Mamma, ti presento
MARIA
IL SOGNO DI DEAN
Jean Bruschini
Edizioni Estro-Verso
Premessa
Lo scopo di questo libro è solo divulgativo, l’autore non intende promuovere o invitare i lettori al consumo e alla diffusione di sostanze illegali. Giancarlo Bruschini non è un
medico ma un ricercatore, già conosciuto per aver studiato
in passato e diffuso pubblicazioni ed articoli su altre piante
medicinali, tenendo conferenze in molte città italiane; ha
collaborato con molti medici, veterinari, aziende e riviste di
settore. Il libro nasce per informare e far conoscere gli usi e
la vera storia di una pianta millenaria, le leggi in vigore, gli
impieghi industriali e in medicina.
La marijuana è illegale nel nostro paese e spesso si accendono aspri dibattiti per la sua legalizzazione; c’è chi vorrebbe strapparla dal monopolio della criminalità organizzata,
chi invece ne evidenzia le proprie capacità terapeutiche.
In Europa, soltanto nei Paesi Bassi è legale, mentre in altri
paesi del mondo è utilizzabile per scopi terapeutici. Una ricerca dell’università di Tel Aviv, capitale di Israele, in questi giorni sta alimentando il dibattito sulla cannabis, vista
la notizia secondo cui, la stessa ricerca afferma che varie
sostanze presenti nella marijuana potrebbero essere utilissime nella cura della sclerosi multipla. In particolare, gli
scienziati israeliani hanno evidenziato che alcuni composti
chimici della marijuana potrebbero allontanare il rischio di
infiammazione nel cervello e nel midollo spinale.
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MAMMA, TI PRESENTO MARIA
Introduzione
Il presente testo, frutto di attente ricerche, è rivolto a coloro
che desiderano acquisire informazioni basilari sulla Cannabis, sui suoi usi in campo medico, tessile e ricreativo, sulla
sua storia e sul perché in alcuni paesi è penalizzata e in altri
legalizzata.
Il mio consiglio personale, rivolto al lettore, è quello di dimenticare (per almeno un momento) tutte le nozioni già assorbite in precedenza e i tanti luoghi comuni, abbandonandosi alla lettura in modo neutrale.
D’altra parte, in qualità di autore, non intendo invitare nessuno a far uso di sostanze ritenute illegali nel nostro paese.
Benché il libro non pretenda di affrontare in modo esaustivo
gli argomenti, è stato volutamente concepito per offrire una
visione scorrevole della storia, partendo dall’antica Cina,
fino ad arrivare ai nostri giorni. Un genitore attento, dopo
aver letto il presente testo, saprà affrontare meglio l’argomento con i propri figli.
“Questo libro tratta di sostanze stupefacenti. I dati
presenti hanno solo un fine informativo, non esortativo ed in alcun caso medico.”
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ETIMOLOGIA
L’origine etimologica del termine Marijuana, Marihuana o
Mariguana è ancora incerta, ma secondo alcuni deriverebbe
dallo spagnolo-messicano o dalla lingua uto-Azteca Nahuatl
(mallihuan= prigioniero). Tale etimologia è stata resa popolare da Harry J. Anslinger nel 1930, durante le sue campagne contro la droga. Tuttavia, il linguista Jason D. Haugen approfondì lo studio etimologico, definendo il termine
“mallihuan” soltanto un caso di omofonia, per via della sua
somiglianza fonetica.
Altre varianti includono marihuma, coniato nel 1905, marihuano nel 1912, e marahuana nel 1914. Attualmente, tuttavia, sia il farmaco che la pianta sono comunemente noti
come “cannabis” o “canapa”. “Marijuana” è ad oggi il termine anglofono scelto come nome ufficiale, alternativo ad altri
termini stranieri.
In realtà, questa voce non si riferisce alla pianta della Cannabis, ma soltanto alle infiorescenze femminili essiccate
della stessa, appartenente al genotipo THCAS. Tutte le varietà di canapa contengono percentuali più o meno variabili di sostanze psico-attive, definite stupefacenti, tra cui il
Delta-9-tetraidrocannabinolo, il principio attivo per il quale
la canapa è stata bandita in molti paesi del mondo e definita
oggi droga “leggera”.
Il trattato unico internazionale sulla nomenclatura degli
stupefacenti (Single Convention on Narcotic Drugs) ha adottato nel 1961 il nome Marijuana per definire ufficialmente
la questione legata al nome della droga, chiamata ormai nel
mondo con oltre trecento nomi diversi, tra cui ganja, pot,
kif o hemp.
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Per comprendere meglio il significato dei termini che indicano la cannabis, dobbiamo fare un bel salto indietro nel tempo, poiché ritroviamo la radice “kan”, “hemp” o “cane” nei
gruppi linguistici Indo-europeo e Semitico, mentre il suffisso “bis” sarebbe più tardivo, legato all’ebraico e all’aramaico
“bosm” e “busma”, col significato di “profumato”, “odoroso”
o “aromatico” (S. Benetowa in The Book of Grass). Uno dei
riferimenti più antichi (circa VIII a.C.) è da attribuire ad una
tavoletta d’argilla recuperata nel sito in cui sorgeva l’antica biblioteca del re assiro Assurbanipal (VIII a.C.), la quale
menziona questa pianta chiamandola “qunubu”, termine
sorprendentemente somigliante al semitico “kanbos” e allo
sciita “cannabis”, dimostrando come l’origine etimologica sia
fortemente legata all’Asia Minore, antiche aree geografiche
largamente impegnate nella produzione e alla lavorazione di
tessuti. Sempre in Mesopotamia, nel sito dell’antica Catal
Huyuk, è stato scoperto un antico frammento di tessuto di
canapa, anche se i primi usi documentati sull’uso della canapa come fibra tessile e medicina risalgano al XXVII secolo
prima di Cristo. La raccolta collettiva della cannabis era indubbiamente un’attività di festa per molte popolazioni antiche, poiché le esalazioni aromatiche prodotte dalle piante
mature producevano un effetto euforico sui partecipanti,
trasformando tali momenti in rituali mistici e religiosi.
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L’etimologista semitica Sula Benet, studiando antichi testi
come il Talmud, ha associato il termine qeneh-bosm alla
cannabis riscontrando alcuni riferimenti, come nel libro di
Abel 19:80, a dimostrazione dell’uso e della conoscenza della pianta già in tempi remoti.
Marco Polo, riferiva che Hasan ibn al-Sabbah, ismaelita
capo della setta degli “Assassini” (il termine deriva appunto
da hashish) tra il 1090 e il 1256 dC avrebbe reclutato seguaci al fine di commettere omicidi.
Secondo la leggenda, Hasan ibn al-Sabbah portava i futuri
sicari in un giardino meraviglioso, dove gli somministrava
un forte infuso di hashish e mentre erano inebriati gli offriva ogni tipo di delizie; poi diceva loro che sarebbero potuti
tornare in quel giardino solo come premio, se avessero seguito i suoi ordini, portando a termine le sue battaglie.
I commercianti arabi, in seguito, portarono la cannabis sulla costa africana del Mozambico; nel 1378 l’ottomano Emir
Soudoun Scheikhouni rilasciò uno dei primi editti contro il
consumo di hashish rendendo l’uso illegale.
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Per millenni fu coltivata largamente (almeno dal 4000 a.C.)
e da essa si ottenevano fibre, tessuti, olio, carta, incenso,
medicina e cibo. La troviamo nominata praticamente in tutti i testi antichi da Babilonesi, Persiani, Ebrei e Caldei.
Le sue proprieta’ terapeutiche erano già note agli antichi
abitanti di India, Cina, Medio Oriente, Asia Sud - Orientale,
Sud Africa e Sud America. La coltivazione della cannabis
è stata da sempre la piu’ diffusa sul pianeta, fin quando il
proibizionismo ne decretò la sua fine, come vedremo più
avanti.
Rappresentazione di Hasan ibn al-Sabbah
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STORIA
Per avere un quadro completo della materia, occorre conoscere la storia di questa pianta millenaria.
Le prime informazioni sull’uso documentato della cannabis
risalgono a circa 10 mila anni fa e provengono da un antico
villaggio dell’isola di Taiwan, al largo della costa della Cina
continentale. I cinesi avrebbero utilizzato la pianta di canapa per creare scarpe e vestiti. Molti antichi manoscritti
cinesi sono pieni di passaggi che invitano le persone a piantare la canapa a questo scopo. Dal momento che il cibo era
essenziale, le coltivazioni principali erano costituite essenzialmente da riso e miglio, orti e frutteti, seguite da piante
tessili, cioè canapa. I cinesi sapevano distinguere le piante
di canapa maschili (HSI) da quelle femminili (CHU). Ad uso
tessile le piante migliori sono quelle maschili, poiché producono una fibra superiore, mentre solo le piante femminili
producono infiorescenze con principi attivi (THC), la famosa
Marijuana tanto ricercata dai fumatori.
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L’imperatore cinese Shen-Nung, vissuto intorno al 28° secolo aC., è stato forse il primo a sperimentare la canapa per
scopi curativi. La pianta di cannabis veniva utilizzata principalmente per curare i reumatismi, la gotta, la malaria, e
varie altre malattie.
Col tempo questa pianta si diffuse in India, dove il suo sviluppo iniziò a crescere maggiormente. I quattro libri sacri
chiamati ​​“Veda”, oltre a descrivere guerre, battaglie e conquiste, narrano di come il Dio “Shiva” portò la marijuana
dall’Himalaya affinché ne traessere piacere. Sempre secondo i Veda, un bel giorno il dio Shiva, dopo un diverbio “familiare”, se ne andò per campi e trovò riparo dal sole sotto
un’alta pianta di marijuana, incuriosito da quel vegetale che
lo aveva riparato dal sole, decise di mangiarne alcune foglie,
divenendo così il “Signore di Bhang”.
Il termine Bhang si riferisce qui a una sorta di bevanda realizzata con le sue foglie, in grado di provocare un effetto stupefacente. “Ganja” e “Charas”, invece, sono due altri nomi
dati ad ulteriori bevande: Ganja si prepara con i fiori e le
foglie superiori della marijuana ed è più potente di Bhang;
Charas, il più potente dei tre intrugli, si ottiene con i fiori
della pianta giunti al culmine della fioritura.
Quest’ultima bevanda contiene una quantità maggiore di
resina e produce un effetto più forte. In India il Bhang viene
ancora oggi preparato in forma alcolica e viene bevuto durante riunioni sociali e religiose come i matrimoni.
Secondo la tradizione allontanerebbe gli spiriti maligni dagli
sposi ed è segno di ospitalità offrire la bevanda come benvenuto.
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La storia del Bhang ha origini profonde e non può essere
associata semplicemente allo svago: i guerrieri avevano bisogno di una “spinta” prima della battaglia, un po’ come i
soldati occidentali che bevono un bicchierino di whisky e
bevevano il Bhang prima di partire per la guerra.
Un documento indiano del 15° secolo attribuiva al Bhang
potenti effetti spirituali, poiché in grado di portare “luce al
cuore”, rendere “gioiosi”, e infondere “ispirazione”, illuminando mente e corpo. I santoni indiani fanno ancora oggi
uso del Bhang per facilitare la comunicazione con le divinità. Secondo una leggenda, la razione alimentare giornaliera
di Siddhartha Gautama (meglio conosciuto come Gautama
Buddha, o semplicemente Buddha) consisteva in un solo
seme di marijuana e niente altro durante i suoi sei anni di
ascesi; cosa ovviamente improbabile, ma la canapa ha sempre rivestito un’importanza enorme per le antiche popolazioni, sia a livello spirituale che per la cura del corpo.
Col passar del tempo, diffondendosi gli ariani in Persia, Grecia e, in seguito, Francia, Germania e altri paesi, cominciarono a portare la cultura indiana e l’uso della marijuana
ovunque attraverso il commercio e con le guerre.
Il profeta persiano “Zoroastro” intorno al 7 ° secolo a.C.
scrisse il “Zend-Avesta”, la controparte persiana de i Veda.
Secondo il Professore Mirceau Eliade, storico delle religioni ,
scrittore e viaggiatore rumeno, Zoroastro faceva uso costante di Bhang per colmare il divario metafisico tra cielo e terra.
Faravahar, spirito guardiano,
uno dei simboli principali dello
Zoroastrismo
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Col tempo, quindi, la marijuana si siffuse in Grecia, grazie
al duplice uso della canapa che la rendeva ancora più preziosa: ottima fibra tessile e sostanza in grado di alterare la
mente.
A partire dal 6 ° secolo a.C. i mercanti greci intentarono un
business redditizio mediante il trasporto di fibra di canapa
lungo il Mar Egeo. A differenza delle precedenti popolazioni, i greci seppero sfruttare maggiormente le qualità tessili
della canapa, acquisendo enorme esperienza, sfruttandola
comunque come rimedio per il mal di schiena già dal 4° secolo a.C.
Eccola infine nell’impero romano, ma l’Imperatore Aureliano nel 3° secolo d.C. impose subito una tassa sulla canapa
egiziana (si sa che le tasse sono tipicamente italiane ed è la
prima volta che la canapa viene tassata). Lo storico greco
Erodoto riferiva che gli Sciti mangiavano ritualmente semi
di cannabis tra il 500 a.C. e il 100 a.C.
Con lo spargersi della notizia circa l’effetto euforizzante della pianta, il suo uso ricreativo iniziò a diffondersi attraverso
il Medio Oriente. Qui dalla resina compressa della cannabis
venivano realizzati panetti di hashish.
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L’hashish o hascisc è una sostanza stupefacente psicotropa
derivata dalle infiorescenze femminili della pianta di Cannabis, i cui effetti sono dovuti alla presenza di Δ9-THC in essa
contenuto in quantità maggiore rispetto alle infiorescenze
(marijuana). In Italia l’hashish viene gergalmente chiamato
“fumo”. La teoria secondo cui il nome deriverebbe dalla setta degli Assassini (di cui già abbiamo parlato) non gode del
consenso degli storici, i quali hanno stabilito che il termine
arabo hašīš va tradotto semplicemente “erba”.
Come già affermato in precedenza, il “Vecchio della montagna”, capo del gruppo, portava i futuri sicari in un giardino
meraviglioso, dove gli somministrava un infuso di hashish e
mentre erano inebriati gli offriva ogni tipo di delizie; poi diceva loro che sarebbero potuti tornare in quel giardino solo
come premio, se avessero seguito i suoi ordini, portando a
termine gli omicidi politici di cui si erano fatte promotrici le
organizzazioni di Alamūt e di Masyaf.
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6000 a.C.
I semi della Cannabis vengono usati come cibo in Cina.
4000 a.C.
Tessuti fatti di canapa vengono usati in Cina.
(J. Ott, Pharmacotheon)
2727 a.C.
Prima registrazione nella farmacopea cinese dell’uso della
cannabis come medicina.
1500 a.C.
La cannabis viene coltivata in Cina come cibo e fibra tessile.
Gli Sciti (popolazione seminomade di origine iranica) coltivano la cannabis e la usano per tessere fini tessuti di canapa. (Sumach 1975)
1200-800 a.C.
La cannabis è descritta nel testo sacro Indù Atharvaveda
(Scienza degli incantesimi) come “Erba Sacra”, una delle
cinque piante sacre dell’India. Veniva usata in medicina e
nei riti sacri come offerta a Shiva.
700-600 a.C.
Lo Zen-Avesta, un antico testo religioso della Persia composto di diverse centinaia di volumi, secondo alcuni scritto da
Zaratustra (Zoroaster), fa riferimento al Bhang (un composto di foglie e semi di cannabis fumato, masticato, mangiato
o infuso come bevanda per ottenere un moderato stato di
euforia) come il “buon narcotico” di Zaratustra (Vendidad or
The Law Against Demons)
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700-300 a.C.
Le tribù Scite depongono semi di cannabis come offerte nelle tombe reali.
500 a.C.
In una tomba Scita furono ritrovati alla fine degli anni ‘40
i resti di una coppia. Attaccato a un bastone fu rinvenuto
un sacchetto di pelle decorata contenente semi di cannabis
selvatica. Il luogo di sepoltura si trova in Pazkyr, l’attuale
Kazakistan. Gli Sciti introducono la canapa nel Nord Europa. Un’urna contenente foglie e semi della pianta, ritrovata
in uno scavo vicini a Berlino, è datata attorno a questo periodo.
500-100 a.C.
La canapa si diffonde in tutta l’Europa del nord.
430 a.C.
Erodoto cita l’uso sia rituale sia ricreativo della cannabis da
parte degli Sciti. (Erodoto, Storie, 430 a.C. tradotto da G.
Rawlison).
100-0 a.C.
Pen Ts’ao Ching descrive le proprietà psicotropiche della
cannabis nell’erbario che viene attribuito a un imperatore.
0-100 d.C.
Recente ritrovamento di una scatola di pasta di vetro e oro
Samaritana per la conservazione di hashish, coriandolo o
sale, sepolta in una tomba della Siberia risalente al 100 d.C.
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70 d.C.
Dioscoride menziona l’uso della Cannabis ad uso terapeutico presso i Romani.
170 d.C.
Galeno (un romano) allude ai poteri psicoattivi dei preparati
di semi di Cannabis.
500-600 d.C.
Il Talmud menziona le proprietà euforiche della Cannabis.
(Abel 19:80)
900-1000 d.C.
Studiosi discutono i pro e i contro del mangiare hashish.
L’uso si diffonde in tutta l’Arabia.
1090-1256 d.C.
In Khorasan, Persia, Hasan ibn al-Sabbah, il Vecchio della
Montagna, recluta seguaci per commettere omicidi. Queste
leggende sono alcune delle prime storie scritte sulla scoperta dei poteri inebrianti della cannabis e del supposto uso di
hashish.
1200
La cannabis viene introdotta in Egitto durante la dinastia
Ayyubid, da parte di mistici devoti provenienti dalla Siria.
(M.K. Hussein 1957 – Soueif 1972) Fumare hashish diventa
molto popolare nel Medio Oriente. Nascita della leggenda
persiana della scoperta personale della cannabis da parte
del maestro sufi Sheikh Haidar di Khorasan e conseguente
diffusione della leggenda in Iraq, Bahrain, Egitto e Siria.
Questo è un altro dei primi scritti narrativi sull’uso della
cannabis come inebriante.
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1231
L’hashish viene introdotto in Iraq nel regno del Califo Mustansir (Rosenthal 1971)
1271-1295
Si svolgono i viaggi di Marco Polo, durante i quali egli fornisce un resoconto di seconda mano della storia di Hasan ibn
al-Sabbah e dei suoi “assassini” che usano hashish. Questa
è la prima volta che rapporti sulla Cannabis vengono portati
all’attenzione dell’Europa.
1300
Viene scritta la monografia più antica riguardante l’hashish,
Zahr-al-arish fi tarhim al-hashish. Poi andata persa.
Ibn al-Baytar di Spagna fornisce una descrizione della cannabis psicoattiva.
Nello stesso periodo i mercanti arabi portano la cannabis
sulle coste africane del Mozambico.
1378
L’emiro ottomano Soudoun Scheikhouni pubblica uno dei
primi editti contro l’uso di mangiare hashish.
1526
Babur Nama, primo imperatore e fondatore dell’impero
Mughal viene a conoscenza dell’hashish in Afganistan.
1650
Il poema epico, Benk u Bode, del poeta Mohammed Edn
Soleiman Foruli di Baghdag, tratta allegoricamente di una
battaglia dialettica tra vino e hashish.
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1700
L’uso di hashish, alcool e oppio si diffonde tra le popolazioni
occupate di Costantinopoli.
Tardo 1700
L’hashish diviene uno dei maggiori beni commerciali tra l’Asia centrale e quella del sud.
1809
Antoine Sylvestre de Sacy, un arabista importante, rivela
l’etimologia delle parole “assassino” e “hashashin”.
1840
In America, preparati medicinali a base di cannabis diventano disponibili. L’hashish è disponibile nelle farmacie persiane.
1843
Le Club des Hashischins o Il Club dell’Hashish, viene fondato a Parigi.
Dopo il 1850
L’hashish appare in Grecia.
1856
Gli inglesi tassano il commercio di ganja e charas (due prodotti della Cannabis).
1870-1880
Primo rapporto di fumo di hashish in Grecia.
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1875
Viene introdotta in Grecia la coltivazione dell’hashish.
1877
Kerr riporta il commercio di ganja e di charasin sull’ India.
1890
Il Dipartimento degli Interni greco proibisce l’importazione,
la coltivazione e l’uso di hashish.
L’hashish diventa illegale in Turchia.
1893-1894
Viene pubblicato il Rapporto della Commissione per le Droghe della Canapa Indiana.
Da 70.000 a 80.000 chili di hashish vengono importati legalmente dall’India all’Asia centrale ogni anno.
1900
Fumare hashish diventa una pratica molto popolare nel Medio Oriente.
1915-1927
La cannabis comincia a essere vietata per l’uso non medico
negli Stati Uniti, specialmente negli stati del sud ovest…
California (1915), Texas (1919) e stato di New York (1927).
L’hashish è importato di contrabbando da Grecia, Siria, Libano, Turchia, e Asia centrale.
1926
La produzione di hashish libanese raggiunge il suo apice
dopo la prima guerra mondiale fino alla sua proibizione nel
1926.
18
1928
L’uso ricreativo di Cannabis viene bandito in Inghilterra.
Hashish di prima qualità viene prodotto in Turchia vicino al
confine greco.
1930
La regione del Yarkand nel Turkestan cinese esporta 91.471
chili di hashish legalmente nelle regioni indiane della frontiera di nord ovest a e del Punjab.
Importazioni legalmente tassate di hashish continuano ad
avvenire in India dall’Asia centrale.
1934-1935
Il governo cinese intraprende azioni per cessare tutte le coltivazioni di Cannabis nel Yarkand ed il traffico di charas
dal Yarkand. Entrambe le produzione lecite ed illecite di
hashish diventano illegali nel Turkestan cinese.
1936
Il dittatore Metaxas in Grecia bandisce il fumo dell’hashish.
1937
La cannabis viene resa illegale negli Stati Uniti con l’approvazione del Marijuana Tax Act.
1938
Le forniture di hashish dal Turkestan cinese cessano quasi
completamente.
Anni 40
La tradizione greca di fumare hashish svanisce.
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1941
Il governo indiano considera la coltivazione di hashish in
Kashmir per colmare il vuoto lasciato dal Turkestan cinese.
Charas, prodotto a mano nel Nepal, è la miglior qualità di
hashish in India durante la seconda guerra mondiale.
1945
L’uso legale di hashish continua in india.
1945-1955
L’uso di hashish in grecia fiorisce nuovamente.
Anni 50
Hashish viene ancora contrabbandato in India dalle zone
asiatiche della Cina centrale.
