IL PANORAMA LEGISLATIVO IN MATERIA DI ACQUE
Giorgio PINESCHI
Sogesid/Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare
1. EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO
In Italia a partire dagli anni sessanta è stata avviato un processo volto ad introdurre nel Paese meccanismi di tutela
delle acque dall’inquinamento e di gestione dei bacini idrici.
La Legge 319/1976 (c.d. legge Merli) ha rappresentato una tappa importante di questo processo introducendo limiti
allo scarico per una serie di parametri, dando mandato alle Regioni di sviluppare specifici piani di risanamento delle
acque. Nel 1989 un passo decisivo fu l’introduzione del concetto di bacino idrografico (L.183/1989 sulla protezione del
suolo) e successivamente nel 1994, si approdò alla Legge 36/94, la quale si proponeva di conseguire l’ambizioso
obiettivo di riorganizzazione dei servizi idrici, grazie anche al superamento della frammentazione dei servizi e alla
incentivazione del processo di industrializzazione del settore.
Negli anni novanta, sotto la spinta di una rinnovata politica Comunitaria in materia ambientale, l’attenzione si è
progressivamente spostata verso il tema della tutela integrata della qualità degli ambienti acquatici. Nel 1999, con
l’emanazione del D.lgs 152/99 e con oltre 8 anni di ritardo, l’Italia ha recepito due importanti direttive comunitarie
concernenti rispettivamente la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane e la tutela delle acque
dall’inquinamento da nitrati di origine agricola. Il D.lgs 152/99 ha rappresentato più in generale un passo decisivo verso
l’applicazione di una rinnovata concezione della tutela dei corpi idrici, sostanzialmente rimasta ferma alla Legge Merli.
Il processo comunitario di rinnovamento dell’approccio alla tutela delle acque è culminato nel 2000 con la
pubblicazione della Direttiva 2000/60/CE (WFD – Water Framework Directive). La Direttiva 2000/60/CE disegna una
riforma fondamentale della legislazione Europea in materia di acque, sia dal punto di vista dell’azione di tutela dei corpi
idrici, che per gli aspetti amministrativi e di gestione della risorsa. L’obiettivo fondamentale della Direttiva consiste
nell’istituire un quadro per l’azione comunitaria per la protezione delle acque teso ad impedire ulteriore deterioramento
qualitativo e quantitativo della risorsa e consentire il raggiungimento del “buono stato” per tutti i corpi idrici entro il
2015. Questo complesso e articolato impianto legislativo nazionale, così come il recepimento della direttiva quadro
acque 2000/60/CE, è oggi confluito nel Testo Unico Ambientale (D.Lgs 152/2006) senza peraltro che siano stati ancora
risolti molti degli aspetti critici, ampiamente noti e dibattuti, che hanno fino ad oggi impedito la realizzazione di un
efficiente sistema di governo e gestione delle risorse idriche.
Recentemente sono intervenuti alcuni novità che hanno introdotto ulteriori modifiche nel settore con particolare
riferimento alla regolazione del Servizio Idrico Integrato.
Da una parte l’esito plebiscitario della consultazione referendaria dello scorso giugno, abrogando l’art.23 bis del
D.L. 112/08 e disarticolando la struttura della tariffa prevista dalla Legge “Galli”, ha imposto la necessità di ridisegnare
le regole di affidamento del servizio idrico integrato garantendo, allo stesso tempo, la finanziabilità degli interventi
previsti nei Piani di Ambito.
Dall’altra parte, l’articolo 2, comma 186 bis, della Legge 191/09, ha disposto la soppressione, entro la fine di
quest’anno, delle Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale (AATO), attribuendo alla Regioni e alle Province a Statuto
speciale l’onere di definire, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, i modelli
organizzativi più adeguati a garantire l’efficienza del servizio idrico integrato.
Infine l’Art.21 della L.214/2011 ha trasferito all’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas le funzioni attinenti alla
regolazione e al controllo dei servizi idrici, competenze che sono state puntualmente individuate attraverso il DPCM del
20 luglio 2012.
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2. La Direttiva 2000/60/CE
Gli obiettivi principali della direttiva si inseriscono in quelli più complessivi della politica ambientale della
Comunità che deve contribuire a perseguire salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità ambientale, nonché
l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e che deve essere fondata sui principi della precauzione e
dell'azione preventiva, sul principio della riduzione, soprattutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente e sul principio
"chi inquina paga".
Il principio portante della WFD è quello della gestione integrata a livello di bacino, attraverso un approccio teso a
superare la logica dei confini amministrativi ponendo l’attenzione sugli aspetti fisici del territorio considerando le
caratteristiche ambientali (idrologiche, idrogeologiche ed ecosistemiche) attraverso una visione olistica e
multidisciplinare.
In questo contesto la Direttiva individua misure ed azioni specifiche con scadenze ben identificate definendo un
processo per fasi, i cui passaggi chiave sono:
 art. 3: individuazione dei Distretti Idrografici (da completare entro il 2003);
 art. 5: analisi delle caratteristiche di ciascun Distretto Idrografico, comprendente l’esame degli impatti antropici
e l’analisi economica dell’utilizzo idrico (da completare entro il 2004);
 art.6: istituzione, per ciascun Distretto Idrografico, di uno o più registri delle Aree Protette, includendo i siti
Natura 2000 nell’ambito delle Direttive Habitat e Uccelli, le aree utilizzate per l’estrazione di acqua potabile, e
altri siti designati a livello nazionale o locale (da completare entro il 2004);
 art. 8: elaborazione di programmi di monitoraggio dello stato delle acque superficiali e sotterranee e delle aree
protette (da completare e rendere operativi entro il 2006);
 artt. 11 e 13: predisposizione, per ogni Distretto, di un Programma di Misure (sia di base che supplementari)
per il raggiungimento del “buono stato”, da inserire nel contesto di un Piano di Gestione di Distretto – RBMP
(da completare entro il 2009, da rendere pienamente operativo entro il 2012 e da rivedere entro il 2015);
 artt. 8 e 15: realizzazione di meccanismi per monitorare lo stato delle acque sotterranee e superficiali ed
informazione della Commissione Europea delle decisioni prese per ciascun RBMP (entro il 2010);
 artt. 11 e 15: revisione del programma di misure per ciascun RBMP secondo necessità in accordo con i risultati
di monitoraggio (entro tre anni dalla produzione del primo RBMP – cioè entro il 2012, e successivamente ogni
sei anni).
Tra gli obiettivi specifici contenuti nel suddetto processo ci sono:
 art. 10: controllo di tutte le emissioni e gli scarichi inquinanti nelle acque superficiali utilizzando un “approccio
combinato”, che tenga in considerazione non solo quanto inquinante viene complessivamente rilasciato, ma
anche la sua concentrazione nell’ambiente acquatico che lo riceve (entro il 2012);
 art. 16: controlli specifici per certi inquinanti a rischio più elevato su una base di priorità, con una riduzione
progressiva o cessazione di emissioni per le sostanze identificate come prioritarie (le prime riduzioni o
cessazioni sono attese entro 20 anni dall’adozione di proposte pertinenti degli organi decisionali EU)
 art. 9: introduzione di politiche di tariffazione dell’acqua che fornisca adeguati incentivi per un uso efficiente
dell’acqua, e tenendo in considerazione il principio di “recupero costi” per i servizi idrici, includendo i costi
ambientali e della risorsa (entro 2010);
 art. 14: accrescimento della partecipazione pubblica.
Per quanto riguarda l’implementazione delle misure previste dalla Direttiva l’Italia ha provveduto al suo
recepimento attraverso il D.lgs. 152/06 nonché all’individuazione dei distretti idrografici, senza tuttavia dare
indicazioni su l’assetto delle autorità competenti.
La Direttiva prevede che gli Stati Membri provvedano ad effettuare una prima caratterizzazione dei corpi idrici
identificati nei bacini idrografici (art. 5 e allegato II). Per ciascuna categoria di corpo idrico superficiale (fiumi, laghi,
acque di transizione o acque costiere) devono essere identificati i diversi “tipi” e per ciascun tipo devono essere fissate
le condizioni di riferimento che rappresentano i valori degli elementi di qualità (per i parametri biologici,
idromorfologici, fisici e fisico-chimici), specifici per ciascun tipo nello stato “elevato”.
La caratterizzazione iniziale dei bacini, la “tipizzazione” dei corpi idrici e la relativa fissazione delle condizione di
riferimento costituiscono una fase particolarmente importante propedeutica redazione dei Piani di Gestione dei Distretti
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Idrografici e ai relativi Programmi di Misure. I Piani di Gestione rappresentano lo strumento di governo per la tutela dei
corpi idrici e la gestione della risorsa nei bacini idrografici; i piani dovevano essere predisposti in bozza entro il 2008
(attivando idonei meccanismi di partecipazione pubblica) e pubblicati entro il 2009. I Piani di Gestione devono
contenere, oltre tutte le informazioni derivanti dalle sopra citate attività conoscitive e di classificazione, anche le
eventuali deroghe nonché la puntuale indicazione delle motivazioni che hanno determinato la necessità della deroga e le
azioni che si intendono intraprendere per mitigare gli effetti della deroga stessa.
Il Programma di misure è probabilmente il cuore dell’impianto della Direttiva e consiste nelle azioni concrete da
intraprendere per il raggiungimento degli obiettivi (generali e specifici) a partire dal quadro di riferimento tracciato con
l’azione ricognitiva.
Di seguito vengono analizzati alcuni aspetti chiave dell’azione impostata dalla Direttiva Quadro 2000/60/CE.
2.1 LA GESTIONE A SCALA DI BACINO
La Direttiva 2000/60/CE prevede che gli Stati membri individuino i singoli bacini idrografici presenti nel loro
territorio e li assegnino a singoli distretti idrografici, (definiti come la principale unità per la gestione dei bacini
idrografici) accorpando eventualmente i piccoli bacini idrografici in un unico distretto, inoltre gli Stati membri devono
adottare disposizioni amministrative adeguate, compresa l'individuazione dell'autorità nazionale competente, per
l'applicazione delle norme previste dalla direttiva in esame all'interno di ciascun distretto idrografico presente nel loro
territorio (art.3).
Per ciascun distretto idrografico interamente compreso nel suo territorio, ogni Stato membro provvede a predisporre
un Piano di gestione del bacino idrografico (art. 13). Nel caso di distretti idrografici, facenti capo a più Stati membri,
ma che siano interamente compresi nel territorio della Comunità, gli Stati membri si coordinano al fine di predisporre
un unico Piano di gestione del bacino idrografico internazionale. II Piano di gestione del bacino idrografico comprende
le seguenti informazioni (allegato VII):
 Descrizione generale delle caratteristiche del distretto idrografico;
 Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dalle attività umane sullo stato delle acque superficiali
e sotterranee;
 Specificazione e rappresentazione cartografica delle aree protette;
 Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai fini dell'articolo 8 e dell'allegato V e rappresenta-zione cartografica dei
risultati dei programmi di monitoraggio;
 Elenco degli obiettivi ambientali fissati a norma dell'articolo 4 per acque superficiali, acque sot-terranee e aree
protette;
 Sintesi dell'analisi economica sull'utilizzo idrico prescritta dall'articolo 5 e dall'allegato III;
 Sintesi del programma o programmi di misure adottati a .norma dell'articolo 11, compresi i conseguenti modi in
cui realizzare gli obiettivi di cui all'articolo 4;
 Repertorio di eventuali programmi o piani di gestione più dettagliati adottati per il distretto i-drografico e relativi a
determinati sottobacini, settori, tematiche o tipi di acque, corredato di una sintesi del contenuto;
 Sintesi delle misure adottate in materia di informazione e consultazione pubblica, con relativi risultati e eventuali
conseguenti modifiche del piano;
 Elenco delle autorità competenti in base all'allegato I.
I Piani di gestione dei bacini idrografici dovevano essere pubblicati entro 9 anni dall'entrata in vigore della nuova
direttiva e l’Italia ha adempiuto a tale obbligo all’inizio del 2010 adottando i piani degli otto distretti in cui il territorio è
suddiviso. I Piani di gestione italiani sono consultabili sul sito del Ministero dell’Ambiente:
http://www.direttivaacque.minambiente.it/piani_di_gestione_adottati.html
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2.2 OBIETTIVI AMBIENTALI
La Direttiva richiede che gli Stati membri proteggano, migliorino e ripristino lo stato di tutti i corpi idrici
superficiali al fine di raggiungere un “buono stato” entro il termine temporale del 2015 (art 4 ii). Il buono stato è la
