Project Number 142299–LLP–1–2008–1–IT–COMENIUS–CMP
ON AIR
THE EUROPEAN PROJECT ON MEDIA EDUCATION
Versione in Italiano
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INDICE
Prefazione
Network sociali non identificati
Mario Morcellini
pag.
4
»
7
Educare in una società ipermediata: il contributo della Media Education
Gianna Cappello
»
13
La ricerca sociologica in prospettiva educativa
Ida Cortoni
»
18
L’ambientazione dei media tra tempo libero e vita
Daniela Cinque
»
25
Competenze e consumi culturali. Ritratti di generazione
Ida Cortoni
»
30
Le motivazioni dei teen alla fruizione mediale
Angelo Passero
»
38
Leggere le emozioni
Federica Cardia
»
43
I media a scuola
Ida Cortoni
»
49
Conclusioni
Ida Cortoni
»
57
»
65
Introduzione
Gianna Cappello, Ida Cortoni, Alberto Parola, Maria Ranieri
Parte I – Media e generazioni, andata e ritorno
Parte II – Media ed educazione: dire, fare e ripensare
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La ricerca pedagogica in Media Education. L’articolazione del Progetto
On Air
Maria Ranieri
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Prefazione
Network sociali non identificati.
Che c’è dentro la relazione giovani/media.
Mario Morcellini
E’ diventato difficile leggere i giovani. Già di per sé l’impresa si presenta come rischiosamente
pedagogica e adulto-centrica, ma questo è un pericolo che le scienze sociali hanno sempre corso con
disinvoltura. C’è invece qualcosa che è radicalmente diverso dal passato, e consiste nella difficoltà di
collegare l’’esperienza quotidiana a un orizzonte sociale.
La condizione di chi si affaccia alla vita costringe a percorrere il complesso, incerto e traumatico
itinerario di costruzione della propria personalità individuale e sociale, senza far troppo conto sul ruolo
delle istituzioni e degli adulti. È per questo che la fatica di crescere si fa sempre più acuta: l'esperienza
del fallimento è continua e nella modernità le incertezze predominano sulle certezze. I soggetti in
formazione cercano di ridefinire la propria personalità in una realtà estremamente confusa e
contraddittoria, a causa della profonda crisi valoriale e normativa che la caratterizza e la “segna”.
Ma cosa significa oggi la parola giovane, tanto amata dal sistema dei media? Essa si presenta a prima
vista come parola energetica, quasi una metafora della forza e delle capacità del soggetto. Cosa
implica in termini di rappresentazione e di comunicazione? E’ necessario sottoporre questo termine, e
tutto ciò che esso sottintende, al centro di una riflessione scientifica. Nello sbrigativo sistema mentale
degli uomini di oggi, giovane significa “moderno”, radicalmente nuovo, e solo in ultima istanza informazione. Eppure è proprio questa sua condizione a denotare lo status sociale del giovane,
l’evidenza di essere in transizione. Riadattando la suggestiva formula di Pier Giovanni Grasso (1974) il primo a parlare in tempi non sospetti e con acuta preveggenza di transizionalità della condizione
giovanile - il giovane è al tempo stesso un soggetto di volta in volta da proteggere e a cui dunque
indirizzare quote rilevanti di affettività e di tutela, o da interpretare enfatizzando la dimensione
dell’autonomia.
Proprio cercando di scrutinare meglio cosa c’è dentro il concetto di individualismo, si può assumere
che una delle sue caratteristiche è il presentismo, l’atto di non rinviare nessuna soddisfazione,
collazionare, stoccare esperienze, conoscenze e relazioni. Questo processo di accumulazione e ricerca
continua di stimoli, così come l’abbreviazione e talvolta lo spreco di esperienze sentimentali, altro non
è che un farmaco riparatorio rispetto alla drammatica mancanza di peso delle istituzioni e degli adulti.
È impossibile non scorgere nella leggerezza del loro ruolo una spinta di amplificazione
all’individualismo.
Non a caso, infatti, il nomadismo dei giovani moderni oscilla fra il desiderio di protagonismo,
strettamente collegato al rinnovato individualismo, e il malessere di chi risente di una carestia di punti
di riferimento, rispetto a cui non c’è alcuna soluzione immediata. Gli individui, soprattutto se giovani,
necessitano di esprimere i loro vissuti problematici e rileggerli secondo modalità più adeguate: è
necessario offrire uno spazio di ascolto e di confronto ai ragazzi, nel quale possano far emergere i
propri disagi all’interno di una relazione autentica, fronteggiando quella tendenza che, nella
drammatica precarietà dei tempi moderni, da distruttiva diventa autodistruttiva. La comunicazione può
assumere, certamente non da sola, una funzione di riscatto sociale. E’ urgente riaffermarne la forza
sviluppando una sensibile attività di approssimazione, giocata anche sul potere delle parole, ai vissuti
dei giovani e alla ricerca di un progetto di vita. Spesso invece lo sforzo di riduzione delle distanze fra
giovani e adulti si trasforma maldestramente in un eccesso di tutela e in una esasperazione dei sistemi
di attesa da parte delle figure genitoriali, che non rispecchiano certamente i sistemi di scelta
individuali dei propri figli. Il focus d’attenzione dovrebbe spostarsi in direzione del “dare voce ai
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giovani”, alle loro esperienze, osservando la loro partecipazione "mediale": la comunicazione delle
giovani generazioni è un labirinto di espressioni. E persino il corpo diventa una superficie descrittiva e
testuale della condizione giovanile, per non dire degli stili di linguaggio e di abbigliamento. Ma cosa
(ci) dicono i giovani? Straordinaria è la loro capacità di inviare segnali di individualismo e al tempo
stesso di mediazione, e altrettanto elevata dovrebbe essere la nostra predisposizione a leggerli ed
interpretarli.
Occorre saper discernere l’aspetto di autodistinzione, puramente espressivo, funzionale all’esibizione
di una propria soggettività, da quello che invece costruisce modalità radicalmente nuove del rapporto
sociale e, dunque, nuovi stili di relazione e di interazione. La capacità comunicativa dei giovani è
certamente più interessante della loro forza di verbalizzazione; tuttavia come mai i giovani moderni
inviano più segnali di provocazione che di comunicazione? Perché si presentano sulla scena in modo
così di-rompente? Se è vero che i bambini e gli adolescenti oggi utilizzano metafore espressive e
disponibilità tecnologiche, è altrettanto vero che riescono ad attivare quell’operazione di
socializzazione per tappe che ha caratterizzato il processo di crescita dei loro genitori.
È difficile non ammettere sul piano teorico che la differenza di essere giovani oggi è più implacabile
di quella del passato, tanto che anche le dinamiche e le strategie di socializzazione sono cambiate. Ma
cosa c’è di radicalmente nuovo nella condizione giovanile? Quali sono i fenomeni e le aree espressive
in cui più chiaramente “passa” qualcosa che è destinato a essere davvero nuovo? Occorre riflettere
sulle azioni sociali sulle quali i giovani concentrano le loro attenzioni, problematizzando la
dimensione del tempo, scavando nell’importanza delle attività cui si dedicano appassionatamente.
Cosa c’è di indiscutibilmente positivo nei giovani? Anzitutto l’atteggiamento proattivo, capace di
mettere in campo nuove forme di socialità che promettono una società diversa e nuove interazioni non
solo autoreferenziali: uno dei pericoli del tempo moderno è che la comunicazione finisca per essere
eccitazione dell’autoreferenzialità invece che della società; è il rischio che conduce alla brutta
diagnosi del nostro tempo, difficile da sedare, come tempo dell’individualismo, una formula poco
convincente per i giovani.
Ciò che i giovani fanno con i media è irreparabilmente diverso da quello che facevano in passato le
precedenti generazioni, se non altro perché la modernità è un’ultrastimolazione di tecnologie e
comunicazione. Dal punto di vista dei media, le nuove generazioni sono certamente interessanti e
nessuno sembra avere il coraggio di proclamarlo. Il loro multitasking tocca e contamina le modalità di
fruizione giungendo fino al punto più affascinante dell’autoproduzione culturale.
I sintomi di questa società parlano un linguaggio assolutamente positivo, meno centralità della
televisione, meno infiammazione televisiva, sicuramente meno lettura dei giornali ma compensata da
un comportamento sulla Rete spesso affascinante, anche se non dirompente.
Viviamo, di fatto, un “passaggio al futuro” graduale, che tuttavia emerge più espressivamente se si
osserva con continuità l’universo giovanile. Vale, per certi aspetti, la metafora di un salto d’epoca: le
tecnologie segnano i confini di una sorta di area extra-territoriale della casa, di difficile accesso
cognitivo per i genitori. Tuttavia, nonostante le opportunità di coinvolgimento e interazione offerte
dalle recenti tecnologie, si è assistito anche alla riscoperta di forme di fruizione in passato definite “di
nicchia” o “d’élite”, come il teatro, la musica classica, i musei, le mostre e i dibattiti culturali. È come
se l’abitudine d’uso dei nuovi media spingesse i giovani a cercare forme di consumo partecipativo
“altre” accanto a quelle praticate quotidianamente con il mouse o il telecomando Tv. Le nuove
generazioni, attive, esplorative e capaci di leggere il flusso comunicativo, dimostrano di sapersi
muovere sull’asse generalismo-personalizzazione, nella ricca e variegata offerta di input mediali e
culturali. La capacità di decidere quando, dove, perché, come e con chi comunicare - soprattutto nelle
nuove esperienze di comunicazione e socializzazione legate a Internet e anche al cellulare - lascia
intravvedere l’immagine sfocata di viandanti che costruiscono la propria strada combinando diverse
forme di consumo (Morcellini, Cortoni, 2007; CENSIS 2008).
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E’ più importante la relazione che le persone instaurano fra i diversi arcipelaghi piuttosto che il singolo
medium, ed è solo riflettendo sui percorsi ondivaghi e di rete attivati dagli individui rispetto ai
processi e ai prodotti culturali, che possiamo giungere a una rappresentazione più puntuale del mondo
comunicativo delle nuove generazioni. In questo senso, dunque, le famiglie di comportamenti
delineate dalle relazioni tra i consumi culturali costituiscono la traccia di un generale pluralismo con
cui i soggetti tendono a costruire il proprio menù.
Vale la pena riflettere su come, più in concreto, la rilevazione della centralità dei consumi culturali nel
contesto della vita quotidiana dell’individuo possa consentire la messa a punto di un modello di analisi
più adatto a spiegare le pratiche d’uso delle tecnologie. Il dato fondamentale è costituito dai network
delle relazioni comunicative del soggetto, che evidenziano come siano le forme e i contenuti del
discorso comunicativo a definire i comportamenti di utilizzo delle “macchine” mediali.
Tecnologicamente competenti e culturalmente attivi, i ragazzi sono tendenzialmente deprivati di molte
chance di accesso alle risorse costitutive per le loro identità reali e materiali. Se l’attenzione della
politica, l’esaurimento della forza educativa della famiglia e la precarizzazione del mercato del lavoro
appaiono scoraggianti e anelastici, la comunicazione si offre come elastica e flessibile, una piattaforma
che permette quelle condotte frustrate dalla realtà extramediale. Chat, forum, blog e social network
sono al tempo stesso sistema nervoso e ammortizzatore delle crisi, certamente non privi di pericoli e di
nodi problematici da dover sciogliere con sensibilità e abilità.
Se la nostra cultura non prende atto del giacimento di frustrazioni che si sta alimentando, la dilatazione
della sfera comunicativa rischia di diventare l’unica figura del rapporto con gli altri e, dunque, un
ostacolo alla possibilità e alla volontà di uscire dal mondo virtuale.
La comunicazione può porsi come ponte tra le generazioni; essa è fattore di valorizzazione e
comprensione, elemento strepitoso di allineamento alle culture giovanili. Se si vuole sapere sui
giovani bisogna studiare la comunicazione, la cui fortuna è quasi sempre implementata da una forte
componente di soggettività giovanile. Chi studia i media è più facilitato a capire i giovani e a tentare la
ricostruzione di un nuovo e più saldo patto formativo.
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Introduzione
Gianna Cappello, Ida Cortoni, Alberto Parola, Maria Ranieri
Negli ultimi cinque anni l’Unione europea ha più volte richiamato l’attenzione sulla necessità di
promuovere l’educazione ai media negli stati membri e di favorire attraverso specifiche azioni a livello
nazionale ed europeo lo scambio e la condivisione di buone pratiche (Celot e Tornero, 2008; Tornero
et al., 2010). La competenza mediale, intesa come capacità di avvalersi dei media in modo critico,
consapevole e creativo, viene infatti rappresentata nelle dichiarazioni e comunicazioni dell’Unione
europea come un requisito indispensabile per l’esercizio di una cittadinanza attiva. I programmi
MEDIA 2007, SAFER INTERNET PLUS (2004-2008) e il più recente “i2010 - Partecipare alla
Società dell’Informazione”, promossi recentemente dall’UE, contengono queste indicazioni offrendo
una base per la loro attuazione.
Parallelamente, cresce il numero delle indagini nazionali ed internazionali che dimostrano come
l’appeal esercitato dai media digitali (TV, Internet, Radio ecc.) verso le nuove generazioni stia
minacciando lo sviluppo delle capacità di lettura e scrittura: immagini, grafici e suoni stanno
progressivamente prendendo campo come strumenti privilegiati di trasmissione dell’informazione e
della conoscenza. Accanto a ciò, anche il problema dell’information overload e dell’uso critico
dell’informazione accessibile via Internet sta emergendo in tutta la sua portata (Ranieri, 2006). Molte
indagini internazionali mostrano che la questione della validità dei contenuti non rappresenta un
aspetto su cui i giovani internauti si interrogano spontaneamente: gli studenti tendono generalmente a
fidarsi della qualità dei contenuti trovati sul web, manifestando spesso atteggiamenti caratterizzati da
mancanza di riflessione critica e passività, e lasciandosi guidare dalla casualità senza una valutazione
preventiva delle fonti (Eagleton, Guinee, Langlais, 2003; Lorenzo & Dzuiban 2006; Ravestein, Ladage
& Johsua, 2007).
Questi elementi di criticità aprono nuove sfide per i sistemi scolastici e, in particolar modo, per gli
insegnanti e gli educatori: questi ultimi possono giocare un ruolo fondamentale nel promuovere nei
loro studenti capacità di lettura/scrittura e senso critico. Emerge tuttavia la necessità di accompagnare i
docenti in questo processo di mediazione culturale all’uso dei nuovi media attraverso interventi
formativi specifici e la condivisione di pratiche di Media Education (ME).
Il progetto On Air si inserisce in questo contesto. Esso si propone, da un lato, di fornire una risposta
alle sfide emergenti sopra richiamate, favorendo lo scambio di prospettive e coinvolgendo gli istituti
scolastici in uno sforzo comune di ricerca e sperimentazione: a questo livello, si tratterà di progettare e
sperimentare percorsi e strategie per fare in modo che i nuovi media non costituiscano una minaccia,
ma diventino uno strumento di promozione delle capacità di scrittura degli studenti e di sviluppo di
approcci critici e consapevoli verso la comprensione della realtà mediata dai mezzi di comunicazione.
Dall’altro, il progetto si propone di promuovere negli insegnanti capacità e atteggiamenti utili per
cogliere e “sfruttare” le potenzialità dei media elettronici, soprattutto rispetto al fascino che essi
esercitano sulle nuove generazioni: attraverso i nuovi media e grazie ai nuovi media, si dovrebbe
riuscire a motivare i più giovani a riscoprire ed apprezzare l’importanza delle capacità di scrittura e
delle capacità critiche necessarie per diventare utenti consapevoli.
Allo scopo di conseguire questi obiettivi il progetto è stato strutturato in quattro fasi:
-Fase 1 - Ricerca preliminare per l’analisi dei bisogni: si tratta di una fase preliminare volta ad
esplorare le conoscenze, le abilità e aspettative di insegnanti e studenti verso l’utilizzo dei nuovi
media non solo a scuola. Alla base dell’indagine sono rintracciabili alcune domande chiave come:
quali sono i media digitali più usati nel tempo libero e a scuola? Perché? Che cosa esattamente
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sanno e sanno fare con i media? In che modo? Come questi media sono usati in classe? Con quali
strumenti e metodi? La ricerca si basa su metodologie di carattere quantitativo e qualitativo;
-Fase 2 – Raccolta, analisi e valutazione di buone pratiche: l’obiettivo di questa fase è quello di
raccogliere dati e informazioni su esperienze e progetti scolastici di ME, orientati allo sviluppo
delle capacità di scrittura e lettura, del senso critico e della consapevolezza nell’uso dei media.
L’intento è duplice: per un verso, si intende realizzare una banca dati online europea che raccolga
ampia documentazione su esperienze didattiche nel campo della ME; dall’altra, il proposito è
quello di analizzare le pratiche correnti di ME nei paesi coinvolti nel progetto allo scopo di
individuare tendenze emergenti e delineare possibili future aree di intervento;
-Fase 3 – Progettazione e sviluppo di unità didattiche fruibili online: muovendo dai risultati emersi
dalla ricerca sull’analisi dei bisogni e dalle esperienze raccolte nella banca dati, l’intento è quello
di sviluppare otto percorsi formativi sulla ME. I percorsi riguardano le seguenti aree di
competenza mediale: capacità di lettura (ad esempio, utilizzo del fumetto per migliorare le
capacità di lettura e analisi del testo); capacità di scrittura (ad esempio, uso di Internet per lo
sviluppo di abilità di scrittura o di capacità di progettazione e costruzione di un ipertesto); spirito
critico (ad esempio, costruzione di un newscast per sviluppare capacità critiche verso nuove fonti);
fruitore consapevole (ad esempio, come costruire un programma televisivo per acquisire la
capacità di effettuare scelte consapevoli). Ogni unità didattica comprende una descrizione del
processo di insegnamento/apprendimento, eventuali strumenti didattici a corredo ed un breve
video di presentazione dell’attività a cura degli insegnanti coinvolti in fase progettuale;
-Fase 4 - Sperimentazione e valutazione delle unità didattiche realizzate: in ogni paese, un gruppo
pilota di insegnanti sperimenta le unità didattiche al fine di valutarne la qualità e l’efficacia. La
sperimentazione viene supportata da uno staff di ricercatori, che offrono gli strumenti
metodologici idonei per le rilevazioni (questionari, linee guida per interviste e focus group, griglie
di valutazione, griglie di osservazione ecc.). L’intento è quello di definire e mettere a punto dei
criteri per la valutazione e la validazione di percorsi educativi di ME e di realizzare delle linee
guida.
Il presente manuale raccoglie e descrive i risultati conseguiti nelle fasi appena descritte. Esso si
articola in due parti intitolate rispettivamente “Media e generazioni, andata e ritorno” e “Media ed
educazione: dire, fare, ripensare”.
La prima parte riguarda la fase di orientamento sociologico (fase 1), teso a esplorare il comportamento
culturale dei giovani e degli insegnanti intervistati in sei paesi europei (Italia, Belgio, Romania,
Bulgaria, Lituania, Polonia) di fronte alla tastiera multimediale, approfondendo le specifiche attività
svolte con i singoli media, il valore emotivo attribuito, la motivazione di coinvolgimento e soprattutto
i livello di familiarità e di autonomia creativa nell'uso e nella sua consapevolezza. Questa prima analisi
è svolta in una prospettiva di continuità con il dibattito scientifico già in corso e di innovazione
rispetto a nuove ipotetiche tendenze comportamentali e nuove abitudini di fruizione e uso critico
mediale. Da qui il tentativo di accostarsi a nuove prospettive di indagine nell'ambito delle competenze
digitali a partire dalla stessa fruizione e dall'analisi delle possibili strategie di mediazione culturali.
La seconda parte raccoglie i risultati della ricerca di taglio pedagogico condotta nelle fasi successive
(fase 2, 3, 4). In particolare, dopo una prima presentazione della struttura complessiva della ricerca ed
una riflessione sul concetto di competenza mediale, viene proposta un’analisi delle pratiche raccolte
nel corso della seconda fase della ricerca, dedicata agli studi di caso, soffermandosi sulle specificità
dei contesti nazionali, sulle aree di competenza mediale, sui media utilizzati e sugli aspetti educativi
emergenti. Il lavoro prosegue con una presentazione dei principi e dei modelli pedagogico-didattici
che hanno ispirato l’attività di progettazione dei pacchetti mediaeducativi e illustra gli strumenti
suggeriti per l’attività di valutazione.
Segue una sezione dedicata alla sperimentazione dei pacchetti educativi, dove vengono presentate le
tappe che hanno caratterizzato la sperimentazione e i principi metodologici che l’hanno guidata. La
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seconda parte si chiude con delle osservazioni conclusive sui principali risultati emersi dall’indagine e
indicazioni di lavoro per approfondimenti e ricerche successive.
ON AIR. THE EUROPEAN PROJECT ON MEDIA EDUCATION
TEAM DI LAVORO
Direttore scientifico: Prof. Mario Morcellini
Planning e management: Alberto Parola
Team di coordinamento: Ida Cortoni, Maria Ranieri, Gianna Cappello, Alberto Parola
FACOLTÀ
TEAM ITALIANO
DI SCIENZE DELLA
COMUNICAZIONE,
Valentina Angeli, Paolo Enrico Bobbio, Enrica Bolognese, Alessandro Borio, Gianna
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI Cappello, Paolo Carboni , Federica Cardia, Luisa Chiellino, Ida Cortoni, Daniela
ROMA
Cinque, Elena Corelli, Lucio D’Abbicco, Elisabetta Delle Donne, Laura Di Nitto,
Pierpaolo De Luca, Paola Foddis, Ana Maria Del Forno, Elena Fadda, Giovanni
MED,
Ferrari, Ilaria Fioravanti, Roberto Giannatelli, Giuseppe Gizzi, Sabina Guadagni,
ASSOCIAZIONE ITALIANA Marco Guastavigna, Claudio Lacoppola, Mark Lee, Piercarlo Marinelli, Lorenzo
PER L ’ EDUCAZIONE AI Martellini, Sara Matutino, Bruno Mazzara, Angelo Passero, Laura Parenti, Alberto
MEDIA E ALLA
Parola, Liana Peria, Guido Petrangeli, Matilde Pettinelli, Paola Pieralli, Maria
COMUNICAZIONE
Ranieri, Chiara Ribaldo, Daniela Robasto, Alessia Rosa, Salvatore Satta, Stefano
Sgarella, Roberto Trinchero, Anna Rita Vizzari, Mariangela Volpe, Spartaco Vitiello,
PIXEL
Luisa Zampieri, Beate Weyland
EASY TECHNOLOGY
INFOREF
ZINEV ART
TECHNOLOGY
TEAM BELGA
Christine Cloes, Régine Smal, Benoît Wagelmans, Christine Blaise, Geneviève Berck,
Mylène Rebeschini, Bruno La Porta, Roger Lesage, Marie-Laure Mullenders, Isabelle
Swinnen, Daniel Janssens, Nicolas Stevens, Pierre Stegen, Benoît Rigau, Anne-Marie
Evrard, Emilie Ernst, Mathias Tyssens, Isabelle Marx, Catherine Bleus, Philippe
Moyano
TEAM BULGARO
Zornitsa Staneva, Miglena Molhova, Diana Yovcheva-Koparanova, Liliya Yonkova,
Galina Mitseva-Koleva, Krasimira Ilarionova, Elka Velkova, Stanka Lubomirova,
Janina Zdravkova, Tatyana Stamova.
KAUNAS UNIVERSITY TEAM LITUANO
Vida Motekaitytė, Vilmantė Juteikienė, Sigitas Drąsutis, Aleksandras Targamadzė,
Dainora Maumevičienė
MEDIA
TEAM RUMENO
MONITORING AGENCY Laura Orlescu, Nicoleta Fotiade, Oana Ganea, Anca Velicu, Adrian Baboi, Irina
Zamfirescu, Ionut Codreanu
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WSINF
WYZSZA SZKOLA
INFORMATYKY
TEAM POLACCO
Magdalena Gałaj, Magdalena Bujak, Anna Ziemecka-Poteraj, Anna RejniakSkrzyńska, Aneta Szczapa, Joanna Wlazłowicz, Daria Sołtys,Elżbieta Gwiazda,
Katarzyna Gajewska
SCUOLE COINVOLTE IN ON AIR
“Nicolae Iorga” High School, Bucarest Romania
132 "Vanya Voinova", Sofia, Bulgaria
26 "Yordan Yovkov", Sofia, Bulgaria,
Collège Notre-Dame et Saint-Lambert et Institut Saint-Laurent, Herstal, Belgio
Collège Royal Marie-Thérèse, Herve, Belgio
College Sainte Veronique, Liége, Belgio
Convitto nazionale "Giovanni Falcone", Palermo, Italia
Dimitrie Bolintineanu, Bucharest, Romania
Gymnasium of Kaunas University of Technology, Kaunas, Lituania
Institut Marie-Thérèse, Liége, Belgio
Institut Sainte-Julienne, Fléron, Belgio
Ion Necultce High School, Bucarest, Romania
Istituto Comprensivo "Vigna Pia", Roma, Italia
Istituto Comprensivo Indro Montanelli "Cesare Battisti", Roma, Italia
Istituto Comprensivo Statale "Antonio Ugo", Palermo, Italia
Istituto Comprensivo Statale "Marco Polo", Prato, Italia
Istituto d'Istruzione Superiore "Albert Einstein", Torino, Italia
Istituto Tecnico Commerciale "Leonardo Sciascia", Erice, Italia
Istituto Tecnico Commerciale Statale "Pio La Torre", Palermo, Italia
Juozas Karosas Music School, Klaipeda, Lituania
Kaunas district’s Akademija’s Ugnes Karvelis Gimnazium, Kaunas, Lituania
Kaunas Steponas Darius and Stasys Girėnas Gymnasium Kaunas, Lituania
Klaipėda “Ąžuolynas” gimnazium Klaipeda, Lituania
Liceo Classico "Dante Alighieri", Bressanone, Italia
Liceo Classico Statale "Vincenzo Gioberti", Torino, Italia
Liceo Ginnasio Statale "Pilo Arbertelli", Roma, Italia
Liceo Pedagogico Artistico "G.Pascoli", Bolzano, Italia
Liceo Scientifico Statale “ B.Varchi”, Montevarchi (AR), Italia
National College ‘ Gheorghe Lazar’, Bucharest, Romania
National school of arts "Prof. Veselin Stoyanov ", Rousse, Bulgaria
Professional school of ecology and biotechnology "Prof. Asen Zlatarov", Sofia, Bulgaria
Professional school of elecronics "John Atanasov", Sofia, Bulgaria
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Prywatne Gimnazjum "ABiS", Lodz, Polonia
Publiczne Gimnazjum nr 1 w Łodzi, Lodz, Polonia
Scuola "Antonio deStefano", Erice, Italia
Scuola "Cristoforo Colombo", Torino, Italia
Scuola Media - Istituto comprensivo Leonardo Da Vinci, Guidonia Montecelio, Italia
Scuola Media "Alessandro Manzoni", Bressanone, Italia
Scuola Media "Alessandro Manzoni", Michelino (TO), Italia
Scuola Media "G. Salvemini", Torino, Italia
Scuola Media "Giuseppe Mazzini", Palermo, Italia
Scuola Media Ada Negri, Bolzano, Italia
St.st. Cyril and Methodius, Novo Selo, Bulgaria
Szkoła Podstawowa ABiS - School4Child, Lodz, Polonia
Szkoła Podstawowa nr 56 w Łodzi, Lodz, Polonia
Szkoła Podstawowa nr 7 w Łodzi, Lodz, Polonia
Ukmerges Antano Smetonos Gymnasium, Ukmerge, Lituania
Vocational Institute “Ioan N. Socolescu”, Bucharest, Romania
Istituto Professionale Industria e Artigianato Tito Minniti, Guidonia, Italia
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I PARTE
MEDIA E GENERAZIONI.
ANDATA E RITORNO
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Educare in una società ipermediata.
Il contributo della Media Education
Gianna Cappello
1. Media e società
Negli ultimi decenni, nella società occidentale postindustriale si sono verificati tre processi
strettamente interconnessi tra loro: a) l’affermazione del cambiamento come condizione ontologica
dell’esistenza contemporanea, una condizione nella quale il progresso non è più visto come
l’evoluzione ottimistica verso una vita migliore, ma piuttosto come un divenire travagliato i cui
sviluppi possono causare effetti imprevisti e non voluti; b) l’aumento della complessità e della
differenziazione sociale, e in particolare la confusione di ruoli e funzioni a seguito della crisi dei
sistemi valoriali tradizionali e della difficoltà di adesione a un ethos comune; c) il declino delle
istituzioni sociali tradizionali (soprattutto la famiglia e la scuola) per effetto sia di fattori esterni (la
rapidità e la radicalità del cambiamento) che di fattori interni (l’incapacità/difficoltà di questi
istituzioni di adattarsi per meglio governare il cambiamento).
Questi processi sono stati tutti in qualche modo accelerati dai media, specie i media digitali. Essi
hanno infatti provocato importanti trasformazioni nella vita quotidiana degli individui, sia a livello
socio-culturale che psico-cognitivo. Innanzitutto hanno accresciuto la possibilità di accesso
all’informazione attraverso sofisticati sistemi di archiviazione dei dati (CD, DVD, i-pod, ecc.) e di
circolazione degli stessi (Internet e Intranet). In secondo luogo, i media hanno de-materializzato i
confini spazio-temporali, confondendo le usuali demarcazioni tra ruoli e situazioni sociali, e creando
inedite forme di comunicazione e socialità (Meyrowitz, 1993). In terzo luogo, sulla scia dell’intuizione
mcluhaniana del “villaggio globale”, i media digitali hanno accelerato il processo di globalizzazione,
hanno reso il modo sempre più interdipendente, incrementando la circolazione di merci e finanze, ma
anche di idee e culture. Infine, i media hanno affrancato gli individui da regole e valori tradizionali
dando loro il potere di auto-determinare la loro esistenza.
Tuttavia, queste trasformazioni non sono necessariamente positive. In effetti esse hanno prodotto una
serie di “effetti perversi, non intenzionali” (Boudon, 1981). Il maggiore accesso all’informazione, per
esempio, ha creato nuove forme di esclusione, povertà e deprivazione (il cosiddetto digital divide), le
quali in molti casi si intrecciano – esacerbandole – con forme già esistenti di diseguaglianza; ha anche
portato a un sovraccarico di informazione che gli individui sono sempre meno capaci di metabolizzare
e verificare alle fonti. Anche le nuove forme virtuali di socialità e comunicazione nascondono delle
insidie in quanto possono esasperare certi problemi sociali (il cyber bullismo, l’auto-isolamento, il
video-voyerismo, la mancanza di privacy, ecc.). Infine, l’emancipazione dai valori e dai ruoli
tradizionali e l’autonomizzazione degli individui ha dato origine a un crescente senso di
frammentazione e di perdita della possibilità di condividere un qualche ethos comune, ovvero un
insieme di valori e principi che possano unire gli individui nella responsabilità di costruire insieme la
società intesa come impresa collettiva1.
1
A questo proposito, Zygmunt Bauman parla di “libertà senza responsabilità”, una situazione paradossale dove il
massimo di libertà ed emancipazione coincide con il massimo di insoddisfazione rispetto alle profende questioni di senso che
queste trasformazioni continuano a sollevare (2003).
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2. Le sfide per l’educazione
Malgrado questi “effetti perversi”, ricercatori, educatori e politici, adottano spesso una posizione
ottimistica ritenendo che i media digitali offrano, in maniera incondizionata, nuove e più efficaci
forme di insegnamento e apprendimento. Sebbene l’importanza dei media digitali per l’educazione sia
indisputabile, pur tuttavia dovrebbe essere oramai assodato che non si tratta semplicemente di saper
“usare la macchina” in maniera tecnicamente competente. Molto più radicalmente, occorre imparare a
usare i media in maniera critico-riflessiva così da partecipare attivamente all’odierna “sfera pubblica
mediata” (Thompson, 1995) 2. È necessario intervenire affinché tutte le persone, di qualsiasi età,
possano imparare ad acquisire, selezionare, elaborare e creare informazione in maniera autonoma,
generando conoscenza critica, giocando un ruolo attivo nella costruzione della realtà, favorendo
processi di inclusione e coesione sociale.
La Media Education (ME) contribuisce ad affrontare le sfide poste all’educazione da questa situazione
problematica e a ricostruire un nuovo senso di cittadinanza nella società ipermediata. Adottando una
prospettiva mediaeducativa, soprattutto nelle scuole, l’educazione può ristabilire la centralità del suo
ruolo nell’orientare e governare le complesse trasformazioni della società contemporanea. Tuttavia,
perché la ME possa pienamente sviluppare il suo potenziale, occorre ridefinire il modo in cui si pensa
che i media debbano far parte del processo di insegnamento. Come detto, non si tratta semplicemente
di far raggiungere competenze tecniche (come usare la videoscrittura, fare un video, mandare un’email, creare una pagina web o navigare in rete, ecc.), ma anche culturali e critiche di modo che gli
studenti possano capire le implicazioni sociali dei media e interagire con essi nella maniera più
responsabile possibile. In altre parole, non si tratta soltanto di educare con i media (i media come
sussidi audiovisivi), ma anche educare ai media (i media come oggetto di studio critico e di uso
creativo).
Se non si adotta questa prospettiva più ampia, si corre il rischio di promuovere una visione puramente
strumentale che non tiene conto del fatto che i media sono oggi gli artefici principali del processo di
costruzione dell’identità e della socialità dei giovani. Ciò impone una seria riflessione sugli effetti che
i media hanno nei processi educativi della scuola. Citiamone alcuni.
Primo, i media attivano forme di apprendimento che – a differenza dell’apprendimento alfabetico –
interpellano intelligenze multiple/multisensoriali (Gardner, 1987) risultando molto più coinvolgenti e
motivanti per studenti nati e cresciuti in una società ipermediata. Essi hanno contribuito a mettere in
discussione la supremazia della dimensione razionale dell’apprendimento (basata sul ragionamento
logico) e il conseguente confinamento della sua dimensione fisico-affettiva (basata sul gioco e sul
piacere) ai primi anni di scolarizzazione, a certe discipline (arte, musica, educazione fisica, ecc.), ai
minuti della ricreazione, alle attività di laboratorio. Al contrario, i media richiedono un pluralismo
epistemologico e metodologico che ridefinisce l’educazione alla luce di nuovi “paesaggi” culturali
(Appadurai, 2001) e visioni del mondo, nuove forme di mediazione con gli studenti, nuovi approcci
didattici che sappiano tenere conto di come le tradizionali relazioni educative verticali, uno-molti,
siano sempre più affiancate (se non propriamente sostituite) da relazioni più orizzontali e
collaborative, basate sul paradigma del social networking (e-learning, P2P, Wiki, blogs, Facebook,
MySpace, ecc.). Tutto questo implica un cambiamento radicale da un approccio che mira a proteggere
gli studenti dai media a un approccio che è invece più interessare a capire i mille modi in cui essi
adottano, usano, interpretano e interagiscono con i media nella loro vita quotidiana. Il protezionismo
non funziona in classe. Dato che in ultima analisi esso stigmatizza i media (specie nelle loro forme più
2
La citazione è tratta dall’edizione italiana del 1998.
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popolari e commerciali), è destinato a scontrarsi con le culture e i gusti degli studenti. Al contrario,
adottando un approccio centrato sullo studente, i media educators imparano a riconoscere che: a)
occorre sempre partire dalle esperienze mediali effettive degli studenti; b) i media non sono
necessariamente causa univoca di pericoli e insidie; c) gli studenti non sono inevitabilmente vittime
passive dei media.
Secondo, i media mettono seriamente in discussione l’idea stessa di cosa significhi oggi essere
“alfabetizzato”. Essi infatti richiedono nuove forme di alfabetizzazione (literacy) che vanno ben oltre
la tradizionale applicazione alla scrittura/lettura del linguaggio verbale e l’acquisizione di abilità
meramente funzionali. Queste nuove forme di alfabetizzazione – visuale, televisiva, cinematografica,
digitale… – hanno tutte a che vedere in qualche modo con i media. Pertanto, se si definisce la ME
come il processo di insegnamento/apprendimento sui media, la media literacy ne è l’esito, ovvero
l’insieme delle conoscenze e competenze che gli studenti acquisiscono nel corso di quel processo
(Buckingham, 2003). L’adozione di una prospettiva mediaeducativa richiede un approccio verso la
comunicazione e la cultura il più inclusivo possibile, un approccio nel quale da un lato si
problematizza il predominio della cultura scritta nell’educazione formale, e in particolare
l’orientamento testualistico della pratica didattica, e dall’altro si propone di inquadrare lo studio delle
strategie e convenzioni formali delle diverse forme di comunicazione (non solo la stampa, dunque)
all’interno di una più ampia comprensione dei contesti sociali, economici e storici entro cui queste
forme sono prodotte, distribuite e adottate.
Terzo, la ME conduce allo sviluppo di competenze di “lettura” e “scrittura” dei media, ovvero mira a
sviluppare sia la comprensione critica che la partecipazione attiva nella società ipermediata
(Buckingham, 2003). Alla luce della nozione delle “multialfabetizzazioni” elaborata dagli esponenti
dei New Literacy Studies (Cope & Kalantzis, 2000), la ME implica la necessità di non guardare
all’alfabetizzazione in sé, come manifestazione di un insieme di abilità cognitive universali e
immateriali. L’alfabetizzazione ha invece una natura intrinsecamente sociale che la porta ad assumere
forme diverse, in culture ed epoche storiche diverse, per diverse categorie sociali. Secondo questa
teoria sociale dell’alfabetizzazione, le competenze degli studenti sono strettamente connesse ai
contesti sociali entro cui vengono acquisite e impiegate. In un certo senso, potremmo dire che la ME –
sviluppando competenze di media literacy – abilita gli studenti a riflettere sui media e al tempo stesso
a fare cose con i media, nel lavoro, nella vita privata, nella società civile. È anche per questo motivo
che i media educators – grazie anche ai recenti sviluppi tecnologici che hanno reso la produzione
mediale più facile e accessibile – si sono sempre più impegnati a combinare l’analisi critica dei media
con la produzione creativa (Cappello, 2009; Buckingham, 2003).
Quarto, come accennato, la ME problematizza fortemente la retorica tecno-utopista, spesso adottata da
educatori, politici, industriali e professionisti dei media, circa gli effetti “rivoluzionari”
dell’introduzione delle tecnologie educative nelle scuole. I tecno-utopisti ignorano la dimensione
storica dell’innovazione tecnologica, preferendo identificarla astrattamente con il cambiamento
sociale e la “modernizzazione”, trascurando le condizioni, le congiunture e gli specifici usi e interessi
che concretamente portano a certe innovazioni piuttosto che altre. Essi tendono a celebrare i media
digitali come strumenti taumaturgici per il miglioramento dei processi educativi. Alcuni di loro si
spingono a teorizzare la totale scomparsa in un futuro prossimo di ogni forma di educazione formale a
favore delle più diverse forme di auto-apprendimento (tutte saggiamente promosse e soddisfatte dal
mercato). In altre parole, sembra dominare una sorta di strumentalismo progressista che spesso
confonde l’innovazione con la mera infrastrutturazione tecnologica (Robins & Webster, 1999),
ignorando che: a) i processi innovativi sono in realtà molto più complessi, dispendiosi e
multidimensionali; b) nell’era dell’informazionalismo (come direbbe Castells), il fattore cruciale non è
tanto l’informazione in sé (o il mero accesso ad essa), quanto la capacità intellettuale di selezionarla,
elaborarla, condividerla; c) le tecnologie mediali non sono semplicemente strumenti di comunicazione
e informazione, o tantomeno sussidi per l’insegnamento e l’apprendimento. Essi sono piuttosto
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“dispositivi filosofici” in grado di modellare l’ambiente entro cui vivono gli individui, di trasformare
l’organizzazione spazio-temporale della vita sociale, di condizionare l’azione sociale e il modo in cui
gli individui si rapportano alla realtà, a loro stessi, agli altri.
Riassumendo, sebbene l’importanza delle tecnologie mediali per la scuola sia assolutamente
indiscussa, è chiaro che dotare ogni studente di un computer (come recita un famoso slogan) non
significa necessariamente che poi questo computer verrà usato, o che verrà usato per scopi
“appropriati”. Va ricordato che le modalità di uso/non uso sono sempre in qualche modo condizionate
da certe aspettative e condizioni sociali, e che ciò contribuisce a riprodurre (ed esacerbare) le
ineguaglianze sociali esistenti. Le scuole (come sempre, in fondo) sono chiamate a svolgere un
importante ruolo di mediazione in quanto hanno la responsabilità di dare agli studenti le competenze
necessarie per interagire in maniera critica e riflessiva con i media, pur godendo pienamente delle
infinite opportunità che essi offrono in termini di educazione, comunicazione, intrattenimento,
creatività, auto-espressione e partecipazione civica nella “sfera pubblica mediata” (Thompson, 1995).
3. Prospettive future
Gli alunni dovrebbero capire le strutture, i meccanismi e i messaggi dei mass media. In particolare dovrebbero
sviluppare la capacità autonoma di applicare il giudizio critico al contenuto dei media. A tal fine occorre
incoraggiare l’espressione creativa nella costruzione di messaggi da parte degli alunni di modo che essi siano
capaci di trarre vantaggio dalla possibilità di esprimere particolari punti di vista nel contesto della partecipazione
a livello locale.
Dato il ruolo cruciale svolto da media come la televisione, il cinema, la radio e la stampa nell’esperienza culturale
dei ragazzi, la Media Education dovrebbe cominciare prima possibile e continuare per tutta la scuola dell’obbligo.
Si sottolinea anche il ruolo dei genitori nella Media Education. Occorrono ulteriori ricerche per stabilire che tipo
di conoscenze i ragazzi portano a scuola e in che modo la loro comprensione dei media, le loro competenze e
conoscenze possono essere sviluppate attraverso la Media Education.
Tuttavia, per assicurare un certo valore a questa educazione, occorre anche riflettere sull’etica della
comunicazione e dell’informazione. Gli educatori hanno a questo proposito un compito molto importante. Poiché
non si tratta soltanto di adattare la scuola al mondo delle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, ma anche di far sì che il mondo dei media dia ascolto alle questioni poste dagli educatori circa il
rispetto degli uomini, delle donne e dei bambini nella diffusione delle informazioni.
