Roberto Biorcio Democrazia e populismo nelle Seconda Repubblica Le istituzioni democratiche sono sempre più diffusi a livello globale, ma nei paesi ove da tempo erano consolidate, sono state investite negli ultimi decenni dalla crescente disaffezione e sfiducia dei cittadini. La questione delle pre-condizioni culturali della democrazia, che era stata affrontata dalle ricerche di Almond e Verba negli anni cinquanta, assume oggi un rinnovata attualità (Norris 1999, Pharr e Putnam 2000; Sciolla 2004). Lo sviluppo di una autentica vita democratica incontra difficoltà crescenti per una serie di ragioni: la globalizzazione dell’economia e della comunicazione, l’indebolimento degli stati nazionali, la crisi del ruolo di mediazione dei partiti di massa, la crescente influenza del sistema dei media nella vita politica (Mény e Surel 2000). In Italia queste tendenze hanno interagito con un sistema politico caratterizzato da tradizionali carenze della cultura civica, dagli squilibri territoriali, della forte ideologizzazione del conflitto sociale. Negli anni novanta la scena è stata dominata dalla mobilitazione dell’antipolitica e dalla diffusione di stili di azione e di comunicazione populisti. La crisi della Prima repubblica ha messo in discussione (e in parte ridimensionato) la centralità del sistema dei partiti nella vita politica italiana. In un contesto investito dagli effetti di tensioni e conflitti sia nazionali che internazionali si sono affermati nuovi leader e nuove formazioni politiche. Come sono cambiati gli orientamenti e gli atteggiamenti dei cittadini nella fase che è stata definita come la transizione dalla Prima a un Seconda repubblica? Sono cambiati in modo significativo i tratti fondamentali della cultura politica degli italiani? In questo capitolo studieremo questi mutamenti mettendo a confronto gli orientamenti che emergono dalle indagine Itanes del 2001 e del 2004 con quelli rilevati negli anni ottanta e, ove possibile, in epoche precedenti. Particolare attenzione verrà dedicata alla diffusione del populismo in Italia. Sarà ricostruita la configurazione di questo fenomeno, che ha assunto un grande peso nella vita politica italiana (Mastropaolo 2005). Verranno messe in luce la diffusione delle idee e degli schemi interpretativi populisti con le trasformazioni degli orientamenti culturali e politici più diffusi tra i cittadini. 1. Le carenze della cultura civica degli italiani e le integrazioni politiche partigiane Le carenze della cultura politica degli italiani rispetto a possibili modelli ideali erano state messo in luce dalla ricerca realizzata da Almond e Verba, che aveva studiato in chive comparativa cinque paesi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Italia, Messico) alla fine degli anni cinquanta. Lo schema teorico elaborato per la ricerca si fondava su una tipologia di possibili forme di cultura politica costruita a partire da due dimensioni fondamentali(Almond e Verba 1963, 16).: a) gli atteggiamenti rispetto al sistema politico; b) le percezioni soggettive dei cittadini di essere membri competenti e influenti della vita politica. 1 Il modello ideale di cultura civica "partecipante" (participant) prevedeva atteggiamenti positivi “verso il sistema nel sua insieme, sia rispetto alle strutture politiche e amministrative” uniti a un orientamento a svolgere un ruolo attivo in politica (cit, 18). Gli italiani degli anni cinquanta apparivano molto lontani dal modello ideale di cultura civica. Nel nostro paese la cultura prevalente risultava quella particolaristica (parochial) che univa la scarsa fiducia nei confronti del sistema politico e dei suoi input ed output, alla sfiducia nelle proprie capacità e possibilità di influenzarlo. L'Italia degli anni cinquanta appariva dominata dall'alienazione politica che si legava all'isolamento sociale, alla sfiducia verso gli altri e alla sensazione di vivere in un ambiente sociale carico di pericoli e minacce (cit, 308-310). La ricerca metteva in luce altri tratti che evidenziavano la lontananza del nostro paese dal modello ideale di cultura civica: un limitato orgoglio nazionale, atteggiamenti partigiani nella lotta politica, tendenziale sfiducia nell'ambiente sociale, scarsa competenza e una diffusa indifferenza rispetto agli obblighi della partecipazione. I limiti del civismo degli italiani degli anni cinquanta erano evidenziati anche dal basso livello di partecipazione ad associazioni volontarie (ibid. 246). Un paradosso per gli autori della ricerca era stata la scoperta che i soggetti più impegnati nella partecipazione erano spesso gli elettori dei partiti anti-sistema (Pci e Msi). Il sostegno per i partiti di governo era invece soprattutto espresso da chi presentava i tratti del particolaristica (parochial) o del suddito passivo (subject) (ibid. 309-310). La cultura politica degli italiani non sembrava in grado di sostenere un sistema democratico stabile ed efficace (effective). La vita politica dell’Italia del dopoguerra presentava però una fisionomia che sembravano confutare inequivocabilmente l'immagine di un paese