Anni 50
Il governo marocchino tacitamente acconsente alla coltivazione di kif (nome locale per l’hashish) nelle montagne del
Rif.
1962
L’hashish viene prodotto per la prima volta in Marocco.
1963
La polizia turca sequestra 2 tonnellate e mezza di hashish.
1965
Primo rapporto dell’uso di Cannabis afgana per la produzione di hashish nell’Afganistan del nord.
20
1965
Mustafa arriva a Ketama in Marocco per produrre hashish
dal kif locale.
1966
Il governo del Marocco tenta di eliminare i coltivatori di kif
dalle montagne del Rif.
1967
“Smash”, il primo olio di hashish fa la sua comparsa.
Il “libanese rosso” raggiunge la California.
Fine anni ’60 e primi anni ’70
La Brotherhood of Eternal Love (la Confraternita dell’amore eterno) rende popolare l’hashish afgano.
1970-1973
Vasti campi di cannabis vengono coltivati per la produzione
di hashish in Afganistan. Sono gli ultimi anni in cui il ben
famoso hashish afgano è disponibile sul mercato.
27 ottobre 1970
Negli stati Uniti viene approvato il Comprehesive Drug Abuse Prevention and Control Act (la legge comprensiva per la
prevenzione e il controllo dell’uso della droga). La Parte II di
questa legge è il Controlled Sustance Act o CSA (legge sulle
sostanze sotto controllo) che definisce un sistema a Schedule per le droghe e pone molti degli allucinogeni conosciuti
(LSD, psilocybin, psilocin, mescalina, peyote, cannabis) sotto la Schedula I.
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1972
La Commissione Shafer costituita da Nixon raccomanda
che l’uso di cannabis sia reso nuovamente legale, ma questo
viene ignorato. La ricerca medica continua.
L’hashish rosso e biondo di alta qualità vengono esportati
dal Libano. La più alta qualità di hashish turco proveniente
di Gaziantep, vicino alla Siria, fa la sua comparsa in Europa
occidentale.
Diversi tipi di hashish afgano vengono introdotte in nord
America per la produzione di sinsemilla (un tipo di pianta di
marijuana con un alto contenuto di resina). Gli occidentali
portano in Afganistan retine metalliche per setacciare (le
particelle di resina della pianta di cannabis con cui si produce l’hashish). Cominciano gli sforzi della polizia afgana
nella lotta all’hashish.
1973
Il Nepal bandisce i negozi di Cannabis e l’esportazione di
Charas (hashish fatto a mano).
Il governo afgano rende illegale la produzione e la vendita di
hashish. Il raccolto afgano è pietosamente ridotto.
1975
La Food and Drugs Administration americana stabilisce il
programma del Compassionate Use (uso compassionevole)
della marijuana medica.
1976-1977
La qualità dell’hashish libanese raggiunge il suo massimo.
1978
Occidentali producono hashish setacciato in Nepal da Cannabis selvatica.
22
Fine anni 70
Aumentano le produzioni di hashish afgano “moderno”. Varietà di Cannabis vengono importate nel Kashmir dall’Afganistan per la produzione di hashish setacciato.
Anni 80
Il Marocco diviene uno, se non il più grande, dei paesi che
producono ed esportano hashish.
Hashish “border” (di confine) viene prodotto nel nord ovest
del Pakistan lungo il confine afgano per evitare la guerra tra
Russia e Afganistan.
1985
Hashish viene ancora prodotto da musulmani del Kashgar e
del Yarkand (nord ovest della Cina)
1986
Amsterdam, Goa (uno stato dell’India) e America, esaurirono
ben presto la maggior parte delle scorte private di hashish
afgano prodotto prima della guerra.
1987
Il governo del Marocco prende seri provvedimenti contro le
coltivazioni di Cannabis nelle quote meno elevate delle montagne del Rif.
1988
Il giudice di legge amministrativa della DEA americana
Francis Young scopre, dopo udienze approfondite, che la
marijuana è stata chiaramente stabilita per uso medico e
dovrebbe quindi essere riclassificata come droga da prescrizione.
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1993
Gli sforzi per eliminare la cannabis riprendono in Marocco.
1994
Pesanti combattimenti tra clan rivali musulmani continua a
contrastare il commercio di hashish in Afganistan.
Hashish di confine viene ancora prodotto in Pakistan.
1995
In alcuni caffè di Amsterdam vengono introdotte apparecchiature per la produzione di hashish e si comincia a vedere
hashish di produzione locale.
Quando si parla di cannabis, la cosa che sorprende un
po’ tutti è che mentre in molti paesi viene vietata e demonizzata, in altri si può acquistare ed usare liberamente. Ma allora, fa bene o fa male? va vietata in quanto
pericolosa o tollerata? qual è la verità? Prima di analizzare gli effetti che produce e gli studi condotti dai ricercatori moderni, diamo un’occhiata alla lista dei paesi
che tollerano l’uso di questo stupefacente.
24
PAESI IN CUI L’USO E’ CONSENTITO
L’uso della cannabis a scopo medico, come abbiamo visto,
ha origine molto antiche ed è attualmente consentito soltanto in Olanda, Spagna, Canada e 19 stati degli USA.
In altri paesi europei ed extraeuropei l’argomento è al centro
di accesi dibattiti sia sul piano scientifico sia su quello etico.
Se invece parliamo dell’uso ricreativo, farsi le “canne” è consentito attualmente solo in alcuni paesi del mondo.
Nel novembre del 2012 i referendum indetti negli Stati del
Colorado e di Washington hanno dato il via libera all’uso
ricreativo della marijuana.
Da quando il Colorado e Washington hanno legalizzato l’uso
ricreativo della marijuana, l’alta finanza ha puntato gli occhi
su questo nuovo fruttuoso mercato. Non stiamo parlando
del solito caso di depenalizzazione (di Paesi come Portogallo
o Repubblica Ceca, dove paradossalmente si può detenere
hashish ma la compravendita è ancora considerata reato)
o di legalizzazione dell’uso medico (accettato in Paesi come
Lussemburgo o Israele a patto che la necessità terapeutica sia certificata dal Ministero della Sanità). A differenza
di quanto comunemente si crede, il governo olandese non
tassa i proventi dei coffee shop. Trae, certo, un enorme giovamento dal cosiddetto turismo della marijuana. Ma non a
livello fiscale. I due Stati americani in cui il referendum ha
spinto nella direzione della legalizzazione totale, invece, si
stanno già leccando i baffi pensando a come e quanto tassare la vendita di cannabis. Il Colorado già tassava all’8%
la marijuana, dato che dal 2009 aveva legalizzato l’uso terapeutico divenendo così – in particolare con la città di Denver
– la mecca della cannabis curativa.
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E ora sta pensando di aumentare la tassazione dall’8% al
40%. Stando ad alcune stime affidabili, si prevedono introiti
per circa 100 milioni di $. Insomma, una vera manna per i
bilanci statali e per la vita dei residenti di questi Paesi.
Vincent Mehdizadeh, fondatore di MedBox – azienda che
realizza distributori di farmaci e guarda già al futuro – sta
raccogliendo 20 milioni di dollari per finanziare progetti di
marketing, ricerca e sviluppo nell’ambito della distribuzione automatica di marijuana. I trader Alan Valdes e Diego
Pellicer stanno già pensando ad una catena di rivenditori
di marijuana in grado di diversificarsi sul mercato rispetto
ai concorrenti per via dell’eccelsa qualità che contraddistinguerà le proprie varianti di hashish.
I PRO E I CONTRO DELLA LEGALIZZAZIONE
Se legalizzi, certifichi la qualità del prodotto e rimpingui
le casse dello Stato, a discapito della malavita organizzata. Se legalizzi, sottrai alla marijuana lo status di sostanza trasgressiva, diminuendo i consumi tra i più giovani e
la loro possibilità di entrare a stretto contatto col mercato delle droghe più pesanti. Ma la storia ci insegna che se
l’alta finanza si insinua in un mercato, questo difficilmente
riesce a mantenere standard accettabili di purezza a lungo termine. Pensiamo al problema delle delocalizzazioni: il
gustosissimo grammo di White Widow o Amnesia Haze di
cui usufruite in un coffee shop di Amsterdam, da dove pensate che provenga? Da qualche coltivazione extra-europea,
per lo più del centro Africa. Dove persone vengono sfruttate ai margini della schiavitù per regalarvi un piacevole
pomeriggio di distensione. E lo stesso accadrà anche per
l’America, quando la corsa alla qualità cesserà di essere
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una priorità per gli imprenditori che, invece, cominceranno
a ragionare in termini di consumo di massa e di massimizzazione dei profitti. Finendo per coltivare un’erba più infima, meno costosa e basata sul duro lavoro di chissà quanti
sottopagati.
Attualmente la marijuana è depenalizzata per uso personale in piccole quantità in Australia, più precisamente nel
territorio della capitale Camberra, nel South Australia, nel
Western Australia e nel Northern Territory. In tutti gli altri
stati australiani il possesso di droga leggera è illegale.
In Argentina la marijuana è legale per uso personale in piccole quantità, mentre a Cipro è consentito il possesso fino a
15 grammi e un massimo di 5 piante a persona. In Cile l’uso personale è consentito ma è vietato fumarla in gruppo (?),
mentre in Ecuador la legge 108 consente il possesso e l’uso
di marijuana, come in Messico, ma fino ad un massimo di 5
grammi. In Uruguay una recente legge sancisce la creazione
di un Istituto di regolamentazione della cannabis, che concederà licenze ai privati per la coltivazione delle piante da
parte di singoli (massimo 6 piantine a testa), associazioni di
consumatori (massimo 45 soci e 99 piante) e produttori più
importanti, che venderanno la marijuana attraverso una
rete di farmacie autorizzate, per un massimo di 40 grammi
mensili a persona.
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L’ITALIA E LA CANNABIS
IL CARO PREZZO DEL DIVIETO
Stando alla relazione annuale al Parlamento sui dati relativi
allo stato delle tossicodipendenze in Italia redatta dal dipartimento per le Politiche antidroga relativa all’anno 2011 e
primo semestre del 2012, i costi per le attività di contrasto
ammontano, per il solo 2011, a circa 2 miliardi di euro, di
cui il 48,2% per la detenzione, il 18,7% per le attività delle
forze dell’ordine, il 32,6% per le attività di tribunali e prefetture.
In Italia è illegale, ma l’uso esclusivamente personale e limitato è depenalizzato*. È disciplinata dal D.P.R. n. 309/1990,
che costituisce il Testo Unico delle leggi relativamente agli
stupefacenti e alle sostanze psicotrope, prevenzione, cura
e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
La normativa, in parte cambiata dai referendum abrogativi del 1993 (che rese la posizione dei consumatori ancora
più leggera), è stata modificata nuovamente dalla legge n.
49/2006 (cosiddetta Legge Fini-Giovanardi), che si caratterizza per l’inasprimento delle sanzioni relative alle condotte di produzione (anche la coltivazione personale), traffico, detenzione illecita ed uso di sostanze stupefacenti, e
per la contestuale abolizione delle distinzioni tra “droghe
leggere”, quali la cannabis, e “droghe pesanti”. A norma
dell’art. 75 del predetto T.U., l’uso esclusivamente personale costituisce un illecito amministrativo comportante le
relative sanzioni, da applicarsi singolarmente o cumulativamente, a seconda delle peculiarità del caso concreto. Si
tratta, in particolare, della sospensione del passaporto,
*La depenalizzazione consiste nel trasformare illeciti penali in illeciti amministrativi.
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la sospensione della patente di guida, o il divieto di conseguirla, nonché la sospensione del porto d’armi. Tali sanzioni
devono avere durata compresa tra un minimo di un mese ed
un massimo di un anno.
La Legge Fini-Giovananrdi
La legge Fini-Giovanardi fissa i limiti di possesso personale
di principio attivo oltre i quali esiste indizio di spaccio con
rischio di sanzione penale. Il limite fissato per la cannabis è
di 500 mg di THC, pari a 5 grammi di sostanza lorda (principio attivo 10%). Il solo superamento di questo limite non
è sufficiente ad ipotizzare una destinazione allo spaccio,
ma devono essere presi in considerazione gli altri parametri
normativi definiti nell’art. 73 comma 1-bis let. a), D.P.R. n.
309/1990 (modalità di presentazione, peso lordo complessivo, confezionamento frazionato, altre circostanze dell’azione). La detenzione di sostanze stupefacenti che “appaiono
destinate ad un uso non esclusivamente personale” costituisce un reato punito con la reclusione da sei a venti anni e
con la multa da euro 26.000 a euro 260.000 (art. 73/1bis
DPR 309/1990) oppure con la reclusione da uno a sei anni
e con una multa da €3000 a €26.000 per i cosiddetti fatti di
lieve entità (art. 73/5 DPR 309/1990).
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Sentenza della Cassazione del 2011
Sebbene la coltivazione di una pianta contenente sostanza
stupefacente, anche domestica, è punibile ai sensi dell’art.
73 comma 1, D.P.R. n. 309/1990, la Suprema Corte di Cassazione (Sentenza 17 febbraio 2011, n. 25674) ha rigettato
(dopo altre sentenze invece accoglitive) un ricorso del procuratore generale di Catanzaro contro una sentenza di non
luogo a procedere emessa al termine di un’udienza preliminare nei confronti di un individuo per la coltivazione di una
pianta di cannabis. Come motivato dalla Suprema Corte,
questa ha riconosciuto la modesta «attività posta in essere
(coltivazione domestica di una piantina posta in un piccolo
vaso sul terrazzo dì casa, contenente un principio attivo di
mg.16), (…) del tutto inoffensiva dei beni giuridici tutelati
dalla norma incriminatrice». La dimensione modesta della
coltivazione non era tale da porre in pericolo la salute e la
sicurezza pubblica, con la conseguente non configurabilità
del reato contestato.
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Sentenza della cassazione del 2012
La Corte di Cassazione ha emesso la sentenza n. 47604/2012,
secondo la quale l’offerta in vendita di semi di piante in grado di produrre sostanze stupefacenti, non è connessa al reato citato dall’articolo 82, a patto che non vi sia l’istigazione
alla coltivazione e al consumo delle dette sostanze. Per tale
ragione, saranno i giudici, valutando caso per caso, a stabilire un’eventuale connessione tra l’attività di coltivazione
e l’incentivazione al consumo e alla distribuzione di marijuana. Ad ogni modo, secondo la Corte, la semplice vendita
di semi non può essere intesa come penalmente rilevante,
poiché va a configurarsi come mero atto preparatorio, non
punibile dalla legge in quanto non sarebbe possibile dedurre con chiarezza la reale destinazione e utilizzo dei semi in
questione.
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Sentenza del tribunale di Ferrara del 2013
Il tribunale di Ferrara, nel processo contro due piccoli coltivatori di marijuana per uso personale (due giovani trovati
in possesso di modica quantità di droga e due piante a testa
di cannabis), ha assolto i due imputati il 21 marzo 2013 e
risposto inoltre ad una questione di legittimità costituzionale sull’equiparazione tra droghe leggere e droghe pesanti
e la coltivazione della cannabis, basata su un testo di riferimento del Consiglio d’Europa, adottato come legge costituzionale anche in Italia. Alla richiesta del legale, che ha chiesto inoltre che nella sentenza ci fosse il riconoscimento di
“valore civico” della produzione personale, in quanto toglie
profitto alle mafie, il giudice ha rimandato le questioni di legittimità alla Corte costituzionale, ed ha assolto con formula piena i due cittadini dal reato di produzione di sostanze
stupefacenti, perché il fatto, se compiuto per uso personale,
non costituisce reato, come si legge nelle motivazioni della
sentenza.
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Uso terapeutico in Italia
È teoricamente consentito l’uso terapeutico di preparati medicinali a base di marijuana debitamente prescritti secondo
le necessità di cura. In Italia la prima Regione ad avviare una fase di regolamentazione dell’uso terapeutico della
Marijuana è stata la Puglia con la delibera della Giunta regionale n.308 del 9 febbraio 2010, firmata dall’attuale presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, che stabilisce
l’erogazione a carico del servizio sanitario regionale.
Secondo la delibera pugliese i derivati della Cannabis, sotto
forma di specialità medicinali o di preparati galenici magistrali, anche in associazione, possono essere prescritti
dal medico specialista in neurologia, oncologia o preposto
al trattamento della terapia del dolore cronico e acuto, alle
dipendenze di strutture sanitarie pubbliche, nei casi in cui
altri farmaci disponibili si siano dimostrati inefficaci o inadeguati al bisogno terapeutico, condizioni che possono verificarsi nella spasticità secondaria in malattie neurologiche, nella nausea e vomito non sufficientemente controllati
indotte da chemioterapia o radioterapia, nel dolore cronico neuropatico non rispondente ai farmaci disponibili. La
certificazione ha una validità di sei mesi e la prescrizione
(Ricetta non ripetibile) trenta giorni. La delibera autorizza
le Farmacie Ospedaliere delle Aziende Sanitarie a garantire
l’erogazione dei cannabinoidi a carico del Servizio Sanitario
Regionale.
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Il 2 maggio 2012, il consiglio regionale della Toscana ha approvato la legge che autorizza l’utilizzo della cannabis a scopo terapeutico nella regione, seguita il 31 luglio dello stesso
anno da una legge regionale della Liguria.
Nonostante ciò la situazione è tale che per via della difficoltà
effettiva dell’ottenere una regolare prescrizione o per i costi
notevoli del farmaco a base di marijuana, in Italia moltissimi malati, per curarsi, sono costretti a comprarla dagli
spacciatori o a coltivarla in proprio, rischiando il carcere.
Il 23 gennaio del 2013 la cannabis è entrata in tabella 2,
quindi rientra anche nell’uso terapeutico.
SUSSIDIO ALLA CRIMINALITA’
Nel 2005, i Premi Nobel per l’economia Milton Friedman,
George Akerlof e Vernon Smith sono stati i primi firmatari di un appello sottoscritto da 500 economisti americani per denunciare gli altissimi costi (7 miliardi di
dollari all’anno) del proibizionismo sulla marijuana.
Secondo Friedman questa legge rappresenta «un sussidio del governo al crimine organizzato».
“01 Agosto 2013 - In Uruguay il presidente Mujica promuove la produzione e distribuzione di Stato della cannabis per togliere profitti ai cartelli della droga.”
Il business della marijuana negli Stati Uniti non è più gestito dalle grandi organizzazioni criminali che fino a pochi
anni fa la importavano incassando profitti elevati, ma viene
autoprodotta da coltivatori dell’America occidentale e commercializzata bypassando le mafie.
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EFFETTI INDOTTI DALLA CANNABIS
Gli effetti indotti dall’uso di tale sostanza, che viene generalmente fumata assieme al tabacco, ma può anche essere
ingerita, sono svariati; hanno differente intensità a seconda
del soggetto, delle circostanze psico-fisiche in cui la si assume, e dell’assuefazione del fumatore.
Oltre agli effetti psicotropi dovuti all’eventuale compresenza
di tabacco, i principali effetti sono:
rilassamento; euforia; attenuazione della reatività fisica; disordine nelle percezioni sensoriali e delle esperienze estatiche; temporaneo abbassamento della pressione sanguigna;
sensazione di alterazione delle percezioni; focus cognitivo
verso la distorsione della realtà; calo temporaneo della memoria a breve termine; riduzione della salivazione; giramento di testa (nei casi in cui il soggetto non è abituato a un calo
veloce della pressione); sonnolenza;
Maggiori quantità potrebbero produrre:
disorientamento; nausea; senso di smarrimento; forti attacchi di tachicardia; giramento di testa anche dopo l’effetto.
Gli effetti indotti possono essere condizionati in maniera significativa anche da due fattori psicologici: il set (lo stato
d’animo di chi consuma) e il setting (la compagnia e il luogo
in cui si trova il consumatore).
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HASHISH: COME VIENE PRODOTTO
L’hashish è ricavato dalla lavorazione della cannabis sativa
oppure della cannabis indica, piante che crescono in numerose zone. I principali produttori sono Marocco, Pakistan,
Libano, India e Nepal, ma può essere comunque coltivata
in qualsiasi luogo. Praticamente a tutte le latitudini anche
senza ricorrere a metodi artificiali.
La produzione di hashish è molto costosa nonostante vengano utilizzate per lo più tecniche tradizionali come lo sbattimento della pianta di canapa. La proporzione canapa/
hashish è di 10 a 1, per cui per produrre 1 kg di hashish
occorrono 10 kg di canapa. La Sensimilla è invece il fiore
della pianta che non è stata fecondata, e quindi è senza
semi, e la qualità è nettamente migliore di quello con i semi.
L’hashish inoltre contiene 8 volte il THC della canapa da
coltivazione (la canapa specificamente coltivata per essere
fumata ha percentuali di THC simili a quelle dell’hashish) e
può essere sia ingerito (è liposolubile) che fumato.
Concentrato delle resine
L’hashish è generalmente un concentrato dei principi attivi
della Cannabis. Per ottenere l’hashish ogni cultura ha sviluppato un proprio processo. Si distinguono tre principali
tecniche di estrazione:
quella dei paesi islamici;
quella della zona intorno al sub continente indiano;
quella olandese.
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I tre tipi di hashish
I metodi di produzione sono tre:
Indiano: La resina viene estratta per sfregamento dalle cime
della canapa senza intaccare la pianta in sé (per motivi religiosi e per una migliore qualità e freschezza del prodotto
finale);
Marocchino: La resina viene estratta per sbattitura/setaccio da piante essiccate, si ottengono quantità maggiori ma
la qualità è minore in quanto il THC contenuto è minore
rispetto al prodotto fresco (Indiano);
Industriale/Olandese: tramite processi fisici (come l’isolamento a temperature basse) o chimici viene ottenuto un
hashish con elevatissimi livelli di THC. L’hashish così prodotto è di qualità superiore, sebbene sia meno “naturale”
rispetto all’estratto diretto delle piante. È più propriamente
un estratto di THC.
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Nei paesi islamici, come il Marocco o l’Egitto, si tagliano
e si raccolgono le piante mature; successivamente, in una
stanza chiusa o dentro a delle buste di plastica, vengono
scosse e sbattute raccogliendo la resina, i pistilli dei fiori femmina e piccoli pezzi della pianta in un telo di plastica o in un’apposita vasca. Questa polvere viene poi in
parte pressata e lavorata a mano (è la parte più pregiata);
da successive battiture si otterrà nuova polvere da pressare a macchina per la produzione di hashish commerciale.
La tecnica indo-hymalayana, invece, non prevede il taglio delle piante. Durante il periodo di fioritura, a più riprese, si sfregano le infiorescenze tra le mani, direttamente nei campi, per poi accumulare e staccare con le
mani stesse la resina gommosa che poi viene modellata
in palline morbide e gommose dette Charas, che è la consistenza tipica dell’hashish indiano, afgano, nepalese.
