Frugando tra le carte
Tra le carte lasciate da Emilio Rossi, uno dei miei maestri di giornalismo televisivo, collocate
insieme agli appunti dei mesi precedenti all'avvio del TG1 nel marzo 1976, ho trovato delle
paginette fotocopiate, chiuse con l'elastico in una busta di plastica. Contenevano questa che
si autodefinisce Guida pratica per quelli che parlano alla radio e per quelli che l'ascoltano,
compilata “per conto della Radio Italiana” dall’allora direttore del Giornale Radio, Antonio
Piccone Stella, nel 1948. Il testo offre una vera e propria guida alla scrittura giornalistica nel
servizio pubblico, pensata per la radio ma in gran parte applicabile oggi anche alla televisione.
E' una proposta straordinariamente moderna, non certo per aderenza descrittiva alla
situazione odierna ma al contrario perché porta in primo piano le opportunità e gli obbiettivi
possibili. Sul frontespizio della copia lasciata da Rossi c'è la firma autografa di Arturo Chiodi,
un giornalista di cui è noto il curriculum prestigioso anche come formatore di giovani
professionalità, il quale certamente si è servito del libretto per l'attività didattica e
probabilmente ne ha fornito copia a Rossi; Chiodi fu evidentemente il primo proprietario di
questa copia del manuale.
La prima parte, che non ho qui trascritto, contiene una dettagliata descrizione del palinsesto
del Giornale radio dell'epoca, che risulta particolarmente ricco di notiziari ma anche di
rubriche. La seconda parte è quella che prepotentemente chiama in causa le pratiche dei
nostri giorni. Dalla versione che propongo qui ho eliminato, per amore di sintesi, anche la
terza parte, dedicata alle “conversazioni” radiofoniche, cioè agli interventi degli uomini di
cultura, di arte, di scienza che fecero grande la Radio italiana del secondo dopoguerra: parte
preziosa del testo, che contiene raccomandazioni che vorrei circolassero nei salotti dei talk
show, ma che non riguardano il servizio di informazione.
Se le indicazioni contenute in questo testo venissero applicate oggi, avremmo di certo una
televisione, una radio ma anche dei giornali nel servizio pubblico di informazione più utili al
Paese. Antonio Piccone Stella non conosce solo la letteratura italiana, la lingua e la scrittura
giornalistica. Sa anche l'inglese, conosce bene la BBC, possiede una tecnica di compilazione da
ingegnere evoluto – corretto il paragone proposto da Enrico Menduni 1con le prescrizioni di
Carlo Emilio Gadda per il Terzo programma radiofonico – e soprattutto è un vero
democratico. Ma è anche un uomo delle istituzioni e sa prevedere i rischi di autoreferenzialità
interni alla professione.
Mi pare significativo che Emilio Rossi abbia riletto questo testo proprio nei giorni in cui si
preparava a prendere la direzione del TG1, e poi lo abbia conservato tra le sue carte come
bene prezioso. Non ricordo, peraltro, che lo abbia poi fatto circolare in redazione; ma questa
scelta è in sintonia con un carattere personale più portato a darsi regole che a imporle. Resta
comunque il fatto di una personale sintonia di Rossi con le parole scritte da un uomo, Piccone
Stella, probabilmente molto diverso da lui.
Piccone Stella si dimise dalla direzione dei servizi giornalistici della RAI (era stato lui a far
partire il Telegiornale) e lasciò definitivamente l’azienda per dissensi profondi con Ettore
1
Enrico Menduni, nella Introduzione alla ristampa di: Antonio Piccone Stella, Il giornale radio. Guida pratica per quelli che
parlano alla radio e per quelli che l'ascoltano, 1948, e di Carlo Emilio Gadda, Norme per la redazione di un testo radiofonico,
1953, IULM, Laboratorio di giornalismo on Radio, Milano, Arcipelago Edizioni, 2003, pp. 5-8.
1
Bernabei, dopo che questi nel 1961 assunse la direzione generale. Narra Eugenio Marcucci 2
che Fanfani gli abbia chiesto di restare, ma che la risposta secca di Piccone Stella sia stata “o
lui o io”.
Non possiamo conoscere le cause vere del dissenso. Certo i due uomini avevano motivazioni
diverse: laicamente appassionato alle regole e ai doveri, Piccone Stella; devotamente alla
ricerca di motivazioni superiori nel vivere civile, Bernabei. Non credo che il dissenso sia stato
solo ispirato da diverse scelte di politica e di potere.
Forse fu un dissenso sciagurato, e voglio credere che a renderlo insanabile siano state le
tensioni fortissime di quegli anni. Oggi mi sembra che un nobile compromesso, una
collaborazione rispettosa tra l’etica laica del civil servant e chi crede nella Città di Dio siano
possibili e necessari.
A più di 60 anni di distanza questo testo non è un reperto archeologico, non è un insieme di
raccomandazioni per un modo passato di fare giornalismo. Il suo nucleo centrale costituisce
un ragionamento organico su come si fa informazione al servizio del pubblico: cioè nel solo
modo che un professionista dovrebbe conoscere e praticare, con qualsiasi mezzo operi,
scritto o parlato, con o senza immagini, lineare o in rete, a proprietà pubblica o privata. Per
questo l'UCSI, che ebbe Emilio Rossi come presidente, ripropone questo testo convinta che
tutto il giornalismo italiano, in questi anni di crisi, debba essere fortemente sollecitato a porsi
il problema di come meglio servire il pubblico.
Andrea Melodia
2
Eugenio Marcucci, Giornalisti grandi firme, l’età del mito, Rubbettino, 2005.
2
Il Giornale radio
Questo non è un opuscolo di propaganda. E' in certo senso il contrario: un mettere onestamente le
carte in tavola scoprendo le regole del giuoco e i segreti del mestiere.
Per la prima volta vengono resi noti in Italia i criteri professionali e i procedimenti tecnici del
giornalismo radiofonico. Sono desunti dall e stesse note di servizio dirette ai redattori,
informatori, corrispondenti e collaboratori, via via che se ne presentava la necessità. Alle norme per
i redattori ed ai consigli per i conversatori si è voluto lasciare il carattere funzionale, quasi
artigianesco, che ebbero in origine per rispondere a determinati scopi pratici. Di qui il tono talvolta
un po' perentorio e talvolta un po' scanzonato.
Naturalmente questo libretto è lontano dall'accogliere tutti gli aspetti del giornalismo radiofonico.
Alcuni sono appena visti di lato: ad esempio le radiocronache. La loro specifica trattazione,
portando su un terreno troppo tecnico, non sarebbe riuscita utile senza esercizi dal vivo. Di altri si
pone il problema senza dare la soluzione: in attesa che venga fuori eventualmente dai dibattiti
che le pagine seguenti, come ci auguriamo, susciteranno.
3
PARTE SECONDA
Come si fa il Giornale radio
(norme per i redattori, gli informatori e i corrispondenti)
Cos'è la notizia
1 - II Giornale radio trasmette soltanto notizie di fatti realmente accaduti, imparzialmente scelti tra
quelli di importanza nazionale o internazionale, obiettivamente riferiti nei loro esatti particolari,
disposti nell'ordine che meglio corrisponde all'interesse del pubblico.
2 - Ogni notizia deve riferire un fatto appena accaduto, reso noto per la prima volta. Essendo il più
veloce mezzo di comunicazione, la radio non può arrivare in ritardo sugli altri, senza contraddire la sua
natura. Tutti i suoi servizi nascono sotto il segno della celerità. Ma non può neppure avere tanta fretta
da anticipare gli avvenimenti con resoconti di maniera o in base a semplici supposizioni e indiscrezioni
o a informazioni incomplete e non controllate. I fatti, appena accaduti, diventano sacri: acquistano
cioè una verità da accertare e rispettare.