Questa lunga citazione, tratta dalla Risoluzione sull’Educazione e i Media e le Nuove Tecnologia
adottata dai Ministri europei dell’educazione nel 1989 nel corso della Conferenza di Istanbul,
riecheggia molti dei temi toccati qui, sia pure brevemente. Malgrado l’evidente preferenza per
l’informazione quale principale focus di studio e intervento, questo documento mantiene tutta la sua
attualità. Ci ricorda che la ME ha a che fare con il dare agli individui un maggiore potere di
determinazione dell’offerta mediale; con l’accrescere il senso di responsabilità sociale dell’industria
dei media e della società civile in genere. Certamente, dal 1989 è stato fatto molto, e tuttavia ancora
molto rimane da fare.
Come ci ha dimostrato una copiosa mole di studi e ricerche, occorre innanzitutto migliorare la
formazione degli insegnanti e lo scambio di esperienze. A questo proposito bisogna operare
contemporaneamente a tre livelli: fornire agli insegnanti (e agli educatori in genere) una competenza
di base nella lettura/scrittura dei media; situare questa competenza nella pratica didattica quotidiana
ovvero progettare, programmare e realizzare (nella maniera più interdisciplinare possibile) attività di
ME; infine, far sì che gli insegnanti sappiano come ricercare le informazioni e il sostegno necessari
per le loro attività, come trarre profitto dalle reti locali, nazionali ed europee/internazionali di media
educators. La messa in rete e lo scambio sono decisamente importanti nel processo di crescita e
consolidamento della ME tra gli insegnanti.
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Inoltre, pur tenendo conto delle specificità dei diversi contesti nazionali, occorre fare ulteriori ricerche
per cercare di trovare delle linee comuni nella teoria e nella prassi della ME, almeno in Europa. Molte
sono le questioni che richiedono approfondimenti: la ME può essere “insegnata”? E se sì, dovrebbe
essere una disciplina a sé stante ovvero essere presente in maniera trasversale tutto il curricolo? Come
possiamo definire la competenza mediale? Cosa valutiamo? Conoscenze? Abilità? Comportamenti?
Valori? Quando si valuta e come si fa a stabilire (con quali strumenti) se l’alunno è diventato medialiterate? Come si definisce lo statuto epistemologico e metodologico della ME in diversi contesti
educativi (formale, non formale, informale)?
Tutte queste sono domande che richiedono ulteriori approfondimenti. È oramai condivisa la
consapevolezza che la ME dovrebbe essere un’impresa comune nella costruzione della cittadinanza
nell’era digitale. Tutte le parti coinvolte – le scuole e le università, i genitori e le famiglie, la società
civile, i governi nazionali, il non profit, i media pubblici e commerciali – dovrebbero trovare il modo
di cooperare per “attrezzare” le persone di tutte le età con la capacità di capire e partecipare
attivamente nella cultura mediale in cui sono immersi. Per fare ciò occorre riconoscere una volta per
tutte che, oltre all’educazione formale, esistono altri (ugualmente importanti) contesti di
apprendimento che finiscono con il ridefinire l’apprendimento come pratica che si prolunga per tutta la
vita. Pertanto, la ME dovrebbe acquisire una natura multicontestuale e permanente andando ad
identificarsi con l’educazione alla cittadinanza, dentro e fuori la scuola. Com’è noto, solo l’educazione
non formale/informale può dare conoscenze e competenze a quegli adulti che non hanno avuto modo
di conoscere la ME a scuola come pure a quei minori e giovani che si sono allontanati prematuramente
dalla scuola.
Occorre, infine, migliorare il modo in cui i professionisti dei media cooperano nei progetti di ME
affinché non solo si responsabilizzino rispetto alle loro produzioni, ma prendano parte direttamente al
lavoro degli educatori, contribuendo, per esempio, alla produzione di materiali mediaeducativi
(programmi tv, pacchetti educativi, software didattici, ecc.). Per fare in modo che questa cooperazione
risulti veramente efficace occorre però che vi sia un cambiamento di atteggiamento in entrambi le
parti: gli educatori devono rinunciare ad ogni posizione demonizzante nei riguardi dei media, mentre i
professionisti, dal canto loro, devono convincere gli educatori che non stanno semplicemente
perseguendo i loro interessi, siano essi di tipo politico-ideologico o commerciale. Purtroppo una
cooperazione di questo tipo non è molto frequente anche a causa della crescente globalizzazione e
mercificazione dell’industria dei media per cui diventa sempre più difficile destinare fondi a
produzioni/attività pro-sociali che non generino immediati profitti economici.
Certamente, la ME – da sola – non può fermare o ribaltare queste macro-tendenze e tuttavia «ora più
che mai, i giovani hanno bisogno di sviluppare la capacità di capire e partecipare attivamente alla
cultura mediale che li circonda. La causa della ME non è mai stata così urgente come
oggi» (Buckingham, 2003, p.216, corsivo aggiunto) 3.
3
la citazione è tratta dall’edizione italiana Media Education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura
contemporanea, Erickson, Trento , 2006.
3
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La ricerca sociologica in prospettiva educativa
Ida Cortoni
Quel male infido che contagia i giovani. Molto più di un titolo di un articolo del Messaggero (del
05/07/2009), un’espressione-simbolo della rappresentazione mediale delle tecnologie digitali, che
negli ultimi anni serpeggia nell’opinione pubblica, suscitando ansietà, terrore e diffidenza nei
confronti dei mezzi di comunicazione.
Partendo dalla rassegna stampa delle principali testate italiane degli ultimi anni sul rapporto fra media
e minori4 , emerge come spesso le tecnologie assumano il ruolo di capri espiatori di supposte
condizioni disagianti di generazioni, responsabili di atti devianti e amplificatrici di comportamenti
emotivi eccessivi. La fruizione mediale è spesso raccontata come valvola di sfogo del sovraccarico
emozionale dei giovani di fronte ai molteplici input socioculturali esterni. Secondo la lettura di
Umberto Galimberti (2009), questa crescente tendenza altro non è che una reazione alla cosiddetta
“patologia dell’insufficienza”, ovvero quel senso di perenne inadeguatezza socioculturale, frutto di
insicurezza esistenziale, che trova nelle tecnologie un naturale spazio espressivo. Questo singolare
rapporto, tuttavia, è descritto nei titoli di giornale come perverso, eccessivamente negativo, tanto che
le tecnologie sono spesso messe al centro del mirino da critici, studiosi e giornalisti in quanto
responsabili delle piaghe socioculturali di generazione.
Per continuare la lettura dell’articolo del Messaggero (05/07/2009), spiccano espressioni come questa:
Lager virtuale del 2000, l’area sommersa in cui dilaga l’anima nera di una parte delle più giovani generazioni,
dilatata, come un’immensa macchia di petrolio, dal vuoto interiore nel quale galleggia.
E ancora:
Quel circuito internettiano, che sia You Tube o uno delle migliaia di Blog, incolpevoli amplificatori di momenti di
trasgressione collettiva che annebbiano la consapevolezza di tanti ragazzi (Il Messaggero, 07/08/2008).
È come se nel web si proiettassero “bravate di generazione”, misfatti devianti, violenze e violazioni
delle virtù individuali e di etiche apparentemente condivise, scollate da una solida struttura sociale e
culturale.
Ma i media possono realmente essere responsabili dell’indebolimento morale ed etico di una società,
nonché diventare ambienti e stimoli di depravazione generazionale?
Informazione stereotipata, quella descritta, narrazioni fortemente interpretative e cariche
emotivamente, stimolatrici di suggestioni, di letture della realtà attraverso filtri pregiudiziali.
Se spostiamo il focus d’attenzione sui giovani, quale ritratto di generazione emerge?
Anche in questo caso, gli articoli di alcuni quotidiani italiani offrono l’imbarazzo della scelta: Demoni
perduti, senza codice etico e morale, in cerca di esibizionismo (Repubblica, 15/11/2007) oppure, per
attenersi in modo più esplicito al comportamento mediale, Manipolatori di tecnologie, attraverso cui
amplificano, aumentano gli atti devianti (Il Messaggero, 09/02/2008).
I giovani sono spesso descritti come prodotti del degrado e dell’emarginazione sociale…figli del vizio,
della noia (Il Messaggero, 07/08/2008) che trovano nei media gli strumenti per evadere dalla realtà, i
4
La rassegna stampa è stata realizzata nell’ambito della ricerca Save the media dell’Osservatorio Mediamonitor
minori e delle attività previste nel Laboratorio di analisi dell’informazione e dei prodotti giornalistici (LM Editoria
multimediale a.a. 2009/2010). La rassegna ha preso in considerazione le principali testate giornalistiche italiane: Corriere
della Sera, Repubblica, Il Messaggero, Libero, Il Giornale, La Stampa a partire dal 2007 fino al 2010 per un totale di articoli
analizzati pari a 229.
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complici del proprio bisogno di appagamento e attribuzione di senso agli eventi della vita quotidiana.
Come si posizionano la scuola e la famiglia rispetto a questo quadro interpretativo?
Per continuare con un articolo sulla Repubblica del 15/11/2007: non c’è scopo, non c’è notizia, c’è il
web e tanto basta. “Una subcultura gerarchizzata con cui i giovani, che hanno le chiavi di accesso a
questo sapere (fare), si differenziano dal mondo adulto”. You tubo, dunque sono.
Un quadro sconcertante, quello configurato, che tuttavia rafforza l’esigenza di un confronto pubblico,
una riflessione scientifica più accurata, un lavoro di analisi cross mediale di rappresentazione delle
giovani generazioni, rispetto all’universo mediale. Solo così diventa possibile offrire input, tratti da
rilevazioni statistiche e risultati di ricerca sul campo, per costruire un dibattito socioculturale più
coerente ai comportamenti culturali giovanili e inerente ai cambiamenti della tardo modernità.
Questi articoli di giornale lasciano trapelare una dilagante latenza conoscitiva del mondo giovanile
rispetto all’universo mediale, facili e superficiali distorsioni interpretative di comportamenti culturali,
sempre estremizzati in senso negativo, compromettendo la costruzione della percezione dell’opinione
pubblica su questo fenomeno.
Così, se i media sono descritti quali responsabili di atti devianti e i giovani vengono raffigurati come
piccoli indemoniati di tecnologie, quali possono essere le conseguenze sociali e comportamentali dei
soggetti direttamente o indirettamente coinvolti? È possibile incrementare un atteggiamento
apocalittico nei confronti delle stesse tecnologie, per non parlare di un’immagine di infanzia
indemoniata e fragile che orienta da un lato comportamenti adulti reattivi, esagerati, di negazione,
rifiuto, censura e ammonizione di tutto quello che concerne il mondo digitale e dall’altro atteggiamenti
punitivi e di privazione nei confronti dei giovani con le tecnologie.
1. On Air. The European research on Media Education
Per i giovani, i media sono espressione dell’individualismo postmoderno, stimolano l’autoproduzione
e l’attivismo creativo accrescendo quel senso di emancipazione soggettiva, quale appagamento
istantaneo del vuoto ideologico circostante, anestetico al generale senso di sfiducia rispetto a una
società consumista, sentita ormai lontana. È attraverso i media che i giovani esprimono in modo
competente e indipendente la propria creatività e sfogano la loro eccedenza di emozioni. Non a caso,
alcuni studiosi parlano di nuovi digital content users: generazione eclettica e multimediale in grado di
costruire il proprio io dinamico fra reale e virtuale, esploratrice di mondi e atteggiamenti culturali.
Sullo sfondo permane tuttavia un desiderio tacito di inclusione, di riconoscimento generazionale, in
grado di ridurre quel senso di incertezza e di inadeguatezza che permane anche in una condizione di
eccesso di individualismo: la condivisione, la relazione o il confronto rappresentano strategie di
rafforzamento dell’io, di maturazione consapevole della propria autonomia (Morcellini, Mazza, 2008).
Ma a quale tipo di relazione latente stiamo facendo riferimento? Le nuove generazioni appagano
spesso il bisogno di condivisione negli spazi virtuali o reali del gruppo dei pari, con cui confrontare
esperienze e prospettive semantiche. Si tratta tuttavia di gruppi costruiti per uniformità interpretativa si
generazione della realtà. Quello che spesso manca nel processo di maturazione è l’opportunità di
dialogo con visioni, sistemi valoriali, esperienze di vita diverse, non solo perché appartenenti a
contesti geografici o spaziali plurimi, ma perché provenienti da universi simbolici e culturali
differenti: l’esempio più evidente è quello delle generazioni più adulte, nei diversi ruoli di genitore,
insegnante o semplicemente adulto. Intorno a questo tipo di relazioni ruotano questioni delicate, quali
la definizione della qualità dei contenuti fruiti nei media, l’intensità semantica dei rapporti sociali,
l’ibridazione delle esperienze nei diversi mondi esperienziali: quello concreto e quello virtuale.
Comportamenti culturali di nuova generazione, analisi dei meccanismi e delle strategie di incidenza
tecnologica sui processi di identificazione e distinzione culturale e focus sulle relazioni fra evoluzione
mediatica e processi di percezione e vissuto giovanili, hanno rappresentato per molto tempo l’habitus
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delle ricerche dell’Osservatorio Mediamonitor Minori della Facoltà di Scienze della Comunicazione
della Sapienza Università di Roma5.
La ricerca sul campo, la rilettura delle indagini secondarie, il confronto dialettico fra i dati,
territorialmente circoscritti, e quelli di respiro nazionale, nonché la continua comparazione con la
letteratura scientifica sul tema “giovani e media”, hanno rappresentato la strategia di azione del centro
di ricerca per leggere il cambiamento socioculturale, riflesso nel linguaggio e nelle mode
comportamentali delle giovani generazioni.
Nonostante la tradizione di ricerca, permangono tuttavia ampi margini di riflessione, di esplorazione e
scoperta dell’universo giovanile rispetto alla dinamicità mediale, che pone l’Osservatorio di fronte a
nuove sfide e quesiti, scelte metodologiche, dubbi amletici di interpretazione del dato e nuovi canali di
lettura del vissuto generazionale.
In che modo l’era della convergenza tecnologica incide sulla condizione giovanile? Qual è “la
postura”dei giovani e degli adulti di fronte alle molteplici opportunità di interazione offerte dai digital
media? Come si traducono attivismo, protagonismo e autonomia di orientamento di fronte alla tastiera
multimediale?
Ogni comportamento culturale cela un corpus valoriale, un sistema linguistico ed espressivo, che
riflette formae mentis, visioni e interpretazioni di realtà e del self: queste possono condizionare le
dinamiche relazionali e comunicative nei diversi contesti sociali. Così, attraverso un’attenta analisi
delle abitudini culturali intergenerazionali, abbiamo cercato di individuare indicatori di nuove frontiere
di socializzazione, i sintomi della “crisi” postmoderna, nonché i segni di gap culturali e mentali fra
giovani e adulti.
On Air, sviluppato nell’ambito del programma Comenius (2008-2010), ha esplorato e approfondito
alcuni topic tematici in 6 paesi europei: Italia, Belgio, Lituania, Romania, Polonia e Bulgaria partendo
dalla prospettiva sociologica. Nello specifico, le aree affrontate hanno riguardato:
1.
L’atteggiamento nomade e la trasversalità di utilizzo dei media da parte dei giovani e degli
adulti nel tempo libero;
2.
Le competenze tecnologiche fra abilità, conoscenze e atteggiamenti sociali;
3.
L’aspetto motivazionale ed emozionale relativo all’uso dei media che induce i soggetti a
instaurare un rapporto esclusivo.
Nel primo caso, il termine nomadismo (CENSIS, 2008) e la transnavigazione tecnologica raccontano
il grado di dinamismo dei giovani nelle scelte culturali, evidenziando polarizzazioni di stili di
consumo fra individualismo e cooperazione e inducendo alla scoperta di nuove forme di innovazione
culturale attraverso comportamenti inediti. La consapevolezza del rapporto con i diversi linguaggi
mediali, in termini di utilizzo, è funzionale alla riflessione sul grado di radicamento dei media nelle
abitudini culturali dei soggetti, in termini di intensità e motivazioni di utilizzo. Ne deriva una ulteriore
riflessione sulla capacità delle tecnologie di incidere sui meccanismi di percezione e rappresentazione
della realtà, sul sistema dei valori e di riferimenti socioculturali, tanto da rivoluzionare le dinamiche di
socializzazione e di interazione intra e intergenerazionale.
Le competenze tecnologiche rappresentano un focus tematico interessante in ambito sociologico ma
poco adeguatamente approfondito. Nelle Scienze Sociali affrontare questo argomento rispetto
all’universo tecnologico significa individuare tipi di competenza per ogni medium e per l’insieme dei
generi o dei format che li caratterizzano. Da qui la difficoltà di stabilire una definizione condivisa e
accettata univocamente, da cui ricavare una strutturazione più articolata del tema. L’indagine sulle
competenze mediali all’interno del progetto On Air si è focalizzata sulla percezione del grado di
autonomia dei soggetti nella gestione dei media e sulla loro capacità di autorientamento nel
management delle informazioni filtrate dalle tecnologie. Le abilità e le competenze acquisite, infatti,
5
Cfr.. www.discuniroma1.it/minori,
3
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inevitabilmente incidono sullo sviluppo dei processi di comprensione e di osservazione della realtà,
anche non mediale.
L’esplorazione delle motivazioni di utilizzo dei diversi media, infine, costituisce il terzo topic tematico
della ricerca e sottolinea il valore soggettivo attribuito al mezzo da parte degli studenti, nonché il
grado di incidenza tecnologico nella didattica nel caso degli insegnanti. Quest’ultima analisi, infatti, fa
riferimento alle priorità di utilizzo, al grado di importanza soggettivamente attribuito al medium,
nonché il riconoscimento del giovane nei processi di rappresentazione mediale, alla base
dell’apprendimento.
La ricerca si conclude con l’approfondimento di un filone di studio trasversale, strettamente orientato
sul legame affettivo che il soggetto, soprattutto se giovane, instaura con l’oggetto culturale; in tal
modo diventa possibile evidenziare la centralità di ruolo attribuito al consumo mediale in termini di
motivazione, interesse, coinvolgimento, partecipazione e gradimento, da cui costruire forme di
dipendenza o indipendenza mediale.
L’analisi di queste dimensioni non solo consente di ricostruire un quadro più realistico, sebbene
potenzialmente contradditorio, del rapporto fra giovani e media, ma diventa strategica per la
progettazione di percorsi formativi di Media Education, mirati e personalizzati, in cui la scelta del
linguaggio e degli stimoli d’apprendimento siano perfettamente rispondenti alle richieste o ai bisogni
formativi dello studente (cognitivi, affettivi e relazionali).
Per quanto riguarda il target giovanile della ricerca, l’analisi si è orientata su “l’età delle grandi
migrazioni”, quella “pre” adolescenziale (11-13) e quella della prima adolescenza (14-16).
Un’età critica per il giovane perché include diverse spinte socializzanti: quella dell’individualismo e
dell’emancipazione soggettiva, per cui il ragazzo si stacca progressivamente dai tradizionali ambienti
di socializzazione, quali la famiglia, principale riferimento formativo e di relazione, e inizia un
percorso di esplorazione di nuovi ambienti di socializzazione, come il gruppo dei pari e, dunque, in
modo più diretto e intenso i media.
Da un punto di vista cognitivo ed emotivo, a questa età si avvia un processo di rielaborazione della
propria identità personale e sociale, progressivamente si ridefiniscono in termini critici le realtà che
appartengono ai naturali percorsi di crescita, di azione e interazione propri dell’infanzia (De Pieri,
Tonolo, 1990). Diventa così importante analizzare “le migrazioni” dei livelli di competenza, anche
mediale, del ragazzo dalla semplice alfabetizzazione (saper leggere e scrivere con i media) all’analisi
critica e allo sviluppo della consapevolezza nell’uso delle tecnologie, potenziali strumenti per formare
un cittadino digitale ad hoc.
Secondo la prospettiva metodologica, per sviluppare una visione integrata del fenomeno indagato, la
riflessione critica non può prescindere dall’esperienza vissuta; così, per evitare di incappare in
considerazioni tautologiche, è stato utile partire dall’esperienza “tattile”, ovvero dall’indagine del
contesto reale attraverso interventi di natura quantitativa.
Una prima analisi del dato statistico ha permesso di ricostruire una mappatura degli stimoli culturali
dei soggetti campionati e ha rappresentato il primo passo per definire la condizione giovanile in un
preciso momento storico: quello tardomoderno. In ogni caso, per approfondire adeguatamente le
motivazioni spesso alla base delle scelte e degli orientamenti all’azione e l’incidenza del contesto
socioculturale nella relazione con la tecnologia, abbiamo deciso di integrare la rilevazione statistica
con indagini qualitative, ad esempio attraverso l’applicazione di focus group, che approfondiscono gli
specifici comportamenti, dal punto di vista semantico e simbolico, e riflettono sul contesto, entro cui
maturano stili di vita e atteggiamenti.
ARTICOLAZIONE DELLA RICERCA
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Project Number 142299–LLP–1–2008–1–IT–COMENIUS–CMP
1 FASE. ANALISI DELLA LETTERATURA DI RIFERIMENTO (DIC 2008 – FEB 2009)
l’indagine secondaria consente la ricostruzione dello scenario europeo dei paesi coinvolti nell’indagine dal punto di vista
dello sviluppo del sistema comunicativo e mediale e del sistema educativo. Questa fase è importante per l’analisi di contesto
comunicativo e socioculturale entro cui si svolge la ricerca
AZIONI
Creazione di un database bibliografico sull’uso dei nuovi media nell’educazione scolastica
STRUMENTI
Scheda di rilevazione per i documenti
RISULTATI
Database di pubblicazioni Media Education
2 FASE: ANALISI DEI FABBISOGNI (DIC2008 – MAR2009)
L’analisi dei fabbisogni rappresenta, da un punto di vista metodologico, un pre-testing degli strumenti di rilevazione, al fine
di migliorare e rendere più specifici gli interventi di ricerca nelle successive fasi.
AZIONI
1. coinvolgimento delle scuole
STRUMENTI
Lettera di partecipazione delle scuole
Form di presentazione delle scuole
Form di intervista per docenti
Form di intervista per insegnanti
Guidelinea
RISULTATI
Database di scuole (almeno 2 insegnanti per scuola) - Feb 2009
Report sui bisogni degli insegnanti nel campo della Media Education
3 FASE: SURVEY SUI COMPORTAMENTI CULTURALI DEGLI INSEGNANTI E DEI GIOVANI (MAR2009 – OTT2009)
La survey rappresenta la fase esplorativa quantitativa della ricerca orientata sull’analisi dei comportamenti culturali e mediali
degli studenti e degli insegnanti campionati
AZIONI
Survey su come studenti e insegnanti usano i media
STRUMENTI
RISULTATI
Form Questionario per insegnanti
Form Questionario per studenti
Form del report Nazionale
Reports sull’uso dei media da parte di insegnanti e studenti
4 FASE: ANALISI QUALITATIVA SULLA REALTÀ DEI GIOVANI E IL CONTESTO DI FRUIZIONE (OTT2009 – DIC2009)
L’analisi qualitativa, nel campo delle Scienze Sociali, indaga la cornice socioculturale e relazionale entro cui si costruiscono
e definiscono comportamenti culturali e scelte mediali.
AZIONI
Focus group per insegnanti e studenti
STRUMENTI
Traccia dei focus group
RESULTATI
Reports sul contesto socioculturale relativamente all’uso dei media
Dal punto di vista strutturale, l’analisi della letteratura scientifica è stata utile per il ripristino del
dibattito scientifico, letterario, giornalistico e giuridico internazionale (all’interno delle nazioni
coinvolte nel progetto europeo), in termini di Media Literacy e Media e minori. La ricostruzione della
cornice socioculturale è stato significativo per ridefinire il quadro delle interpretazioni, delle ricerche e
delle riflessioni critiche maturate rispetto a queste tematiche.
La ricerca esplorativa di On Air (survey) ha rappresentato la fase quantitativa dell’indagine; essa si è
avvalsa di due questionari semi-strutturati: uno per gli studenti e l’altro per gli insegnanti. Nel pretesting (need analysis), il feedback dei soggetti intervistati sui quesiti e le parole chiave, presenti nelle
domande, è stato funzionale per comprendere il loro grado di familiarità rispetto a alcuni media o
attività fruitive di fronte alla tastiera multimediale 6. Attraverso il questionario si è cercato di ricostruire
6
La somministrazione dei questionari si è avvalsa del coinvolgimento del ricercatore nelle sue diverse fasi, al fine di
spiegare il significato delle domande agli studenti e agli insegnanti coinvolti e di controllare la correttezza della
compilazione. I dati sono stati raccolti su una piattaforma on line predisposta per il progetto
(www.onair.medmediaeducation.it) in una specifica sezione dedicata, in cui sono stati depositati tutti gli strumenti di
rilevazione. Le informazioni sono state poi inserite automaticamente all’interno di un database (uno per ogni partner), pronto
per l’elaborazione dei risultati. La metodologia di rilevazione utilizzata è stata Computer Aided Personal Interview, che ha
facilitato l’elaborazione dei risultati.
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un quadro dei rapporti di fruizione mediale, l’analisi delle competenze e l’approfondimento del legame
emotivo e motivazionale con i media.
I focus group, nella struttura della ricerca, hanno rappresentato l’ultima fase del progetto di
orientamento qualitativo. Essi sono stati usati per ricostruire le motivazioni di utilizzo e le
caratteristiche relative al grado di consapevolezza critica sull’utilizzo dei mezzi di comunicazione.
Questa tecnica di ricerca ci ha consentito di indagare in modo più dettagliato le percezioni e le
rappresentazioni sociali dei media dei ragazzi, spesso condizionali dal percorso educativo e
relazionale, difficilmente rilevabili con il questionario, e connessi alla percezione soggettiva e alla
interpretazione della realtà da parte dei singoli protagonisti. La ricostruzione di contesti culturali e
sociali di fruizione mediale in un panorama europeo, infine, ha consentito di comprendere e
individuare indicatori di potenziali divide, rispetto ai comportamenti culturali.
2. Il campione 7
In questa sede descriviamo le procedure di campionamento che nel disegno della ricerca sono state
necessarie per lo svolgimento della survey. Il campionamento è definibile come un iter logicometodologico, attraverso il quale si estrae da una popolazione di riferimento, ovvero un insieme di
unità (che possono essere individui ma anche oggetti, città ecc.), un sottoinsieme di casi selezionati
sulla base di criteri ritenuti rilevanti nell’ambito dell’indagine e volti a rappresentare, seppur in
maniera ridotta, i caratteri originari dell’universo a cui fa riferimento.
Nel nostro caso ci si è avvalsi di un campione non probabilistico, dove cioè non è nota la probabilità
di selezione di ciascuna unità, e in particolare, in una logica di razionalizzazione ed economicità dei
tempi e delle risorse, a quello a scelta ragionata che:
individua e seleziona, includendo ed escludendo, strati, grappoli, aree e soggetti sulla base di valutazioni proprie del
ricercatore, il quale è vincolato in ogni caso a esplicitare in modo analitico criteri e procedure adottate al fine di
poterne valutare con criteri di trasparenza, e controllo anche ex post, tenuta logica e operativa anche in termini di
coerenza con l'impianto generale del disegno di ricerca formulato. (Cannavò, Frudà, 2007a, p.177)
Ricordiamo che i partner europei coinvolti al progetto sono stati sei: Italia, Belgio, Bulgaria, Lituania,
Polonia e Romania. A ciascun partner è stato richiesto di coinvolgere almeno quattro scuole: due
nell’area metropolitana e due nella provincia, a partire da una lista completa delle scuole presenti sul
territorio.
L’indagine campionaria ha coinvolto due target (gruppi di soggetti/intervistati) differenti:
 studenti di età compresa fra gli 11 e i 16 anni;
 insegnanti.
Un ulteriore criterio di selezione, allo scopo di rendere i dati comparabili, è stato segmentare i soggetti
coinvolti per sesso e per età, in modo da avere quote identiche per ciascun carattere. Questo, come
emerge dalle tabelle di seguito riportate, è stato un requisito non sempre rispettato, soprattutto per
quanto riguarda l’età degli intervistati.
Tab. 1 distribuzione del campione per sesso
Genere
V.A.
%
maschio
514
46,1
7
Scritto da Angelo Passero.
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femmina
581
52,1
non risposta
21
1,9
totale
1116
100,0
Lo scarto fra maschi e femmine è del 6% con una sovra-rappresentazione delle femmine, sui maschi. È
da notare, inoltre, che in fase di rilevazione dei dati non tutti i soggetti intervistati hanno risposto alle
domande inerenti al sesso e all’età non consentendo così una stima esatta del campione.
Tab. 2 distribuzione del campione per età
Età
V.A.
%
11-12
172
15,4
13-14
350
31,4
15-16
579
51,9
N.R.
15
15,0
totale
1116
100,0
Per quanto riguarda l’età la fascia che va dagli 11 ai 12 anni è sottorappresentata, mentre quella che va
dai 15 ai 16 anni è, di converso, sovrarappresentata. Solo la fascia centrale (13-14) presenta la
distribuzione richiesta dalle guide lines fornite ai partner.
Questi elementi di distorsione sono stati considerati nell’analisi e nell’interpretazione dei dati a livello
transnazionale. Per quanto riguarda la survey costruita ad hoc per gli insegnanti, il totale degli
intervistati è pari a 469 unità. La tabella 3 mostra la numerosità delle interviste per ciascun partner.
Tab. 3 insegnanti coinvolti per partner
partner
Nr. Insegnanti coinvolti
Italia
217
Belgio
50
Bulgaria
50
Lituania
51
Polonia
51
Romania
50
All’interno del campione così costruito, sono stati selezionati casualmente in ogni nazione,
sottocampioni per la realizzazione dei focus group, individuati all’interno delle scuole
precedentemente coinvolte nell’indagine quantitativa. Le caratteristiche discriminanti di selezione,
sono state prevalentemente quelle dell’età (11-13).
3. Sintesi dei risultati e questioni ancora aperte
Dai risultati dell’indagine è emerso come sia difficile costruire in modo omogeneo e lineare un ritratto
di generazione rispetto ai media. La complessità della tastiera multimediale e la flessibilità e la
dinamicità di approccio dei giovani rende difficile stabilire una relazione specifica fra medium,
giovani e stile di consumo. Non sembra esserci alcuna tecnologia predominante rispetto alle altre nella
dieta culturale e l’uso non sembra, in generale, nemmeno abitudinario ma sporadico e irregolare.
Un atteggiamento di indifferenza rispetto ai media sembra emergere nel giovane, il quale fa supporre
un’autonomia di orientamento e di scelta da parte del soggetto e, allo stesso tempo, una scarsa
incidenza di qualche mezzo tecnologico nel processo di costruzione dell’io del ragazzo. Un
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atteggiamento malinconico, affermerebbe Zygmunt Bauman (2009), di chi cerca qualcosa nel continuo
passaggio da un medium all’altro, ma non trova in alcuno un naturale approdo. Nessuna motivazione
forte o coinvolgimento emotivo sembra emergere nel rapporto con la tecnologia, tale da incollare un
kit di media agli input di identificazione di una generazione.
Analogo discorso sulle competenze: difficile disegnare profili standard e lineari di competenza
mediale, vista la complessità del media system e della diversità di approccio e conoscenza tecnologica
emersa per ogni tecnologia considerata. L’essere un fruitore critico di tv, non legittima
automaticamente lo stesso livello di criticità per la radio o il pc. Si più essere un ottimo scrittore di
video, ma un inconsapevole fruitore del web e un supertecnologico nel caso dei video game. Le
opportunità di costruzione dei profili sono dunque infinite.
Lo studio e l’analisi delle competenze, in termini di conoscenze e abilità, innescate dal linguaggio
tecnologico, sono certamente oggetto di studio delle neuroscienze o della psicologia, il contributo
della sociologia così può orientarsi sia sull’analisi delle esperienze comportamentali e culturali, le
quali possono fornire solo una visione parziale del fenomeno indagato, sia sull’autopercezione delle
competenze soggettive, le quali tuttavia non possono in ogni caso essere considerate oggettive e
verificabili empiricamente. Da qui, una prima questione aperta: è possibile attivare una
sistematizzazione delle competenze mediali dei giovani e degli adulti? Certamente si tratterebbe di un
processo più vicino agli interessi del ricercatore che non alle reali esigenze degli utenti, che hanno un
rapporto naturale con le tecnologie. Un lavoro di tal genere avrebbe certamente il vantaggio di
orientarsi verso un percorso di certificazione quantitativa delle conoscenze e delle esperienze mediali,
tuttavia permarrebbero perplessità, frutto della difficoltà di etichettare e circoscrivere tecnologie in
continuo cambiamento, e della difficoltà di rendere misurabile tutta una serie di variabili connesse
all’esperienza psicologica, emotiva e personale di ogni soggetto.
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L’ambientazione dei media tra tempo libero e vita
Daniela Cinque
I comportamenti culturali dei giovani italiani appaiono oggi caratterizzati dai concetti chiave di
multimedialità ed esploratività; secondo le rilevazioni ISTAT, dal 2000 al 2005 si assiste a un
ampliamento delle abitudini culturali dei giovani che fruiscono contemporaneamente di più media in
modo produttivo e creativo per soddisfare molteplici bisogni. Secondo le più recenti ricerche del
Censis (2009) le nuove generazioni entrano in contatto da subito con un gran numero di mezzi di
comunicazione: Internet ha visto un tasso di penetrazione alto, mentre la televisione, il cellulare e il
web, seguiti da radio e libri. Il fenomeno maggiormente visibile è l’aumento del numero dei media
utilizzati e, di conseguenza, la difficoltà di disegnare un confine netto tra i diversi media. Secondo il
Censis non è certamente più possibile parlare di “televisione”, ma bisogna specificare tra digitale
terrestre o satellitare, tv via etere o via Internet, e non è così chiaro, agli occhi di un giovane, se
YouTube possa considerarsi una forma di televisione oppure no. Stesso discorso per i quotidiani,
cartacei e on line, per la radio, diffusa in casa, in auto, via Internet, sul cellulare o attraverso il lettore
mp3. Come si comportano i giovani di fronte a un universo di tale portata? Non sembrano avere
difficoltà, si trovano a loro agio, trovando modalità di adattamento personalizzate all’ambiente
mediatico nel quale sono immersi fin dalla nascita. Ed ecco che i giovani si muovono trasversalmente
“saltando” con disinvoltura da un medium all’altro, secondo quella tendenza che, sempre il Censis
(2008; 2009), ha definito nomadismo giovanile, frutto dell’individualismo moderno.
Questa è la tendenza tracciata in linea generale, da cui emerge che gli stimoli mediali vengono dunque
personalizzati e il soggetto da consumatore si trasforma in produttore di simboli e conoscenze veicolati
dai media e ricontestualizzati nell’esperienza quotidiana. I media oggi sono molto più che semplici
ambienti di trasmissione della conoscenza: si configurano come spazi di scambio e di condivisione di
valori, idee e simboli che condizionano i processi di identificazione individuale e collettiva fino a porsi
quasi come ambienti semantici di socializzazione (Morcellini, Cortoni, 2007), entro cui i giovani da un
lato soddisfano il bisogno di individualizzazione, dall’altro ricostruiscono appartenenze simboliche e
linguistiche entro un quadro socioculturale ormai svuotato di punti di riferimento e di ancore valoriali
(Besozzi, 2006).
I comportamenti culturali dei giovani degli ultimi anni possono essere visti come una reazione
comportamentale e di stile di vita nei confronti degli eccessi dell’individualismo moderno, e si
ricercano esperienze collettive e condivise, in cui recuperare la dimensione della relazione, della
partecipazione diretta e del coinvolgimento attraverso l’esperienza (Morcellini, 2005; 2004).
1. I dati “On Air”
Possiamo parlare di una nuova generazione a tutti gli effetti multimediale? In che termini possiamo
descrivere il rapporto giovani-adulti-media? Siamo di fronte a un gap di generazione o ci avviamo
verso un allineamento di capacità abilità e competenze? Il consumo diventa sempre più
personalizzato? Vediamo come i dati emersi dalla ricerca On Air rispondono a tali quesiti, tendendo a
confermare o contrastare i più recenti dati delle ricerche nazionali e degli studi sopra citati.
Nei risultati emersi dunque durante la ricerca On Air, è possibile trovare alcuni tratti che accomunano i
diversi paesi nell’utilizzo dei vari media, seppur con le opportune distinzioni, dovute alla storia e al
tessuto culturale caratteristico di ciascun paese, come ad esempio, l’utilizzo diffuso della tv, spesso
nella sua forma broadcasting o via cavo, nonostante il progressivo sviluppo digitale e interattivo del
mezzo. E proprio “quali forme di tv utilizzi?” è la prima domanda sull’uso dei media posta al
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campione di docenti e studenti, per indagare il ruolo assunto dalle tecnologie nella quotidianità dei
soggetti, evidenziandone il peso attribuito.
Per quanto riguarda l’Italia, sebbene la tv tradizionale mantenga una buona posizione nelle abitudini
culturali dei giovani italiani, progressivamente tendono ad affermarsi nuove forme interattive e
multimediali di TV, più personalizzate e, in alcuni casi, protese al network e alla portabilità. In effetti
questa potrebbe essere, digital divide permettendo, la forma evolutiva più “naturale”, visto il processo
di rimediazione dei nuovi media sui vecchi inglobandoli, ampliandone le possibilità e le funzionalità,
trasformandone continuamente caratteristiche e modalità di espressione dei contenuti, in un processo
continuo di convergenza multimediale (Bolter, Grusin, 2002).
Le risposte riguardanti la tv satellitare dimostrano comportamenti e probabilmente competenze molto
diverse fra studenti e docenti: il doppio dei ragazzi intervistati utilizza regolarmente il satellite rispetto
ai docenti, sebbene l’indagine sia stata condotta prima del passaggio al digitale terrestre. In Belgio la
tv più guardata è sempre la broadcasting, nello specifico il 48,8% del campione dei docenti la guarda
regolarmente, il 20,9% in maniera irregolare e il 30,2% non ne fa uso; gli studenti però la guardano
più degli adulti regolarmente, mentre il consumo delle forme più avanzate del mezzo è ancora
sporadico (75,9%). Utilizzano anche la tv satellitare, ma saltuariamente (69,7%) e il digitale terrestre
(30,2% regolarmente, 59,4% irregolarmente). Non guardano invece molto spesso la mobile TV (85,8%
uso irregolare) e il 15,8% degli studenti non ha mai usato la Iptv. La tv via cavo è la più utilizzata dai
bulgari (sia adulti che giovani) e dai Lituani, mentre in Polonia la tv satellitare è in cima alla classifica
dei consumi, più della tv via cavo e della broadcasting tv.
Riassumendo, i più giovani sembrano in alcuni casi ancora sensibili alla forza attrattiva della
televisione tradizionale, in altri casi, invece, non sembra essere il consumo privilegiato.
La prima Tv è sempre accesa. La seconda è usata quando qualcuno vuole guardare un altro programma nello stesso
momento. (focus group Belgio)
Mi piace guardare Discovery channel. I miei programmi favoriti sono Deadliest Catch and Ultimate survivor.
Abitualmente guardo la TV fra le 20:00 - 22:00 h. (focus group Bulgaria)
La sera io guardo film, o, se non trovo qualcos’altro di interessante, guardo Discovery Channel su Sky. (focus
group Italia)
Mi piace guardare in tv alcuni programmi educativi, come Discovery, Travel channels (su animali, viaggi, differenti
terre, geografia). Guardo questi canali principalmente nei weekends, quando ho un po’ di tempo libero, quando
voglio rilassarmi per una o due ore (focus group Lituania)
Guardo la tv abitualmente quando voglio evadere dalla vita normale, dai miei problemi (focus group Lituania)
Penso che i giovani non guardano molto la tv – penso che a loro principalmente piacciono i computers e li usano
tutto il tempo. (focus group Polonia)
Non guardo del tutto la TV… mi siedo davanti al computer per tutto il tempo (focus group Polonia)
Non guardo la tv molto spesso. La guardo la sera quando sono a casa. Guardo Discovery Channel, uno show
televisivo chiamato Haunting. (focus group Romania)
Per quanto riguarda il consumo di radio, da parte di giovani e adulti non sono emerse differenze
sostanziali di consumo di carattere intergenerazionale, in quanto adulti e giovani usano con percentuali
simili la radio broadcasting e l’autoradio, anche le differenze geografiche paradossalmente si
annullano in quanto in tutti i paesi coinvolti nella ricerca il consumo è ancora tradizionale. In alcuni
casi, tuttavia, emerge un gap intergenerazionale poiché in Belgio il 78,9% degli studenti ascolta
occasionalmente la web radio rispetto al 35,3% degli adulti, mentre nel caso della mobile radio,
abbiamo il 63,3% degli studenti contro il 12,9% degli adulti.
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In Romania, i docenti ascoltano la radio più dei loro studenti: almeno il 50% di loro ascolta la radio
broadcasting e l’autoradio. È come se dai consumi non emergesse la convergenza tecnologia e
linguistica: anche i giovani usano poco quei media frutto dell’ibridazione di più media (web radio,
mobile radio, ma anche webtv, iptv, etc,)
La ascolto durante il mio tempo libero. Principalmente musica rock (focus group Bulgaria)
Preferisco ascoltare musica CD perchè qualche volta la radio non mi piace, così preferisco usare il mio Ipod. (focus
group Italia)
Ascolto la radio e trascorro il mio tempo durante il giorno a casa, in macchina, qualche volta al telefono quando
sono di cattivo umore (focus group Lituania)
Per quanto riguarda l’utilizzo di Internet, attraverso la semplice domanda “Usi Internet?”, nessun
dubbio sulla lettura del dato, corrispondente alle aspettative, poiché la quasi totalità dei docenti e degli
studenti intervistati, nei differenti paesi, dichiara di farne uso (le percentuali sia dei giovani che degli
adulti oscillano tutte tra 96% e 100%). La domanda di per sé è comunque poco significativa se non
incrociata con i consumi trasversali, digitali, quali webtv o web radio, perché la semplice
dichiarazione di utilizzo racchiude molteplici possibilità di fruizione, quelle meno interattive e quelle
maggiormente multimediali.
