circa dei pazienti trattati con chirurgia radicale per una neoplasia confinata localmente svilupperanno comunque metastasi metacrone Fig. 1 – Vie di trasduzione di segnale implicati nella proliferazione del carcinoma renale; wt: wild-type. 10 - Quaderni della SIF (2013) vol. 33 nel corso della loro vita (Klatte et al., 2008). Una delle caratteristiche peculiari del RCC è una sostanziale eterogeneità dal punto di vista istologico, morfologico e genetico non solo all’interno dello stes- so tumore, ma anche tra tumore primitivo e metastasi (Linehan et al., 2007; Linehan et al., 2010; Gerlinger et al., 2012). La crescita del tumore renale è caratterizzata da un’ampia vascolarizzazione, in gran parte causata dall’inattiva- Fig. 2 – Rappresentazione schematica dei complessi TORC1 e 2 e delle loro funzioni cellulari. zione del gene oncosoppressore von Hippel-Lindau (VHL, Figura 1) e dalla conseguente attivazione del fattore inducibile dell’ipossia1α (HIF-1α), che gioca un ruolo molto importante nella patogenesi dell’RCC. La scelta della migliore strategia terapeutica medica riveste, pertanto, un ruolo cruciale per la prognosi dei pazienti affetti da carcinoma renale. Il trattamento medico della forma metastatica di RCC (mRCC) si avvale di farmaci che hanno come bersaglio molecolare il fattore di crescita vascolare endoteliale VEGF (vascular endothelial growth factor) ed il suo recettore VEGFR oppure la proteina intracellulare mTOR (mamma- lian Target of Rapamycin), quali proteine essenziali per la crescita e la metastatizzazione di questa neoplasia (Linehan et al., 2009; Milella e Felici, 2011). In modo particolare, mTOR, che si trova associato alle proteine regolatorie Raptor, Deptor, Rictor ed altre in TORC1 e TORC2, riceve lo stimolo proveniente da fattori di crescita (Figura 2). TORC2 stimola AKT, proteina antiapoptotica, la quale a sua volta inibisce TSC1/2 (tuberous sclerosis complex 1/2) regolatore negativo di TORC1. TORC1 è in grado di stimolare proliferazione, angiogenesi, sintesi proteica e arrestare l’apoptosi. Angiogenesi nel carcinoma renale avanzato e resistenza ai farmaci antiangiogenici: ruolo di mTOR L’angiogenesi tumorale è caratterizzata da vasi immaturi disomogenei e ampiamente anastomizzati con cellule endoteliali fenestrate e ridotta copertura con periciti, fuoriuscita di liquidi dai capillari neoformati, edema e aumento della pressione interstiziale. L’attivazione del segnale di proliferazione cellulare della via di mTOR aumenta l’espressione di HIF-1α, che a sua volta promuove la produzione di fattori proangiogenici, tra cui metalloproteinasi della matrice (MMP), VEGF, fattore Quaderni della SIF (2013) vol. 33- 11 di crescita fibroblastico (FGF) e fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF) (Baldewijns et al., 2010). Questi meccanismi cellulari sono integrati tra loro, per cui ne risulta che l’angiogenesi è regolata da segnali ridondanti e, per questo motivo, un farmaco specifico per un solo bersaglio molecolare nella via di trasduzione del segnale angiogenico potrebbe non essere sufficiente ad inibirla completamente (Hanahan e Weinberg, 2011). Infatti, la maggior parte dei pazienti affetti da tumore, compreso mRCC, trattati con un inibitore del VEGF, molto spesso sviluppa resistenza e va incontro a progressione di malattia. I meccanismi di resistenza ai farmaci antiangiogenici consistono in una moltitudine di fenomeni molto complessi, tra cui attivazione dei fattori pro-angiogenici FGF e PDGF alternativi al VEGF, repressione di proteine angiostatiche, reclutamento di cellule endoteliali progenitrici dal midollo osseo con capacità di “homing” nel tumore e sviluppo di nuovi vasi sanguigni, aumento dell’invasività tumorale e metastatizzazione indipendenti dall’angiogenesi, sviluppo di mutazioni secondarie nei bersagli farmacologici e rimodellamento del microambiente stromale (Rini e Atkins, 2009, Abdollahi e Folkman, 2010). Questi meccanismi permettono l’adattamento cellulare all’inibizione del VEGFR e di altre chinasi cellulari con ripristino dell’angiogenesi e crescita tumorale (Ravaud e Gross-Goupil, 2012). Inoltre, di particolare importanza, è l’attivazione di mTOR dalla quale può conseguire a) sostegno alla Fig. 3 – Attività di farmaci nelle cellule di carcinoma renale espressi come Z score (Cellminer database:http:// discover.nci.nih.gov/cellminer/). 