La tecnica olandese, infine, consiste nel mettere le cime
mature in una bacinella piena di acqua e ghiaccio (per fare
in modo che le cime si sbriciolino meglio). Bisogna poi “frullare” le cime e il ghiaccio con un frullatore ad immersione
per sbriciolare le cime e versare il tutto in un setaccio largo posto sopra un contenitore per filtrare i pezzi di marijuana. Si lascia riposare per circa 10 minuti e nel contenitore si raccoglierà acqua e hashish. Tramite un secondo
setaccio più fine si separerà l’acqua che rimarrà nel setaccio. Una volta pressato e asciugato si otterrà l’hashish.
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I tipi di hashish sono diversi e in continua evoluzione, tra
i più famosi ricordiamo:
Cioccolato: colore marrone scuro esternamente, più chiaro
al taglio, e pesantemente “tagliato” con sostanze varie. Viene
prodotto in qualsiasi paese partendo dalla sostanza in pani.
Libano Oro: colore giallo-arancio. Morbido al tatto, facilmente malleabile. È originario di Libano, Egitto, Giordania.
Black bombay: è una qualità di hashish a pasta molle dal
colore nero e dall’odore simile all’afgano, si racconta come
in origine venisse impastato con dell’oppio. Proviene dall’India.
Super Polm: è una varietà di hashish molto morbido, il cui
gusto ricorda alla lontana la menta. È originario del Marocco.
Nepal Temple Balls: è un tipo di hashish originario del Nepal. Si presenta con un esterno nero lucido e un interno
marrone scuro. Così chiamato per la forma a sfera.
Skuff: è un tipo di hashish ottenuto dall’impasto della resina della pianta e parti della pianta stessa. Si presenta di colore verde marrone con tendenza al verde quanta più pianta
è parte dell’impasto mentre tendente al marrone se a predominare nell’impasto è la resina.
Charas: è un tipo di Hashish pregiato, molto amato e ricercato dai consumatori di Cannabinoidi, data l’alta concentrazione di THC. Originario dell’India.
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Bourbouka (detto anche b-bacon): viene da alcuni ritenuto
essere una varietà di hashish molto pregiato, quando viene
scaldato “frigge”, a causa della grande quantità di olio, è
uno dei pochi hashish marocchini lavorati a mano.
Marocco 00: varietà di hashish estremamente pregiato.
Quando viene scaldato e successivamente sbriciolato si
dice che “monta”, cioè che aumenta di volume; originario
del Marocco.
Ice-O-Lator (detto anche bubblehash): varietà olandese
comparsa negli ultimi anni nei coffee shop, ad elevata concentrazione di THC (30-50%). Viene ottenuta separando i
tricomi attaccati alla pianta già secca frullandola in acqua
con ghiaccio e filtrandola più volte prima di essere pressata
e conservata a basse temperature (anche in freezer).
Primero: è un tipo di hashish estremamente pregiato proveniente dal Marocco e commercializzato in Spagna e Olanda; scaldato e sbriciolato aumenta di volume: “monta”, ha
un’altissima concentrazione di THC. Spesso per “Primero”
si intende anche l’hashish di prima mano, cioè il prodotto
della prima sbattitura/sfregatura senza trattamenti o tagli.
Palma: hashish molto pregiato di colore giallognolo chiaro
dal caratteristico simbolo a forma di palma sulla panetta;
di consistenza morbidissima è friabile al tatto, ha un gusto
molto deciso e fumandolo rilascia un piacevole retrogusto
sul palato. È sconsigliabile scaldarlo in quanto si rischia
perdita di THC e tuttavia non è necessario farlo in quanto
come già detto sopra è di consistenza molto friabile.
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Hashish nella letteratura
L’hashish venne conosciuta in Europa dalla setta degli
Assassini, il cui nome, secondo alcuni, deriva proprio da
“hashish”. Tuttavia sembra più plausibile che questa setta
usasse oppio con cui il Vecchio teneva in scacco i suoi uomini a causa della forte dipendenza causata dalla sostanza.
Marco Polo la cita nel Milione come “polvere del Veglio della
Montagna” (XLI-XLII). La citazione venne ripresa abbastanza fedelmente da Giovanni Boccaccio, che nella novella
8 della terza giornata fa usare proprio questa “polvere di
maravigliosa virtù” del Veglio, che viene somministrata al
sempliciotto Ferondo per causargli un sonno così profondo da essere scambiato per morte. Il fenomeno, accaduto
all’ignaro Ferondo, è comunemente chiamato nella società
moderna “collassare”.
Il famoso Conte di Montecristo di Alexandre Dumas padre
usa l’hashish per attenuare le crisi di nervi, permettendogli
di controllare il sonno, decidendo a piacere quando dormire
e quando stare sveglio.
Il poeta Baudelaire ne descrive gli effetti nelle opere “I paradisi artificiali”e nel “Poema dell’hashish”.
Il filosofo tedesco Walter Benjamin tra il 1928 e il 1933
eseguì tra Marsiglia e Ibiza con degli amici una serie di
esperimenti con lo scopo di effettuare una ricerca sulle alterazioni sensoriali causate dagli stupefacenti. Questi esperimenti vennero documentati in forma scritta essendovi l’idea
da parte dello scrittore di comporne un testo complessivo
sull’hashish. L’idea venne messa in opera alcuni anni dopo
la morte dello scrittore da Jean Selz.
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EFFETTI SULLA SALUTE
Molti studi sugli effetti della cannabis sulla salute effettuati
di recente mostrano risultati contraddittori; in linea di massima si è giunti a conclusioni generalmente accettate. Per
questa ricerca ho esaminato varie fonti, tra cui articoli tratti
da riviste mediche internazionali e relazioni scientifiche.
In Italia studi approfonditi sulla tossicità della cannabis e
sulla sua eventuale correlazione con altre droghe sono stati
effettuati dal neurofarmacologo Gian Luigi Gessa:
« Nel corso degli ultimi cento anni i governi di differenti nazioni hanno incaricato delle commissioni per stabilire i danni
del consumo di marijuana sui consumatori e sulla società.
Le conclusioni delle commissioni, a cominciare da quella indiana sulla cannabis del 1894 al più recente Cannabis 2002
dei Ministeri della Sanità di Belgio, Francia, Svizzera, Germania e Olanda, sono state che l’uso della marijuana non è un
problema tanto grave da sottoporre a procedimenti penali le
persone che ne facciano uso o la possiedano a tale scopo. »
(Gian Luigi Gessa, Quaderni della SIF Società Italiana di Farmacologia
pag.10 Vol.6 Ed.2006)
Nel 2001 i Ministeri della Sanità di Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Svizzera decisero di istituire una “commissione unita” al fine di dare finalmente un giudizio univoco
sull’argomento. Nell’introduzione al loro lavoro, la commissione affermò che troppe volte si sono dati giudizi e prese
decisioni politico-legali senza valide ed accertate basi scientifiche, usando studi parziali, spesso inesatti o addirittura
errati.
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Rapporto del parlamento canadese
Il Senate Special Committee on illegal drugs del Parlamento
canadese dopo anni di studi e di esperienza acquisita sulla
sperimentazione della cannabis ad uso medico, ha effettuato indagini, poi pubblicate nel rapporto biennale, sui differenti modelli di consumo, classificandoli in livelli: “uso sperimentale”, “uso regolare”, “uso a rischio”, “uso eccessivo”.
Per la valutazione furono prese in esame, oltre alla quantità
di sostanza consumata e la frequenza, il contesto quotidiano, al fine di comprendere le modalità di interferenze sulle
attività. Il rapporto stabilì che: “allo stato dei fatti la ricerca
ci dice che per la grande maggioranza dei consumatori ricreazionali la canapa non presenta conseguenze dannose per
la salute fisica, psicologica e sociale, sia a breve che a lungo
termine. Il che non significa, precisa il rapporto, che non esista un numero seppur limitato di consumatori “pesanti” che
possono avere conseguenze negative (come malattie respiratorie, e/o difetti nella concentrazione e nella memoria tali da
compromettere l’inserimento sociale)...”
Cannabis e interferenze con farmaci
Nel 2007, presso l’Ospedale di Rotterdam, è stato verificato
che nella terapia di malati di cancro il consumo di canapa
(anche come tisana) non interferisce con i farmaci anticancro più comunemente utilizzati.
Negli Stati Uniti, Lester Grinspoon, professore emerito di
Harvard, chiarisce come la cannabis sia uno dei farmaci
meno tossici noti, e suggerisce di alleggerire le politiche repressive nate da interessi economici contrapposti a quelli
scientifici.
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Effetti fisiologici del Delta-9-tetraidrocannabinolo
Alcuni degli effetti dell’uso di cannabis sono:
secchezza delle fauci
arrossamento oculare
riduzione della pressione intra-oculare
riduzione delle capacità motorie e della concentrazione
stimolazione dell’appetito (vedi fame chimica)
e in dosaggio acuto tachicardia
L’uso di cannabis determina inoltre molti effetti a livello
soggettivo: maggiore apprezzamento del gusto e dell’aroma
del cibo, della musica e delle attività ricreative. La cannabis
in genere allevia la tensione e dà un leggero senso di felicità
o euforia. Se si è un consumatore occasionale, a dosi elevate, la cannabis può determinare distorsioni più marcate
nella percezione del tempo e dello spazio, nella percezione
del corpo e depersonalizzazione.
CANNABIS AD ALTE DOSI
E’ quasi impossibile assumere alte dosi di cannabis, poiché
il metodo di assunzione classico consiste nel fumarla, con
o senza tabacco. Inoltre non esiste il tempo materiale per
poter assumere dosaggi tali da consentire all’organismo di
raggiungere livelli di emergenza, né tanto meno la “dose letale”, stimata in rapporto 40.000:1 rispetto alla dose attiva.
La cosa più singolare degli effetti della cannabis, riguarda
il fatto che il suo effetto può variare a seconda della suggestione che ha il soggetto che ne sta facendo uso, questo
almeno per i fumatori occasionali o alla prima esperienza.
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Lo stato psicologico dell’individuo che fa uso di cannabis è importante perché in base a questo l’effetto può essere più amplificato o meno e quindi può provocare effetti esterni alle sue
proprietà come per esempio la paura dell’effetto psicoattivo
attuale e quindi una grossa suggestione che può provocare
stati di ansia. in alcuni casi se si è a stomaco vuoto e si è ancora
alle prime esperienze può provocare vomito e alta sudorazione per un breve periodo di tempo (al massimo 2 - 3 minuti).
Ricerche effettuate sugli animali hanno mostrato che può
esistere una leggerissima dipendenza dai cannabinoidi di
ordine psicologico e non fisico, che comporta anche leggeri
sintomi dovuti all’astinenza. Sebbene non siano in alcun
modo sintomi gravi come quelli che si verificano per la dipendenza da alcol, eroina o cocaina, l’interruzione improvvisa dell’assunzione di cannabis dopo un periodo di utilizzo
cronico e ad alti dosaggi può portare in alcuni casi a insonnia, agitazione, perdita dell’appetito, irritabilità, rabbia, ed
un aumento dell’attività muscolare e dell’aggressività. L’uso
prolungato di cannabis determina nell’organismo cambiamenti transitori sia a livello farmacocinetico (ovvero a livello
del modo in cui i principi attivi sono assorbiti, distribuiti, metabolizzati ed eliminati) sia farmacodinamico (ovvero
come essi interagiscono con i recettori cellulari). Questi cambiamenti portano l’utilizzatore a consumare quantitativi più
elevati per ottenere lo stesso effetto (tolleranza), e determinano una più efficiente eliminazione della cannabis dall’organismo potenziando i processi metabolici a questo preposti
DIPENDENZA? Sul problema si è così pronunciata l’O.M.S.
nel 1965: “[...] assenza di dipendenza fisica, così che non
esiste una definita e caratteristica sindrome dì astinenza”
(W.H.O., 1965).
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Fumatori di cannabis:
quelli occasionali
quelli abituali
Il fenomeno della “tolleranza” fa si che per avere lo stesso
effetto, il fumatore abituale è costretto ad aumentare progressivamente la quantità di erba o hashish che inserisce
nella sigaretta insieme al tabacco.
Così facendo, però, dopo alcuni giorni l’effetto della “canna”
diventa quasi nullo ed è necessario smettere del tutto per
poi riprendere dopo un certo periodo di tempo (l’effetto tolleranza svanisce dopo un paio di giorni).
Il fumatore occasionale consuma poca cannabis e non in
modo regolare, da solo o in gruppo ed è facilmente riconoscibile per il suo modo di interagire: ride facilmente, è molto
rilassato, si concentra in modo intenso su una cosa particolare ma fuma solo per svago.
Il fumatore abituale, colui che fa uso di droga leggera molto
spesso, può mimetizzarsi tranquillamente tra la folla, lavorare in gruppo o da solo, poiché ha imparato a controllarne
gli effetti e a gestirli.
Chi fuma cannabis può smettere per giorni, settimane, mesi,
anni, senza subire il fenomeno tipico dell’assuefazione a cui
sono soggetti coloro che assumono droghe pesanti, è vero,
ma una certa dipendenza psicologica la canna la crea comunque. Puoi stare anni senza fumare, ma quel piacevole
stato di rilassamento che induce te la fa desiderare.
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QUADRO COMPLESSIVO DEGLI EFFETTI
Si può convenire che molti effetti della cannabis (in particolare quelli che venivano ricercati dai consumatori negli anni
‘60 e 70 in un contesto di “cultura alternativa”) erano simili,
seppure molto più blandi, a quelli delle sostanze psichedeliche. D’altra parte, le proprietà della sostanza che venivano
utilizzate nella medicina tradizionale asiatica, e nella medicina occidentale del secolo scorso, appartengono piuttosto
all’ambito degli “psicolettici’ : e queste stesse proprietà si
stanno rivelando essenziali per alcuni usi terapeutici della
cannabis che si sono affermati negli ultimi anni.
D’altra parte, il quadro complessivo degli effetti della sostanza è caratterizzato da due componenti:
a) gli effetti sulle percezioni, sui riferimenti spazio-temporali, sull’attività mentale, determinano nei consumatori una
esperienza che ha qualche analogia con quella delle droghe
psichedeliche;
b) un effetto calmante, antiansia, rilassante, spesso soporifero, che viene segnalato da molti consumatori.
Un quadro complessivo degli effetti della cannabis viene delineato da una ricerca eseguita a New rork nel 1971 su 100
consumatori regolari (almeno 50 volte negli ultimi sei mesi).
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La ricerca di Halikas riguarda soggetti giovani all’inizio degli
anni 80; i soggetti tendono a riferire gli effetti che considerano più piacevoli o comunque più significativi. Una ricerca
eseguita in un contesto diverso (soggetti adulti, anni 80) e
contribuisce a completare il quadro complessivo degli effetti.
EFFETTI SOGGETTIVI DELLA MARIHUANA
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SESSO E CANNABIS
È stato dimostrato che la somministrazione di dosi elevate
di THC ad animali abbassa transitoriamente i livelli di testosterone, la produzione di spermatozoi e la mobilità, interferisce, sempre in modo transitorio, con il ciclo dell’ovulazione
e la produzione di ormoni gonadotropici. Tuttavia, esistono
anche ricerche che danno risultati contrari ed è possibilie
che si sviluppi una tolleranza verso questi effetti. Secondo il
Merck Manual of Diagnosis and Therapy del 1997, gli effetti
dell’uso di cannabis sulla fertilità sono incerti. La ricerca ha
dimostrato che gli spermatozoi umani contengono ricettori
che sono stimolati da sostanze come il THC e da altre molecole simili ai cannabinoidi. Alcuni test effettuati suggeriscono che fumare cannabis può influire sulla funzionalità
degli spermatozoi, ma non si sa ancora con quali effetti.
Sebbene, nei fatti, molti uomini che usano cannabis non
hanno problemi ad avere dei figli, secondo alcuni è possibile
che persone a rischio di infertilità siano più suscettibili a
complicazioni riproduttive.
Parliamo ora di sesso e cannabis
I trattati sulle droghe danno generalmente poco o nessuno
spazio agli effetti delle sostanze, al di fuori di quelli tossici.
La conoscenza di questo aspetto ci sembra indispensabile
per impostare e approfondire il problema. D’altra parte, la
cannabis non ha un effetto specificamente afrodisiaco vale
a dire dì eccitazione diretta sulla fisiologia del sesso; al contrario dosi forti (come avviene tipicamente per l’alcool) possono provocare un effetto negativo sull’orgasmo.
49
Tra gli effetti più frequentemente descritti dai consumatori,
vi sono quelli di aumento del desiderio sessuale, di un orgasmo più piacevole, di maggiore contatto fisico e spirituale.
Gli effetti della cannabis sull’attività sessuale sono stati
analizzati da una ricerca USA su 150 soggetti seguiti fra il
1970 e il 1977.
Risultati in sintesi:
la durata dell’atto sessuale tendeva ad aumentare;
la qualità dell’orgasmo veniva percepita, come superiore alla
norma dal 58% dei maschi e dal 32% delle femmine:
il desiderio del/la partner abituale veniva aumentato per il
50% dei maschi e per il 60% delle donne; risultava invece
diminuito in una esigua minoranza;
in misura minore era aumentato il desiderio di un/a partner occasionale (per il 43% dei maschi, per il 14% delle femmine); gli effetti sensoriali più accentuati erano il tatto (59%
dei maschi e 57% delle femmine) e la sensazione di intimità
fisica (rispettivamente 51% e 56%) (cfr. Halikas et al 1982).
Degno dì nota appare l’effetto di “aumentato desiderio per
il/la partner abituale”, che è confermato dalla testimonianza di un consumatore 60enne, sposato da 27 anni:
“dopo aver fumato, sembrava di avere con mia moglie un’avventura ballavamo al suono dei dischi rock, recitavamo o addirittura giocavamo come due ragazzini” (Avanti, 11 agosto
1988). Secondo un avvocato USA di 44 anni (consumatore
quotidiano di cannabis), “la marijuana aveva reso possibile
una attività sessuale “eccellente anche negli ultimi anni del
matrimonio, nonostante l’aumento delle tensioni e dei risentimenti” (cit. da Haas-Hendìn 1987,p.339).
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Guida di veicoli
In linea generale, gli effetti farmacologici della cannabis rendono sconsigliabile il suo uso durante la guida dei veicoli.
I livelli di rischio dell’uso di cannabis, in confronto a quelli
dell’uso di alcool, sono stati oggetto dì diverse ricerche.
Generalmente, l’uso di alcool è risultato più pericoloso: questa sostanza infatti (diversamente dalla cannabis) determina un aumento dei tempi dì reazione, dell’aggressività (e
quindi della tendenza alla velocità) (cfr. NAS 1982, p.1)
Al contrario, l’uso dì cannabis induce generalmente a una
minore velocità.
D’altra parte, diverse ricerche hanno riscontrato che gli
effetti dell’uso congiunto di alcool e cannabis sono più rischiosi che se usate da sole. Poiché questo avviene spesso,
è un rischio che va tenuto presente.
Come si è già accennato, l’alterazione della capacità di guida è strettamente limitata al periodo dell’intossicazione.
È quindi assolutamente priva di fondamento la pratica di
togliere la patente a soggetti che fanno uso di cannabis sulla
base dei test delle urine che provano, non lo stato di intossicazione in atto (al contrario, essi possono essere addirittura
negativi al momento della intossicazione), ma una intossicazione nel passato: nel caso della cannabis, il test può risultare positivo anche un mese dopo l’ultima assunzione.
Prima di mettervi alla guida, esaminate cosa dice la Legge:
Se la sostanza stupefacente è detenuta per uso personale
la legge (art. 75 del DPR 309/90) prevede la sospensione o
il divieto di ottenere uno o più documenti fra patente, porto
d’armi, passaporto e carta d’identità a fini di espatrio, permesso di soggiorno per gli stranieri.
51
L’ART. 75 - La durata della sanzione va da un periodo minimo di un mese al massimo di 12 mesi; nel caso delle patenti di guida la sospensione può durare fino a tre anni.
Inoltre, nel caso in cui la persona, al momento del fermo,
abbia la disponibilità immediata di un veicolo, la legge prevede il ritiro della patente per 30 giorni, e, nel caso di un
ciclomotore, il veicolo viene sottoposto a fermo amministrativo (sempre per 30 giorni). Le sanzioni vengono comminate
dal Prefetto a seguito di una segnalazione da parte degli
organi di pubblica sicurezza che hanno accertato l’illecito
amministrativo. Entro 30 giorni dalla data di contestazione
o di notificazione della violazione, l’interessato può presentare al Prefetto scritti o memorie difensive. Successivamente
si viene chiamati a colloquio. Nel caso di minorenni, sono
invitati al colloquio anche i genitori. Contro le sanzioni comminate dal Prefetto è possibile far ricorso entro 10 giorni
dalla notifica, presso il giudice di pace (comma 9 art.75 del
DPR 309/90). Da segnalare che la legge 49/2006 ha inserito l’articolo 75bis che prevede la possibilità per il Questore
di comminare misure di sicurezza, nei confronti di persone
considerate “pericolose” in quanto già condannate, anche in
via non definitiva, per reati contro la persona, il patrimonio,
o che abbiano già violato il testo unico sugli stupefacenti, o
siano destinatari di misure di prevenzione o sicurezza.
In questo caso, le misure applicate, che possono durare fino
a due anni, riguardano: l’obbligo di presentarsi almeno due
volte a settimana in Questura o in caserma, il divieto di
frequentare determinati locali, il divieto di allontanarsi dal
Comune di residenza, l’obbligo di rientrare in casa a una
certa ora o il divieto di condurre veicoli a motore. Tali misure di sicurezza, ad ogni modo, devono essere convalidate dal
giudice di pace.
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A chi viene trovato in possesso di una piccola quantità di
sostanze stupefacenti per uso personale, le autorità di pubblica sicurezza contestano una violazione amministrativa.
Questo comporta: il sequestro della sostanza (che verrà
analizzata per verificare che si tratti effettivamente di sostanza stupefacente e stabilire la quantità di principio attivo); la segnalazione al Nucleo Operativo Tossicodipendenze della Prefettura (Not) e la successiva convocazione
in Prefettura per un colloquio con un assistente sociale.
