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FIGURE I, 2 E
3 -
WURZBURG, MUSEO UNIVERSITARIO : TORSETTO DI HERAKLES DA ROMA
UNA STA TUETTA ROMANA DI ERCOLE
E UN PASSO DI PLINIO
V
ARIE considerazioni filologiche esposte
precedentemente altrove 'l ' hanno portato
a sostituire alla lezione ormai comunemente
accettata nel passo di Plinio (N. H. 34, 56)
relativo a Policleto (cioè: u ••• fecit ... Mercurium
qui fuit Lysimacheae, Herculem qui Romae,
hagetera arma su mente m, Artemona qui periphoretos appellatus est,,: così Detlefsen, Mayhoff, Blake-Sellers) quest'altra lezione: ufecit ...
Mercurium qui fuit Lysimacheae, Herculem qui
(est) Romae excetram armo sustinentem, Artemona etc.". L'aggiunta dell' Uest" è resa necessaria per interrompere l'influenza del ufuit"
antecedente e che dovrebbe sottintendersi anche
per l'Ercole: cosa che non contenterebbe nessuno; l'altra correzione è stata indotta dall'esistenza della lezione usustinentem" in un
gruppo di codici parigini e leidensi, 2l lezione
che non può concepirsi quale correzione del
U sumentem" unito ad U arma "
(ciò che starebbe benissimo), ma che n0n può esser altro
che la lezione originaria; nessuno cioè avrebbe
corretto e sostituito U arma sustinentem" ad
U arma sumentem" bensì, se mai, il contrario.
Ciò posto, è sorta la soluzione di leggere
U armo" laddove la tradizione così facilmente
dava uarma,,; U armo sustinente m " è lectio
difficilior e si presenta degna di ogni riguardo.
Finalmente una notizia poco nota di Servio
ha offerto la possibilità di restituire U excetram" e cioè l'idra di Lerna come oggetto di
" sustinentem ".
Forse non sarà male lumeggiare un poco
tutta questa catena di logici passaggi.
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Anzitutto la lezione tradizionale presenta
alcune difficoltà di carattere formale. In primo
luogo i membri che componevano il passo in
questione non avevano tra loro un'esatta responsione; di fronte a:
Mercurium qui fuit
Herculem qui (est)
Artemona qui
est
H.
starebbe:
cosa, un Ercole che porta qualcosa sulla spalla.
La clava? la leontè? l'arco?
Ma ecco che ci soccorre un dato, fin qui
non sufficientemente curato,5) di Cicerone, che
(De Oratore, II, 70) ha conosciuto una statua
erculea di Poli cleto, la quale portava l'idra e
la pelle di leone (oltre la clava, naturalmente,
che non è però nominata); e il dato di Cicerone
è rafforzato da una frase dell' Heracles furens di
Seneca, verso 46 sg.
hagetera arma sumentem,
armatus venit leone et hydra.
che discorda per la mancanza e del nome proprio e del relativo. Questa irregolarità del resto
era stata già avvertita da quelli che, prima del
Detlefsen, collegavano "hagetera n con Herculem. 3) In secondo luogo, nonostante tutta
la buona volontà dell' Urlichs (Woch. kl. phil.,
1894, 1299-1302) che presupponeva l'esistenza
di una epigrafe dorica relativa a questa statua,
l'uso della parola Hageter = Hagemon, è difficilmente sostenibile. Infine, si avrebbe, nella
Grecia del V secolo, una vera e propria statua
di genere o di categoria: di una categoria poi,
nella fattispecie, che, data la natura della polis,
non esisteva e non poteva esistere.