Internet mi aiuta a trovare la giusta musica da scaricare o a trovare utili informazioni. (focus group Italia)
Io uso su Internet Facebook, myspace, social networks principalmente 3 ore al giorno (focus group Lituania)
Uso Internet solo qualche volta … e quando lo uso, lo faccio per 5 ore 3 volte a settimana (focus group Polonia)
Internet è ora una parte della nostra vita. Se lo usiamo un po’ ogni giorno, è come metà del nostro tempo (focus
group Romania)
Internet è vitale per noi (focus group Romania)
Per quanto concerne l’utilizzo del pc, è quasi impressionante notare come le affermazioni dei ragazzi
di paesi diversi tra loro, per cultura e abitudini, siano compatte nel ribadire l’importanza che il pc
assume nella loro vita quotidiana (c’è chi lo paragona, estremizzando, ad una droga poiché genera
dipendenza continua e chi lo ritiene indispensabile, ad ogni modo molto importante) e, di contro, come
l’atteggiamento dei genitori non sia sempre edificante, più proteso al divieto che alla fruizione critica.
Anche in questo caso emerge ancora uno stereotipo, descritto da tanta letteratura scientifica, che
descrive il mondo adulto come estraneo a tutto ciò che significa cambiamento, innovazione, progresso
o che mette in discussione il proprio universo culturale e conoscitivo:
I miei genitori mi dicono che uso troppo il pc. Io non penso questo. (focus group Belgio)
Pc è come una droga, perchè se cominci ad usarlo, non vorresti fermarti mai, lo usi sempre
Durante il giorno, preferisco incontrare i miei amici o ancora trascorrere il mio tempo davanti al computer (focus
group Polonia)
Non posso immaginare la mia vita senza pc. Quando torno a casa, faccio i miei compiti usando l’aiuto del pc e
ascoltando la mia musica favorita allo stesso tempo. Trascorro il mio tempo libero video giocando, usando Internet.
È pericoloso perdere lavori per la mancanza di elettricità, così dobbiamo salvare spesso i nostri files (focus group
Lituania)
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Volendo dunque individuare dei media caratterizzanti il consumo culturale di ciascun paese, possiamo
concludere che il Belgio è caratterizzato prevalentemente da un utilizzo predominante della televisione
broadcasting da parte degli studenti, e dell’autoradio e della radio broadcasting da parte degli adulti,
anche se i valori percentuali non sono eccessivamente elevati. In Bulgaria predomina la tv via cavo,
sia tra gli adulti che tra i ragazzi; in Italia abbiamo il primato della tv broadcasting per entrambi i
target considerati; la Lituania vede la radio e la tv via cavo predominare rispettivamente per docenti e
studenti. In Polonia il pubblico adulto si differenzia da quello giovanile per un maggio utilizzo della
radio (soprattutto autoradio) rispetto alla tv via cavo, molto seguita dai giovani. In Romania, infine,
abbiamo il primato della tv via cavo, sia tra i giovani che tra gli adulti.
2. Note conclusive
Al di là delle differenze culturali e valoriali, la sfida dell’educazione moderna sarà tentare di sanare
alcune forme di “gap”, che, pur non emergendo in maniera sensibile nei risultati della ricerca On Air,
continuano a essere presenti e necessitano di un intervento attivo, che tenda a ridurli, puntando
sull’aggiornamento continuo e permanente, e sulla valorizzazione delle competenze mediali.
Distinguiamo in particolare quattro tipologie di gap:
1. Gap di fruizione
Colmare un gap di fruizione significa accostare modalità e strategie di utilizzo differenti di un
medium, le quali trasformano il modo di intendere il medium stesso, nonché la percezione, nell’adulto,
dell’uso che le giovani generazioni fanno di vecchi e nuovi media. Colmare un gap di fruizione, dal
punto di vista particolare del docente e del genitore, vuol dire dotarsi di una rinnovata sensibilità, “rimediando” un proprio spazio all’interno dei nuovi circuiti relazionali.
2. Gap intergenerazionale
Con questa espressione si fa riferimento a un livello “epidermico” di gap: si tratta di una distanza che
viaggia in superficie, da approfondire in termini di alfabetizzazione mediale. Ad un livello più
profondo, questo gap è inteso in termini di competenza mediale8, concetto che non richiama la sola
capacità di utilizzare un medium, bensì la consapevolezza dei meccanismi che si celano dietro la
costruzione di un messaggio e l’assunzione di un atteggiamento critico nei confronti di vecchi e nuovi
media. Essere competenti, secondo questa prospettiva significa focalizzare l’attenzione almeno su tre
aspetti: fruizione consapevole, produzione di nuovi contenuti, modificazione dei rapporti
interpersonali, che concorrono all’attuazione dell’obiettivo di cittadinanza nella società della
conoscenza. Si assiste così alla ideazione di autonomi spazi di comunicazione e di scambio, in
riferimento soprattutto ai media digitali, nei confronti dei quali è necessario lo sviluppo di abilità e
competenze, così come ribadito anche in vista della realizzazione delle strategie di Lisbona9.
3. Gap socioculturale
Questa tipologia di gap investe il rapporto scuola-cambiamenti moderni: è urgente credere nella
riappropriazione del ruolo di mediazione della scuola, rimuovere i pregiudizi nei confronti del
moderno, promuovere e sostenere l’aggiornamento continuo di docenti e genitori.
4. Gap di “attivismo”
Si tratta probabilmente di uno dei gap destinati, senza interventi appropriati, ad allargarsi sempre più,
vista, da una parte, la naturale propensione alla produzione e alla sperimentazione attiva che
caratterizza le giovani generazioni, dall’altra le resistenze culturali degli adulti.
8
Calvani (2004) collega il concetto di competenza mediale alla possibilità di stabilire nuove relazioni, integrazioni e
simbiosi con i media e all’acquisizione da parte dei bambini di padronanza nei confronti delle nuove tecnologie.
9
Cfr. Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per l’apprendimento
permanente, 2006/962/CE (http://www.indire.it/db/docsrv//PDF/raccomandazione_europea.pdf ).
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A questo punto si pongono degli interrogativi di fronte ai quali è necessario tentare di fornire risposte:
a che punto siamo in termini di riduzione dei suddetti gap? Quali strategie attivare al fine di colmare
tali distanze? Chi sarà in grado di trasferire competenze mediali? Quale sarà il ruolo del docente/
genitore/educatore al tempo moderno?
Buona parte della pubblica opinione ritiene che i media siano auto-alfabetizzanti, perché il bambino
moderno, nativo digitale, familiarizza fin dalla nascita con i media (anche) digitali. Certamente la
naturale propensione dei giovani digitali è dettata dai tempi moderni, ma restano tutt’altro che
automatici i meccanismi di comprensione critica circa l’uso e la fruizione dei loro contenuti, così come
l’assorbimento delle potenzialità, la presa d’atto dei rischi e l’assunzione di responsabilità riferite al
mezzo che si utilizza. Tutto questo è, oggi come ieri, a carico delle agenzie di mediazione quali, prime
fra tutte la famiglia e la scuola. La competenza mediale va costruita nel soggetto, è una conquista.
Nello specifico, riprendendo l’interpretazione di Felini (2004), possiamo intendere per competenza
mediale, l’insieme di tre diverse competenze tra loro interconnesse e necessarie allo stesso modo:
1. Comprensione: l’aspetto cognitivo risulta centrale e si concepisce come capacità di comprensione
degli obiettivi. L’utente impara pertanto a comprendere il messaggio mediale sviluppando senso
critico e adottando una molteplicità di punti di vista (dall’analisi linguistica, alla comprensione
delle logiche sottese alla produzione e distribuzione di un contenuto). Dal punto di vista
metodologico, la competenza mediale si riferisce all’analisi del testo inteso secondo la prospettiva
la semiotica (tutto è testo).
2. Fruizione: è la seconda componente della competenza mediale, che comprende l’esplorazione di
un ulteriore campo del lavoro educativo: la fruizione intesa non solo in termini di quantità ma
anche di senso critico e di tipologia di consumo. Nell’ambito di questa componente la metodologia
è l’analisi del consumo e lo studio delle diete mediali individuali.
3. Produzione: si tratta di un processo fortemente motivante, il passo successivo alla fruizione attiva
e consapevole. La creazione dei contenuti, delle idee chiama in causa direttamente l’individuo, che
diviene attore dei processi mediali. Le forme di espressione e la formazione del soggetto passano
anche attraverso l’autoproduzione.
Un’altra definizione di competenza mediale, altrettanto nota, è ispirata da Guy Le Boterf (1994, pp.
16-18), secondo cui la competenza non è uno stato ma un processo e risiede nella mobilitazione delle
risorse dell’individuo, e non nelle risorse stesse; essa si configura quindi come un saper agire in una
determinata situazione, all’interno di un determinato contesto, allo scopo di conseguire una
performance, sulla quale altri soggetti dovranno esprimere un giudizio.
Il docente e il genitore moderno devono assumersi una rinnovata responsabilità nei confronti dei
giovani maturando sempre più competenze digitali e trasversali. La scuola, la famiglia, il mondo
adulto più in generale, dovranno abbandonare definitivamente genericità, pregiudizi e luoghi comuni
sull’uso dei media da parte dei giovani e sull’introduzione dei media stessi all’interno della didattica,
che spesso sono un “alibi per chi, genitore o insegnante, implicitamente abdica al proprio ruolo
educativo e rinuncia di fatto ad allinearsi ai problemi posti dalla condizione giovanile” 10.
10
Cfr. M. Morcellini, “Media e minori: luoghi (non) comuni”, in In-Formazione, Socializzazione di corsa, n.1, 2006,
p. 10.
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Competenze e consumi culturali.
Ritratti di generazione
Ida Cortoni
Giovane età, alla quale si accompagna una fase più matura che non va comunque oltre i 54 anni, un titolo di studio
pari alla laurea o al diploma, una condizione occupazionale stabile o identificabile con quella studentesca, una zona
di residenza geografica collocata al centro-nord (Bentivegna, 2009, p.62).
Questo è il ritratto dell’internauta, colui che frequenta la Rete in modo assiduo. Di contro, i
disconnessi o non connessi alla Rete sono prevalentemente anziani, “con un basso titolo di studio, una
condizione di estraneità al mercato del lavoro declinata ora nei termini di casalinga ora di pensionato,
una residenza geografica concentrata per lo più al sud o nelle isole” (Bentivegna, 2009: p.62), la terza
e ultima categoria di fruitori della Rete sono gli intermittenti che hanno un rapporto non continuativo e
costante con il web.
Frammenti di profili culturali e mediali, quelli presentati, che introducono tendenze estremizzate di
comportamento generazionale.
La nostra generazione è una generazione di tecnologie informatiche: “noi” siamo nati con i media, mentre per gli
adulti rappresentano qualcosa di nuovo, che qualcuno di loro non imparerà mai a usare. (studente Bulgaro).
Giovani e adulti sono cresciuti differentemente e provengono da generazioni diverse. Hanno interessi diversi.
Quando gli adulti di oggi erano bambini, non c’erano le tecnologie moderne. Questo è il motivo per cui la gioventù
contemporanea è più avanzata nell’uso delle tecnologie (studente Bulgaro)
Alla base dei divari si pongono differenze di stile, di atteggiamenti e di interessi, tuttavia difficili da
colmare perché connessi ai cambiamenti evolutivi del soggetto e alla rapida trasformazione
socioculturale che condiziona gli stili di consumo.
Anche le nostre nuove generazioni nasceranno con tecnologie più avanzate delle nostre… cioè noi oggi siamo il
futuro, però forse tra cinquant'anni non lo saremo (studente Italiano)
Le differenze nel modo di pensare e nel grado di utilizzo delle tecnologie da parte di giovani e adulti spnp
completamente giustificabili. Intere generazioni si stanno separando: noi dai nostri genitori, nonne e nonni. Essi
considerano le nuove tecnologie come qualcosa decisamente di poco utile per loro. Noi, i giovani, consideriamo le
tecnologie in modo differente. Prendiamo le tecnologie come qualcosa di inseparabile dalle nostre vite. Penso che
oggi ognuno ha bisogno del pc e dell’accesso a Internet. Onestamente non posso immaginare cosa farei se loro non
esistessero. Un divario digitale è realmente qui. Penso che possiamo colmarlo se gli adulti cominciassero a prestare
più attenzione alle nuove tecnologie, mentre noi dall’altra parte cominciassimo a spendere meno tempo sui nostri
computer e più tempo con i nostri libri (studente Bulgaro)
Giovani e adulti appartengono a universi culturali, educativi ed esperienziali fisiologicamente diversi,
tanto da acutizzare distanze espressive, culturali e comportamentali. Questa diversità, secondo una
prospettiva antropologica, rappresenta una condizione di normalità nella società contemporanea, nella
misura in cui è connessa al naturale evolversi del tempo moderno, di cui i consumi culturali sono il
conseguente riflesso e in alcuni casi il motore propulsivo per le conseguenti trasformazioni.
D’altra parte, è pur vero che, secondo una prospettiva sociologica, queste distanze sono alla base della
cosiddetta “crisi educativa” (Morcellini, Cortoni, 2007) nel rapporto con i figli in famiglia o con gli
studenti a scuola, una crisi fra giovani e adulti che certamente non emerge per la prima volta nell’era
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postmoderna, tuttavia si è fortemente acutizzata con l’avanzamento tecnologico. Da sempre, i giovani
misconoscono i valori e i modelli comportamentali delle generazioni precedenti e rifiutano le modalità
espressive e comunicative del mondo adulto, compromettendo irrimediabilmente il processo
trasmissivo della conoscenza. La tecnologia, poi, aumenta in modo sproporzionato questa diaspora
intergenerazionale, accelerando i processi di individualizzazione e autonomia espressiva dei giovani,
spesso proiettati troppo avanti rispetto alle capacità di adeguamento e aggiornamento degli adulti: da
qui, il rischio di un deficit di socializzazione (Informazione, 1, 2006).
In generale, gli adulti difficilmente stabiliscono legami particolarmente affettivi con qualche
tecnologia, né percepiscono le potenzialità dei loro linguaggi nei processi interattivi e comunicativi;
contrariamente considerano i media fattori negativi, nella misura in cui indeboliscono l’attenzione,
riducono le capacità di percezione e memorizzazione, creano difficoltà nel linguaggio e impoveriscono
il lessico, confondendo le modalità espressivo-comunicative.
Così, una evidente differenza fra giovani e adulti è connessa al modo e alle motivazioni di approccio ai
media: ludica, coinvolgente, fortemente creativa e auto espressiva nel primo caso, prevalentemente
funzionale al ruolo professionale nel secondo.
Gli adulti usano i media in modo differente e per differenti ragioni – TV per le news, ad esempio nel caso dei miei
genitori. Mio padre poi lavora sul PC - è un architetto, così il suo uso di questo medium è diverso dal mio – non
l’ho mai visto giocare con un gioco o scaricare musica, video, mentre io faccio questo spesso. Mia madre d’altro
canto paga le bollette in Internet e chatta con gli amici. Io guardo lo sport in TV, mentre mia madre guarda film e
soap opera (studente Polacco)
Non a caso, i giovani scelgono autonomamente di avvicinarsi alle tecnologie per interesse,
coinvolgimento e bisogno affettivo, mentre gli adulti sono spesso indotti dal contesto professionale,
per un aggiornamento delle mansioni lavorative. Così, nel primo caso il rapporto è più attivo,
propositivo, spontaneo, naturale e libero, nel secondo invece questo è certamente indotto, meno
coinvolgente dal punto di vista emotivo e subordinato al ruolo sociale strutturale.
Il quadro appena configurato delinea un punto di vista interpretativo certamente apocalittico, tipico di
chi sente e parla di media ma non li pratica quotidianamente in modo critico, tanto da non
comprendere l’incidenza del quadro socioculturale nel tipo di utilizzo e, dunque, nella valenza
tecnologica. Questa interpretazione è contrapposta a chi vede nei media sistemi di potenziamento
delle abilità cognitive, di sviluppo delle capacità sensoriali e di ragionamento più reticolari e
immediate e di incremento delle abilità percettive e sensitive complesse (De Kerkhove, 2009),
certamente in linea con i tempi della network society (Castells, 2003).
Se i media per un verso rappresentano uno dei fattori che incrementano la separazione e
l’allontanamento degli adulti dai giovani, acutizzando la condizione critica della socializzazione, in
un’altra ipotesi potrebbero diventare il collante fra le due generazioni, poiché contribuirebbero a
stabilire forme di relazioni linguistiche e scambi contenutistici e culturali, al fine di allineare, o
semplicemente avvicinare, mondi valoriali e universi di riferimento oggi di fatto distanti.
La stessa abilità comunicativa, da divide, potrebbe diventare un input di
ricongiungimento
intergenerazionale, nella misura in cui diventa uno strumento di dialogo e scambio (Morcellini,
Cortoni, 2007). Così, i più piccoli possono trasformarsi in “ migliori insegnanti di tecnologie” per i
loro genitori come spesso già accade (“vabbè, per esempio io insegno certe volte a mia madre ogni
tanto. Quando mi dice mah? Cosa è successo al computer, cosa devo fare in questo momento? Io certe
volte glielo dico” (studente Italiano), mentre gli adulti diventano migliori insegnanti di “vita”.
Gli adulti considereranno sempre il pc una perdita di tempo e un ostacolo allo sviluppo del pensiero. Penso che mi
ci vorrà meno fatica provando a ridurre questo gap, se cominciassimo a insegnare ai nostri genitori l’uso delle
tecnologie del nostro tempo. Un giorno comprenderanno che non possiamo vivere senza le tecnologie e presto o
tardi cominceremo a comunicare con lo stesso linguaggio (studente Bulgaro)
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Ma quali sono i fattori discriminanti e spesso generatori di disuguaglianze sociali e culturali?
L’accesso tecnologico è certamente l’aspetto più evidente; il possesso e la disponibilità di utilizzo di
un bene tecnologico, così come lo stato di aggiornamento e di avanguardia degli strumenti mediali,
infatti, incidono sulla frequenza e l’intensità di utilizzo e, dunque, sul processo di appropriazione del
medium, un aspetto che si pone alla base anche della sua familiarità di utilizzo e dell’acquisizione di
una serie di competenze informatiche soggettive, non solo operative (Bentivegna, 2009). Così, chi
possiede o dispone di adeguate e aggiornate infrastrutture e strutture hardware e software, è agevolato
nel costruire un rapporto con l’interfaccia del pc e con le opportunità della Rete più eclettico e
flessibile, rispetto a chi non possiede nemmeno condizioni economiche sufficienti per allinearsi con il
grado di sviluppo e di avanguardia tecnologica socialmente diffuso (disuguaglianze di accesso). Più
opportunità di interazione e più disponibilità tecnologica rappresentano due stimolatori sociali
fondamentali per incrementare le competenze digitali dei soggetti e favorire l’appropriazione della
tecnologia o il suo processo di domesticazione fra le abitudini culturali e sociali.
Anche la dimensione culturale, connessa alla capacità soggettiva di progettare e realizzare prodotti
attraverso le tecnologie, rappresenta un aspetto altrettanto rilevante, sviluppando competenze critiche e
mettendo in gioco la creatività e l’attivismo soggettivo, nonché la capacità di ricontestualizzazione di
alcune funzioni tecnologiche in specifici contesti lavorativi o formativi.
A riguardo, è interessante analizzare la cornice socioculturale dei sei paesi coinvolti nel progetto in
termini di opportunità infrastrutturali, di diffusione di tecnologie digitali, specificando la distribuzione
e la diffusione sociale anche nel contesto scolastico; è importante analizzare le politiche governative
che incentivino la diffusione dei media e il loro grado di radicamento nelle abitudini quotidiane dei
soggetti, soprattutto se giovani. Solo in tal modo diventa possibile riflettere sulla priorità mediale dei
singoli paesi, sul diverso ruolo delle tecnologie fra le abitudini culturali dei giovani e degli adulti.
1. Giovani eletti digitali?
Cosa significa esattamente competenza? Come definirla e riconoscerla in modo chiaro nella tastiera
multimediale in continuo mutamento? Quali indicatori comportamentali? Basta essere lettore e
scrittore tacito di tecnologie per guadagnare l’etichetta di consumatore competente mediale11? Come i
giovani sviluppano consapevolezza fruitiva, capacità di ricontestualizzazione culturale dei media e
abilità di analisi critica dei loro messaggi?
Queste sono solo alcune delle principali domande che hanno ispirato il progetto europeo, in cui
l’attenzione è stata focalizzata prevalentemente sull’autopercezione delle competenze mediali, da parte
di adulti ma anche di giovani, analizzando il legame con l’esperienza fruitiva più o meno quotidiana,
l’incidenza delle politiche e delle infrastrutture sociali nei diversi paesi europei, nonché le condizioni
realistiche del sistema di istruzione locale.
Comprendere le ragioni di utilizzo dei diversi mezzi, gli eventuali rapporti di dipendenza, da cui si
costruiscono spesso relazioni cognitive, valoriali e interpretative della realtà, è stato indispensabile per
orientare l’attività di progettazione formativa, intervenendo esattamente nel punto in cui è emersa la
latenza conoscitiva o pragmatica dei giovani.
Il progetto certamente ha contribuito a costruire ritratti di generazione, profili comportamentali di
fruizione e competenze mediali, che tuttavia hanno lasciato intravedere un quadro generazionale
difficilmente generalizzabile, controllabile e gestibile. Il grado di lettura e di scrittura, di fruizione
consapevole o di analisi critica dei media sono troppo legati a percorsi culturali individuali, al tipo di
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Per ulteriori approfondimento sulla competenza mediale in prospettiva media educativa e sui livelli di competenza
Cfr. Felini D., Ceretti, Giannatelli R., 2005.
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scuola frequentata e agli insegnanti incontrati, al modello di genitore, nonché alle possibilità
economiche e sociali per avere gli strumenti minimi ed essere al passo con i tempi.
I dati emersi nella survey di On Air in parte sembrano coerenti con quella letteratura scientifica che
racconta una predisposizione genetica dei giovani a costruire un rapporto fidelistico con i media, quasi
in modo istintivo, mentalmente elettivo e logicamente affine. Questa dote “digitale” quasi innata è
certamente frutto del processo di immersione nell’era della convergenza tecnologica e linguistica,
quasi fosse una caratteristica di generazione (Buckingham, 2008).
Tuttavia è emerso con altrettanta convinzione quanto questo tipo di competenza sia prevalentemente
tacita, autogestita dal soggetto, focalizzata sullo sviluppo di alcune abilità di fruizione. In questo
quadro, l’aspetto latente concerne, invece, la conoscenza della comunicazione e del sistema mediale,
da cui sviluppare la dimensione critica e una fruizione consapevole. Anche in questo caso, lo
sbilanciamento sulle abilità comunicative, o mediali, e la scarsa cura sui processi di interiorizzazione e
memorizzazione di conoscenze, legate all’universo comunicativo, determina lo sviluppo di una
competenza distorta.
Di seguito, ulteriori interrogativi: come valorizzare la mediazione culturale alla base dei processi
cognitivi? Quali strumenti e strategie di ricerca attivare nel campo sociologico per ripristinare la
conoscenza formale della competenza, in parte imputabile alla scuola e alla famiglia? E ancora, se
esiste una rapporto privilegiato fra sviluppo cognitivo e linguaggio mediale da cui attivare percorsi di
formazione ad hoc, come riconoscere e analizzare questa relazione?
Se le Scienze Sociali non possono fornire risposte precise in un ambito che evidentemente è
neurologico e psicologico, certamente possono aiutare la ricerca attraverso l’analisi dei comportamenti
sociali, da cui individuare indicatori empirici connessi all’acquisizione di competenze mediali
specifiche. Da qui emerge l’esigenza di svolgere un esercizio di sistematizzazione, destrutturazione e
analisi della competenza nelle sue diverse sfaccettature, che si traduca in indicatori comportamentali
rispetto alle diverse tecnologie della comunicazione. Ma, è giusto attivare un processo di certificazione
delle competenze mediali? Questo probabilmente è più uno strumento dei ricercatori, degli studiosi o
degli adulti, per capire i giovani, che non un mezzo realmente utile per le nuove generazioni, le quali
instaurano un rapporto naturale con le tecnologie, difficile da cogliere e incasellare attraverso etichette.
Da un lato sappiamo che la certificazione può essere utile in una prospettiva educativa per costruire
sistemi, strumenti di valutazione di processi cognitivi, al fine di comprendere anche la valenza delle
tecnologie come strumenti di potenziamento dell’apprendimento, della conoscenza e del sapere.
Dall’altro tuttavia sappiamo anche che la matrice non può essere esaustiva, perché connessa al
costante e continuo mutamento delle stesse tecnologie e alla capacità del soggetto, per lo meno in
potenza, di esprimere il proprio grado di autonomia o integrazione sociale e culturale. Da qui, la
difficoltà di immaginare e costruire un sistema di certificazione delle competenze sociologicamente
quantificabile.
2. Oltre la cittadinanza estetica …
Nella consapevolezza della non rappresentatività del campione considerato rispetto all’intera
popolazione dei giovani e degli adulti delle sei nazioni coinvolte nel progetto europeo, la cluster
analysis12 ha consentito di individuare e selezionare alcune tendenze fruitive e specifiche abilità di
utilizzo delle tecnologie che hanno orientato il campione su diversi ambiti mediali.
Da qui, 4 profili comportamentali degli studenti coinvolti nell’indagine.
12
la cluster analisi è una procedura di analisi statistica che interviene sulle variabili della matrice, attivando una
selezione di quelle più significativamente correlate fra loro, e sui casi, individuando le diverse polarizzazioni rispetto agli
input offerti.
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•Gli strategici multimediali (37,54%);
•I monomediali ma relazionali istantanei (24,82%);
•Gli internauti partecipativi non digitali (25,09%);
•Creativi e selettivi non digitali (12,54%).
Preadolescenti strategici multimediali (37,54%) sono prevalentemente giovani Italiani e Belgi, delle
scuole medie con competenze strategiche multimediali elevate rispetto ai diversi media. La
competenza digitale in questo quadro sembra fisiologica e le tecnologie maggiormente rappresentative
di questo cluster sono Internet e il mobile.
I giovani di questo cluster usano con elevata competenza MSN e Skype, navigano con disinvoltura nei
social network e scaricano musica, film, foto. Le competenze sono prevalentemente relazionali o
comunicative, seguite tuttavia da quelle che enfatizzano attivismo e protagonismo, come ad esempio
uploading e sharing files, nonché navigazioni mirate e ragionate, come ad esempio surfare e ricercare.
Stiamo parlando di giovani trans e cross mediali, soprattutto italiani rispetto al mobile, usato come
una piattaforma per giocare con elevata abilità, per inviare immagini e musiche, oltre che per ascoltare
musica e scambiare sms.
Il grado di competenza, tuttavia, si ridimensiona quando l’attenzione si focalizza sul pc e la
videocamera, utilizzata spesso in modo amatoriale per conoscenza tacita, senza tuttavia prestare
sufficiente attenzione al posizionamento delle luci, dell’audio e delle immagini alla base della qualità
di utilizzo del medium. Certamente è possibile attribuire a questi giovani l’etichetta di nichilisti
digitali (CENSIS 2008), teens nomadi che usano trasversalmente diversi media digitali, anche se in
modo irregolare: una in-dipendenza fruitiva e anche emotiva?
Forse espressione di un atteggiamento malinconico, per parafrasare Zygmunt Bauman (2009), ovvero
di una condizione di transitorietà perenne e di instabilità nei mondi tecnologici: i giovani approdano da
un sito all’altro in modo temporaneo e fugace, comunque poco significativo per costruire la propria
identità.
Permane in ogni caso un gruppo di ragazzi, prevalentemente Italiani (24,82%), che sono ancora
monomediali ma comunque relazionali istantanei. Questi dichiarano di non usare molti media,
siano essi tradizionali o digitali, tanto da non poter essere considerati multitasking. Siamo di fronte a
un secondo ritratto di generazione che considera la broadcasting tv l’unica forma di fruizione regolare.
Hanno competenze basse su attività che richiedono riflessione critica e consapevolezza fruitiva o
attivismo, quali ad esempio creare blog o pagine web, ma anche web sharing, produrre video con una
buona qualità della traccia audio e l’uso di luci artificiali.
Le uniche forme di competenze elevate per questi ragazzi sono di comunicazione istantanea (quali
spedire sms/mms, MSN e i social network), oppure riguardano attività strategiche quali up e
downloading, produrre video/photo, ascoltare mp3 su altri dispositivi mediali come il cellulare.
I teens di questo cluster vivono nel limbo, sospesi fra conoscenza e ignoranza. Se da un lato
l’ingenuità di fruizione è ciò che li caratterizza, soprattutto per la mancanza di esperienze pregresse di
presunta navigazione virtuale, dall’altro, sviluppano altresì un atteggiamento poco critico e
consapevole rispetto ai media, che limita la maturazione di competenze soggettive mediali rispetto alla
tastiera e, quindi, un uso non completamente attivo e critico del mezzo.
In generale in entrambe i casi, possiamo parlare di piccoli fruitori mediali, tuttavia poco consapevoli di
rischi e opportunità tecnologiche e spesso contaminati dalla percezione dell’adulto.
Mia madre ha detto:« non voglio che guardi questo, è troppo stupido! Diventerai un idiota a causa di questo! ».
(studente Belga)
Il grado di coscienza deriva dalla microesperienza fruitiva o dal condizionamento prospettico adulto,
comunque sempre poco tecnologizzato rispetto agli stessi giovani. Di fronte a questo tipo di ragazzi,
siano essi strategici multimediali o relazionali istantanei, che cosa temono gli adulti?
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Isolamento, dipendenza mediale, rischi di violazione di privacy e la paura di pedofili sono le principali
risposte, illustrate tuttavia dagli stessi studenti intervistati:
Proprio l'altro giorno mi sono arrivati dei contatti nuovi che io non conoscevo su MSN, e ogni volta i miei genitori
mi dicono di non accettarli, perché ci possono essere pedofili che poi ti vengono a cercare come è successo al
tg(studente italiano)
Altri tipi di rischi con Internet sono i social network come Facebook, che possono entrare nel tuo account persone
che non conosci, ti rubano la password, scoprono la tua password attraverso vari tentativi e possono scrivere delle
cose brutte sul tuo account (studente italiano)
Da qui, azioni preventive di demonizzazione adulta e controllo nell’uso mediale, sebbene evidenti
siano per i ragazzi le incoerenze comportamentali dei loro genitori: vietano i media, mentre loro li
usano senza limiti.
A ciò è possibile aggiungere la consapevolezza delle possibili emulazioni comportamentali o
contaminazioni percettive della realtà, da cui derivano forme e situazioni di dipendenza mediale.
È come se ne vuoi sempre ancora, è come se vuoi un gelato però..lo vuoi sempre, è tipo una droga, come ha detto
Lidia…, alcune persone rimangono tutto il tempo attaccate al computer (studente italiano)
Se una persona passa troppo tempo al computer..eh il computer può ferire il cervello... danneggia (studente italiano)
Se tuttavia si chiede ai ragazzi quali siano i meccanismi di distorsione e di deviazione cognitiva,
nessuno è in grado di fornire una risposta soddisfacente. Questo tipo di informazione, infatti, non è
facilmente ricavabile dall’esperienza fruitiva o dalla percezione dell’opinione pubblica e rappresenta
un livello di competenza più elevata e culturalmente mediata da altre conoscenze e input culturali, non
direttamente fruibili dal contatto diretto con il medium.
Alcuni genitori ti dicono non stare sempre sul computer, esci, perché comunque è meglio, cioè loro dicono è meglio
parlare con l'amico, perché magari sulla chat ti puoi fraintendere (studente Italiano)
Gli Internauti partecipativi non digitali (25,09 %) sono il terzo ritratto di generazione:
comprendono adolescenti della scuola superiore (15/16 anni), provenienti prevalentemente dai paesi
dell’Europa dell’Est. Questi non sembrano usare alcun servizio multimediale, le uniche forme di
fruizione abituale riguardano la tv cavo e Internet, anche se non prevedono trasversalità e
multimedialità fruitiva alla base del web 2.0. I ragazzi di questo cluster, tuttavia, amano la
condivisione e la relazione anche virtuale, non a caso possiedono competenze elevate nel partecipare a
videogame on line con altri utenti e prendere parte in forum.
Per un verso, potremmo parlare di generazione “not use”, quasi completamente estranea alla
convergenza tecnologica e alla multimedialità espressiva. Esempi a riguardo provengono dalla
Bulgaria dove, secondo la Vitosha Research, più dell’80 % di studenti delle scuole superiori usano
Internet (Vitosha Research, Report On Air Bulgaria). La maggior parte degli studenti, comunque, usa
Internet a casa o in Internet club and café, tranne che nelle loro scuole. sfortunatamente, l’alta
percentuale di studenti che usa Internet non necessariamente possiede un alto livello di competenza. I
risultati della ricerca mostra che la maggior parte degli studenti possiede un livello massimo di
competenze nell’uso di instant messengers come MSN o Skype come del web surfing. Gli studenti sono
anche i migliori nella ricerca su Internet. Più della metà dei rispondenti possiede un livello minimo di
conoscenza nell’uso di funzioni più sostantive come creare pagine web o blog. La maggior parte degli
studenti possiede conoscenze minime nelle videochiamate, la navigazione su Internet e la chat sul
cellulare. Questo potrebbe essere parzialmente spiegato in termini di perdita di interesse, mentre
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prevalentemente con il fatto che queste funzioni del cellulare sono ancora troppo care per la maggior
parte dei consumatori Bulgari.
Non molti studenti possono maneggiare il pc e la videocamera con un alto livello di competenza nel
fare fotografie (26%) e creare semplici video (35%). Il livello della loro competenza è al minimo
quando si tratta di implementare funzioni più complesse come video editing o multitracks video
editing.
Altri esempi sono rilevabili in Polonia, dove le uniche competenze elevate sono quelle cognitive di
base quali: cercare informazioni e navigare su Internet, spedire sms, ascoltare musica e giocare nel
caso del mobile, disegnare e usare software di grafica e realizzare compilations musicali su CD nel
caso del pc, mentre per la videocamera, nessuna competenza significativa rilevata.
Infine, in Romania gli studenti intervistati credono che le attività sul web, non sono popolari fra i loro
pari. Così, videochiamare, navigare su Internet, videogiocare, ascoltare la radio e guardare la TV dal
cellulare non sono rilevanti. Loro usano il cellulare solo per spedire sms/mms e ascoltare mp3. Il
massimo livello di competenza nel pc era dato dal giocare con i videogames e, in conclusione, tutti i
rispondenti credono che i giovani generalmente usino la videocamera per filmare video amatoriali e
quasi la metà degli intervistati pensa che i loro compagni possiedano massime competenze nell’uso
della videocamera con questo obiettivo.
Adolescenti con poche competenze digitali ma creative e selettive (12,54%) fanno parte dell’ultimo
cluster e comprendono prevalentemente ragazzi Lituani e Belgi fra i 15-16 anni di scuole superiori con
usi e competenze elevate, ma selettive, solo rispetto a alcune attività, quali l’ascolto della radio e
prendere parte in specifici forum. Questo basso protagonismo nel settore multimediale è certamente
connesso all’uso irregolare della maggior parte dei media (come ad esempio iptv, broadcasting radio,
mobile tv, videogames (come wii), satellite, digitale terrestre); le uniche forme di regolarità fruitiva
riguardano l’ascolto della broadcasting radio, la tv via cavo e l’uso dei videogiochi con altre persone. I
ragazzi di questo cluster focalizzano la loro attenzione su quelle tecnologie che li pongono in primo
piano in modo creativo (anche se con un valore testo basso).
In Lituania, la mancanza di infrastrutture, servizi, attrezzature e competenze anche in ambito
scolastico comporta un uso limitato dei media interattivi. La tv è il medium che più di altri influenza il
comportamento dei giovani intervistati: "bambini e adolescenti tendono a diventare e sembrare come
le loro favorite stars”, anche in termini di violenza e veicolazione di contenuti poco attenti alle tutela
del minore. Mentre rispetto a Internet non si evincono opinioni chiare da parte degli intervistati.
Eventi della società contemporanea, siti web e informazioni pubblicate e presenti nello schermo
televisivo giocano particolarmente un ruolo importante nel formare la personalità dei bambini nel
mondo dell’informazione quotidiana, i bambini fronteggiano molti pericoli. Gli interventi dei genitori
potrebbero non essere sufficienti per proteggere i bambini da una informazione negativa,
contrariamente incidente sullo sviluppo del bambino.
I ragazzi di questo cluster sembrano possedere competenze contenute rispetto a:
• attività strategiche connesse all’attivismo multimediale, con particolare riferimento a quelle del
web, come guardare la tv, creare blog, realizzare un video scegliendo le immagini, creare pagine
web.
• attività cognitive, più strettamente connesse ai livelli di lettura multimediale (I livello di abilità e
conoscenze alla base del raggiungimento dello stato di cittadinanza mediale), come cercare,
navigare e prendere parte in giochi interattivi nel caso del web, scegliendo sequenze su eventi
della loro vita, produrre un video editing, montare i video nel caso della videocamera.
3. Conclusioni
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Il profilo di cittadino digitale rappresenta ancora una condizione idealtipica nella società
contemporanea, per utilizzare un’espressione di Max Weber, un’ambiziosa meta di democratizzazione
che tuttavia è ancora lontana sia nella percezione e nella consapevolezza dell’opinione pubblica, anche
delle nuove generazioni, sia negli investimenti economici che nei propositi politici dei singoli paesi
europei.
Un’etichetta, quella di cittadino digitale, spesso troppo protesa sul versante tecnicistico, per cui ci si
identifica come colui che sa utilizzare con estrema abilità i mezzi di comunicazione, oppure orientata
verso il versante etico astratto, che abbina competenze di cittadinanza digitale con la consapevolezza
delle implicazioni sociali e culturali dei media, senza tuttavia farne un uso pratico quotidiano.
I giovani postmoderni sono critici e consapevoli dei media, quella stessa consapevolezza frutto
dell’esperienza mediale o filtrata dai modelli educativi a scuola o in famiglia. Un tipo di
consapevolezza compromessa, dunque, o tarpata, perché per alcuni versi contaminata dai pregiudizi
degli adulti, dal loro punto di vista e dalla loro limitata esperienza mediale. In questi casi, la criticità
deriva soprattutto dall’intuizione dei meccanismi di spettacolarizzazione, alla base della costruzione
della notizia, e dal disincanto rispetto ai messaggi rappresentati sullo schermo, perché sovra stimati
rispetto alla quotidianità. Consapevolezze e abilità poco radicate nel punto di vista adulto.
Il paniere di conoscenze e degli aspetti culturali sulla comunicazione da sviluppare, in ogni caso, è
variegato, continuo e mutevole, tale da non poter essere acquisito esclusivamente dalla semplice
esperienza di fruizione; ogni maturazione cognitiva deve essere stimolata attraverso opportuni
confronti e processi formativi.
Dal quadro emerso nell’indagine, solo uno dei quattro profili sembra rispondere pienamente al ritratto
di nichilisti digitali e digital content users: quello degli strategici multimediali. In questo caso, il
rapporto con i media è talmente accelerato nell’era della convergenza tecnologica da ipotizzare un
salto conoscitivo ed esperienziale direttamente proiettato a un elevato livello di competenza (quello
della cittadinanza). Questo salto in avanti tuttavia potrebbe essere solo apparente, in quanto acquisito
appieno soltanto sul versante tecnologico, ma carente di altre conoscenze e dimensioni affettive,
esperite in altri contesti di socializzazione (come la scuola, la famiglia, gli amici). È come se dal
contatto con i media i ragazzi maturassero una forma di “cittadinanza estetica”, legata allo sviluppo di
capacità eccelse dal punto di vista del codice, ma deficitarie dal punto di vista contenutistico, etico.
Per quanto concerne gli altri profili, i monomediali relazionali sono più tradizionali e prudenti dei
primi rispetto al paniere multimediale: questi sono legati al consumo regolare della tv, nonostante le
continue trasformazioni tecnologiche, sono meno temerari al cambiamento, ma possiedono comunque
competenze relazionali, rispetto alle quali possono definirsi lettori e scrittori.
Gli ultimi due profili, infine, riguardano prevalentemente i paesi dell’est Europa che, nonostante la
scarsa digitalizzazione, per problematiche economiche, politiche e infrastrutturali circoscritte al loro
paese, si posizionano su due versanti: quello dei relazionali non digitali, che in genere non usano le
tecnologie e, quando lo fanno, è per scambio e socializzazione ma non come media d’avanguardia, e
quello individualista creativo che utilizza alcuni media, soprattutto quello radiofonico, come
espressione della propria creatività e del proprio individualismo.
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Le motivazioni dei teen alla fruizione mediale
Angelo Passero
1. L’approccio motivazionale: la reason why!
Studiare le motivazioni che spingono i giovani ad utilizzare i media ha una duplice valenza da un
punto di vista conoscitivo: consente di andare oltre le spesso semplicistiche e superate “piramidi
mediali” che, ponendo in modo gerarchico i mezzi di comunicazione, non restituiscono la carica di
significato che si cela dietro la scelta di utilizzare o meno un medium rispetto al “paniere” tecnologico
a disposizione; permettono poi di cogliere la polifunzionalità dei media nella vita di ciascun individuo
ed in particolare il livello di centralità, di “intimità” ed il ruolo che i più giovani instaurano con essi.
Un primo aspetto da porre in evidenza è quanto il consumo oggi sia di natura multimediale (Censis,
2009, Eurisko, 2008) e come assuma nelle fasce giovanili connotati peculiari rispetto al resto della
popolazione.
E' evidente che televisione tradizionale e quotidiani a stampa sono meno importanti per i giovani rispetto all'intera
popolazione, mentre per essi assumono un ruolo centrale la Tv via Internet, i quotidiani online, la radio da mp3,
cioè tutti i mezzi che esistono in quanto sintesi di più media e che danno vita a forme di comunicazione impensabili
al di fuori dell'integrazione multimediale (CENSIS, 2009, p.28).