dominato dall'alienazione politica, dal familismo, dal parrocchialismo e dalle chiusure nei piccoli orizzonti particolaristici (Sani 1989). La partecipazione elettorale si manteneva elevatissima, milioni di cittadini si di iscrivevano ai grandi partiti di massa, le mobilitazioni politiche e sociali erano frequenti e raccoglievano ampie adesioni. La mancanza di una cultura civica nazionale, e le incertezze nella definizione del senso dell'impegno pubblico individuale, erano state supplite da un processo di integrazione politica che si basava su culture politiche partigiane e sulle reti associative dirette o indirette - dei partiti politici di massa. Le origini di questo processo si ritrovano nelle particolari vicende della storia nazionale: "La tradizione socialista e quella cattolica avevano creato le premesse per una socializzazione politica di massa; il fascismo ha introdotto il concetto della tessera come parte dello status del cittadino" (Galli 1966, 161). Nel secondo dopoguerra questa pratica si era riproposta e trasferita ai maggiori partiti. La Dc, il Pci e il Psi avevano visto crescere i loro iscritti da due milioni a mezzo nel 1945 fino a quattro milioni nel 1955. Le loro sezioni "funzionano come associazioni volontarie di iscritti, che dedicano all'impegno politico parte del loro tempo libero" (cit, 195). I principali partiti italiani avevano allargare il loro consenso con la mediazione di reti di organismi collaterali (sindacali, studentesche, culturali, ricreative, ecc.), in cui l'individuo potesse essere integrato "dalla culla alla tomba". In diverse aree territoriali (le cosiddette zone bianche e zone rosse) la tradizione politica si era fortemente integrata con le subculture locali. Una buona parte degli elettori italiani si limitava, per molti anni, a riconfermare la propria adesione/identificazione rispetto ai principali partiti di massa. La stessa Chiesa cattolica aveva svolto un funzione di supplenza per le carenze della cultura civica degli italiani, diffondendo credenze e orientamenti di comportamento che avevano condizionato la socializzazione di milioni di cittadini (Rusconi 2 1999). Ma anche in questo caso l'integrazione era avvenuta più in una comunità di parte che in una comunità nazionale. Questo quadro veniva parzialmente modificato nel corso degli anni sessanta dagli effetti del boom economico, dalla modernizzazione della vita sociale, dallo sviluppo del consumismo e della cultura di massa. La crescita delle disponibilità economiche delle famiglie e l'espansione dei consumi modificavano gli stili di vita e i comportamenti collettivi, incrinando i valori e le forme di cultura tradizionali. La minore capacità dei partiti tradizionali (nonché delle organizzazioni sindacali ad essi collegate) di rappresentare i cittadini in una società altamente differenziata lasciava spazi di azione a nuovi tipi di soggetti politici. Le mobilitazione studentesche e operaia del 1968 e 1969 promossero l'attivazione di nuovi soggetti in molti settori della società civile e nelle istituzioni. In generale, erano cresciuti l'interesse e la disponibilità per la partecipazione politica, e la fiducia nelle proprie competenze e capacità di influenzare il processo politico. Furono investiti settori di opinione ben più ampi dei soggetti direttamente mobilitati, sollecitando una politicizzazione diffusa e un ripensamento dei rapporti fra sfera privata e pubblica. Ma il sistema dei partiti italiani si mantenne sostanzialmente invariato fino agli anni novanta. E d’altra parte si confermarono, almeno fino alla fine degli anni ottanta le caratteristiche tradizionali della relazione dei cittadini nei confronti della politica Mannheimer e Sani 1987). Le ricerche comparative mostravano come l’identificazione rispetto al partito votato, anche se indebolita rispetto agli anni sessanta, si manteneva in Italia a livelli superiori rispetto ai principali paesi europei (Biorcio e Mannheimer 1995). 2. Gli orientamenti nei confronti della democrazia dopo la crisi della Prima Repubblica Il sistema dei partiti che aveva governato l'Italia del dopoguerra si sfaldò nella prima metà degli anni novanta. La crisi che segno la fine della Prima Repubblica fu provocata da un complesso di eventi e processi che si sono sovrapposti e rafforzati in un arco di tempo relativamente breve. I successi elettorali della Lega incrinarono in profondità l'elettorato dei partiti di governo nelle regioni dell'Italia settentrionale. Le inchieste della magistratura sugli intrecci fra politica e affari (Tangentopoli) delegittimarono gran parte della classe politica italiana. La crisi della sistema dei partiti tradizionali fu d’altra parte accelerata dal mutamento delle procedure di voto in senso maggioritario, introdotte dopo la il referendum del 18 aprile 1993. I successi elettorali della Lega aprirono la strada alla "discesa in campo" di Berlusconi e all’affermazione di Forza Italia come primo partito italiano. La nuova formazione ripropose molti dei temi su cui il partito di Bossi si era impegnato, riuscendo nel 1994 a conquistare una parte dell’elettorato leghista nelle regioni settentrionali. Si avviò così la profonda trasformazione del sistema politico italiano, che è stata definita da molti studiosi e commentatori come la transizione dalla Prima a una Seconda Repubblica. Ci possiamo chiedere se questi cambiamenti rilevanti della vita politica italiana abbiano modificato anche gli orientamenti dei cittadini. Si possono rilevare significative trasformazioni degli atteggiamenti di massa nei confronti delle istituzioni democratica, della politica e del potere? Si sono trasformati o si sono riprodotte in forme nuove le caratteristiche peculiari della cultura politica italiana del secondo dopoguerra? 