condizione in cui i valori degli elementi di qualità biologica associati ad un corpo idrico superficiale di un certo tipo,
presentano livelli poco elevati di distorsione dovuti all’attività umana e pertanto si discostano solo lievemente da quelli
di norma associati a quel tipo di corpo idrico in condizioni inalterate. In corrispondenza del buono stato i parametri
idromorfologici devono presentare di conseguenza condizioni coerenti con i raggiungimento dei valori fissati per gli
elementi biologici (allegato V). Questo significa che, per il raggiungimento degli obiettivi fissati, la Direttiva richiede
l’attuazione di un approccio integrato volto alla tutela e al ripristino di tutti i fattori che intervengono nella definizione
stessa dello stato del corpo idrico. In sintesi la Direttiva ha come obiettivo quello di mantenere o di riportare il corpo
idrico in uno stato qualitativo che si discosta “poco” dalle condizioni prive di impatto umano.
In casi specifici (i così detti corpi idrici fortemente modificati, art 4.1iii) gli Stati Membri possono eventualmente
decidere di raggiungere un obiettivo diverso dal buono stato perseguendo invece il buon potenziale ecologico, definito
come una approssimazione del massimo potenziale ecologico raggiungibile per quel dato corpo idrico fortemente
modificato.
Gli Stati membri possono inoltre prefiggersi di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi qualora il
conseguimento del buono stato sia non fattibile o esageramene oneroso e ricorrano una serie di condizioni che
prevodono comunque il divieto di ulteriore deterioramento del corpo idrico e la puntuale definizione negli Piano di
gestione dei bacini idrografici sia degli obiettivi ambientali meno rigorosi sia delle motivazioni di tali deroghe (art. 4.5).
All’art 4.7 la Direttiva contempla anche il mancato raggiungimento del buono stato o l’incapacità di impedire il
deterioramento, rispettivamente, nel caso di nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico o perché
intervengano nuove attività sostenibili di sviluppo umano, purché ricorrano tutte le seguenti condizioni, esplicitamente
elencate nell’articolo 4.7:
a) è fatto tutto il possibile per mitigare l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico;
b) le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione
del bacino idrografico;
c) le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l'ambiente
e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni
per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e
d) per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del
corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul
piano ambientale.
2.3 POLITICA DEI COSTI PER I SERVIZI IDRICI
La direttiva impone agli Stati membri l'obbligo di adottare misure adeguate per fare in modo che il prezzo dell'acqua
rifletta il costo complessivo di tutti i servizi connessi con gli usi della risorsa (gestione, manutenzione delle attrezzature,
investimenti, sviluppi futuri), nonché i costi connessi con l'ambiente e l'impoverimento delle risorse (art.9). A tal fine
gli Stati membri dovranno contribuire entro il 2020 a porre a carico dei vari settori di impiego dell'acqua (industria, uso
domestico e agricoltura) i costi dei servizi idrici, anche sulla base del principio "chi inquina paga".
L’articolo 9 della direttiva stabilisce i requisiti per attuare il recupero dei costi e l’ottimizzazione delle politiche
tariffarie. I punti essenziali dell’articolo 9 sono i seguenti:
 gli Stati Membri devono tenere conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi
ambientali e quelli relativi alle risorse, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base
all’allegato III della direttiva e in particolare secondo il principio “chi inquina paga”;
 gli Stati membri provvedono, entro il 2010:
a che le politiche dei prezzi dell'acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in
modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della direttiva stessa;
a un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego
dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica e tenendo
conto del principio “chi inquina paga”
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 gli Stati Membri devono riportare nei Piani di Gestione dei Bacini Idrografici le azioni intraprese per attuare le
politiche di incentivazione al razionale uso delle risorse e di recupero dei costi dei servizi idrici.
Nell’applicare tali principi gli Stati membri possono tener conto delle ripercussioni sociali, ambientali ed
economiche del recupero, nonché delle condizioni geografiche e climatiche del territorio.
Gli aspetti inerenti la valutazione economica rivestono pertanto nella direttiva un ruolo centrale. A conferma di ciò
la direttiva richiedeva che gli Stati Membri effettuassero, preliminarmente entro il 2004 e per ciascun distretto
idrografico, anche un’analisi economica dell’utilizzo idrico oltre all’analisi delle caratteristiche del distretto e all’analisi
delle pressioni e degli impatti.
L’analisi economica, definita nell’allegato III della direttiva, consiste nella elaborazione di informazioni sufficienti e
adeguatamente dettagliate al fine di:
a) effettuare i pertinenti calcoli necessari per prendere in considerazione il principio del recupero dei costi dei servizi
idrici, di cui all'articolo 9, tenuto conto delle previsioni a lungo termine riguardo all'offerta e alla domanda di acqua nel
distretto idrografico in questione e, se necessario:
stime del volume, dei prezzi e dei costi connessi ai servizi idrici,
stime dell'investimento corrispondente, con le relative previsioni;
b) formarsi un'opinione circa la combinazione delle misure più redditizie, relativamente agli utilizzi idrici, da
includere nel programma di misure di cui all'articolo 11 in base ad una stima dei potenziali costi di dette misure.
Per poter condurre efficacemente l’analisi economica è pertanto necessario valutare l’attuale livello di recupero di
tutti i costi relativi ai servizi idrici. A tal fine possono essere identificati le seguenti azioni prioritarie (Linea Guida
WATECO):
definire i servizi idrici;
identificare i distributori, gli utilizzatori e gli “inquinatori”;
calcolare i costi finanziari dei servizi idrici;
identificare e stimare i costi ambientali e della risorsa;
identificare il meccanismo di recupero dei costi;
calcolare il tasso di recupero dei costi;
identificare l’allocazione dei costi per utilizzatore ed “inquinatore”;
2.4 MISURE DI BASE E MISURE SUPPLEMENTARI. PARTECIPAZIONE PUBBLICA
La direttiva inoltre impone agli Stati membri di redigere, un programma di misure che tenga conto delle
caratteristiche del distretto idrografico, dell'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee
e dell'analisi economica dell'utilizzo idrico. Le misure sono articolate in "misure di base" (attuative della normativa
comunitaria e finalizzate anche al recupero dei costi del servizio idrico e a garantire un impiego efficiente e sostenibile
dell'acqua) e "misure supplementari", ossia provvedimenti studiati e messi in atto a complemento delle misure di base al
fine di perse-guire gli obiettivi di qualità ambientale di cui all'art. 4. II dettaglio di tali provvedimenti è contenuto
nell'allegato VI, parte B della direttiva.
La direttiva attribuisce inoltre grande rilievo all'informazione e alla consultazione pubblica, imponendo agli Stati
membri la pubblicazione e la messa a disposizione del pubblico (art. 14):
del calendario e del programma di lavoro per la presentazione del Piano di gestione dei bacini idrografici;
di una valutazione globale provvisoria dei problemi di gestione della acque importanti;
del progetto del Piano di gestione del bacino idrografico, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il
Piano si riferisce.
Più in generale la partecipazione pubblica prevista dalla direttiva prevede 3 livelli di attuazione: l’informazione, la
consultazione ed il coinvolgimento attivo del pubblico e degli stakeholders. La partecipazione è intesa, principalmente,
in funzione della redazione del Piano di gestione del distretto introducendo, pertanto, l’obbligo di attivare meccanismi
di pianificazione partecipata.
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2.5 STRATEGIE CONTRO L'INQUINAMENTO DELLE ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE DA SOSTANZE PERICOLOSE
La direttiva quadro acque prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio adottino misure specifiche per
combattere l'inquinamento idrico prodotto da singoli inquinanti o gruppi di inquinanti che presentino un rischio
significativo per l'ambiente acquatico o proveniente dall'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla
produzione di acqua potabile (art. 16). Nell'ambito di tali misure la Commissione ha adottato la Direttiva 2006/11/CE
concernente le norme di protezione e di prevenzione contro l'inquinamento provocato dallo scarico di talune sostanze in
ambiente idrico. Essa si applica alle acque interne superficiali, alle acque marine territoriali e alle acque interne del
litorale predendo due elenchi relativi, rispettivamente, alle sostanze il cui scarico deve essere eliminato (elenco I) e le
sostanze il cui scarico deve essere ridotto (elenco II).
Conformemente all'allegato IX della direttiva 2000/60/CE, gli obiettivi di qualità e i valori limite di emissione sono
stabiliti dalle direttive derivate dalla direttiva 2006/11/CE. Inoltre i valori limite di emissione per le sostanze inquinanti
devono basarsi sulle migliori tecniche disponibili conformemente all'articolo 10 della direttiva quadro 2000/60/CE.
Qualsiasi scarico di una sostanza compresa nell'elenco I è soggetto ad un’autorizzazione preliminare rilasciata
dall'autorità competente dello Stato membro interessato. L'autorizzazione può essere concessa soltanto per un periodo
limitato e stabilisce le norme di emissione che possono essere più severe delle soglie fissate dalla legislazione
comunitaria, tenendo conto soprattutto della tossicità o della persistenza della sostanza nell'ambiente considerato. Gli
Stati membri garantiscono che le norme di emissione siano rispettate.
Per le sostanze dell'elenco II, gli Stati membri adottano e attuano programmi volti a preservare e a migliorare la
qualità dell'acqua. Qualsiasi scarico è soggetto ad un'autorizzazione preliminare, rilasciata dall'autorità competente dello
Stato membro interessato, nella quale vengono fissate le norme di emissione.
Gli Stati membri devono compilare un inventario degli scarichi effettuati nell'ambiente idrico coperto dalla direttiva
e possono adottare misure più severe di quelle previste dalla legislazione comunitaria per ridurre o eliminare
l'inquinamento provocato da sostanze pericolose.
La direttiva prevede una procedura di revisione e di completamento degli elenchi o di spostamento di talune
sostanze dall'elenco II all'elenco I. Prima del 22 dicembre 2012 gli Stati membri possono procedere al monitoraggio e
alla comunicazione dei dati a norma degli articoli 5, 8 e 15, della direttiva quadro in materia di acque.
Oltre ad abrogare, a partire dal 2012, la normativa attualmente in vigore (direttive CEE 82/176, 83/513, 84/156,
84/491, 86/280), la nuova direttiva si propone, pertanto, di rivedere in termini più restrittivi l´elenco delle sostanze
prioritarie. La direttiva prevede la fissazione dei limiti di concentrazione nelle acque di superficie di 41 tipi di pesticidi,
metalli pesanti e altre sostanze chimiche pericolose che presentano un particolare rischio per l´ambiente acquatico e per
la salute umana. Si tratta di inquinanti che contaminano l´ambiente acquatico provenienti da diverse fonti (agricoltura,
industria, ecc.) e che hanno i bersagli più frequenti nella flora e la fauna e quindi potenzialmente pericolose per la salute
umana attraverso la catena alimentare e il fenomeno del bioaccumulo.
Le 41 sostanze per le quali la direttiva fissa limiti di concentrazione comprendono 33 sostanze designate dal
Consiglio e dal Parlamento come «sostanze prioritarie», in quanto presentano un rischio significativo per l´ambiente
acquatico a causa dell´uso generalizzato e dell´elevata concentrazione nelle acque di superficie. Alcune sono poi
classificate nella categoria delle «sostanze pericolose prioritarie», alle quali si applicano valori limite particolarmente
restrittivi a causa della tossicità, della persistenza e dell´aumento della concentrazione man mano che risalgono la
catena alimentare. Entro il 2015 gli Stati membri dovranno aver raggiunto i limiti proposti per tutte le sostanze
prioritarie ed entro 2025 dovranno far cessare lo scarico e l´emissione in acqua di sostanze pericolose prioritarie.
3. NORMATIVA NAZIONALE
Il quadro normativo di riferimento odierno per la gestione delle risorse idriche e la tutela delle acque è rappresentato
dalla Parte III del D.lgs 152/06 che costituisce la sostanziale fusione delle tre norme che hanno disciplinato la materia
negli ultimi 15-20 anni:
 la legge 18 maggio 1989, n. 183 recante “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del
suolo”;
 la legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante “Disposizioni in materia di risorse idriche”;