Il cumulo di queste difficoltà lasciava intravvedere la poca attendibilità della lezione ormai
da tutti, sia pure in mancanza di meglio, accettata, 4) e invogliava a riflettere sulle varie lezioni
offerte ' dagli altri codici. Bisognava ristabilire
1'euritmia del periodo collegando di nuovo,
senza peraltro ricadere nelle note difficoltà,
l'inciso hagetera-sumentem con Herculem. Così è
nata la soluzione "sustinentem" la quale ha poi
determinato le rimanenti ovvie correzioni. Infatti,
per quanto armus sia detto piuttosto delle bestie,
ci consta che gli antichi I l umeros cun brachiis
armos vocabant n (FEST., 2, 5); e che i Romani
potevano I l etiam scapulas hominum armos
dicere n (schoL STAT., Theb., VII, 634): e ciò
precisamente nell'Eneide, IV, I I e X, 767, dove
Servio annota I l ad forti tudinem n ad I l solam
corporis proceritatem n cioè, per dare il senso
della possanza, della grandezza, dell'altezza;
quando si parla di Ercole, quindi, armus sta
benissimo, come sta bene per Mezenzio. Avremo
dunque un Ercole armo sustinentem qualche
Veniva quindi ovvio il tentativo di cercare
la parola hydram nell' enigmatica parola hagetera del codice bambergense,6) cui del resto
fanno riscontro agetera di V ed R, hacetera
di T, hacetam di L, a terra dei parigini e leidensi
(SILLIG, loc. cit.). Ma il tentativo non sarebbe, è
d'uopo confessarlo, riuscito, se non avessimo
saputo che l'idra di Lerna era chiamata dai
Latini excetra; così Cicerone (Tusc., II, 9) parla,
a proposito di Ercole, della I l mactata excetra n;
così dice Servio (~en., VI, 287): I l belua Lernae ...
latine excetra dicitur n' Con questo nuovo dato
si intravvede una soluzione soddisfacente. Data
infatti la oscillazione dell'aspirata nella grafia medievale - onde sono concepibili parallelamente
hexcetra ed excetra - , e data la forma della
x = X greco nella scrittura capitale ed unciale 7)
si comprende l'origine di tutta una serie di
lezioni più o meno corrette, in quanto inintelligibili al copista: egetram, egeteram; agetram,
ageteram; hegetram, hegeteram; hagetram, hacetram; hageteram, haceteram, ecc., della quale serie
i vari codici ci danno qualche forma analoga.
Così è nata la nostra correzione del testo
pliniano; non solo, quindi, Gicerone, della cui
testimonianza di oratore si potrebbe aver lo scrupolo di dubitare, ma anche Plinio (e, in parte,
anche Seneca), conosce l'esistenza di una statua di
Ercole con idra e leontè su di una spalla - sull'altra spalla vi sarà stata la clava - ; e ci dicono
ambedue che quella statua era opera di Policleto.
Ed ora, dopo aver adoperato i mezzi della
filologia, passiamo ad esaminare l'eventualità
che anche l'archeologia voglia offrirci dei sussidi
e delle conferme.
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FIG. 4 - CITTÀ DEL VATICANO, BRACCIO NUOVO
ATLETA POLICLETEO (Fot. 1st. Germ. 183)
Il quesito è logico: è mai possibile che di una
statua così nota, non sia rimasta alcuna traccia
nei nostri musei? E la risposta, è, sia pure in
parte e sotto certe condizioni, affermativa.
Sensate osservazioni su11a microstatuaria rispetto a11a grande arte ha scritto il Lippold nel
suo classico libro su11e copie, diffondendosi
specialmente su11e statuette di Ercole e citando
anche (cap. III, nota 29) il torsetto romano
ora a Wurzburg.8) È su questa statuetta che
ci fermeremo un poco (figure I , 2, 3).
Una bibliografia già abbastanza vasta 9) e le
ottime fotografie fornitemi gentilmente da11a
FIG.