3 - L'annuncio di una cosa nuova corrisponde, in termini letterari, alla «novella», nel significato
originario della parola, che si divulga di bocca in bocca per l'interesse che desta la sua novità ed
eccezionalità. La notizia costituisce, sotto questo riguardo, sempre l'eccezione rispetto alla regola.
L'eccezione è il fatto straordinario, che diventa memorabile; la regola è il fatto ordinario che non
importa affidare alla memoria. Ma nessun fatto, per quanto eccezionale e rivoluzionario, potrà mai
sottrarsi alla regola della verità. Intendendo per verità quella che ogni fatto esprime come
testimonianza fedele di se stesso, indipendentemente dai giudizi che se ne possono dare.
4 - La notizia del Giornale radio è una testimonianza, non una sentenza; un documento, non un
giudizio. E' il fatto così come è accaduto. Bisogna perciò astrarla da ogni interpretazione personale o di
parte. A meno che l'interpretazione, esplicitamente dichiarata, non costituisca a sua volta un fatto:
atteggiamenti ufficiali, discorsi pubblici, consensi e dissensi dei principali giornali, pareri autorevoli,
ecc. di fronte all'accaduto. In tal caso verranno registrati i commenti di tendenze diverse. Mai la Radio
farà, su un fatto controverso, un commento a nome suo: eccetto quando la stessa Radio sia chiamata
direttamente in causa per una questione che concerna la propria attività.
5 - Per la sua natura di vicenda in atto, la notizia assume uno stile narrativo. Raccontare un fatto vero
con chiarezza, evidenza, precisione, incisività, è l'arte del giornalista, in particolare del giornalista
radiofonico. Compilare bollettini e stendere comunicati è il mestiere dei burocrati. La notizia è tanto
lontana dalla «pratica d'ufficio» e dall'«oggetto di ordinaria amministrazione» quanto è vicina
all'aneddoto per il brio, all'epigramma per la concisione, al dialogo per la spigliatezza e all'aforisma per
la misura.
6 - Per la sua natura di fatto obiettivato, cioè esposto secondo l'oggettiva realtà, la notizia assume un
valore storico: vale a dire di cosa accertata, autenticata, controllata sulle migliori fonti. Non per
semplice coincidenza linguistica le notizie alla B.B.C., si chiamano «storie». La triplice caratteristica
delle notizie radiofoniche è dunque la rapidità informativa, la vivacità narrativa e la veridicità storica.
9 - Le notizie sono messe in bocca alla Radio Italiana. Essa ne assume la paternità davanti a milioni di
ascoltatori e la responsabilità davanti alla Commissione parlamentare di controllo sulle radiodiffusioni.
I corrispondenti, gli informatori, i redattori, gli annunciatori, parlano non a nome proprio o per conto
di una qualsiasi azienda privata, ma sotto l'insegna dell'unico organo nazionale che eserciti tale
importante servizio pubblico. Dalle funzioni di «servizio pubblico» deriva il tono distaccato e
spassionato delle notizie : la loro «impersonalità» è quella di qualcosa che cada dal ciclo. Il non portare
le firme dei singoli responsabili su cui scaricare il peso dell'attendibilità, impegna ogni volta, parola per
parola, il prestigio della «testata». Sotto questo rispetto l'esempio giornalistico più affine è il Times
che da un secolo e mezzo pubblica tutti i suoi servizi senza firmarli: intendendo così stabilire su
ognuno di essi la responsabilità collettiva.
4
8 - Le notizie della radio entrano in casa altrui, e in tutte le case, senza alcuna scelta da parte
dell'ascoltatore; al contrario di quanto avviene per le notizie dei giornali stampati che presuppongono
una scelta prima dell'acquisto. Bisogna quindi presentarle in modo che siano ovunque bene accolte o
almeno tollerate: da quelli che, la pensano bianco e da quelli che la pensano nero, tra i dotti e gli
ignoranti, nei caffè, nelle officine e nei conventi, senza offendere la moralità, le credenze e il costume
dei diversi ascoltatori.
5
Come si "dice" la notizia
1 - Le notizie del Giornale radio sono dette. Bisogna non «stamparle» ma «parlarle». L'impostazione,
l'ordine delle singole parti, il ritmo e la durata del periodo, la scelta delle parole, si ispirano a questa
fondamentale esigenza.
2 - II miglior modo di redigere una notizia per la radio è supporre di raccontarla al primo che si incontri
per strada. La riprova per sapere se è scritta bene è cercare di ripeterla a memoria subito dopo averla
scritta: quando la notizia presenta difficoltà a ricordarsi, è segno che l'ascoltatore stenterà a capirla.
3 - Ogni notizia è un dialogo con l'ascoltatore: un dialogo che sottintende le domande ma dà le
risposte. Si tratta cioè di presupporre quello che un ascoltatore, di comune curiosità e di media
cultura, vuol sapere su un certo avvenimento. Domanda : «Che è successo oggi a Montecitorio?».
Risposta: «De Gasperi ha respinto un violento attacco di Togliatti». Domanda: «Perché Togliatti ha
attaccato De Gasperi?». Risposta: «Per il Piano Marshall». Domanda: «Qual è l'accusa di Togliatti?».
Risposta: «Che il Piano Marshall asservisce l'Italia all'America». Domanda: «E la difesa di De Gasperi?».
Risposta: «Che il Piano Marshall aiuta l'Italia a ricostruire la sua economia senza limitare la sua
indipendenza», ecc. ecc.. La notizia radiofonica risulterà, dal coordinamento delle risposte, press'a
poco la seguente: «A Montecitorio il Presidente del Consiglio ha risposto a un attacco dell'on. Togliatti.
Il capo dei comunisti lo ha accusato di voler asservire l'Italia all'America accettando il Piano Marshall.
L'on. De Gasperi ha ribattuto che il Piano Marshall aiuta l'Italia a ricostruire la sua economia senza
compromettere la sua indipendenza», ecc. ecc..
4 - La notizia a «domande sottintese» segue uno svolgimento piuttosto psicologico che logico. I
particolari del fatto sono disposti non in ordine di tempo ma di importanza. In testa vanno i più
importanti. Ogni notizia comincia dalla fine. Infatti l'ascoltatore vuole sapere prima di tutto come è
finita. Egli non domanda: «A che ora e cominciato l'incontro di calcio Italia-Inghilterra? Quando sono
partiti i ciclisti per la tappa del Giro d'Italia?». La sua prima domanda è sempre: «Chi ha vinto?».
Bisogna perciò cominciare la notizia rispondendo: «L'Italia ha perduto l'incontro di calcio con
l'Inghilterra»; «Bartali ha vinto la prima tappa del Giro d'Italia». Se si cominciasse dall'inizio, in ordine
di tempo, la notizia suonerebbe così: «Alle ore 16, presenti 50 mila spettatori, nello Stadio di Torino, si
è svolto l'incontro di calcio Italia-Inghilterra», ecc. Un periodo simile è radiofonicamente un vitello
nato con la testa al posto della coda.
5 - Ogni notizia deve rispondere, nelle prime righe, a quattro domande: «Chi? Dove? Come?