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 il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 recante “Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e
recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva
91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti
agricole”.
Le finalità della legge 183/89 sono quelle di “assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e
la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali
ad essi connessi”.
Si tratta di una normativa quadro che considera il bacino idrografico un sistema unitario che richiede un’istanza di
governo che prescinda dai confini territoriali delle autorità amministrative coinvolte. La Legge 183/89 ripartisce l’intero
territorio nazionale in bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale. Le principali innovazioni sono
rappresentate, sotto il profilo della riorganizzazione delle funzioni della pubblica amministrazione, dall’istituzione delle
Autorità di bacino e, sotto il profilo degli strumenti, dal Piano di bacino idrografico mediante il quale sono “pianificate
e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la
corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio interessato”.
Con la legge n. 36/94, nota come “Legge Galli”, la legislazione italiana ha avviato un processo di riforma del settore
idrico centrato sull’individuazione di nuovi livelli di coordinamento che superano i confini amministrativi tradizionali.
La Legge 36/94 afferma alcuni principi fondamentali quali il carattere pubblico di tutte le acque superficiali e
sotterranee, la sostenibilità degli usi della risorsa, la netta separazione tra le funzioni di indirizzo e controllo, proprie
della Pubblica Amministrazione dalle funzioni di gestione che sono riservate ad un soggetto di carattere industriale.
I presupposti della riforma sono il superamento dell'estrema frammentazione dei servizi idrici, causa principale delle
diseconomie e disfunzioni del settore. L’obiettivo è quello di garantire, attraverso lo strumento della gestione integrata
del ciclo di distribuzione, depurazione e fognatura, livelli di gestione ottimali e servizi di qualità agli utenti.
Entrambe le leggi, 183/89 e 36/94, pur riguardando oggetti e funzioni diverse, si pongono l’obiettivo di superare la
frammentazione delle competenze e il disordine gestionale, obbligando i diversi soggetti coinvolti a coordinarsi e ad
integrare la visione delle diverse problematiche, derivanti dall'attuazione delle singole norme di settore, in una logica di
semplificazione dei procedimenti amministrativi.
La legge 36/94, in particolare, considera ogni eventuale modello gestionale subordinato all’individuazione di ambiti
territoriali ottimali all’interno dei quali i Comuni e le Province organizzano il servizio idrico integrato, al fine di
garantirne la gestione, secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità.
I compiti di indirizzo generale e di controllo di questo processo sono affidati agli organi centrali dello Stato, mentre
alle Regioni e agli Enti locali compete la responsabilità di definire e adottare le soluzioni e i modelli di organizzazione
più adeguati alle singole situazioni territoriali. Alle Autorità di bacino compete la definizione e l’aggiornamento
periodico del bilancio idrico, al fine di assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili, o attivabili nell'area
di riferimento, e i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi richiamati.
Alle Autorità di bacino, alle Regioni e alle Autorità di ambito sono attribuite un sistema di competenze e funzioni
che dovrebbe garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati sia dalla legge 183/89 che dalla successiva legge 36/94.
Con l’entrata in vigore del Decreto legislativo n.152/99, successivamente modificato e integrato dal Decreto
Legislativo n.258 del 18 agosto 2000, anche l’Italia si è dotata di uno strumento legislativo per la tutela delle acque
armonico con gli indirizzi comunitari.
Il Decreto legislativo recepisce le Direttive comunitarie 91/271/CEE (trattamento delle acque reflue urbane) e
91/676/CEE (protezione delle acque dall’inquinamento provocato da nitrati provenienti da fonti agricole) e anticipa
alcuni contenuti della Direttiva comunitaria 2000/60/CEE.
Il Decreto modifica le precedenti norme di settore e definisce la disciplina generale per la tutela delle acque,
perseguendo gli obiettivi di prevenire e ridurre l’inquinamento, risanare e migliorare lo stato delle acque, proteggere le
acque destinate ad usi particolari, garantire gli usi sostenibili delle risorse e mantenere la capacità naturale di
autodepurazione dei corpi idrici, necessaria a sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.
Al fine di conseguire gli obiettivi fissati lo strumento principale è costituito dal Piano di Tutela delle Acque che
contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi, le misure necessarie
alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico. Il Piani di Tutela costituisce un piano stralcio di settore del piano
di bacino ai sensi dell'articolo 17, della legge n. 183/89, ed è un piano di livello regionale. Sono quindi le Autorità di
bacino che, sentite le Province e le Autorità d'ambito, definiscono preliminarmente gli obiettivi e le priorità a scala di
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G.Pineschi – Il Panorama legislativo in materia di acque
bacino cui devono attenersi i Piani di Tutela. Le Regioni, sentite le Province e previa adozione delle eventuali misure di
salvaguardia, adottano il Piano e lo trasmettono alle Autorità di bacino che ne verifica la conformità agli obiettivi e alle
priorità, esprimendo infine parere vincolante e consentendone l’approvazione, da parte della Regione.
4. Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - "Norme in materia ambientale"
La parte III del D.Lgs 152/06 (Testo Unico Ambientale) è intervenuta a modificare il settore delle acque e della
difesa del suolo operando la fusione degli strumenti normativi di settore precedentemente vigenti (L. 183/89, L. 36/94,
D.lgs 152/99) per comporre un quadro conforme ai requisiti della direttiva 2000/60/CE, che viene pertanto formalmente
recepita. A differenza di altri settori ambientali regolati dal nuovo decreto, in materia di acque non si assiste ad un totale
stravolgimento del precedente assetto quanto piuttosto ad un rimpasto degli “ingredienti” a disposizione, con l’aggiunta
di piccole, ma significative novità. I principali cambiamenti riguardano, in particolare: l’organizzazione ed il governo
dei bacini/distretti idrografici (con la ridefinizione dei confini dei bacini idrografici e l’introduzione dell’Autorità di
bacino distrettuale), l’affidamento e la regolazione del Sistema Idrico Integrato (SII - con la conferma delle 3 forme di
affidamento e l’introduzione di una Authority al posto del COVIRI), l’introduzione di nuovi principi (specialmente per
gli aspetti economici) e di nuovi aspetti tecnico gestionali (ad esempio per quanto riguarda la stessa nozione di scarico e
in materia di rifiuti liquidi ed acque termali).
Nella ridefinizione della disciplina ambientale in materia di acque, il D.lgs pone la gestione del SII in una nicchia a
se stante, nonostante la necessità (ribadita all’art. 147, comma 2) di rispettare, prima ancora del principio di unicità della
gestione e della relativa adeguatezza dimensionale, il principio di unitarietà del bacino idrografico, tenendo conto dei
piani di bacino. Inoltre si assiste ad una sovrapposizione di più livelli di pianificazione senza che vengano chiariti ruoli
e competenze nella redazione di tali piani né le relative relazione gerarchiche e di mutuo coordinamento. Se il D.lgs di
fatto non stravolge il quadro ormai consolidato sulla tutela delle acque e la gestione dei servizi idrici, è pur vero che non
vengono introdotti gli aggiustamenti necessari come ad esempio l’introduzione di meccanismi di coordinamento del
piano di ambito con gli altri livelli di pianificazione o la razionalizzazione dei ruoli, delle competenze e dei rapporti tra
soggetti titolari di usi produttivi (agricolo e industriale), rapporti tuttora regolati da regi decreti risalenti all’inizio del
secolo scorso e fatti salvi dal nuovo decreto.
L’intervento dei due decreti correttivi, 284/2006 del 8 novembre 2006 e 04/08 del 16 gennaio 2008, ha prorogato le
Autorità di Bacino, reintrodotto il COVIRI e operato alcune modifiche dell’impianto definitorio riallineando alcune
definizioni alle direttive comunitarie in materia di acque. Successivamente sono intervenuti ulteriori provvedimenti
legislativi che hanno avuto effetto sulla Parte III del D.lgs senza, tuttavia operare la necessaria riforma del settore.
Le carenze e le incongruenze di impostazione del decreto legislativo non sono, infatti, ancora sanate e al momento,
considerata la fase politica di transizione, non è possibile prevedere come e quando avverranno i necessari adeguamenti.
Tali incongruenze riguardano in particolare l’assetto ed il funzionamento delle Autorità di bacino distrettuali. Tali
autorità avrebbero, infatti, dovuto costituire il fulcro della implementazione della rinnovata politica in materia di acque
impostata dalla Direttiva 2000/60/CE. Le Autorità di bacino concepite dalla Legge 183/89 hanno per anni rappresentato
il luogo di confronto e di concertazione tra Stato e Regioni su queste e altre importanti tematiche. La WFD ha richiesto
uno sforzo aggiuntivo individuando nel piano di gestione del distretto uno strumento più operativo e articolato,
corredato di un programma di misure dettagliato e, soprattutto, calibrato dal punto di vista economico – finanziario. Le
“vecchie” autorità di bacino avrebbero dovuto, pertanto, essere potenziate con la finalità di mettere tali enti in
condizioni di svolgere una funzione di “programmazione” (predisposizione e attuazione del programma di misure) e
non più di sola “pianificazione”. In tal senso il recepimento della WFD avrebbe potuto rappresentare un importante
occasione per operare il definitivo riordino, valorizzando, nel rinnovato contesto comunitario, le esperienze positive
delle leggi n. 183/89, n. 36/94 e del decreto legislativo n. 152/99.
Per riuscire a rispettare gli obblighi comunitari è intervenuta, nel febbraio 2009, la Legge n. 13 che ha prorogato le
Autorità di bacino previste dalla Legge 183/89 ed ha messo in capo alle Autorità di bacino di rilievo nazionale l’onere
di coordinare le attività di compilazione dei Piani di gestione dei Distretti. Un anno dopo, nel febbraio 2010, i comitati
istituzionali delle Autorità di bacino di rilievo nazionale, integrati dai rappresentanti delle altre Regioni componenti il
distretto idrografico, hanno adottato i Piani di Gestione, traguardando l’obbligo comunitario senza tuttavia risolvere il
problema della formale istituzione dell’Autorità distrettuale.
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Nel frattempo l’Italia recepiva la Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni
attraverso il D.lgs 23 febbraio 2010, n. 49. La norma di recepimento individua nelle medesime Autorità di bacino
distrettuali previste dall’art. 64 del D.lgs 152/06 le autorità competenti per l’elaborazione del Piano di gestione delle
Alluvioni, con l’esclusione degli aspetti di protezione civile relativi al sistema di allertamento, nazionale, statale e
regionale.
La citata Legge n. 13 era essenzialmente finalizzata a permettere la predisposizione dei Piani di Gestione previsti
dalla WFD e, benché prevedesse la proroga delle Autorità di bacino ex Legge 183/89, non conferiva alle “vecchie”
Autorità alcuna investitura di autorità di distretto rispetto all’attuazione della Direttiva 2000/60/CE né, tanto meno, nei
confronti della 2007/60/CE.
Per superare tali problematiche è intervenuta una norma transitoria, l’art. 4 del D.lgs. 10 dicembre 2010, n. 219, che,
nelle more dell’istituzione delle Autorità di Distretto, conferisce alle Autorità di Bacino di rilievo nazionale il ruolo di
coordinamento nel Distretto Idrografico di appartenenza per:
l’aggiornamento del Piano di Gestione del Distretto, previsto dalla Direttiva 2000/60/CE;
l’elaborazione del Piano di gestione dei rischi di alluvione, previsto dalla Direttiva 2007/60/CE, nel rispetto
delle prerogative e delle competenze delle Regioni.
Questo provvedimento, benché di natura provvisoria, rappresenta un’evoluzione dell’esperienza positiva compiuta
per la redazione ed adozione dei Piani di Gestione, grazie al ruolo svolto dalle Autorità di bacino nazionali che hanno
coordinato le attività di pianificazione distrettuale partendo dai piani regionali di tutela delle acque.
Tale assetto transitorio può rappresentare una prima efficace forma di coordinamento tra le Regioni e l’Autorità
distrettuale la quale, nel rispetto delle prerogative delle singole Amministrazioni che ricadono in quel territorio, svolge
una funzione di indirizzo e coordinamento per le questioni attinenti la tutela delle acque, la gestione delle risorse idriche
e la difesa del suolo. In tal senso la principale funzione dell’Autorità distrettuale dovrà esplicarsi, nel concreto, nella