3 Per avere un quadro generale degli orientamenti dei cittadini nei confronti delle istituzioni politiche democratiche e della partecipazione abbiamo innanzitutto ripensato e ricostruito le due dimensioni fondamentali che per Almond e Verba rappresentavano gli elementi costitutivi della cultura politica. Il modello di cultura civica proposto dai due autori rappresenta in realtà la combinazione dei tratti congruenti di due diversi modelli idealtipici: il modello (attivistico) che richiede cittadini impegnati e attivi politicamente e quello (passivo) che richiede fiducia e deferenza verso l’autorità (Sciolla 2002, 188). Abbiamo cercato di esplorare le aree di atteggiamenti che possono discendere dai due modelli. Abbiamo perciò sottoposto a un’analisi fattoriale un complesso di indicatori relativi alla fiducia nei confronti delle istituzioni democratiche e nelle personale capacità e possibilità di influenzarle. E’ stata così individuata una prima dimensione latente che può essere interpretata come un orientamento di fiducia nel sistema politico (vedi tab. 1). Tabella 1 - Analisi fattoriale - Indicatori di cultura politica Fattore 1 Fiducia nel Parlamento Fiducia nella Magistratura Fiducia nel Presidente della Repubblica Fiducia nella Pubblica Amministrazione Talvolta la politica sembra così complicata che non si riesce a capire cosa sta succedendo La gente come me non ha alcuna influenza su quello che fa il governo Si interessa di politica Fattore 2 0,721 0,716 0,673 0,660 -0,047 -0,237 0,002 0,000 -0,044 0,772 0,056 0,722 0,187 -0,614 La seconda dimensione può invece essere interpretare come la percezione della propria personale competenza e capacità di intervento nella vita politica. Combinando le due dimensioni, possiamo costruire una tipologie di orientamenti rispetto alla democrazia politica, (vedi figura 1). Figura 1 Fiducia nella personali capacità di influenzare la politica Si Fiducia nelle istituzioni democratiche Si No Partecipi (12,6%) Critici (10,5%) No Sudditi (31,6%) Lontani (45,3%) I quattro tipi di orientamento hanno una immediata interpretazione. a) i partecipi, che manifestano fiducia nel sistema politico e nelle proprie capacità di essere membri attivi della vita politica; 4 b) i critici, che hanno poca fiducia nelle istituzioni politiche ma sono orientati a un ruolo attivo nella vita (1); c) i sudditi, che esprimono fiducia nelle istituzione politiche anche se non si ritengono in grado di influenzarle; d) i lontani, che hanno poca fiducia nei confronti del sistema politico e nelle proprie competenze e capacità di essere membri attivi della comunità politica. La configurazione di orientamenti nei confronti della democrazia politica che si può ricostruire a partire dalle indagini Itanes del 2001 e e del 2004 non appare molto diversa da quella che era stata proposta da Almond e Verba sulla base dei risultati della loro ricerca. Resta prevalente nel nostro paese l’orientamento che unisce una tendenziale sfiducia nel sistema politico a una percezione soggettiva di mancanza di competenze e di interesse per la partecipazione alla vita pubblica. Quasi una metà degli intervistati si colloca infatti nella posizione dei “lontani” dalla politica democratica, che può essere considerata analoga a quella dei “parochial” nella tipologia di Almod e Verba. Un terzo degli intervistati mostra fiducia nel sistema politico, ma non si percepisce come membro competente della vita democratica: la classica posizione che Almond e Verba avevano denominato come "sudditi". Molto meno diffusi appaiono invece gli orientamenti che uniscono la fiducia nelle istituzioni politiche e la percezione soggettiva di impegno e competenza per la partecipazione alla vita democratica. Esiste poi un settore non trascurabile di cittadini orientato alla partecipazione, ma con scarsa fiducia nel sistema politico (i “critici”). Analizzata secondo queste dimensioni, la configurazione generale degli atteggiamenti degli italiani rispetto alla vita politica democratica non sembra molto cambiata rispetto al quadro tracciato da Almond e Verba alla fine degli anni cinquanta. Resta in particolare molto estesa l’area di cittadini sostanzialmente estranei, indifferenti e poco informati rispetto alla vita politica e alle sue contrapposizioni. Possiamo facilmente osservare che queste posizioni decrescono nettamente con l’aumento della istruzione (vedi figura 2). Gli