Quando?». Esempio: «A Montecitorio De Gasperi ha difeso stamane l'accettazione del Piano Marshall»;
«Bartali ha vinto la prima tappa del Giro di Francia con 2' di distacco»; «L'Inghilterra ha battuto l'Italia,
nell'incontro di calcio allo stadio di Torino, per 4 a 0». Il chi precede il dove se la persona interessa più
del luogo. Esempio: «II Ministro Sforza ha avuto un colloquio con l'Ambasciatore d'Inghilterra a
Palazzo Chigi». Essendo Palazzo Chigi il luogo abituale di tali incontri, non conviene accentuare la sua
importanza col dargli il primo posto. Invece il dove precede il chi se l'avvenimento acquista un
particolare significato dal luogo o dall'ambiente ove si svolge. Esempio: «A Montecitorio... al Senato...
ha parlato il Tal dei Tali...». Ma anche in questo secondo caso il chi può riavere la precedenza se
esprime un avvenimento d'eccezione: « L a discussione sul bilancio... il dibattito sul Piano Marshall... si
è concluso oggi alla Camera...». Il quando può avere di solito una risposta sottintesa. E' inutile
ripetere, per ogni fatto, che è avvenuto oggi. Le notizie della Radio si riferiscono, quando manchi altra
indicazione, alla giornata in corso. Fare un parco uso anche di stamane e di questo pomeriggio. Dire:
ieri solo nei notiziari delle 7 e delle 8. In seguito, dire ieri, significa confessare che si da una notizia in
ritardo. L'ora dell'avvenimento si indica o quando abbia uno speciale significato o quando sia
vicinissima all'ora di trasmissione per sottolineare la immediatezza dell'informazione.
6 - Tutto il resto della notizia risponde in sostanza a una quinta domanda: «Perché?». Se una notizia non
presuppone domande e non contiene risposte, vuoi dire che manca di interesse. Quindi è inutile
trasmetterla.
7 - Le antiche novelle si aprivano col riassunto della trama: «Andreuccio da Perugia, venuto a Napoli a
comprare cavalli, in una notte da tre gravi incidenti sovrappreso, da tutti scampato, con un rubino si
tornò a casa». Allo stesso modo; e per le stesse ragioni, i giornali mettono in testa i titoli a sommario.
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La notizia radiofonica comincia anch'essa col riassunto della trama e una specie di titolo inserito nel
testo. Questo inizio serve a colpire immediatamente l'attenzione dell'ascoltatore, a «centrare» la sua
curiosità, e a dargli l'orientamento giusto per seguire il corso della notizia. Serve anche a permettergli
un attimo di distrazione, se la notizia non lo interessa, in attesa della successiva. All'incirca come
accade ai lettori dei giornali stampati che, visto il titolo, decidono se leggere o no tutta la notizia.
8 - Nel gergo radiofonico questo inizio caratteristico della notizia si chiama lead, che significa «guida».
Non è un semplice giuoco di parole dire che il lead è per il redattore del G. R. altrettanto importante
del lied per un poeta tedesco. Nel lead culminano la sua sensibilità politica, il suo intuito giornalistico e
la sua bravura letteraria. Purtroppo non ci sono regole fisse per apprendete l'arte del lead. Si può solo
raccomandare di disporre le parole in modo che sulle prime quattro o cinque cada con maggior peso
l'accento del fatto e si proietti tutto il suo interesse. Quelle quattro o cinque parole saranno la chiave
psicologica della notizia. Guardarsi bene perciò dal cominciare con frasi piene di vuoto come: «Secondo
informazioni dell'agenzia tal dei tali». Tranne che non si voglia deliberatamente svalutare la notizia
riducendola a una diceria. Meno che mai cominciare con un lungo giro di frase per richiamare i
precedenti, stabilire le premesse e inquadrare il fatto particolare in una situazione generale. Tutto ciò,
se mai, verrà dopo. Né aprire il racconto con quei notarili ablativi assoluti che, invece di un passo avanti,
fanno un passo indietro.
9 - Quando si dà notizia di un fatto in corso, che non si sa come andrà a finire, bisogna indicare subito
a che punto si trova. Ad esempio: «Nuvolari è in testa al gruppo dei corridori, nel Circuito di Monza, con
10' di vantaggio, a 100 chilometri dal traguardo». Insomma l'inizio della notizia coincide col tempo più vicino
al tempo dell'ascolto.
10 - Nei casi urgenti e clamorosi la notizia può ridursi al lead, a una testa senza corpo, rinviando il
resto alla trasmissione successiva. Si applica cioè il metodo delle agenzie di stampa americane che lanciano
immediatamente e isolatamente il fatto compiuto: «E' stato ucciso Gandhi», fornendo in seguito i
particolari, per non perdere tempo. (Il Verga dice: «Hanno ammazzato compare Turiddu» e non:
«Compare Turiddu è stato ammazzato». E' un bell'esempio di lead radiofonico. L'accento psicologico
batte sull'orrore del delitto e spinge in testa alla frase la parola che deve esprimerlo. Se invece fosse
stata una morte naturale, Verga avrebbe scritto e la radio detto: «Compare Turiddu si è spento»).
11 - L'uso di un vero e proprio titolo, al posto del lead, ha dato cattiva prova. E' contrario alla natura
dello stile parlato. Raccontando a un amico i fatti del giorno, non ci viene in mente di rompere, con
l'artificio dei titoli, il ritmo del discorso.
12 - La classica regola del lead ha due eccezioni. Talvolta la notizia è così importante, e soprattutto così
attesa, che non conviene scaricarla tutta al primo colpo, col rischio magari di prendere l'ascoltatore alla
sprovvista, specie se viene trasmessa in apertura. Allora il lead è preceduto da una sorta di preavviso
che serve a preparare l'attenzione dell'ascoltatore prima di soddisfarla. E' come dirgli: «Ora ti farò
sapere quello che aspetti; stai bene a sentire». Questo super lead diventa di rigore se una notizia è
tanto importante da essere trasmessa fuori programma, in edizione straordinaria. Il suo uso è
particolarmente utile nei servizi sportivi. La seconda eccezione si verifica quando l'esigenza
dell'imparzialità sconsigli di sensibilizzare la notizia col lead. Ad esempio nel dare i risultati delle elezioni
politiche italiane. Invece per quelli di paesi stranieri si può cominciare col dire: «II partito X ha vinto... Il
partito Y è in testa... Il partito Z ha ottenuto un grande successo...».
13 - Bisogna tener conto che il lettore dei giornali stampati può saltare le notizie che non lo
attraggono, mentre l'ascoltatore della radio è costretto ad ascoltarle tutte di fila per non perdere
quelle che lo interessano. Di conseguenza la radio gli userà la cortesia di trasmettere soltanto notizie
che presuppone di interesse generale.
14 - Tenere anche conto che l'ascoltatore, al contrario del lettore, non può tornare indietro per
«rileggere» quello che lì per lì non ha capito. La notizia radiofonica deve essere sempre comprensibile lì
per lì. Altrimenti, fosse anche la più importante del mondo, sarà come non detta.
15 - Siccome l'ascoltatore non può tornare indietro per rileggere la notizia, occorre ripetere spesso il
soggetto del discorso allo scopo di evitare che, perduto il filo conduttore, la notizia rimanga priva di
significato. Nelle notizie più lunghe dell'ordinario è bene effettuare come delle «riprese» intermedie
per ricordare l'argomento principale.
7
16 - Lo stile parlato esige periodi brevi, costrutti semplici, legami agili, trapassi rapidi. Il corto e
incisivo periodare non deve però tradursi in sincopata monotonia, meccanica uniformità, pedantesco
infantilismo. Altrimenti all'ascoltatore viene noia e all'annunciatore l'asma.
17 - La perfezione dello stile radiofonico consiste nel far dimenticare che si adoperano periodi brevi o
lunghi, costruiti in un modo o nell'altro, secondo questa o quella regola. La notizia «parlata» deve
avere, dall'inizio alla fine, un unico ritmo, fluido e organico, che si moduli con la naturalezza del
respiro. Allora l'annunciatore darà l'impressione di improvvisare lui le notizie al microfono, ma di
improvvisarle nel modo perfetto, definitivo e immutabile con cui un personaggio dice le sue battute a
teatro.
18 - Il segreto dello stile radiofonico fu scoperto molto tempo prima della radio. Infatti si basa sulle
classiche regole di ottenere i massimi effetti con i minimi mezzi, di volgere l'astratto in concreto, di
individualizzare anziché generalizzare, di adoperare il minor numero di parole per esprimere il maggior
numero di cose, di essere chiari, semplici, sobri, incisivi.