5 -
CITTÀ DEL VATICANO, BRACCIO NUOVO
ATLETA POLICLETEO (Fot. rovesciata)
Direzione del Museo Universitario di Wurzburg dispensano da descrizioni scolastiche. C'è
solo da tener presente che 1'Ercole teneva il
braccio destro un poco ritratto indietro, e che
quindi la frattura su11' omero destro denoterà
probabilmente il contatto della clava ora sparita lO) - clava che non si trova, come assicura
1'Urlichs, sotto la leontè -. D 'altra parte l'impressione pasitelica del torsetto (Reinach, Bulle,
L ippold) riposava evidentemente sulle fotografie
mal riuscite delle Einzelaufnahmen che richiamavano infatti la statua di Stephanos mentre
le odierne fotografie presentano - pur con
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tutte le attenuanti per la microstatuaria - un
tipo plastico di Kouros per niente contrastante
col V secolo; quindi anche gli elementi che il
Bulle non esitava a porre nel V secolo - pelle
di leone e idra Il) - armonizzano col resto.
Anche la testa era piegata in basso e verso destra.
È così riprodotto lo schema 12) di posa del
Kyniskos (Westmacott, Ildefonso, Petworth),
ma è richiamato in certo modo - coll'inversione (figure 4, 5) cioè degli elementi chiastici anche il I l canone" del maestro. 13) D'altra
parte il tipo del Kouros-Herakles che sostiene
la clava sulla spalla destra ed ha la mano sinistra occupata in altre armi (arco e leontè) è
molto documentato (per esempio Roscher, I,
2156, 2157, 2204) proprio nel V secolo. Pur non
intendendo quindi sopravalutare il nostro torsetto, è d'uopo riconoscere ch'esso non presenta
alcunchè di discordante dall'arte del V secolo,
e che un Herakles colla clava su di una spalla
e idra + pelle sull'altra non è affatto impensabile, dal momento che una simile disposizione di
attributi è già documentata in altri monumenti.
D'altra parte, ripeto, Cicerone e Plinio hanno
visto una statua di Policleto che rispondeva agli
stessi requisiti formali. Non resta che unire le
due serie di documenti, la letteraria e la archeologica, e adattarsi, con buona pace di tutti e
sulle orme divinatrici del Reinach, a rifare un
capitolo dell' attività di Policleto.
Ed ora, a mo' di conclusione, due parole
sull' Artemone periphoretos. Esso è concordemente ritenuto un ritratto. 14) Senonchè questa ipotesi si era naturalmente imposta come
conseguenza dello hageter ritenuto un generale nell'atto di armarsi: la personalizzazione
dello stratego portava seco l'individualizzazione
Rendiconti Lincei, 1935.
Vedi l'edizione pliniana del SILLIG, I, pago XXXII,
VI,87'
3) FURTWANGLER in RoscHER, I, 2157; ID., Master
pieces, pago 236, n. I; XEN., Anab., 6, 2, 15; PAUS, 9,
l)
2)
II, 2.
4)
n.
BENNDORF, Ueber eine St. d. Po/yk/et, 1885, pago
I,
I.
5) Le supposizioni del Reinach, che ora si dimostran
giuste, non hanno avuto a loro tempo un seguito; cfr.
Revue Arch., 1908, II, 112; Revue ét. anc., 1910, 7 e
44°
dell'Artemon in un ingegnere militare dell'epoca
di Pericle (PLUT., Per., 27; P. W., ad voc.). Ora,
tolto di mezzo lo stratego, restituito ad Ercole
ciò che gli spettava, anche la posizione di Artemon può esser riveduta. Al ragionamento un
poco troppo soggettivo e troppo moderno del
Brunn (Griech. Kiinstler, I, 215, 227: Policleto,
cioè, non avrebbe mai effigiato un efebo effeminato, bensì solo giovani atti alla palestra e alla
milizia, come vuole QUINT., V, 12, 21) bisogna
sostituire il seguente quesito più aderente all'epoca: nel V secolo, quando si diceva I l Artemone il periphoretos "si intendeva l'efebo cinedo
anacreonteo cogli orecchini e il parasole a manico
d'avorio, oppure lo zoppo I l che si faceva trasportare" in poltrona o lettiga? A questo
quesito si può fortunatamente rispondere con
sicurezza, coi testi alla mano. I Greci quando
dicevano I l Artemone il periphoretos" hanno di
regola inteso riferirsi al primo, al cinedo anacreonteo; il periphoretos attribuito all'ingegnere
era semplicemente un' estensione scherzosa del
significato originario della parola. L'attributo
di periphoretos era detto È7t~ XIXÀOU XlXt &p7tlX~o[Lévou
7tpÒc; 7tC1.V't"WV 7t1X~Mc; - spiega lo scoliaste ad Arie cioè I l a proposito
stofane, Ach., 850 15) di un amasio che passava per le mani di tutti,
accessibile a tutti,,; l'altro, invece, nel senso
traslato e giocoso di IItrasportato in poltrona".