orientamenti alla partecipazione – e, anche se in misura minore, gli atteggiamenti più critici verso le istituzioni sono invece molto più diffusi tra gli intervistati più istruiti, e in generale, di status sociale più elevato. La persistenza dei tratti tipici della cultura politica degli italiani è stata d’altra parte confermata da tutte le ricerche comparative dagli anni sessanta ad oggi. L’interesse per la politica nel nostro paese è sempre risultato molto minore rispetto a quello dei principali paesi europei (2). Molto limitata si è mantenuta d’altra parte la fiducia nei confronti delle istituzioni politiche, nettamente inferiore a quella esistente negli altri stati della Unione Europea. E di conseguenza, è stata sempre molto diffusa risultava nel nostro paese l’insoddisfazione rispetto al funzionamento della democrazia. Anche le ricerche più recenti hanno messo in evidenza la 1 ) Abbiamo definito questo tipo di orientamento nei confronti della politica come "critico", riprendendo il concetto di “critical citizen” proposto da Pippa Norris (1999) . Questa tipologia di orientamenti non era stata tematizzata esplicitamente nella ricerca di Almond e Verba. 2 ) Si possono vedere per un quadro complessivo degli atteggiamenti degli italiani nei confronti della politica i diversi studi comparativi nel volume “Citizens and the State” curato H.D. Kliengeman e D. Fuchs (1995). 5 scarsa fiducia degli italiani nel sistema politico e un livello limitato di interesse e di impegno politico (3) . Figura 2 - Tipi di cultura politica e livello per livello di istruzione 60,0 Lontani 50,0 40,0 Partecipi Sudditi 30,0 20,0 Critici 10,0 0,0 Licenza elementare Licenza media inferiore Diploma media superiore Laurea o diploma universitario 3. Nuovi scenari per la politica Se si mantengono i tratti tipici della cultura politica degli italiani, la crisi dei tradizionali partiti di massa e il nuovo assetto del sistema politico ha però fatto emergere significative trasformazioni negli atteggiamenti di cittadini. Confrontando le opinioni rilevate dall’indagine Itanes del 2004 con quella di venti anni fa, raccolte dallo stesso istituto (4), si possono cogliere alcuni importanti segni di novità. E' cambiata innanzi tutto la rappresentazione dei poteri che governano la società italiana. Si è fortemente ridimensionato, nella percezione dell’opinione pubblica, il potere delle due organizzazioni della rappresentanza (i partiti e i sindacati) che avevano avuto grande rilievo nella vita politica della Prima repubblica (vedi tab. 2). Nella rappresentazione collettiva dei cittadini appare così in crisi il modello che aveva caratterizzato la vita politica dell'Italia dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni ottanta, un modello fondato sulla coesistenza di una società politica forte (la "repubblica dei partiti") con una società civile debole e uno Stato debole (Panebianco 1997, 82). 3 ) Si vedano alcuni studi compativi contenuti nel volume curato da P. Norris, , Critical Citizens: Global Support for Democratic Governance, Oxford, Oxford University Press (1999). 4 ) L’indagine, realizzata dall’Istituto Doxa nel 1985, è stata analizzata nel volume di Mannheimer e Sani (1987).. 6 Tabella 2 - Istituzioni e gruppi con più potere Il Governo La Chiesa I partiti I Sindacati Il crimine organizzato I grandi imprenditori Le banche Le multinazionali Le potenze straniere I mezzi d'informazione Il Presidente della Repubblica Il Parlamento I militari Non so 1985 2004 48,9 30,0 29,1 26,0 23,7 23,6 15,9 15,3 14,3 12,8 12,2 10,9 3,7 33,7 differenza 2004-1985 55,3 6,4 32,0 2,0 16,7 -12,4 13,3 -12,7 24,0 0,3 31,1 7,5 21,6 5,7 28,1 12,8 11,2 -3,1 18,2 5,4 11,2 -1,0 14,8 3,9 3,3 -0,4 19,2 -14,5 Quali nuovo modello possono suggerire le rappresentazioni collettive dei cittadini? Quali attori hanno sostituito il ruolo e la funzione esercitate in passato dalle organizzazioni di rappresentanza politica e sociale? Possiamo osservare un aumento del potere attribuito alle istituzioni politiche (il governo e il parlamento) e anche – in misura più ridotta – alla Chiesa cattolica. Ma soprattutto cresce, nella percezione dei cittadini, il potere attribuito ai principali attori economici (le multinazionali, i grandi imprenditori, le banche) e ai mezzi di informazioni. L'idea che la vita politica e sociale sia sempre di più dominata dalle imprese economiche e da chi controlla i media è particolarmente diffusa tra gli intervistati più istruiti e più impegnati e attenti nella politica (vedi tab. 3 e 4). Tra gli intervistati meno istruiti e più lontani dalla politica é relativamente più rilevante il ruolo attribuito al governo e alla chiesa. Tabella 3 - Istituzioni e gruppi con più potere per livello di istruzione TUTTI Titolo di studio Elementare Media Diploma Laurea inferiore Il Governo 54,3 56,3 55,1 54,1 49,3 La Chiesa 32,8 32,8 38,9 30,7 25,6 I grandi imprenditori 30,7 25,2 30,7 32,2 36,2 Le multinazionali 27,8 12,4 22,1 33,9 48,5 Il crimine organizzato 24,0 17,9 26,5 25,0 25,6 Le banche 22,1 20,7 20,2 23,7 23,7 I mezzi d'informazione 18,2 8,5 14,8 