19 - Tale stile radiofonico, che per il piglio discorsivo risulta all'ascolto come improvvisato, non è una
improvvisazione ma una difficile conquista. Il suo corrispettivo letterario può trovarsi nello «scrivere
come il codice civile» di Stendhal, nello «scrivere spersonalizzato» di Flaubert e nello «scrivere
sliricizzato» di Manzoni, nelle prediche «chiarozze chiarozze » di S. Bernardino da Siena, nelle idee
«chiare e distinte» di Cartesio, nella limpidezza geometrica di Voltaire, ecc. ecc. Ma la regola che alla
radio serve meglio è quella di Bergson: «L'arte di scrivere è dimenticare che si adoperano le parole».
Ogni parola deve corrispondere a una cosa.
20 - II tempo del G. R. è il passato prossimo perché indica un'azione avvenuta in un giro di tempo non
ancora chiuso. E' come se l'azione continuasse e culminasse nella parola detta per radio. Il passato
remoto, considerando l'azione del tutto esaurita, porta alla radio un'eco di cose defunte. Il tempo
presente si adopera nelle radiocronache che ritraggono l'azione in atto: in tal caso tutti gli altri tempi
sarebbero anacronistici. Ma nelle notizie l'uso del presente, anche come presente storico, crea
incertezze ed equivoci. Si adopera il presente se l'azione seguita a svolgersi mentre si trasmette. Ad
esempio: «La seduta del Senato continua».
21 - Purtroppo il passato prossimo, tempo regolamentare del G. R., è composto di due parole (perciò è
lento), comporta l'uso dell'ausiliare (perciò genera molte ripetizioni) e l'uso del participio (perciò
provoca continue rime). Per questi ed altri motivi, gli scrittori preferiscono narrare al presente o al
passato remoto. La radio, non potendo farlo, cerca di ridurre gli inconvenienti del passato prossimo
con piccoli accorgimenti stilistici, senza tuttavia ricorrere al sistema telegrafico introdotto dalla B.B.C.
durante la guerra, col participio privo di ausiliare.
22 - Non mettere i verbi all'imperfetto che nei casi di assoluta necessità, quando il racconto fa un
passo indietro per riferire ciò che era avvenuto prima. Usare il meno possibile i verbi «servili»:
allungano e indeboliscono il discorso. Abolire i superlativi: rimbombano troppo dentro l'apparecchio
radio. Non adoperare gli aggettivi a coppia e, possibilmente, neppure sdoppi: essi si giustificano solo
se aggiungono al nome una qualità essenziale e indispensabile.
23 - Sostituire il più possibile una parola lunga con una breve, una rara con una comune, una difficile
con una semplice. Non adoperare vocaboli stranieri, termini tecnici, formule scientifiche, espressioni
di gergo professionale, forme arcaiche e metaforiche, frasi fatte come: «Fin delle prime ore del
mattino», ecc.
24 - Ridurre al minimo i sostantivi in zione, gli avverbi in mente, i suffissi in ismo e in istico che per
radio ronzano come mosconi, noiosi e incomprensibili. Eliminare i partitivi alla francese che in italiano
sono quasi sempre pleonastici. Non mettere più di due genitivi in fila. Ricordarsi che due negazioni
fanno una affermazione.
25 - Per verificare se una parola suoni bene alla radio o stoni, immaginare di metterla al posto di
un'altra (dello stesso numero di sillabe) in un bel verso. Ad esempio: «Dolce e chiara è la notte e senza
vento», «Come nei pleniluni sereni», «Risplenderà su le sciagure umane». Quasi tutte le parole del
punto 24 faranno «stecca».
26 - Impiegare nel periodo poche coordinative e pochissime subordinative, rari incisi e nessuna
parentesi. Abolire il punto e virgola.
8
27 - Evitare il susseguirsi dei troppi che nello stesso periodo. Questi che, servendo ad usi diversi,
obbligano ogni volta l'ascoltatore a stabilire se sono pronomi o congiunzioni: nel dubbio, smarrisce il
senso del discorso.
28 - Non collocare nella stessa frase due parole che hanno suono uguale ma diverso significato.
29 - Mettere prima il nome e poi il cognome quando si tratta di persone poco conosciute; il solo
cognome quando appartiene ad uomini illustri; neppure il cognome quando basta la carica (es.: il
Prefetto di Aquila, il Ministro degli Esteri tailandese).
30 - Eliminare il più possibile i nomi stranieri poco noti o di difficile pronuncia. E' inutile dire che il
tale villaggio cinese è vicino alla talaltra città, se la città è quasi altrettanto ignota del villaggio. Gli
elenchi di nomi sono indisponenti, gli elenchi di numeri sono inascoltabili. Nessuno, che non sia
matematico, riesce a tenere a mente due numeri in fila composti di più di sei cifre. Arrotondare i
grossi numeri.
31 - Il titolo di «eccellenza» è abolito. Dire: il ministro Tal dei Tali. Quando il cognome di un
deputato è preceduto da una carica superiore o da un'altra qualifica che spetti solo ai deputati, è
superfluo chiamarlo «onorevole». Nei resoconti della Camera e del Senato, dove parlano solo
deputati e senatori, cercare di alleggerire i nomi degli oratori dal peso di «onorevole» e di
«senatore» ripetuto tutte le volte.
32 - Chiamare un uomo col solo cognome è il massimo onore che gli si possa rendere: Churchill,
Stalin, Truman. L'indicazione della carica è necessaria per i nomi meno noti o quando potrebbero
sorgere malintesi. Esempio: Generale Giuseppe Garibaldi per distinguere il nipote dal nonno che non
ha bisogno del titolo per ricordare che fu generale. Dire: Einaudi, anziché: il Presidente della
Repubblica Senatore Luigi Einaudi, è un attestato di ammirazione, non una mancanza di riguardo.
Naturalmente l'indicazione della carica è necessaria quando si vuol sottolineare che Einaudi ha fatto
qualcosa nella sua qualità di Presidente della Repubblica.
33 - Adoperare i titoli di nobiltà solo quando abbiano una funzione «storica» o «coloristica» nella
notizia. Adoperare i titoli accademici se sono indispensabili come caratterizzazione professionale: ad
esempio: il Maestro Tal dei Tali per indicare che è un musicista. Sebbene anche in questo caso dire:
Pizzetti (cioè come Mascagni, Verdi, Bellini) valga assai più di: Maestro Ildebrando Pizzetti. Dare del
«dottore» a qualcuno, per radio, è vanità, se non addirittura offesa.
34 - Non dire, alla francese, signor Blum dal momento che non diciamo signor De Gasperi. I servizi
delle agenzie straniere (Reuter, Associated Press, United Press, Tass, ecc.) sono spesso tradotti alla
lettera: ritradurli secondo lo spirito, italiano beninteso.
35 - Ogni notizia, presentando uomini, vicende e idee del nostro tempo, riflette un costume, un modo
di vita, un galateo, spesso in minuti particolari che la consuetudine rende quasi inafferrabili. In più
ogni notizia contribuisce a creare un costume, un galateo, un modo di vita. Evidentemente il Giornale
radio, quale specchio di un costume, non può dimenticare di riflettere il gusto della civiltà italiana;
quale divulgatore esso stesso di nuove forme ed esigenze educative, deve ispirarsi a quelle di una
libera democrazia come sono espresse nella Costituzione.