In caso di prima segnalazione, il Prefetto può archiviare il
procedimento con un formale invito a non fare più uso di
sostanze, oppure emanare le sanzioni previste. L’ammonimento può essere adottato solo per la prima segnalazione e
solo per chi si presenta al colloquio. Si tratta, comunque,
di una facoltà del Prefetto, non di un obbligo, quindi ogni
Prefettura ha le sue prassi. Tendenzialmente, in caso di prima segnalazione per possesso di una piccola quantità di
derivati della cannabis si verrà ammoniti; in caso di altre
droghe, no. Per questo motivo nella raccomandata che la
Prefettura invia alla persona segnalata fissando il colloquio,
viene esplicitamente indicata la possibilità di presentare documentazione rilasciata dai Servizi per le dipendenze che
attesti l’esito favorevole dello svolgimento di un programma
“terapeutico e socio-riabilitativo” o “educativo-informativo”;
tale documentazione viene valutata, insieme ad altri elementi, per decidere se applicare o meno le sanzioni e in quale misura. In pratica, la persona deve essersi rivolta al Sert
ed avere attivato e completato un programma al termine del
quale potrà dimostrare di aver abbandonato l’uso di sostanze. In caso non ci si presenti al colloquio in Prefettura, scattano le seguenti sanzioni: sospensione della patente (fino a
3 anni), del passaporto o del porto d’armi (fino a 1 anno).
53
E’ utile anche sapere che chi è oggetto di sanzioni amministrative ex art.75 non può conseguire la patente né il patentino; nel caso le sanzioni arrivino dopo il rilascio, il Prefetto
dispone la revoca della patente (art. 120 del Codice della
Strada), e quindi per riottenere questo documento sarà necessario partire da zero e sostenere nuovamente l’esame
di guida. Secondo la legge, dalla seconda volta in poi che
si viene colti in possesso di sostanze non c’è possibilità di
chiudere la vicenda con un ammonimento, ma devono essere applicate le sanzioni previste dalla legge.
La scelta del tipo di sanzione da applicare (e quindi del documento da sospendere) viene fatta dal Prefetto. Tuttavia,
chi deve usare la patente di guida per lavoro può chiedere
che quel documento non gli venga sospeso dimostrando che
gli è indispensabile. Un lavoratore dipendente dovrà presentare una dichiarazione del datore di lavoro, mentre un
lavoratore autonomo potrà fare un’autocertificazione documentando il tipo di attività svolta.
La Prefettura, quando applica la sospensione della patente
per l’art. 75, deve comunicarlo alla Motorizzazione Civile.
Quest’atto formale può avere conseguenze molto sgradevoli
per chi guida perché la Motorizzazione può chiedere alla
persona segnalata di recarsi periodicamente davanti alla
Commissione medica locale, che verifica se la persona sia
in possesso dei requisiti psico-fisici necessari per l’idoneità
alla guida. Questo è un iter lungo e costoso che può prolungarsi anche diversi anni. La segnalazione alla Motorizzazione può essere fatta anche nel caso in cui la patente non
fosse stata sospesa per motivi di lavoro.
Bibliografia: Dlgs 285/1992 Nuovo codice della strada e s.m.i.
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Chi fa uso di Cannabis passa ad altre droghe?
Nel rapporto della Commissione Unita è riscontrato che
sebbene possa emergere una correlazione tra il consumo di
cannabis e quello di altre droghe illecite, la maggioranza dei
consumatori è esule da questo “passaggio”. Si giunge alla
conclusione che se ciò accade è in soggetti già predisposti ed
anche in forte relazione alla sua illegalità, ossia il consumatore deve accedere ad un mercato non legale che offre anche
altre sostanze. Tesi appoggiata in Italia anche dal noto neuroscienziato Gian Luigi Gessa e dal Professor John Morgan,
della New York Medical School, che a seguito di una ricerca,
dichiara che la cannabis non causa il passaggio all’uso di
droghe pesanti, nella grande maggioranza dei consumatori
essa è una fine, anziché una droga di passaggio.
Secondo uno studio del luglio del 2006 dei dottori Ellgren
e Hurd, condotto su di un gruppo di 12 ratti questo rischio
potrebbe esistere nella giovane età. Poiché molti recettori
dei cannabinoidi interagiscono con il sistema oppiaceo del
cervello, la tesi di questo studio è che l’uso di cannabis in
adolescenza possa sovrastimolare ed alterare le strutture
di piacere e ricompensa del cervello. Secondo il Dr. Yasmin
L. Hurd, l’altro ideatore dello studio, due altre droghe che
stimolano il sistema oppiaceo del cervello, e che pertanto
potrebbero condurre nello stesso modo all’uso di droghe pesanti, sono nicotina e alcol etilico.
Le ricerche dell’American Psychiatric Association hanno invece dato risultati molto simili a quelli della commissione
europea.
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In uno studio del dicembre 2006 effettuato su 214 ragazzi
dell’età di 10-12 anni consumatori solo di marijuana e non
di alcool o tabacco, non si è sviluppata nessuna maggiore
tendenza ad un futuro abuso di altre sostanze stupefacenti
rispetto a chi non ne aveva mai fatto uso. E conclude che:
la probabilità che qualcuno approdi verso droghe illegali è
determinata da inclinazioni personali e situazioni sociali,
non da droghe precedentemente consumate.
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La cannabis come medicina?
In uno studio pubblicato dal National Cancer Institute (sito
governativo), si mettono finalmente nero su bianco (ma soprattutto ufficialmente) le grandi caratteristiche di questa
pianta.
I cannabinoidi sono un gruppo di 21 composti terpenofenoli
prodotti unicamente dalla Cannabis sativa e dalla Cannabis indica. Questi composti derivanti dalla pianta possono
essere indicati come phytocannabinoidi. Anche se il delta9-tetraidrocannabinolo (THC) è il principale ingrediente psicoattivo, vi sono altri composti noti che hanno attività biologica tipo: il cannabinolo, il cannabidiolo, il cannabicromene,
il cannabigerol, il tetrahydrocannabivirin, e il delta-8-THC.
Il cannabidiolo, ha la caratteristica di avere una significativa attività analgesica e anti-infiammatoria senza l’effetto
psicoattivo (alto) del delta-9-THC.
GLI EFFETTI ANTI TUMORALI
Uno studio su topi e ratti indica che i cannabinoidi hanno
un effetto protettivo contro lo sviluppo di alcuni tipi di tumori. Nel corso di questo studio di 2 anni, i gruppi di topi e di
ratti hanno ricevuto varie dosi di THC attraverso una sonda
gastrica. Nei topi, venne osservata, una riduzione sull’incidenza dei tumori epatici e sui carcinomi epatocellulari. Una
minore incidenza dei tumori benigni (polipi o adenomi) negli
altri organi (mammelle, utero, ghiandola pituitaria, testicoli
e pancreas) vennero anche osservati nei ratti. In un altro
studio, il delta-9-THC, il delta-8-THC, e il cannabinolo si
sono dimostrati utili nell’inibire la crescita del carcinoma
del polmone di Lewis in vitro ed in vivo. Inoltre, altri tumori
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sono risultati sensibili agli effetti inibenti di questa pianta. I cannabinoidi possono causare effetti antitumorali attraverso vari meccanismi: inducendo la morte cellulare,
interropendo la crescita cellulare, e attraverso l’inibizione
dell’angiogenesi tumorale e della metastasi. I cannabinoidi sembrano uccidere le cellule tumorali lasciando intatte
quelle sane proteggendole, addirittura, da quelle cancerogene. Questi composti hanno dimostrato di indurre l’apoptosi
nei glioblastomi sotto coltura e indurre la regressione degli
stessi nei topi e nei ratti. I cannabinoidi proteggono le normali cellule gliali astrogliale e oligodendrogliali dall’apoptosi
mediata dal recettore CB1.
In un modello in vivo utilizzando topi con una grave immunodeficienza, vennero generati dei tumori sotto cutanei
inoculando gli animali con cellule tumorali (del polmone)
umane. La crescita del tumore è stata ridotta del 60% nei
topi trattati con il THC rispetto ai topi che componevano il
gruppo di controllo. I campioni di tumore hanno rivelato
che il THC ha avuto effetti antiangiogenici e antiproliferativi.
Inoltre, sia i cannabinoidi di origine vegetale che quelli endogeni sono stati studiati per i loro effetti anti-infiammatori.
Uno studio sui topi ha dimostrato che il sistema cannabinoide endogeno fornisce una protezione intrinseca contro
l’infiammazione del colon. Come risultato, è stata promulgata l’ipotesi che i phytocannabinoidi e gli endocannabinoidi potrebbero essere utili nella lotta al cancro colon/
rettale. Un altro studio ha dimostrato che il delta-9-THC
è un potente agente antivirale selettivo contro il sarcoma
di Kaposi (KSHV). I ricercatori hanno concluso, garantendo
un maggior approfondimento sugli studi dei cannabinoidi
e degli herpesvirus, poiché essi porteranno allo sviluppo di
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farmaci che inibiscono la riattivazione di questi virus
oncogeni. Successivamente, un altro gruppo di ricercatori ha riportato un aumento nell’efficienza dell’infezione umana KSHV nelle cellule dermiche microvascolari epiteliali in presenza di basse dosi di delta-9-THC.
STIMOLAZIONE DELL’APPETITO E LINEA
Molti studi sugli animali hanno già dimostrato che il delta-9-THC e gli altri cannabinoidi hanno un effetto stimolante sull’appetito e sull’assunzione di cibo. Si ritiene che
il sistema dei cannabinoidi endogeni possa servire come
regolatore del comportamento alimentare. Il cannabinoide
endogeno anandamide, potenzia notevolmente l’appetito
nei topi. Inoltre, i recettori CB1 nell’ipotalamo potrebbero
essere coinvolti negli aspetti motivazionali e appaganti del
mangiare. Di recente è stato pubblicato uno studio secondo
cui la marijuana migliora la funzione insulinica, previene
il diabete e aiuta a restare in linea. Lo studio, pubblicato
sull’autorevole rivista scientifica statunitense The American Journal of Medicine e realizzato dagli esperti di alcune
prestigione istituzioni di ricerca statunitensi, indica che i
consumatori abituali di spinelli, nonostante l’introduzione
media di 600 calorie al giorno in più rispetto alla media, a
causa del noto fenomeno della ‘fame chimica’ che si manifesta dopo aver fumato, sono più magri e che gli spinelli,
per un motivo non ancora chiaro, li proteggerebbero dal rischio obesità. Uno studio rivela: la marijuana fa dimagrire.
Lo studio mostra che a parità di età e attività sportiva, i fumatori abituali di cannabis sono più magri e hanno un girovita più piccolo; hanno livelli maggiori di colesterolo buono
e un miglior controllo dello zucchero nel sangue, segno che
per qualche ragione l’erba migliora la funzione insulinica.
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ANTI DOLORIFICO
La comprensione del meccanismo attraverso cui i cannabinoidi inducono l’analgesia (assenza di dolore) è aumentata
grazie allo studio dei recettori dei cannabinoidi, gli endocannabinoidi, e degli agonisti e antagonisti sintetici. Il recettore
CB1 è presente sia nel sistema nervoso centrale (SNC) che
nelle sue terminazioni nervose periferiche. Simile ai recettori degli oppioidi, livelli molto alti del recettore CB1 sono stati trovati nelle sezioni del cervello che regolano il processo
nocicettivo. Il recettore CB2, che si trova principalmente nei
tessuti periferici, esiste a livelli molto bassi nel sistema nervoso centrale. Con lo sviluppo degli antagonisti dei recettori
specifici, sono state ottenute ulteriori informazioni sul ruolo
dei recettori cannabinoidi endogeni e sulla gestione del dolore. Vedi il sito: cancer.gov
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LA TEORIA DEL DECONDIZIONAMENTO
L’uso delle sostanze psicoattive è stato interpretato dal
farmacologo canadese Ronaid Sìegel in termini di “bisogno primario” dell’umanità. Le droghe, legali o illegali, sarebbero “agenti adattogeni” che aiutano gli individui
a far fronte ad una serie di esigenze esistenziali (cfr. Siegel 1989). Potremmo affermare che, a dispetto del diffuso
stereotipo che equipara l’uso di droga a “fuga dalla realtà”
(vale a dire dal “mondo esterno”), la “realtà” non è univoca, ma è mediata e condizionata da molti fattori; l’uso di
droga, beninteso se controllato, influisce su questi fattori.
Nel contesto di questo approccio, possiamo ritenere che
l’effetto della cannabis abbia una specifica caratteristica:
quello di “decondizionamento culturale”. Per condizionamento culturale intendiamo un fenomeno per cui l’attività mentale sì svolge attraverso schemi prefissati, assorbiti dall’educazione e dal contesto culturale, che sfuggono al
controllo cosciente; essi si concretano in “modalità di interpretazione e di comunicazione” (cfr. Arnao1982,p.60).
Questi condizionamenti hanno peraltro una loro funzione, laddove agevolano i rapporti degli individui nel contesto della attività “normale” e produttiva. Accade però
spesso che vengano adottati in maniera automatica, al di
fuori delle circostanze che li rendono necessari: l’automatismo si manifesta nella tendenza a riprodurre nel contesto delle attività ricreative, delle pause di riposo, moduli
dì comportamento che sono tipici dell’attività produttiva.
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Il concetto di “condizionamento culturale” è confermato dal
fatto che una evasione temporanea e ciclica dei condizionamenti è una costante della condizione umana: in ogni
cultura esistono momenti e luoghi in cui la gente “si lascia
andare”, o addirittura assume una identità diversa: è tipico il caso del Carnevale. Sul piano biologico, l’esigenza del
decondizionamento è dimostrata dal fatto che la funzione
del sonno come momento di recupero biologico è legata alla
cosiddetta “fase REM”, in cui avvengono i sogni: vale a dire
che la funzione principale del sonno è legata ad un momento dì attività mentale dì tipo diverso da quella “normale”
dello stato di veglia.
L’effetto della cannabis, nella misura in cui elimina una serie di condizionamenti acquisiti con la crescita e l’adattamento alle esigenze della società, è stato accostato al recupero di una dimensione “infantile”:
“[...] l’adulto, sotto gli effetti della cannabis, percepisce il
mondo e si meraviglia con la curiosità di un bambino; dettagli che sono normalmente ignorati catturano l’attenzione,
i colori sembrano più chiari e più vivi e nuovi valori possono
essere scoperti in opere d’arte che prima sembravano avere
poco significato...” (Grinspoon-Bak 1993,p.14.1).
62
Fumo, tabacco e danni alla salute
Il metodo più diffuso di assumere Cannabis consiste nel
fumarla e per questo buona parte della ricerca scientifica è
stata indirizzata sui possibili danni alla salute determinati
dal fumo. Altre modalità di assunzione potrebbero porre rischi per la salute più lievi o più seri a seconda dei casi.
Tra i più noti problemi di salute associati al fumo di tabacco si riscontra l’insorgere di bronchite, tosse, catarro,
sibili nella respirazione. In uno studio effettuato su fumatori di cannabis in buona salute si sono evidenziati rischi
analoghi, collegati all’infiammazione delle vie respiratorie;
per questo motivo in quegli stati ove è consentito l’uso terapeutico della cannabis, ci si serve di appositi vaporizzatori
atti a consentire l’inalazione dei principi attivi senza creare
combustione e danni conseguenti.
Comunque, gli effetti del fumo di tabacco e di cannabis sono
differenti poiché tendono a manifestarsi su differenti tratti
dell’apparato respiratorio: laddove il fumo di tabacco tende a saturare gli alveoli e i rami più periferici dei polmoni,
quello di cannabis tende a concentrarsi nei bronchi e nei
tratti centrali e più larghi. Una conseguenza di questo è che
la cannabis, a differenza del tabacco, non sembra provocare l’enfisema. Una recente ricerca del professor David Nutt
dell’Università di Bristol, presidente del comitato britannico
che svolge il ruolo di consulente governativo in materia di
droghe, conferma la minore pericolosità della cannabis rispetto ad alcool e nicotina.
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Consumo nella popolazione Europea (15-64 anni)
Secondo le statistiche dell’EMCDDA circa il 32% della popolazione tra i 15 ed i 64 anni ha fatto uso di cannabis
una tantum nella vita. L’Italia è il terzo Paese per questo
genere di consumo dopo la Danimarca con 32,5% e la Spagna (32,1%) mentre in fondo a questa classifica si pone la
Romania con l’1,5% di consumatori. Per quanto riguarda
l’uso di cocaina, l’Italia occupa il terzo posto con il 7% di
individui adulti (15-64 anni) che – almeno una volta – hanno fatto uso di cocaina. Al primo posto si colloca la Spagna
con 10,2% ed al secondo posto il Regno Unito con il 7,4%.
In fondo all’uso di cocaina si colloca la Romania con 0,1%.
Considerando i consumatori di amfetamine, circa il 3,2% di
Italiani hanno assunto almeno una volta questa sostanza
mentre il Regno Unito si colloca al primo posto con circa il
10% di adulti. Il Regno Unito è al primo posto anche per il
consumo di ecstasy (8,1%) mentre in Italia il 3% di adulti ha
fatto uso di questa sostanza. Per quanto riguarda l’LSD non
esistono dati riguardo all’Italia, mentre il Regno Unito conquista ancora il primato con il 5,3% di persone che hanno
assunto questa sostanza almeno una volta nella vita.
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Come riconoscere chi fa uso di Cannabis
Una delle più grandi preoccupazioni di un genitore è quella
di scoprire se suo figlio fa uso di droghe. Capire se una persona abusa di sostanze stupefacenti non è semplice. Anche
se i “sintomi” sono palesemente riconoscibili, quando il fumatore si accorge d’essere controllato tende a celare il più
possibile eventuali “tracce”. Quindi, una cosa fondamentale
è quella di non metterlo troppo in allarme. Il giovane che
ancora sente un senso di responsabilità ed affetto nei confronti dei propri cari cerca di nascondere loro ciò che sta facendo. Ammetterlo significherebbe far loro ancora più male.
Evita di fargli il terzo grado, tanto negherà. Cerca fra le sue
cose: sotto la sella del motorino; nella tasca interna del giubbino; nel portafoglio; se rientra in motorino e parcheggia nel
box guarda nella cassetta degli attrezzi o dove solitamente
tiene oggetti di sua proprietà; togli l’ultimo cassetto (quello
più in basso) del comodino o della cassettiera.
Lì c’è uno spazio dove si può nascondere di tutto come:
cartine, pezzetti di fumo, marijuana, pipe strane o altro; in
bagno potresti infilare la mano dietro al bidè, molti modelli hanno un foro dove si può infilare e nascondere diversi
oggetti. Se fuma tabacco, il pacchetto delle cartine avrà la
custodia strappata: il cartone serve per fare piccoli filtri per
gli spinelli. Fare molta attenzione ai soldi e come li spende.
Chi usa droghe ha sempre necessità di denaro.
Una cosa interessante è capire le motivazione del perché un
giovane si droga e sapere come interagire con i suoi commenti del tipo: non fa male, la sigaretta uccide la canna no,
la cannabis cura molte malattie ecc...
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Oggi è pressoché difficile trovare qualcuno che non abbia
fumato almeno una volta, ancor meno tra i giovani. Questi,
intorno a loro constatano presto che i loro amici quando
fumano si divertono. Risultano allegri e stanno apparentemente meglio. Gli dicono: “non è vero che fa male, smetti
quando vuoi, è naturale, la cannabis è usata in medicina
per curare il tumore, la sigaretta uccide non la cannabis” ed
altro ancora. I prodotti della Cannabis vengono generalmente fumati. I loro effetti vengono sentiti dopo qualche minuto,
raggiungono il loro picco in un tempo che varia dai 10 ai 30
minuti, e possono durare per due o tre ore. Gli effetti che
si provano spesso dipendono dall’esperienza e dalle aspettative del consumatore individuale, come pure dall’azione
della droga stessa. In piccole dosi, la marijuana induce un
senso di benessere e un sognante stato di rilassamento, che
può essere accompagnato da un più vivido senso della vista,
dell’olfatto, del gusto e dell’udito assieme ad una leggera
alterazione nella formazione del pensiero e nell’espressione.
Questo stato di intossicazione può non venire notato da chi
osserva. Comunque, incidenti possono avvenire mentre si è
alla guida, sul lavoro e in casa a causa della distorta percezione degli spazi e del tempo e per danni alla coordinazione.
Dosi maggiori intensificano le reazioni. I consumatori di
marijuana hanno gli stessi problemi di salute di chi fuma
tabacco, come bronchite, enfisema e asma bronchiale. Alcuni degli effetti della marijuana includono anche aumento
del battito cardiaco, secchezza della bocca, arrossamento
degli occhi, riduzione della capacità motoria e di concentrazione, fame frequente e un aumento del desiderio per i dolci. Sono state riportate allucinazioni occasionali, fantasie e
paranoia.
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Sintomi riconducibili a chi fa uso di spinelli
- Occhi rossi ( Sclera rossa , arrossamento dei capillari ) ;
- Al rientro in casa si cerca affannosamente qualcosa da mangiare
(fame chimica) ;
- Improvvisa collezione di pipette, taglierini per sigari e vari accessori
per fumatori ;
- Inspiegabile attaccamento alla botanica, amore per i funghi, l’erba ;
- Palpiti del cuore irregolari ;
- Improvvisa voglia di uscire di casa o di rintanarsi in bagno;
- Pezzetti di carta stagnola, anche annerita, sparsi per la casa ;
- Il denaro non gli basta mai ;
- Cucchiai da thè affumicati ;
- Coltelli con la punta annerita ;
- Accendini sparsi per tutta la casa con la fiamma elevata ;
- Si avvertono strani odori d’ incenso o paglia bruciata e non vi sono
bastoncini profumati ;
- In certi ambienti vengono periodicamente accesi incensi indiani per
mascherare l’odore della cannabis;
Amsterdam: Coffee Shop con “merce” in esposizione
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LO SPINELLO
Lo “spinello” o “canna” è una sigaretta ottenuta con infiorescenze di marijuana (o resina di hashish) pure o mescolate
al tabacco.
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Quando fumare è legale
Prezzario esposto in un Coffee Shop
Vetrina di un Coffee Shop con piantine
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Alcune varietà di Cannabis più in voga
informazioni tratte dai siti di venditori di semi
Dagli incroci fra cannabis sativa e indica si sono ottenute
molte varietà di marijuana, con caratteristiche particolari.
Eccone alcune tra le più importanti:
Skunk (puzzola)
La skunk è una varietà di cannabis creata negli anni 80
ibridando alcune varietà già al tempo esistenti. La skunk è
incrocio sativa/indica, a volte “indica dominante” (bassa e
robusta) a volte “sativa dominante” (alta e delicata).
È ottenuta fondendo le linee tradizionali dell’America centrale e del sud, Afghanistan e Thailandia e fu introdotta sul
mercato a metà degli anni ‘80, vincendo la prima edizione
della Cannabis Cup. È attualmente una delle varietà più diffuse al mondo, la sua produzione di THC è media (10-12%)
e possiede un odore molto pungente. La parola “skunk” in
inglese vuole appunto dire “puzzola”.