22,8 28,3 I partiti 16,9 17,4 15,8 17,4 16,7 Il Parlamento 14,9 16,0 16,8 13,5 12,9 I Sindacati 13,6 13,8 13,7 13,6 12,4 Le potenze straniere 10,8 7,9 10,0 13,5 8,7 Il Presidente della Repubblica 10,4 17,0 11,5 8,0 4,4 I militari 3,3 5,9 1,9 3,5 1,1 Non so 20,2 48,3 21,9 8,1 6,6 7 Negli ultimi venti anni non è cambiata solo le rappresentazioni collettive dei poteri da cui dipende la vita della società, ma anche la configurazione dei sentimenti che suscita la politica. Si può rilevare infatti un forte crescita dei sentimenti negativi (rabbia, disgusto e diffidenza) parallela a una diminuzione delle espressione di distacco (indifferenza e noia) (5) (vedi tab. 5). Non si manifestano grandi cambiamenti di diffusione per il complesso dei sentimenti positivi (interesse, impegno, entusiasmo, passione) che sono espressi da circa un terzo degli intervistati. I sentimenti più negativi nei confronti della politica si ritrovano fra gli intervistati più lontani dalla politica e in generale tra le persone con minore livello di istruzione (vedi tab. 6 e 7). Ma alcuni sentimenti negativi come la rabbia sono presenti in misura rilevante anche nei settori più istruiti e più orientati alla partecipazione. Questi mutamenti cognitivi ed affettivi della rappresentazione della scena politica può rappresentare una sorta di adattamento da parte dell'opinione pubblica agli eventi politici che si sono registrati nel passaggio dalla Prima alla seconda repubblica. La delegittimazione della classe politica italiana provocata della inchieste della magistratura, e le mutate forme della competizione elettorale, hanno significativamente ridimensionato il ruolo dei partiti nelle rappresentazioni collettive in parallelo alla crescita di sentimenti negativi nei loro confronti anche da parte di settori della popolazione che in passato mantenevano atteggiamenti più distaccati. Emerge d'altra parte, soprattutto nei settori della popolazione più attenti e informati, la percezione di un ridimensionamento complessivo del ruolo e dei poteri degli attori politici a favore delle grandi imprese economiche e finanziarie nel contesto segnato dalla fine della guerra fredda e dallo sviluppo della globalizzazione. Tabella 4 - Istituzioni e gruppi con più potere per tipologia di cultura politica Tipi di cultura politica TUTTI lontani sudditi critici partecipi Il Governo 54,3 52,2 60,8 45,6 54,7 La Chiesa 32,8 34,6 35,2 32,4 20,4 I grandi imprenditori 30,7 28,0 29,6 35,8 39,5 Le multinazionali 27,8 20,6 26,9 39,7 47,1 Il crimine organizzato 24,0 27,3 18,8 27,5 20,2 Le banche 22,1 19,5 23,5 23,6 27,6 I mezzi d'informazione 18,2 13,2 18,5 25,3 30,9 I partiti 16,9 19,4 15,5 12,5 14,2 Il Parlamento 14,9 14,4 19,5 6,7 12,7 I Sindacati 13,5 13,6 12,9 16,7 12,3 Le potenze straniere 10,8 11,9 6,7 17,3 11,2 Il Presidente della Repubblica 10,4 10,2 15,3 4,7 4,8 I militari 3,3 4,2 2,4 1,4 3,5 Non so 20,3 30,9 14,4 10,9 1,0 5 ) Si rileva anche una forte riduzione delle non risposte alla domanda sui sentimenti nei confronti della politica: una posizione che esprime almeno in parte una posizione di distacco motivo dalla politica stessa. 8 Tabella 5 - Sentimenti nei confronti della politica 1985 2004 differenza 2004 - 1985 Entusiasmo Passione Impegno Interesse 3,4 2,6 10,1 26,2 2,9 4,3 8,8 25,7 -0,5 1,7 -1,3 -0,5 Indifferenza Noia 28,6 19,3 20,3 17,2 -8,3 -2,1 Diffidenza Rabbia Disgusto Non sa 30,1 28,5 20,9 30,2 39,0 47,9 28,0 5,9 8,9 19,4 7,1 -24,3 N. 2074 1882 Tabella 6 - Sentimenti nei confronti della politica per titolo di studio TUTTI Titolo di studio Licenza Licenza Diploma Laurea elementare media media inferiore superiore Entusiasmo 2,9 5,3 2,3 2,4 1,9 Passione 4,3 2,8 2,2 5,5 8,3 Impegno 8,8 2,9 4,7 11,2 22,0 Interesse 25,7 13,9 15,6 31,5 51,7 Indifferenza 20,3 29,6 21,3 18,1 7,4 Noia 17,2 19,0 21,0 16,0 8,3 Diffidenza 39,0 32,7 42,5 41,0 35,0 Rabbia 47,9 50,7 51,8 45,7 41,2 Disgusto 28,0 33,9 33,1 24,1 18,9 Non sa 5,9 9,2 5,5 4,5 5,4 Tabella 7 - Sentimenti nei confronti della politica per tipologia di cultura politica TUTTI lontani sudditi critici partecipi Entusiasmo 2,9 2,0 2,7 2,7 Passione 4,3 1,4 2,3 9,8 Impegno 8,8 3,5 8,2 13,8 Interesse 25,7 12,1 27,8 35,4 Indifferenza 20,3 26,9 21,1 9,5 Noia 17,2 22,7 16,5 10,9 Diffidenza 39,0 38,5 45,4 36,7 Rabbia 47,9 50,9 46,1 49,7 Disgusto 28,0 36,2 22,2 28,7 Non sa 5,9 5,9 7,5 2,9 9 7,0 15,4 25,2 60,9 3,6 4,3 26,4 40,2 12,6 4,4 4. La diffusione del populismo in Italia Campagne contro la classe politica, le istituzioni e i partiti politici erano state sviluppate in diversi momenti del dopoguerra. Le battaglie contro la partitocrazia gestite da diversi tipi di formazioni politiche, dall’Uomo Qualunque di Giannini al Partito Radicale di Pannella, avevano conosciuto momenti di successo, senza però modificare in modo significativo il sistema dei partiti e la cultura politica degli italiani (Mastropaolo 2000; Tarchi 2003). Negli anni novanta la mobilitazione dell’antipolitica sviluppata da diversi attori politici ha avuto un ruolo decisivo nella la crisi della Prima repubblica, e ha favorito la nascita un nuovo