Cosa comporta questo? Certamente un approccio alla Comunicazione che deve necessariamente
sfuggire, rispetto al passato, allo studio dei singoli media, ma considerarli in un’ottica sistemica. Più
che fare “pagelle” o classifiche, sarebbe opportuno riflettere sulle modalità di integrazione attraverso
cui i soggetti creano una sorta di patchwork, un percorso à la carte tutto personale. Al di là, quindi,
dei ranking giornalisticamente trionfali che vedono avanzare macchiettisticamente il nuovo rispetto al
vecchio, il web sulla tv, solo per fare un esempio, in questa sede si riflette su come la fruizione sia un
agire dotato di senso, selettivo e fortemente connotato da scelte ponderate e tarate su bisogni declinati
differentemente (Losito, 2002). Forte enfasi, quindi, sui significati profondi che le esperienze mediali
possono assumere; in particolare l’obiettivo proposto è evidenziare le caratteristiche salienti del
rapporto media e giovani in un’ottica esplorativa. In uno spot potremmo dire che l’obiettivo principale
è quello di indagare l’ampio spettro di motivazioni che, day by day, spingono i giovani a utilizzare la
tastiera comunicativa.
Dalla psicologia sociale al marketing in poi si è compreso quanto fosse di primaria importanza tentare
di capire cosa determini le scelte dei soggetti, nei consumi come nell’esposizione ai media: fattori
semplicemente individuali o sociali? Dinamiche consce o inconsce? E infine, nella determinazione di
un’azione si sovrappongono più concause? Possiamo fin da subito definire le motivazioni, punto
nodale del nostro discorso, come forze che spingono a compiere o meno determinate azioni; ciascuna
di essa può essere dovuta a più motivazioni, di natura differente, che si riferiscono a bisogni diversi,
dai più semplici a quelli più complessi, e che agiscono anche al di sotto della soglia della
consapevolezza (Losito, 2002). La loro multidimensionalità, al di là delle azioni basiche, ne rende
complesso uno studio analitico, seppur le differenti classificazioni succedutesi nel tempo hanno
orientato il presente contributo da un punto di vista di prassi della ricerca (in particolare Katz,
Gurevitch e Haas, 1973), palesando anche quanto le motivazioni di natura individuale si
accompagnino a quelle inerenti alla sfera dell’interazione sociale: di qui la consapevolezza di quanto i
media rappresentino per ciascun fruitore occasione per soddisfare un vasto ventaglio di bisogni:
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cognitivi, emotivi, fino a quelli più strettamente sociali. Il consumo mediale, così, è sempre più
concepito come un agire finalizzato, non casuale o accidentale, ma fortemente connotato sui singoli
soggetti e in concorrenza con le altre attività e rapporti instaurati nel quotidiano. Da qui alcuni
interrogativi: è possibile stabilire una relazione specifica fra tipologia di consumo mediale e
motivazioni? E ancora quali motivazioni risultano essere più forti nelle scelte fruitive? Dall’analisi dei
focus group di On Air emergono molti di questi aspetti, in particolare la funzione dei media come
facilitatori nelle relazioni sociali, soprattutto quando ci sono vincoli strutturali che non aiutano i
giovani a socializzare.
Nel paese marcio dove vivo, non c’è nessuno e così a me piace stare con i miei amici. (focus group Belgio)
Uso il PC per parlare con i miei amici…chatto con loro…e lo uso per cercare informazioni (focus group Polonia)
In casi come questi emerge chiaramente il ruolo vicario di Msn e dei social network che si pongono
come alternative funzionali alle relazioni face to face. Spesso i giovani intervistati, infatti, suppliscono
alle distanze fisiche con il mondo virtuale e possono così passare il tempo chattando o video
chiamando amici vicini e lontani; il web risulta essere così un “implementatore” delle relazioni sociali.
Discorso analogo avviene per il cellulare, di cui vengono apprezzate più le funzioni base (chiamate,
sms) rispetto a quelle più sofisticate.
Così…uso il laptop mezz’ora al giorno per giocare...dipende dal mio desiderio di ricerca su Internet...uso la ricerca
per scaricare musica o ricercare per i compiti. (focus group Italia)
Uso il mio computer per migliorare qualche abilità e conoscenza accumulate a scuola. Lo uso circa 1-2 ore al
giorno. Uso anche altre cose, come libri, ma il pc è il miglior mezzo per trovare le informazioni necessarie. (focus
group Bulgaria)
Io principalmente uso il computer per giochi e chat con amici. Lo uso circa 8-10 ore al giorno, perché in questi
giorni, la cosa più facile da fare è sedersi davanti al pc e condividere cosa sta accadendo. (focus group Bulgaria)
Rispetto a tutti, il pc ed in particolare il web risultano gli strumenti maggiormente utilizzati in quanto
ritenuti più adatti a soddisfare i bisogni dichiarati dai giovani. Si usano per conoscere, ricercare
informazioni, passare il tempo o per intrattenere rapporti con il gruppo dei pari: può cambiare in
maniera netta l’intensità d’uso, come emerge dagli stralci dei focus, ma un leit motiv trasversale ai
Paesi è la forte centralità assunta dalle nuove tecnologie; in questa ottica sono da considerare come
mezzi omnibus: particolarmente apprezzati per la loro polifunzionalità.
Mi piace vivere nel mondo di altri, come soap opera, film d’avventura o ancora programmi di moda. La TV
suggerisce più realtà alternative. In TV trovo informazioni su eventi rilevanti e allo stesso tempo posso rilassarmi.
(focus group Lituania)
Guardo la TV quando ho tempo, quando torno da scuola, la mattina. Guardo Animal Planet, sono realmente
interessato a questo tipo di canali televisivi. Guardo anche National Geographic e Discovery Channel e nei
weekends ascolto la musica su MTV. (focus group Romania)
Per quanto riguarda la tv sono due le polarizzazioni individuate: da una parte si cerca nel piccolo
schermo una fuga nell’immaginario, apprezzandone in particolare la capacità di far evadere dalla
quotidianità e dai propri problemi; dall’altra di conoscere nuovi luoghi e situazioni estranei al proprio
contesto sociale. I ragazzi individuano spesso fra i generi televisivi preferiti quelli legati
all’informazione o alla cultura, oltre a quelli più vicini al mondo dei teen come la musica, i reality e i
game show. Quest’ultimo aspetto ci muove a pensare che in buona parte, nell’ambito dei focus, sia
subentrato come elemento di distorsione la desiderabilità sociale.
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Successivamente andiamo a descrivere, in un’ottica multidimensionale, le dimensioni di maggiore
pregnanza legata alla fruizione attraverso l’Analisi delle Componenti Principali.
2. Un approccio fattoriale alle motivazioni di utilizzo
I risultati dell’Analisi delle Componenti Principali (A.C.P.), eseguita su un set di item in scala (a cui lo
ricordiamo era possibile associare un valore minimo di 1 e massimo di 6), sono stati volti, come
dicevamo, a rilevare le motivazioni prevalenti sottese all’uso del pattern di media considerati. Sono
stati così estratti per ciascun Paese un numero di fattori ritenuti sufficienti che infatti, in un’ottica di
sintesi, spiegano una buona parte della varianza totale della matrice. I fattori individuati per ciascun
Paese rappresentano dimensioni che possono aiutarci ad individuare e spiegare le motivazioni sottese
all’uso dei media ed in particolare il sistema di attese, il livello di centralità e i bisogni che concorrono
a declinare la fruizione di ciascun individuo. Questo tipo di approccio è motivato dalla tendenza
ormai consolidata di considerare ciascun fruitore protagonista attivo nel rapporto con i “testi” mediali.
Nel paragrafo successivo saranno presentati nel dettaglio i risultati sul campione italiano, mentre
successivamente, per evitare l’eccessiva ridondanza, metteremo in luce rispetto agli altri Paesi solo
alcuni elementi di vicinanza/lontananza in modo da dare al lettore un quadro il più possibile esaustivo.
2.1 Il caso Italia
Rispetto al caso italiano sono stati estratti tre fattori, per un totale del 59,3% della varianza
complessiva della matrice. Il primo fattore spiega il 21,5% e illustra le componenti di maggiore
salienza della cosiddetta dimensione dell’esploratività: in questo caso sono centrali, nel concorso
delle motivazioni che spingono gli individui intervistati ad utilizzare i mezzi di comunicazione
considerati, i bisogni di conoscenza. Riflettere, comprendere, conoscere e osservare sono aspetti
ritenuti rilevanti e che ci portano a riflettere sul ruolo dei media nella costruzione e nella percezione
della realtà da parte degli individui. I media assurgono così a veicoli volti non solo ad informare, ma
anche ad approfondire situazioni, eventi e circostanze che altrimenti non sarebbero esperibili; a questa
funzione intrinseca nei media si accompagna, poi, una funzione di peso minore, in cui i media
rappresentano anche “fonti” da cui attingere argomenti da utilizzare nelle relazioni sociali. È il fattore
che di sicuro spiega meglio la dimensione dell’approfondimento e la portata che i media hanno come
facilitatori nell’instaurare rapporti con i “mondi lontani” e con quanto accade giorno per giorno.
Riflessione e comprensione, in particolare, sono i due aspetti di maggior peso e che contribuiscono in
misura maggiore alla costruzione del fattore. Il secondo fattore (20,4% della varianza) esprime una
dimensione differente, rispetto a quella precedente, mettendo in risalto il media-attivismo e la spinta
dei soggetti all’utilizzo delle diverse tecnologie comunicative per esprimere il proprio potenziale e la
propria soggettività, come anche per condividere e far parte di più gruppi. In questo caso le
motivazioni di natura individuale si accompagnano a quelle relazionali: ci si avvale dei media per
esprimere se stessi ma anche come “luogo” deputato a conoscere, mettere in comune pratiche e
interessi e ad instaurare relazioni all’interno di “comunità virtuali”. In particolare con Internet, infatti,
attraverso forum, chat e i più popolari social network (Facebook, Netlog, Orkut, ecc.) i giovani
riescono sempre più ad esprimere il loro bisogno di “comunità” e di partecipazione attraverso
community che si creano intorno ad affinità elettive date da gusti, interessi e stili di vita che non
conoscono distanze fisiche e barriere temporali. Questo è sicuramente uno dei “nodi” legati al web più
attuale e preponderante che, pur creando qualche timore rispetto ai minori, rappresenta di sicuro il plus
dei new media con maggiore portata di innovazione in quanto ha spezzato inequivocabilmente i
modelli superati di tipo top down, cari ai media generalisti, a favore di un modello orizzontale di
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fruizione e produzione dove ciascuno, almeno in linea teorica, può divenire uno user generated
content.
L’ultimo fattore, che spiega il 18,4% della varianza complessiva, illustra la funzione ludica dei media
per i giovani soggetti intervistati. I media assumono così il compito di “riempire” il tempo libero
attraverso le ampie chance offerte, oltre ad essere veicolo per evadere e distrarsi dai problemi della
vita quotidiana. È un tipo di immersione che consente a ciascun soggetto di evadere dalla propria
quotidianità “tuffandosi” in mondi fantastici e trovando rifugio in una dimensione onirica come risorsa
ulteriore alle routine tipiche adolescenziali costituite da doveri scolastici e ruoli familiari. È fortemente
presente, rispetto ai fattori precedentemente illustrati, una funzione catartica dei media visti nella loro
accezione di semplice svago e divertimento, con un’unica preoccupazione da evidenziare: il possibile
rifugio, da parte di alcuni, in una realtà fittizia e irreale per sfuggire alla vita reale.
.2Il caso del Belgio
Nel caso del Belgio sono stati individuati quattro fattori (66,6% della varianza spiegata) che in ordine
descrescente esprimono motivazioni e funzioni legate ai media. Un elemento interessante da notare fin
da subito è la centralità data alla componente emotiva dagli studenti del Belgio rispetto all’Italia: il
fattore che esprime maggiore varianza è quello precedentemente definito I media come espressione
ludica del loisir, ponendo così al primo posto gli aspetti più legati all’evasione e alla capacità dei
media di lasciar fantasticare i minori. Il secondo fattore, che chiamiamo la dimensione
dell’approfondimento (17,2%) risulta essere di poco minore rispetto al precedente e ne rappresenta il
contraltare: i media, in questo caso, rappresentano per i soggetti delle risorse importanti per esperire il
mondo entrando così in contatto con situazioni ed eventi vicini e lontani; non solo però l’ottica del
“conoscere”, ma anche quella del “comprendere” l’altro, l’alterità. I successivi fattori risultano poco
interessanti, rispetto la presente argomentazione, in quanto ricalcano quanto detto per l’Italia con pochi
e non incisivi scostamenti.
.3L’Europa dell’Est: le motivazioni sotto un diverso frame interpretativo!
Nel caso dei paesi dell’Est europeo, considerati nel disegno della ricerca, il “panorama” risulta
piuttosto differente rispetto a quanto detto finora; le dimensioni individuate risultano infatti essere
piuttosto ibride e maggiormente polivalenti.
.3.1Il caso della Lituania
In Lituania, in cui abbiamo 3 fattori che spiegano in tutto il 62,4% della varianza, la prima
dimensione combina aspetti legati all’evasione e all’intrattenimento con elementi maggiormente affini
alla capacità dei media di facilitare la comprensione e la conoscenza.
Di qui si estrinseca un’ambivalenza che porta, ciascun soggetto, ad esporsi ai differenti mezzi di
comunicazione per soddisfare più bisogni che spesso, anche da uno stesso testo mediale, possono
convivere pur assumendo segni e forze molteplici. Al fattore fin qui descritto (23,6% della varianza) è
interessante associare il terzo (18%) in cui la dimensione sociale si associa al bisogno di esprimere se
stessi. Così come si è avuto modo di vedere negli altri Paesi, i bisogni gregari assumono un certo
rilievo per i più giovani che, non a caso, li inseriscono fra gli aspetti di maggiore preoccupazione e
centralità nel proprio vissuto.
.2Il caso della Romania
Nel caso della Romania è riscontrabile una forte centralità assunta dalla dimensione relazionale: i
media sono visti prima di tutto come modalità efficaci di esprimere se stessi e il proprio potenziale (di
creatività, interessi, ecc.) in riferimento al proprio gruppo dei pari. Il primo fattore (26,1%) combina
al suo interno tutti questi elementi, dando enfasi all’aspetto della condivisione, primo fra tutti, e poi
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successivamente ad aspetti ad esso legati, come la capacità di liberare emozioni, evadere dalla propria
quotidianità e trovare spunti per argomenti di conversazione da utilizzare successivamente nelle
relazioni face to face.
Il secondo fattore (22,5%) ricalca in parte quanto già detto per l’Italia: i media hanno per i minori
anche una valenza allo stesso tempo introspettiva e straniante. In questo caso, infatti, le motivazioni
sottese alla fruizione sono dettate in buona parte dalla capacità che essi hanno di esplorare
oniricamente nuovi “territori” e situazioni, al di là dei contesti sociali esperiti quotidianamente. Come
mai abbiamo associato a questo fattore una doppia valenza? Semplicemente perché se da un lato i
media possono aiutare ad entrare in contatto con l’altro, il diverso, dall’altra possono anche avere il
limite/pericolo di una fuga dalla realtà. Questo avviene soprattutto quando i teen abusano, in
particolare dei new media come internet, per entrare in mondi virtuali che rischiano, nei casi più
estremi, di supplire a mancanze e disagi vissuti nella vira reale. Nel caso della Romania la dimensione
del “conoscere” è assunta dal terzo fattore (9% della varianza), specificando così, come già emerso in
altri Paesi, come l’aspetto più squisitamente emotivo prevalga rispetto al caso Italia. Sarebbe
interessante chiedersi se questo è dovuto da differenze sostanziali fra i campioni, o semplicemente
dalla desiderabilità sociale che è scattata solo in alcuni contesti di rilevazione.
.3Il caso della Polonia e della Bulgaria
Per quanto riguarda la Polonia e la Bulgaria, seppur con percentuali diverse e un numero differente di
fattori estratti, essi non presentano elementi di novità sostanziale rispetto a quanto detto finora. Si
riscontra ancora una volta, infatti, come vi sia un’ibridazione fra la dimensione dell’approfondimento
con quella dell’evasione, portandoci anche in questo caso ad ipotizzare su come i media assurgano a
veri e propri giacimenti dell’immaginario giovanile; delle risorse ulteriori di senso, delle chance che
consentono fattivamente di mettere alla prova la propria esploratività e capacità immersiva. Con i
limiti e le criticità già affrontate precedentemente.
3. Conclusioni
L’approccio motivazione ci ha consentito di esplorare le dimensioni profonde sottese alla fruizione
mediale, tentando di cogliere i significati latenti e i fattori di maggiore rilevanza che determinano
precise scelte di consumo mediale. Ne è emerso così un quadro fortemente composito dove,
trasversalmente rispetto ai Paesi considerati, si nota quanto i media asumono nella vita dei più giovani
un ruolo piuttosto importante: nella socializzazione, riuscendo a colmare alcune carenze e ad agire,
allo stesso tempo, in modo complementare rispetto ai contatti interpersonali di tutti i giorni; rispetto
alla propria individualità, quando i media rappresentano un’occasione di esplorazione della propria
introspezione.
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Leggere le emozioni
Federica Cardia
Le competenze tecnologiche, le motivazioni di utilizzo o non utilizzo e i sempre più evidenti gap
generazionali che si osservano nei gruppi sociali, giocano un ruolo di rilievo nella descrizione del
rapporto tra giovani e media. Ma anche le emozioni e i sentimenti sono elementi che non possono
essere, in questo filone di ricerca, del tutto sottovalutati: le nuove generazioni, infatti, tendono a
percepire il significato, i linguaggi e gran parte dei discorsi diffusi dai media come strumenti
indispensabili all’interno dei processi comunicativi e sociali. E così, davanti ai nostri occhi, si apre un
mondo in cui i giovani stabiliscono con gli stessi media, o con determinate tecnologie o strumenti,
relazioni emozionali e affettive.
Se da una parte i media rafforzano lo sviluppo del senso individuale, stimolando in modi mai
sperimentati prima l’auto-espressione, dall’altra, come emerge in maniera forte dai focus group
condotti nei sei paesi partner del progetto On Air, permettono di conoscere e capire nuove realtà e
culture lontane. Per tutti questi motivi, le tecnologie della comunicazione sembrano rispondere con
precisione alla lista dei bisogni affettivi che contraddistinguono le generazioni più giovani e sono
considerati sempre più spesso come strumenti che consentono di condividere stati d’animo ed
esperienze e di scoprire nuove informazioni sul mondo che ci circonda. Ci basti pensare a un social
network come Facebook, che asseconda pienamente i bisogni di condivisione, di gestione di uno
spazio personale, di scambio di opinioni ed esperienze che contraddistinguono i digital natives.
Ma cosa intendiamo per emozioni? Per quanto indecifrabile, la definizione classica di “esperienza
emotiva”, utilizzata in contesti e settori disparati, è quella di uno stato fisiologico e allo stesso tempo
mentale legato a cambiamenti che si verificano in seguito a una stimolazione di qualche natura. In
realtà, come evidenziato da alcuni studiosi13 , le emozioni possono essere considerate come complesse
entità che comprendono fattori oggettivi e soggettivi: in sintesi, abbracciano componenti affettive
(l’esperienza soggettiva delle situazioni), cognitive (il modo in cui le situazioni sono percepite e
valutate), conative (legate al momento espressivo, che racchiude i gesti, le espressioni del viso e il
parlato), psicologiche (reazioni del sistema nervoso che causano cambiamenti incontrollabili a livello
fisico)14.
In un mondo che cambia vorticosamente, dove quello che realmente conta è la capacità di
comprendere e sfruttare i molteplici stimoli provenienti dall’ambiente esterno e in particolare dai
media, per ricomporli in forme del tutto personali, è chiaro che le emozioni si trovano a giocare un
ruolo fondamentale: divertimento, coinvolgimento, eccitazione sono solo alcuni degli elementi che
caratterizzano gli stili comunicativi ricercati e quasi pretesi dai giovani, che non a caso sembrano
ormai essere indissolubilmente legati alle nuove tecnologie, in primo luogo Internet. Ne deriva che, in
un’ottica educativa, non ha più senso ragionare sulla base delle classiche teorie pedagogiche (la teoria
incentrata sull’individuo di Kant, quella di Durkheim, rivolta alla società, le teorie di Rousseau, quelle
13
Vedi in particolare il saggio di Werner Wirth e Holger Shramm (University of Zurich) dal titolo “Media and
emotions”, pubblicato su Communication research trends – Centre for the Study of Communication and culture (Volume 24 –
2005. No. 3). Disponibile su: http://cscc.scu.edu/html/trends/v24/v24_3.pdf
14
Cfr. Kleinginna e Kleinginna (1981).
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di Husserl e di Mounier 15), ma è necessario strutturare programmi educativi che siano in grado di
stimolare la vitalità e l’attivismo creativo. Come scrivono Palfrey e Gasser, “Tutto il sistema educativo
è in piena confusione su come gestire l’impatto delle tecnologie sull’apprendimento (Palfrey, Gasser,
2009, p. 323).
Al momento ci troviamo, dunque, in una prima fase di assestamento, dove si contrappongono i tecnoentusiasti e i diffidenti, ma quel che è certo è che l’osservazione della realtà circostante ci dice che
siamo di fronte a un ambiente tecnologico in perenne cambiamento, dominato sempre di più dai
concetti di network e condivisione, di nomadismo (Censis, 2008) e autoproduzione dei contenuti: le
tecnologie sono cambiate, si sono evolute secondo percorsi fino a poco tempo fa inimmaginabili, e
allo stesso tempo sono cambiati stili di vita, modalità di accesso e percorsi di fruizione personali.
Parallelamente abbiamo assistito a un processo di forte decomposizione delle classiche agenzie di
socializzazione e a una perdita di potere dei media generalisti, con la conseguente affermazione di stili
di consumo fortemente multimediali e individualizzati.
Ma in che modo i consumi mediali si connettono alle emozioni dei più giovani? È sempre più evidente
che essi rappresentano una sorta di vetrina (Codeluppi, 2007), con la funzione di definire e mostrare al
mondo l’identità del soggetto che li mette in pratica: i media come espressione di percorsi di
socializzazione, attraverso cui comunicare gioia, empatia, divertimento e generosità. Ma anche media
come mezzi di distinzione intra e inter generazionale, per manifestare distanze comportamentali
rispetto alle generazioni precedenti, per esprimere disappunto, rabbia, dolore, rifiuto dei sistemi
precostituiti e ribellione.
Qualunque sia la teoria di riferimento, è certo che capire le emozioni suscitate dai media oggi è
fondamentale per riflettere in maniera profonda sui cambiamenti sociali e sulle nuove frontiere della
comunicazione. Come scrivono Werner Wirth e Holger Shramm:
“Research into the labyrinthine workings of emotions in media and other human communications therefore is
assuming greater and greater importance, not only on the micro-level – such as children’s interaction with
television or videogames – but also on the macro-level – terror bombings or military invasions. Both levels are
difficult to study, and even more difficult to communicate to the general public and to the world’s movers and
shakers, but both have implications of great significance for the future of life in this planet”(Wirth e Shramm, 2005,
p. 26).
Ovviamente ogni media suscita sentimenti ed emozioni diverse. Il “termometro dei sentimenti” e
l’insieme degli aggettivi attribuiti ai media dagli studenti intervistati rappresentano le due sezioni del
Progetto Europeo On Air dedicate all’analisi delle emozioni.
Dai risultati emersi nei singoli paesi europei coinvolti, emerge una panoramica transnazionale sulle
preferenze mediali dei giovani europei e uno sguardo più puntuale sul grado di lontananza o vicinanza
dei vari media in relazione all’universo valoriale ed emozionale dei giovani. Perché è importante porre
l’attenzione sull’aspetto emozionale dei media nei profili culturali delle giovani generazioni?
Come facilmente prevedibile, Internet occupa un ruolo di grande rilievo all’interno delle esigenze
emozionali dei più giovani. Le ragioni? Di seguito qualche esempio estrapolato dai focus group:
Internet ora è una parte della nostra vita. Se lo usiamo un po’ ogni giorno, è come la metà del nostro tempo (focus
group Romania)
Internet è un’inseparabile parte della vita quotidiana dell’uomo del XXI secolo. Attraverso Internet ci sentiamo con
amici, parenti all’estero, troviamo velocemente news, scarichiamo film, foto, musica e altri files; io trascorro circa
5-6 ore al giorno su Internet (focus group Bulgaria)
15
Cfr. Michele Borrelli (1994).
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Uso Internet ogni giorno per poche ore… come ho detto, più facilmente parlo con amici, cerco informazioni e
certamente divertimenti (focus group Polonia)
All’estremo più caldo del termometro si colloca dunque il web, a testimonianza del grande interesse
dei giovani per questo mezzo e della naturale affinità tra teens e mondi digitali. Non è un caso che gli
aggettivi più utilizzati in riferimento a Internet siano anche quelli da cui emerge la dimensione
dell’entusiasmo e del coinvolgimento. Solo per fare qualche esempio, troviamo: amusing,
entertaining, funny, beautiful, cool, fantastic, good, great, nice e, infine, fast, aggettivo che ben
descrive lo stupore dei giovani di fronte a un mezzo tecnologico che offre la possibilità di raggiungere
ogni angolo del pianeta velocemente e con pochi click.
La rete, in sintesi, sembra capace di soddisfare sia i bisogni culturali che quelli relativi allo svago e al
divertimento, perché racchiude in un unico device le caratteristiche degli altri media:
Internet è un sostituto della radio, o della TV, per ogni cosa. Puoi trovare qualsiasi cosa su Internet ed è alla portata
di tutti (focus group Romania)
Non è una sorpresa che Internet sia il medium più usato. Fino a un certo punto esso combina in sé tutti gli altri
media. Su Internet tu puoi guardare la TV, leggere news dai giornali, ascoltare la radio, giocare videogames,
leggere libri. Internet combina in sè tutti I tipi di attività, che possono soddisfare gli interessi di ciascuno (focus
group Bulgaria)
Sorprende poi, sempre in relazione a Internet, l’utilizzo di aggettivi negativi, come dangerous o
addictive, che evidenziano una forma di consapevolezza fruitiva, sebbene difficile da etichettare in una
scala di intensità e in una rete di indicatori comportamentali, e la tendenza verso un utilizzo ragionato,
ma soprattutto maturo, dei media:
Su Internet la tua vita privata può essere invasa. Può succedere di vedere molte foto o video per cui uno non ha dato
il suo consenso (focus group Romania)
Se una persona spende troppo tempo sul pc forse tu puoi... il computer può menomare il cervello, perché... forse
rompe... (focus group Italia)
Per reazione diretta, anche il personal computer attira il favore della maggior parte dei giovani
europei, con una concentrazione di aggettivi positivi come necessary, popular, amusing, entertaining,
funny:
Il computer è un inseparabile parte della vita dei giovani (focus group Bulgaria)
O non posso immaginare la mia vita senza computer (focus group Lituania)
Se sui 90 gradi del “termometro dei sentimenti” Internet gioca ancora un ruolo privilegiato, man mano
che la colonna di mercurio si abbassa subentrano, in tutti i paesi, i media più tradizionali, come radio e
tv (intesa in tutte le sue declinazioni, dalla broadcast tv alla web tv), quest’ultima associata in
particolare agli 80°: questo è un evidente segno del fatto che, nonostante le statistiche internazionali
mostrino una spiccata tendenza verso la convergenza digitale, la televisione assume ancora una
posizione di rilievo all’interno dell’educazione e del vissuto quotidiano dei giovani in tutti i paesi
europei coinvolti:
Cosa mi piace in tv? è apprendere cose sul mondo che ci circonda, in altre nazioni e anche nelle nostre (focus group
Belgio)
Mi piace imparare di più cose nelle aree in cui sento la mancanza di informazione o che non ho avuto a scuola,
come eventi che accadono in generale nel mondo, qualche volta alcuni programmi in tv sono importanti per dare
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consigli o per prendere decisioni, per l’educazione o sentirsi sicuri nell’acquisizione di nuove conoscenze ( focus
group Lituania)
La televisione, dunque, sembra mantenere ancora una posizione di privilegio nell’ambito di quelli che
vengono spesso definiti come media “tradizionali” e, per quanto risulti in certi casi associata ad
aggettivi come boring o addictive, non perde il suo ruolo primario nel contesto formativo dei giovani e
nell’ambito dell’intrattenimento, e questo è evidente dall’utilizzo di aggettivi come informative,
instructive, entertaining, interesting.
La broadcast radio, comunque ancora amata e utilizzata, è vista da più parti come un mezzo superato,
boring, probabilmente non più adatto a soddisfare le esigenze, soprattutto musicali, dei più giovani,
oramai abituati alla musica “mobile e trasportabile”, come ad esempio quella dell’iPod:
Sul mio Ipod posso caricare ogni musica che mi piace, mentre sulla radio qualche volta tu devi ascoltare la musica
che non ti piace (focus group Italia).
Qualche volta ascolto la radio quando sento una piacevole canzone e poi scarico questa canzone (focus group
Polonia).
Recenti ricerche dimostrano che, se la radio tradizionale rimane un mezzo forte e utilizzato nelle fasce
d’età più adulte, il tempo che i giovani dedicano a questo mezzo sembra essere progressivamente
“corroso” dall’utilizzo di altri sistemi di ascolto di musica. In riferimento al caso italiano è il Censis a
mostrare questo primo indizio di cambiamento:
Mentre nell’utenza della radio tradizionale e dell’autoradio è possibile individuare una certa
omogeneità anagrafica, tale per cui gli adulti figurano al primo posto tra i fruitori […], non appena si
mettono da parte i mezzi tradizionali la situazione si ribalta a favore dei giovani, essendo questi ad
avvicinarsi maggiormente alle altre modalità di fruizione: il 46,7% dei giovani ascolta la radio da un
lettore mp3 e fa altrettanto solo il 13,9% degli adulti (Censis, 2009. pp. 65-67).
Alla radio viene spesso associato poi l’aggettivo relaxing, che mette in evidenza il suo ruolo di
sottofondo musicale mentre si svolgono altre attività. Quello radiofonico è inoltre considerato il mezzo
più informative, seguito dalla tv, dai quotidiani e dai libri.
Al quotidiano viene ancora riconosciuto, giustamente, un forte potenziale informativo e comunicativo
(è forte infatti l’utilizzo dell’aggettivo useful), sebbene poco radicato nelle abitudini fruitive dei
giovani intervistati; ad esso troviamo associato un consistente utilizzo di espressioni negative, come
violent, boring e soprattutto serious, che descrive i newspaper come una finestra sulla realtà a volte
troppo cruda e diretta, certamente non tarato per i più giovani, bensì espressione della generazione
adulta.
Non leggo giornali, penso che sono stupidi. Eccetto qualche vecchio giornale, i nuovi sono solo interessati allo
scandalo (focus group Romania)
Non sembrano salvarsi dall’aggettivo boring neppure i libri, che riescono comunque a ottenere una
posizione di privilegio nell’immaginario dei giovani e che sono considerati come un modo per evadere
dalla realtà e per arricchire e stimolare la creatività e l’intelletto (interessante infatti l’utilizzo degli
aggettivi enriching, ricco di sfumature positive, e fantastic, che sottolinea ancora una volta il potere
evasivo della narrativa):
Mi piace tutto. Leggo ogni cosa (focus group Belgio)
A ognuno piace leggere libri, perchè sviluppano la nostra conoscenza e fantasia (focus group Bulgaria)
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Questa nota della ricerca riflette alcune considerazioni scientifiche sul fenomeno della lettura, che
rivalutano “dal basso” questo medium nella dieta culturale dei più giovani. Stiamo parlando di un
desiderio di introspezione, isolamento e riflessione soggettiva? Oppure di una reazione alle continue
sollecitudini del sistema mediale? Una forma di legame nostalgico a ciò che riecheggia la tradizione?
Certamente possiamo considerare il libro uno strumento di espressione del sé rispetto a una società
orientata alla condivisione e alla relazione, uno strumento di recupero di quella parte dell’identità
soggettiva costruita più da un processo di autoconsapevolezza del sè (in termini di potenzialità di
orientamento e di autonomia di espressione rispetto al mondo esterno), che non dalla dimensione
aggregativa alla base dell’inclusione sociale e culturale (Informazione, 1, 2006).
Passando al cellulare, questo mezzo si distingue per l’utilizzo di aggettivi come necessary e
indispensable e viene utilizzato dai giovani sia per comunicare con i coetanei, soprattutto tramite sms,
sia per entrare in contatto con i genitori. L’aggettivo indispensable associato al cellulare ci dice che,
secondo i giovani, poter comunicare con chiunque, sempre e ovunque, rappresenta una sorta di
lasciapassare per la libertà comunicativa. Ma il telefonino è anche, secondo i giovani europei, lo
strumento maggiormente comunicative, perché permette un collegamento one-to-one con la persona
che si vuole raggiungere, in qualsiasi momento e luogo:
Quando sei stanco, parli con i tuoi amici (focus group Belgio)
Spedisco solo sms e chiamo i miei amici... ma uso sms molto spesso perchè è più economico che chiamare (focus
group Polonia)
L’anomalia, in questo piccolo frame interpretativo, consiste nella rappresentazione di un quadro del
mobile, non tanto come espressione della convergenza tecnologica (Morcellini, Cortoni, 2007), spesso
usata per divertimento e come espressione creativa della propria esperienza di vita, bensì come
strumento di “primaria necessità comunicativa”, sintomo di un lento processo di addomesticamento
del mezzo come piattaforma multimediale.
Il cellulare, infine, attira a sé l’aggettivo expensive, che rappresenta probabilmente il motivo di un
utilizzo essenziale del cellulare, nonché una scusa per i genitori nel momento in cui si rifiutano di
acquistare un telefono ai loro figli.
Per i videogiochi, come prevedibile, viene sottolineata in particolare la dimensione ludica e si registra
un forte utilizzo dell’aggettivo entertaining. A sorpresa però notiamo una discreta presenza di aggettivi
negativi, che testimoniano l’esistenza di gruppi di giovani ancora lontani dal mondo dei videogames:
I videogiochi producono persone violente, perchè sono violenti (focus group Belgio)
L’elemento curioso è che i videogiochi, verso i quali ci si aspetterebbe un particolare entusiasmo, si
collocano verso le temperature più basse del “termometro dei sentimenti”: probabilmente, nonostante
il gioco sia parte integrante del mondo dei giovani, i videogames (in particolare le console di nuova
generazione come Playstation, XBox e Wii) rimangono comunque strumenti ancora freddi e
probabilmente, in molti casi, alienanti, dedicati a particolari categorie di giovani:
I videogiochi sono per ammazzare il tempo, ma sono usati principalmente da ammazza-tempo, ragazzi che sono fan
di giochi (focus group Bulgaria)
Possiamo affermare che, come osservato per il cellulare, il fattore economico ha certamente
un’influenza rilevante sul grado di radicamento di una tecnologia nel tessuto sociale, a cui si aggiunge
probabilmente un pregiudizio condiviso rispetto ad alcuni media, in primo luogo i videogiochi,
determinato dalla mancanza di una cultura mediale ai linguaggi interattivi, alla consapevolezza delle
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opportunità metacognitive di questa tecnologia, soprattutto nel contesto educativo, che limita qualsiasi
integrazione dei linguaggi mediali nel vissuto delle giovani generazioni.
1. Note conclusive
Per concludere, dalla lettura delle emozioni mediali emerge quanto i giovani europei mantengano un
rapporto stretto e consolidato con tutti i mezzi di comunicazione: la tendenza al nomadismo, la
capacità di passare con disinvoltura da un mezzo all’altro, la voglia di conoscere e di adottare
tecnologie sempre nuove, sono caratteristiche che emergono nel momento in cui i giovani coinvolti
nella ricerca utilizzano aggettivi quali entertaining o interesting per tutti i media considerati.
Nell’ambito di questa tendenza generale, tuttavia si possono scorgere alcune defezioni o comunque
lievi scostamenti che fanno presagire future inversioni di rotta: l’analisi degli aggettivi e la scala
graduata del “termometro dei sentimenti” mostra, in accordo con le statistiche internazionali, una
diminuzione dell’appeal dei media generalisti o tradizionali, che non sembrano pienamente in grado di
soddisfare le esigenze di un giovane consumatore sempre più nomade e interconnesso: questi
acquisisce da più fonti le informazioni o gli strumenti per lo svago ed è capace di creare
autonomamente le proprie diete mediali e di modificarle nel tempo.
Le due sezioni del questionario On Air qui analizzate, nonostante non riescano a esaurire la ricchezza
di significato del rapporto tra giovani e media, possono offrirci senza dubbio qualche indicazione
suggestiva sul livello emotivo della fruizione mediale, troppo spesso sottomesso alla cultura dei
numeri. Disegnare un’immagine quanto più fedele possibile dei consumi mediali dei nuovi giovani
significa analizzare a fondo quello che è il loro vissuto quotidiano e le sfaccettature emotive che tali
consumi comportano: la connessione esistente tra le nuove generazioni e i media, infatti, si configura
sempre di più come un rapporto intimo, amichevole, basato sulla concatenazione e ricomposizione di
esperienze sempre più frammentarie e mutevoli. Un approccio basato sulle sfumature delle parole e
sulle reali reazioni psicologiche ed emotive rappresenta quindi uno sguardo trasversale e
complementare su una realtà inafferrabile e in perenne cambiamento.
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I media a scuola
Ida Cortoni
Dicembre 2007. La Commissione presenta l’emendamento: "Un approccio europeo all'alfabetizzazione mediatica
nell'ambiente digitale", incentrato sull'alfabetizzazione mediatica per la comunicazione commerciale e dedicata ad
aspetti quali la pubblicità, l'alfabetizzazione mediatica per le opere audiovisive, per accrescere la consapevolezza e
conoscenza della cinematografia europea e migliorare le competenze in fatto di creatività, e l'alfabetizzazione
mediatica on-line.
Questo stralcio di documento promozionale sulla competenza mediale è stata concordata fra la rete dei
paesi europei a seguito delle strategie di Lisbona e delle conclusioni del Consiglio sull'alfabetizzazione
mediatica 16, in cui è stata approvata la visione strategica sull'alfabetizzazione mediatica quale fattore
importante per essere cittadini attivi nell'odierna società dell'informazione.
Questo primo quadro è alla base di un complesso ragionamento sull’urgenza di una maggiore
diffusione della consapevolezza fruitiva, in grado di rendere i soggetti capaci di comprendere i
meccanismi di produzione e le caratteristiche semantiche e sintattiche dei messaggi veicolati, ma
anche imparare a ricontestualizzare e utilizzare le peculiarità dei media in altri ambienti e contesti
culturali, quali ad esempio la scuola, facendo dialogare il sistema tecnologico con altri mondi culturali
e sociali preesistenti.
Non a caso nel documento europeo, si afferma con chiarezza che “L'alfabetizzazione mediatica si
riferisce alla capacità di accedere ai media, di comprendere e valutare criticamente diversi aspetti dei
media e dei loro contenuti e di creare comunicazioni in una varietà di contesti”.
Ma quanto il quadro normativo europeo corrisponde alle politiche educative dei paesi Europei
coinvolti nel progetto On Air? Qual è la reale situazione delle scuole nei singoli contesti sociali, anche
rispetto all’integrazione dei media nelle attività didattiche?
Da queste domande contestuali, che ci permettono di ricostruire uno scenario politico e formativo del
sistema educativo dei 6 paesi coinvolti nel progetto, l’attenzione è stata circoscritta sulle micro realtà
formative al fine di comprendere quale aspetto media educativo fosse più conosciuto e praticato dagli
insegnanti: quello prevalentemente strumentale (educazione con i media) oppure quello connesso
all’oggetto di studio (educazione ai media) (Rivoltella, 2001). E anche qualora l’attenzione fosse
focalizzata sullo strumento didattico, è stato importante indagare e riflettere sul legame, reale o
potenziale, fra i linguaggi mediali e i diversi aspetti alla base di un processo educativo. A riguardo, il
principale riferimento è stato rivolto sia agli obiettivi, alle aspettative di apprendimento e di
soddisfazione formativa strategica e didattica, sia alle potenzialità cognitive ed emotive che i linguaggi
mediali, per caratteristiche intrinseche al linguaggio (McLuhan, 1979), possono stimolare.
Secondo la prima prospettiva media educativa dell’educazione con i media, le cinque competenze
mediali (dalla lettura alla cittadinanza), che hanno guidato la strutturazione di On Air, hanno ispirato la
progettazione di percorsi formativi in classe, che sono partiti dalla lettura contestualizzata e ragionata
di testi all’analisi semiotica di codici e strutture narrative dei diversi linguaggi (performativo, visivo,
sonoro e tattile-digitale…). Nello specifico, il grado di cittadinanza e di consapevolezza fruitiva, più
elevati nel sistema di competenze messe in gioco, hanno fatto riferimento alla capacità di utilizzo, di
lettura, analisi e produzione dei media in contesti non mediali, intervenendo in modo creativo e
originale rispetto agli obiettivi di formazione, che esulano dall’uso degli stessi media. In tal senso, le
tecnologie rappresentano soltanto alcune componenti del setting formativo che ogni insegnante può far
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Adottate dal Consiglio "Educazione, gioventù e cultura" il 21/22 maggio 2008.
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incrociare con altre strategie educative e tattiche comunicativo-espressive, al fine di costruire ex novo
la propria didattica, in coerenza con il clima della classe, la sensibilità dei docenti e quella dei ragazzi,
rispetto soprattutto alle tecnologie mediali.
1. Scuole europee a confronto
L’obiettivo delle politiche europee è modernizzare le strategie e le logiche organizzative, nonché i
saperi trasmessi a scuola, attraverso processi di tecnologizzazione delle aule, di formazione culturale
degli insegnanti e attraverso lo stravolgimento delle logiche di gestione, reclutamento e organizzazione
delle attività all’interno delle stesse scuole. Questa politica europea coinvolge scuole di ogni grado, in
esse tuttavia si riflettono problemi infrastrutturali, la mancanza di beni di primaria necessità e
soprattutto la carenza di investimenti finanziari per migliorare le strutture e i servizi scolastici, nonché
la formazione e l’aggiornamento dei docenti anche in termini di sperimentazione didattica.