Il Prof. Leslie Iversen, farmacologo all’Università di Oxford
afferma che la credenza diffusa che la skunk sia 20 o 30
volte più potente delle vecchie varietà è semplicemente falsa, arrivando al massimo e solo in alcuni casi, al 10-12% di
THC. Nel settembre 2007, il quotidiano The Guardian pubblicò studi medici che confermarono quest’ultima affermazione.
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White Widow
La White Widow è una varietà di Cannabis molto ricca in
principi attivi, venduta nei coffee shop in Olanda. Ha vinto
la Cannabis Cup.
È conosciuta per il suo effetto molto sedativo sul sistema
nervoso e muscolare. Ha il sapore di frutta, con retrogusto
di mele troppo mature. Ha un effetto inizialmente rilassante
che evolve in un effetto complesso e divertente
La White Widow è stata creata per la prima volta nel 1995,
in serra in Olanda, dalla Green House Seed Co. Nello stesso
anno di creazione ha vinto il premio 1st Bio HTCC. L’obiettivo era quello di creare una varietà contenente poco cannabidiolo (CBD) ma con un alto contenuto di THC. La pianta
è diventata subito famosa per le sue foglie che diventano
bianche durante la fioritura. La genetica era stata tenuta
inizialmente sconosciuta per evitare emulazioni da parte di
altre compagnie, ora è noto che i semi per l’incrocio vengono
dal Brasile e dal Sud dell’India
Si coltiva sia all’aperto che in serra. Come per le altre piante
il raccolto è maggiore se la pianta è coltivata all’aperto. Tuttavia è più difficile controllare l’ecosistema. La coltivazione
in serra permette di mantenere temperatura, umidità e illuminazione prefissati oltre che avere una pianta protetta
da parassiti ed altri animali infestanti. Per la coltivazione
Indoor la pianta richiede 8-9 settimane per raggiungere una
produzione tra i 400 e i 600 grammi/m^2, Outdoor la pianta si semina in primavera e fiorisce nei primi di Ottobre
nell’emisfero Nord.
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Haze
La Haze è una varietà di Cannabis che ha origine dalle colline della Bay Area, in California, negli anni ‘70. E’ un incrocio stabile di varietà genetiche colombiane, thailandesi e
giamaicane. La Haze produce gemme molto pelose, con un
tempo di fioritura molto lungo e producono un “high” molto
intenso e cerebrale. La Haze ha un aroma molto complesso
ed ha un odore un po’ differente dai comuni incroci. È una
varietà che può avere parecchie applicazioni mediche.
Jack Herer
Questa varietà ad alto contenuto di THC é classificata come
la più premiata nella storia della Cannabis Cup con ben
nove coppe. Jack Herer si distingue per l’essere distribuita
sotto prescrizione delle farmacie olandesi, in quanto riconosciuta come una varieta’ di cannabis di grado medicinale.
E’ stata nominata in onore di Jack Herer, autore di ‘The
Emperor Wears No Clothes’.
Al culmine della fioritura le cime sono totalmente ricoperte
di tricomi cristallini tanto da sembrare una spolverata di
zucchero o gocce di rugiada brillanti. Questa coperta di cristalli si estende fino alle foglioline delle cime, fino alle foglie
palmate e persino agli steli e al tronco. Partendo dai semi, le
piante mostrano una variazione favorevole per via dell’origine complessa di Jack Herer e per via del delicato bilancio
tra Sativa e Indica.
72
Northern Lights
La Northern Light è famosa per essere stata il primo incrocio 50% Haze.
La Haze era molto diffusa in U.S.A negli anni ‘70, ma quasi
rischiò l’estinzione negli anni ‘80 poichè si preferiva razze
più semplici e più produttive. Così la Haze venne incrociata
con la NL 5 indica.
Molto alta e ha un periodo di fioritura piuttosto lungo, ma
nonostante questo mantiene abbondanti cime stile Northern Lights sul tronco.
All’aperto cresce molto (anche 3 m), con grosse produzioni
di cime.
Al chiuso si mantiene più bassa e compatta, viene consigliato di metterla da subito in fioritura, così da renderla più
bassa.
Critical Kush
La Critical Kush, della Barney’s Farm, è un incrocio di successo tra una Critical Mass, essa stessa ibrido di Afghani
x Skunk #1, ed una OG Kush, una North Californian con
eredità genetica di Chew Dawg e di Pakistani Kush. A predominanza Indica, fumarla provoca un pesante ‘high’, rendendola un’ottima scelta sia per scopi terapeutici che per il
semplice piacere di rilassarsi.
Dutch Passion – Think Different femminizzata
Se si deve seguire un programma di lavoro dai tempi assai
ridotti e si vuole avere marijuana disponibile praticamente
subito, la Think Different femminizzata e autofiorente, della
Dutch Passion, è quello che state cercando. Raccolti giganteschi in soli 60-70 giorni dalla semina, con una resa da un
quarto di chilo per pianta in outdoor e da mezzo chilo per
metro quadro in indoor.
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Sensi Seeds – Early Skunk femminizzata
Un affare di cuore fra la Early Pearl e la famosa Skunk #1
ha prodotto qualcosa di grande. L’Early Skunk femminizzata della Sensi Seeds è una varietà senza problemi che
cresce, praticamente, da sola, con grandi risultati di resa
e di qualità. Si tratta di una pianta veloce e resistente, dal
successo garantito anche alle condizioni più dure. Tipicamente a predominanza Indica, offre cime resinose con un
tocco dall’aspetto di Sativa.
Medical Seeds – Channel + femminizzata
Pianta a predominanza Indica con un tocco di genetica Sativa, la Channel + è il risultato di tecniche di coltivazione
avanzate e di incroci di Skunk selezionate e Big Bud.
Si tratta di una pianta compatta e piuttosto alta e si comporta bene in ogni tipo di ambiente, ma è particolarmente
adatta alla tecnica SOG (Mare Verde). Elevato THC e contenuto di CBD la rendono un’ottima scelta per pazienti che
usano marijuana a scopo terapeutico, con effetti tanto fisici
quanto mentali.
Dinafem – Moby Dick 2 femminizzata
Una varietà più potente e più produttiva dell’originale Moby
Dick. Lo sviluppo della Moby Dick #2, dai ricercatori Dinafem, è stato possibile grazie all’incrocio tra una JYD Haze e
una Northern Lights. Il risultato è una varietà a predominanza Sativa che produce ottimi risultati sia in termini di
qualità che di quantità.
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Advanced Seeds – Ice Kush femminizzata
Dedicata a coltivatori impazienti: potente ibrido a predominanza Indica con accenni di Sativa. Adatta a coltivazioni
outdoor grazie al suo precoce periodo di raccolta, che si aggira verso la seconda metà di settembre. Ice Kush femminizzata della Advanced Seeds: si tratta di una marijuana di
qualità eccelsa, con un periodo di fioritura breve, di sole 7-8
settimane, e altamente resinosa.
Royal Queen Seeds – Amnesia Haze femminizzata
L’unica e la sola vera Haze è tornata. Grazie ai coltivatori
della Royal Queen Seeds, la leggenda oggi è di nuovo disponibile sotto le spoglie femminizzate della Amnesia Haze. Patrimonio genetico unico, che include sia la moderna Dutch
Hybrid Haze e la American Haze “vecchia scuola”. Un vero
piacere per intenditori di Cannabis classica.
Bulldog Seeds – The Bulldog Chronic femminizzata
Un ibrido di marca, dai coltivatori della Bulldog Seeds: si
tratta di un incrocio tra la famosa Super Skunk e la Church.
Varietà che completa il suo ciclo velocemente, con un periodo di fioritura che si aggira intorno alle 8 settimane, con
tratti distintivi della genetica Indica predominante. Garantisce elevate rese, alta potenza e cime resinose, con un aroma
inconfondibile di skunk classica.
Big Buddha Seeds – Big Buddha Cheese femminizzata
Un incrocio di successo fra una varietà di Cannabis afgana
e l’originale Skunk #1. La Big Buddha Cheese femminizzata
offre raccolti più abbondanti rispetto ai suoi predecessori,
con cime succose pronte per il raccolto molto in fretta. Un’ottima scelta sia per coltivazioni indoor che outdoor. Produce
marijuana di ottima qualità con un aroma piacevole.
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Negli Usa arriva il ‘supermercato’ della cannabis
Dove trovare tutto il necessario per coltivare in casa
una pianta di marijuana? La risposta è facile, Al ‘WalMart dell’erba’, ossia il punto vendita della catena in
franchising WeGrow inaugurato a Sacramento, in California.
Si tratta di un vero e proprio supermercato di oltre 10mila
metri quadrati dove è possibile acquistare tutti quei prodotti naturali e artificiali che aiutano a far crescere rapidamente le piante di marijuana, che sono presenti nel punto
vendita, ma non possono essere acquistate. I gestori della
catena in franchising WeGrow hanno definito il loro negozio ‘il primo vero punto vendita idroponico’. Dal momento
che in California è legale solo l’uso medico della marijuana,
le uniche persone che possono fare acquisti nel negozio di
Sacramento sono quei clienti che hanno un certificato medico che attesta l’uso terapeutico della sostanza. Secondo
quanto stabilito dalla legge, queste persone potrebbero coltivare una pianta di marijuana in casa. Il punto vendita, tra
l’altro, organizza corsi di coltivazione e offre la consulenza
di un medico che ascolta i clienti indicando il miglior uso
terapeutico della cannabis. Presto al WeGrow californiano
si aggiungeranno nuovi punti vendita in Arizona, Colorado, New Jersey e Oregon. Secondo quanto fatto sapre alla
Cbs da Mike Garcia, portavoce di WeGrow, il punto vendita
inaugurato a Sacramento avrà un forte impatto sull’economia della città e non arrecherà alcun problema al quartiere.
L’apertura del negozio, però, è stata accolta con preoccupazione da alcuni cittadini di Sacramento. Il timore è che
persone ‘pazze e lunatiche’ si riversino nella città.
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Qual’ è la differenza tra indica e sativa?
Scientificamente (e legalmente), tutte le cannabis sono Cannabis Sativa L.. In pratica, Indica e Sativa sono i nomi
utilizzati per distinguere i due estremi dello “spettro” della
cannabis. All’interno di questo spettro, esiste una grande
varietà di modelli di crescita, qualità ed effetti , la maggior
parte dei quali è il risultato della straordinaria capacità
adattativa della cannabis all’ambiente. Geneticamente, ed
in termini di ibridazione, tutte le cannabis appartengono
alla stessa famiglia.
INDICA: La maggior parte delle varietà di Indica proviene
dall’Asia meridionale e dal subcontinente indiano (Afghanistan, Pakistan, India, Tibet, Nepal, ecc.). Le Indica sono
compatte e robuste, con gemme dense, pesanti e fragranti. Le gemme delle Indica tendono a crescere in grappoli,
con spazi variabili fra un grappolo e l’altro (conosciuti come
“spazi internodali”). Le Indica sono le varietà dalla fioritura più rapida, con un tempo di fioritura che, in genere, va
da 6 a 9 settimane. Le Indica non crescono velocemente in
altezza una volta che hanno iniziato la fioritura. Le Indica
raggiungono dal 50 al 100% della loro altezza vegetativa al
termine del periodo di fioritura. L’effetto delle Indica è generalmente classificato come “stone”, indicando con ciò una
maggiore concentrazione dell’effetto sul corpo. Esse sono in
grado di migliorare le sensazioni fisiche come il gusto, il
tatto e l’udito, inoltre hanno un effetto rilassante – sulla
mente e sul corpo – e, a dosi più elevate, possono risultare
soporifere.
SATIVA: Le Sativa provengono generalmente dalle regioni
equatoriali – Tailandia, Cambogia, Giamaica, Messico, ecc.
Alle medesime condizioni, le Sativa diventano più alte delle
77
Indica. Le gemme delle Sativa tendono a diventare più
grandi di quelle delle Indica, sviluppandosi singolarmente
lungo tutta la lunghezza dei rami, anziché in grappoli concentrati attorno agli internodi. Tuttavia, le gemme, quando
sono secche, sono generalmente più leggere di quelle della
Indica, a causa della loro bassa densità. Le gemme della
Sativa hanno anche un odore meno pungente, sia durante la crescita che una volta seccate. Le Sativa richiedono
maggior tempo per fiorire. Normalmente il tempo di fioritura
dura dalle 9 alle 12 settimane. Tuttavia, il periodo vegetativo PRECEDENTE la fioritura è più breve rispetto a quello
richiesto dalle Indica, di modo che il tempo complessivo necessario alle Sativa per maturare è lo stesso di quello delle
Indica (a volte anche inferiore, in termine di “ore di luce”).
Le Sativa continuano a crescere in altezza durante la fioritura, raggiungendo spesso il 200%, 300% o anche più della
loro altezza vegetativa durante la fioritura. Questo è dovuto
al fatto che nelle zone equatoriali non vi è grande differenza nel numero di ore di luce fra l’inverno e l’estate. Nel loro
ambiente naturale, le Sativa crescono e fioriscono contemporaneamente, per questo i coltivatori di Sativa in ambiente
interno non devono permettere alle piante di crescere molto
durante il periodo vegetativo prima di indurle a fioritura.
Se cresciute da cloni, molte varietà di Sativa possono essere
indotte alla fioritura non appena il clone ha gettato.
A dispetto del loro peso inferiore e del periodo di fioritura
più lungo, le Sativa sono apprezzate da molti coltivatori per
il loro effetto “high”.
“High” indica un effetto cerebrale, energetico, creativo, allegro o anche psichedelico. Si tratta di un effetto meno schiacciante rispetto a quello “stone” delle Indica, che non induce
al sonno.
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Chi ha frequentato i coffee-shop si è chiesto quanti tipi di
marijuana esistano e come sia possibile creare tutta questa
varietà. In realtà la cannabis è divisa in tre tipologie differenti, dalle quali, incrociandole e selezionandole, si sono
ottenute le molteplici varietà.
La Sativa è una tipologia di cannabis che produce piante alte e che tramite selezioni può crescere addirittura fino
a 6 metri d’altezza. Questa specie è conosciuta per le sue
fibre, che sono usate per produrre indumenti e molti alti
prodotti dell’industria tessile. Qualche tempo fa era anche
il più grande concorrente nella produzione della carta, dato
che cresce più velocemente degli alberi con conseguenze
sull’ambiente pari a zero. Invece, in un modo o nell’altro,
l’industria della carta ritornò a produrre la carta dagli alberi, con gravi conseguenze dovute al disboscamento. La
Cannabis Sativa produce un basso contenuto di THC (non
più dell’1-2 % di THC) e non viene utilizzata a scopo medico.
La Cannabis Indica è la varietà naturale di marijuana ricercata dai fumatori, e come dice il nome, questa varietà
proviene dall’India. Perfino le piante di marijuana selvatiche
possono contenere fino al 16 % di THC nei fiori secchi.Le
piante sono molto più piccole rispetto a quelle della Cannabis Sativa, e di solito hanno un’altezza media di 1,5 metri,
e di conseguenza, producono un’immensa quantità di foglie enormi. Poiché questa specie produce un tronco legnoso, non è adatta per l’industria tessile ma il suo impiego è
esclusivamente medicinale e per scopi ricreativi.
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Esiste, inoltre, una terza specie di cannabis, denominata
Ruderalis. Originaria dell’Asia Centrale, questa specie è
molto resistente, si adatta a qualsiasi clima, anche a quelli
più rigidi, ma non ha mai ricevuto particolari attenzioni perché piccola (15-60 cm), legnosa, e con un basso contenuto
di THC. L’interesse verso questa pianta è dovuto alla fioritura molto precoce: di solito avviene dopo poche settimane
dalla schiusura del seme. Nonostante questo, la Cannabis
Ruderalis è stata usata a scopo medicinale come la Cannabis Indica. Attualmente sta destando particolare attenzione
nella produzione di nuove genetiche e ibridi per la coltivazione di nuove varietà di piante di marijuana.
La qualità Lowryder è ottenuta incrociando la Cannabis
ruderalis (Mexican Ruderalis) con la Cannabis indica (Northern Lights). Questo incrocio è stato realizzato dal breeder
Canadese Joint Doctor’s. La pianta risulta essere più bassa
e precoce rispetto alle altre varietà di Cannabis indica, mantenendo un alto livello di THC. Non a caso questa varietà
trova origine in Canada, dove il clima rigido dimostra le caratteristiche di resistenza al freddo e di rapidità di fioritura
tipici della Cannabis ruderalis.
A questo punto avrete compreso da dove nascono tutte le
varietà, ottenute incrociando così tante volte nel corso degli
anni le tre specie principali.
I coltivatori commerciali sono interessati più alla quantità
dei raccolti che alla qualità, mentre i coltivatori-consumatori di marijuana non sono interessati più di tanto alla quantità del raccolto, ma si interessano soprattutto alla quantità
di principi attivi, all’odore e specialmente al sapore.
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CLASSIFICAZIONE BOTANICA
Regno: Plantae
Subregno: Tracheobionta
Divisione: Magnoliophyta (ex Angiospermae)
Classe: Magnoliopsida (ex Dicotyledones)
Subclasse: Hamamelidae
Ordine: Urticales
Famiglia: Cannabaceae
Genere: Cannabis
La Canapa è una pianta a ciclo annuale della famiglia delle
Cannabaceae. La varietà di Cannabis sativa era nel mondo
occidentale la più diffusa, fino all’avvento del proibizionismo
della cannabis. Si tratta di una pianta erbacea, a ciclo annuale,
originaria dell’Asia centro-meridionale anche se oramai è una
specie diffusa in tutto il mondo nelle zone a clima temperato.
Il suo apparato radicale è formato da una radice fittonante
che si approfondisce nel terreno anche per diversi metri.
Il fusto è sottile, eretto, ramificato e spesso cavo nella
parte superiore e può raggiungere anche i 4 m di altezza.
Le foglie sono picciolate, lobate-palmate, formate da diverse foglioline più piccole con i margini seghettati.
E’ una pianta dioica, vale a dire che esistono piante maschili e piante femminili anche se non sono rari i casi di
ermafroditismo.
81
MASCHIO - FEMMINA
82
I fiori maschili (che portano gli stami) sono raggruppati in
pannocchie poste alle ascelle delle foglie ed ognuno è formato da 5 tepali fusi alla base e da 5 stami.
I fiori femminili (che portano il pistillo) sono riuniti in gruppi
di 2-6 alle base di brattee formanti corte spighe. I fiori compaiono durante il periodo estivo e l’impollinazione avviene
ad opera del vento.
I fiori femminili e le parti limitrofe sono ricoperte di peli (tricomi) che secernano una resina che, nelle varietà da droga, contiene alte percentuali di THC (vedi sotto) superiori a
quelle dei fiori maschili.
FIORI FEMMINILI
FIORI MASCHILI
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INFIORESCENZA FEMMINILE COPERTA DI RESINA
I frutti maturano in autunno e sono degli acheni duri e di
forma più o meno rotondeggiante e di solito si presentano
macchiati dal bruno, all’olivastro, al rossiccio e contengono
al loro interno un solo seme.
Da questa pianta (ed in particolare dalla specie C. indica)
si ricavano diverse droghe: HASHISH (chiamata charas in
India) che è la resina pressata ricavata dei fiori ed impastata
con miele o grassi vari e la MARIJUANA (chiamata ganja in
India, kif in Marocco, dagga o bangi nell’est dell’Africa) che
è una miscela di alcune parti essiccate della pianta, soprattutto le foglie e le infiorescenze. Si tratta in entrambi i casi
di sostanze psicoattive che differiscono tra loro per la diversa quantità di principio attivo con proprietà allucinogene.
84
Linneo nel 1753 individuò una sola specie di canapa: la
Marijuana o Hashish.
Nel 1924 il botanico sovietico Janichewsky classificò tre diverse specie: la Cannabis sativa che era rappresentata da
una specie alta, poco ramificata e con portamento spiccatamente piramidale; la Cannabis indica con un portamento
più contenuto e cespugliosa e la Cannabis ruderalis molto
contenuta di volume non più alta infatti di 50 cm e senza
rami.
Nel 1976 i canadesi Small e Cronquist hanno ripreso l’originale classificazione di Linneo individuando una sola specie,
la Cannabis sativa L. divisa però in due sottospecie: la Cannabis sativa e la Cannabis indica che si differenziano tra
loro per la qualità e la quantità di cannabinoidi (soprattutto
THC) presenti che vengono prodotti dalle ghiandole dei peli
sotto forma di lattice che costituisce quindi un carattere
tassonomico.
Seguendo la loro classificazione oltre alle due sottospecie
individuano anche alcune sub-varietà:
Specie: Cannabis sativa
Sottospecie: Cannabis sativa
Sottospecie: Cannabis indica
Sub varietà:
- C. sativa varietà sativa
- C. sativa varietà spontanea Vavilov
Sub varietà:
- C. indica varietà indica
- C. sativa varietà kafiristanica (Vavilov)
85
Dove la C. indica ha una più alta percentuale in cannabinoidi e quindi è la specie più usata per ottenere Marijuana
e Hashish.
Le due sottospecie si distinguono per il fatto che la C. indica ha delle fibre più sottili, un fusto molto più ramificato,
un tessuto vascolare di dimensioni più grandi, un maggiore contenuto in cellulosa, le foglie molto più segmentate e
maggiori proprietà stupefacenti rispetto all’altra.
Nel 2002 Clarke e Watson riprendo la classificazione ed individuano una sola specie, la C. sativa con diverse varietà,
in particolare quelle usate per la produzione di hashish e
marijuana, che andrebbero raggruppate nella specie C. indica.
In ogni caso, qualunque sia la classificazione che si voglia
seguire, c’è da tenere presente che tutte le diverse specie o
varietà si incrociano tra loro dando origine ad una progenie
fertile.
La C. sativa è stata usata per secoli per la produzione di
tessuti, fibre e carta ed i semi sono usati come mangime per
gli uccelli e anche per produrre olio.
86
DERIVATI DELLA CANNABIS
Sono diverse le droghe che si possono ottenere soprattutto
dalla C. Indica:
HASHISH
L’hashish è la resina prodotta dalle infiorescenze femminili
anche se altre parti dei fiori e delle foglie potrebbero essere
incluse nella sua produzione.
Il suo metodo di produzione è diverso a seconda del suo
paese di origine:
L’Hashish che viene prodotta nei paesi asiatici (Nepal, Afghanistan, India, Pakistan e nei paesi intorno all’Himalaya) viene prodotta strofinando le piante vive con le mani.
Il principio è quello di fare aderire la resina, morbida ed
appiccicosa alle mani per poi raschiarla via (questo tipo di
hashish in India si chiama charas). Questa resina viene
quindi impastata in pani (in genere da 100 gr) praticamente
pronti per essere consumati. In genere i pani vengono pressati a mano con l’aggiunta di tè o acqua (le migliori qualità
dell’hashish afghano sono firmate con lo stemma della famiglia che le ha prodotte).