capacità di sincronizzare e armonizzare gli strumenti di pianificazione regionali (e gli altri piani di livello via via di
maggior dettaglio) fornendo un quadro generale ed autorevole di “condizioni al contorno” ed “invarianti” fissati in
funzione degli obiettivi strategici derivati dalla WFD e dalle sue “figlie” (le direttive “alluvioni”, “acque sotterranee” e
“sostanze pericolose”) da perseguire a scala di bacino idrografico.
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G.Pineschi – Il Panorama legislativo in materia di acque
5. Il Servizio Idrico Integrato e il DPCM 20 luglio 2012
Il settore dei servizi idrici è caratterizzato da un quadro normativo complesso risultato di una consistente stratificazione
normativa alla quale non si è affiancato nel tempo un adeguato intervento di coordinamento e di razionalizzazione
dell’intera materia. L’attuale assetto organizzativo e regolatorio del così detto Servizio Idrico Integrato (SII) tuttora
deriva in gran parte dalla legge n. 36 del 1994 (legge Galli) che a suo tempo impostò una profonda riforma del settore
seguendo una logica di tipo industriale che vedeva la netta separazione delle funzioni di indirizzo e controllo (spettanti
allo Stato) da quelle di conduzione e gestione (in forma unitaria a livello di Ambito Territoriale Ottimale – ATO) dei
servizi di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue
da affidare ad un soggetto industriale secondo le norme che regolano l’affidamento dei servizi di pubblica utilità.
La legge Galli aveva previsto l’istituzione, in seno al Ministero dell’Ambiente, del Comitato per la vigilanza sull’uso
delle risorse idriche (CoViRI), successivamente trasformato in Commissione nazionale di vigilanza sulle risorse idriche
(CoNViRI), con competenze sul monitoraggio della qualità dei servizi e tutela degli utenti, sulla verifica della corretta
redazione dei Piani d’ambito e in generale con compiti di vigilanza sulla corretta applicazione della riforma del SII.
Tale organismo aveva anche la competenza a formulare proposte al Ministro dell’Ambiente per la revisione del metodo
tariffario (va segnalato come l’attività della CoNViRI si sia limitata alle sole realtà che gestivano in forma integrata tutti
i servizi afferenti al SII).
Alle Regioni erano stati demandati compiti di pianificazione e coordinamento: attraverso proprie leggi, sono state
chiamate a fissare i principi generali per l’organizzazione del settore e la gestione del servizio. Infine, la legge n. 36/94
prevedeva l’istituzione di organismi costituiti nella forma di consorzio o di convenzione tra gli enti locali (Comuni e
Province che ricadono all’interno di ciascun ATO) che, nel tempo, hanno assunto la denominazione di Ente o Autorità
di Ambito Territoriale Ottimale (AATO). Alle AATO sono state demandate le funzioni di pianificazione strategica dei
servizi idrici, di determinazione della tariffa e di vigilanza sulle prestazioni. Al gestore, soggetto autonomo cui è
affidato il servizio, sono stati assegnati i compiti operativi da svolgere nel rispetto di una convenzione siglata con gli
enti locali, che stabilisce obblighi e diritti e definisce le modalità di erogazione del servizio.
Negli anni successivi all’emanazione della legge n. 36/94, il legislatore è intervenuto più volte sulla materia dei servizio
idrico, integrando e modificando le disposizioni circa l’assetto istituzionale e organizzativo del settore.
Tra tali interventi assume naturalmente un particolare rilievo il Testo Unico Ambientale (decreto legislativo 152/2006),
illustrato nel precedente paragrafo, la cui Parte III, Sezione III, regolamenta il settore idrico abrogando la legge n.
36/1994 e incorporandone i contenuti.
Sul piano dell’assetto istituzionale, sono intervenute, poi:
 la legge 26 marzo 2010, n. 42 (Decreto Calderoli), che ha previsto la soppressione, entro il 1° gennaio 2011,
delle AATO esistenti, demandando alle Regioni il compito di ri-attribuire, con legge, le funzioni già esercitate
dalle AATO stesse, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Il termine per la
soppressione delle AATO è stato più volte prorogato, da ultimo con il decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216,
che lo fissa al 31 dicembre 2012;
 il decreto legge n. 70/11, che ha istituito l’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di
acqua, assegnando ad essa una serie di funzioni di regolazione e di controllo sui servizi idrici e trasferendo alla
stessa le funzioni già attribuite alla CoNViRI dal decreto legislativo n. 152/06 e dalle altre disposizioni vigenti
alla data di entrata in vigore del decreto medesimo.
Come noto, il 12 e 13 giugno 2011, si è svolto il referendum popolare il cui esito ha determinato l’abrogazione di alcune
importanti previsioni normative in materia di servizi idrici. I due quesiti sull’acqua prevedevano in particolare:
 l’abrogazione dell’art. 23bis del decreto legge 112/2008 in materia di affidamento dei servizi pubblici
locali, rendendo direttamente applicabili le prescrizioni derivanti dal Diritto comunitario;
 la parziale abrogazione dell’art. 154, comma 1, del decreto legislativo n.152/06, eliminando il
riferimento alla “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.
Gli esiti referendari sono stati formalmente recepiti attraverso il decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011
n. 116.
Da ultimo, è intervenuto il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22
dicembre 2011, n. 214, che ha soppresso la mai nata Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di
acqua prevista dal dl 70/2011, trasferendo all’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (AEEG) “le funzioni attinenti
alla regolazione e al controllo dei servizi idrici”, e precisando che tali funzioni “vengono esercitate con i medesimi
poteri attribuiti all’Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481” (legge istitutiva dell’AEEG).
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Il decreto 201/2011 prevede che le funzioni da trasferire all’AEEG siano individuate attraverso un DPCM proposto dal
Ministro dell’Ambiente che è stato emanato il 20 luglio 2012.
Il DPCM 20 luglio 2012 si compone essenzialmente di 2 parti.
La prima, a carattere non dispositivo, tesa ad inquadrare il problema del servizio idrico e in un più ampio approccio
integrato, in linea con il dettato comunitario, che consenta anche di fornire i primi elementi di governance del settore
(anche alla luce della soppressione degli AATO) nell'ottica di garantire una logica unitaria nell'utilizzo dell'acqua per
affrontare in sinergia rischio idrogeologico, fenomeni estremi legati ai mutamenti climatici e gestione sostenibile della
risorsa.
La seconda ovvero l'articolato, che costituisce quindi un tassello dello sviluppo organico sopra delineato, finalizzata ad
attuare il trasferimento all'AEEG delle funzioni di regolazione e controllo del servizio idrico integrato che andranno
esercitate con i poteri derivanti dalla legge istitutiva dell’Autorità, mantenendo in seno al MATTM di tutte le funzioni
relative alla fissazione e perseguimento degli obiettivi ambientali, alla qualità della risorsa e ai poteri di indirizzo e
coordinamento.
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G.Pineschi – Il Panorama legislativo in materia di acque
6. Indirizzi e nuovi sviluppi delle politiche comunitarie e nazionali in materia di acque
A fronte di tali criticità alcune soluzioni ed indirizzi strategici sono stati individuati dalla Commissione europea come
strumenti chiave per il miglioramento delle politiche europee in materia di acque nel contesto della Comunicazione
della Commissione al Parlamento del novembre 2012: “A Blueprint to Safeguard Europe’s Water Resources”(
http://ec.europa.eu/environment/water/blueprint/) che costituisce il più avanzato strumento di policy predisposto a
livello comunitario con la finalità di propone agli Stati membri una serie di strumenti per migliorare la gestione idrica a
livello nazionale, regionale o a livello di bacini idrografici. Va sottolineato a riguardo che l’orientamento della
Commissione è quello di vincolare l’erogazione dei fondi comunitari all’impegno degli Stati membri di traguardare gli
obiettivi del “Blue Print”.
A livello nazionale l’AEEG, esercitando le competenze di nuova attribuzione, in data 28 dicembre 2012, ha determinato
un nuovo metodo tariffario transitorio con decorrenza 1° gennaio 2012 a tutto dicembre 2013.
Successivamente l’AEEG con deliberazione 27 dicembre 2013 643/2013/R/IDR ha adottato il Metodo Tariffario Idrico
che ai fini della determinazione della tariffa tiene conto delle specifiche realtà a livello locale, prevedendo quattro
differenti schemi tariffari in modo da consentire a ciascun Ente d’Ambito di adottare lo schema più idoneo a conseguire
i livelli di qualità del servizio fissati a livello di ciascun ambito territoriale ottimale anche in funzione degli
investimenti da effettuare.
La struttura tariffaria per i servizi di acquedotto prevede una tariffa agevolata per i bassi consumi, una tariffa base e tre
fasce cui applicare le cosiddette ‘tariffe di eccedenza’, crescenti all’aumentare dei volumi consumati, configurando un
meccanismo ‘antisprechi’ nel rispetto del principio ‘chi inquina paga’: più si consumerà e più aumenterà la tariffa.
Da gennaio 2014, inoltre, sarà avviata un’indagine conoscitiva per le agevolazioni tariffarie, con particolare riferimento
ai consumatori in condizioni di disagio economico e sociale.
Nel nuovo metodo viene prefigurato un preliminare approccio all’internalizzazione dei costi ambientali e della risorsa
che, tuttavia, per l’annualità 2014 e 2015 sono posti pari a zero.
In merito a quest’ultimo aspetto, si evidenzia che il citato DPCM del 20.07.2012 all’art. 1, comma 1 lettera d) assegna
al Ministero dell’ambiente il compito di definire “i criteri per la definizione del costo ambientale e del costo della
risorsa per i vari settori d’impiego dell’acqua” a cui l’AEEG deve adeguarsi.
A luglio 2013, l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, ha effettuato una prima ricognizione degli
investimenti necessari nel settore, evidenziando un fabbisogno di 25 miliardi nei prossimi 5 anni.
Sempre a livello nazionale il Ministero dell’Ambiente ha attivato un gruppo di lavoro interistituzionale per la
definizione dei criteri di determinazione dei costi ambientali e della risorsa. Il Ministero ha inoltre avviato una serie di
iniziative confluite nel Disegno di Legge Collegato alla Legge di stabilità intitolato “Disposizioni in materia ambientale
per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”. approvato dal
Consiglio dei Ministri il 15 novembre 2013.
Il Collegato prevede alcune importanti misure specifiche per il settore delle risorse idriche e, più in particolare:
 L’istituzione di un fondo destinato a promuovere gli investimenti per la realizzazione degli interventi
programmati nel comparto idrico; tale provvedimento ha la finalità di rilanciare la politica di sviluppo delle
infrastrutture idriche, completare le reti di fognatura e depurazione, evitare sanzioni europee per
inadempimento dell’Italia, ridurre l’onere finanziario della realizzazione di investimenti nel settore idrico (a
vantaggio degli utenti finali) e avviare la realizzazione di infrastrutture finalizzate al recepimento dei principi e
delle strategie definiti a livello comunitario (Blue Print).
 La definizione di una tariffa sociale per garantire l’accesso alla risorsa e la sostenibilità economica e sociale
soprattutto per gli utenti a basso reddito; la disposizione mira a realizzare e rendere effettivo tale obiettivo,
impartendo indirizzi all’AEEG, che ha già definito misure analoghe nel campo di altri servizi a rete
prevedendo contestualmente, al fine di assicurare la sostenibilità dell’intervento e la copertura dei relativi costi
già prevista a normativa vigente, un’apposita componente tariffaria in capo alle utenze non agevolate del
servizio idrico integrato.
 L’assunzione di provvedimenti per il contenimento del fenomeno della morosità; il provvedimento ha lo scopo
di trasferire nel settore idrico gli approcci e le esperienze che l’AEEG ha già applicato nei settori energetici,
cercando, da un lato, di limitarne l’insorgenza e assicurarne l’efficace contrasto in modo che i costi non
ricadano sugli utenti non morosi e, dall’altro, di garantire un livello minimo di fornitura di acqua anche alle
utenze non in regola con i pagamenti.
 L’istituzione stabile e permanente delle Autorità di Bacino distrettuali in ciascun distretto idrografico,
apportando, contemporaneamente le modifiche necessarie a migliorare la configurazione geografica dei confini
distrettuali, razionalizzare la govenrnace e coordinare la pianificazione di distretto.
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G.Pineschi – Il Panorama legislativo in materia di acque
Elenco sintetico delle competenze in materia di gestione delle acque in Italia
Livello nazionale
Compiti principali: indirizzo, controllo e coordinamento nazionale e gestione dei rapporti con la Comunità
Europea.
 MATTM: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.