È verosimile quindi che anche Poli cleto e
il pubblico dei critici di arte si sian riferiti
alla regola, non all'eccezione; l'Artemon sarà
con ogni probabilità il più I l molliter iuvenis"
degli efebi policletei: qualche cosa al di là del
Diadumenos. E niente da stupire che a distinguerlo fossero stati appunto chiamati gli ornamenti anacreontei: gli orecchini e il parasole
SILVIO FERRI
eburneo. 16)
seguenti. Da notare che Cicerone parla dell'Ercole di
Policleto coll'idra in maniera succinta, come se tutti a
Roma conoscessero la statua e non vi fosse bisogno di
ulteriori spiegazioni. Vedi ANTI, Studi polic/etei (Mon.
Lincei, XXIV) pago 539 sg., 645.
6) Vedi in SILLIG, I, pago XLIII i vari errori di lezione
offerti dal codice.
7) Per un eventuale controllo bastano anche le tavole
del Blass nel I volume dello Handbuch del MULLER.
8) LIPPOLD, Kopien, 148 seguenti; pago 47 a proposito dell'Ercole Barracco; pagine 244 e 262.
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9) L a statuetta è di marmo pario, atta 0,35. Oltre
i citati articoli del Reinach vedansi: URLICHS, Herakles
und die Hydra in Verhandlungen, 1890; In. in Bonner
jahrbiieher, 95, pago 97; BULLE, nel testo delle E. A ., 883
e seguente; DRAGENDORFF, R. M ., 1895, 210 e seguenti.
lO) L'Urlichs aveva notato la rientranza del braccio
destro, ma non aveva messo questa particolarità in relazione alla peculiarissima frattura allungata e rialzata
sull'omero corrispondente.
II) Il DRAGENDORFF, loe. cit., risale, per un tipo
siffatto di idra, fino almeno al III secolo; ma il Bulle,
con maggior ragione, accede fino al V secolo, sull'analogia
generale della rappresentazione di Medusa nel V secolo
(Masterpieees, 156) e, forse, di alcune teste severe di
amazzone quali compaiono nella pittura vascolare.
Vedi anche URLICHS, pago 18; SITTIG, in P. W. ad
" Hydra n •
L 'Ercole Verospi nel Museo Capitolino (Catai. Br. S eh.,
pago134, n. 61), nonostante i forti restauri, si rivela appartenente ad al tri principi artistici. Neppur rientra nel nostro
ciclo la ricca produzione di sarcofagi (ROBERT, III, I) .
12) FURTwANGLER, Meisterwerke, 453 e seguenti;
Masterpieees, 249 e seguenti.
13) Se non del Doriforo, almeno nell'Atleta vaticano
Braccio Nuovo 101 che Amelung (Kat. Vat., I, II6)
attribuiva a Poli cleto anteriormente all'influsso attico;
qui riprodotto nelle figure 4, 5.
Veggansi anche KALKMANN, 53 Berl. W . Pro 60 dove
si nota la pondera zio ne policletea dell'Ercole Lansdowne;
in Copenaghen, Billedtavler, 18, 253; Madrid, Rép.
stat., II,207; Barberini, EA, 2885; e ancora, Rép., III,
66; IV, 127; EA, 2266.