Il processo di diffusione e incremento della Media Education e della Media Literacy sembra dunque
ridimensionato da ulteriori gap all’interno del network dei sistemi europei di istruzione: il primo
disquilibrio è fra etica della comunicazione (relativa ai principi per un’educazione mediale a scuola ai
fini della diffusione di una diversa consapevolezza e capacità di analisi della realtà), spesso condivisa
e sostenuta dalla comunità scientifica di studiosi e critici in questo ambito di studi, e la effettiva
radicalizzazione, comunicazione e diffusione della Media Education nel tessuto sociale. Una sorta di
grido sordo, legittimato dal punto di vista etico, ma non praticabile da quello operativo. Ad aggravare
questa condizione, si pone lo status di fertilità recettiva e percettiva dei docenti, sensibili ai linguaggi
mediali probabilmente a causa dell’emergenza educativa che vivono costantemente con i nativi
digitali, e troppo spesso soffocati dal peso di una amministrazione pubblica e una giurisdizione del
sistema di istruzione immobilizzata, statica e fortemente verticistica nei meccanismi di funzionamento.
Di contro, permane un muro insormontabile della politica che sembra vedere nell’educazione ai media
un dannoso strumento di acquisizione di consapevolezza per la massa e il pericolo di una riduzione del
controllo e del potere. Da qui, la marginalità degli investimenti finanziari statali in questo ambito,
dettati non tanto da una miopia, quanto da uno sguardo acuto a lungo termine sui potenziali effetti di
una siffatta condizione. La riflessione conclusiva è che gli insegnanti respirano spesso un clima di
contrasti e contraddizioni etiche, strategiche e linguistiche che contribuiscono a diffondere
rapidamente un senso di disagio, incertezza e soprattutto sconforto e demotivazione nell’”essere
educatore oggi”.
2. Insegnanti disconnessi: la mappatura dei gap
Partendo da queste prime brevi considerazioni, dalla ricerca On Air è emerso come in tutti i paesi
europei coinvolti, il livello di integrazione e sperimentazione dei media nel contesto formativo è
risultato secondario, quasi assente.
I fattori discriminanti rilevanti sono stati molteplici e classificabili in una sorta di piramide, per cui alla
base si sono collocati problemi relativi all’aspetto infrastrutturale e tecnologico, che non sempre è in
grado di garantire un accesso mediale paritario a tutti e a tutte le famiglie o le scuole.
Così, al secondo posto della classifica, a seguito dei problemi infrastrutturali e tecnologici si pongono
quelli di natura politico-giuridica, relativi alle disposizioni governative e legislative che regolano il
processo di integrazione tecnologica.
Una politica nazionale favorevole all’avanguardismo tecnologico e attiva nella promozione di
campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’uso delle tecnologie digitali, certamente
influenza l’humus culturale e sociale relativamente a queste tecnologie. Dalla prospettiva macro
tuttavia si passa a quella micro, nella misura in cui non basta il sostegno governativo e politico per
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incentivare la diffusione di una “cittadinanza digitale”, così come non è sufficiente l’avanguardismo
tecnologico e l’aggiornamento tecnico per l’integrazione sociale della Media Education.
Oltre al capitale mediale, anche quello educativo e sociale risultano importanti per favorire
l’inclusione dell’uso tecnologico nel contesto circostante e garantire un utilizzo consapevole,
autonomo e critico. Le risorse culturali individuali, che derivano dal retaggio familiare, sociale,
relazionale e educativo, così come quelle relazionali intese come opportunità e capacità di
socializzazione, interazione e condivisione di esperienze e conoscenze soggettive, intervengono nei
processi di inclusione sociale, anche se possono incrementare ulteriormente gap culturali e sociali.
Al terzo posto della piramide, possiamo considerare la prospettiva economica, spesso condizionata dal
reddito famigliare, dallo status e dalla condizione professionale dei componenti del nucleo
famigliare,che condiziona l’orientamento culturale e educativo delle famiglie.
Tali fattori si pongono alla base del digital divide con cui si intende non solo la divisione binaria fra gli
haves e gli haves not, bensì “un continuum basato su differenti gradi di accesso alle tecnologie
dell’informazione” (Warschauer, 2001, p.1). E’ come dire che il divide costituisca una caratteristica
intrinseca della società della comunicazione, nella misura in cui il continuo progresso tecnologico
indurrà sempre alla costituzione di diversi livelli di utilizzo, anche con politiche di Welfare orientate
alla democratizzazione dell’accesso, alla dotazione infrastrutturale e all’alfabetizzazione informatica
di massa. Per esempio, I risultati delle interviste agli insegnanti bulgari mostrano che la maggior parte
degli insegnanti si informa con I mezzi di comunicazione moderni e li usa, o li userebbe, come oggetto
per l’insegnamento. Il principale problema riguarda il livello di competenza di questi nell’uso delle
tecnologie che richiede un’intensiva formazione di base e sostanziali abilità di IT, le quali stanno
diventando una necessità piuttosto che un lusso oggi.
La disuguaglianza digitale andrà ad accumularsi e a acutizzare ulteriormente quella socioculturale e
economica, determinata sia dal posizionamento degli individui (professionale, politico, educativo e
naturalmente economico), da cui dipende il processo di appropriazione tecnologica, di utilizzo critico
e di inclusione sociale, sia dalle politiche sociali che possono più o meno incentivare la diffusione
delle tecnologie e la loro integrazione nelle abitudini dei cittadini. Ad esempio la mancanza di fondi
adeguati nelle scuole polacche precede la mancanza di materiale per l’insegnamento e la mancanza di
tecnologie. Molti insegnanti si lamentano dello scarso numero di PC, DVD e anche di attrezzature
televisive nelle loro classi e ciò non consente loro di sviluppare metodi di insegnamento interessanti e
seducenti per gli studenti.
A questi fattori, poi, se ne aggiungono altri di natura soggettiva, connessi prevalentemente alle
modalità di utilizzo del medium e alle sue funzionalità: si tratta di comprendere se l’uso del web, ad
esempio, è strumentale oppure espressivo, ovvero se mette in campo competenze di potenziamento o
strategiche che inducono il soggetto a un diverso posizionamento di fronte al medium, anche in
termini di consapevolezza.
3. Profili di docenti
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Nel tentativo di descrivere sinteticamente gli aspetti di maggiore rilevanza relativi ai docenti e al loro
rapporto con i media a scuola nei sei paesi Europei coinvolti nel progetto, in un’ottica transnazionale,
sono stati ricostruiti i principali profili attraverso un’analisi multidimensionale: la cluster analysis.17
Gli esclusi dal cultural divide (271 unità, 57,78% del campione) rappresentano il primo cluster
che sintetizza poco più di metà del campione oggetto di indagine e rappresenta al suo interno un
profilo piuttosto “canonico” di insegnante vecchia maniera, monomediale, legato a un uso routinario
della tv e non addomesticato alle nuove tecnologie nella vita privata, come in quella lavorativa.
Questa distanza con una realtà mediale ben più variegata di quella sostanzialmente da loro esperita,
dovuta anche all’età, comporta concrete barriere nell’accesso, nell’avvalersi dei media a scuola, a
prescindere dalla mancanza di supporti, di cui comunque si lamentano. A detta dei rispondenti,
mancano politiche scolastiche volte a coniugare l’apprendimento tradizionale con l’innovazione
didattica, una pianificazione e un monitoraggio delle attività che possa in qualche modo facilitare
l’accesso di nuove routine a scuola. Un ultimo problema di cui tenere conto è il forte gap
socioculturale percepito dai soggetti che, per loro stessa ammissione, sentono nell’approcciarsi alle
nuove tecnologie.
Il profilo fin qui descritto è di insegnanti acritici, prevalentemente Italiani e, in misura decisamente
minoritaria, Bulgari.
Gli esclusi dall’economic divide (36 unità, 7,68% del campione) sono lettori e scrittori occasionali
di multimedia, ma completamente acritici e afruitori mediali a scuola: manifestano difficoltà di
contestualizzazione e costruzione critica di profili didattici con le tecnologie.
Il secondo cluster, vista la numerosità, rappresenta una piccola nicchia del campione che sostanzia un
profilo assai differente dal precedente per età anagrafica, in buona parte giovane (dai 20 ai 35 anni), e
per una declinazione piuttosto variegata rispetto al pattern di media in esame: la fruizione è spesso
occasionale, ma spazia fra le nuove forme di televisione (mobile tv, iptv, TV via cavo, webtv e il
digitale terrestre), fino ad un uso più intensivo della radio, nelle sue differenti modalità di ascolto, e
un routinario approccio alla lettura della free press. A tale confidenza con il mondo mediale non
corrisponde però un uso delle tecnologie comunicative che, ancora una volta, risultano ai margini delle
aule scolastiche. Sono molteplici in questo caso le motivazioni addotte, fra cui la mancanza di
materiali di insegnamento ad hoc, i problemi economici dovuti all’assenza di fondi dedicati e quelli
infrastrutturali. Colpisce, in particolare, che poco più di un terzo dei docenti intervistati esprima una
mancanza di motivazione individuale nell’attivare Media Education in ambito didattico percorsi.
Gli internauti appassionati e volenterosi (128 unità, 27,29% del campione) costituiscono il terzo e
ultimo cluster, rappresentato in particolare dalla Romania (24,22% rispetto al cluster). Pur
manifestando tutti i principali problemi che non consentono l’utilizzo dei media a scuola, dalla
mancanza di strutture fino al gap socioculturale, i soggetti palesano un livello più basso di
problematicità rispetto ai già menzionati profili. Questo potrebbe essere giustificato dalla
consapevolezza, da parte dei rispondenti, che ciascun ostacolo indicato può essere agevolmente
17
La cluster analisys è stata effettuata utilizzando il programma SPAD.N (Système Portable pour l’Analyse des
Donnès). Obiettivo di questo tipo di analisi multivariata consiste nell’assegnare i casi (soggetti) della matrice dei dati
all’interno di un certo numero di gruppi caratterizzati da una forte omogeneità interna, ma fra loro molto differenziati.
L’omogeneità/eterogeneità viene stimata attraverso la scelta di un certo numero di variabili volte appunto a discriminare i
diversi gruppi. Allo scopo di semplificare la matrice dei dati e ridurne la ridondanza, si è applicata previamente l’A.C.M.
(Analisi delle Corrispondenze Multiple) che ha consentito di individuare le dimensioni più rilevanti che sottostanno a insiemi
di variabili fra loro associate. Cfr. Giovanni Di Franco, EDS: Esplorare, descrivere e sintetizzare i dati. Guida pratica
all’analisi dei dati nella ricerca sociale, Milano, Franco Angeli, 2001, 226.
Nello specifico sono stati individuati quattro cluster, anche se ne verranno descritti solo 3, evidenziandone gli
aspetti di maggiore salienza, escludendo il quarto che rappresenta il piccolo gruppo dei missing 7,25% rispetto al campione,
ovvero delle mancate risposte dei soggetti intervistati al questionario.
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sorpassato attraverso interventi effettivi ed incisivi nel tessuto scolastico. Gli insegnanti, in questo
caso, mostrano curiosamente un generale disinteresse per i media generalisti nella propria vita
quotidiana, indicando Internet come medium d’elezione che assume, non a caso, la percentuale del
96,88% all’interno del gruppo.
3.1 Quadro degli insegnanti Bulgari
La tecnologia a scuola è ancora usato inizialmente per motivazione e intrattenimento. Loro usano la
Broadcasting TV, Satellite TV, DVD, Cinema and Internet per piacere. I media raramente sono usati
per stimolare la creatività.
Dal 1989, il paese ha lavorato sulla riforma dell’intera struttura educative dalla scuola primaria
all’istruzione superiore e come diretto risultato la qualità dell’educazione in Bulgaria oggi è molto più
sofisticata e di standard più elevato rispetto solo a pochi anni fa.
Relativamente allo status dell’educazione in Bulgaria oggi c’è stato una forte e prolungata pressione
del governo per reperire i fondi significativi e necessari per l’istruzione. In Bulgaria per consentire agli
insegnanti di accedere agli strumenti e alle risorse, è opportuno educare con successo i giovani del
paese affinché siano più competitivi e stiano a fianco dei bambini Europei per rafforzare l’economia
del continente e la sicurezza.
A parte il fatto che Internet è il più popolare medium con vari tipi di utilizzo, l’accesso a Internet a
scuola è ancora inadeguato nella maggior parte delle città bulgare. In accordo con una ricerca del
2006, a Sofia, a scuola c’era un PC per 32 studenti. Il numero medio di computer nelle scuole in tutto
il paese di allora era di 9,5. C’erano state in atto strategie del governo Bulgaro di fornire agli studenti
con più computer. Nonostante ciò, il migliore scenario non consentirebbe più di 1 PC per 12 studenti
in una scuola alla fine del 2009 (State Agency for Information Technologies, Report Bulgaria).
Nonostante la tendenza crescente nel fornire più computer nell’ambiente educativo, la mancanza di
competenze degli insegnanti ostacola gli studenti nell’acquisire più sostanziali abilità nell’uso del PC e
di Internet a scuola. La maggior parte degli insegnanti intervistati afferma che loro usano Internet in
modo interdisciplinare. Loro lo utilizzano anche per lavori individuali e di gruppo. La mancanza di un
numero sufficiente di PC e sopra tutto la mancanza di competenze degli insegnanti bulgari, comunque,
spinge gli studenti a cercare altre opzioni di apprendimento proprio come usare i loro computer di casa
oppure quelli degli Internet club. Tutti i tipi di TV non sono preferibili strumenti educativi nelle scuole
Bulgare (solo 1 o 2 insegnanti hanno risposto di usare la TV come strumento di insegnamento).
C’è stata una crescente tendenza di usare il digitale terrestre negli ultimi due anni. In ogni caso non è
un medium comunemente usato a scuola.
3.2 Il quadro degli insegnanti in Polonia
In internet sembrano concentrarsi tutte le motivazioni di utilizzo, soprattutto quelle cognitive che
considerano quest'ultimo, insieme al libro, il medium più adatto allo studio, ma anche alla ricerca e
l’esplorazione. L’aspetto ludico è stato attribuito al cinema e al teatro, oltre che al web, che rimane lo
strumento privilegiato per l’engagement, per stimolare la motivazione allo studio, per non parlare della
collaborazione e la condizione. Il cinema in aggiunta è piacevole e divertente, mentre il teatro stimola
l’attivismo soggettivo e l’autonomia. Gli strumenti della SELF-EXPRESSION in ogni caso
rimangono: la fotografia (19 risposte) e videocamera, teatro e musica (16 risposte ciascuno).
Al fine di favorire la comprensione dei risultati della ricerca polacca, gli insegnanti non hanno
attribuito alcuna rilevanza ai molti media e, probabilmente, non li usano in classe.
In Polonia, la maggior parte dei media non è menzionato dagli intervistati né come oggetto di studio,
né come strumento. Gli unici che sembrano avere una debole considerazione sono Internet, sia dal
punto di vista dell’analisi (in quanto oggetto di studio), sia come strumento didattico, i DVD, le
fotografie e i giornali. La scarsa addomesticazione di questi media, induce a considerazioni quasi
inesistenti relativamente al livello di trasversalità dell’insegnamento, ai metodi di lavoro e alle
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strategie didattiche adottate, comunque lontane dal cooperative learning, dalla simulazione ai giochi di
ruolo in classe
3.3 Il quadro degli insegnanti in Italia
Gli insegnanti italiani non considerano i digital media come strumenti per migliorare la loro didattica e
il loro modo di insegnare nel lavoro quotidiano. Sembra persistere, tra insegnanti e in generale adulti,
una forma di resistenza culturale e un basso livello di alfabetizzazione sui media; la maggior parte
degli insegnanti intervistati dichiara di non usare abitualmente i media sul piano didattico e anche
quando lo fanno, si tratta di media tradizionali (non nuovi media digitali), usati come strumento
didattico invece che in modo critico. Essi sono connessi all’uso disciplinare rispetto a quello
interdisciplinare, mai come simulazione o gioco di ruolo.
In generale, le differenti forme di tv, giornali, libri e Internet sembrano essere percepiti come strumenti
cognitivi, mentre alcuni sono sbilanciati sull’informazione, come ad esempio la tv, la radio e i
giornali, altri ancora sono sbilanciati sulla ricerca, come Internet, altri infine sulla riflessione e la
ricerca approfondita come i libri.
Cinema e DVD sono i media più emozionali specialmente per il coinvolgimento e la motivazione.
L’auto-espressione e la creatività orientati ai media sono la videocamera e la fotografia, i cartoon e i
fumetti. Il teatro e la musica sono considerati fra comportamenti outdoor particolarmente emozionali
anche per aumentare la creatività e il coinvolgimento. I videogames, infine, sono orientati
sull’attivismo/protagonismo del soggetto, mentre I cellulari sono orientati sulla condivisione di files,
sebbene il loro uso a scuola sia istituzionalmente vietato.
Gli insegnanti Italiani sentono di non essere messi in condizione di usare questi strumenti a causa della
mancanza di risorse economiche in grado di aiutarli nella sperimentazione delle tecnologie
comunicative come sussidi didattici a scuola.
Qualche tipo di importanza è dato anche alla difficoltà nell’armonizzazione dell’uso dei media a
scuola e alla paura che le attività potrebbero non avere un riconoscimento formale/istituzionale. Un
ultimo aspetto sottolineato dagli insegnanti è la scarsa motivazione e la mancanza di collaborazione fra
colleghi nel pensare e nel definire workshop che potrebbero superare i confini disciplinari.
3.4 Il quadro degli insegnanti in Belgio
In generale, i media sono principalmente usati come strumenti per l’insegnamento. Le attività di
analisi sono più frequenti di quelle relative alla produzione. Rispetto ai metodi di lavoro, tutti i tipi di
media principalmente sono usati attraverso lavori di gruppo. La simulazione e il gioco di ruolo non
sono invece mai usati, eccetto Internet per la simulazione delle attività.
L’uso di Internet e dei quotidiani è più trasversale come strumento didattico, ma anche come oggetto
di studio (Media Literacy) in classe. Soprattutto nel caso di Internet sono enfatizzati sia l’analisi che la
produzione come strategie didattiche, l’uso disciplinare o interdisciplinare e l’applicazione di diversi
metodi: dallo studio individuale a quello di gruppo, compresa la simulazione in alcuni casi (nel 22%).
In Belgio, l’esplorazione, l’interesse, la motivazione, l’auto-espressione e la creatività non fanno parte
delle principali ragioni dell’uso specifico delle tecnologie. Le ragioni che erano menzionate al minimo
dagli insegnanti sono state l’impegno, la collaborazione, la condivisione, l’autonomia e l’attivismo.
Quet’ultimo è stato menzionato solo poche volte.
I media emotivi potrebbero essere musica, teatro, cinema, DVD, ma anche libri, videogame e cartoons
usati per piacere e divertimento, i fumetti per motivazione (20%) e la tv (16%) e Internet per interesse.
Il web è il medium della collaborazione e della condivisione (con il cellulare) e per l’autonomia
(18%).
In Belgio, i problemi infrastrutturali ed economici sono chiaramente le principali difficoltà nell’uso dei
media. Al secondo posto, gli insegnanti sottolineano la mancanza di materiali per gli insegnanti,
problemi di competenza, la mancanza di coesione con il programma ministeriale. Gli insegnanti poi
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attribuiscono poca importanza a problemi come il gap socioculturale rispetto alle condizioni delle
famiglie degli studenti, la mancanza di un riconoscimento istituzionale delle attività effettuate, la
pianificazione di problemi, ecc. Infine possiamo affermare che il problema meno importante secondo
gli insegnanti è la mancanza di motivazione individuale.
3.5 Il quadro degli insegnanti in Lituania
La maggior parte degli insegnanti Lituani usa Internet, tecnologie audiovisive. I docenti di lingua
hanno considerato la radio uno strumento molto utile per ascoltare frasi, parole, anche quando gli
studenti ascoltano la musica. I quotidiani potrebbero essere strumenti interessanti (specialmente
giornali on line, libri e riviste) che aiutano a trovare nuove informazioni rapidamente e ciò consente
agli studenti di apprendere quanto sintetizzare e rappresentare l’informazione. Internet è interessante,
accelera il lavoro in classe, attiva un processo di apprendimento interessante e valido. Come obiettivo
di studio, Internet aiuta gli studenti a trovare materiale, sviluppare il linguaggio parlato, migliorare la
conoscenza degli studenti.
Solo qualche volta gli insegnanti hanno incontrato problemi come la riduzione di abilità di scrittura,
poiché la maggior parte degli studenti non usa le lettere giuste quando digita le parole, usa brevi
espressioni che rendono il loro linguaggio più povero. Durante le lezioni, i film-documentari sono
mostrati agli studenti, qualche film aiuta ad allargare la loro conoscenza. Usando i DVD recorder,
player e i computer gli studenti guardano concerti, opere, balletti, ascoltano musica. Il loro feedback i
è positivo: sono interessati ad avere l’opportunità di espansione della loro conoscenza, analizzano
film, sviluppano abilità nel parlare, specialmente nella pronuncia. Gli studenti cercano informazioni
nei quotidiani e questo è, per lo sviluppo dell’informazione, un interessante modo di apprendere, loro
infatti trovano temi di discussione.
Durante le lezioni di Information Technologies gli studenti analizzano il layout dei giornali e poi
creano il loro proprio giornale con il programma Microsoft Word. In questo modo, gli studenti
migliorano le loro abilità di lettura; si preparano per l’esame finale. A loro piace questo tipo di attività
e sono stimolati a cercare diversi tipi di materiali sul giornale.
4. Breve nota conclusiva
Come emerge nell’analisi dei singoli cluster, la Media Education pur essendo spesso annoverata fra le
“buone pratiche” per una scuola della modernità, non sembra ancora aver guadagnato sul campo un
diritto di cittadinanza rispetto alle materie che da sempre fanno parte dei programmi scolastici
ministeriali. Troppi i ritardi da un punto di vista culturale che si accompagnano a un silente
atteggiamento di poca sensibilità istituzionale e ad un volontarismo, da parte degli insegnanti, che
senza politiche di finanziamento e corsi di aggiornamento non può riuscire a colmare un gap così
fortemente sentito. Anche in questo caso è possibile rilevare una discrepanza fra la realtà vissuta nelle
scuole e le normative europee in materia di Media Literacy che stimolano linee e investimenti politici
in termini di alfabetizzazione tecnologica e competenza media educativa.
Secondo l’interpretazione sociologica di alcuni studiosi, nello stimolare il processo di apprendimento
del ragazzo la scuola sembra focalizzare l’attenzione prevalentemente sulla dimensione cognitiva,
alimentando un vuoto emotivo ed esistenziale e uno strategico relazionale che spesso si pongono alla
base dell’incremento del disagio giovanile. La scuola in genere non sempre prende adeguatamente in
considerazione l’educazione all’emozione o la dimensione emotiva dell’apprendimento, quella stessa
dimensione che i giovani sviluppano intensamente fuori la scuola anche attraverso i mezzi di
comunicazione. In genere, il coinvolgimento emotivo stimola interesse e volontà di apprendimento; la
sua sottostimata considerazione, quindi, pregiudica il processo cognitivo di acquisizione delle
informazione, interiorizzazione e memorizzazione, perché orienta visioni e interpretazioni della realtà.
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In questo quadro, la prospettiva media educativa potrebbe rappresentare l’anello di congiunzione fra la
scuola, ancora lontana dall’emotività, e la sfera più sviluppata dai giovani attraverso le tecnologie.
D’altro canto, non bisogna sottovalutare un grande problema moderno legato ai mezzi di
comunicazione, ovvero il fatto che i giovani sviluppano un’emotività incontrollata attraverso la
fruizione: sin dalla nascita vivono esperienze di sovraccarico affettivo senza capacità di contenimento
e di elaborazione. La loro risposta immediata alla realtà è spesso confusa con una super capacità di
rielaborazione cognitiva, mentre spesso rappresenta soltanto una emotività incontenibile (Galimberti,
2009). In questa ottica, dunque, una forma di educazione all’emozione diventa indispensabile per
contenere l’eccesso delle reazioni soggettive spesso alla base di atteggiamenti paranoici, al senso di
diffidenza, da cui può derivare aggressività e atteggiamenti di minaccia costante nei confronti della
realtà esterna. L’alfabetizzazione emotiva si pone alla base della gestione del centro neurologico delle
emozioni nella sfera cerebrale da cui derivano comportamenti di autoconsapevolezza, autocontrollo,
empatia. Analogo discorso è rivolto alla Media Education che potrebbe consentire di mediare,
controllare l’eccessiva emotività dei giovani, inducendo a un miglior controllo delle pulsioni, offrendo
diverse lenti di lettura e di interpretazione della realtà, da cui sviluppare autoconsapevolezza e
autocontrollo rispetto ai linguaggi mediali.
Il passaggio alla prospettiva media educativa è più obbligato di quanto apparentemente possa sembrare
o di quanto gli organi istituzionali riescano a assicurare; il motivo prevalente è la necessità di
rispondere in modo concreto e serio all’”emergenza giovanile”, soprattutto sempre più indecifrabile e
lontana in termini di proiezioni, aspettative per il futuro, rispetto alla generazione adulta.
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Note conclusive
La spirale delle disuguaglianze
Ida Cortoni
“Più che connessi, ubiqui, più che tecnologici, insonni, più che digitali, mutanti. Adolescenti senza fili in un mondo
dove ogni mattina si può impostare la propria colonna sonora, infilare gli auricolari dell’IPod e camminare così,
mescolando la realtà, i messaggi e i codici” (Repubblica del 21/01/2010).
Questo stralcio di articolo sintetizza in poche battute un quadro di generazione, stimolando fra le righe
una piccola riflessione sugli effetti, spesso involontari e incondizionati, della convergenza digitale. La
sua accelerazione, evidente nei comportamenti culturali, lascia scorgere forme autoriflesse di
divergenza sociale, culturale, comportamentale, mentale, contribuendo a ridefinire i contorni
dell’essere giovani nell’era del post.
Confrontando queste brevi note con i risultati di On Air, i teens intervistati sembrano rientrare
apparentemente nei tratti della generazione multitasking, evidenziando le differenze comportamentali
e conoscitive rispetto agli adulti-insegnanti.
Il gap intergenerazione, fruitivo e conoscitivo, rispetto alle nuove tendenze digitali, è evidente nel
nostro campione su tutti i fronti, dal web al mobile, dalla stampa alla radio: gli adulti sono più
tradizionalisti e monomediali, mentre i giovani più mobili e tecnologicamente flessibili. Il primo dato,
dunque, si pone effettivamente in continuità con quanto condiviso nel dibattito pubblico e scientifico
sul rapporto con i media digitali: nativi vs immigrati (Gasser, Palfrey, 2008).
Questa prima nota, di certo, non ricostruisce in modo completo il rapporto degli intervistati con le
tecnologie; nella ricerca, infatti, sono emersi con evidenza gap intragenerazionali di consumo e di
competenza per entrambe i poli del binomio: giovani e adulti. Nel primo caso, più del secondo, la
differenza di percezione di utilizzo è molto condizionata da variabili socioculturali e strutturali, non
sempre dipendenti dalla volontà o dalle caratteristiche personali; nel secondo caso invece le variabili
contestuali sono rafforzate da fattori biologici, come l’età, che effettivamente definiscono diversi tipi
di approccio e diverse disponibilità e atteggiamenti di apertura nei confronti dei media, soprattutto se
digitali.
Dall’analisi dei comportamenti culturali, i teens sembrano geneticamente predisposti a intelligenze
connettive (De Kerkhove, 1997), alla reticolarità e alla multiformità dei gesti e dei pensieri; questa
loro potenzialità tuttavia è limitata da un paniere di variabili che vincola e ridimensiona lo sviluppo
neurologico e di comportamento.
I fattori discriminanti, generatori di disuguaglianze, sono molteplici e classificabili in una sorta di
spirale immaginaria. Al primo posto si collocano fattori infrastrutturali e tecnologici: non tutti i
cittadini dispongono e accedono in modo equo alle stesse opportunità mediali. Chi possiede adeguate e
aggiornate infrastrutture e strutture hardware e software è agevolato nel costruire un rapporto più
eclettico e flessibile con i media digitali, rispetto a chi non ha nemmeno condizioni economiche
sufficienti per allinearsi con il grado di sviluppo e di avanguardia tecnologica socialmente diffuso
(disuguaglianze di accesso). Al secondo posto, si pongono sia fattori politico-giuridici, relativi alle
disposizioni governative per favorire e agevolare l’integrazione tecnologica in famiglia e a scuola, sia
fattori economici, legati al reddito familiare, e dunque dipendenti dallo status e dalla condizione
professionale. Il possesso e la disponibilità di un bene tecnologico, così come lo stato di
aggiornamento e di avanguardia dei tools mediali condizionano la frequenza e l’intensità di utilizzo e,
dunque, il processo di appropriazione del medium; questo aspetto si pone alla base anche della sua
familiarità di utilizzo e dell’acquisizione di una serie di competenze informatiche soggettive, non solo
operative (Bentivegna, 2009).
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La spirale delle disuguaglianze spiega non solo i gap inter e intra-generazionali, ma anche quelli
geografici, connessi alle possibilità di sviluppo e di integrazione delle tecnologie nel tessuto e nelle
abitudini delle persone. Ad esempio nei paesi dell’Est, coinvolti nella ricerca, si rileva una scarsa
penetrazione, negli adulti ma anche nei giovani, del pensiero e del consumo trans mediale; in questo
caso i ragazzi possono essere considerati a tutti gli effetti nativi digitali, perché sviluppano, nei limiti
del possibile, un modo di fare, di pensare e di agire eclettico e flessibile, ma solo di riflesso perché
respirano ai margini gli influssi dell’avanzamento tecnologico della Network Society.
Per utilizzare un’espressione tratta da un quotidiano: “cambiano le latitudini ma la generazione X si
muove così in tutto il Globo” (Repubblica del 21/01/2010). I giovani del campione analizzato
concentrano la loro attenzione su quelle tecnologie che, a causa di fattori discriminanti della spirale,
sono disponibili nel loro paese, spesso non propriamente avanguardiste. In tal senso, parliamo sempre
di propensione generazionale ad atteggiamenti indipendenti rispetto ai diversi media e allo sviluppo di
modalità di fruizione reticolari e multitasking, evidenziando tuttavia tipologie, livelli o intensità di
utilizzo molto diversi fra loro.
Secondo quanto descritto, alla base del digital divide decisamente non si intende solo la divisione fra
gli haves e gli haves not, bensì “un continuum basato su differenti gradi di accesso alle tecnologie
dell’informazione” (Warschauer, 2001, p.1). E’ come dire che il divide costituisce una caratteristica
intrinseca della società della comunicazione, perché il continuo progresso tecnologico indurrà sempre
alla costituzione di diversi livelli di utilizzo del medium, anche con politiche di Welfare orientate alla
democratizzazione dell’accesso, alla dotazione infrastrutturale e all’alfabetizzazione informatica di
massa. Da qui la metafora della spirale. La disuguaglianza digitale andrà ad accumularsi e ad
acutizzare ulteriormente quella socioculturale ed economica, determinata sia dal posizionamento degli
individui (professionale, politico, educativo e naturalmente economico), da cui dipende il processo di
appropriazione tecnologica, di utilizzo critico e di inclusione sociale, sia dalle politiche sociali che
possono più o meno incentivare la diffusione delle tecnologie e la loro integrazione nelle abitudini dei
cittadini.
La desocializzazione dell’in-dipendenza giovanile
Se spostiamo il focus di analisi sulle nuove generazioni, dalla ricerca non si evince alcuna specifica
categoria quale driver di precisi stili di consumo, nessun medium leader della fruizione e della
socializzazione e, infine, nessuna tendenza identificativa, sempre in termini di abitudini, per le singole
nazioni coinvolte nel progetto europeo.
Così, se l’eclettismo e la flessibilità comportamentale per alcuni versi sono indicatori di un
atteggiamento indipendente rispetto al media system, per altri sono segni dello stato di instabilità ed
insicurezza esistenziale nelle scelte e negli obiettivi di fruizione.
Dall’analisi dei comportamenti culturali delle nuove generazioni si evince quella latenza, tipica del
postmoderno, in termini di precisi obiettivi e orientamenti etici, capaci di supportare le scelte dei
ragazzi: una condizione che riflette lo stato di precarietà e fragilità socioculturale raccontata da molta
letteratura scientifica.
Nel dettaglio, se è apprezzabile la capacità di gestione e manipolazione autonoma del soggetto rispetto
ai diversi stimoli mediali, soprattutto nell’ottica di raggiungere obiettivi momentanei; dall’altro, in
questo quadro nessun medium sembra configurarsi come particolarmente incidente e significativo nel
processo di socializzazione del teen. È come se quest’ultimo sfruttasse appieno la natura strumentale
delle tecnologie, utile per raggiungere obiettivi di identificazione e di integrazione socioculturale,
svuotando il medium di rilevanza culturale, soprattutto quando non è autoprodotta dal soggetto.
Anche in questo caso, potremmo parlare di una forma esagerata di individualismo nelle pratiche di
consumo, con cui non intendiamo un rapporto isolato o solitario con la tecnologia, quanto la tendenza
a leggere quest’ultima solo come semplice protesi espressiva del proprio ego.
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Una condizione di eccesso, o di utilizzo sproporzionato del medium, tuttavia, per appagare quasi il
desiderio di onnipotenza induce inevitabilmente a un’iposocializzazione, perché regala l’illusione di
soddisfare il senso di integrazione, di attivismo, di flessibilità delle esperienze attraverso una continua
moltiplicazione delle chance di vita attraverso il digitale; questa stessa illusione può essere rischiosa
perché infinitamente autopoietica. A queste condizioni, secondo Umberto Galimberti, “a subirne le
conseguenze sono le personalità predisposte a vuoti interiori, ragazzi poco seguiti dai genitori, menti
convinte che in Rete prima o poi qualcosa comunque succede”18 . L’unica valenza culturale
riconosciuta, poi, in questi casi è legata quasi esclusivamente alla profondità e alla creatività
produttiva, nonché alla capacità di analisi critica del soggetto utente. Da qui, l’esigenza di un’accurata
riflessione sulla natura delle competenze digitali delle persone.
L’ipotetico svuotamento del potere socializzante dei media, come propulsori di conoscenza e valori, è
probabilmente il riflesso incondizionato di un vuoto valoriale più profondo, che esiste a prescindere
dal medium, ma condiziona il rapporto che i ragazzi instaurano con esso. Questa ipotesi sembra
rafforzata da una seconda constatazione, secondariamente emersa nei focus group della nostra ricerca:
la consapevolezza dell’indebolimento dell’asse etico-morale condiviso e dalla perdita di autorevolezza
informativa/formativa da parte delle stesse tecnologie. Spesso la conoscenza del retroscena nei
processi di costruzione del testo mediale consente di scovare quegli escamotage stilistici ed espressivi
che confezionano l’evento, distorcendone il significato. Da ciò deriva la perdita di fiducia nei
confronti dei sistemi mediali e, dunque, la scarsa credibilità attribuitagli anche in termini di
socializzazione. Da qui, un’ulteriore riflessione sul grado di consapevolezza mediale maturato nei
ragazzi, il quale non deriva da una conoscenza formale dei meccanismi di newsmaking, ma quasi
esclusivamente dall’esperienza fruitiva e dal senso condiviso nell’opinione pubblica.
Dall’hardware al software: inversione di focus?
Allontanando il focus per abbracciare una prospettiva più generale, è possibile riflettere e avanzare
audacemente l’ipotesi secondo cui il medium inteso come hardware, tecnologia tangibile, sembra
perdere progressivamente di peso e valore per essere ridefinito sulla base delle sue funzionalità legate
quasi esclusivamente ai bisogni del soggetto. In altri termini, la funzione comunicativa del medium
assume più importanza dello stesso mezzo tecnologico, tanto che la celebre espressione “il medium è
il messaggio” di McLuhan sviluppa un minore potere di impatto sul soggetto, che subordina la
comunicazione a obiettivi e motivazioni di utilizzo personali, prescindendo dalle caratteristiche della
specifica tecnologia.
Tali movimenti di coordinate sull’asse dei consumi culturali delle nuove generazioni fanno emergere
anche nuove considerazioni sulla necessità di ridefinire il concetto stesso di media, abbandonando
definitivamente tradizionali attributi per etichettare le nuove configurazioni tecnologiche, frutto spesso
di ibridazioni mediali (come web tv, mobile radio,…), espressive o funzionali (come blog, social
network, wiki, ecc.) (Lughi, 2004).
Social network, skype, blog, ecc. risultano a tutti gli effetti nuove protesi mediali, soprattutto per le
nuove generazioni che li esperiscono naturalmente e non conoscono, o non comprendono, una realtà
diversa da quella in cui sono quotidianamente immersi, sebbene molte di queste tecnologie non
abbiano materialmente un hardware. Da qui, maturano alcune ipotesi interpretative per inquadrare i
consumi culturali di generazione, non più partendo dal semplice hardware, bensì dalle funzioni
culturali e sociali che questo può soddisfare.
Nelle risposte dei giovani intervistati ai questionari, il riferimento a Internet è certamente
predominante: “un posto dove andare a cercare l’inaspettato e l’ineffabile. Il web offre ai giovani una
18
Umberto Galimberti in un’intervista tratta da “vivere con un computer, e la tecnologia diventa una droga”,
Repubblica del 25/06/2007.
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piattaforma dove cercare nuovi orizzonti”19 . Questo dato tuttavia risulta poco significativo, se non
esplicitato attraverso le funzioni svolte dai ragazzi con il web, oppure attraverso le modalità e
l’intensità di utilizzo, da cui ricavare effettivi stili di consumo e più o meno intense modalità di
fruizione.
Internet è il meta-medium per eccellenza, quasi fosse il gate per accedere a una dimensione parallela
rispetto a quella tangibile, in cui è possibile ricostruire un ulteriore paniere dei comportamenti
culturali, etichettabile per tipologia, per combinazione di attività svolte, per intensità e modalità di
utilizzo. Così, nel web è possibile racchiudere molteplici forme di consumo: da quella più semplice e
meno interattiva, focalizzata quasi esclusivamente sull’uso di applicazioni basic (approccio cognitivo),
a quelle esplicitamente relazionali, oppure quelle più creative e interattive (approccio del mediaattivismo) distinguibili in operative, con profonde opportunità di protagonismo e condivisione del
digitale, e strategiche, specifiche della gestione e della progettazione multimediale.
Secondo questa diversa prospettiva di analisi, il quadro dei giovani e degli adulti con i digital media
cambia in modo energico: difficilmente i teens della nostra analisi hanno manifestato un’alta
competenza strategica, soprattutto con il PC e la videocamera, mentre presentano un buon livello di
competenza in primis dal punto di vista relazionale, poi cognitivo e, in alcuni casi, operativo.
I dati della ricerca sembrano confermare l’esistenza di una relazione fra competenza maturata e tipo di
utilizzo: dove quest’ultimo si intensifica, la competenza aumenta. In tal senso, l’esperienza fruitiva
gioca un ruolo rilevante nello sviluppo di alcune competenze digitali tacite, legate al saper fare, che
tuttavia non restituiscono la completezza del significato al termine, in quanto esso presuppone anche il
sapere (teorico e non pragmatico) e il saper essere, inteso come capacità di analisi critica e di
contestualizzazione di quanto interiorizzato in modo creativo.
Certamente la facilità di utilizzo e la gratuità di accesso favoriscono in alcuni casi lo sviluppo del
sapere tacito, soprattutto di nuova generazione, contribuendo a incrementare i gap con gli adulti che
non sanno e non sanno fare. Quando tuttavia si considerano quei media, meno accessibili e meno
comprensibili attraverso la pratica, come ad esempio l’uso della videocamera o del PC per funzioni più
sofisticate e creative, la differenza intergenerazionale si riduce: i giovani hanno meno competenze di
utilizzo, ma molto simili a quelle degli insegnanti-adulti.
Il capitale culturale della Cittadinanza digitale
Per incentivare la diffusione di una “cittadinanza digitale”, il sostegno governativo e politico,
l’avanguardismo tecnologico e l’aggiornamento tecnico non bastano.
La dimensione educativa, culturale e sociale sono fondamentali per favorire l’inclusione del medium
nel contesto circostante e garantire un utilizzo consapevole, autonomo e critico. Queste risorse
culturali derivano in parte dal retaggio educativo, attraverso cui si costruiscono anche opportunità di
relazione, interazione e condivisione di esperienze e conoscenze soggettive.
Il capitale socioculturale pregresso, sebbene non in modo esclusivo e assoluto, interviene nella
personalizzazione e nella domesticazione delle tecnologie, determinando pesantemente l’ibridazione di
variabili educative, tecnologiche e personali alla base del comportamento culturale e dello sviluppo di
competenze (Silverstone, 2002; Thompson, 1995; Marinelli, 2004).
Nella società del post, però, questo binomio fra humus socioculturale e inquadramento tecnologico è
fortemente squilibrato. È come se, nel corso del tempo, il riconoscimento della centralità del soggetto
nei modelli pedagogico-didattici avesse svuotato la valenza educativa dell’attivismo soggettivo
Deweyniano, trasformandosi nella legittimazione di una presa di potere del giovane, o di un lascito
inconsapevole da parte dello stesso adulto.
19
Intervista a Tilde Giani Gallino, psicologa dello sviluppo, nell’articolo “Ma demonizzare non serve è il virtuale la
loro vera realtà”, Repubblica del 13/02/2008.
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“Perduti nel perdono. Gli amici non disapprovano, le madri difendono, la scuola ci passa sopra”20 ,
questa fase tratta da un articolo di giornale sintetizza efficacemente il problema moderno del
cambiamento dei modelli culturali ed educativi nei tradizionali contesti di socializzazione, spesso
additati nel dibattito pubblico e scientifico come effetto o sintomo di una dilagante crisi. Il rapporto
fra genitori e figli, fra insegnanti e alunni, ha subito una profonda metamorfosi, potremmo dire
fortemente pendente sui secondi.
