Raccontare i rifiuti:
ritratto di una città
Una carrellata attraverso i millenni
Modena preromana
Modena capitale
Modena romana
Modena sovrana
Modena medievale
Modena italiana
Modena rinascimentale
1997-98 cl. seconda A I.G.E.A.
prof.ssa Laura Bortolani Fregni
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Indice
Modena preromana
Terramare: gli immondezzai di
comunità organizzate
 Mut: “motta, dosso, rialzo”
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Modena romana
“firmissima et splendidissima populi
Romani
colonia”:
definizione
di
Cicerone
 “cadavere
di
città semidistrutta”:
definizione di S. Ambrogio

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Modena medievale

Allargamento del nucleo cittadino
– inglobamento dei canali

Intreccio dei canali
– tipologia degli isolati
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Modena rinascimentale
Provvedimenti governativi
 Ampliamenti nella parte
settentrionale della città
 Copertura dei canali
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Modena capitale
Impulso edilizio
 Mancata rivoluzione edilizia
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Modena sovrana

Vero rinnovamento edilizio
– Lavori della Comunità
– Lavori dei privati
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Modena italiana
Interventi urbanistici marginali
 Costruzione di strutture di pubblica
utilità

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Modena rinascimentale: i “luoghi” dei rifiuti
CANALCHIARO (Corso del)
GIARDINO (ducale poi pubblico)
CAMPO DI MARTE (o campo-marcio)
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Modena rinascimentale: Canal Chiaro
Un giorno questo canale era, come gli altri,
scoperto entro la città, e munito di parapetti e
murelli, ma vituperosamente serviva di scolo
alle fogne, e di mondezzaio ai proprietari che
abitavano lungo le sue sponde, per cui i
rimproveri dei governatori fra i quali del D.
Zapata e di Guicciardini lo storico, a’ poco
curanti giudici delle vettovaglie, gli edili
d’allora.
L. F. Valdrighi
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Modena rinascimentale: Giardino
Già prima che Cesare d’Este trasportasse qui
la sua capitale, il Campo di Marte, o campomarcio, nella parte vicino al castello era stato
ridotto a giardino pubblico, piantandolo a filari
di pioppi e siepi di cavrosso ed oppio, tagliate
colle forbici a variate figure di navi, ippogrifi,
cavalli, serpenti ed altre tali vaghezze, topiarie.
L. F. Valdrighi
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Modena rinascimentale: Campo di Marte
Terreno abbandonato dopo il medio evo: e
costumandovisi ammazzarvi e inumarvi gli
animali resi inutili, e servendo a deposito
d’immondezze, facilmente dal volgo si
cambiò il marzio in marcio: di quì la
ragione della variante.
L. F. Valdrighi
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Modena capitale: i “luoghi” dei rifiuti
LA CITTA’
MERDAROLA (Contrada)
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Modena capitale: la città
… la città tornò al suo stato ordinario di pulitezza. E questo stato per
vero dire era desolante. La nostra città è intersecata da molti canali … ;
colà in quei canali quanto di più immondo radunansi nelle fogne, or si
pensi qual putridume vi si agglomeri ove non si curi che il corso delle
acque non sia vivo e continuo. Nascevano allora di frequente … liti per
determinare chi avesse l’obbligo di farli escavare; pendente la causa
che talora prolungavasi per anni, il canale diveniva quasi stagnante,
riboccava di fecce le più ributtanti, onde si sviluppavano pestiferi
miasmi che davano ad alcune parti della città l’aspetto di un’immensa
cloaca. I cittadini addomesticati col luridume non si guardavano
dall’accrescere, gettando dalle finestre tutto ciò che dava ingombro
alla casa, ed era molto se quei tristi avanzi dei più vili usi domestici, in
luogo d’esser lasciati a formare una puzzolente fanghiglia, venivano
raccolti in ammassi che stavano di continuo sulle pubbliche vie.
O. Roselli
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Modena capitale: Merdarola (Contrada)
La ubicazione di essa, della quale si è
perduto la traccia, e, si spera, i profumi e
la memoria, ha forse ispirato al nostro
Tassoni certi sdegnosi versi riguardo alla
proverbiale sporcizia di Modena che i
Zapata ed i Gonzaga, governatori, avevano
già stigmatizzato riguardo a’ canali e
fontane insozzate.
L. F. Valdrighi
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Modena sovrana: i “luoghi” dei rifiuti
LA CITTA’
IPPODROMO