Ha un colore marrone scuro esternamente mentre all’interno è più chiaro.
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SFREGAMENTO
MANUALE
Questa polvere composta da resina e foglie, viene riscaldata
e quindi compressa per formare blocchi o pani.
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L’Hashish del Medio Oriente (Marocco, Turchia e Libano) è
invece prodotta setacciando i fiori femminili secchi fino a
quando non rimane una polvere resinosa (con un’unica eccezione il Kashmir dove è prodotta a mano come nel Nepal
e Afghanistan).
Questa polvere composta da resina e foglie, viene riscaldata
e quindi compressa per formare blocchi o pani.
Questo tipo di hashish è di solito più duro e secco del precedente ed il colore varia dal giallo al rosso, al marroncino.
Guardando all’interno si dovrebbero vedere le piccole gocce
di resina di cui è fatto questo tipo di hashish.
La qualità dell’hashish è influenzata anche dalle volte che
la pianta viene setacciata, dalla quantità di resina e di foglie. La prima raccolta è ovviamente quella che fornisce il
prodotto migliore. Una volta ottenuta, viene sigillata con del
cellophan o con dei panni di lino.
Tutti i tipi di hashish sono solidi, ma variano nella compattezza (dal morbido, al gommoso, al polveroso sino al duro) ;
nei colori (dal verde al marrone al nero); nel gusto e nell’aroma. Queste differenze dipendono da vari fattori: la fascia
geografica di coltivazione, il metodo di produzione e anche
dai materiali di taglio. Infatti l’hashish può essere tagliato per aumentarne la quantità o migliorarne la consistenza
con molte sostanze quali ad esempio l’henne, la sabbia, il
catrame, con tutti i tipi di olio incluso quello di palma e di
cocco.
La percentuale di principio attivo (THC) nell’hashish oscilla tra il 2 ed
il 10%
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L’hashish si conserva per circa 2 anni, dopodiché perde totalmente i suoi effetti. La perdita di THC anche se conservata in condizioni ottimali è stimata in circa il 5% mensile.
MARIJUANA
La Marijuana sono le foglie, i fiori e parte del gambo che
vengono essiccati e fumati o ingeriti.
Le sigarette di marijuana preparate manualmente, sono comunemente chiamare “canne” o “spinelli”. La quantità di
principio attivo responsabile degli effetti allucinogeni (THC)
varia dallo 0,5 al 7%, a seconda della specie anche se esistono delle varietà selezionate come la “Super skunk” (ottenuta
da incroci tra la varietà di C. indica Skunk e varietà afgane) con una quantità di THC che può variare dall’8 al 15%,
tranne casi particolari di piante ibride e selezionate.
OLIO DI HASHISH
L’olio di hashish si ottiene per estrazione con solventi (alcool, derivati del petrolio, ecc.). Il prodotto finale che si ottiene
è un liquido viscoso simile al catrame.
Può essere fumato o ingerito ed è il prodotto di derivazione
della cannabis con un più alto contenuto in principi attivi
(cannabinoidi) infatti il suo THC è del 10-30%
90
PERCHE’ NON SI COLTIVA PIU’ LA CANAPA
Storia del proibizionismo
Il problema che finora ha impedito il rilancio della canapa
ha un nome: “marijuana”.
Il problema nasce dal fatto che la canapa europea a basso
tasso di THC è quasi indistinguibile dalla canapa indiana
(l’OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità - ha stabilito
che se la percentuale di THC è superiore al 1%, si tratta di
canapa indiana, cioè di droga, se è inferiore, di canapa industriale).
La resina allo stato puro (hashish) dà effetti allucinogeni, ed
è quindi da considerare una vera droga (anche se di solito la
si usa, finemente sbriciolata nel tabacco, per farne sigarette
che hanno la stessa concentrazione di principio attivo e si
fumano come la marijuana).
Anche se è possibile stabilire con delle analisi il tasso di
THC di una pianta, e anche se in deroga alla proibizione e
con mille limitazioni è consentito coltivarla, di fatto la coltivazione della pianta a scopo industriale non è affatto libera.
Se quindi la coltivazione non è consentita, un contadino che
la coltivasse verrebbe trattato come un trafficante di droga.
Di conseguenza nessuna azienda potrebbe lavorarla.
Se non ci fosse il problema marijuana, la canapa potrebbe
essere una normale pianta coltivata e noi potremmo usarla
per risolvere i tanti problemi dell’agricoltura, dell’economia
e dell’ambiente. Se da alcune varietà di questa pianta si ricava una droga è solo una sfortunata coincidenza.
Ma le cose stanno proprio così?
91
In realtà i termini della questione dovrebbero essere rovesciati: non è vero che noi non possiamo usare questa pianta
per risolvere i problemi ambientali perché – purtroppo – è
anche una droga. E’ vero invece il contrario: la canapa ricca
di resina è in realtà prima di tutto un importante medicinale, ed è stata fatta diventare una droga negli anni Trenta per
eliminare un pericoloso concorrente del petrolio, dell’industria chimica e della carta fabbricata col legno degli alberi.
La riscoperta della canapa
e la proibizione del 1937
Per quanto riguarda gli usi industriali, negli anni Trenta ci
fu un rinnovato interesse per la canapa: vennero studiati
nuovi materiali ad alto contenuto di fibra per l’industria,
materie plastiche ricavate dalla cellulosa del legno, e venne
anche studiata la possibilità di fabbricare la carta col legno
della canapa. Infine con l’olio già si producevano in grande
quantità vernici e carburante per auto.
Proprio in quegli anni il magnate del petrolio Henry Ford
costruì un prototipo di automobile in cui sia la carrozzeria
che gli interni e persino i vetri dei finestrini erano fatti di
canapa. Quest’auto pesava un terzo di meno, e anche il carburante che la faceva muovere era di canapa.
Negli anni Trenta la canapa era diventata matura per servire come fonte abbondante di materie prime per numerosi
settori dell’industria. Un’industria molto più sostenibile per
l’ambiente rispetto a quella che conosciamo.
Purtroppo queste promesse non furono mantenute. Si erano allora già costituiti dei grossi interessi che si contrapposero alla canapa. Con il petrolio si incominciavano a
produrre materiali plastici e vernici, e la carta di giornale
92
della catena Hearst era fabbricata a partire dal legno degli
alberi con un processo che richiedeva grandi quantità di
solventi chimici, forniti dalla industria chimica Du Pont.
La Du Pont e la catena di giornali Hearst quindi si coalizzarono. Con una martellante campagna di stampa durata
anni la cannabis, chiamata da allora con il nome di “marijuana”, venne accusata di essere responsabile di tutti i
delitti più efferati riportati dalla cronaca del tempo.
Il nome messicano “marijuana” era stato scelto con cura al
fine di mettere la canapa in cattiva luce, dato che il Messico
era allora un paese “nemico” contro il quale gli Stati Uniti
avevano appena combattuto una guerra di confine. Inoltre
era un termine sconosciuto in America, per cui l’opinione
pubblica, sentendo parlare di una droga tanto pericolosa,
non poteva certo immaginare che fosse l’innocuo e gentile
farmaco chiamato cannabis dalle proprietà rilassanti, che
come blando effetto collaterale poteva provocare solo una
moderata allegria.
Approfittando anche del fatto che l’America degli anni Trenta attraversava una profonda crisi economica, con milioni di
disoccupati e un’opinione pubblica esasperata alla ricerca
di qualcuno con cui prendersela, nel 1937 venne approvata
una legge che proibiva la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa. Da notare che non venne proibita solo la canapa ricca di resina, ma anche la normale canapa coltivata. Non si
trattò di semplice proibizionismo, ma di iperproibizionismo,
tanto più ingiustificato.
93
Crimini mai accaduti, dal 1937 venivano attribuiti alla
marijuana per mascherare i veri interessi economici dei
proibizionisti.
Il manifesto recita:
ORRORE, DISPERAZIONE, VERGOGNA
MARIJUANA: ERBACCIA CON LE RADICI ALL’INFERNO
Miseria orge strane feste sfrenate passioni scatenate
94
In America ancora oggi vanno in galera ogni anno alcune
centinaia di migliaia di persone solo perché trovati a fumare
qualche spinello. Il proibizionismo è stato determinante nel
diffondere l’uso consumistico della canapa, mentre prima
esisteva solo quello medico. Da notare infine che, a conti
fatti, l’unico proibizionismo che ha veramente funzionato, è stato quello nei confronti della canapa per uso
industriale, il vero obiettivo della proibizione, oltre che
della canapa medica.
Dagli anni Trenta in poi l’industria chimica del petrolio e
quella della carta fabbricata col legno degli alberi hanno
provocato infinite distruzioni negli ecosistemi mondiali. Se
oggi si vuole costruire una società dei consumi molto più
sostenibile per l’ambiente è quindi necessario rovesciare
quella decisione che nel 1937 ha trasformato uno dei più
importanti e innocui farmaci in una pericolosa droga.
Come già detto la cannabis può anche essere una vera droga, se non per i danni, almeno per gli effetti che può provocare. La resina allo stato puro (conosciuta come hashish)
assunta a forti dosi provoca effetti allucinogeni, tanto più
intensi quanto maggiore è la dose. Non è stata però questa
la ragione della proibizione della canapa del 1937, perché
allora l’uso allucinogeno era di fatto sconosciuto in America, non corrispondeva al nome messicano di marijuana, e
in ogni caso non avrebbe potuto provocare i fatti di cronaca
violenti che le venivano attribuiti.
Ad ogni modo questo problema esiste. Un uso consumistico della cannabis a scopo allucinogeno è da valutare bene:
l’hashish non è una sostanza anodina; può provocare forti
sensazioni sia piacevoli che spiacevoli, e quindi bisognerebbe almeno usarla con cautela.
95
Fino al 1937 la canapa è stata una delle piante più utilizzate
della storia. Inoltre, ancor prima della scoperta dell’aspirina,
la cannabis era la base di quasi tutte le tinture mediche, rivestendo un’importanza fondamentale nella medicina. Fino
a quel tempo, funi, stoffe e perfino le vele delle navi erano
realizzate con canapa, questo perché l’acqua salata rovina
facilmente il cotone ma NON la canapa: è l’unica fibra in
grado di resistere agli spruzzi dell’acqua marina. L’olio di
canapa, invece, veniva utilizzato per realizzare pitture e vernici. Il suo uso era talmente diffuso che tutti conoscevano
la canapa senza sapere nulla sulla marijuana, finché non
arrivò il proibizionismo. Quando Rudolph Diesel inventò il
suo motore, pochi sanno che questo veniva alimentato da
olio di canapa, conveniente e ottenibile ad un prezzo molto
più vantaggioso del petrolio. Se la canapa venisse coltivata
ora nei nostri terreni, non avremmo bisogno di rivolgerci ai
mercanti stranieri del petrolio. Anche la carta di canapa è di
migliore qualità, in quanto meno soggetta all’ingiallimento,
ma la canapa è proibita, quindi si preferisce disboscare intere foreste. A quale prezzo? Alla penalizzazione della canapa hanno controibuito grandi uomini d’affari, come William
Randolph Hearst (1863-1951). Quest’editore, imprenditore
e politico statunitense divenne celebre, oltre che per la sua
smisurata ricchezza (si stima che i suoi introiti arrivarono
a toccare i 15 milioni di dollari in un anno), anche per aver
creato uno dei più grandi imperi mediatici di sempre, influenzando fortemente lo stile giornalistico e l’opinione pubblica americana. Cosa c’entra Hearst con la canapa?
La pianta della canapa ha dimostrato nei secoli di essere
una pianta utilissima per via della sua versatilità.
Con questa pianta si possono infatti creare tessuti, vernici,
materie plastiche, ma soprattutto carta, con un impiego di
prodotti chimici quasi nullo.
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La pianta della canapa, fonte rinnovabile annualmente, richiederebbe un trattamento chimico pressoché nullo per
diventare carta e sarebbe più auspicabile per l’ambiente
rispetto all’adozione della procedura classica che richiede
invece il trattamento del legno con acido solforico, senza
considerare che gli alberi impiegano molto più tempo per
ricrescere. Il nemico numero uno in assoluto della carta di
canapa fu il magnate dei media William Randolph Hearst.
Aveva molti motivi per demonizzare la cannabis e i suoi
attacchi furono così efficaci che ancora oggi influenzano l’opinione pubblica mondiale e all’epoca contribuirono persino
all’approvazione di alcune leggi americane a sfavore della
coltivazione di Cannabis. Il motivo di questo suo immane
impegno per impedire la produzione di massa di carta di
canapa all’epoca fu chiaro a tutti. All’inizio degli anni 1930,
Hearst possedeva una superficie talmente vasta di terreni
adibiti alla produzione di legno tale da possedere il monopolio su questo mercato. Una produzione di massa di carta
di canapa avrebbe potuto significare per la sua azienda una
perdita di molti milioni di dollari.
Hearst utilizzò la sua immensa rete nazionale di giornali
e riviste per diffondere storie non fondate sui danni della
“marijuana”. Il numero enorme di giornali, tabloid, riviste
e bobine di film che Hearst controllava gli permise di diffondere questa propaganda a suo unico vantaggio. Inoltre
grazie all’ormai consolidato stile scandalistico dei suoi giornali (Yellow Journalism) Hearst riuscì velocemente a consolidare molti pregiudizi esistenti all’epoca e ad associare
la cannabis ai lavoratori messicani che “minacciavano” di
rubare posti di lavoro agli americani e agli afro-americani
che erano stati (e sarebbero stati ancora a lungo) oggetto di
discriminazione razziale. Ma anche qui aveva delle motivazioni personali.
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Il Marihuana Tax Act è la legge che negli Stati Uniti diede
il via al proibizionismo nei confronti del commercio, dell’uso
e della coltivazione della canapa, esteso in pochi anni a numerosi altri paesi del mondo.
Lo speciale bollo «Producer of Marihuana», risalente al luglio 1945
Il 14 giugno 1937 il presidente Roosevelt firmò il Marijuana
Tax Act, emanato dal Congresso degli Stati Uniti d’America,
che di fatto impediva la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa, anche a scopo medicamentale.
Curiosità:
Le banconote francesi erano realizzate con carta di canapa,
così come il documento originale della Costituzione americana.
98
All’epoca della Rivoluzione Messicana, Pancho Villa si impadronì di un ranch di 1.000.000 di ettari coltivati a legno, che
era stato in possesso della famiglia di Hearst sin dai tempi di suo padre. Con l’appoggio di Harry Anslinger (18921975), orfano della “vecchia battaglia” contro gli alcolici, ora
rivoltatosi contro la canapa, pianta diffusissima e coltivata ovunque in America, astutamente “mascherata” sotto il
nome di marijuana, allora del tutto sconosciuta negli Stati
Uniti, e usata come “droga” solo da alcune minoranze messicane, Hearst convince Anslinger a giustificare una legge
(Marijuana Tax Act) che avrebbe tassato pesantemente la
Cannabis rendendola, di fatto, troppo costosa per le industrie dell’epoca, anche se non ancora illegale. Sotto la spinta
di Anslinger, l’allora presidente Truman firmò nel 1951 il
Boggs Act o “legge palude” che rese illegale il possesso e il
consumo di marijuana. Nel 1956 fu approvata da Eisenhower la legge sul controllo dei narcotici e nel 1961 Anslinger
arrivò all’apice della sua carriera convincendo l’ONU a unificare tutti i singoli trattati internazionali già esistenti sul
controllo della droga, facendo nascere la Convenzione unica
sugli stupefacenti (Single Convention on Narcotic Drugs).
In breve, la coltivazione di cannabis divenne illegale in gran
parte del mondo, sviluppando il parallelo mercato illegale
della marijuana e degli altri derivati della cannabis, spesso
favorito e portato avanti da associazioni malavitose e criminali. Secondo alcune indagini della Comunità Economica
Europea (CEE), al giorno d’oggi 71,5 milioni di cittadini europei consumano regolarmente marijuana e derivati della
cannabis, e i consumatori sono in continua crescita.
Secondo voi, chi ne trae vantaggio?
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Propaganda proibizionista
100
Il motore inventato da Rudolph Diesel era stato concepito
per funzionare unicamente con olio di semi di canapa. Tale
olio è tra i più produttivi, con un rapporto di tre a uno rispetto ad altre alternative, secondo quanto riferito dalla Notre Dame University. Perché non tornare alla canapa?
In alcune città degli USA si sta sperimentando il bio-diesel.
Nelle città di Spokane, Washington, Kansas City, Missouri,
e St. Louis, gli autobus utilizzano una miscela di olio vegetale a base di girasole, soia e olio di cartamo e diesel. In
questo modo si riducono le emissioni nocive del 75 per cento. A Kansas City, Missouri, l’aeroporto alimenta tutti i suoi
veicoli con biodiesel puro (olio vegetale).
Gli oli vegetali saranno il combustibile del futuro?
Oltre al combustibile e alla carta, come abbiamo già visto,
dalla canapa si possono ricavare oltre 5000 prodotti tessili
e produre più di 25.000 prodotti che vanno dal cellophane
alla dinamite.
Nel 1993, al Wood Science Laboratory di Washington, fu
dimostrato ampiamente che la fibra di canapa può fornire
materiali da costruzione più elastici e resistenti dell’acciaio
stesso. Alcuni studi indicano che un acro di terra coltivato
a canapa (circa 4000 metri quadri), oltre a produrre fibre, ci
fornirebbe 300 galloni di olio (1136 litri) che potrebbe essere
utilizzato per l’alimentazione e/o come carburante, oltre a
più di tre tonnellate di altri materiali di scarto, (Notre Dame
1975) da cui potremmo ottenere tela, corda, lino, carta (e
stiamo parlando di carta di qualità 4 volte superiore a quella
prodotta da alberi) e materiali da costruzione a basso costo.
Ci vogliono centinaia di milioni di euro per abbattere le foreste e trasformarli in carta. Ci vogliono miliardi di dollari
per perforare la terra per il petrolio e per elaborare petrolio
greggio in carburanti, materie plastiche e prodotti chimici.
101
102
TUTTA COLPA DEL COTONE?
“Sfruttate al massimo i semi di canapa e seminateli ovunque.”
George Washington
I coltivatori di cotone hanno avuto un ruolo guida nella proibizione della canapa, ed è ovvio, dal momento che il cotone
è molto meno resistente delle fibre di canapa.
Il cotone è anche la coltura che richiede in assoluto più pesticidi: il 28% di tutti i pesticidi che produciamo sul nostro
pianeta vengono utilizzati per la coltivazione del cotone.
La canapa, lo ribadisco, produce almeno una dozzina di volte più fibra tessile del cotone e non necessita di pesticidi,
dal momento che provvede da sola ad uccidere le erbacce.
Quasi tutti gli abiti indossati dagli esseri umani fino al
19° secolo erano ricavati dalla canapa e non dal cotone.
Continuiamo insensatamente a favorire le industrie del petrolio, a favore di pochi, causando desertificazione e cambiamenti climatici.
Stiamo trascurando le proteine ​​contenute nei semi di canapa, la più produttiva, più antica e più sana coltura alimentare della terra.
Praticamente, tutto ciò che può essere fatto col petrolio si
può ottenere con gli oli vegetali dei semi di canapa ed altri
oli ad un costo decisamente molto minore.
Secondo recenti studi, con la cannabis si possono curare
reomatismi, asma, gastrite, malaria, dolori mestruali, epilessia, coliche, anoressia, bronchiti, diabete, glaucoma,
sclerosi multipla e negli ultimi anni ci si sta accorgendo che
può essere una potenziale cura per il cancro e la leucemia.
103
Il Rapporto Roques
Sui principali media (giornali, televisioni ecc.) infuria continuamente il dibattito sulla presunta pericolosità della canapa indiana, sia per quanto riguarda i danni fisici sia per
quanto riguarda la dipendenza.
Per quanto riguarda il problema dei possibili danni fisici, il
rapporto Roques commissionato dal Governo francese, nel
capitolo che riguarda la cannabis, cita molte ricerche fatte
o in corso di svolgimento, che potrebbero concludersi con
la dimostrazione di qualche danno a carico della canapa indiana. Ma il fatto è che, nonostante i molti paroloni scientifici, di dimostrato non c’è ancora nulla. Di ricerche ne sono
state fatte molte, proprio allo scopo di individuare dei danni
con cui giustificare il proibizionismo, ma sono proprio queste ricerche che ne hanno dimostrato la totale innocuità.
La cosa più importante di cui si riferisce nel rapporto, che è
anche quella che viene citata più spesso dai proibizionisti, è
una “perturbazione del comportamento del sistema immunitario”, osservata nelle cavie di laboratorio alle quali sono
state somministrate dosi molto forti di cannabis.
Un comportamento irregolare del sistema immunitario potrebbe sicuramente provocare dei problemi, ma bisogna tenere conto che si tratta di dosi molto superiori a quelle mai
assunte da essere umano.
Gli alti dosaggi con effetto allucinogeno, gli unici che potrebbero destare qualche preoccupazione, non hanno però
molto interesse per gli usi di medicina, e per di più sono
anche poco diffusi tra i consumatori di canapa indiana.
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E’ il consumo a basse dosi, tipico della cannabis fumata, o
marijuana, che interessa la medicina, anche se bisogna dire
che, quando la cannabis era usata a scopo medico, era somministrata sotto forma di tintura, e quindi dosata in gocce, e
non fumata. Anche così comunque si manifestano i famosi
effetti psicoattivi, che però non erano considerati da nessuno un problema.
Quando si parla di marijuana l’unico esempio che i proibizionisti riescono a fare riguarda i possibili danni ai polmoni.
Si parte da questa constatazione: una sigaretta di marijuana deposita nei polmoni tre volte più catrame rispetto ad
una normale sigaretta di tabacco. Cosa significa? Che la
marijuana è tre volte più dannosa del tabacco? Che comporta un rischio tre volte più grande di cancro ai polmoni?
Innanzi tutto va detto qual è la ragione di questo maggior
deposito di catrame: le sigarette di tabacco hanno il filtro, le
altre, vendute nel mercato clandestino, no.
Inoltre di marijuana rispetto al tabacco se ne fuma molto
meno. Secondo il rapporto Roques il 90% dei consumatori
di cannabis sono occasionali, cioè non fumano nemmeno
una sigaretta al giorno. Per di più, se fosse veramente questo il problema, basterebbe usare pipe ad acqua che abbattono completamente il catrame, oppure altre forme di
somministrazione. Ma anche le indagini sui fumatori più
accaniti, quelli che fumano fino a 10 sigarette di marijuana al giorno (il massimo teorico, perché in questo modo si
è sotto l’effetto della sostanza per tutte le ore del giorno in
cui si è svegli), non hanno dimostrato nessun aumento del
rischio statistico di ammalarsi di malattie polmonari o di
cancro ai polmoni.