12 - Quaderni della SIF (2013) vol. 33 sopravvivenza, invasione e metastatizzazione e b) riduzione della dipendenza delle cellule tumorali dall’angiogenesi dipendente da VEGF o della proliferazione dipendente da chinasi cellulari, come EGFR-TK (Settleman e Kurie, 2007; Rini e Atkins, 2009). Il meccanismo di azione dei farmaci inibitori di mTOR (mTORi) è molto diverso da quello degli anti-VEGFR: i primi agiscono su mTOR e di conseguenza bloccano il ciclo cellulare alla fase G1, determinando una diminuzione della proliferazione cellulare, del metabolismo cellulare, della sintesi di proteine e dell’angiogenesi (Meric-Bernstam e Gonzalez-Angulo, 2009). I secondi bloccano l’angiogenesi inibendo l’attivazione della tirosin-chinasi (TK) del recettore VEGFR in risposta al legame con il suo ligando VEGF e la proliferazione associata all’attivazione di altre chinasi cellulari; per questo vengono chiamati inibitori di tirosin-chinasi (TKi). Da studi preclinici emerge che una pressione continua di inibitori di VEGFR può facilitare la progressione tumorale verso un fenotipo localmente più invasivo e metastatico, che può risultare in elevata aggressività e ridotta sopravvivenza (Ebos et al., 2009; Paez-Ribes et al., 2009). Alcune evidenze sperimentali a sostegno di quest’ultima ipotesi sono state ottenute in modelli pancreatici murini in cui è stato valutato il ruolo dell’inibizione dell’angiogenesi sul tumore pancreatico. Dopo un’iniziale risposta, il tumore si adattava e ricominciava a crescere con meccanismi di resistenza che coinvolgevano l’attivazione di vari ligandi, tra cui FGF (Casanovas et al., 2005). Inoltre è stato dimostrato che la recidiva o progressione tumorale è associata a maggiore aggressività biologica e ulteriori studi hanno associato l’aumento di invasività con una angiogenesi compromessa in un contesto di mutazioni geniche che portano alla perdita del segnale HIF-1α/ VEGF/VEGFR (Pennacchietti et al., 2003; Blouw et al., 2007; Du et al., 2008). Alcuni studi in vitro dimostrano che linee cellulari renali resistenti ad un TKi come sunitinib risultano resistenti ad un altro TKi, anche se di seconda e/o terza generazione come pazopanib o axitinib (TK_10 e 786_0). Inoltre, linee cellulari sensibili a sunitinib risultano sensibili nella stessa misura ad altri TKi (UO_31, SN12C, RXF_393, CAKI_1 e ACHN) o addirittura in alcuni casi risultano resistenti (CAKI_1 e ACHN per axitinib). Al contrario, le linee cellulari renali resistenti a sunitinib sono sensibili all’everolimus, inibitore di mTOR (es. TK_10, A498, 786_0) (Figura 3). Ruolo clinico dell’inibizione di mTOR nel carcinoma renale avanzato Nel carcinoma renale a cellule chiare in classe di rischio bassa/ intermedia sono oggi disponibili in Italia tre diverse opzioni terapeutiche corrispondenti a livello di evidenza 1b (US HHS, 1992): il sunitinib (VEGFR-TKi), la combinazione di un anticorpo anti VEGF, il bevacizumab con interferone IFN-α, e il pazopanib (VEGFR-TKi). Nei pazienti a prognosi sfavorevole il temsirolimus, un mTORi, costituisce la risorsa terapeutica di riferimento [livello di evidenza 1b]. Nel trattamento della malattia refrattaria i farmaci indicati [livello di evidenza 1b] sono sorafenib e pazopanib (VEGFR-TKi) dopo fallimento della terapia con citochine oppure everolimus (mTORi) dopo fallimento di una terapia mirata anti-VEGF (Carte- nì et al., 2012) (Tabella 1). Con i farmaci attualmente disponibili per il trattamento del carcinoma renale metastatico e con quelli in avanzata fase di sperimentazione clinica, molte domande sono emerse in merito all’impiego dei farmaci targetspecifici. La letteratura non fornisce indicazioni utili per costruire algoritmi