Recepimento direttive europee, partecipazione ai tavoli comunitari, trasmissione delle relazioni
sull’attuazione delle norme comunitarie.
Coordinamento con gli Stati terzi coinvolti in caso di distretto idrografico internazionale, al fine di
realizzare gli obiettivi di qualità in tutto il distretto.
Indirizzo, coordinamento e controllo delle amministrazioni territoriali in materia di risorse idriche.
Identificazione dei distretti idrografici e dell’Autorità competente.
Programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo
Predisposizione di criteri e metodologie tecniche (ad esempio per tipizzazione, intercalibrazione,
monitoraggio e classificazione dei corpi idrici). Definizione delle condizioni di riferimento dei corpi idrici.
Principali regolamentazioni degli scarichi e delle estrazioni d’acqua.
Informazione pubblica.

MIPAF: Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
 Elaborazione e coordinamento delle linee della politica agricola, forestale, agroalimentare e per la pesca a
livello nazionale, europeo ed internazionale.
 Coordinamento con il MATTM in tema di uso della risorsa e impatto delle attività agricole sulla qualità
dei corpi idrici.

MEF: Ministero dell'Economia e delle Finanze.
 funzioni e compiti spettanti allo Stato in materia di politica economica, finanziaria e di bilancio,
programmazione degli investimenti pubblici, coordinamento della spesa pubblica e verifica dei suoi
andamenti, politiche fiscali e sistema tributario, demanio e patrimonio statale, catasto e dogane,
programmazione, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e
settoriale e politiche di coesione;