sistema dei partiti e l’affermazione di nuovi stili di comunicazione politica. In Italia lo spazio disponibile nel nostro paese per la mobilitazione populista non è stato occupato da un partito della destra tradizionale come Movimento Sociale Italiano, affine al Front Nazional per riferimenti storici e tradizione ideologica. Questo spazio è stato scoperto e valorizzato dalla Lega Nord e successivamente utilizzato da Forza Italia. La proposta politica delle formazioni populiste, in Italia come negli altri paesi europei unisce tre componenti fondamentali: a) la delegittimazione dei partiti e della classe politica, estesa alle istituzioni della democrazia rappresentativa (il parlamento) e la valorizzazione delle forme di democrazia diretta e plebiscitaria che affidano a un leader carismatico il compito di interpretare la volontà popolare; b) un’idea di popolo costituita dalla gente comune, poco attenta ed impegnata nella vita politica e diffidente verso le élite economiche, politiche ed intellettuali; c) il collegamento dei problemi e delle paure suscitate dalle trasformazioni dell'economia e della vita sociale alla presenza degli immigrati, presentati come responsabilità dell'aumento della criminalità, del degrado delle aree urbane, dell'inefficienza dei servizi sociali. Come è possibile rilevare la penetrazione di orientamenti e atteggiamenti populisti nel nostro paese? Come si sono legati questi orientamenti con le posizioni politiche e le tradizioni culturali che caratterizzano il nostro paese? Per costruire un indice di populismo abbiamo studiato una serie di indicatori che si riferiscono alle più importanti dimensioni spesso evocate dal discorso politico dei leader e delle formazioni populiste (6). La prima è la mobilitazione dell’antipolitica: le posizioni di critica, di disaffezione e di estraneità al funzionamento delle istituzioni democratiche e dei principali attori politici. Questa dimensione si basa sul risentimento che nasce dalle sensazioni di espropriazione della sovranità popolare e di tradimento dell’idea del popolo-sovrano (Mèny e Surel 2000, 173-180). La seconda dimensione è la mobilitazione dell’ostilità nei confronti degli immigrati extracomunitari. I poteri politici esistenti sono criticati per la mancanza di tutela delle caratteristiche etnoculturali del popolo, e per il tradimento dell’idea del popolo-nazione (cit. 187-196). Tutte le formazioni populiste hanno proposto il principio di rappresentanza che per primo aveva indicato il Front National: l'idea di un primato, o di una priorità nazionale per la titolarità dei diritti e l'accesso alle risorse locali. Di fronte agli immigrati e all'Europa questo 6 ) Per la costruzione di un indice degli orientamenti populisti che utilizza indicatori analoghi, riferiti al contesto francese si può vedere Le Gall (1996) 10 principio sostituisce in modo efficace l'antica retorica nazionalista, e favorisce identificazione e riconoscimento soprattutto fra i ceti popolari. La terza dimensione è la domanda di autorità, che trova espressione nel particolare ruolo attribuito ai leader populisti. La espressione del patrimonio e della autentica volontà popolare non è ritenuta gestibile 'razionalmente' (attraverso regole e le procedure della democrazia formale), ma può essere essenzialmente intuita e gestita solo da una particolare figura di leader forte: è costitutivo del populismo il legame fra "la supremazia della volontà del popolo e la relazione diretta fra popolo e leadership" (Shils 1954). Utilizzando i dati raccolti da due sondaggi Itanes (2001 e 2004) abbiamo realizzato una analisi fattoriale di undici indicatori relativi alle tematiche evocate dalla comunicazione populista. Si possono identificare facilmente le tre dimensioni: etnocentrismo, antipolitica e domanda di autorità (autoritarismo). Vengono riportate in tabella 8 le correlazioni dei tre fattori con le variabili osservate. Si possono così costruire tre indici per cogliere la diffusione dei tre tipi di orientamenti proposte dalle formazioni populiste. Le tre dimensioni appaiono distinte, ma presentano fra loro connessioni non trascurabili (vedi tab. 9). Sono in particolare rilevanti le relazioni fra l’autoritarismo e l’etnocentrismo, anche se la connessione appare meno forte di quella proposta nella classica ricerca di Adorno sulla personalità autoritaria (Adorno et al. , 190, 332). Combinando gli indici relativi alle tre dimensioni, è possibile costruire un indice complessivo per rilevare la penetrazione degli gli orientamenti populisti. Per semplificare l’analisi della diffusione degli orientamenti populisti in diversi settori della popolazione, abbiamo dicotomizzato gli indici costruiti (7). Tabella 8 - Analisi fattoriale degli indicatori di populismo Fattore 1 Fattore 2 Fattore 3 Gli immigrati costituiscono una minaccia per l occupazione Gli immigrati costituiscono una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza Gli immigrati sono un pericolo per la nostra cultura e per la nostra identità In condizioni di scarsità di lavoro, si dovrebbe dare la precedenza