36 - II Giornale radio, essendo un giornale parlato, influisce più della stampa sulla formazione della
lingua viva, e senza dubbio concorre largamente alla sua diffusione fra le classi popolari. Un illustre
filologo, Bruno Migliorini, ha scritto: «Come, nel corso di due o tre generazioni, la divulgazione della
stampa ha introdotto in tutta l'Italia una relativa unità ortografica, così mi sembra più che verosimile
che la radio, nel corso di due o tre generazioni, sia per instaurare nella pronunzia della lingua, anche
nell'Italia settentrionale e meridionale, una relativa unità ortofonica». Agli annunciatori è destinato il
«Prontuario di pronunzia e ortografia» del Bertoni-Ugolini per sapere se si dice: rùbrica o rubrìca,
pànfilo o panfìlo, monòlito o monòlite o monolìte. Ai redattori si ricorda un verso e mezzo di Dante e
un aneddoto di D'Annunzio. Dante (Paradiso, XII, 137-8) esalta «quel Donato - che alla prim'arte degnò
porre mano». La prim'arte è la grammatica. Di D'Annunzio gli amici raccontano che aveva una valigia
su misura, apposta per portare sempre in viaggio con sé i sei volumi del Tommaseo-Bellini; e i nemici
dicono che fu trovato morto come Petrarca, nel suo studio, con la testa su un libro: il quale non era un
codice di Virgilio ma II nuovissimo Melzi.
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Come si scelgono e controllano le notizie
1 - II Giornale radio pratica la libertà delle informazioni nell'ambito della legalità democratica sancita
dalla Costituzione. Oltre ai servizi dei suoi corrispondenti, informatori e inviati speciali, utilizza quelli di
tutte le agenzie nazionali ed estere compatibilmente con la loro attendibilità.
2 - Le fonti, specie delle agenzie, vengono citate nel corpo della notizia solo quando ci sia una speciale
ragione per delimitarne la validità con l'indicazione della provenienza. Tuttavia appellarsi a una fonte,
sia pure autorevole, non sgrava la radio delle sue responsabilità. E' inutile perciò puntellare la notizia
con frequenti citazioni di agenzie che servono, il più delle volte, a insinuare che non si regge in piedi.
3 - I giornali possono essere adoperati come fonti di informazioni solo per le notizie ufficiali dei
rispettivi partiti. Possono invece servire come fonti sussidiarie, per eventuali notizie d'altro genere,
quando si riesca ad averne una conferma di provenienza diretta.
4 - Obiettività e imparzialità non sono sinonimi. Obiettiva è la verità, imparziale è la giustizia;
l'imparzialità implica un rapporto tra varie notizie, una proporzione fra fatti diversi: ad esempio che
un'azione o un discorso più importante non sia messo sullo stesso piano di un'azione o di un discorso
meno importante. L'imparzialità esige che le parole di Togliatti, capo di un grande partito, abbiano
maggior rilievo di quelle di un oratore che rappresenta solo se stesso. In un campo così delicato, dove
confluiscono elementi di natura diversa, è difficile fissare un rigido criterio proporzionale. Gli stessi fatti
assumono maggiore o minore importanza secondo il luogo, il tempo e il modo in cui si verificano.
Infine capita che un fatto, considerato ordinariamente di notevole importanza, debba cedere il posto
ad altri fatti ancora più importanti verificatisi nello stesso giorno. Tuttavia in linea di massima si può
stabilire che, quando non intervengano altri fattori, il G. R. applichi la sua imparzialità, verso i partiti e
gli altri movimenti politici, tenendo in giusta considerazione i rapporti di forze espressi dalle rispettive
rappresentanze parlamentari. Sono trasmesse notizie sia sull'attività della maggioranza che della
minoranza, sia di fonte governativa che dell'opposizione. Ma ovviamente il loro sviluppo e risalto non
contrasteranno con la volontà popolare come si è manifestata attraverso libere elezioni.
5 - I fatti interni dei vari partiti e i rapporti dei partiti fra loro, sono segnalati, sfrondandoli delle
espressioni polemiche, per la parte che assume effettivo interesse nazionale. Dovrà sempre risultare,
con estrema chiarezza, che si tratta di decisioni e atteggiamenti riferiti per imparzialità informativa;
senza cioè sottintendere alcuna adesione o reazione.
6 - Nel riassumere i discorsi degli uomini politici, far cadere l'accento sulla parte costruttiva, positiva,
chiarificatrice, e in genere piuttosto sulla sostanza dei fatti che sulle intemperanze verbali, sugli
elementi di interesse pubblico e non sulle vicende personali. Il pensiero dell'oratore deve essere
rispecchiato integralmente. Questo non si ottiene citando tra virgolette due o tre frasi, ma cogliendo il
motivo centrale e unitario del discorso.
7 - Le leggi che regolano la libertà di stampa si estendono per analogia anche alla Radio: essa è
obbligata, per la sua particolare natura e funzione, a una più stretta osservanza dei giornali. Tali leggi
comportano tra l'altro il rispetto degli istituti costituzionali, la tutela dell'ordine pubblico, la rettifica di
notizie inesatte. Il prestigio della Radio esige di non esporsi a smentite. Ma quando effettivamente si
sia incorsi in errore, è doveroso ristabilire i termini della verità. Naturalmente non può essere
concessa la rettifica senza la prova documentata dell'errore. La rettifica dovrà vertere sui fatti, e su
fatti di una certa importanza, non sulla interpretazione che dei fatti danno le parti in causa; dovrà
limitarsi ai fatti errati e non servire di pretesto per esporne altri a scopo propagandistico o polemico;
dovrà infine essere redatta in forma di notizia, come la notizia alla quale si richiama, e non di lettera o
di articolo.
8 - II decreto-legge 3 aprile 1947, n. 428, sulle norme in materia di vigilanza e controllo delle
radiodiffusioni, stabilisce quanto appresso: «Per la trasmissione di informazioni di carattere
politico-militare o di notizie attuali di carattere finanziario, o economico, capaci di pregiudicare
rapporti internazionali, il credito dello Stato o interessi di carattere generale, l'ente concessionario
può preventivamente interpellare la Presidenza del Consiglio dei Ministri e in tal caso deve
osservarne le istruzioni».
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9 - Le notizie su disordini, incidenti e conflitti di natura politica sono trasmesse, quando abbiano
una effettiva gravita, nella forma più concisa e obiettiva, con le debite cautele, e dopo gli
opportuni accertamenti. Poiché in tali circostanze spesso le versioni discordano, perfino tra i
testimoni oculari, è necessario limitarsi alla pura e semplice indicazione del fatto, del luogo e del
numero delle vittime, senza scendere a particolari che implichino giudizi di merito. I nostri
corrispondenti e informatori sono tenuti a indicare di volta in volta la fonte della notizia e a
chiederne la conferma presso gli organi locali responsabili, prima di telefonarla. Qualora si tatti di
notizie desunte da agenzie giornalistiche, i redattori provvederanno a citarne la provenienza. Per le
ulteriori precisazioni sugli stessi fatti, anche a distanza di giorni, verrà del pari specificato da che
parte ci giungano.
10 - Le notizie sugli scioperi sono trasmesse, quando riguardino vaste categorie di lavoratori,
subito dopo il loro inizio. I preannunci degli scioperi sono dati, con l'anticipo di un giorno, solo
quando si tratti di servizi pubblici, allo scopo di informare in tempo utile la grande maggioranza degli ascoltatori interessati. Si raccomanda di non fare apprezzamenti, neppure indiretti, sulla
ragione o il torto delle parti. Se per gli scioperi più importanti è opportuno esporne i motivi,
bisogna attenersi alla regola di riassumere contemporaneamente e imparzialmente i punti di vista
delle parti in contrasto, desumendoli da fonti dirette.
11 - La cronaca nera è esclusa dal Giornale radio: a meno che certe notizie di delitti e suicidi non
acquistino un evidente interesse sociale o politico. Lo stesso vale per i processi. Nel riferire i
disastri aviatori, gli scontri e i naufragi, tener presente l'opportunità di non allarmare le famiglie
delle vittime con intempestive segnalazioni.
12 - Quando un avvenimento (ricorrenze civili, manifestazioni collettive, cerimonie religiose, ecc.) si
svolge contemporaneamente in tutto il Paese, è impossibile trasmetterne i resoconti dalle varie
città. In tali casi viene redatta una notizia «panoramica» a carattere nazionale, segnalando solo
qualche episodio di eccezione verificatosi qua e là. E' pure superfluo trasmettere notizie sulle visite
di personalità politiche se non sono collegate con manifestazioni di interesse generale.