MIT: Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.
 Disciplina nazionale, comunitaria ed internazionale della navigazione marittima;
 Programmazione di settore e assegnazione di risorse finanziarie per la realizzazione di infrastrutture
portuali
 Attraverso la Direzione Generale per le Dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche: approvazione tecnica
dei progetti delle grandi dighe (dighe e traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un
volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi); vigilanza sulla costruzione delle dighe di
competenza e sulle operazioni di controllo e gestione spettanti ai concessionari, nonché monitoraggio
concernente, tra l'altro, gli aspetti di sicurezza idraulica; attività tecnico-amministrativa concernente
l'emanazione della normativa tecnica in materia di dighe; approvazione dei progetti delle opere di
derivazione dai serbatoi e di adduzione all'utilizzazione, comprese le condotte forzate, nonché
vigilanza sulle operazioni di controllo che i concessionari sono tenuti ad espletare sulle opere medesime;
esame delle rivalutazioni delle condizioni di sicurezza sismica ed idraulica delle grandi dighe; definizione
dei requisiti tecnici, costruttivi e funzionali per l'omologazione della strumentazione per il controllo delle
dighe; programmazione e monitoraggio delle reti idriche ed elettriche di interesse strategico nazionale;
accordi di programma quadro, per la parte di competenza, ai sensi dell'articolo 158 del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152.