agli italiani rispetto a immigrati I dirigenti politici sono in maggioranza corrotti Negli ultimi vent'anni, la classe dirigente italiana ha completamente fallito Che governi la destra o la sinistra, le cose non cambiano Di fronte alla giustizia, ci sono due pesi e due misure Preferenza per leader forte. Oggi in politica è meglio che a decidere sia uno solo e rapidamente Oggi in Italia c'è bisogno di un leader forte 7 0,82 0,81 0,12 0,07 0,12 0,15 0,81 0,71 0,06 0,09 0,13 0,14 0,12 0,03 0,02 0,13 0,21 0,21 0,05 0,80 0,68 0,67 0,66 0,03 0,00 0,27 0,04 0,12 0,18 -0,04 0,81 0,74 0,65 ) Gli indici sono stati inizialmente costruiti con una scala da 0 a 100. Si è attribuito un orientamento (populismo, etnocentrismo, antipolitica, autoritarismo) a un intervistato se il rispettivo indice superava il punteggio di 60. 11 Tabelle 9 - correlazioni fra gli indici di orientamento populista POPULISMO ETNOCENTRISMO ANTIPOLITICA AUTORITARISMO POPULISMO ETNOCENTRISMO ANTIPOLITICA AUTORITARISMO 1,00 0,77 0,61 0,77 0,77 1,00 0,20 0,36 0,61 0,20 1,00 0,26 0,77 0,36 0,26 1,00 Possiamo rilevare un chiara connessione fra la tipologia di orientamenti nei confronti della politica e gli orientamenti populisti (vedi tabella 10). La penetrazione delle idee populiste è stata particolarmente forte nei settori della popolazione che avevamo definito “lontani” dalla vita politica democratica. In questo settore della popolazione trovano ampio spazio tutte le componenti del populismo: l’etnocentrismo, la domanda di autorità e soprattutto antipolitica. Emerge poi un forte legame fra a penetrazione degli orientamenti populisti, la disponibilità di risorse culturali e la posizione sociale. Questo orientamenti hanno avuto una diffusione limitata tra gli intervistati più istruiti, mentre appaiono largamente condivisi dai settori della popolazione che non hanno superato il livello della scuola dell’obbligo (vedi figura. 3). In generale si può osservare come la penetrazione delle diverse dimensioni degli orientamenti populisti (etnocentrismo, antipolitica e domanda di autorità) sia stata rilevante in tutti i settori popolari: operai, lavoratori autonomi, disoccupati, casalinghe e pensionati (vedi tabella 11). Tabella 10 - Orientamenti populisti per tipologia di cultura politica populismo etnocentrismo antipolitica autoritarismo Tipologia di cultura politica 49,6 71,3 56,0 lontani 59,4 sudditi 46,0 39,4 49,8 47,2 critici 38,2 32,6 46,9 47,6 partecipi 21,3 19,3 20,1 35,1 TUTTI 48,1 40,8 55,5 49,7 Tabella 11 - Orientamenti populisti per posizione professionale populismo etnocentrismo antipolitica autoritarismo Imprenditori - Liberi professionisti e dirigenti Impiegati e insegnati Artigiani e commercianti Altri autonomi Operai Lav. atipici Pensionato Casalinga Studente Altri non occupati TUTTI 23,7 31,9 52,0 54,6 50,2 42,4 56,3 57,5 27,7 62,8 48,1 29,1 29,1 40,1 44,1 39,0 35,9 47,9 47,5 27,0 50,3 40,8 12 32,4 45,1 52,5 45,9 60,5 64,7 60,2 63,7 38,3 71,2 55,5 36,1 36,6 55,9 49,8 54,2 35,7 57,1 51,2 37,7 61,3 49,7 Figura 3 - Orintamenti populisti per livello di istruzione 80,0 70,0 Antipolitica 60,0 50,0 Etnocentrismo 40,0 Autoritariemo 30,0 Populismo 20,0 10,0 0,0 Licenza elementare Licenza media inferiore Diploma media superiore Laurea o diploma universitario Nel contesti della crisi politica della Prime repubblica, i settori della popolazione più estranei rispetto alla politica, e in generale i settori meno dotati di risorse culturali ed economiche, sono stati in moti casi raggiunti e parzialmente coinvolti proposte dalle formazioni politiche populiste: Il sistema dei media ha svolto spesso una funzione di cassa di risonanza per la diffusione delle idee e delle tematiche tipiche della protesta populista (Biorcio 2003). 4.. Populismo e orientamenti politici La diffusione del populismo in Italia è stata fortemente intrecciata ai successi elettorali della Lega prima e di Forza Italia poi. Questi attori politici, e in soprattutto i loro leader, hanno saputo utilizzato le idee populiste per la conquista del consenso elettorale, e al tempo stesso hanno fornito alle tematiche tipiche del populismo visibilità, risonanza e legittimazione. Si può rilevare dalle indagini Itanes del 2001 e del 2004 come siano particolarmente diffuse tra gli elettori della Lega Nord e di Forza Italia le diverse componenti dell’orientamento populista. Questi atteggiamenti sono largamente condivisi in generale fra gli intervistati che hanno votato per la Casa delle Libertà nel 2001. Fanno eccezione gli elettori dei partiti ex-democristiani (CCD i CDU), che risultano coinvolti in misura molto limitata dall’etnocentrismo, dall’antipolitica e dalla domanda di autorità. La diffusione del populismo è invece molto più ridotto fra gli elettori dell’Ulivo e di tutti i partiti di centrosinistra. Fra gli elettori che 13 dichiarano di essersi astenuti nelle ultime elezioni è elevata la diffusione degli orientamenti populisti, in particolare degli atteggiamenti di tipo antipolitico e autoritario. Tabella 12 - Orientamenti populisti e scelte elettorali nel 2001 autoritoritarismo