Del resto, pur nello schema del Kyniskos, il kouros
di Wiirzburg è, per le proporzioni generali e per la disposizione della testa, più vicino al dori foro.
14) ANTI, Monumenti Lineei, XXVI, 648. Tutti i dati
relativi ai due Artemones, in P . W . ad voe.; l'Artemon
di Anacreonte al n. 15. I due frammenti anacreontei
BERGK, 21 (19), sono riportati da ATENEO, 12, 533; nel
primo si dice che" alla bionda Euripile sta a cuore il
periphoretos A. 'I. Nel secondo frammento si narra che
Artemon era un povero lurido e stracciato giovanetto,
divenuto poi, quando le sue grazie cominciarono ad essere
apprezzate, ricco da
viaggiare in carrozza, portare
orecchini di oro, e un parasole d'avorio come le donne n.
15) Analogamente l'App. prov., IV, 32 È7tt 'rwv 7t<Xvu
7to6oufLÉvWV
a proposi to di quelli che sono mol to desiderati ed amati 'I" Sull'argomento esiste un lucido e
definitivo vecchio articolo del WELCKER in Rh. Museum,
III, 1835, 155 e seguenti. La prima spiegazione è sempre attribuita al primo Artemone.
16) Non si può non ricordare l'efebico Eros del fregio
del Partenone, a noi giunto in calco, Br. Br., 195; SCHRADER, Phidias, 299, 304; MICHAELIS, Nuove Memorie,
1865 pago 186, tav. 8; e non si può non pensare, per il
modo così policleteo n di portare l'ombrello, al Frige
di un vaso apulo in Ausonia, 1912, tav. 3; in generale
l'art. "umbella n in DAREMBERG- SAGLIO.
I(
I(
I(
CONTRIBUTO A FRANCESCO GUARDI
Q
UESTE due vedute veneziane di Francesco
Guardi, esistenti nella collezione De Lutti
a Riva di Trento, sono certamente tra le ultime
opere del maestro (figure I e 2). L'eccellente stato
di conservazione permette infatti di giudicarle
agevolmente.
Nell'incerta cronologia dell'opera del maestro
veneziano un punto fisso è dato da un dipinto
della galleria di Vienna raffigurante la piazza
San Marco con le effimere costruzioni destinate
ad accogliere la Fiera della Sensa, progettate
nel 1776 dall'architetto M~ccaruzzi. I ) Il quadro
è quindi posteriore a quell'anno (fig. 3). E dello
stesso tempo è naturalmente anche il dipinto
della stessa galleria che fa il paio con quello: L'ingresso dell' Arsenale. Misurano infatti entrambi
cm. 29 per 45. 2 ) A questa datazione non si è
data finora sufficiente importanza quando si
pensi che quadri eseguiti su ordinazione come,
ad esempio, quelli dipinti per la venuta di
Pio VI e per le feste in onore dei Conti del
Nord e che quindi si possono datare circa all' 82,
forniscono meno elementi per il giudizio critico
di quelle vedute pure che sono la gloria di Francesco Guardi, che non appunto le due operette
del Museo di Vienna.
Un altro punto fisso nella cronologia delle
vedute di Francesco Guardi è dato, si sa, dalle
tele con le Feste veneziane, disperse nei musei
francesi, ed eseguite poco dopo il 1763; tele
vicine al Canaletto, oltrechè per la nota origine, per le dimensioni (cm. 67 per 100 circa).
Laddove è evidente che i due quadri di Vienna
e molti altri affini per condotta pittorica sono
generalmente ben più piccoli per dimensioni.
Insistiamo sulla diversità tra questi gruppi
di opere che separa un intervallo di venti anni,
con l'intenzione di approfondire vieppiù l'esame
44 I
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Silvio Ferri - Bollettino d`Arte