Dipartimento di Protezione civile:
 coordinamento delle attività di risposta alle calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed
estensione, devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari: per la gestione delle acque i
principali eventi emergenziali concernono siccità, alluvioni e inquinamento.
 indirizzo, in accordo con i Governi regionali e le Autonomie locali, dei progetti e delle attività per la
prevenzione, la previsione e il monitoraggio dei rischi e delle procedure di intervento comuni a tutto il
sistema.
14

CIPE : Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica. Organo collegiale del Governo.
 Allocazione delle risorse finanziarie a programmi e progetti di sviluppo.
 Predisposizione e adozione di: piani d'investimento e convenzioni dei principali concessionari privati,
compresi quelli idrici; manovre tariffarie, previo parere del NARS (nucleo di attuazione e regolazione dei
servizi di pubblica utilità), dei citati concessionari; operazioni di partenariato pubblico-privato esaminate
dall'UTFP (Unità tecnica finanza di progetto);
 Attuazione il Quadro Strategico Nazionale 2007-2013;

ISPRA: Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
 istituto tecnico-scientifico di cui si avvale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
nell'esercizio delle attribuzioni conferite dalla normativa vigente;
 nella gestione delle acque, compiti quali il coordinamento e l’indirizzo metodologico delle attività di
monitoraggio dei corpi idrici e della raccolta e divulgazione dei dati di qualità delle acque e di attuazione
dei piani di gestione; la definizione di linee guida tecniche.