terapeutici basati sull’evidenza scientifica e l’oncologo medico non dispone di validati fattori biologici predittivi di risposta per distinguere precocemente i pazienti sensibili da quelli resistenti. La valutazione dello stato di malattia deve avvalersi di parametri clinici (performance status, altre malattie concomitanti, segni e/o sintomi della neoplasia, profilo di tossicità), di laboratorio (alterazioni correlate alla malattia e/o all’impiego del farmaco) e radiologici al fine di ottimizzare il trattamento primario ed accedere tempestivamente se indicato alla seconda linea di trattamento. Nei pazienti resistenti è particolarmente importante individuare i primi segni di progressione (clinici, laboratoristici e/o strumentali) ed interrompere il trattamento di I linea per garantire al paziente la possibilità di utilizzare tutte le terapie disponibili e ottenere la massima risposta possibile. In particolar modo nei pazienti a rischio intermedio/sfavorevole, prolungare il trattamento di I linea in presenza di progressione di malattia potrebbe causare un significativo peggioramento delle condizioni cliniche e compromettere l’accesso alla seconda linea di trattamento. Allo stato attuale, l’unico trattamento di seconda linea approvato in Italia con grado di raccomandazione 1b dopo fallimento TKi è everolimus, la cui efficacia e tollerabilità sono state dimostrate nei sottogruppi di pazienti Quaderni della SIF (2013) vol. 33- 13 Terapia di prima scelta Terapia di seconda scelta Rischio prognostico: favorevole o intermedio Sunitinib Bevacizumab + IFNα Pazopanib IL-2 alte dosi Sorafenib Osservazione Rischio prognostico: sfavorevole Temsirolimus Sunitinib Citochine Sorafenib Pazopanib Sunitinib Farmaci anti-VEGF/ VEGFR Everolimus TKi Pazienti Non pretrattati Pretrattati Tabella 1. Trattamento medico dell’mRCC a cellule chiare – pazienti non pretrattati (Cartenì et al., 2012). pre-trattati con una o due linee di VEGFR-TKi (Motzer et al., 2008; Calvo et al., 2012) nei pazienti intolleranti a VEGFR-TKi (Bracarda et al., 2012) e nei pazienti anziani (Porta et al., 2012). L’efficacia e la tollerabilità di everolimus dopo VEGFR-TKi sono state confermate nella pratica clinica quotidiana dal programma internazionale di accesso allargato REACT (RAD001 Expanded Access Clinical Trial, Grünwald et al., 2012) e dall’analisi ad interim (196 pazienti valutabili/382 pazienti osservati) dello studio osservazionale multicentrico tedesco (CHANGE study, Bergman et al., 2013). L’indipendenza di everolimus dai meccanismi di resistenza ai VEGFR-TKi, a causa della sua capacità di blocco di altre proteine di segnale coinvolte nella patogenesi del mRCC, suggerisce il suo impiego nei pazienti resistenti ai TKi. Il profilo di tollerabilità di everolimus si differenzia da quello dei VEGFR-TKi evitando il 14 - Quaderni della SIF (2013) vol. 33 rischio di tossicità cumulativa che potrebbe compromettere la strategia terapeutica sequenziale (van den Eertwegh et al., 2013). In conclusione, per delineare la strategia terapeutica più indicata l’oncologo medico deve interpretare i risultati ottenuti nella sperimentazione preclinica e negli studi clinici randomizzati e interpretare le manifestazioni cliniche rilevanti per il beneficio di ogni singolo paziente. BIBLIOGRAFIA Abdollahi A, Folkman J. Evading tumor evasion: current concepts and perspectives of anti-angiogenic cancer therapy. Drug Resist Updat 2010;13:16-28 AIRTUM - I tumori in Italia - Rapporto 2006 (http://www.registri-tumori.it/ cms/en) Baldewijns MM, van Vlodrop I, Vermeulen PB, et al. VHL and HIF signalling in renal cell carcinogenesis. J Pathol 2010;221:125–38 Bergmann L, Goebell PJ, Kube U, et al. Everolimus in Metastatic Renal Cell Carcinoma after Failure of Initial Vascular Endothelial Growth Factor Receptor-Tyrosine Kinase Inhibitor (VEGFr-TKI) Therapy: Results of an Interim Analysis of a Non-Interventional Study. Onkologie 2013;36:95100 Blouw B, Haase VH, Song H, et al. 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