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Modena sovrana: la città
In un interessante opuscolo, di Anonimo, edito a Parma
nel 1854, leggiamo che “Sul principiare del decimo
ottavo secolo la città di Modena non metteva in voglia
nessun forestiere di visitarla. Le contrade sue erano
anguste, le fabbriche erano scomode, ristrette e di brutta
apparenza; la sozzura era quasi generalmente tollerata
per ogni dove... La causa di tutti questi inconvenienti
derivava particolarmente dalla poca cura de’ cittadini
gravi e doviziosi i quali per la maggior parte dell’anno
stavano in campagna intenti più che ad altro
all’agricoltura dei loro terreni…
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Modena sovrana: Ippodromo
Eseguendosi i lavori [iniziati nel 1872, terminati nel 1876]
fu scoperto, verso il baluardo dove fu giustiziato Ciro
Menotti, in direzione Ovest-Sud-Ovest, un ossario
rilevantissimo, risultante dall’essere ivi stato il cimitero
del grande ospedale ed opere riunite dal 1766 al 1783,
ossario che fu reinterrato tosto a maggiore profondità.
Quest’ossario rappresentava uno degli ultimi grandi
attentati che sin dal medio evo facevansi di continuo
all’igiene delle città, col seppellire, non solo nelle chiese,
ma nei sagrati, nei chiostri, insomma fra l’abitato .
L. F. Valdrighi
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Modena italiana: i “luoghi” dei rifiuti
ADRIANO (Corso)
NAVIGLIO (Contrada del)
FORNI (Vicolo de’)
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Modena italiana: Adriano (Corso)
Bisognerebbe averlo visto coi proprii occhi per credere
quanto fosse lurido l’aspetto di quelle abitazioni,
verso le mura particolarmente! Dalla fabbrica delle
pignatte, al macello e al mondezzaio, tutto quanto v’ha
di più rozzo vi era rappresentato, colla decorazione
delle conseguenze della indolenza. Certe case poi
della camera ducale erano così addossate al
terrapieno, avendo i ganci sul parapetto, arrovesciate
su di esso servivano di ponticelli levatoi per
accedervi.
L. F. Valdrighi
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Modena italiana: Naviglio (Contrada del)
Fu fatto nel 1858 guastare, coprendo
con solida volta quelle torbide acque
nelle quali, invece del bucintoro e del
peòte ducali, navigavano i topi; così
nella nostra città sparì l’ultimo canale
scoperto.
L. F. Valdrighi
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Modena italiana: Forni (Vicolo de’)
Un giorno questo vicolo, che divideva le case
Forni dalle Stoffa, era coperto da una volta
mal costrutta che a dì nostri fu disfatta onde
impedire che quella specie di androne fosse
un mondezzaio permanente, ma, purtroppo,
con poco risultato.
L. F. Valdrighi
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Le terramare
Modena è sorta su una o più terramare,
depositi di terra, nerastra e grassa, formati
dai rifiuti accumulatisi con l’andar del tempo
a fianco o sotto le capanne primitive degli
uomini vissuti nell’età del bronzo. Il vocabolo
“terramare” risulta dall’unione di due voci,
terra e marna, dove marna indica un terriccio,
prodotto dai resti organici, dotato di proprietà
fertilizzanti e come tale in passato usato dai
contadini.
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La presenza etrusca
Dell’antica presenza etrusca restano il
nome latino Mutina, che tradisce nel
suffisso la mano etrusca e nella base
la voce mediterranea MUT “rialzo”, e il
nome del canale Mutinella, oggi
Modenella, che attraversava la città e
che segnava, probabilmente, i confini
dell’abitato stesso.
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La colonia romana
Mutina, chiamata “colonia romana” da Polibio, nel passo in cui
lo storico accenna all’assedio patito dai Romani nella città, è
definita da Appiano una città ricca e fiorente. Fu nota per i
cereali; rinomata per la lana di pecora, tinta col «colore
modenese»; per un tipo d’uva pregiata, l’uva prusinia; per le
botti, di grandi dimensioni; per le carni suine insaccate; per le
“figuline”, vasi di ceramica apprezzati anche all’estero.
Cicerone la celebra come “firmissima et splendidissima populi
Romani colonia”. S. Ambrogio, invece, nell’epistola a Faustino,
la chiama “cadavere di città semidistrutta”: sono passati i
secoli ed ormai è la fine per la grande e forte Mutina romana,
che subisce l’assalto incontrastato delle acque dei fiumi e
viene abbandonata dalla sua gente.
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Il “castrum”
Mutina si sviluppò sul “castrum”, di cui
conservò la configurazione iniziale e
l’intreccio urbanistico. Si presentava come
una grande fortezza militare, a pianta