1 3 - I resoconti dei congressi internazionali, nazionali e interregionali (politici, economici,
sindacali, culturali, religiosi ecc.) sono riferiti proporzionatamente alla loro importanza. Quelli dei
congressi regionali, interprovinciali e provinciali trovano posto nei notiziari regionali, trasmessi in
locale dalle varie stazioni, in base agli stessi criteri di importanza proporzionale. E' ovvio che questi
criteri non si deducono rapportando il numero delle righe al numero dei congressisti ma valutando
l'interesse che l'avvenimento assume, per la maggioranza degli ascoltatori, in quel particolare
momento. I criteri giornalistici che decidono sul vario rilievo da dare a tali fatti (e a tutti gli altri del
genere) non dovranno però contrastare con l'obbligo dell'imparzialità democratica. Per fortuna la
valutazione giornalistica di un fatto, quando poggi effettivamente ed onestamente sull'interesse che il
fatto suscita nella maggioranza popolare, coincide con la pratica democratica, anzi è di per sé un atto
di democrazia.
14 - I nostri corrispondenti, informatori e inviati speciali indichino, in calce, la fonte della notizia.
Mancando qualsiasi indicazione, significa che si tratta di «cosa vista» con i propri occhi. Di solito la
fonte migliore di una notizia è quella che, dovendo poi assumerne più direttamente in pubblico la
responsabilità, è indotta a garantirne più scrupolosamente la veridicità. Ma un unico teste non fa
testo. E' necessario assicurarsi, di ogni notizia, la prova e la controprova, controllandola su due fonti
diverse e magari avverse. Conviene conservare le «pezze di appoggio» per eventuali contestazioni.
Una notizia ricevuta per telefono da una voce sconosciuta, anche se si attribuisca un nome conosciuto
e magari autorevole, non è molto più attendibile di una lettera anonima o con la firma apocrifa. In tali
casi bisogna almeno fare una «chiamata di controllo» alla persona o all'ente che ha «detto di dare» la
notizia per accertarsi che altri non ne abbiano abusivamente preso il nome. La norma è tassativa
anche quando la voce sconosciuta si proclami quella di un Ministro.
15 - Esporre il doppio punto di vista delle parti in causa, su una controversia, non significa dar sfogo a
tutti i contrasti di parte, ma riferire esclusivamente i dati di fatto. Gli stessi dati di fatto devono poi
rispondere a due esigenze: che non siano manovrati come argomenti polemici o propagandistici, e che
abbiano effettivo interesse per la maggioranza degli ascoltatori. Qualunque sia la natura e la misura
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degli elementi forniti dalle parti in causa, l'insistenza delle loro richieste, e il peso delle loro pressioni,
la notizia sarà sempre redatta secondo le norme generali che regolano le radiotrasmissioni.
16 - Tra i nostri servizi diretti e quelli d'agenzia i primi meritano generalmente la preferenza. Se due
agenzie autorevoli si contraddicono nel riferire i fatti, astenersi dall'utilizzarle in attesa di conferma. Il
punto di vista italiano ha la precedenza su quelli stranieri, ma non li esclude. Tener presente che
all'estero la Radio Italiana, come le radio degli altri paesi, assume inevitabilmente un tono di «voce
ufficiosa» o almeno «autorevole» per tutti gli atti governativi e i rapporti internazionali.
17 - Questo è il punto del diavolo: solo gli iniziati possono leggerlo senza cadere in tentazione. I
maestri della storiografia moderna insegnano che l'obiettività, in senso assoluto, è insieme una nobile
aspirazione e una ingenua astrazione: lo storico più onesto ricerca esclusivamente la verità ma
esprime fatalmente una sua verità. Per fortuna il G. R. fa la cronaca, non la storia. E la cronaca è il
fatto, non il giudizio del fatto. Ma la scelta, il rilievo e l'ordine dei fatti comportano pur sempre un
giudizio. Il metro di tale giudizio si trova nel rapporto delle forze parlamentari come espressione di
democrazia in atto e riflesso della libera volontà popolare. E' l'unica misura di una obiettività che non
voglia ridursi alla soggettività del giornalista e di una imparzialità che non voglia essere garantita da
una parte sola. Tuttavia l'applicazione di questo principio è resa difficile dalla infinita varietà dei casi
che ogni volta si presentano sotto aspetti diversi, composti di elementi eterogenei, in rapporto di
interdipendenza con altri casi capitati nello stesso notiziario. Ne derivano controversie che si risolvono
nel tribunale della coscienza. Allora il diavolo ci mette la coda. Non basta che le coscienze dei redattori
conservino sempre il candore della verità. Lo stesso uso delle parole è diabolico. Infatti nel Vangelo si
raccomanda di dire soltanto: sì, sì; no, no; perché tutto il resto è un'aggiunta del diavolo. Non potendo
le notizie essere composte soltanto di sì e di no, la loro compilazione è sempre una lotta col diavolo,
per testimoniare senza giudicare, per raccontare un fatto senza imporne la valutazione. Purtroppo gli
stessi grammatici definiscono la proposizione un giudizio espresso in parole. Parlare è dunque
giudicare. Anche dicendo che il pezzo di carta, su cui sono scritte queste parole, è grande o piccolo,
largo o stretto, chiaro o scuro, si esprimono giudizi. Come raccontare dunque i fatti senza giudicarli?
Basta dare un nome agli uomini che in Grecia combattono contro i governativi, per sottintendere un
giudizio. Chi li chiama ribelli, li condanna; chi li chiama insorti, quasi li assolve; chi li chiama patrioti, li
elogia; chi li chiama comunisti, esclude elementi di altri partiti; chi li chiama democratici, considera i
loro avversari dei fascisti. Ciascuno di questi nomi è adoperato da una radio europea. Ogni radio
giudica cioè in modo diverso quegli stessi uomini, per il semplice fatto di chiamarli a nome. La Radio
Italiana li chiama: guerriglieri, soldati di Markos. Vale a dire che, almeno in questo caso, è più obiettiva
delle altre. Tuttavia non si può dire che, dicendo così, non esprima a sua volta un giudizio. Infatti
giudica di poter mettere sullo stesso piano i governativi e gli antigovernativi. Il che, nel caso in
questione, rispetto all'attuale punto di vista italiano, è forse il giudizio meno compromettente e, in un
certo senso, quasi una sospensione di giudizio. Ma per i redattori di Radio Atene o di Radio Markos la
faccenda si complica. E purtroppo certi contrasti politici, a mano armata, non capitano soltanto in
Grecia. Qui facciamo punto. E' però un punto sospensivo, non un punto fermo.
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Come si impaginano le notizie
1 - II Giornale radio si impagina nel tempo, non nello spazio come gli altri giornali. Le notizie vengono
perciò a collocarsi tutte su uno stesso piano, con uguale evidenza, senza distinzione di caratteri. Il
prima e il dopo del Giornale radio, non corrispondono all'alto e al basso dei giornali stampati. Perciò
manca la possibilità, come si dice nel gergo tipografico, di «affondare» una notizia mettendola in
fondo alla pagina. Alla radio una notizia del genere è meglio affondarla nel cestino.
2 - L'impaginazione nello spazio dei giornali stampati corrisponde a un gusto architettonico,
rimpaginazione nel tempo del Giornale radio a un gusto musicale. Nel primo caso si gradua
l'importanza delle notizie con titoli su più colonne, con la diversa collocazione nella pagina e con la
varietà dei caratteri. Nel secondo caso si ricorre all'ordine di successione, al ritmo di lettura e al tono
di voce. Raggiungere gli stessi effetti con elementi auditivi anziché visivi, presenta maggiore difficoltà.