populismo etnocentrismo antipolitica Voto maggioritario Casa delle liberta 60,2 48,5 55,5 65,8 Ulivo 30,6 28,4 50,6 26,7 Altro 40,9 41,1 50,4 47,3 Astenuti 53,1 37,0 71,4 56,2 Non risponde 51,1 43,8 62,0 51,8 Voto proporzionale Lega Nord Forza Italia Alleanza Nazionale Ccd-Cdu (Biancofiore) La Margherita Democratici di sinistra Il Girasole (Verdi - Sdi) Rifondazione comunista Lista Bonino\Radicali Altri Astenuti Non risponde 65,0 63,5 60,9 25,3 33,4 29,9 25,5 24,4 38,0 40,0 59,6 50,0 63,4 51,5 46,1 16,1 27,7 29,3 20,3 27,7 17,0 49,0 45,2 43,4 66,3 58,4 54,3 26,1 50,6 48,4 56,5 51,1 52,9 63,0 69,1 60,1 63,9 67,5 67,7 32,8 31,8 23,6 35,4 28,2 57,5 47,7 66,6 50,2 La diffusione del populismo in Italia ha avuto un rilevante influenza sulla ridefinizione degli orientamenti politici di massa. Le diverse contrapposizioni esistenti nel nostro sistema politico spno state tradizionalmente rappresentate, nel discorso dei politici e nel senso comune degli elettori, facendo riferimento principalmente alla dimensione sinistra/destra. Questa dimensione ha rappresentato per gli elettori un criterio per semplificare la complessità della politica, e veniva collegata di regola a "pacchetti di issues...una serie di prese di posizione su una serie di questioni controverse" (Sartori 1982, 256). La dimensione sinistra/destra ha mantenuto al tempo stesso anche un significato generale come espressione dei principali conflitti, in particolare del conflitto capitale/lavoro, e ne rappresentava un interpretazione ideologica (Fuchs e Klingemann, 1990, 207). Ai contenuti tradizionali che hanno storicamente caratterizzato la competizione sull'asse sinistra/destra, si sono associati negli ultimi decenni nuovi contenuti diversi, che hanno esteso il significato del principale asse di conflittualità politica. In Italia come in diversi paesi europei, una significativa si è realizzata una significativa associazione degli orientamenti populisti con la collocazione degli intervistati sull’asse destra/sinistra. Possiamo osservare dalla figura 4 come, in generale, tende ad aumentare la diffusione del populismo passando dalle posizioni di sinistra a quelle di destra. Crescono in particolare i livelli di etnocentrismo e autoritarismo. L’antipolitica risulta invece molto diffusa in tutte le aree politiche. Anche tra gli intervistati che rifiutano di collocarsi sull’asse destra-sinistra è elevata la diffusione di orientamenti populisti. Sono in particolare diffusi in questo segmento della popolazione, così come tra gli elettori astensionisti, gli orientamenti di tipo antipolitico. Per questo segmento dell’elettorato, che non trova una 14 collocazione nella tradizionale dimensione sinistra/destra, le idee populiste possono rappresentare comunque un elementare orientamento politico che può influenzare le possibili scelte elettorali. Figura 4 - Orintamenti populisti e autocollocazione politica 80,0 Autoritarismo 70,0 Populism o 60,0 Antipolitica 50,0 40,0 Etnocentrismo 30,0 20,0 10,0 0,0 sinistra centrosinistra centro centrodestra destra non collocato Negli anni novanta diversi settori della popolazione che in passato erano più lontani dalla politica e apparivano soprattutto emotivamente distaccati hanno maturato sentimenti negativi nei confronti del comportamento dei partiti e dalla classe politica. Si è così creata un'ampia base di riferimento per gli imprenditori dell'antipolitica, che hanno potuto conquistare un ampio consenso elettorale. Lo spazio disponibile nel nostro paese per l’agitazione e la politica populista è d’altra parte molto più ampio di quello esistente in gran parte dei paesi europei. In Italia hanno infatti assunto grande rilevo e si sono intrecciate e rafforzate reciprocamente, le tre dinamiche che hanno favorito l’affermazione dei movimenti populisti in Europa negli ultimi venti anni: a) l’indebolimento della capacità di mediazione dei partiti di massa; b) il peso crescente della ladership personale; c) la crescita dell’influenza dei media e soprattutto della televisione sulla politica (Mèny e Surel 2000, 85-124). Nel corso della crisi della Prima Repubblica si è allargato il settore dell’elettorato sensibile alle proposte populiste, un elettorato composto in gran parte da persone con basso livello di istruzione, e comprende soprattutto operai, disoccupati, commercianti e artigiani. Questo segmento dell’elettorato si è caratterizzato da un lato per il livello più elevato di sfiducia nelle istituzioni e negli attori politici, dall’altro per un livello ancora più elevato di etnocentrismo. In Italia come negli altri paesi europei, le formazioni politiche populiste hanno fondato le loro possibilità di successo sulle qualità attribuite a un leader forte, capace di creare un riferimento significativo per ampi settori della popolazione.. 15 Riferimenti bibliografici Adorno T.H., Frenkel-Brunswik E., Levinson D.J. e Nevitt Sanford R., (1950), The Autroritarian Personality, New York, Harper, tr. it. La personalità autoritaria, Milano, Comunità, 1973. Almond, G.A. e Verba S. 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