rettangolare, all’incrocio della via Decumana
e della via Cardinale che, pressappoco nel
luogo che oggi é chiamato Ponte della
Pradella, dividevano all’interno la città in una
struttura a scacchiera. Il “castrum” era
chiuso da una palizzata di legno, cinto da un
fossato, protetto da un terrapieno.
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La città del vescovo
La città riprese vita per merito del vescovo Leodoino,
che ottenne dall’imperatore Guido il permesso di
ricostruirla attorno ad una nuova cattedrale. La sua
espansione portò all’interno numerosi canali, sul cui
percorso si modellò il centro urbano.
Le basse abitazioni popolari, artigiane, s’affacciavano in
un primo tempo su stradine in cui, mancando le fogne,
venivano gettati i rifiuti; poi, per i successivi
arretramenti, arrivarono quasi a congiungersi sui canali
che, originariamente scoperti, assunsero perciò la
funzione di fognature.
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La città e Guicciardini
Guicciardini, inviato nel 1519 a Modena come
governatore pontificio, cercò di liberare la città non solo
dai malfattori e dai facinorosi, ma anche dai maiali
cosiddetti di S. Antonio, che vi circolavano indisturbati.
Fece selciare le strade; fece riparare le mura ed i
parapetti dei canali interni; ristabilì infine l’ordine
pubblico nel territorio.
Una volta, però, ripartito lui, tutto tornò come prima, e
solo dopo il recupero della città da parte degli Estensi,
nel 1531, la situazione andò progressivamente
migliorando.
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La città in espansione
La città subì un ampliamento, nella sua
parte settentrionale, per volere del duca
Ercole II d’Este
che, per renderla più
sicura, ordinò la costruzione di mura
poderose, protette da baluardi e da larghi
fossati. Dentro la nuova cinta pentagonale,
Modena si allargò a nord nella zona
chiamata Terranova o Addizione Erculea,
caratterizzata da ampie strade disposte a
scacchiera.
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La nuova fisionomia della città
Intanto la fisionomia del vecchio abitato, dalla struttura
romano-medievale, attraversato da poche arterie di
qualche respiro - la strada Maestra o Claudia (oggi via
Emilia), quelle di Canal Grande e di Canal Chiaro e le
Rua Grande (poi via Farini) - imperniato a forma di
pentagono irregolare attorno all’unica vasta piazza,
intersecato da una fitta rete di strade minori, contorte,
strette, maleodoranti per i rifiuti di ogni genere che vi
venivano gettati, andava cambiando con la progressiva
copertura dei canali interni.
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La città tra luce ed ombra
Nel Seicento si lavorò molto per costruire
o abbellire palazzi, per rendere più
decorose ed ampie alcune strade, per
ricoprire numerosi canali, ma il volto della
città nel suo complesso rimase angusto,
buio e modesto. L’impulso edilizio iniziale
venne meno perché i signori se ne
stavano quasi sempre in campagna e
perché mancava lo spirito di emulazione.
Pessime erano le condizioni igienicosanitarie.
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Il rinnovamento edilizio
Modena era una piccola città, con qualche bella costruzione e molte
catapecchie. Dentro le mura stalle, fienili, porcili, ancora viuzze
luride e una piazza, Sant’Eufemia, utilizzata come deposito di
letame. Un vero e proprio rinnovamento edilizio cominciò sotto il
regno
di Francesco III: i lavori, iniziati partendo da piazzale S.
Agostino, proseguirono via via fino a porta Bologna e interessarono
anche molte delle vie laterali (Ganaceto, l’attuale Cesare Battisti,
Rua Muro, Canalchiaro, Castel Maraldo, ecc.); continuarono durante
il regno di Ercole III.
Ai lavori eseguiti dalla Comunità si devono poi aggiungere tutti
quelli effettuati a spese di privati, specialmente in Canal Grande, che
assunse in buona parte l’aspetto attuale, in Rua Muro e nella zona
cosiddetta di Terranuova (a nord dell’attuale via Cavour).
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La città cambia
Nel centro storico si rifecero le facciate e si
sopraelevarono le case di un piano; si distrussero
portici ed antichi edifici, ma senza migliorare
sostanzialmente le condizioni abitative. Sotto
Francesco IV furono costruite anche alcune
strutture di pubblica utilità, come il Foro Boario.
Con la caduta della dinastia Estense e
l’annessione al Regno d’Italia, Modena perdette il
ruolo di capitale e gli interventi edilizi
cominciarono a scompaginare l’unitarietà del
tracciato urbano.
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