Le conseguenze di questo sbilanciamento di ruolo sono uno squilibrio educativo, poiché si ribalta la
subordinazione fra educatore ed educando. Quest’ultimo predomina il primo, nel senso che si sottrae
al processo educativo proposto dal docente, ormai delegittimato dal proprio ruolo, perché portatore di
valori non più socialmente e culturalmente riconosciuti o quanto meno condivisi (Morcellini, Cortoni,
2007).
“Il successo economico, il consumo, la macchina, i modelli dominanti dei media” secondo Paolo Ferri
sono i nuovi valori: “Sono tutti firmati, questi ragazzini, e i genitori li difendono sempre perché vivono
la scuola come estranea e non come bene comune”21. Per continuare con le parole di Antonio
Cantelmi, psichiatra, i giovani “hanno perso quasi del tutto la capacità di riflettere e di cercare di
capire il significato anche simbolico delle loro azioni e dei loro pensieri. Alla fine il modello verso cui
stiamo andando è quello che ci vuole estremamente efficienti dal lunedì al venerdì per prepararci allo
sballo del week end. È uno scenario al quale dobbiamo abituarci”22.
Le ragioni sociologiche e antropologiche di questi cambiamenti possono essere molteplici e
difficilmente circoscrivibili in un modello esplicativo e sintetico; tuttavia l’intervento dei media nei
processi culturali, sociali, comunicativi e interattivi della vita dei giovani ha certamente contribuito a
intensificare, o semplicemente rendere più visibile, questa dimensione della crisi.
La questione sociologica sul rapporto intergenerazionale a scuola o in famiglia, non è deducibile in
termini quantitativi dai dati statistici di On Air, tuttavia tale riflessione è rilevante per comprendere
l’atteggiamento individualista del giovane di fronte alle tecnologie, quasi fosse completamente cieco e
sordo rispetto agli stimoli del contesto socioculturale circostante, tanto da considerare come unico
interlocutore se stesso attraverso la capacità espressiva delle tecnologie.
I giovani trovano nei media ideali specchi che riflettono l’immagine del loro ego, che rafforzano e
sostengono qualsiasi forma di autoespressività e creatività soggettiva. Secondo alcuni, “queste protesi
aiutano a costituire un’area intermedia, senza corpo, senza avere accesso allo scontro fisico. C’è la
possibilità di supportare una rappresentazione positiva di sé”23 ; secondo altri, “Internet, social
network, chatline, telefonini, videogiochi e play-station stanno letteralmente alienando un’intera
generazione”24.
La relazione spasmodica con le tecnologie induce a uno sbilanciamento del pendolo della
socializzazione sull’io, soprattutto in virtù di quelle competenze tecniche, acquisite da un eccesso di
fruizione, che secondo alcuni studiosi può sfociare nella cosiddetta “trance dissociativa da
20
Tratto da “I ragazzi perduti di Internet”, Repubblica del 28/01/2007.
21
Tratto da un’intervista in “La Rete è come il vecchio diario e i giovani ci scaricano la vita”, Repubblica,
27/02/2009.
22
Tratto da “Soli davanti allo schermo, si credono “avatar”, Il Messaggero del 25/01/2010.
23
Tratto da un’intervista allo psichiatra ed esperto delle dinamiche dell’adolescenza, Gustavo Pietropolli Charmet, in
un articolo della Repubblica del 21/01/2010 dal titolo “La moltiplicazione dei contatti abbatte il vero mostro, la solitudine”.
24
Tratto da “Soli davanti allo schermo, si credono “avatar”, Il Messaggero del 25/01/2010.
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videoterminale”25. Nello specifico, dai dati della ricerca, sembra venir fuori una progressiva forma di
cittadinanza estetica mediale dei giovani, con cui vogliamo intendere l’eccessivo sviluppo di capacità
di utilizzo autonomo dei codici digitali, che lascia tuttavia intravedere sullo sfondo latenze relative
alla dimensione critica dei testi, alla qualità produttiva, a tutti quegli aspetti riflessivi legati
all’universo mediale, che non possono essere appresi per esperienza diretta, ma necessitano di un
approfondimento teorico e un ragionamento lento, profondo e accorto.
Il riscatto della mediazione culturale
“Mancano valori sociali ed etici, mancano riferimenti culturali e affettivi, la trasmissione dei valori si
è interrotta”, così sottolinea la Anna Oliverio Ferraris in un’intervista al Messaggero, “c’è
un’emergenza educativa ignorata da tutti, che dovrebbe essere affrontata. Se non vengono messi limiti,
se i ragazzi vengono lasciati soli a se stessi, se manca l’azione educativa…”26
Questo è l’appello di una psicoterapeuta di fronte a forme di percezione, di ragionamento e pensiero
così divergenti e proiettati in avanti dei giovani.
Ma perché la scuola e la famiglia dovrebbero eleggere i media fra le strategie educative? La risposta
per molti sociologi della comunicazione e dell’educazione è semplice: per assolvere la loro mission di
socializzazione nei confronti delle giovani generazioni (Morcellini, 2007).
Nell’era digitale, la scuola è il perno intorno a cui si gioca e si definisce lo stato di orientamento della
condizione generazionale; il suo intervento educativo oscilla fra l’essere uno spazio per la mediazione,
il confronto, culturale e sociale, e il restare un ambiente estraneo alle pulsioni emotive e agli eccessi di
creatività individualista del soggetto,
rinunciando alla funzione di socializzazione. Rispetto
all’emergenza digitale, quindi, la scuola potrebbe assumere due atteggiamenti: quello esclusivo e
avulso alle tecnologie, che lascia ai giovani la loro esperienza immediata di eccesso con i media, ma
rischia di perdere definitivamente il suo potere di negoziazione e stimolazione culturale, anche nella
costruzione dell’identità soggettiva. Il secondo atteggiamento invece punta all’integrazione dei nuovi
linguaggi mediali negli obiettivi, nel curriculum e nelle strategie didattiche e comunicative quotidiane
del mondo-scuola.
Proprio la mediazione culturale rappresenta il punto della rottura fra giovani e adulti, alla luce dello
sviluppo delle tecnologie comunicative, e, dunque, anche del loro ricongiungimento. L’intervento di
più apparati e sistemi culturali e sociali (come la scuola, la famiglia, il gruppo dei pari, ecc.) nel
rapporto con le tecnologie potrebbe offrire alla comunicazione mediale una chance di riqualificazione
della propria mission culturale di socializzazione, perché consentirebbe l’ibridazione e lo scambio di
conoscenze e abilità appartenenti a diverse esperienze di vita e di cultura, promuovendo anche una
diversa legittimazione di fronte agli occhi dell’opinione pubblica. La costruzione del trinomio giovani,
tecnologie e famiglia/scuola potrebbe essere la strada per ripercorrere tutti i livelli di competenza
tecnologica dei soggetti con una diversa consapevolezza culturale e una rinnovata capacità riflessiva
dei meccanismi di costruzione del testo, delle scelte linguistiche, delle strategie adatte per produrre
una comunicazione efficace e situata. Si tratta di ripercorrere il tragitto già svolto dai giovani con i
diversi media, analizzandolo in una prospettiva relazionale con altri attori del patto formativo, per
scoprire insieme opportunità di lettura, applicazione, ricontestualizzazione e creazione di nuove
opportunità e stimoli culturali e mediali.
25
La trance dissociativa da videoterminale viene descritta come uno stato involontario di trance frutto
dell’alterazione temporanea dello stato di coscienza, oppure una perdita del senso abituale dell’indentità personale con il
rimpiazzo di un’identità alternativa”, Il Messaggero, 25/01/32010
26
Tratto da “Nutriamo i giovani di violenza e pornografia, c’è l’emergenza educativa ignorata da tutti”, Il
Messaggero del 17/05/2008.
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Questa rilettura potrebbe consentire lo sviluppo di lettori, critici, fruitori e scrittori diversamente
mediali, più autonomi rispetto alle opportunità e ai rischi dei linguaggi e degli strumenti comunicativi.
In accordo con il partner Belga, noi abbiamo il compito di guidarli per diventare adulti. Lo scambio
con gli adulti, prevalentemente insegnanti e genitori, trova lì tutti i suoi significati: i giovani del nostro
focus group sostengono che le generazioni non necessariamente si comprendono reciprocamente, che
una discussione più li avrebbe aiutati. Questo è probabilmente il primo passo verso la riconciliazione
fra generazioni.
Di seguito pochi esempi a supporto sull’uso dei media emersi nel focus group Belga:
•Scegliere insieme l’uso del medium (programma televisivo, abbonamento a una rivista, scelta di un
computer game o di un sito web) .
•Guardare insieme un programma televisivo per parlare di questo, giocare insieme a un gioco sul web.
•Discutere su cosa i media rappresentano, su quello che gli adolescenti hanno capito.
•Identificare qualche emozione presente, il loro impatto sui giovani, l’interesse e gli effetti nocivi dei
media usati.
•Distinguere la fiction dalla realtà (ad esempio a livello di pubblicità, il sesso rappresentato, la
tendenza a far sembrare normale l’alcool, ecc.)
•Usati in questo senso, i media sono grandi strumenti per l’apprendimento e lo sviluppo di valori
positive, e poi supportare la costruzione di adulti responsabili e attori intelligenti delle democrazie
del nostro domani.
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II PARTE
MEDIA ED EDUCAZIONE. DIRE, FARE, RIPENSARE
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La ricerca pedagogica in Media Education. L’articolazione del Progetto On Air
Maria Ranieri
In questo capitolo ci proponiamo di restituire un quadro complessivo dell’articolazione della ricerca
pedagogica condotta nell’ambito delle fasi 2, 3 e 4 del progetto On Air, soffermandoci in particolare
sugli scopi, gli strumenti utilizzati e i risultati conseguiti.
1.Analisi dei case study e delle pratiche mediaeducative
L’obiettivo principale di questa fase è stato quello di individuare, raccogliere e documentare pratiche,
esperienze e progetti di ME nei diversi contesti nazionali rappresentati dai partners del progetto. L’idea
di fondo è stata quella di partire dal basso, ossia dalle pratiche degli insegnanti in un’ottica bottom-up,
per individuare tendenze rispetto agli ambiti di intervento ricorrenti sia sul piano delle competenze che
dei contenuti mediaeducativi affrontati, e al tempo stesso per mettere a fuoco gli elementi di
problematicità più frequenti, le sfide più comuni e le eventuali criticità. Un’ulteriore finalità è stata
quella di “mettere a valore” la pratica degli insegnanti, cercando di individuare esperienze significative
da valorizzare attraverso la disseminazione online delle esperienze. L’attività si è svolta da giugno
2009 a febbraio 2010 ed è stata diretta e coordinata dal MED. Ad essa hanno partecipato tutti i partner,
aderendo con impegno e in modo collaborativo e conseguendo i risultati prefissati. Le attività previste
per questa fase erano così strutturate:
Start up: allestimento degli strumenti di lavoro e avvio contatti con le scuole (giugno-settembre
2009);
Individuazione e descrizione: raccolta dei case studies e pubblicazione sul portale On Air
(settembre-dicembre 2009);
Valutazione e disseminazione: organizzazione di due workshop nazionali e valutazione dei case
study raccolti (gennaio-febbraio 2010);
Analisi ed elaborazione: codifica sistematica delle pratiche ed elaborazione statistica dei dati e delle
informazioni ottenute in relazione a quattro principali prospettive: contesti nazionali; aree di
competenza mediale; media utilizzati; questioni di natura pedagogico-didattica (gennaio-giugno
2010).
Il MED ha provveduto alla realizzazione delle linee guida e della modulistica, nonché all’analisi e
descrizione finale di tutte le pratiche collezionate. Ogni partner aveva invece il compito di raccogliere
50 case study sulla base di una griglia comune e di pubblicarli nella banca dati online ospitata nel
portale On Air. La scheda poteva essere accompagnata da eventuale documentazione originale fornita
dai docenti.
Sin da subito è emersa una criticità, sulla quale torneremo anche più avanti: la scheda progettata per la
raccolta di informazioni sui case study è risultata piuttosto complessa, soprattutto per i tempi richiesti
per la compilazione. Si è deciso allora di realizzare anche una versione ridotta della stessa, chiedendo
ai partner di raccogliere 25 case study lunghi e 25 case study brevi. Questa soluzione di compromesso
ci ha permesso, da un lato, di non rinunciare alla ricchezza delle informazioni ricavabili da descrizioni
ampie e approfondite – come richiesto dalla versione lunga della scheda -, dall’altro, di non
sacrificare l’aspetto quantitativo della rilevazione, che pur era utile per individuare tendenze e
orientamenti generali rispetto ai paesi coinvolti.
Al termine dell’attività sono state complessivamente raccolte e pubblicate online 309 esperienze, di
cui 160 nella versione lunga e 149 nella versione ridotta.
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2.Progettazione e sviluppo dei pacchetti educativi
La seconda fase della ricerca prevedeva la progettazione e lo sviluppo di otto pacchetti mediaeducativi
nelle seguenti aree di competenza mediale (Ceretti, Felini, Giannatelli, 2006):
1. saper leggere i media: si riferisce alla capacità di leggere e comprendere criticamente i media;
2. saper scrivere con i media: si tratta della capacità di produrre e realizzare testi mediali, di utilizzare i
linguaggi digitali a scopo creativo/produttivo;
3. saper valutare criticamente i media: potremmo definirla come un’attitudine complessa che consiste
in un tentativo di distanziamento dall’oggetto osservato;
4. saper fruire i media: rinvia alla capacità di compiere scelte consapevoli di consumo mediale (in
luoghi e tempi determinati) e di orientarsi consapevolmente tra messaggi più o meno espliciti e
ambigui, in differenti situazioni di tempo “dedicato” o di tempo libero.
Questa attività si è intrecciata, almeno in parte, con la sperimentazione condotta nella fase successiva.
I pacchetti didattici realizzati sono stati infatti sottoposti ad una prima valutazione, prima della loro
sperimentazione, e sono stati anche in parte rimodulati al termine della sperimentazione.
L’attività si è svolta da giugno 2009 a febbraio 2010 ed è stata diretta e coordinata dal MED. Ad essa
hanno partecipato tutti i partner, aderendo con impegno e in modo collaborativo e conseguendo i
risultati prefissati. Le attività previste per questa fase erano così strutturate:
 Start up: primo brainstorming sulle possibili ipotesi di lavoro, assegnazione a ciascun partner
delle aree di competenza mediale su cui lavorare, definizione di massima dell’argomento da
trattare, contatto e coinvolgimento dei docenti (giugno-settembre 2009);

Progettazione: progettazione dei pacchetti educativi (settembre-dicembre 2009);

Sviluppo: implementazione dei materiali didattici (gennaio-febbraio 2010);

Valutazione: discussione e valutazione reciproca dei prodotti progettati e realizzati nel web forum
(marzo 2010);

Revisione: revisione dei prodotti sulla base dei feedback ricevuti (marzo 2010).
Il MED ha provveduto alla realizzazione delle linee guida (WP5.1) e della modulistica (WP5.2),
nonché alla descrizione di sintesi del lavoro svolto. Ogni partner aveva invece il compito di progettare
e realizzare un pacchetto mediaeducativo in una specifica area di competenza. Ciò tuttavia non
significa che all’interno dello stesso pacchetto educativo altre competenze siano rimaste escluse. Vi
sono aree di sovrapposizione e convergenza che portano necessariamente a lavorare su più dimensioni.
Alla fine di questa fase sono stati creati otto percorsi mediaeducativi, di cui qui forniamo una breve
descrizione.27
“We publish a press kit”, INFOREF (Belgio)
27
Gli otto pacchetti educativi nella loro versione completa sono disponibili sul sito del progetto On Air: http://
www.onair.medmediaeducation.it.
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Lettura
Il progetto di creazione di un “press kit” integra varie capacità e abilità come la ricerca, il pensiero critico, la
cittadinanza consapevole ecc. Consente di affrontare concetti essenziali per l’insegnamento del francese in un
contesto funzionale: la messa a punto di un piano, di una sintesi o di un sommario, il prendere appunti,
l’acquisizione di uno specifico vocabolario e di specifiche regole grammaticali acquistano qui un senso
orientato alla produzione di un lavoro scritto che sarà pubblicato nel quadro dei progetti della scuola.
La gran parte dei metodi impiegati in questo percorso educativo si focalizzano sullo studente: l’insegnante
aiuta gli studenti a costruire il loro apprendimento autonomamente.
Il progetto coinvolge l’intera classe nella realizzazione del “press kit” alternando il lavoro in piccoli gruppi a
momenti di studio individuale:
Apprendimento cooperativo in piccoli gruppi:
•
Lo studente confronta regolarmente le sue rappresentazioni con quelle dei compagni di classe (e.g., Io
penso che l’informazione sia.., una rassegna stampa è…);
•
A gruppi di 4, gli studenti elencano i diversi tipi di testi presenti in un giornale, trovano articoli che
illustrano le principali funzioni del giornale, cercano - in Internet o sui libri - informazioni e documenti
di cui hanno bisogno per costruire un kit commune, ecc.
Lavoro individuale:
•
Ogni studente cerca un “press kit” in Internet e quindi lo presenta alla classe;
•
Ognuno risponde alle domande dell’insegnante e integra poi le sue risposte con quelle degli altri membri
del suo gruppo.
Agli studenti vengono somministrati esercizi con prove di auto-valutazione in diversi momenti del processo
di apprendimento.
“Stop or Mrs. Grammar will shoot”, Zinev Art Technologies (Bulgaria)
Scrittura
L’obiettivo di questo pacchetto educativo è quello di migliorare la conoscenza che gli studenti hanno dei
media (che cosa sono, come vengono creati i messaggi, in che modo i media incorporano visioni e ideologie),
e le capacità di scrittura dei media con i media.
In particolare, in termini di conoscenze il pacchetto educativo si focalizza su cosa sono i media e come
funzionano, con riferimento ai blog, ai wiki, agli strumenti di social network. Gli studenti saranno capaci di
identificare, riconoscere, interpretare, spiegare e riflettere sui messaggi e i testi mediali.
In termini di abilità gli studenti saranno capaci di valutare e utilizzare le risorse Internet, di progettare e
sviluppare contenuti mediali e di scrivere in modo efficace e corretto.
Infine, in termini di attitudini gli allievi saranno capaci di mettere in discussione i contenuti mediali, di
criticarli e decidere quali messaggi a loro volta comunicare ai pari, ai genitori e agli insegnanti avvalendosi
dei media.
Il percorso di basa sull’impiego di metodi cooperativi, e quindi sul lavoro in piccolo gruppi e il peer learning.
E’ articolato in tre principali attività, ciascuna delle quali richiede la partecipazione attivita dell’insegnante e
dello studente:
Attività 1: Creare e pubblicare un contenuto;
Attività 2: Realizzare un video;
Attività 3: Creare ed editare un wiki.
“To be or not to be…digital teens”, MED (Italia)
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Pensiero
critico
La finalità educativa di questo percorso è, prima di tutto, quella di promuovere e sviluppare il pensiero critico
degli studenti nei riguardi dei media, e in particolare Internet, e di favorire la loro capacità di scrivere i media
creando prodotti multimediali online. Oggi, una delle principali sfide per i media educator è quella di fare in
modo che bambini e adolescenti imparino a comprendere criticamente lo smisurato mondo dell’informazione
digitale online. Come noto, il problema del sovraccarico informativo insieme a quello della qualità e
affidabilità dell’informazione in Internet stanno sollevando sempre più domande quali: come valutare
l’informazione? Come identificare e valutare le fonti?
Questo evidenzia la necessità emergente di promuovere la cyber-literacy, in cui Internet, i suoi contenuti e
stili narrativi diventano l’oggetto di analisi e comprensione critica.
Inoltre, questo percorso educativo mira a promuovere la creatività degli studenti e la loro capacità di
realizzare oggetti digitali secondo i loro specifici linguaggi e grammatiche. Il focus sui diversi media si fonda
su un approccio cross-mediale al problema della comunicazione digitale. L’idea è che per sviluppare a pieno
il pensiero critico è opportuno misurarsi con differenti esigenze comunicative in termini di densità
concettuale, estensione e intensità, per fare un esempio, o in base alla presenza/assenza del destinatario e
all’uso o meno del linguaggio orale.
Questo percorso formativo si basa sulla tecnica del WeQquest, un metodo didattico ispirato all’Inquiry-BasedLearning (Apprendimento basato sulla ricerca). L’I-B-L è un approccio pedagogico di taglio costruttivista,
orientato a favorire forme di partecipazione attiva degli studenti al processo d’apprendimento. L’idea è che gli
studenti costruiscano il loro apprendimento attraverso un processo progressivo di problem solving,
caratterizzato dal ciclo problema/ipotesi/verifica.
Un altro approccio che caratterizza questo percorso è l’apprendimento cooperativo. Gli studenti vengono
divisi in piccoli gruppi e lavorano insieme per risolvere il compito/problema del WebQuest.
“My Youtube”, MED (Italia)
Fruizione
Questo percorso educativo riguarda le problematiche relative alla fruizione e al consumo dei media. In
consapevole particolare, si focalizza su YouTube con lo scopo di scoprire e confrontare visioni e concettualizzazioni
ingenue di questo media con una visione più consapevole, di analizzarne le caratteristiche e i limiti e di
pianificare un uso critico di YouTube e più in generale della rete.
Il percorso inizia con un’attività di navigazione libera in YouTube, in modo da permettere agli alunni di
prendere contatto con lo strumento che verrà messo a tema e analizzato. Sulla base di questa prima
esplorazione viene somministrata una prima scheda di analisi e documentazione del percorso di navigazione
svolto. La scheda di analisi richiede dati abbastanza dettagliati finalizzati a verificare le conoscenze e
competenze in partenza, a stimolare interesse verso la fase conoscitiva ed esplorativa. Nel momento finale del
percorso gli alunni sono invitati a compilare nuovamente la scheda per verificare i cambiamenti e le
acquisizioni raggiunte.
Il secondo momento è dedicato ad una descrizione e rappresentazione ingenua di YouTube, in classe con
scheda didattica, e all’analisi dei tempi, dei luoghi e dei modi della navigazione a casa.
Il pacchetto didattico prevede una fase consistente finalizzata a consegnare informazioni sugli elementi
costitutivi e sulle categorie di YouTube, offrendo input e facendo svolgere agli alunni attività esplorative.
Il momento successivo alla fase informativa è quello dell’elaborazione attraverso una serie di esercitazioni in
cui i ragazzi possono ricercare e categorizzare video in base a una serie di indicazioni specifiche.
L’ultima fase è dedicata ad un approfondimento delle preferenze e delle motivazioni, alla fruizione nonché ad
una esplicitazione e confronto sulle emozioni connesse al momento fruitivo.
Segue un momento di valutazione finale degli apprendimenti e del gradimento.
“Through the media”, LA SAPIENZA (Italia)
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Fruizione
consapevole
Si tratta di un percorso educativo che si pone come supporto per analizzare e diffondere le dinamiche della
cross-medialità, quale nuova prospettiva didattica, analizzando la capacità di uno stesso contenuto o
argomento mediatico di attraversare le differenti piattaforme ed ibridarsi con i molteplici linguaggi dei mezzi
di comunicazione, ed al tempo stesso indagando gli importanti risvolti e potenzialità formative.
Il pacchetto prevede l’utilizzo della LIM come piattaforma sulla quale si intersecano differenti linguaggi
mediali di un medesimo contenuto (cinema, radio, web, romanzo, videogame ecc.).
L’obiettivo principale dell’educational package è delineare un iter per cui dalla prima competenza di base, la
lettura di un testo mediale, si passi alla scrittura (percorso di primo livello), per poi arrivare alla dimensione
critica e fruitiva dello stesso testo (percorso di secondo livello), attraverso attività di analisi e produzione
contestualizzata su argomenti, in parte proposti dal media educator, in parte scelti e progettati dagli stessi
docenti.
Il pacchetto educativo è strutturato su tre livelli:
• concetti chiave
• lettura e fruizione
• analisi critica e scrittura
Ogni step del percorso prevede un momento di analisi e produzione mediale, a differenti livelli di
competenza.
I LIVELLO
Prevede una macroarea didattica in cui vengono affrontati due macroargomenti costantemente presenti per
l’intera durata del corso:
-la cross-medialità, facendo riferimento ai principali autori e testi che hanno analizzato questo tema. A
riguardo, saranno forniti esempi e documentazione, funzionali alla comprensione del passaggio da forme
di narrazione mediale tradizionale (monomediale), alle nuove sinergie ed intrecci trans-mediali
caratterizzanti l'“industria culturale” odierna.
-la LIM secondo una prospettiva tecnologica e di funzionalità pedagogica.
II LIVELLO
Si focalizza principalmente sulla lettura cross-mediale a partire da input culturali forniti dal media educator. Il
target è chiamato ad analizzare, riflettere e approfondire tutte le fasi che si pongono alla base di un prodotto
dell’industria culturale e dell’interpretazione fruitiva. Vengono fornite le basilari competenze tecnicooperative, relative all'utilizzo dei media presi in considerazione (audiovisivi, radiofonici, narrativi).
III LIVELLO
Il terzo livello è un percorso avanzato focalizzato sulla presentazione di competenze tecniche per la
realizzazione di prodotti mediali, accompagnati da un’implementazione degli input necessari per sviluppare
una competenza critica approfondita. L’obiettivo finale di questo percorso è quello di fornire le nozioni e le
competenze tecniche/valoriali, affinché il target di riferimento possa essere in grado di progettare e realizzare
un percorso mediaeducativo cross-mediale a partire dalle singole realtà didattiche.
“I am what I eat”, Kaunas University of Technology (Lituania)
Pensiero
critico
Questo percorso educativo si propone di promuovere il pensiero critico e le capacità di problem solving degli
studenti, di migliorare le capacità degli allievi di trovare informazioni da una pluralità di fonti, e di
selezionare correttamente le informazioni pertinenti, di sintetizzarle e presentarle ad un pubblico di uditori. Le
problematiche sul cibo e la salute sono al cuore delle attività qui proposte.
Pertanto, attraverso le attività qui suggerite, gli studenti acquisteranno maggiore consapevolezza sugli stili di
vita sani, sui criteri in base ai quali scegliere i prodotti alimentari senza farsi influenzare dalle impressioni a
prima vista. Al tempo stesso impareranno a selezionare, analizzare e sintetizzare le informazioni, a lavorare
con i media e a comunicare i contenuti in base ai media utilizzati.
Il percorso si articola in quattro fasi. Per ogni fase, vengono descritte le attività di insegnamento e
apprendimento previste. Gran parte delle attività previste si basano sull’impiego di media da parte degli
studenti e richiedono la disponibilità di strumentazioni (proiettore, PC o portatile) e aule attrezzate con
l’eccezione della prima lezione in cui viene introdotto il percorso educativo.
“I hear and I forget, I see and I remember, I do and I understand”, WSinf (Polonia)
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Il fumetto può attrarre l’attenzione dello studente più di un blocco di testo scritto in quanto vi sono sia
immagini che testi. Può motivare gli studenti avvicinandoli alla lettura. Apprendere attraverso i fumetti può
avere un valore scolastico e sociale per gli studenti grazie ad un approccio che richiede l’integrazione di varie
Scrittura
abilità, anche creative. La creazione di un fumetto consentirà allo studente di partire dai propri interessi. Se un
allievo utilizza immagini, foto o clipart per creare il proprio fumetto, è probabile che ne avrà un ricordo
migliore. Le parole possono essere poco familiari, non altrettanto le immagini. La lettura di molte parole può
essere più faticosa della visione di poche immagini. Questo elemento può essere sfruttato per l’apprendimento
dell’inglese come seconda lingua. Le immagini possono aiutare lo studente a comprendere la storia e anche ad
immedesimarsi maggiormente nella storia stessa.
Il percorso educativo si propone i seguenti obiettivi:
•promuovere la literacy e ampliare le opportunità di apprendimento
•introdurre concetti come strutture narrative e sviluppo del personaggio
•migliorare le capacità di analisi e pensiero critico
•migliorare il lessico
•avviare una discussione su questioni culturali e personali
•promuovere la creatività degli studenti
•incoraggiare gli studenti a creare i loro fumetti
•promuovere la scrittura e le capacità espressive.
Il percorso si articola in tre fasi:
Fase 1 – miglioramento delle abilità di scrittura, acquisizione di conoscenze sul genere “fumetto” attraverso
l’uso di risorse online, ampliamento del lessico in inglese
Fase 2 – acquistare familiarità col software Comic Life
Fase 3 – sviluppo del fumetto e valutazione.
“Let’s Discover Together What’s Behind News”, ActiveWatch-Media Monitoring Agency (Romania)
Pensiero
critico
L’obiettivo principale di questo percorso educativo è di sviluppare il pensiero critico degli studenti verso le
notizie e i messaggi mediali in generale, e di promuovere atteggiamenti consapevoli in quanto consumatori di
notizie. Esso si focalizza sulla creazione di un “news bulletin”, ma per far questo gli studenti devono prima
imparare a selezionare, analizzare/decodificare e valutare le notizie come consumatori. In altri termini, prima
di creare il newscast, come se fossero dei giornalisti, devono analizzare e decostruire notizie e informazioni.
Il processo di insegnamento-apprendimento si basa sul modello di apprendimento esperienziale sviluppato da
Kolb (con Roger Fry) che si fonda su quattro elementi: esperienza concreta, osservazione e riflessione,
sviluppo di concetti astratti e provare in nuove situazioni:
1. Esperienza concreta. Gli studenti sono direttamente coinvolti – in quanto consumatori di notizie – in una
attività concreta.
2. Osservazione e riflessione. Agli studenti viene richiesto di osservare e riflettere da diversi punti di vista
sull’esperienza di apprendimento.
3. Sviluppo di concetti astratti. Gli studenti devono integrare le loro osservazioni nello sviluppo di concetti
chiave e teorie.
4. Provare in nuove situazioni. Gli studenti devono utilizzare le nuove conoscenze per prendere decisioni e
risolvere problemi.
3. Sperimentazione dei pacchetti educativi
La terza fase della ricerca prevedeva la sperimentazione dei pacchetti mediaeducativi realizzati. Più
analiticamente, gli obiettivi erano due: da un lato, definire e collaudare un protocollo comune di
intervento e ricerca, eventualmente ri-utilizzabile o trasferibile in altri contesti, e dall’altro di valutare
la validità, l’efficacia e la qualità complessiva dei processi formativi attivabili attraverso le unità
didattiche progettate e dei prodotti realizzati. Sono questi obiettivi sicuramente molto ambiziosi,
specie se si considera che l’attività di sperimentazione si è svolta in un contesto multiculturale, che ha
richiesto un lungo processo di condivisione dei significati e che ha imposto di assumere atteggiamenti
flessibili e di lavorare sulla base di schemi aperti, facilmente re-interpretabili. Al tempo stesso, nella
misura in cui si parla di “sperimentazione”, “validità”, “efficacia”, “qualità”, entrano in gioco termini
chiave della ricerca educativa, che richiedono di esplicitare in modo chiaro e rigoroso obiettivi, assunti
teorico-metodologici, procedure e strumenti di lavoro.
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Così, nel tentativo di conciliare flessibilità e rigore, varietà (in termini di punti di vista coinvolti e
situazioni) e uniformità (in termini di protocolli di ricerca comuni), abbiamo messo a punto un
dispositivo euristico che fa perno su concetti cari alla tradizione della ricerca-azione, cercando al
tempo stesso di accrescere il grado di intersoggettività delle procedure messe in atto sollecitando
scambi dialogici, pratiche documentative e attività di peer reviewing all’interno di una comune e
predefinita cornice di lavoro.
L’attività si è svolta da marzo 2010 a luglio 2010 ed è stata diretta e coordinata dal MED. Ad essa
hanno partecipato tutti i partner, aderendo con impegno e in modo collaborativo. Le attività previste
per questa fase erano così strutturate:
Definizione e condivisione del protocollo “sperimentale”: in questa prima fase, i partners hanno
discusso e condiviso il disegno complessivo della ricerca, gli obiettivi, i metodi, le procedure e gli
strumenti; il MED ha proposto l’impiego di alcuni strumenti, che i partners hanno adottato e
adattato ai loro specifici contesti (marzo 2010).
Applicazione dei pacchetti: gli 8 pacchetti formativi sono stati sperimentati nei 6 paesi europei
coinvolti nel progetto; hanno preso parte alla sperimentazione ricercatori e insegnanti; il numero
dei soggetti coinvolti oscilla da paese a paese in un range che va da un minimo di 15/20 ad un
massimo 50 studenti (aprile-giugno 2010).
Peer reviewing: tutto il processo è stato costantemente accompagnato da attività di peer reviewing
tra i ricercatori partecipanti alla ricerca e anche qualche insegnante; le attività di peer reviewing si
sono svolte a distanza via web forum o videoconferenza. Gli incontri avevano lo scopo di: 1) fare
il punto della situazione, presentando lo stato di avanzamento dei lavori; 2) analizzare le criticità
emergenti e valutare le possibili soluzioni; 3) evidenziare gli elementi positivi e valutarne
l’esportabilità in altre situazioni; 4) revisionare o adattare obiettivi, metodi e procedure in base alle
necessità emergenti, ma sempre all’interno di una comune cornice di lavoro; 5) conoscere il punto
di vista degli studenti sull’esperienza in corso; 6) conoscere il punto di vista dei docenti
sull’esperienza in corso; 7) conoscere il punto di vista di altri attori coinvolti nell’esperienza; 8)
esaminare i prodotti via via realizzati dagli studenti; 9) analizzare e confrontare i risultati
emergenti nei diversi contesti.
Sintesi dei risultati e disseminazione: l’attività si è conclusa con la realizzazione di un report di
sintesi dei risultati emersi a livello nazionale, redatto secondo una comune traccia espositiva
(luglio 2010).
Il MED ha provveduto alla realizzazione delle linee guida (WP6.1) e della modulistica (WP6.2/3/4/5),
nonché alla descrizione di sintesi del lavoro svolto. Ogni partner aveva invece il compito di sviluppare
e/o adattare gli strumenti metodologici necessari per la sperimentazione, sperimentare il pacchetto
educativo e produrre un report di sintesi sui risultati conseguiti.
Nei capitoli che seguono, forniremo una descrizione più dettagliata del framework teorico di
riferimento della ricerca ed esamineremo alcuni dei principali risultati emersi.
In primo luogo, ci focalizzeremo sul concetto di competenza mediale allo scopo di fornire una
definizione di questa complessa nozione e di costruire una base comune per la nostra ricerca.
Successivamente, descriveremo i metodi e gli strumenti usati per la raccolta e l’analisi delle pratiche
mediaeducative e analizzeremo i principali risultati.
Proseguiremo con una presentazione dei modelli pedagogici e degli strumenti valutativi utilizzati per
la progettazione e lo sviluppo dei moduli di ME sopra menzionati.
Infine, presenteremo l’approccio metodologico adottato nella fase di sperimentazione e concluderemo
con alcune osservazioni generali sul progetto.
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La competenza mediale. Alla ricerca di una definizione
Alberto Parola
Nel dibattito pedagogico contemporaneo sui media e sulla loro collocazione nei curricula scolastici il
concetto di media competence riveste indubbiamente un ruolo chiave. Questo costrutto ricorre nel
lessico della letteratura internazionale: in italiano si parla di competenza mediale, in francese di
compétence médiatique, in tedesco di Medienkompetenz e in spagnolo di competencias en medios.
Altra espressione molto comune è quella di media literacy28 , una nozione almeno in parte
sovrapponibile a quella di media competence. Benché tali termini esprimano in realtà significati anche
diversi tra loro, proveremo in questa sede a fornire una definizione del concetto di media competence e
ad indicare le principali aree concettuali che caratterizzano questa competenza. Prima di procedere
sono, però, necessarie alcune precisazioni preliminari.
Innanzitutto, chiariamo subito che non esiste una definizione univoca di questo concetto. La Media
Education (ME) è attraversata da vari orientamenti e tradizioni di ricerca, a volte variamente connotate
anche a seconda dei contesti geografici e nazionali. Ciò rende molto difficile il tentativo di definire
questa competenza. Al tempo stesso, riflettere intorno ad una definizione permette di chiarire concetti
ed assunzioni che rimangono spesso implicite e, soprattutto, sul piano educativo consente di mettere
meglio a fuoco gli obiettivi che si vogliono conseguire e i criteri per valutare se e in che misura tali
obiettivi sono stati raggiunti. Fermo restando che qualsiasi atto definitorio è sempre il risultato di
scelte almeno in parte arbitrarie, proveremo a suggerire un modello di rappresentazione di questa
competenza utile per la progettazione e valutazione di percorsi mediaeducativi.
Fatte queste premesse, veniamo ora alla nostra domanda: come possiamo definire la competenza
mediale? Per rispondere a questo interrogativo è opportuno prima di tutto soffermarsi sul significato
del termine “competenza”. Si tratta di un concetto decisamente problematico, che ha suscitato un
ampio dibattito nel campo delle scienze dell’educazione e della formazione negli ultimi trent’anni.
Molteplici sono le definizioni di competenza che sono state date, ciascuna focalizzata su aspetti
particolari del concetto. Una definizione che ha avuto molto seguito è quella formulata da Le Boterf
(1994, pp.16-18). Lo studioso francese sostiene che la competenza non è uno stato ma un processo,
che consiste nella mobilitazione delle risorse dell’individuo (saperi disciplinari, procedure, abilità,
capacità operative e cognitive, atteggiamenti e attitudini saperi riguardanti l’ambiente in cui si opera),
e non nelle risorse stesse. Essa opera dunque ad un livello superiore rispetto alle risorse del soggetto e
si configura come un saper agire in una determinata situazione, all’interno di un determinato contesto,
allo scopo di conseguire una performance, sulla quale altri soggetti dovranno esprimere un giudizio.
Ciò significa che un soggetto può essere definito competente in un determinato dominio non se
dimostra di essere in possesso di conoscenze e abilità, ma se è capace di “agire efficacemente in
situazione”. In altri termini, il soggetto competente, posto davanti ad una data situazione-problema, è
in grado di interpretarla nel migliore dei modi e di prendere decisioni adeguate per rispondere in modo
efficace alla situazione stessa, rimanendo però sempre in grado di cambiare in itinere le proprie
strategie quando queste non si rivelino adeguate.
28
Non è questa la sede per entrare nel merito delle distinzioni e dei rapporti concettuali che intercorrono tra la media
literacy e la media competence. Abbiamo optato in questa sede per la seconda espressione allo scopo di enfatizzare la natura
complessa dei saperi e saper fare legati al concetto di competenza, pur sapendo che lo stesso concetto di literacy ha subito
negli ultimi decenni una evoluzione. Sul concetto di media literacy si rinvia ai lavori di Celot e Tornero (2008), Buckingham
(2003) e Cappello e Ranieri (2010).
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Come evidenzia Trinchero (2006), quattro fattori caratterizzano allora lo spessore della competenza
posseduta da un soggetto. Il primo elemento è costituito dalla quantità e dalla qualità delle risorse
possedute, in termini di conoscenze e capacità relative al dominio conoscitivo in questione, e
dall’adeguatezza di queste alla situazione-problema da affrontare. Il secondo elemento riguarda i
modelli, espliciti o impliciti, che guidano l’interpretazione della situazione-problema da parte del
soggetto e la conseguente scelta delle strategie da mettere in atto. Una interpretazione corretta della
situazione consente al soggetto di scegliere le strategie di azione adeguate alla situazione stessa e
quindi maggiormente efficaci. Il terzo elemento riguarda le concrete strategie operative che egli mette
in atto per conseguire gli scopi prefissati, in presenza di una data situazione-problema. Il quarto
elemento attiene alla capacità del soggetto di comprendere, in itinere, se le strategie adottate sono
effettivamente le migliori possibili e di cambiarle opportunamente in caso contrario. E’ questa una
capacità autoriflessiva e autoregolativa che ha a che fare con la capacità del soggetto di apprendere
dall’esperienza concreta che egli compie quotidianamente.
Stabiliti gli elementi che determinano una competenza, come declinarli per descrivere la competenza
mediale?
Il concetto di competenza mediale è stato delineato nei suoi aspetti principali da Baacke (1997),
recuperando il concetto di competenza comunicativa di Habermas e quello di competenza linguistica
di Chomsky. Secondo Baacke, la competenza mediale sarebbe una competenza di base degli esseri
umani. Essa consisterebbe nella loro capacità di avvalersi di differenti tipologie di media presenti nel
loro repertorio di strumenti di comunicazione e di attività nella loro opera di costruzione concettuale
sul mondo. Egli identifica quattro dimensioni della competenza mediale:
-Critica dei media (Medienkritik): designa la capacità di analizzare processi sociali complessi, di
applicare queste conoscenze analitiche al proprio agire e di armonizzare in modo socialmente
responsabile questi elementi. Tale dimensione richiama la costruzione di modelli interpretativi
della situazione che guidano l’agire del soggetto, tipica dell’esercizio di una competenza.
-Conoscenza dei media (Medienkunde): si tratta del sapere sui media e sui sistemi ad essi legati, oltre
che della capacità di utilizzare gli strumenti e i prodotti. Questa dimensione richiama le risorse
che il soggetto è in grado di mobilitare nell’esercizio di una competenza.
-Utilizzo dei media (Mediennutzung): riguarda sia la capacità d’uso ricettivo (ossia la fruizione di
contenuti mediali) sia la capacità d’uso interattivo e propositivo (ossia la produzione di contenuti
mediali). Questa dimensione richiama le strategie operative che il soggetto “mediacompetente”
mette in atto per perseguire obiettivi specifici.
-Organizzazione dei media (Mediengestaltung): si riferisce agli sviluppi e alle innovazioni dei sistemi
dei media e alle forme e possibilità di organizzazione e di costruzione creativa, estetica o “non
limitata”.