Tanto più che la voce dell'annunciatore non è regolabile al microfono col rigore meccanico del
«corpo» e del «carattere» in tipografia. Nel redigere le notizie bisogna calcolare entro quali limiti una
parola possa essere pronunciata in corsivo o in neretto.
3 - Ogni edizione del Giornale radio deve essere concepita secondo un disegno, non come una
congerie di notizie diverse. Essa è, appunto, una edizione: cioè qualcosa di organico e di autonomo. A
questo fine occorre aver chiaro fin dall'inizio il suo piano, in base agli avvenimenti previsti per la
giornata, e attuarlo via via che arrivano le informazioni. Se all'ultimo momento capita un avvenimento
grosso che sconvolge il piano, metterlo in coda con l'indicazione di «Ultime notizie».
4 - La prima notizia sia di preferenza, oltre la più importante, la più panoramica (che non significa la
più lunga): in modo da caratterizzare la giornata e la trasmissione. Se la notizia è addirittura
«sensazionale», può avere una brevità fulminea, rinviando gli sviluppi alla trasmissione successiva.
5 - La precedenza può toccare sia alle notizie dall'interno che dall'estero, in base alla loro rispettiva
importanza. Se l'interesse si equivale, aprire con le notizie dall'interno. Tra le notizie politiche e quelle
di varietà, tra le interne e le estere, tra le lunghe e le brevi, tra le serie e le brillanti, è necessario un
certo equilibrio, un accorto avvicendamento. Dedicare un notiziario quasi interamente a un Consiglio
dei Ministri o a una conferenza internazionale, è un errore altrettanto grave che comporlo tutto di
fatti leggeri, brevi e frammentari. Il Giornale radio è una suonata che diventa noiosa se mancano le
variazioni ma che diventa inutile se, per troppo variare, dimentica il motivo.
6 - Ogni notiziario sarà idealmente suddiviso in quattro parti: notizie politiche dall'interno (o
dall'estero); notizie politiche dall'estero (o dall'interno); notizie di cronaca varia dall'estero (o
dall'interno); notizie di cronaca varia dall'interno (o dall'estero). Fare in modo che la suddivisione
risulti inafferrabile all'ascolto. Le varie parti dovranno il più possibile susseguirsi senza salti troppo
bruschi.
Evitare però i legamenti convenzionali, esteriori, puramente formali.
7 - L'impaginatore del giornale stampato, mettendo i fatti in una prospettiva tipografica, dà una
«faccia» rappresentativa al mondo. L'impaginatore del notiziario radiofonico dà al mondo una «voce»
che racconta le vicende delle ultime ore. Bisogna che quella voce esprima un discorso continuativo,
unitario ed equilibrato, soffermandosi su tutti i principali avvenimenti, e su ognuno solo il tanto che è
necessario in rapporto alla sua importanza.
8 - II passaggio da una notizia all'altra è affidato prima alla logica e poi alla geografia. Se su argomenti
affini ci sono notizie dall'interno e dall'estero, bisogna metterle insieme indipendentemente dalle
quattro suddivisioni sopra indicate.
9 - Di regola i fatti compiuti precedono i preannunci dei fatti che accadranno. I fatti di ordinaria
amministrazione, anche se riguardano persone illustri (ricevimenti del Presidente della Repubblica o
del Presidente del Consiglio, arrivi e partenze di ministri e di ambasciatori) non vanno in primo piano.
A meno che non siano connessi a decisioni, provvedimenti, accordi ecc. di vasta risonanza. Nel qual
caso, però, non sono più fatti ordinari.
10 - I commenti sono trasmessi solo se esprimono importanti reazioni e adesioni di Stati, Governi,
Partiti, ai grandi avvenimenti: cioè quando i commenti costituiscono essi stessi dei nuovi fatti. Ma
anche in questi casi i commenti occuperanno un tempo minimo rispetto ai fatti. Inoltre i fatti e i
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commenti, nella stessa notizia, saranno sempre ben distinti, in modo che non si confondano
all'ascolto.
11 - Le notizie trasmesse alle 7 e alle 8 non si ripetono alle 13 perché già apparse sui giornali del
mattino. Alcune notizie trasmesse alle 13 possono essere riprese alle 14. Quelle delle 14 (che vanno
solo sulla Rete Azzurra), sono largamente utilizzate nel notiziario delle 15 (che va solo sulla Rete
Rossa). Le notizie dei Giornali radio meridiani (ore 13, 14 e 15) sono riprese alle 20 solo in casi
eccezionali e sempre aggiornate. Qualche rara notizia delle ore 20 può ripetersi alle 23,10 per ulteriori
sviluppi e precisazioni. Le ultime notizie (ore 24) sono un riassunto in forma telegrafica del Giornale
radio delle ore 23,10 con le aggiunte più recenti. Nelle trasmissioni delle 7 e delle 8 potranno essere
riprese e sviluppate alcune notizie delle 23.10 e delle 24, mai notizie delle 20.
12 - Una notizia ripresa nel Giornale radio successivo deve essere completamente rifatta. Gli eventuali
elementi nuovi da aggiungere, anche se di relativo interesse, vanno sempre in principio. In tal modo la
notizia avrà almeno la «testa rinfrescata», il «viso risciacquato».
13 - Gli ascoltatori, tranne circostanze eccezionali, non captano tutti i notiziari: dalle 7 alle 24. Chi li
segue in un'ora, chi in un'altra. L'ascolto varia secondo le abitudini di vita e di lavoro. Nessun notiziario
può quindi presupporre la conoscenza del precedente e rifarsi ad esso, per gli ulteriori sviluppi, come
in un romanzo a puntate. Ogni notiziario deve bastare a se stesso, ogni notizia contenere gli elementi
necessari alla sua comprensione. D'altra parte neppure è opportuno riassumere in ogni notiziario gli
avvenimenti delle ultime 24 ore, per non imporre un gran numero di notizie vecchie a coloro che le
hanno già ascoltate. Conviene adottare il compromesso esposto al punto 11.
1 4 - I notiziari delle 7 e delle 8 sono caratterizzati da una esposizione panoramica dei fatti avvenuti o
appresi nel corso della notte. Il primo su un ritmo mosso e conciso, con prevalenza di notizie brevi e
staccate; il secondo più fuso, disteso e riposato, come di uno sguardo allo stesso panorama per fissarlo
e coordinarlo meglio. Il notiziario delle 13 ha un po' lo stile e l'impianto dei quotidiani di mezzogiorno
o di primo pomeriggio rispetto ai grandi quotidiani del mattino: nel senso di una maggiore agilità,
vivacità, e immediatezza. I notiziari delle 14 e delle 15 completano e rielaborano più unitariamente la
materia tendendo ad una funzione di riepilogo per i fatti svoltisi nella mattinata. Il notiziario delle 20
(che in estate si sdoppia e si ripete sulla Rete Rossa alle 20,30) è il più lungo, il più ascoltato e il più
importante. La sua caratteristica fondamentale deriva dal poter abbracciare, al cader della sera, l'intero
ciclo diurno degli avvenimenti. Dispone perciò i fatti del giorno in una prospettiva conclusa e pressoché
completa: in maniera che anche gli ascoltatori impossibilitati a seguire i tre notiziari meridiani riescano
ad avere un quadro abbastanza organico di ciò che è accaduto durante la giornata. Il notiziario delle
20 inoltre accoglie, in maggior numero dei precedenti, le radiocronache registrate che assolvono un
compito analogo a quello delle fotografie nei giornali stampati. Il notiziario delle 23,10, collocato dopo
«Oggi al Parlamento», cioè dopo un servizio speciale di impostazione «conversativa», ha un taglio
rapido e movimentato, tutto di annunci ad «asterischi», per non ripetere il modulo della rubrica
precedente. Le «Ultime notizie» delle 24 sono di una concisione addirittura epigrammatica.