105
Nel fumo di tabacco ci sono delle sostanze cancerogene che
evidentemente mancano nel fumo della cannabis. Inoltre,
mentre la nicotina del tabacco provoca il restringimento degli alveoli dei polmoni, il fumo della cannabis ne provoca
la dilatazione, il che favorisce l’eliminazione delle sostanze
estranee. Per questo motivo il fumo della marijuana è considerato un rimedio per l’asma. Gli scienziati dicono che nei
fumatori di marijuana si osservano gli stessi danni superficiali alle mucose dei polmoni dei fumatori di tabacco, ma
che poi il danno non progredisce oltre.
Anche gli altri danni, imputati a volte alla canapa indiana,
sono stati regolarmente smentiti dalle ricerche scientifiche:
la diminuzione della memoria non è mai stata dimostrata,
perché i test di memoria danno differenze minime e oltretutto contrastanti. I danni al cervello sono del tutto inesistenti
anche per le dosi allucinogene (mentre una sbornia di alcool
provoca estese distruzione di cellule cerebrali).
Per quanto riguarda invece il problema dipendenza, mentre
il rapporto Roques sostiene che in un numero limitato di
casi, comunque molto inferiore a quelli di alcool e tabacco,
alte dosi di cannabis (hashish) possano dare dipendenza,
altri autori sostengono che non dà mai assuefazione o dipendenza quali che siano le dosi.
Nessuno invece può più sostenere che esistano problemi di
dipendenza per la cannabis a basse dosi (marijuana). Vedere per esempio gli articoli sugli usi medici della canapa o
il servizio pubblicato a suo tempo dalla rivista inglese New
Scientist che fa anche il punto sulla esperienza olandese di
liberalizzazione del consumo della canapa indiana.
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Etichetta di un prodotto medicinale
dei tempi in cui la cannabis era legale in Italia
ASMA
SIGARETTI INDIANI AL CANNABIS INDICA
di Grimaldi e C.ia
“Basta respirare il fumo dei sigaretti al Cannabis Indica per far cessare i più violenti attacchi di asma, tosse nervosa, raffreddore, estinzione di voce, nevralgia
facciale, insonnia e per combattere laringite e affezioni
delle vie respiratorie.
107
Sia sufficiente dire che per la marijuana o l’hashish non
sono mai stati previsti in nessuna parte al mondo programmi di disintossicazione, ma solo a volte, come negli
Stati Uniti, corsi di rieducazione per non perdere il lavoro –
il che è un’altra cosa -.
Per restare con i piedi per terra vale la pena considerare i
danni (e la dipendenza) di una sostanza ritenuta innocua e
venduta per questo senza ricetta medica come farmaco da
banco in tutte le farmacie.
L’aspirina, che guarda caso ha sostituito giusto 100 anni fa
la cannabis come analgesico, provoca facilmente ulcerazioni allo stomaco (e a tutti sarà capitato sentirsi dire di non
prenderla a stomaco vuoto). Inoltre nella letteratura scientifica sono segnalati decine di casi di morte dovuti all’aspirina. Inoltre l’aspirina provoca anche assuefazione, se è vero
che ci sono milioni di persone nel mondo che consumano
l’aspirina a mezzo tubetto per volta. Secondo Lester Grinspoon, il principale esperto mondiale di marijuana, non
esiste invece nella letteratura medica nemmeno un caso di
morte attribuibile con certezza alla cannabis.
Se fossero stati dimostrati a carico della cannabis anche
solo un decimo dei danni provocati dall’aspirina, chissà che
cosa non si sarebbe detto!
In realtà i danni provocati dalla canapa indiana, ammesso
che ce ne siano, sono ben inferiori alla decima parte di quelli
provocati dall’aspirina. Per sostenere che la cannabis provoca dei danni bisogna veramente arrampicarsi sugli specchi!
E’ veramente curioso che simili argomenti vengano ancora
ritenuti una giustificazione di quello che è di fatto un vero e
proprio accanimento proibizionistico.
108
Il declino dell’idustria tessile italiana
Ma non possono essere una giustificazione del proibizionismo nemmeno gli effetti psicoattivi indotti dalla cannabis
a basse dosi. Prima di tutto si tratta di effetti blandi, tanto
che una persona sotto la sua influenza non è facilmente
distinguibile da un’altra. Inoltre questi effetti sono tutt’altro che demoniaci. Ecco più o meno quali sono (non per
esperienza diretta): distensione mentale e muscolare, miglioramento dell’umore, rallentamento dei riflessi, maggior
difficoltà nel mantenere l’attenzione e maggior interesse per
i piccoli dettagli. Per quanto riguarda il rallentamento dei
riflessi e la maggiore difficoltà di attenzione, non si tratta dei
“danni” della cannabis, ma solo delle sue peculiari caratteristiche (completamente reversibili e senza alcun effetto
a lungo termine come molti studi hanno dimostrato). Così
la caratteristica della camomilla è di conciliare il sonno, e
quella del caffè di migliorare lo stato di attenzione, ma nessuno pensa per questo che la camomilla e il caffè per i loro
effetti sulla psiche siano delle pericolose droghe da proibire.
D’altra parte la proibizione del 1937 era stata giustificata
con ben altre accuse che quella di allentare un po’ i riflessi: la si accusava di essere responsabile di tutti i delitti più
efferati riportati dalla cronaca del tempo, come se potesse
rendere le persone pazze e assatanate di violenza. Adesso
nessuno si sogna più di fare simili accuse, che però sono
state la causa di quella che si potrebbe definire “la madre
di tutte le proibizioni”. Una proibizione che da allora in poi,
nonostante che gli argomenti originari siano venuti meno, è
stata ribadita infinite volte. Anzi, sempre nell’intento di giustificare questa anacronistica proibizione, da qualche parte
oggi si sostiene che la cannabis potrebbe rendere le persone
così miti e tranquille che, nel caso venissero aggredite, non
109
sarebbero più in grado di difendersi… Da precisare che qui
non si sta parlando né di “droghe leggere”, che comprendono anche le pasticche fatte di sostanze chimiche artificiali
che pochi o molti danni sicuramente provocano, né di droghe in generale. Ma solo di una pianta e di un farmaco naturale di nome cannabis.
L’unica controindicazione riguarda il consumo eccessivo da
parte degli adolescenti.
In questa età difficile, in cui si passa da un ambiente
protetto e senza preoccupazioni ad una situazione in cui
bisogna cominciare ad assumersi le proprie responsabilità, ci può essere la tentazione di sfuggire alla realtà. Si
può cercare di sfuggire alla realtà in tanti modi: troppa tivù,
film, videogiochi, fumetti ecc. E anche troppa marijuana. Di
per sé la marijuana non costituisce un problema, salvo che
non diventi un comodo rifugio per sfuggire alla realtà e alle
proprie responsabilità. Anche in questo caso però è molto
meglio informare correttamente ed educare piuttosto che
proibire. Certamente la strada peggiore di tutte è quella di
ingannare i giovani, che sanno benissimo che la marijuana
è del tutto innocua, e che per procurarsela devono esporsi
ai contatti con gli spacciatori di droghe pesanti.
Come si fa a dire adesso: “scusateci, abbiamo sbagliato, la
cannabis è completamente innocua, anzi è un benefico farmaco”, dopo tante professioni di fede sulla pericolosità e
sugli effetti demoniaci di questa sostanza, dopo che milioni
di persone in tutto il mondo sono finite in galera solo per
avere fumato uno spinello?
Sarebbe veramente ora di prenderne atto.
110
Di conseguenza: non si può liberalizzare la coltivazione della canapa industriale perché ciò comporterebbe il rischio di
allentare la proibizione sulla marijuana;
non si può liberalizzare la marijuana, anche se non è una
droga ma un farmaco naturale, perché ciò comporterebbe il
rischio di allentare la proibizione sull’hashish;
per la proprietà transitiva non si può coltivare la canapa
industriale perché ciò comporterebbe il rischio di allentare
la proibizione sull’hashish, anche se l’hashish è di fatto una
sostanza innocua e comunque ben poco usata!
Ma non è ancora tutto: con deroga alla proibizione, l’Europa
ha stabilito che si può coltivare canapa industriale seminando semente certificata con tasso di THC inferiore allo
0,3%. Appena l’Italia ha cominciato a produrre in proprio
un po’ di semente delle varietà italiane rientrante in questo
limite, immediatamente la CEE lo porta allo 0,2%, con minaccia di arrivare fino allo 0% se l’Italia (che produceva la
migliore fibra tessile di canapa del mondo) insisterà nel volersi adeguare a questo nuovo parametro. Tutto questo per
proteggere un minuscolo monopolio francese, sostenuto da
aiuti comunitari, costituitosi in questi anni.
E così succede che, mentre un numero sempre maggiore di
paesi scopre l’utilità della canapa, ne rivaluta gli usi medici
e legalizza la marijuana e l’hashish, una miope burocrazia
comunitaria cerca di impedire in tutti i modi che i problemi
dell’ambiente possano trovare le soluzioni che da tanto tempo stanno aspettando.
111
Marijuana e Medicina
Sclerosi multipla
una notizia di speranza arriva da un nuovo studio della
Tel Aviv University in cui si è trovato che alcuni composti
presenti nella cannabis possono combattere e impedire
l’infiammazione cerebrale e nel midollo spinale.
Durante un esperimento condotto di recente su topi in parte
parlazzati, alcuni ricercatori della Tel Aviv University hanno
scoperto delle proprietà antinfiammatorie nei principi attivi della Marijuana. Secondo gli studiosi tali sostanze sono
in grado di combattere le infiammazioni e farle regredire;
infatti, si è notato che, attraverso l’assunzione, le cellule
immunitarie producevano minor quantità di molecole infiammatorie, in particolare di interleuchina. La dottoressa
Ewa Kozela, conduttrice dello studio ha dichiarato: ”L’infiammazione fa parte della risposta naturale del sistema immunitario dell’organismo. Il nostro studio ha cercato di capire
come alcuni composti isolati nella marijuana potrebbero essere usati per regolare questa infiammazione e proteggere il
sistema nervoso e le sue funzioni”
Tra i diversi componenti della cannabis vi sono il THC, o tetraidrocannabinolo, che è il composto più abbondante e responsabile degli effetti di alterazione della mente, e il CBD,
o cannabidiolo, anch’esso presente in abbondanza.
Proprio quest’ultimo componente è quello su cui si sono
concentrati i ricercatori, poiché offre benefici medicinali
senza i controversi effetti del THC.
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Già in un precedente studio, Kozela e colleghi avevano dimostrato che il CBD era in grado di trattare i sintomi di malattie simil-sclerosi multipla nei topi, impedendo
alle cellule immunitarie di trasformarsi e attaccare le coperture isolanti delle cellule nervose nel midollo spinale.
Partendo da questi risultati, in questo ultimo studio i ricercatori hanno cercato di osservare se le note proprietà antinfiammatorie di CBD e THC potrebbero essere applicate anche al trattamento dell’infiammazione associata con la SM.
Lo studio si è focalizzato sulle cellule immunitarie isolate, e prelevate da topi con paralisi, che sono implicate nel
danneggiamento specifico del cervello e del midollo spinale.
Queste sono poi state trattate in laboratorio sia con il THC
che con il CBD.
I risultati dello studio, pubblicati sul Journal of Pharmacology Neuroimmune, mostrano che in entrambi i casi le
cellule immunitarie hanno prodotto meno molecole infiammatorie, in particolare una, chiamata interleuchina 17 (o
IL-17), che è fortemente associata con la SM e risulta molto
dannosa per le cellule nervose e la loro guaina isolante.
A conclusione dello studio, gli autori ritengono che il CBD,
come anche il THC, impedisce alle cellule immunitarie l’innesco di molecole infiammatorie, limitando al contempo la
capacità delle molecole di raggiungere e danneggiare cervello e midollo spinale.
La Romania è il decimo Paese dell’Unione Europea ad aver
legalizzato la marijuana per uso medico.
Bucarest ha approvato (ottobre 2013) gli emendamenti legislativi per consentire ai pazienti affetti da malattie gravi
come il cancro, l’epilessia e la sclerosi multipla di utilizzare
la marijuana dietro prescrizione medica.
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La cannabis come terapia
NEGLI USA
La marijuana per scopi terapeutici è ormai consentita in
quasi la metà degli USA, coll’Illinois che recentemente è diventando il ventesimo stato che consente ai medici di prescrivere legalmente l’erba ai propri pazienti. Ma mentre la
legge federale considera ancora la cannabis illegale, gli avvocati si dicono convinti che portare marijuana a bordo degli aerei delle varie compagnie per gli spostamenti interni
non farà necessariamente sollevare questioni da parte degli
agenti della polizia locale.
ISRAELE
Una patologia indotta dallo stress post traumatico, conosciuta anche con la sigla DPTS, che affligge psicologicamente coloro che sono stati vittime di un evento violento o traumatico, potrebbe essere curata somministrando al paziente
i principi attivi della cannabis. Lo studio, condotto dal MAPS
- Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies -, ovvero un gruppo di ricerca californiano guidato dalla dottoressa Mimi Peleg, riporta risultati “molto incoraggianti”.
La dottoressa Peleg, coadiuvata da Allan Frankel, medico di
Los Angeles e ricercatore all´Università di Tel Aviv, studiando le reazioni che una dozzina di pazienti affetti da stress
post traumatico avevano nei confronti di una terapia medica a base di marijuana, hanno notato un grande miglioramento nelle loro condizioni di salute; i pazienti, non solo
migliorarono la qualità del sonno, ma erano anche in grado
di ricordare il loro passato con una sofferenza nettamente
minore rispetto a prima.
114
Di fronte a questi risultati, il ministero della Salute d´Israele
ha dato l´autorizzazione al professor Allan Frankel per eseguire alcuni test medici utilizzando il cannabidiolo (CBD) e
valutare quali possano essere gli effetti di questo principio
attivo della cannabis su persone affette da disturbi del sonno, dell´umore e da ansia.
Al momento attuale circa 200 pazienti in tutto Israele, al
fine di curare i sintomi dello stress post traumatico che li ha
colpiti, fanno uso abituale di medicinali a base di principi
attivi della cannabis.
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Cannabis e terapia del dolore
Dopo essersi battuta con forza per anni contro la legalizzazione delle droghe leggere, Jennifer May, cittadina dello
Utah e fedele convinta repubblicana della prima ora, ha oggi
deciso di cambiare idea e di provare a farsi sentire raccontando una storia destinata a far discutere.
A lungo convinta delle proprie posizioni proibizioniste ed oltranziste tipiche del suo partito politico di riferimento, la
May ha scelto di abbandonare i panni della lotta alla cannabis da quando ha scoperto che il suo figlio undicenne ha
visto manifestarsi i sintomi di una terribile malattia che non
gli permette più neppure di frequentare le lezioni scolastiche. La cannabis è infatti sempre più utilizzata in ambito
sanitario, specialmente per quanto riguarda la cosiddetta
terapia del dolore. Stockton May, questo il nome del giovane
nemmeno ancora adolescente, ha infatti scoperto di essere
affetto da una terribile e rara forma di epilessia conosciuta
come la sindrome di Dravet – un male contro il quale tutti
i rimedi provati fino ad ora dai medici consultati non sono
sembrati sortire alcun effetto.
Dopo essersi battuta contro la “follia” di somministrare
estratti di marijuana a dei bambini con “il pretesto” delle
loro condizioni di salute, la signora May oggi prova quindi a
spingere i rappresentanti del suo partito a cambiare idea e
rendere le leggi dello stato dello Utah più tolleranti in materia di droghe leggere.
“Voglio solo continuare a provare qualcosa per regalare a
mio figlio la possibilità di godersi ancora qualche anno della
sua vita ora che tutto quello che abbiamo tentato si è rivelato inutile.”
116
Cannabis e Leucemia
Landon Riddle è un bambino di tre anni malato di leucemia.
Un male terribile che, secondo i suoi medici, può essere curato solo attraverso una intensa chemioterapia. Una cura
però che fa male a Landon, gli provoca degli effetti collaterali
che lo devastano. Il bambino soffre di forti dolori, vomita
decine di volte giorno e in un caso rimane ben venticinque
giorni senza mangiare. Stremato dalla malattia e a quanto
pare anche dalla chemio, la mamma di Landon decide di
provare una strada alternativa. La donna, Sierra Riddle, si
trasferisce dallo Utah in Colorado e permette al bambino
di lasciarsi curare con la marijuana medica. La storia della
donna e di suo figlio viene riportata dall’Huffington Post:
dopo un anno dalla decisione di Sierra Riddle, è lei stessa
a ricordare con orrore il periodo della chemioterapia di suo
figlio e della decisione di optare per una cura sperimentale
a base di marijuana in forma liquida.
La madre si è trasferita in Colorado proprio perché in questo Stato americano, a differenza dello Utah, ciò è legale. La
donna ha raccontato che in quattro settimane ha iniziato
a vedere dei miglioramenti in suo figlio. Nel giro di qualche
mese la leucemia di Landon è andata in remissione e il bimbo è tornato a stare meglio. Ma mentre Landon migliorava
sua madre è stata anche denunciata ai servizi sociali da un
medico che non credeva in questo genere di terapia.
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Cannabis ed Epilessia
Charlotte è una bambina americana di soli 6 anni affetta
da Sindrome di Dravet (chiamata anche epilessia mioclonica: grave sindrome epilettica dell’infanzia, generalizzata e
sintomatica, che insorge entro il primo anno di vita e che è
caratterizzata da prognosi grave e ritardo psicomotorio ingravescente). Le sue condizioni di salute sarebbero sensibilmente migliorate dopo un trattamento con un tipo di semi
di cannabis per uso terapeutico che oggi vengono chiamati
“Charlotte’s Web” proprio in suo onore.
Anche in questo caso la cannabis sembrerebbe non avere
alcun tipo di controindicazione e si sarebbe già più volte
rivelata molto utile nella cura dell’epilessia.
L’Associazione dell’Epilessia dello Utah (Epilepsy Association of Utah) si è schierata dalla parte di Jennifer May, la
mamma di Stockton, cercando di spiegare ai politici i grandi benefici del cannabidiol, principio attivo estratto dalla
pianta della cannabis, nella cura all’epilessia.
Per analizzare meglio la questione, l’Istituto di Medicina e
l’American Medical Association hanno chiesto di condurre
ulteriori ricerche mentre l’Accademia Americana dei Pediatri ha deciso di schierarsi apertamente contro la somministrazione di marijuana a bambini per qualsiasi scopo terapeutico.
118
FAI MERENDA CON NUGTELLA?
Per far comprendere quanto si stia espandendo il fenomeno
dell’uso medico della cannabis, propongo ora la foto di un
prodotto americano chiamato Nugtella.
Le somiglianze con il prodotto della Ferrero sono talmente evidenti che la casa italiana ha deciso di far causa per
plagio. L’azienda americana Organicares ha prodotto una
crema alle nocciole, arricchita di marijuana, ma solo per
uso medico; infatti, la Nugtella californiana, prodotta a San
Jose, non legata alla società italiana, è stata creata da una
miscela di olio di hashish con circa 320 milligrammi di THC
medica per ogni tazza di cioccolato fuso.
Il prodotto, però, almeno all’apparenza non è stato realizzato con l’intento di allietare la prima colazione o di arricchire
la merenda del pomeriggio. Tutt’altro. Si tratta infatti di un
preparato medico, acquistabile esclusivamente in California
dietro prescrizione medica, o più precisamente da chi è in
possesso della California State Medical Marijuana Card.
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Cannabis per uso medico in Italia
Da qualche tempo è possibile far uso di cannabis per uso
medico in Italia. Il primo farmaco ad affacciarsi sul mercato
italiano è il “Cannabis Flos” della Bedrocan, reso disponibile
da un’azienda di Milano ma prodotto in Olanda.
Benché pochi ne siano al corrente, Il “farmaco” è a carico
del Ssn per la sclerosi multipla e diverse Regioni lo hanno
ormai autorizzato. Come agiscono i suoi principi attivi? Per
quali malattie sono confermati i benefici e per quali trattamenti è già utilizzata dai medici? Eccovi le risposte.
«l’efficacia è riferita ad alcuni suoi principi attivi, in particolare al Thc (tetraidrocannabinolo) e al Cbd (cannabidiolo), per
i quali c’è il maggior numero di dati consolidati, sia dalla ricerca scientifica sia dall’esperienza con i malati» specifica
il dottor Vidmer Scaioli, specialista in Neurofisiopatologia
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all’istituto neurologico Besta di Milano. Tali principi attivi
hanno dimostrato di avere effetti benefici per contrastare diverse patologie. L’utilità della cannabis nella cura di diversi
disturbi e malattie è accertata poiché contiene due importanti principi attivi.
COME AGISCE?
«Come palliativo attenua o tiene sotto controllo alcuni sintomi come il dolore, in altri casi, invece, aiuta a stabilizzare le
condizioni della malattia stessa, dunque fa parte della cura»
afferma il dottor Scaioli. La cannabis, dunque, può essere
lenitiva, cioè utile per alleviare i sintomi, migliorando la vita
della persona malata; curative, ovvero in grado sia di diminuire il dolore sia di rallentare la malattia.
CASI ACCERTATI
Mielopatie e Parkinson: la mielopatia è una malattia che
ha origine dal midollo osseo e si sviluppa in diverse forme.
In molti casi può essere accompagnata da dolori, spasmi
e incapacità di controllare perfettamente i movimenti, soprattutto nelle fasi avanzate. Per tutte queste complicanze,
il Thc può avere un efficace effetto lenitivo. Stesso discorso
per il morbo di Parkinson. «La cannabis non cura la malattia, ma aiuta a tenere sotto controllo alcuni effetti della terapia, come la rigidità muscolare e i dolori.» dice il Dr. Scaioli.
121
Glaucoma: negli Stati Uniti, il Thc è usato nella cura del
glaucoma dal 1978, in combinazione con altri farmaci. Questa malattia colpisce il nervo ottico e porta a una progressiva riduzione della vista.
• «Il Thc può far parte della cura perché stabilizza la pressione endoculare, che disturba la visione centrale» afferma Scaioli. «Il principio attivo della cannabis evita gli sbalzi eccessivi
di pressione interna dell’occhio, che sono molto rischiosi, così
come è considerata più rischiosa un’ipertensione arteriosa
instabile rispetto a una pressione alta, ma non soggetta a
sbalzi improvvisi»
• Nei soggetti affetti da glaucoma, una pressione oculare alta
comprime e, a lungo andare, danneggia il nervo ottico, ma
gli sbalzi improvvisi rischiano di provocare danni maggiori.
In questo caso, l’uso del Thc è propriamente curativo anche
se, per ora, l’effetto risulta di durata abbastanza breve; ci
sono ricerche in corso per cercare di prolungarne i benefici.