AEEG: Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas(L. 481/01).
L’Autorità per l’energia elettrica e il gas esercita in forma indipendente le funzioni di regolazione e
controllo del servizio idrico integrato, ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono. In
particolare:
a)
definisce i livelli minimi e gli obiettivi di qualità del servizio idrico integrato,
b)
predispone una o più convenzioni tipo per la regolazione dei rapporti tra autorità competenti
all’affidamento del servizio e soggetti gestori;
c)
definisce le componenti di costo per la determinazione della tariffa del servizio idrico
integrato;
d)
predispone e rivede periodicamente il metodo tariffario per la determinazione della tariffa del
servizio idrico integrato;
e)
verifica la corretta redazione del piano d'ambito;
f)
approva le tariffe del servizio idrico integrato;
g)
adotta direttive per la trasparenza della contabilità e per la separazione contabile e
amministrativa dei gestori del servizio idrico integrato;
h)
esprime pareri in materia di servizio idrico integrato;
i)
può formulare proposte di revisione della disciplina vigente, segnalandone altresì i casi di
grave inosservanza e di non corretta applicazione;
l)
tutela i diritti degli utenti, anche valutando reclami istanze segnalazioni,;
m)
relaziona al Governo e al Parlamento con un’apposita in merito allo stato e alle condizioni
del servizio idrico integrato;

INEA: Istituto Nazionale di Economia Agraria.
 Ente pubblico di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e
Forestali. Esegue indagini e studi di economia agraria e forestale.
Livello Distretto Idrografico
Compiti principali: Pianificazione strategica di area vasta
 Autorità di bacino distrettuale:
 redazione del piano di bacino distrettuale mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le
norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e alla corretta
utilizzazione delle acque.
 indirizzo e coordinamento con riferimento, in particolare, alla predisposizione del Piano di gestione del
distretto idrografico in cooperazione con le Regioni.
 consultazione pubblica e divulgazione delle informazioni.
 parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi comunitari, nazionali,
regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla
gestione delle risorse idriche;
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G.Pineschi – Il Panorama legislativo in materia di acque
Livello regionale
Compiti principali: attuazione tecnico - amministrativo e pianificazione locale
 Amministrazioni regionali:











collaborazione con l’Autorità di Bacino Distrettuale nell'elaborazione dei Piani di bacino dei distretti
idrografici;
elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei Piani di tutela curando: attività conoscitive sulle
caratteristiche dell’area di competenza, dell’impatto delle attività umane e sullo stato delle acque, analisi
economica dell’utilizzo idrico e programmazione e attuazione degli interventi necessari all’adempimento
delle disposizioni nazionali e regionali;
monitoraggio dello stato di qualità delle acque e trasmissione dei dati conoscitivi a livello nazionale
attraverso le Agenzie Regionali per l’Ambiente (ARPA).
consultazione pubblica e divulgazione delle informazioni favorendo l'attiva partecipazione di tutte le parti
interessate alla gestione delle risorse idriche, in particolare, in sede di elaborazione, revisione e
aggiornamento dei piani di tutela;
organizzazione e funzionamento del servizio di polizia idraulica e di gestione e manutenzione delle opere
e degli impianti;
organizzazione e funzionamento della navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti
al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
attribuzioni per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non
superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di
acqua di competenza statale, le attribuzioni sono del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
Determinazione, applicazione e riscossione dei canoni di concessione delle acque.
Regolamentazione, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in
materia di: scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate; restituzione
delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione,
nonché' delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni, al fine di garantire il mantenimento o il
raggiungimento degli obiettivi di qualità.
Perimetrazione degli ATO (Ambito territoriale ottimale) in cui organizzare in modo unitario il Servizio
Idrico Integrato - SII.
Facoltà di delegare, in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, talune
funzioni amministrative agli enti locali presenti sul proprio territorio, mantenendo una funzione di
indirizzo e coordinamento: solitamente l’autorizzazione e il controllo degli scarichi in corpo idrico è
demandata alla Provincia.
Livello locale
Compiti principali: attuazione tecnico - amministrativo
In generale, la legge nazionale dispone che i comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità
montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di
diritto pubblico con sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di
difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito delle
competenze del sistema delle autonomie locali.
Di seguito le principali soggetti che operano in materia di gestione delle acque a livello locale.
 AATO: Autorità di Ambito territoriale ottimale. struttura dotata di personalità giuridica alla quale gli enti
locali partecipano obbligatoriamente.
 Pianificazione del SII attraverso il Piano d’Ambito che è comprensivo di ricognizione delle infrastrutture;
programma degli interventi; modello gestionale ed organizzativo; piano economico finanziario.
 Affidamento e controllo del Servizio Idrico Integrato (SII). Determinazione della tariffa del SII.
Regolamentazione e autorizzazione dello scarico di acque reflue industriali in reti fognarie.

Azienda di gestione del SII: nel rispetto del principio di unitarietà della gestione.

Gestione del SII e realizzazione delle relative infrastrutture secondo le previsioni e le modalità definite nel
Piano d’Ambito adottato dall’AATO.
16

Consorzi di bonifica e irrigazione: persone giuridiche pubbliche a struttura associativa e di autogoverno,
amministrati da organi democraticamente eletti dai consorziati. L’ambito territoriale di competenza è definito
con riferimento ai bacini idrografici, cui garantiscono un efficace presidio territoriale.
 Realizzazione e gestione di opere di difesa e regolazione idraulica, di opere di provvista e utilizzazione
delle acque a prevalente uso irriguo.
 Realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro
utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della filodepurazione, anche attraverso
appositi accordi di programma con le competenti autorità.

Genio Civile: ufficio tecnico della Regione che opera in ogni provincia.

Presidio del territorio per il mantenimento della sicurezza idraulica della rete idrografica principale
mediante: la sorveglianza ed il monitoraggio, rilasciando concessioni per l'uso delle aree demaniali
(demanio marittimo ed idrico); manutenzioni ed opere di sistemazione per l'integrazione o il ripristino
delle difese idrauliche (es.: argini, briglie) e costiere (es.: pennelli, moli foranei); la verifica della
compatibilita' idraulica delle varianti urbanistiche.

salvaguardia della risorsa idrica rilasciando concessioni di derivazione d'acqua per uso potabile,
industriale, irriguo, ecc., volte a garantire l'uso corretto delle acque e la loro razionale utilizzazione.
Note sulle abbreviazioni:
ATO: Ambito territoriale ottimale in cui organizzare in modo unitario il Servizio Idrico Integrato -SII.
SII: Servizio Idrico Integrato è costituito dagli insiemi dei servizi pubblici di captazione, adduzione e
distribuzione di acqua a usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue.
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Schema modello di gestione delle acque in Italia
Livello Nazionale: Tutela delle Acque, Difesa suolo, Gestione Risorse Idriche
AEEG
MATTM
MIT
ISPRA
MEF
MIPAF
CIPE
INEA
Dip.
Protezione
Civile
Livello Distretto Idrografico: pianificazione di area vasta
Autorità di bacino distrettuale
Livello Regionale: attuazione tecnico amministrava e pianificazione locale
Amministrazione
Regionale Settore
Ambiente
Amministrazione
Regionale Settore
Protezione Civile
Amministrazione
Regionale Settore
Agricoltura
Amministrazione
Regionale Settore Lavori
Pubblici
Livello Locale: attuazione tecnico amministrava e pianificazione locale
Autorità
d’Ambito
territoriale ottimale
Gestore del
Servizio Idrico
Integrato
Genio Civile
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Consorzi di
Bonifica e
Irrigazione
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MATERIALE DIDATTICO DOTT. PINESCHI: acque