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Come si adoperano le radiocronache registrate
1 - Una radiocronaca «registrata» può inserirsi sia alla fine, sia all'inizio e sia nel mezzo del notiziario.
Nel primo caso il radiocronista parla poco, nel secondo pochissimo, nel terzo non parla affatto. Nel
terzo caso la «registrazione» è di solito il brano di un discorso ripreso dal vivo o una semplice
fonografia di voci e rumori. Tali «registrazioni», tenendo luogo di fotografia, non devono risolversi in
una descrizione del radiocronista o in un qualsiasi altro «pezzo» parlato che potrebbe anche essere
messo in bocca all'annunciatore. Per inserirsi in un notiziario, diventano tutt'altra cosa dalla
«radiocronaca diretta». Cioè semplici momenti o frammenti della realtà fonografati.
2 - I legami della «registrazione» col resto del notiziario devono essere evidenti, accordati e rapidi. Se
si inserisce il brano di un discorso, basta una frase come: «A questo punto egli ha detto». Attenti a non
ripetere, nell'annuncio di una «registrazione», le stesse parole con cui la «registrazione» si inizia.
3 - La «registrazione» di un discorso, anziché dal vivo, può essere il riassunto del discorso fatto,
appositamente per la radio, dallo stesso oratore. Tale sistema si applica di preferenza nei dibattiti alla
Camera e al Senato per garantire meglio l'obiettività.
4 - In tutte le radiocronache, e in specie nelle registrate, l'ultima cosa che importi agli ascoltatori, anzi
l'unica che non importa, è l'io del radiocronista. E' bene ch'egli ripeta a se stesso, come esercizio di
contrizione, la condanna di Pascal su questo presuntuoso pronome. La sua arte consiste nel dare
l'impressione di ascoltare l'avvenimento e non il radiocronista.
5 - La radiocronaca registrata non si distingue dalla radiocronaca diretta solo per essere incisa su disco.
Quella diretta è la voce dell'avvenimento, quella registrata ne è la eco. L'eco, anche se fedele, giunge
in ritardo e di rimbalzo. Il tono «istantaneo» della radiocronaca diretta non può passare nella
registrata senza produrre dissonanze, incoerenze e perfino anacronismi rispetto al tempo in cui è
messa effettivamente in onda. Ad esempio, dire: «In questo momento» in una radiocronaca diretta, è
una frase fatta; dirla in una registrazione da trasmettere dopo qualche ora, è una frase ridicola.
6 - Quando dalla radiocronaca registrata si passa al vero o proprio documentario, il radiocronista cede
il posto al regista. Si tratta cioè di parlare sempre meno, e di far parlare il più possibile la realtà.
L'ideale punto d'arrivo, anche se irraggiungibile, è di mettersi nella condizione del regista
cinematografico che crea tutto il film senza farsi vedere e sentire. Pretendere di fare un documentario
cucendo pezzi di radiocronache «dirette», è come voler fare un film col proprio album fotografico.
7 - La radiocronaca toglie ogni intermediario fra il giornalista e il pubblico: lo stenografo, il tipografo,
l'impaginatore, il correttore di bozze, la cartella scritta, il foglio stampato ecc. Pone tra il fatto che
accade e chi ne riceve notizia, solo la voce del radiocronista. E' una sorta di giornalismo allo stato puro.
Tutta la bravura del radio-cronista sta nell'assottigliare il più possibile il diaframma della sua persona,
dando l'impressione a chi ascolta di essere con l'orecchio sull'avvenimento. Al contrario non c'è di
peggio, in un radiocronista, che far sentire la propria presenza appena più dell'indispensabile: con
sfoghi di entusiasmo, con interventi personali nel fatto che si svolge, con la esibizione della sua vanità
descrittiva, col linguaggio troppo colorito o troppo smorto, troppo ricco o troppo povero, troppo
mosso o troppo monotono. In questi casi, invece di ritrarre l'avvenimento, egli presenta il proprio
ritratto in formato tessera giornalistica.
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Come si copiano e si leggono le notizie
1 - L'annunciatore legge quasi sempre all'impronta. Ha bisogno di un dattiloscritto chiaro e corretto,
con punteggiatura in evidenza. Basta che manchi una virgola per alterare, nella lettura, il significato
della frase. Se poi manca addirittura il punto fermo, l'annunciatore rimane con la voce in aria e deve
inventare di suo qualche parola per atterrare senza sobbalzi.
3 - Accentare i nomi poco noti (càtodo) e di incerta pronuncia (Dacàr) o che possono avere una doppia
pronunzia (subìto e sùbito). Sottolineare i nomi stranieri allo scopo di attirare l'occhio
dell'annunciatore che deve prepararsi al salto dell'ostacolo.
3 - Quando una sigla può essere letta come un'unica parola (R.A.I., O.N.U., C.O.N.I.) non occorre
indicare le singole parole che la compongono. Ma quando non può essere pronunciata con una
sola emissione di voce o quando non è abbastanza nota, conviene trascriverla per esteso.
4 - All'annunciatore è difficile rendere, col tono di voce, il segno delle virgolette (« ») per indicare
che una frase è citata testualmente. Ancora più difficile è che l'ascoltatore ci faccia caso. Bisogna
perciò esprimere con qualche parola la funzione delle virgolette. Non cominciare mai il periodo
con la citazione di parole altrui (discorsi, articoli ecc.) indicando solo alla fine chi le abbia dette.
L'ascoltatore non vede le virgolette e quindi capisce in ritardo che si tratta di una citazione:
dapprima suppone sia una «alzata di testa» del lettore. Da parte sua l'annunciatore, per
sottolineare in qualche modo la citazione, è costretto a prendere un tono più alto e si trova a
disagio quando, proprio in ultimo, deve abbassarlo per concludere che così ha detto il tal dei tali.
Ne vien fuori, come effetto tonale, una «discesa in cantina», dopo l'iniziale «alzata di testa»: cioè
una doppia stonatura.
5 - L'annunciatore non è un attore che reciti la notizia, e neppure un dicitore che ne moduli i valori
tonici e fonici. La notizia, come fatto accaduto e obiettivato, esclude ogni interpretazione artistica. E' un
pezzo di realtà, non un testo di letteratura. Ha in sé una misura e un senso inalterabili. Non può quindi
diventare la parte di un personaggio.
6 - Tanto meno però l'annunciatore è una linotype che stampi automaticamente la notizia. Forse
l'esatta definizione della sua arte è nell'etimologia del nome: l'annunciatore, in greco, è l'angelo che
dà l'annuncio per le vie dell'aria. Una specie di intermediario tra la terra e il ciclo che reca la buona (e
la cattiva) novella. A parte il nome, l'annunciatore ha questo di angelico: che dice parole non sue senza
metterci di suo alcun peso di passione o ombra di malizia, nulla insomma che ricordi la sua presenza
fisica, all'infuori di una lettura così aderente al testo da far dimenticare la perfetta interpretazione.
7 - Solo con questa angelica spersonalizzazione (che è poi una superiore forma di personificazione) per
aderire all'imparzialità e obiettività delle notizie, l'annunciatore compie il miracolo di entrare ogni
giorno, in quasi tutte le ore, nelle case altrui, senza farsi respingere come indiscreto o noioso o
invadente. Il migliore annunciatore non e chi eccita più vivaci sensazioni col calore o il colore della sua
voce, ma chi conduce a una sfera di serena e sicura comprensione dei fatti umani.
8 - L'organizzazione del Giornale radio potrà anche diventare perfetta come una calcolatrice
automatica. Ma i conti saranno sempre sbagliati se i redattori non si convincono che nel giornalismo
l'iniziativa personale ha almeno la stessa importanza dell'ispirazione nell'arte. Intendendo per
iniziativa o ispirazione quella cosa che, mancando tutto il resto, basta da sola a fare la notizia o la
poesia.
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Frugando tra le carte