Sclerosi multipla: la sclerosi multipla è progressiva e può
arrivare a essere molto invalidante. La cannabis si è rivelata
particolarmente efficace nel trattamento di questo disturbo:
è sia palliativa sia curativa e questo è uno degli ambiti in cui
è più diffuso il suo uso.
• «Riduce sensibilmente gli spasmi muscolari, che sono conseguenza della malattia, riduce i dolori, migliora il tono muscolare e facilita il sonno. Dunque, non solo migliora la qualità di vita del malato, ma aiuta a controllare in modo efficace
i sintomi». sostiene il neurologo.
122
• A proposito della sua efficacia «Ci sono diverse ipotesi.
E’ certo che agisce su alcuni mediatori, i cosiddetti neurotrasmettitori, che regolano l’eccitabilità e l’iperattività delle
cellule, responsabili degli spasmi muscolari.
In ogni caso, non sappiamo ancora del tutto perché funziona... ma funziona» aggiunge Scaioli.
Epilessia: «Si tratta di un’epilessia che si caratterizza per
crisi notturne che non rispondono ai farmaci: ci sono molte
segnalazioni dai malati che hanno riscontrato effetti positivi della cannabis nel migliorare il livello di attenzione e, nel
complesso, le capacità neurocognitive» spiega lo specialista.
L’epilessia notturna farmaco-resistente può essere trattata
efficacemente con la cannabis, in grado di ridurre i sintomi
della malattia.
Diabete: La neuropatia diabetica, causando forti dolori e
disturbi alla sensibilità, è una delle complicanze più serie
e debilitanti poiché peggiora di molto la qualità di vita del
paziente. I principi attivi della cannabis si sono rivelati utili
nel tenere sotto controllo le complicanze della malattia, in
particolare i dolori neuropatici.
Tumori: «È un valido aiuto nella cura, perché spesso la nausea è uno degli effetti collaterali più pesanti, tanto da scoraggiare un buon numero di malati a proseguire nei trattamenti
di chemioterapia». spiega il dottor Scaioli.
In oncologia la cannabis è usata per alleviare i dolori e ridurre la nausea causata dai farmaci chemioterapici. Migliorando la qualità di vita del malato nel suo complesso.
123
Artrite reumatoide e dolori osteo-articolari: poiché ha un
effetto levinito e calmante sull’infiammazione ed è in grado
di ridurre i dolori, la cannabis è utilizzata come antidolorifico in tutti i casi di disturbi che coinvolgono le articolazioni
del corpo e le ossa, come l’artrite reumatoide e le artropatie.
Aiuta il metabolismo: alcuni dati sperimentali ottenuti
analizzando un campione di circa 5000 uomini e donne,
forniti da ricercatori di tre note istituzioni americane (Bet
Israel di Boston, School of public health di Harvard e università del Nebraska), hanno evidenziato che le persone che
consumavano regolarmente marijuana avevano livelli di
zuccheri nel sangue più bassi e valori più alti di colesterolo
“buono” rispetto a chi non ne faceva uso. I risultati incoraggianti mostrarono che l’organismo di tali pazienti era meno
esposto ai rischi del diabete, in quanto in grado di gestire in
modo migliore l’insulina con una conseguente metabolizzazione degli zuccheri.
Ora la situazione è diversa: per la sclerosi multipla, il malato non paga. Negli altri casi, i costi sono ridotti. «Se un
medico, anche al di fuori dei centri autorizzati, ritiene che
un malato possa beneficiare del farmaco a base di cannabinoidi, può prescriverlo. In questo caso il farmaco è a carico
del malato e non del Servizio sanitario, ma il prezzo é comunque molto inferiore ai costi che si dovevano sostenere
prima per importarlo e sdoganarlo»
124
Come si usa la cannabis per la cura?
Anche se le confezioni (bustine o flaconi) contengono in effetti “erba”, in linea di massima, gli effetti positivi in ambito
medico si ottengono somministrando i principi attivi della
cannabis per via orale (in compresse) oppure per inalazione
(con inalatori simili a quelli che si usano per l’asma). In alcuni casi, come per il glaucoma, il farmaco può essere sotto
forma di collirio. Di solito, il trattamento prevede cicli di tre
mesi. Come abbiamo visto, l’uso terapeutico si sta lentamente diffondendo anche nel nostro Paese.
Dal mese di febbraio (2013) i farmaci a base di cannabinoidi
sono stati inseriti dal Ministero della Salute nella Tabella II
sezione B della normativa sugli usi terapeutici delle sostanze psicoattive sottoposte a controllo. Alcune Regioni (Puglia,
Marche, Toscana, Veneto e Lombardia) ne hanno già autorizzato l’uso e questo provvedimento del Ministero è destinato, probabilmente, ad agevolarne l’approvazione anche da
parte di altre Regioni. Il provvedimento è infatti in discussione in Abruzzo e il consiglio regionale della Liguria lo sta
riesaminando (una legge regionale era stata approvata, ma
è stata dichiarata in parte illegittima).
Il costo della cura, dunque, è a carico del Servizio sanitario
regionale solo quando il medicinale viene prescritto per la
sclerosi multipla da uno specialista di uno dei centri riconosciuti.
Il sito ufficiale del Bedrocan raccomanda di non fumare cannabis ma di inalare il prodotto attraverso un vaporizzatore o
berlo come tisana. Informazioni dettagliate sono disponibili
sul sito alla paghina download.
125
La Cannabis rende violenti?
“La Marijuana in sé non induce alla violenza. Le persone che
fumano uno spinello non decidono di sparare a qualcuno.
La violenza è scaturita dal fatto che la cannabis è illegale.
La stessa dinamica era indotta al tempo del proibizionismo
dell’alcol in America. Una volta abrogato il proibizionismo,
la violenza associata al mercato nero dell’alcol è scomparsa. Prima di intraprendere qualsiasi discussione sensata su
come trattare le droghe illegali negli Stati Uniti, dobbiamo
fare distinzione tra la violenza associata a un farmaco e la
violenza associata al traffico di droga”.
- Judy Mann, sul Washington Post, 23 maggio , 2001, p. C15
La marijuana non causa violenza. I sostenitori in genere
del proibizionismo giustificano le loro prese di posizione adducendo il fatto che la cannabis renda violenti, ma questa
affermazione è del tutto ingiustificata.
Contrariamente a ciò che avviene con l’assunzione di alcol,
i fumatori di cannabis tendono ad essere rilassati, calmi e
fin troppo pacifici. In un documento dal titolo “Sostanze psicoattive e violenza” di Jeffrey A. Roth (Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti), l’autore osserva che, piuttosto che
causare la violenza, la marijuana in realtà “inibisce temporaneamente i comportamenti violenti.”
Se la marijuana fosse legale, la violenza ad essa associata
scomparirebbe. La distribuzione controllata del farmaco in
un ambiente sicuro e regolamentato eliminerebbe il mercato
nero e la criminalità ad esso associata. Ha funzionato con
l’alcol: non esistendo più il mercato nero, le forze dell’ordine
non devono perdere tempo in quella direzione. Questa lezione di storia dovrebbe insegnarci che legalizzare la marijuana contribuirebbe ancora di più a ridurre la violenza.
126
LA PIANTIAMO
Cannabis Social Club Racale (LE)
Associazione no profit – Un aiuto reciproco tra malati
www.lapiantiamo.it
Un luogo per coltivare la cannabis a scopo terapeutico, qui
in Italia e senza doversi nascondere, almeno fino a quando
qualcuno non ostacolerà il progetto di due ragazzi pugliesi,
Andrea Trisciuoglio e Lucia Spiri, entrambi affetti da Sclerosi Multipla e attualmente in cura con il Bedrocan (medicinale a base di infiorescenze di canapa) fornito gratuitamente
dal Servizio Sanitario Regionale. Arrivare a questo farmaco
è un vero e proprio calvario, una meta irraggiungibile per
molti, quasi per tutti! La sola alternativa è coltivare la canapa in casa, attualmente considerata attività illegale in Italia.
Dalla prepotente urgenza delle persone malate, nasce nel
2013 LapianTiamo, il primo Cannabis Social Club d’Italia
(CSC). Ogni giorno migliaia di malati devono acquistare la
canapa – che consumano per il proprio benessere – dal mercato nero, con gravi conseguenze legali.
Il CSC offre la massima attenzione ai malati di varie patologie che potranno trarre beneficio dall’utilizzo della canapa
medicinale. Il CSC è una novità assoluta nel panorama italiano che vede ancora criminalizzata la pianta dalla quale
molti malati in tutto il mondo ottengono enormi benefici.
Cannabis Social Club Racale
Quartier Generale: 73055 – Racale (LE)
Sede Legale: Via delle Orchidee, 71122 – Salice (FG)
[email protected]
Tel1. +39 3925725184 Tel2 +39 3351258213
127
La cannabis e le difese immunitarie
Secondo Robert Melamede, CEO del Cannabis Science, la
risposta potrebbe essere in un medicinale a base di marijuana. Intervistato dalla ABC News, rete televisiva americana, il Dr. Melamede ha affermato: “Le risorse mediche antivirali di cui disponiamo attualmente sono inadeguate per
affrontare le sfide immediate .... noi crediamo che i farmaci
a base di estratto di cannabis possono ridurre le morti di
influenza H1N1”
Uno studio pubblicato sulla rivista “Neuroimmunology” ha
mostrato per la prima volta come il fumo della marijuana
alteri l’espressione di alcuni recettori sulle cellule del sistema immunitario. Questi effetti sono al centro di un acceso dibattito. Anche se sono necessari nuovi studi sugli
esseri umani, quelli sugli animali indicano chiaramente che
la marijuana e i suoi composti psicoattivi, i cannabinoidi,
sopprimono alcune funzioni del sistema immunitario e le
infiammazioni. “Questo – spiega Klein – ci suggerisce che
la marijuana o i cannabinoidi possano dare beneficio a chi
soffre di disturbi infiammatori cronici, ma lo stesso non vale
per le malattie infettive, come l’HIV”. Se i risultati ottenuti
sugli animali dovessero dimostrarsi veri anche per gli esseri
umani, potrebbero portare allo sviluppo di medicine a base
di cannabinoidi per malattie quali la sclerosi multipla o l’artrite reumatica. I recettori che reagiscono al delta-9 tetraidrocannabinolo, o THC, sono stati trovati in vari tessuti del
corpo e del cervello.
Una sostanza simile alla THC, l’anandamide, circola naturalmente nel nostro sangue e si lega a questi stessi recettori: prova che nel corpo umano esiste un sistema basato sui
128
cannabinoidi che svolge un ruolo fisiologico nella normale
immunità, oltre che influenzare l’umore.
Esaminando campioni di sangue di 56 volontari sani, fra
cui 10 fumatori sistematici di marijuana, di età compresa
fra 22 e 46 anni, si è visto che le cellule del sistema immunitario del sangue dei fumatori di marijuana esprimono livelli
significativamente più elevati del recettore cannabinoide.
Poiché non esiste ancora un metodo per studiare direttamente l’espressione dei recettori dei cannabinoidi nelle cellule del sistema immunitario, gli studiosi hanno esaminato il materiale genetico, l’RNA messaggero, che è il diretto
precursore del recettore. L’espressione di questo precursore
era consistente per tutte le età, sessi e gruppi etnici.
Confezione di sigarette di Cannabis ad uso medico
venduta da una società Californiana.
129
Proprietà analgesiche
I principi attivi della Cannabis agiscono sul dolore riducendo le infiammazioni (più efficacemente dell’aspirina secondo
alcuni studi) e abbassano la sensibilità al dolore, ma i loro
benefici vanno ben oltre alle proprietà analgesiche. La recente legalizzazione della cannabis a scopo medico è infatti
accompagnata da numerosi studi scientifici che ne hanno
evidenziato le numerose applicazioni terapeutiche: si va dal
trattamento di nausea, vomito e sindrome premestruale al
quello contro le perdite di appetito, l’asma, e il glaucoma.
La marijuana allevia i sintomi della sclerosi multipla e delle
lesioni al midollo spinale, oltre che a rilassare chi soffre di
dolore cronico. E poi ci sono gli effetti positivi su artrite,
disordini bipolari, cancro al colon e al seno, Aids, depressione, leucemia, Corea di Huntington, tic nervosi, Alzheimer,
anoressia, stress post-traumatico... Gli studi scientifici sulla materia, ormai sterminati, sono il motivo per cui sempre
più paesi stanno poco a poco dando il via a trial clinici o
approvano l’uso terapeutico della pianta. La strada per coloro che desiderano curarsi in questo modo è ancora lunga:
in molti casi è indispensabile una prescrizione medica (sono
pochissimi i medici italiani che attualmente la prescrivono) o richiedere una tessera specifica, e la coltivazione e
la rivendita di proprie piante è ancora punibile per legge,
obbligando i consumatori a rivolgersi agli spacciatori con
le consueguenze legali che ciò comporta e con l’incertezza
della qualità del prodotto.
Personalmente trovo assurdo che in Italia si possano acquistare/vendere legalmente i semi di cannabis ma che il
prodotto finale (la pianta) diventi illegale al momento della
fioritura.
130
Metodi di coltivazione
Premesso che la coltivazione della Cannabis è illegale in Italia, non potevo concludere un libro su questa materia senza
affrontare l’argomento. In effetti abbiamo detto tutto ciò che
c’era da sapere sulla cannabis, ma chi volesse veramente
avere un quadro completo, allora dovrà anche comprendere
come cresce e si sviluppa una pianta.
La scelta del luogo in cui seminare è fondamentale perché non solo dovrete in seguito controllare le piante, ma
bisognerà innaffiarle, darle fertilizzanti (a volte pesticidi), e
altro ancora. Quindi, se il posto è difficile da raggiungere
sarà complicato prendersi cura delle piante. La cannabis
può crescere in molti ambienti ed esistono varie tipologie
di coltivazione: di guerrilla (piante nascoste nei campi), in
serra, con rete metallica, mista indoor/outdoor. Non è mia
presunzione insegnarvi a coltivare appezzamenti di terreno,
poiché lo scopo del libro è puramente informativo, ma nel
caso in cui voleste più indicazione, allora Internet è una
fonte preziosa di esperienze condivise.
La cosa più importante è la luce. Bisogna assicurarsi che
il luogo scelto riceva almeno cinque ore di sole diretto al
giorno per poter coltivare qualunque cosa in buone condizioni. L’acqua dev’essere di buona qualità. La vicinanza di
una fonte sarà utilissima per riempire i secchi o installare
un impianto di irrigazione automatica. La scelta dei semi.
Piuttosto che affidarsi ai soliti semi regalati da amici, il consiglio è di acquistare semi di qualità negli appositi shop (la
vendita dei semi è legale e potrete acquistarli sia via Internet
che in negozio). Anche sui semi c’è tutta una scienza e pubblicazioni specifiche da consultare, senza affidarsi al caso.
131
Se preferisci un effetto calmante, allora per te è più indicata
la cannabis Indica: questi semi forniscono piante dalla fioritura rapida, altezza moderata, portamento arbustivo, foglie
larghe, breve distanza tra i rami, gemme dure e dense di resina, raccolto rapido ed effetto fisico calmante. I semi della
Sativa, invece, producono piante con fusto alto ed elegante,
con le foglie sottili, gemme poco dense e tempi di raccolta
più lunghi, mentre l’effetto è cerebrale e più eccitante.
La maggior parte delle varietà offerte sul mercato sono ibridi
con una determinata percentuale di Indica/Sativa.
Esistono anche le cosiddette razze pure: piante a crescita
spontanea che col passare delle generazioni hanno prodotto
caratteristiche proprie (per es. Hindu Kush, Chitral o Jamaica Blue Mountain). Negli anni ‘70 in California furono
incrociate due razze pure differenti, dando origine all’ibrido
F1 (La Shunk è l’esempio più noto). Incrociando un maschio
F1 con una femmina F1 otterremo piante di media qualità.
la Skunk e i suoi ibridi continuano a mostrarsi la soluzione
migliore per il principiante. Sono forti e resistenti agli errori,
e inoltre producono raccolti abbondanti, caratterizzati da
sapore e odore forti. Per chi avesse problemi di luce, varietà
autofiorenti come la White Dwarf sono un’alternativa molto
valida. Abbiamo già imparato che dai semi possono nascere
piante maschio o piante femmina, che sono quelle che ci interessano. Le piante maschio, una volta cresciute e riconosciute, vanno eliminate perché servono solo a fecondare le
femmine, così come le piante ermafrodite, che manifestano
insieme i tratti maschili e femminili, vanno eliminate.
Esistono inoltre i semi femminizzati, la cui discendenza è
formata principalmente da piante femmina.
132
I semi di speciali varietà sono più cari, dal momento che le
piante di marijuana sono usate unicamente per la produzione di semi e non dei fiori pieni di resina. Quindi i semi
devono poter ricompensare per le perdite. Oltre a quelli femminizzati, esistono anche i semi auto-fiorenti (questi semi
sono il frutto di un incrocio con cannabis Rudealis). A questo punto avrete capito perché è decisamente meglio prendere buoni semi, in base alle proprie esigenze.
Per favorire la germinazione, i semi vengono posti su alcuni
strati di carta assorbente e chiusi al buio tra due piatti per
alcuni giorni. Essendo il seme vita allo stato latente, per
il “risveglio” occorrerà una temperatura moderata. La radichetta bianca spunterà tra i due e i setti giorni successivi.
Evitate di toccare la radichetta per evitare di danneggiarla.
Prima di effettuare il trapianto, bisognerà preparare un vasetto (con fori di drenaggio), riempiendolo con uno strato
di terriccio. Annaffiare prima del trapianto per evitare di
portar via il seme con l’acqua. Praticare un piccolo buco
nel terreno e adagiare, senza fare pressione, il seme avendo
cura di ricoprirlo con un po’ di terriccio. E’ bene, arrivati a
questo punto, aggiungere uno strato di pellicola protettiva
per mantenere l’umidità; questa andrà tolta non appena vedrete spuntare la piantina.
133
Conclusioni
Non sono né medico né spacciatore, ma da semplice curioso e ricercatore desidero sempre scavare fino in fondo,
cercando delle risposte concrete. Quella che vi ho proposto
in queste pagine è semplicemente una panoramica sulla canapa, sui suoi molteplici usi, sul perché è stata bandita e
spero di essere stato esaustivo, presentandovi una rosa di
argomenti ben precisi e attuali. Effettivamente, quello legato alla Cannabis è un percorso difficile, lungo e non facile
da gestire: per troppi anni, infatti, il proibizionismo legato
all’ignoranza e ai forti interessi economici, ha demonizzato
la cannabis come pericolosa e oggi, dichiarare il contrario,
metterebbe in forte imbarazzo tutti coloro che hanno gettato
in prigione i consumatori di marijuana, sostenendo a grandi
titoli che facesse male. Fino a qualche decennio fa eravamo
al secondo posto nel mondo nel campo della produzione di
canapa tessile... poi, l’oblìo! eppure non mi risulta affatto
che tutti quegli agricoltori fossero pericolosi per la società
o fumassero marijuana. Penso a tutti quei pazienti a cui
gioverebbe se fosse legale acquistarla, se solo si consentisse
loro di reperirla facilmente o piantarla. Penso a quei pazienti sottoposti a terapia con la morfina, agli effetti collaterali
della stessa e all’assuefazione che comporta (rischio inesistente con la cannabis, tra l’altro molto meno costosa e più
facile da produrre); penso a quanto starebbero meglio tutti
quanti se invece di ubriacarsi, facessero due tiri di cannabis
ogni tanto. La cannabis sembra avere indiscutibili effetti
sul nostro organismo e il “segreto” risiederebbe nel mix di
oltre 400 principi attivi. Per questa sostanza non esistono
controindicazioni: non esiste alcun caso di decesso a causa
di intossicazione da cannabis.
134
In particolare, due sono i principi attivi che renderebbero
la cannabis un’ottima soluzione come terapia contro il dolore. Si tratta del delta-8-tetraidrocannabinolo e del delta9-tetraidrocannabinolo, che agisce sul sistema nervoso centrale, inducendo il rilassamento dei muscoli, e scatenando
un’azione antinfiammatoria. Per questa sostanza non esistono controindicazioni: non esiste alcun caso di decesso a
causa di intossicazione da cannabis, e la tossicità del Thc
è così bassa (40000:1) che anche enormi quantitativi non
causano effetti collaterali dannosi.
135
INDICE
Premessa
Introduzione
Etimologia
Storia
Paesi in cui l’uso è consentito
I pro e i contro della legalizzazione
L’Italia e il caro prezzo del divieto
La Legge Fini-Giovanardi
Sentenza della Cassazione 2011
Sentenza della Cassazione 2012
Sentenza del Tribunale di Ferrara 2013
Uso terapeutico in Italia
Effetti della cannabis
Hashish, come viene prodotto
I tre tipi di hashish
Hashish nella letteratura
Effetti sulla salute
Rapporto del Parlamento Canadese
Cannabis e interferenze con farmaci
Effetti del Delta-9-tetraidrocannabinolo
Fumatori di cannabis
Quadro complessivo degli effetti
Sesso e cannabis
Guida di veicoli
Passaggio ad altre droghe?
La cannabis come medicina
Effetti antitumorali
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33
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42
43
43
44
46
47
49
51
55
57
57
INDICE
Antidolorifico
La teoria del decondizionamento
Fumo, tabacco e danno alla salute
Consumo nella popolazione europea
Come riconoscere i fumatori
Sintomi
Alcune varietà di Cannabis più in voga
Negli USA il supermercato della cannabis
Differenza tra Indica e Sativa
Classificazione botanica
Derivati della cannabis
Perché non si coltiva più la canapa
Storia del proibizionismo
Crimini attribuiti alla cannabis
Marijuana Tax Act
Tutta colpa del cotone?
Il Rapporto Roques
Etichette d’epoca
Il declino dell’industria tessile italiana
Marijuana e medicina/Sclerosi Multipla
La cannabis come terapia
Cannabis e terapia del dolore
Cannabis e leucemia
Fai merenda con Nugtella?
Cannabis per uso medico in Italia
Come agisce
Casi accertati
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57
61
63
64
65
67
70
76
77
79
85
89
89
92
96
101
102
105
107
110
112
114
115
117
118
INDICE
Mielopatie e Parkinson
Glaucoma
Sclerosi Multipla
Epilessia
Diabete
Tumori
Artrite reumatoide
Dolori osteo-articolari
Metabolismo
Come si usa la cannabis per la cura
La cannabis rende violenti
La Piantiamo? Storia di un’associazione pugliese
La cannabis e le difese immunitarie
Proprietà analgesiche
Metodi di coltivazione
Conclusioni
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125
124
127
128
130
131
134
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