Più recentemente, Celot e Tornero (2008), recuperando uno schema d’analisi abbastanza consolidato,
hanno organizzato le competenze che rientrano nella media literacy all’interno di quattro principali
categorie: accesso, analisi e valutazione, comunicazione creativa e produzione creativa:
-Accesso: riguarda la possibilità effettiva di uso dei media, comprendendo sia l’accesso materiale ai
media e ai contenuti sia quello per così dire immateriale, inteso come la capacità cognitiva e
operativa di utilizzare adeguatamente i media. Le due componenti, materiale e immateriale,
dell’accesso possono essere sintetizzate nella formula: condizioni d’accesso. Tali condizioni non
sono identiche per tutte le persone, ma dipendono da fattori quali l’età, il contesto geografico, il
background socio-culturale e così via.
-Analisi: si riferisce alla capacità di lettura e comprensione dei contenuti mediali e delle opportunità
offerte dai media. Saper leggere i media significa essere in grado di codificare un messaggio in
relazione ad un codice concreto e ad una precisa situazione comunicativa data, e comprendere i
media significa essere in grado di mettere in relazione un significato con un contesto concreto.
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-Valutazione: rimanda alla capacità di classificare il contenuto dei media e delle opportunità e
condizioni poste dai media in relazione ad una scala di valori; comprende pertanto i giudizi sul
valore che un messaggio ha per ciascun lettore, anche in termini di significato; essa prevede
l’identificazione di valori etici, estetici e culturali sottostanti un certo messaggio e il confronto tra
questi e la tavola valoriale propria del soggetto giudicante.
-Comunicazione e produzione creativa: quest’area comprende le capacità necessarie per creare e
produrre messaggi, avvalendosi di una molteplicità di codici espressivi (da quelli scritti a quelli
audiovisivi o digitali), e di diffonderli. Altre capacità connesse a quest’area di competenza sono:
comprendere le caratteristiche del pubblico cui il messaggio è rivolto e saper adattare di
conseguenza il messaggio per catturare e mantenere alta l’attenzione; saper organizzare una
sequenza di idee in una trama discorsiva efficace ed appealing.
In sintesi, la media competence non indica quindi solo la comprensione critica, ma anche una vera e
propria autonomia critica ed operativa nei confronti dei media. E’ una forma di empowerment, di
emancipazione continua e progressiva che cambia il rapporto media-fruitore. Il cittadino
“mediacompetente” non è solo un fruitore “maturo”, consapevole e riflessivo che sa interpretare
criticamente i messaggi in diversi contesti ma, all’interno del proprio ambiente, è in grado di utilizzare
consapevolmente i media per perseguire i propri scopi comunicativi, selezionando e organizzando
mezzi e contenuti, ma anche producendo messaggi e offrendo prodotti mediali. E’ un soggetto che sa
comunicare in modo competente servendosi di una pluralità di media.
Muovendo dall’analisi degli approcci teorici alla competenza mediale e rielaborando uno schema
proposto dal MED e presentato in Ceretti, Felini, Giannatelli (2006), abbiamo modellizzato la
competenza mediale individuando quattro principali aree concettuali. Tali aree sono:
1. saper leggere i media: si riferisce alla capacità di leggere e comprendere criticamente i media. La
struttura linguistica dei messaggi mediali, la loro “opacità”, richiede sul versante del soggetto la
capacità di intendere la grammatica dei media e sul piano educativo l’attivazione progressiva di un
processo di alfabetizzazione di base, volto appunto ad assicurare lo sviluppo della capacità di
comprendere linguisticamente il contenuto dei testi mediali;
2. saper scrivere con i media: si tratta della capacità di produrre e realizzare testi mediali, di utilizzare
i linguaggi digitali a scopo creativo/produttivo. Come già detto, il linguaggio essendo “non
oggettivamente dato”, bensì rappresentato da una serie astratta di regole e convenzioni che devono
essere esplicitamente insegnate, non solo risulta laborioso da comprendere, ma anche complesso da
utilizzare: la fase di ideazione, di progettazione, la base narrativa, la scrittura, rappresentano aspetti
che si intrecciano continuativamente e che vanno a convergere in un prodotto originale. La capacità di
“scrittura mediale” si presenta sempre più come una nuova frontiera dell’espressività umana da
promuovere e sviluppare nei più giovani. Sul piano educativo, si tratta di porre l’attenzione sulle
implicazioni concettuali dello “scrivere” con i media, promuovendo la riflessione sull’intenzionalità
comunicativa e sui mezzi più idonei alla costruzione di messaggi che raggiungano l’obiettivo
comunicativo prefissato;
3. saper valutare criticamente i media: potremmo definirla come un’attitudine complessa che consiste
in un tentativo di distanziamento dall’oggetto osservato. Inoltre, il soggetto critico deve essere creativo
nell’uso dei mezzi di comunicazione, impadronendosi dei contenuti attraverso un punto di vista
consapevolmente specifico, interagendo correttamente anche grazie alle sue conoscenze pregresse. Il
pensiero critico si manifesta in differenti fasi dell’atto comunicativo, dalla comprensione del
messaggio, alla formulazione dello stesso, alla ri-comprensione dei feedback, in una dinamica di
avvicinamento e distanziamento complessa e sorretta da conoscenze e abilità usate in combinazione;
4. saper fruire i media: rinvia alla capacità di compiere scelte consapevoli di consumo mediale (in
luoghi e tempi determinati) e di orientarsi consapevolmente tra messaggi più o meno espliciti e
ambigui, in differenti situazioni di tempo “dedicato” o di tempo libero. La fruizione è generalmente
indotta dai bisogni del soggetto (cognitivi e emotivi) e da motivazioni che riguardano il suo mondo
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interiore o da stimoli indotti da altri atti a soddisfare determinati bisogni. Il concetto di scelta prevede
inoltre intenzioni e decisioni, aspettative e azioni, cioè comportamenti di visione, di gestione del
proprio palinsesto personale (se si tratta di Tv), di conoscenza di prodotti commerciali e di acquisto
(diretto o indotto).
Sviluppare nei soggetti queste capacità e conoscenze significa formare cittadini consapevoli e capaci
di vivere nella società dei media e della conoscenza. Essere cittadini oggi significa infatti possedere gli
strumenti idonei per entrare in relazione con gli altri (individui e organizzazioni) attraverso la
“mediazione dei media”; in tal senso è strategica sia la capacità di cogliere il modo in cui i testi
mediali creano e distribuiscono modelli sociali forti e condivisi sia la conoscenza delle strategie per
rendere i media uno strumento efficace di partecipazione sociale.
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Pratiche di Media Education. Tendenze emergenti e prospettive di ricerca
Maria Ranieri
Abbiamo fin qui illustrato la cornice teorica di riferimento che ha guidato la nostra attività di ricerca.
Entriamo ora nel vivo dell’indagine condotta nella prima fase del nostro lavoro, denominata “Analysis
of case studies”. Lo scopo principale di questa fase è stato quello di raccogliere e documentare
pratiche, esperienze e progetti di ME nei paesi dei partners coinvolti (Belgio, Bulgaria, Italia, Lituania,
Polonia, Romania). Si è cercato di partire dalle pratiche degli insegnanti per rintracciare le tendenze
relative agli ambiti di intervento ricorrenti sul piano delle competenze e dei contenuti mediaeducativi
affrontati, e al tempo stesso per individuare le criticità più frequenti e le sfide più comuni.
Ovviamente, ciascuna delle finalità sopra elencate ha portato alla definizione di metodi e procedure e
alla creazione di specifici strumenti operativi, di cui si renderà conto nelle parti che seguono.
1.
Metodi, strumenti e procedure
Sul piano metodologico è emersa subito una criticità relativamente alla costruzione del campione dei
soggetti da intervistare per recuperare esperienze. Da un lato, ci premeva infatti ricostruire un quadro
abbastanza rappresentativo delle pratiche di ME nei paesi europei partecipanti alla ricerca; dall’altro,
però, volevamo raccogliere descrizioni piuttosto ricche per andare oltre la superficie degli usi
dichiarati ed entrare quanto più possibile nel vivo dell’esperienza. Inoltre, è emersa immediatamente la
grande difficoltà, specie da parte di alcuni paesi, di reperire esperienze di ME nella scuola o di trovare
docenti disponibili a dedicare il proprio tempo alla descrizione delle pratiche secondo la scheda da noi
predisposta, che era piuttosto ricca e dettagliata.
Tutte queste istanze insieme ci hanno spinto a rinunciare alla costruzione di un campione
statisticamente rappresentativo. Le nostre conclusioni pertanto non hanno alcuna pretesa di
rappresentatività. Ciononostante, riteniamo che l’indagine sia comunque significativa per due ragioni:
in primo luogo, perché costituisce un primo tentativo a livello europeo di raccogliere ed esplorare,
anche in un’ottica comparativa, le pratiche nel campo della ME; in secondo luogo, le pratiche raccolte
hanno una loro significatività nella misura in cui sono state realizzate da persone in qualche modo già
coinvolte sul terreno della ME e non del tutto a digiuno, insegnanti quindi in una certa misura già
esperti.
Dopo aver individuato i soggetti disposti a collaborare, è stata verificata la pertinenza dell’esperienza/
percorso mediaeducativo rispetto al contesto (i.e., la scuola), al target (studenti dai 6 ai 16 anni) e alle
competenze mediali considerate nel progetto. Si è cercato inoltre di dare priorità ad esperienze e
progetti con buona documentazione sul piano della progettazione, della realizzazione e dei materiali
utilizzati. Il passo successivo è consistito nella raccolta delle informazioni tramite la scheda
denominata Case Study Form (WP4.1), uno strumento ad hoc allestito per la descrizione delle pratiche
individuate, comprensivo di una serie di item organizzati in una sezione generale, contenente titolo,
abstract, argomento, aree di competenza e media utilizzati, e in una sezione analitica, che comprende
la descrizione di obiettivi e finalità, metodi didattici, strumenti e metodi di documentazione, strategie
valutative, risultati, sfide e criticità, lezione appresa, trasferibilità, sviluppi futuri, contesto
dell’esperienza.
Una volta compilate le schede, queste sono state pubblicate nel portale insieme a documentazione di
supporto ed eventuale prodotto finale. Tale documentazione poteva essere sia in forma scritta, sia
costituita da immagini come ad esempio foto, presentazioni multimediali, audio o video.
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Al termine del processo di raccolta e documentazione, le pratiche sono state oggetto di analisi e di
valutazione nei singoli contesti nazionali.
Dal punto di vista metodologico, si è proceduto nel modo seguente: le pratiche raccolte e descritte nel
Case Study Form (WP 4.1) sono state codificate dallo staff dei ricercatori sulla base di un sistema di
codifica predefinito e successivamente sono state statisticamente elaborate. Attraverso l’uso del
software Systat 10.2, è stata condotta l’analisi delle frequenze incrociando alcune variabili ritenute
significative per una prima analisi delle tendenze dominanti. L’analisi descrittiva e la discussione dei
risultati ottenuti saranno oggetto del paragrafo successivo.
Le variabili considerate per la codifica delle pratiche raccolte sono le seguenti:
 Competenze mediali, i.e. scrittura, lettura, pensiero critico, fruizione consapevole;
 Media utilizzati, i.e. computer, web 1.0, web 2.0, audio e video, fotografia, giornale, libro,
cellulare, mondi virtuali, altro;
 Discipline, i.e. arte, informatica, storia, geografia, lingue, life skills, scienze, studi sociali,
religione e altro;
 Problematiche mediaeducative, i.e. pubblicità/consumismo, valutazione, competenza digitale,
analisi di film/produzione di video, media e globalizzazione, salute, storia dei media, come
insegnare la media literacy, media-attivismo, industria ed economia dei media, musica e video
musicali, notizie/politica/democrazia, genitori/figli/media, produzione/creazione di media,
analisi degli stereotipi e delle rappresentazioni, TV e cultura popolare, visual literacy, altro;
 Metodi didattici, così classificati: metodi ricettivi, direttivi, a scoperta guidata e collaborativi;
 Strategie valutative, i.e. test tradizionali, prove aperte, strategie miste, nessuna valutazione,
dato non disponibile;
 Documentazione, i.e. strumenti di documentazione per il docente, per lo studente o per
entrambi;
 Trasferibilità, i.e. giudizio dato dal docente circa la possibilità di ripetere l’esperienza in altri
contesti;
 Criticità, i.e. scarso budget, scarse abilità tecniche, scarso tempo a disposizione,
apparecchiature tecnologiche assenti o insufficienti, assenza di collaborazione tra docenti,
assenza di comunicazione con la famiglia, assenza di supporto istituzionale, scarso o assente
affiatamento della classe, scarsa o assente autonomia dei discenti, scarsa motivazione degli
studenti, mancanza di risorse umane, difficoltà di interazione allievi – docenti, difficoltà di
gestione della classe, difficoltà da parte degli studenti di reperire o selezionare le informazioni,
difficoltà nel collegare il lavoro laboratoriale con quello curriculare, nessuna difficoltà, dato
non disponibile;
 Risultati, che sono stati classificati come: coerenti con le aspettative e documentati, coerenti
con le aspettative ma non documentati, al di sopra delle aspettative e documentati, al di sopra
delle aspettative ma non documentati, al di sotto delle aspettative e documentati, al di sotto
delle aspettative ma non documentati;
 Prodotto, che riguarda la presenza o meno di un prodotto finale.
2.Risultati e discussione
Come anticipato, i partners hanno raccolto complessivamente 309 case study, anche se non tutti
riguardano il contesto europeo. Più specificamente, INFOREF ha raccolto n. 23 esperienze realizzate
in Belgio e n. 27 esperienze sviluppate in altri paesi; ZINEV Art Technology ha raccolto n. 50
esperienze realizzate in Bulgaria; il MED ha raccolto n. 60 esperienze realizzate in Italia; Kaunas,
University of Technology ha raccolto n. 50 esperienze realizzate in Lituania; WSINF ha raccolto n. 49
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esperienze realizzate in Polonia e, infine, ACTIVE WATCH Media Monitoring Agency ha raccolto n.
50 esperienze realizzate in Romania.
Inoltre, per completare la descrizione del nostro campione di riferimento, ricordiamo che alcune
esperienze sono state descritte in modo analitico attraverso il “Long Case Study Form”, altre in modo
più sintetico attraverso lo “Short Case Study Form”.
Più precisamente, INFOREF (Belgium) ha raccolto n. 23 case study lunghi, tutti relativi al Belgio, e n.
27 case study brevi sviluppati altrove; ZINEV Art Technology (Bulgaria) ha raccolto n. 25 case study
lunghi e n. 25 short case study; il MED (Italia) ha raccolto n. 36 case study lunghi e n. 24 case study
brevi; Kaunas, University of Technology (Lituania) ha raccolto n. 26 case study lunghi e n. 24 case
study brevi; WSINF (Polonia) ha raccolto n. 24 case study lunghi e n. 25 case study brevi e, infine,
ACTIVE WATCH Media Monitoring Agency (Romania) ha raccolto n. 25 case study lunghi e n. 25
case study brevi.
Tutte le pratiche raccolte, ad esclusione di quelle realizzate in contesti geografici diversi da quelli dei
paesi coinvolti nel progetto, sono state codificate sulla base delle variabili sopra descritte. Ovviamente,
l’esclusione di alcune esperienze ha comportato una riduzione del campione dei casi considerati che è
sceso da 309 a 282.
Una rappresentazione di sintesi delle cifre fin qui menzionate è data nei grafici seguenti:
Figura 1. Numero totale dei case study lunghi (n. 161)
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Figura 2. Numero totale degli case study brevi (n. 148)
L’attività di codifica dei case study ha dato luogo alla creazione di una matrice di dati sulla base della
quale è stata successivamente effettuata l’analisi delle frequenze, incrociando anche i valori di alcune
variabili. In questa sede, abbiamo ritenuto utile organizzare la presentazione dei risultati e la
discussione intorno ad essi sulla base di tre principali prospettive: le aree di competenza mediale; i
media utilizzati; le questioni di natura pedagogico-didattica.29
.1Competenze mediali
In questo paragrafo consideriamo i dati relativi alle aree di competenza mediale alla luce di alcune
domande guida quali: si possono riscontrare tendenze comuni rispetto alla frequenza delle competenze
mediali coinvolte, indipendentemente dai contesti geografico-nazionali? Esiste una relazione tra
competenze mediali oggetto dei casi raccolti e metodologie didattiche? Oppure tra competenze mediali
e discipline scolastiche, ossia: esistono discipline più coinvolte per l’insegnamento di una determinata
competenza mediale rispetto ad altre? O ancora: esiste una relazione tra competenza mediale e
problematiche mediaeducative specifiche? La focalizzazione su una determinata competenza solleva
specifiche criticità?
Per rispondere a questi quesiti abbiamo considerato le frequenze relative alle competenze mediali
rispetto alle seguenti categorie: paesi, metodi didattici, media utilizzati, discipline scolastiche,
problematiche mediaeducative e criticità.
Procediamo dunque con l’analisi dei dati. Prima di tutto, si può riscontrare che indipendentemente
dall’area geografica, la competenza meno frequente – con l’unica eccezione del Belgio che presenta
17 occorrenze su 23 – è data dalle competenze di fruizione consapevole, che presentano un’incidenza
di 107 occorrenze complessive sul totale dei casi, ossia 282. Le altre aree di competenza sono tutte
piuttosto frequenti con percentuali superiori al 50% in quasi tutti i paesi e con le abilità di scrittura che
in ben tre paesi (Italia, Bulgaria e Romania) superano il 70% delle occorrenze sul numero totale dei
casi a livello nazionale.
Proseguendo con l'analisi delle competenze, risulta interessante andare ad indagare la distribuzione di
frequenza all'interno dei singoli approcci didattici considerando il numero totale delle occorrenze di
ogni singola competenza e prescindendo dal riferimento geografico-nazionale. Questo dato può essere
29
Un quadro dettagliato sui singoli contesti nazionali è contenuto nel report transnazionale pubblicato sul sito web
del progetto On Air al seguente indirizzo: http://www.onair.medmediaeducation.it. Il report contiene anche tutte le tabelle
e i grafici con i dati ottenuti attraverso la codifica e il trattamento statistico.
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di un certo interesse per riflettere intorno alla domanda: “Esistono metodologie didattiche che vengono
percepite dagli insegnanti come più idonee per lo sviluppo di certe abilità rispetto ad altre
metodologie?”. In realtà, le competenze mediali risultano essere abbastanza bilanciate nella loro
distribuzione all'interno dei singoli metodi didattici. Non si può quindi inferire l’esistenza di una
relazione tra tipologia di competenza e metodologia didattica impiegata. Va rilevato, tuttavia, che
indipendentemente dalla competenza mediale coinvolta, c’è una netta prevalenza dell’approccio “a
scoperta guidata” seguito a breve dall’approccio “collaborativo”. Meno frequenti sono gli approcci
direttivi e ancor meno quelli ricettivi. Questo dato non sorprende e risulta sostanzialmente coerente
con la tradizione pedogagogico-didattica tipica della ME, che da sempre privilegia metodologie
d’insegnamento attive.
Anche rispetto ai media utilizzati la distribuzione non appare molto variegata. Le cifre sul computer
prese insieme a quelle relative agli strumenti del Web 1.0 e Web 2.0 risultano essere le più alte, benché
l’impiego di strumenti 2.0 sia decisamente molto meno frequente rispetto all’uso di tecnologie web di
“vecchio stile”. Segue la categoria “Audio e Video” che comprende al suo interno tutti quei media che
comportano l’uso di uno o di entrambi questi linguaggi (ad esempio la radio, la web tv, ecc.).
Si può osservare come considerando solo il computer, le aree di competenza più frequenti siano la
lettura e la scrittura, mentre la fruizione è presente in pochi casi. La situazione si rovescia quando si
passa alla categoria “Audio e Video”, dove le competenze legate alla fruizione risultano più frequenti
rispetto alle altre.
Per quanto riguarda le altre categorie (fotografia, libro, telefono cellulare e giornale), esse occorrono
tutte con una frequenza piuttosto bassa (< di 15) rispetto a tutte le aree di competenza mediale. Ad
esempio, per il libro e il giornale, due media tradizionalmente cari alla ME, si registrano frequenze che
oscillano tra il 4% e l’8%, e frequenze ancor più basse si riscontrano per strumenti nuovi, ma sempre
più diffusi come il telefono cellulare. A dispetto delle cifre crescenti relative all’uso da parte degli
adolescenti di dispositivi mobili, emerge una scarsa attenzione verso questo media e presumibilmente
verso le questioni mediaeducative che esso solleva.
La distribuzione delle competenze mediali rispetto alle differenti discipline scolastiche si presenta
leggermente più variegata con qualche dato su cui riflettere. Dai dati risulta che, indipendentemente
dall’area di competenza, vi sono alcune discipline più coinvolte di altre, nell’ordine: informatica,
lingue e poi arte. La ricorrenza di percorsi mediaeducativi nell’insegnamento linguistico non desta
particolari sorprese e risulta sostanzialmente coerente con la prassi abbastanza consolidata nella storia
della ME di inserire lo studio dei media nel curriculum linguistico, privilegiando in particolare la
capacità di leggere e scrivere i media. Il primo dato, invece, pur non essendo neanche esso
particolarmente sorprendente, desta qualche perplessità circa il modo di concepire lo studio dei media:
la collocazione di attività mediaeducative relative a scrittura e lettura, ad esempio, nel contesto
dell’informatica suggerisce l’idea che sia ancora prevalente un approccio strumentale all’analisi dei
media.
È interessante citare anche il caso degli studi sociali non tanto per l’incidenza delle occorrenze, che
rimangono basse, quanto per l'alta occorrenza di competenze di fruizione, rispetto alle altre
competenze, in questa disciplina, attestando una certa attenzione da parte delle discipline sociali verso
le capacità e competenze fruitive.
Altro aspetto degno di considerazione riguarda il rapporto tra competenze mediali e problematiche
mediaeducative. Andando ad analizzare i dati, il primo elemento che emerge è che, indipendentemente
dalle aree di competenza considerate, le questioni mediaeducative più comuni riguardano la
valutazione e la competenza digitale. Mentre l’incidenza delle problematiche valutative richiederebbe
ulteriori esplorazioni e approfondimenti, ci pare invece di poter avanzare qualche osservazione in
merito alla frequenza della competenza digitale30. Con questa espressione, ci si riferisce all’insieme
30
Per approfondimenti sul tema della valutazione della competenza digitale vi rinvia a Calvani, Fini, Ranieri (2010).
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delle capacità e abilità che consentano di individuare, valutare e creare informazioni, e di collaborare
avvalendosi dell'uso di tecnologie digitali. Rispetto a questa tematica, una prima osservazione riguarda
il fatto che la digital literacy è al centro oggi di grande attenzione a livello internazionale: la Comunità
europea ha introdotto nel 2006 la competenza digitale nel quadro delle competenze di base e questo
potrebbe spiegare l’alta frequenza di questa categoria rispetto alle altre. Una seconda osservazione
riguarda il fatto che l’informatica ricorre con una certa frequenza tra gli ambiti disciplinari coinvolti
nei casi analizzati; sembrerebbe quindi in qualche modo consequenziale ritrovare la competenza
digitale tra le tematiche più battute.
Un altro dato interessante è l’alta incidenza della categoria “Produzione e creazione dei media”,
soprattutto in relazione alle competenze legate alla scrittura ed allo sviluppo del pensiero critico. In
qualche modo, sembra essere passata l’idea secondo cui l’attività di produzione è essenziale per
sviluppare capacità di lettura critica intorno ai media.
Passiamo ora a considerare le maggiori criticità emerse durante la realizzazione del progetto.
Ricordiamo che mentre per i case study lunghi era prevista una specifica categoria dedicata alle
criticità, per i case study brevi questa informazione era richiesta insieme ad altre. Per molti dei case
study brevi il dato non risulta dunque disponibile. Ciò spiega come mai la categoria “Dato non
disponibile” sia quella con maggiori occorrenze. Va tuttavia rilevato come in molti casi gli insegnanti
non abbiano segnalato criticità o si siano limitati a segnalarne al massimo un paio. Questo aspetto
meriterebbe di essere approfondito. Che cosa sta ad indicare? Che le esperienze si sono davvero svolte
per la gran parte senza “intoppi” oppure che è carente la riflessione ex-post in chiave critica sulle
esperienze realizzate? Dobbiamo immaginare che “tutto va bene” oppure che manca una cultura della
valutazione che si accompagni allo svolgimento delle pratiche?
Detto ciò e pur disponendo di pochi dati, è possibile rilevare che le maggiori difficoltà registrate in
itinere riguardano gli studenti. Costoro hanno manifestato difficoltà a reperire le informazioni online
necessarie per la realizzazione del prodotto finale e nel loro successivo utilizzo, sia in termini di
elaborazione del materiale reperito, sia per quanto riguarda i collegamenti tra le varie informazioni.
Non è quindi un caso che tale criticità emerga soprattutto in progetti volti a sviluppare competenze
relative al pensiero critico e di scrittura.
Un’altra nota riguarda la scarsità e talvolta l’assenza delle apparecchiature tecnologiche a disposizione
dal computer alla connessione ad internet, dalla videocamera alla macchina fotografica.
.2I media utilizzati
In questo paragrafo prenderemo in esame la frequenza dei media utilizzati nei percorsi mediaeducativi,
valutando questo dato in rapporto ad altre quattro categorie: problematiche mediaeducative,
trasferibilità, criticità e documentazione. Se e in quale misura la scelta cade su un media piuttosto che
su un altro in base alla tematica che si intende affrontare? Quali specifiche criticità solleva la scelta di
determinati media? Un progetto può risultare più o meno trasferibile in base al media utilizzato? Un
certo media può facilitare l’attività documentativa più di altri?
Intanto, possiamo subito notare come alla netta prevalenza di media digitali come il computer e il web
nelle sue versioni old e new corrisponda una spiccata attenzione per tematiche legate alla digital
literacy o alla produzione e creazione di media. Questo dato risulta sostanzialmente in linea con il fatto
che i media digitali abilitano, semplificano e potenziano l’attività produttiva. Parallelamente, si può
registrare come allo scarso utilizzo di media tradizionali corrisponda un abbassamento di interesse
verso certe tematiche classiche della ME. Temi storicamente rilevanti, come l’analisi degli stereotipi o
delle rappresentazioni, sono praticamente assenti dall’orizzonte culturale delle pratiche esaminate.
Debole risulta anche l’interesse per il media-attivismo o la salute.
Sembra legittimo avanzare la conclusione che la predominanza dei media cosiddetti digitali abbia
probabilmente spostato l’attenzione più sulla produzione-creazione che su altre dimensioni
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culturalmente rilevanti per la ME. Questo aspetto meriterebbe sicuramente di essere maggiormente
indagato.
Passando alle maggiori criticità riscontrate, per quanto - come già osservato - i dati rimangano esigui,
non emergono difficoltà specificamente legate all’uso di un determinato medium. Ciononostante, si
può rilevare come l’impiego di computer o di strumenti web comporti criticità relative all'assenza o
insufficienza delle apparecchiature necessarie a svolgere i progetti. Oppure solleva criticità inerenti
alle scarse abilità tecniche nell'uso dei media da parte degli insegnanti. Sul versante degli studenti, sia
per il web sia per l’impiego di audio e video si evidenzia una scarsa capacità a reperire, selezionare e
organizzare le informazioni trovate online.
In alcuni casi, si segnala anche una difficoltà sul piano dei tempi a disposizione, e ciò riguarda progetti
ovviamente più impegnativi che richiedono ad esempio la realizzazione di un video o di un film.
Dai dati raccolti, si può osservare che nella stragrande maggioranza dei casi i progetti vengono definiti
trasferibili in altri ambiti e contesti. L’impiego di un media piuttosto che di un altro non sembrerebbe
sollevare particolari criticità. Anche nel caso di computer e web, categorie sulle quali sono state
registrate criticità sul versante delle attrezzature, non sembrano esservi incertezze.
Esiste un rapporto tra tipologia di medium impiegato e attenzione alla documentazione? In generale, si
può rilevare come indipendentemente dal media, la gran parte della documentazione di cui i progetti si
corredano viene prodotta e gestita dal docente. In altri termini, ciò significa che l’attività
documentativa viene affidata soprattutto al docente che munito di diari o griglie di osservazione
registra l’esperienza, descrivendo il processo. Meno presenti sono invece strumenti documentativi
utilizzabili dallo studente o prove indirette del suo lavoro.
2.3 Analisi pedagogico-didattica
Quest’ultimo paragrafo si focalizza sugli aspetti pedagogico-didattici ed in particolare sulla relazione
tra gli approcci didattici registrati nelle pratiche esaminate e gli altri valori considerati. Le domande
chiave che hanno guidato la nostra analisi sono state in questo caso: esiste una relazione tra approccio
didattico scelto e disciplina scolastica? Lo studio di determinate problematiche mediaeducative si
presenta tipicamente accompagnato dall’impiego di alcune metodologie didattiche peculiari? Il ricorso
a determinate metodologie didattiche comporta specifiche criticità?
Per affrontare questi quesiti abbiamo messo in relazione gli approcci didattici con alcune categorie
quali: disciplina, tematica mediaeducativa e criticità.
Cominciamo dall’analisi delle relazioni esistenti tra metodologie impiegate e materie scolastiche. Dai
dati emersi si può subito rilevare come, in generale, la metodologia ricettiva sia la meno frequente e
quella a scoperta guidata la più utilizzata indipendentemente dalla disciplina. Ciononostante, si
riscontrano alcuni sodalizi più ricorrenti di altri. Ad esempio, le metodologie a scoperta guidata si
registrano più frequentemente nell’area dell’informatica, seguita a breve distanza da lingue e arte con,
rispettivamente, 58 e 34 occorrenze. 16 frequenze riguardano scienze/matematica e studi sociali,
mentre 8 le life skills, seguite da geografia con 6 occorrenze.
Piuttosto frequente è anche la tipologia collaborativa. Anche in questo caso, l’informatica si colloca al
primo posto con 76 occorrenze, seguita da lingue con 48 e arte con 27 occorrenze. La categoria studi
sociali ricorre 15 volte, mentre storia 13 e scienze/matematica 10.
La metodologia direttiva si presenta con 33 occorrenze nell’informatica, 27 in lingue e 15 in arte. Con
9 occorrenze troviamo scienze/matematica, mentre storia, studi sociali e life skills si presentano
rispettivamente con 5, 4 e 3 occorrenze.
Infine, la metodologia di tipo ricettivo presenta 7 occorrenze nell’informatica, 6 nella categoria lingue
e 3 in arte. Con 1 sola occorrenza troviamo storia e life skills, mentre geografia, scienze/matematica,
studi sociali e religione non ricorrono mai nei casi analizzati.
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Un’ulteriore dimensione degna di interesse riguarda l'incidenza delle metodologie didattiche rispetto
alle varie problematiche mediaeducative. Tematiche quali produzione/creazione di media, valutazione
e competenza digitale sembrano conciliarsi con l’uso di approcci a scoperta guidata. Un discorso
analogo vale in buona parte anche per le categorie pubblicità/consumismo e notizie/politica/
democrazia. Anche nella tipologia collaborativa troviamo alte frequenze di produzione/creazione di
media, valutazione e competenza digitale.
Sorprendentemente si riscontra negli approcci direttivi una discreta incidenza di tematiche legate alla
competenza digitale: questa convergenza potrebbe suggerire l’idea di una visione della competenza
digitale appiattita sugli aspetti tecnico-procedurali, da cui l’enfasi su metodologie didattiche altamente
strutturate e, appunto, direttive.
In generale, si può/deve rilevare che indipendentemente dalla tematica mediaeducativa prevalgono gli
approcci a scoperta guidata, cui seguono quelli di tipo collaborativo. L’attenzione alla competenza
digitale sembrerebbe conferire un certo peso anche agli approcci direttivi, suggerendo l’idea che sia
diffusa una visione piuttosto tecno-centrica della digital literacy.
Passando a considerare l’eventuale relazione tra le metodologie didattiche e le criticità, si può notare
come, per gli approcci a scoperta guidata, le principali difficoltà siano legate alle scarse capacità dei
discenti di reperire e selezionare le informazioni necessarie alla realizzazione del progetto, ma anche
alla loro scarsa autonomia realizzativa. Per quanto riguarda la gestione del progetto, le maggiori
criticità si possono ricondurre alle apparecchiature tecnologiche non sempre sufficienti mentre, per
quanto riguarda i docenti, si riscontrano difficoltà legate alle scarse abilità tecniche di quest'ultimi.
Per gli approcci collaborativi, le criticità maggiormente segnalate riguardano la difficoltà, da parte dei
discenti, di reperire e selezionare le informazioni raccolte e l’inadeguatezza delle apparecchiature
tecnologiche a disposizione. Si registrano anche difficoltà di gestione dei tempi, mancanza di
autonomia degli studenti e bassa motivazione.
La difficoltà di reperire e selezionare le informazioni da parte dei discenti si presenta anche negli
approcci direttivi, insieme alle criticità legate alle scarse abilità tecniche dei docenti. Non ci
soffermiamo sull’approccio ricettivo dato il numero davvero esiguo di occorrenze registrate per questa
categoria.
Concludiamo questo paragrafo con un rapido accenno alla trasferibilità e alla documentazione. Anche
in questo caso, prevale la fiducia rispetto alle possibilità di trasferire con successo l’esperienza
didattica in altri contesti ed emerge come, a prescindere dalla metodologia didattica impiegata, la
documentazione dell’attività è consistentemente affidata all’insegnante. Detto ciò, si deve rilevare
come in molte occasioni i progetti non siano documentati.
3Conclusioni
Sulla base dell’analisi sopra condotta è possibile trarre alcune osservazioni conclusive. In primo luogo,
abbiamo riscontrato che l’area di competenza che ricorre più frequentemente è quella relativa alla
scrittura. Questo dato, forse, non è causale. Esso potrebbe trovare una sua ragion d’essere nel fatto che
questa competenza meglio si sposa con le istanze formative del curriculum scolastico tradizionale.
Infatti, da sempre la scuola mira a promuovere le capacità di letto-scrittura.
Alte percentuali sono riscontrabili anche nella categoria legata allo sviluppo del pensiero critico.
Questo dato mostra come l'educazione ai media sia intesa come educazione all’analisi critica dei
media, mentre ancora molto deve essere fatto nella direzione della fruizione dei media. Forse, questa
mancanza può essere imputata alla difficoltà di progettare e sviluppare percorsi didattici orientati allo
sviluppo di questa competenza o di individuare prodotti finali da far realizzare agli studenti.
Altro dato che suscita qualche interrogativo risulta essere l’alta frequenza di media come il computer e
il Web 1.0. La presenza massiccia di queste tecnologie, ampiamente promosse anche dalle politiche
tecnologiche che si sono sviluppate negli ultimi anni, solleva qualche dubbio circa il modo di
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interpretare l’educazione ai media da parte degli insegnanti. E’ noto come del computer e di Internet si
faccia spesso un uso strumentale a scuola, come supporto didattico: siamo sicuri che questa alta
incidenza della presenza del computer e di Internet nelle esperienze raccolte non rinvii ad un equivoco
di fondo circa il modo di interpretare la ME, ossia come educazione con i media piuttosto che
educazione ai media?
Altro dato significativo è l’elevata frequenza dell’approccio didattico “a scoperta guidata”. Questo
valore può essere spiegato alla luce delle teorie pedagogiche che hanno conosciuto grande diffusione
negli ultimi venti anni. Tra queste vi è sicuramente il costruttivismo, che sposta l'enfasi sulla
costruzione della conoscenza e sulla rilevanza di situazioni autentiche per l’apprendimento. La ME ha
ampiamente recepito queste istanze nel bagaglio delle sue strumentazioni e di ciò si avverte l’eco nelle
esperienze analizzate.
Un aspetto critico che emerge dall’analisi dei casi considerati riguarda la scarsa documentazione
prodotta per le esperienze realizzate. La sottovalutazione dell’aspetto documentativo è un fattore che
ricorre spesso nella didattica, in quanto molti docenti ne sottovalutano l'utilità. In realtà, per citare una
frase di Paolo Bisogno (1995), la documentazione dovrebbe essere considerata come il “sapere ciò che
è stato fatto per poter fare”. Essa, infatti, dovrebbe essere considerata come opportunità di
arricchimento professionale in quanto permette di soffermarsi su quanto si sta facendo e quindi
apporre miglioramenti al percorso. Oltre ad essere un arricchimento per il docente progettista, essa
risulta essere una ricca fonte di spunti conoscitivi e progettativi per i docenti che avranno l'opportunità
di conoscere e leggere il documento del progetto. Da questo punto di vista, molto deve essere ancora
fatto. Anche sul piano della valutazione, si deve rilevare come spesso siano assenti strumenti progettati
ad hoc per questa attività. Sembra prevalere una certa inconsapevolezza circa l’importanza di una
adeguata rilevazione delle acquisizioni apprenditive degli allievi. Al contrario, bisognerebbe sempre
predisporre strumenti idonei in grado di “misurare” ciò che gli allievi hanno appreso, consentendo così
di riflettere anche sull’efficacia istruttiva di un intervento educativo. Anche in quest’ambito, la strada
da percorrere rimane molto lunga (si veda anche il richiamo in tal senso di Hobbs, 2010).
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Costruire e valutare la competenza mediale
Roberto Trinchero
1.Costruire la competenza mediale: alcuni principi
Formare i soggetti all’acquisizione di competenza mediale significa lavorare sulle skills dei soggetti e,
contemporaneamente, sull’applicazione di queste skills a situazioni tratte dal mondo dei media,
suggerendo modelli interpretativi e strategie di azione, aiutando i soggetti a costruirne e sperimentarne
di nuovi e inducendoli a riflettere sistematicamente sulle proprie interpretazioni ed azioni. Il soggetto
dotato di buone strutture di pensiero saprà utilizzare efficacemente “ciò che sa e sa fare” nelle varie
situazioni, soprattutto quelle nuove e impreviste, che si troverà ad affrontare nel corso della sua vita.
In un’ottica di competenza situata, progettare percorsi didattici di ME significa definire le condizioni
ottimali che portino il soggetto ad assimilare risorse e a costruire strutture di pensiero efficaci.
Risorse e strutture sono costituite in larga misura da rappresentazioni mentali dei soggetti31, quindi
come tali non si possono “trasmettere” da un docente ad un discente. L’azione didattica deve quindi
essere finalizzata a mettere il soggetto in condizione di “costruire” buone rappresentazioni, fermo
restando che saranno sempre “sue” rappresentazioni personali.
Formare all’“agire con competenza in situazione” richiede quindi un netto cambiamento di prospettiva
rispetto agli approcci didattici classici. Alcuni principi utili da seguire nella progettazione formativa
possono essere32:
1)Predisporre percorsi che tengano conto del fatto che l’apprendimento è un processo non lineare.
Nella logica “tradizionale” dei programmi scolastici i saperi hanno una loro linearità intrinseca: si
apprende attraverso “sequenze” didattiche, spesso rigide e predefinite. Nella vita reale (“fuori
dalla scuola”), però, i ragazzi non apprendono in questo modo. La conoscenza di un fatto o di un
fenomeno avviene attraverso una pluralità di percorsi e di alternative: gli eventi della vita di un
cantante o di un attore famoso si apprendono acquisendo man mano informazioni su di lui
attraverso molteplici fonti (Tv, radio, quotidiani, riviste, Internet, dialoghi con gli amici, ecc.). Per
i problemi tipici del mondo reale (non per quelli tradizionalmente “scolastici”, ossia concepiti per
essere risolti con una semplice applicazione meccanica di procedure) non esistono soluzioni
uniche, ma ne sono possibili molteplici, ciascuna con i suoi pro e i contro e una sua coerenza
intrinseca con determinate linee di pensiero e di azione. E’ normale quindi che un ragazzo abituato
alla complessità dell’interazione con l’universo mediale, veda la linearità tipica della didattica
“trasmissiva” scolastica come un qualcosa del tutto slegato dal modo di costruire conoscenza
tipico della vita reale. Cercare quindi di “insegnare i media” con un approccio che non rispetti le
peculiarità del modo che hanno i ragazzi di apprendere attraverso i media appare una strategia
quantomeno incoerente.
2) Predisporre percorsi che tengano conto del fatto che l’apprendimento è un processo attivo e
intenzionale. Prerequisito dell’apprendere è che i soggetti scelgano di farlo. Per un soggetto in
formazione, ragazzo o adulto, è molto più semplice cercare conferme alle proprie “visioni del
mondo” ingenue che non impegnarsi nella costruzione di visioni del mondo alternative,
maggiormente ampie e fondate. L’attivarsi e superare questa sorta di “inerzia della mente” richiede
31
Si veda Anderson (2009).
32
I principi enunciati si ispirano a quelli che guidano la progettazione di “ambienti di apprendimento” di taglio
costruttivista (Jonassen, 1994).
3
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una “buona ragione” per farlo. E’ quindi l’insegnante a dover attivare l’interesse e la voglia di
apprendere dell’allievo, aiutando il soggetto a trovare “buone ragioni” per cambiare non solo le
proprie rappresentazioni mentali ma anche il proprio atteggiamento verso le attività scolastiche.
“Insegnare i media” partendo dai media stessi che utilizzano i ragazzi può essere un modo per
motivarli e farli riflettere su aspetti di un mondo dato in larga parte per scontato.
3) Predisporre percorsi che tengano conto del fatto che l’apprendimento è un processo costruttivo.
Apprendere significa costruire e ricostruire continuamente rappresentazioni mentali personali di
entità, concrete o astratte, presenti nel mondo. I materiali e le situazioni proposte sono i punti di
partenza per la costruzione di queste rappresentazioni. Come accennato, bambini e ragazzi
costruiscono giorno per giorno le proprie rappresentazioni sulla base della molteplicità di stimoli
con cui vengono in contatto, ma non è detto che queste rappresentazioni siano corrette o siano le
migliori possibili. L’insegnante dovrebbe lavorare per far emergere le rappresentazioni dei ragazzi,
guidando gli allievi a riflettere su di esse, evidenziandone le incongruenze e le debolezze, allo
scopo di attrezzare i discenti con strategie e strumenti concettuali che li mettano in grado di
costruire rappresentazioni più ampie, mature e fondate. Le rappresentazioni “ingenue”
caratterizzano spesso il rapporto tra giovani e media e costituiscono buoni punti di partenza su cui
iniziare a lavorare.
4)Predisporre percorsi che tengano conto del fatto che l’apprendimento è un processo sociale. Non si
apprende solo per esperienza diretta ma anche attraverso gli scambi con gli altri. Le interazioni e
gli scambi comunicativi sono a tutti gli effetti attività di apprendimento. Il successo dell’azione
formativa deriva dalla partecipazione attiva di tutti gli allievi coinvolti, dalla qualità e continuità
della loro interazione, finalizzata alla negoziazione di soluzioni, alla rielaborazione di saperi, allo
scambio di esperienze, alla co-progettazione di soluzioni e alla condivisione di mete, obiettivi e
processi. L’azione didattica deve promuovere le attività di scambio e di confronto, che
nell’“insegnare i media” significa stimolare la discussione critica tra i ragazzi su ciò che vedono in
Tv, sulla musica che ascoltano, sui videogiochi che utilizzano.
5) Predisporre percorsi che tengano conto del fatto che l’apprendimento è un processo autoriflessivo.
Non è possibile costruire buone rappresentazioni se non si è in grado di riflettere sulla bontà delle
proprie rappresentazioni. Il superamento della formazione scolastica come “trasmissione di
soluzioni”, in favore di una formazione come “ausilio alla costruzione personale di soluzioni”,
prevede che il momento formativo punti allo sviluppo delle capacità di auto-riflessione sulla
propria azione e di autoregolazione di essa.
6)Predisporre percorsi che tengano conto del fatto che l’apprendimento è un processo situato. Ogni
problema del mondo reale in cui si imbatte l’allievo può essere per lui occasione di apprendimento
di contenuti scolastici, a patto che vi sia qualcuno che gli abbia insegnato a “leggere” la realtà, e
ad affrontarla, servendosi di quanto appreso a scuola. I media propongono ai ragazzi molteplici
situazioni differenti che, oltre che essere interessanti dal punto di vista mediaeducativo, possono
rappresentare punti di partenza per apprendere la lingua, la matematica, le scienze, la storia, la
geografia e tutto ciò che può insegnare la scuola.
7)L’apprendimento non finisce una volta varcato il cancello della scuola, ma è un processo contiguo
con altri processi della vita quotidiana. Quanto appreso nella vita quotidiana deve essere portato
(e migliorato) a scuola e quanto appreso a scuola deve essere portato (e migliorato) nella vita
quotidiana. Questo significa che l’insegnante deve avvalersi delle competenze che gli allievi
sviluppano fuori dalla scuola (ad esempio saper usare il computer, saper usare Internet, saper
fotografare, saper usare un videogioco, ecc.) per aiutarli a raggiungere gli obiettivi scolastici. Non
vi è distacco tra il mondo dell’“imparare” e il mondo del “fare” dato che ogni situazione di vita
può essere una situazione di apprendimento, e questo è particolarmente vero in ambito
mediaeducativo.
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2. Progettare attività didattiche
I principi suddetti possono essere applicati da insegnanti e formatori secondo molteplici strategie.
Presenteremo ora un modello di strutturazione di attività didattiche basato sul ciclo di apprendimento
esperienziale enunciato da Pfeiffer e Jones (1985; Pfeiffer e Ballew 1988), schematizzato in figura 1. Il
ciclo proposto parte da un Problema, che deve essere: a) aperto, ossia ammettere molteplici soluzioni,
ognuna con punti di forza e punti di debolezza; b) significativo per i soggetti a cui viene sottoposto,
ossia sfidante e pensato per creare gratificazione, intrinseca o estrinseca, nel risolverlo; c) da risolvere
da soli, a coppie o in piccolo gruppo, ma sempre potendo contare sull’interazione con i compagni e
con l’insegnante e sulla consultazione di materiali didattici.
Risolvere il problema porta l’allievo a compiere un’Esperienza all’interno di un contesto sociale (ad
esempio il gruppo classe o il gruppo di formazione). Ciascun allievo (o ciascuna coppia o il portavoce
del gruppo) deve poi narrare la sua Esperienza (Comunicazione, ossia esposizione verbale/visuale di
quanto esperito) e, con l’aiuto del docente e del gruppo classe, Analizzare i punti di forza e i punti di
debolezza della soluzione da lui (o da loro) proposta al Problema di partenza. Il docente e il gruppo
classe sintetizzeranno poi i punti di forza di tutte le soluzioni emerse al fine di produrre una o più
soluzioni ottimali e di estrapolare i principi generali su cui la soluzione o le soluzioni ottimali
dovrebbero basarsi (Generalizzazione). Il docente proporrà poi un altro problema a cui tali principi e
soluzioni dovranno essere applicati (Applicazione) e questo farà partire un nuovo ciclo di
apprendimento esperienziale, secondo un percorso a spirale.
Organizzare in tal modo le attività didattiche presenta numerosi vantaggi. Anzitutto si sviluppa la
consapevolezza dell’allievo che ad un Problema aperto possono esistere molteplici soluzioni, alcune
migliori e alcune peggiori, e che i propri modelli interpretativi e di azione non sono gli unici possibili.
In secondo luogo, l’attenzione dell’allievo non viene focalizzata sulla soluzione del Problema (il
prodotto) ma sul processo che porta a tale soluzione e sui principi generali che da esso è possibile
estrapolare ed applicare a Problemi analoghi. L’allievo impara quindi che è importante risolvere il
Problema, ma è molto più importante saper spiegare perché lo si è risolto proprio in questo modo,
estrapolare le regole generali con le quali è possibile risolvere problemi di quella tipologia e saper
applicare quanto appreso ad una situazione nuova, non contemplata nell’Esperienza appena compiuta.
Le Attività didattiche così strutturate invitano quindi gli allievi a cimentarsi nell’affrontare problemi
sempre nuovi, guidandoli a sviluppare contemporaneamente sia le risorse conoscitive sia le strutture di
pensiero che ne orientano l’applicazione.
Fig. 1 – Il ciclo di apprendimento esperienziale di Pfeiffer e Jones
Problema
Esperienza
Applicazione
Generalizzazione
Comunicazione
Analisi
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E’ necessario sottolineare come i cinque momenti del processo formativo: a) non definiscano una
sequenza rigida ma flessibile, ossia vi possono essere momenti di sovrapposizione delle varie fasi; b)
rappresentino un canovaccio per la progettazione di Attività formative in cui alternare momenti di
esperienza e di concettualizzazione dell’esperienza. La figura 2 illustra nel dettaglio i vari momenti del
ciclo attraverso alcuni esempi.
Fig. 2 – Esempio di Attività didattica basata sul ciclo di apprendimento esperienziale di Pfeiffer e Jones
Cosa fa l’insegnante
Cosa fanno gli allievi
Espe Dà una consegna all’allievo (Problema). Essa può riguardare, Svolgono, individualmente, a coppie o in piccoli gruppi,
rienz ad esempio:
la consegna che ha dato loro l’insegnante.
a
- Vedere un film o cartoon, ascoltare brani audio, interagire
con un videogame o un sito web, identificando testi, segni,
codici, messaggi, regole ed invarianze, generi testuali, modelli
narratologici (reading skills).
- Costruire storyboard e parti costituenti di film, cartoon,
brani audio, videogames, siti web, producendo messaggi,
esercitando intenzionalità comunicativa e creatività, ossia le
prerogative dell’autore di un prodotto (writing skills).
- Vedere un film o cartoon, ascoltare brani audio, interagire
con un videogame o un sito web, cogliendo punti di vista e
valori, evidenziando la prospettiva inscritta nel testo,
identificando il modo in cui il messaggio rappresenta il
mondo che mostra, da un punto di vista etico, estetico e
culturale (critical thinking skills).
- Analizzare gli stili di consumo mediale, compreso il proprio,
soffermandosi sulle strategie di fruizione, sui bisogni
soddisfatti e sulle motivazioni che portano all’esposizione a
determinati media (user skills).
Nel compiere l’esperienza gli allievi possono consultarsi con
il docente e con i colleghi e possono utilizzare materiali
informativi quali ad esempio testi brevi (ad esempio glossari o
guide sintetiche di riferimento), siti web, enciclopedie,
manuali.
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Com Invita ciascun allievo (o ciascun gruppo) a raccontare la Narrano la propria esperienza, presentano il proprio
unic propria esperienza.
prodotto, espongono il processo che ha portato proprio a
azio
Nella
discussione
l’insegnante
cerca
di
far
emergere
quel prodotto (e non ad altri) e le “buone ragioni” alla
ne
l’interpretazione della consegna da parte di chi ha svolto il base delle proprie scelte (“perché abbiamo deciso di fare
lavoro e le strategie che ha adottato per risolverla, cercando così”).
per quanto possibile di valorizzare i punti di forza di ciascun Esaminano i prodotti dei compagni, li comparano con il
prodotto, per non indurre “chiusure” nei ragazzi.
proprio e li discutono in gruppo, guidati dall’insegnante,
in modo da: a) acquisire consapevolezza del fatto che vi
sono più modi per adempiere alla consegna data; b)
acquisire consapevolezza della propria interpretazione
della consegna e delle proprie strategie nell’affrontarla.
Anal L’insegnante scrive alla lavagna (o spiega oralmente) agli Valutano i lavori presentati sulla base dei criteri
isi allievi un insieme di criteri per valutare il prodotto nato dalla presentati e, insieme all’insegnante, ne trovano i punti di
consegna (i criteri possono anche essere stati costruiti insieme forza e i punti di debolezza.
con la classe in un’Attività precedente), oppure fornisce una o Riconoscono gli elementi delle loro soluzioni che
più “buone” soluzioni possibili non emerse nella discussione. soddisfano i criteri presentati o che sono presenti anche
Sulla base dei criteri o delle soluzioni date, chiede agli allievi, nelle buone soluzioni.
durante la discussione, di trovare i punti di forza (“in cosa la Esaminano gli “errori tipici” elencati e li riconoscono nei
mia soluzione è buona e perché”) e i punti di debolezza (“in propri elaborati.
cosa la mia soluzione non è buona e perché”) dei loro lavori e
li elenca alla lavagna in una tabella a due colonne. L’elenco
dei punti di debolezza può configurare un insieme di “errori
tipici”.
Gen Sulla base di quanto emerso nella fase di Analisi, chiede agli Isolano i “buoni modi” per svolgere la consegna sulla
erali allievi di dire quali sono secondo loro i “buoni modi” per base di quanto evidenziato nella fase di analisi.
zzaz
ione adempiere alla consegna e perché questi si possono In questa operazione: a) acquisiscono consapevolezza
considerare “buoni modi”. I “buoni modi” possono emergere del fatto che non tutti i modi per interpretare e risolvere
dalla sintesi dei punti di forza elencati alla lavagna, ma anche la consegna hanno la stessa efficacia ed efficienza; b)
dai criteri, dagli esempi di “buone” soluzioni e dai acquisiscono consapevolezza di come evitare gli errori
suggerimenti dati dall’insegnante.
tipici elencati.
Invita gli allievi a trovare altre situazioni a cui sia possibile Cercano altre situazioni, traendole dalle loro esperienze
applicare le “buone” soluzioni costruite.
di vita quotidiana, a cui sia possibile applicare le
“buone” soluzioni costruite.
Appl Propone una nuova consegna in cui gli allievi debbano Affrontano la nuova consegna, dando dimostrazione di
icazi dimostrare di saper applicare le “buone” soluzioni costruite. saper applicare le “buone” soluzioni costruite e di
one
La nuova consegna può riguardare la semplice applicazione saperle ampliare se necessario.
delle soluzioni costruite (in questo caso l’allievo deve Così facendo iniziano una nuova fase di Esperienza.
scegliere la soluzione migliore per quel dato problema),
oppure può richiedere anche l’ampliamento della soluzione
proposta con nuovi elementi di conoscenza.
Questa consegna dà inizio ad una nuova fase di Esperienza,
quindi ad un nuovo ciclo.
3.Valutare la competenza mediale
Se la competenza mediale non è un semplice insieme di skills, ma è un processo in cui le risorse del
soggetto vengono orchestrate e mobilitate per produrre soluzioni efficaci ad una situazione-problema
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contingente, la sua valutazione deve far riferimento: a) alle risorse possedute, in termini di
conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche; b) ai modelli con cui il soggetto
interpreta determinate situazioni problematiche (strutture di interpretazione); c) alle strategie con cui le
affronta (strutture di azione); d) ai modi con cui riflette sulle proprie interpretazioni e strategie
(strutture di autoregolazione).
I quattro aspetti citati ci consentono di definire delle dimensioni su cui collocare indicatori riferiti alla
performance dell’allievo e attraverso questi delineare dei profili di competenza. La vicinanza della
prestazione dell’allievo al profilo di competenza del “novizio” o a quello dell’“esperto” (ossia la figura
assunta come “competente” per definizione) definirà una maggiore o minore profondità della sua
competenza, come illustrato nell’esempio della figura 3. In tale esempio la competenza sotto esame è
“Saper consultare la Rete come sorgente di documentazione” e la situazione-problema proposta è
“Compilate una sitografia ragionata sulle applicazioni dei diagrammi cartesiani in fisica”.
Fig. 3 – Esempi di profili di competenza
Profilo di competenza del “novizio”
Profilo di competenza dell’“esperto”
Risorse
E’ in grado di leggere e comprendere un testo di E’ in grado di leggere e comprendere un testo di
matematica rivolto al primo anno della scuola matematica rivolto al primo anno della scuola
secondaria.
secondaria.
Sa utilizzare Google.
Ricorda che i diagrammi cartesiani possono essere
utilizzati per rappresentare modelli matematici.
Sa utilizzare Google.
Strutture di
Interpreta la consegna in modo riduttivo come Riformula la consegna come “Cercare pagine Web che
interpretazione
“Cercare pagine Web in cui compaiano le
trattino la costruzione di modelli matematici in fisica e
parole ‘diagramma’, ‘cartesiano’ e ‘fisica’”.
valutarne l’attinenza con il problema di partenza”.
Strutture di azione Apre Google e cerca i termini “diagramma
Apre Google e cerca i termini “diagramma cartesiano”
cartesiano fisica”.
“modelli matematici” “fisica”. Scorre i siti trovati,
identifica altre parole chiave in grado di focalizzare
meglio il tema e ripete la ricerca. Opera una
classificazione dei siti secondo l’attinenza al problema in
oggetto.
Strutture di
Anche se la ricerca lo porta a risultati deludenti Scarta rapidamente le parole chiave che non lo portano a
autoregolazione non è in grado di formulare interpretazioni e
risultati pertinenti e si focalizza su quelle più proficue.
strategie alternative: la conclusione a cui giunge Rivede e migliora i criteri di attinenza dei siti man mano
è “Vi è poco materiale in Rete su
che ne scopre di nuovi.
quell’argomento”.
Tra i due estremi è possibile definire numerosi profili di competenza intermedi: la competenza non va
considerata come un “tutto o niente” ma come una proprietà con stati continui (fig. 4). Soggetti dotati
di un patrimonio più o meno ampio di skills sono in grado di risolvere problemi di varia difficoltà ma
che ammettono scarsi margini interpretativi (problemi chiusi), strategie di soluzione prevalentemente
univoche e modi per valutare la propria azione che fanno riferimento al riconoscimento di azioni
“giuste” o “sbagliate”. Soggetti dotati di un patrimonio più o meno ampio di competences sono in
grado di risolvere problemi che ammettono molteplici interpretazioni e molteplici strategie di
soluzione, ciascuna delle quali non si può definire del tutto “giusta” o “sbagliata” ma di cui è possibile
mettere in luce i punti di forza e i punti di debolezza.
Fig. 4 – Il cursore della competenza (adattato da Le Boterf, 2000)
Nel seguito proporremo alcuni esempi di tecniche e strumenti utili per raccogliere informazioni sui
- Esecuzione
- Iniziativache la competenza è un concetto che
quattro
aspetti considerati. E’ necessario comunque sottolineare
- Ripetizione
- Innovazione
Semplicità
- Complessità
per sua
natura non ammette riduzionismi. Sebbene sia possibile
raccogliere informazioni sui singoli
- Problemi chiusi
- Problemi aperti
- Soluzioni
multiple
- Punti di forza/
- Soluzioni
univoche
- Giusto/sbagliato
Skills (esecuzione
di operazioni
prescritte con un
livello più o meno
alto di difficoltà)
Competenze
(gestione di
situazioni complesse
e non routinarie, con
autonomia e
responsabilità)
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aspetti, la valutazione deve tenere conto del profilo di competenza complessivo dello studente, ossia
del come le skills inerenti i quattro aspetti interagiscano tra di loro e costituiscano un insieme
strutturato ed integrato di saperi socio-comunicativi, teoretici, metodologici, tecnici, autoriflessivi, il
quale, a contatto con determinate problematiche e specifici contesti applicativi, origina il saper agire
in situazione che è alla base della competenza.
Le prove di valutazione proposte possono essere utilizzate sia in chiave di valutazione formativa
(come ausilio all’apprendimento) sia in chiave di valutazione sommativa (per formulare un giudizio
valutativo al termine di un percorso). In chiave di valutazione formativa, le prove proposte possono
originare cicli di apprendimento esperienziale, secondo il modello descritto nel paragrafo precedente.
3.1Valutare le risorse
La valutazione delle risorse acquisite in un intervento formativo riguarda: a) lo scarto tra le
conoscenze possedute dall’allievo prima e dopo l’intervento formativo; b) lo scarto tra le conoscenze
possedute dall’allievo alla fine dell’intervento formativo e quelle che dovrebbe avere un allievo
ritenuto pienamente competente. Possibili tecniche e strumenti:
a.
b.
c.
L’individuazione dei concetti chiave all’interno di un testo o di un discorso (o la proposizione
di concetti chiave da parte del valutatore) e la loro definizione, attraverso un saggio breve o un
disegno.
L’individuazione dei concetti chiave e la loro messa in relazione. E’ possibile chiedere
all’allievo di costruire una mappa concettuale su un dato argomento prima dell’intervento e
una dopo l’intervento. Gli allievi devono essere preventivamente formati alla tecnica della
costruzione di mappe concettuali.
Una variante semplificativa sono gli item di corrispondenza tra concetti, con esplicitazione
della relazione (figura 5).
Fig. 5 – Trovare ed esplicitare relazioni
Collega i nomi della prima lista a quelli della seconda e spiega perché li hai collegati.
1. Regista
Telecamera
______________________________
2. Produttore
Copione
______________________________
3. Attore
Colonna sonora
______________________________
4. Cantante
Vicenda
______________________________
5. Operatore
Lancio pubblicitario
______________________________
d) La linea del tempo. Si chiede agli allievi di collocare su una linea del tempo, disegnata su un
foglio, i vari momenti, ad esempio, della produzione di un servizio per il telegiornale.
La valutazione avviene confrontando le risposte con “profili-tipo di risposta”, ad ognuno dei quali è
stato assegnato un punteggio o un giudizio valutativo, in relazione alla minore o maggiore aderenza al
profilo di risposta “ottimale” (profilo di competenza dell’“esperto”).
3.2 Valutare le strutture di interpretazione
La valutazione riguarda: a) lo scarto tra le “visioni del mondo” dell’allievo prima e dopo l’intervento
formativo; b) la misura in cui le “visioni del mondo” dell’allievo alla fine dell’intervento formativo si
avvicinano alle “visioni del mondo” che dovrebbe avere un allievo ritenuto pienamente competente.
Possibili tecniche e strumenti:
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a) Analisi di un testo mediale. All’allievo viene dato un testo mediale e gli viene chiesto di
“leggerlo”, analizzandolo, sulla base di criteri dati. Per una maggior comparabilità dei risultati, la
forma dell’analisi può essere quella di un insieme di frasi da completare (figura 6).
Fig. 6 – An example of a sheet for media text analysis
After having seen the cartoon X, answer the following questions:
1. Il protagonista è _________________________________________
2. Il protagonista soffre because ________________________________
3. Il protagonista is helped by ______________________________
4. The “good” men are__________________________________________
5. The “bad” men are __________________________________________
6. La morale della storia è che non si dovrebbe___________________
________________________________________________________
b) Un’altra variante prevede di trovare istanze per delle categorie, anche multidimensionali (figura
7). E’ possibile utilizzare varianti che prevedono anche giudizi di valore.
Fig. 7 –Trovare esempi di oggetti appartenenti a categorie multidimensionali
Per ciascuna categoria proposta trovate, se ci riuscite, un esempio di programma
Italiano
Giapponese
Americano
Cartone animato
Telefilm
Film
Classificate i personaggi dei tre cartoni che avete visto, scrivendo i nomi nelle tre caselle
Buoni
Cattivi
Indifferenti
Uomo ragno
Tom e Jerry
Dragonball
c) Il “momento più importante”. All’allievo viene chiesto di raccontare l’esperienza dell’intervento
formativo, come se fosse una storia, e gli viene chiesto di dire quale è stato secondo lui il momento più
importante, chiedendogli anche di spiegare perché.
d) Riconoscere le emozioni. All’allievo viene chiesto di rispondere a domande su “cosa ha provato”
durante la fruizione di un testo mediale (figura 8).
Fig. 8 – Esempio di griglia per il riconoscimento delle emozioni
Dopo aver visto il cartone animato X, rispondi alle seguenti domande:
1. Mi sono sentito felice quando________________________________
2. Mi sono sentito triste quando ________________________________
3. Mi ha stupito che _________________________________________
4. Ho avuto paura che _______________________________________
e) Le rappresentazioni dei ruoli. All’allievo viene chiesto di rappresentare il ruolo di una figura
professionale del mondo dei media, appreso durante l’intervento formativo (figura 9).
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Fig. 9 – Esempio di griglia per la rappresentazione dei ruoli
Chi è il regista di un film? Prova a raccontarcelo dicendo cosa fa:
1. Decide _________________________________________________
2. Sceglie ________________________________________________
3. Inventa ________________________________________________
f) Cosa ci vuole dire? L’allievo deve completare item come quello di figura 10, identificando i
messaggi che veicola un programma.
Fig. 10 – Esempio di item per l’identificazione dei messaggi
Abbiamo visto il cartone animato X. Secondo te cosa ci vuole dire l’autore del cartone? Elenca al massimo tre messaggi
1. ____________________________________________________
2. ____________________________________________________
3. ____________________________________________________
g) I profili di opinione. Si chiede all’allievo di esprimere un insieme di opinioni su entità del
mondo reale, strutturate secondo una griglia esplicita (figura 11) e si chiede successivamente
all’allievo di argomentare e giustificare le proprie opinioni, difendendole in un dibattito.
Fig. 11 – Esempio di griglia per la rilevazione strutturata di opinioni
Pensa alla pubblicità in Tv. Secondo te:
1. A cosa serve? ___________________________________________
2. Chi la fa? _______________________________________________
3. Quanto costa? ___________________________________________
4. Dice la verità? ___________________________________________
Ricorda che dovrai poi argomentare a voce le opinioni che esprimi!
La valutazione avviene confrontando le risposte con “profili-tipo di risposta”, ad ognuno dei quali è
stato assegnato un punteggio, in relazione alla minore o maggiore aderenza al profilo di risposta
“ottimale” (profilo di competenza dell’“esperto”).
3.3 Valutare le strutture di azione
Nel valutare le strutture di azione, ossia le strategie messe in atto, si tiene conto della differenza tra la
capacità di svolgere un compito prima di un intervento formativo e dopo l’intervento formativo (ad
esempio, la capacità dell’allievo di progettare un prodotto ipermediale o di applicare un modello
narratologico nell’analisi della vicenda di un cartone animato). E’ possibile comunque fare l’ipotesi
che prima dell’intervento formativo l’allievo non sia per nulla in grado di svolgere il compito proposto
e focalizzare quindi la valutazione su quanto le strategie di azione dell’allievo alla fine dell’intervento
formativo si avvicinano alle strategie di azione che dovrebbe avere un allievo ritenuto pienamente
competente. Se si adotta questo approccio, la valutazione può essere svolta sulla base dei dettami del
performance assessment e i prodotti possono essere valutati sulla base di rubric valutative.
In alternativa è possibile ricorrere ad item valutativi che facciano descrivere dettagliatamente un
processo di lettura, di produzione o di analisi, ad esempio: “Descrivi i passi che faresti nella
progettazione di un prodotto ipermediale”, “Applica questo modello narratologico a questa storia
incompleta e prevedi come potrebbe finire”, “Costruisci il tuo palinsesto ideale”, “Produci un
messaggio con un dato obiettivo”, “Metti in evidenza la prospettiva inscritta nel testo”. La valutazione
avviene sempre per confronto con le strategie “tipo” che metterebbe in atto un allievo ritenuto
pienamente competente (“esperto”).
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3.4 Valutare le strutture di autoregolazione
Per questo aspetto, la valutazione riguarda la capacità dell’allievo di riflettere su quello che ha fatto, ad
esempio negli esercizi precedenti o nell’esecuzione delle performance richieste, e di capire quali sono
stati i suoi errori e come potevano essere evitati. Anche qui è difficile ragionare su un prima e un dopo,
dato che si suppone che l’allievo non si sia mai trovato a riflettere sul proprio operato in una situazione
analoga prima dell’intervento formativo.
Due possibili strategie potrebbero essere:
a) Il Colloquio clinico, ossia un colloquio approfondito che punti a capire, attraverso domande
mirate, come siano state costruite le soluzioni proposte e quali siano le rappresentazioni mentali
sottostanti alle scelte dell’allievo. Esempi di domande possono essere “Perché il personaggio che hai
costruito è vestito così?”, “Perché si comporta proprio in questo modo?”, “In quali altri modi avrebbe
potuto comportarsi?”, “Perché hai scelto proprio questa vicenda?”, ecc.
b) Valutazione tra pari (ad esempio a coppie), chiedendo agli allievi di scambiarsi le risposte alle
consegne illustrate nei paragrafi precedenti, discuterle (trovando i propri errori e quelli altrui e
negoziando soluzioni) ed esporre poi all’insegnante e ai compagni il risultato della riflessione.
c) Autovalutazione sulla base di un elaborato tipo, ad esempio svolgendo alla lavagna le consegne
appena svolte dagli allievi e chiedendo loro di trovare i propri errori nel loro elaborato, non
limitandosi a segnalare l’errore ma spiegando anche perché secondo loro la loro prima soluzione era
sbagliata.
3.5 Valutare il cambiamento personale
Nella ME, un percorso formativo che ha successo non dovrebbe portare solo all’acquisizione di
competenze ma ad un vero e proprio cambiamento negli stili di fruizione dei media: gli apprendimenti
ottenuti dovrebbero essere applicati sistematicamente dagli allievi nella loro vita quotidiana, al fine di
sviluppare un rapporto maggiormente critico e consapevole con l’universo mediale. E’ necessario
quindi, anche a distanza di tempo dall’intervento formativo, chiedersi quanto delle risorse e strutture
sviluppate venga portato nel proprio bagaglio stabile di modi di leggere, affrontare e riflettere sul
mondo.
E’ possibile sondare questi aspetti attraverso la somministrazione di un insieme di item (analoghi a
quelli visti nei paragrafi precedenti) volti a rilevare i modi di pensare, di agire, di riflettere dell’allievo
a distanza di tempo dall’intervento formativo oppure, sempre a distanza di tempo, ricorrere alle
tecniche del colloquio clinico, del disegno a tema o delle composizioni scritte per sondare le
rappresentazioni dei soggetti in relazione a particolari elementi appresi per rilevarne la stabilità nel
tempo. Le composizioni scritte possono avere la forma del racconto, se strutturate in forma narrativa
(ad esempio “Racconta una tua giornata con i media”), o della descrizione oggettiva (ad esempio
“Descrivi come si produce un film”).
4. Formare e valutare competenze nelle aree delle reading skills, writing skills, user skills,
critical thinking skills
Vediamo come è possibile applicare i principi suddetti nelle aree delle reading skills, writing skills,
user skills, critical thinking skills.
Nei paragrafi seguenti vengono presentati profili di competenza generali per le quattro aree citate. Da
questi profili generali è possibile declinare profili di competenza massimi (ossia l’insieme delle
performance massime attese da un allievo considerato “esperto” in quell’area), minimi (ossia l’insieme
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di performance attese ritenute indispensabili per avere una competenza “minima” in quell’area) e
profili intermedi che rappresentino diverse “profondità di competenza” dei soggetti.
Gli obiettivi di apprendimento riportati nei profili possono essere considerati una guida per la
progettazione di attività didattiche e valutative, come descritto nei paragrafi precedenti. Per ciascun
profilo vengono suggerite possibili attività volte a svilupparlo. Le attività riportate costituiscono
esempi di situazioni-problema atte a far partire la fase di Esperienza, a cui far seguire le altre fasi del
ciclo di apprendimento esperienziale.
4.1 L’area delle reading skills
La fig. 12 presenta un possibile profilo di competenza generale per l’area Lettore mediale.
Fig. 12 - Profilo di competenza in uscita per l’area “Lettore mediale”
Risorse
Conoscere i concetti di testo, segno, codice
Conoscere le “regole” del mondo dei media
Conoscere i generi testuali
Conoscere le differenze tecniche e strumentali tra un medium e l’altro
Conoscere gli elementi principali di un modello narratologico
Strutture di interpretazione Comprendere il carattere “costruito” dei messaggi mediali
Comprendere che il mondo dei media ha “regole” differenti dalle regole della realtà
Saper riconoscere gli elementi costitutivi di un testo mediale
Saper riconoscere i generi testuali in prospettiva mediale
Saper riconoscere le finalità comunicative dei messaggi (informare, persuadere, comandare,
suggerire, intrattenere, ecc.)
Strutture di azione
Saper applicare un modello narratologico ad un prodotto
Saper analizzare la struttura linguistica di un prodotto mediale riconoscendone gli elementi
testuali
Strutture di
Saper riflettere sulle proprie “letture” di prodotti mediali ed individuare, in modo guidato, i propri
autoregolazione
errori
Esempi di attività volte a lavorare su questo profilo di competenza possono essere:
 Leggete un testo mediale proposto dall’insegnante (libro/e-book, fotografia, messaggio
pubblicitario, sito web, film, cartoon, fumetto, brano o video musicale, trasmissione radiofonica
o televisiva, quotidiano o rivista, videogioco, applicazione per cellulare) e decostruitelo,
individuando testi, segni, codici, “regole” che lo caratterizzano, genere di riferimento, tipologia
in cui è possibile classificarlo, tecniche e strumenti utilizzati per produrlo, elementi
narratologici che vi si possono riscontrare.
 Consultando quotidiani e riviste raccogliete articoli su un dato tema (proposto dall’insegnante o
scelto dai ragazzi) e scrivete una sintesi di massimo 20 righe sulla base delle informazioni
trovate.
 Consultando quotidiani e riviste raccogliete immagini fotografiche su un dato tema e scrivete
per ciascuna di esse una breve didascalia.
 Illustrate un tema dato, scegliendo tre fotografie tratte da quotidiani e riviste che secondo voi lo
rappresentano in modo particolarmente efficace.
 Costruite una mostra fotografica, con immagini e didascalie, che illustri un tema dato a chi
ancora non lo conosce.
 Data una fotografia, uno spot, un messaggio pubblicitario ad immagine fissa, un video, un brano
musicale o radiofonico descrivete il significato che secondo voi esprime.
 Analizzate un telegiornale, identificatene gli elementi principali e descriveteli.
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
Collocate su una linea del tempo una serie di personaggi dati di cartoni animati, film o
trasmissioni televisive e spiegate perché li avete collocati proprio in quell’epoca storica.
4.2 L’area delle writing skills
La fig. 13 presenta un possibile profilo di competenza generale per l’area Scrittore mediale.
Fig. 13 - Profilo di competenza in uscita per l’area “Scrittore mediale”
Risorse
Conoscere il concetto di autorialità
Conoscere il concetto di intenzionalità comunicativa
Conoscere gli elementi costitutivi di un progetto comunicativo
Strutture di
Saper riconoscere gli elementi costitutivi di un prodotto mediale
interpretazione
Strutture di azione
Saper produrre un messaggio utilizzando in modo appropriato le regole linguistiche dei media, per
raggiungere un dato obiettivo comunicativo
Saper costruire tecnicamente un prodotto mediale
Strutture di
Saper riflettere sulla propria “costruzione” di prodotti mediali ed individuare, in modo guidato, i
autoregolazione
propri errori
Esempi di attività volte a lavorare su questo profilo di competenza possono essere:
 A partire da un numero dato di fotografie inventate una storia.
 Sfogliate un quotidiano o una rivista, ritagliate dei personaggi dalle foto e costruite una storia.
 A partire da un tema, cercate un numero dato di immagini su web e costruite una storia sul tema
utilizzando quelle immagini.
 Scegliete un tema che vi interessa particolarmente e costruite il vostro blog su quel tema,
utilizzando i siti che mettono a disposizione spazi blog gratis. Il blog deve contenere: disegni e
fotografie, suoni e musica, filmati video, testo.
 Progettate una breve trasmissione radiofonica (10-15 minuti), elaborando un canovaccio di
dialoghi, musica e rumori. Registratela e fatela ascoltare ai compagni, commentandola.
 Inventate un programma televisivo e descrivetelo, specificando: il tipo di programma (es.
cartone, telefilm, ecc.), a quale programma già visto assomiglia, la descrizione di ambienti e
personaggi, le vicende narrate.
 Costruite un fumetto su un tema dato, definendo una sceneggiatura con i dialoghi, disegnando le
tavole e componendolo. Una volta finito, illustratelo ai compagni.
 Progettate un messaggio pubblicitario ad immagine fissa (tipo cartellone o pagina di pubblicità
su quotidiani e riviste), disegnatelo ed illustratelo ai compagni.
 Utilizzando la macchina fotografica, illustrate un tema dato producendo una breve
presentazione animata (ad es. con Photostory), corredata di musica di sottofondo.
 Dato un tema o una storia, preparate una sceneggiatura e, utilizzando la videocamera, producete
un breve video per illustrarlo.
 Progettate e realizzate una presentazione in Powerpoint su un tema dato, utilizzando testo e
immagini.
 Cercate materiale su web che tratti un determinato tema. Quale materiale vi sembra più
pertinente? Quale vi sembra meno pertinente? Definite un insieme di criteri per valutare i
materiali trovati e formulate un giudizio valutativo per ciascuno di essi sulla base di tali criteri.
4.3 L’area delle user skills
La fig. 14 presenta un possibile profilo di competenza generale per l’area Fruitore mediale.
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Fig. 14 - Profilo di competenza in uscita per l’area “Fruitore mediale”
Risorse
Conoscere le possibili strategie di fruizione
Conoscere i possibili bisogni e motivazioni che portano all’esposizione ad un particolare medium
o genere mediale
Strutture di interpretazione Saper riconoscere una strategia di fruizione
Saper riconoscere le strategie che i media mettono in atto per catturare l’attenzione e per dirigere
il consumo mediale
Saper riconoscere le abitudini personali e famigliari nell’uso dei media
Saper riconoscere le motivazioni e i meccanismi di soddisfazione dei bisogni alla base di un
determinato consumo mediale
Strutture di azione
Saper scegliere le modalità del proprio consumo mediale
Saper gestire il proprio tempo libero in relazione ai media
Strutture di
Saper riflettere sulla propria “fruizione” di prodotti mediali ed individuare, in modo guidato, i
autoregolazione
propri errori
Esempi di attività volte a lavorare su questo profilo di competenza possono essere:
 Compilate un diario di una vostra giornata in cui tenete traccia di tutti i messaggi mediali che
ricevete, delle fonti che ve le inviano e di cosa avete provato quando li avete ricevuti. Potete
scrivere i messaggi in questa forma: Ora di ricezione, Emittente da cui è stato ricevuto, Medium
utilizzato, Tipologia del messaggio (es. pubblicità, informazione, intrattenimento, ecc.), Sintesi
del messaggio in 2-3 righe.
 Classificate i messaggi che avete raccolto nel diario dell’attività precedente per: Medium che li
ha trasmessi, Funzione comunicativa del messaggio (informare, persuadere, comandare,
suggerire, intrattenere, ecc.), Emittente da cui è stato ricevuto. Costruite un grafico a barre per
ciascuna di queste tre categorie e descrivetelo ai compagni.
 Componete una griglia sul quaderno con tante righe quante sono le Emittenti e tante colonne
quante sono le Funzioni comunicative che avete individuato. All’incrocio tra righe e colonne
scrivete il numero di messaggi che svolgono una certa Funzione per ciascuna Emittente
considerata. Descrivete questa tabella ai compagni.
 Intervistate i vostri genitori (o i vostri zii, o persone più anziane di voi) chiedendo di raccontarvi
una loro giornata-tipo di quando avevano la vostra età, focalizzandosi sui Medium utilizzati,
sulle Emittenti, sui Messaggi ricevuti, sulle Tipologie dei messaggi e sulle differenze tra il loro
“mondo dei media” e quello di oggi. Confrontate poi la vostra giornata-tipo con la loro e
descrivete le differenze ai compagni.
 Guardate un cartone animato (o effettuate una sessione di videogioco) e poi descrivete il vostro
comportamento (cosa avete fatto) e le vostre emozioni (cosa avete provato) nei vari momenti
del cartone o videogioco.
 Compilate una classifica dei vostri cartoni preferiti della settimana (o trasmissioni televisive o
videogiochi) e spiegate perché avete messo quei cartoni proprio in quella posizione.
4.4 L’area delle critical thinking skills
La fig. 15 presenta un possibile profilo di competenza generale per l’area Critico mediale.
Fig. 15 - Profilo di competenza in uscita per l’area “Critico mediale”
Risorse
Conoscere i concetti legati alla dimensione etica (sfondi valoriali, opzioni morali, principi etici
impliciti o espliciti)
Conoscere i concetti legati alla dimensione estetica (tratti stilistici del genere e dell’autore)
Conoscere i concetti legati alla dimensione socio-culturale (sfondi mentali, iscrizioni storiche,
orizzonte “filosofico”, idee di mondo, prospettive culturali)
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Strutture di
interpretazione
Strutture di azione
Strutture di
autoregolazione
Saper riconoscere i significati che un messaggio porta implicitamente con sé
Saper riconoscere punti di vista e valori sottostanti i messaggi
Saper riconoscere “sfondi” impliciti del messaggio
Saper interpretare le coordinate di senso che ispirano i testi mediali
Saper riconoscere i tratti etici di un testo mediale
Saper riconoscere i tratti stilistici di un testo mediale (caratteri comuni, scelte controtendenza, ecc.)
Saper riconoscere i tratti culturali di un testo mediale
Saper mettere in evidenza la prospettiva inscritta nel testo
Saper valutare un messaggio nei punti di vista e valori che esprime
Saper riflettere sulla propria “critica” ai prodotti mediali ed individuare, in modo guidato, i propri
errori
Esempi di attività volte a lavorare su questo profilo di competenza possono essere:
 Leggete questa storia a fumetti in cui compaiono due personaggi. Raccontate la storia prima dal
punto di vista del personaggio 1 e poi dal punto di vista del personaggio 2.
 Utilizzando quotidiani e settimanali informatevi su un dato fatto di cronaca e costruite una vostra
opinione. Esponete poi agli altri gruppi l’opinione che avete costruito, argomentandola e
difendendola da eventuali critiche. Ricordatevi che nell’argomentazione dovrete utilizzare gli
elementi fattuali che avete trovato negli articoli letti e la vostra opinione verrà valutata anche in
base al numero di elementi fattuali che riuscirete a prendere in considerazione.
 Sulla base delle singole opinioni formulate nell’esercizio precedente cercate di costruire
l’“opinione della classe”, che sintetizzi le opinioni di tutti i singoli membri.
 Guardate un film (o un cartone animato, oppure leggete un fumetto o un racconto) e identificatevi
in un personaggio (non è detto che sia il protagonista), poi rispondete per iscritto a queste due
domande: “Perché secondo voi il protagonista si è comportato così?”, “Al suo posto cosa avreste
fatto?”. Giustificate le vostre risposte, argomentandole sulla base di quanto accaduto nel film.
 Ascoltate la stessa notizia riportata da più telegiornali (o leggete articoli sulla stessa notizia
riportati da più quotidiani o riviste). Quali sono le differenze? Quali sono gli elementi in comune?
Quali sono i punti di vista espliciti? E quelli sottesi? Riportateli per iscritto e discutetene con i
compagni.
 Dato un film, un cartone animato, uno spot, un messaggio pubblicitario ad immagine fissa, un
video, un brano musicale o radiofonico, un videogioco, individuate le rappresentazioni della
realtà, stereotipi, valori sottesi, culture di riferimento (es. giapponese, statunitense, latina).
 Provate a condurre la stessa analisi dell’esercizio precedente comparando due film (o cartoni, ecc.)
diversi.
 Cercate su web siti delle istituzioni del mondo reale (ad esempio Parlamento, Magistratura, ecc.) e
tracciate una vostra rappresentazione di tali istituzioni sulla base della rappresentazione di esse che
emerge dal mondo virtuale. Descrivete questa rappresentazione ai compagni.
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Sperimentare la Media Education nella scuola tra progetto, processo e prodotto
Alberto Parola
Quando si tratta di trovare soluzioni ragionevolmente condivisibili a problemi che riguardano
l’insegnamento e l’apprendimento in classe e di allestire percorsi e materiali didattici auspicabilmente
efficaci e funzionali agli obiettivi che si intende perseguire, la strada della ricerca azione rimane una
via fondamentale. Come noto, la ricerca azione risale agli anni ’40 e nel tempo ha progressivamente
affinato le proprie procedure di intervento e ampliato gli ambiti di applicazione. Essa deriva dal lavoro
di Lewin (1890-1947), volto a collegare l’attività di ricerca al cambiamento e al miglioramento dei
sistemi sociali e delle situazioni reali con le quali il ricercatore viene a contatto.
Il dispositivo epistemologico alla base della ricerca-azione consiste nella cosiddetta “spirale
autoriflessiva”, che prevede la successione di attività che si ripetono di pianificazione-azione
(implementazione dei piani)-osservazione (sistematica)-riflessione (Mantovani, 1998). Scopo della
ricerca-azione è infatti quello di produrre conoscenza contestualizzata volta a produrre un
miglioramento di una determinata pratica educativa. L’azione è la materia prima della ricerca:
l’obiettivo infatti non è solo quello di raccogliere dati sulla realtà, ma anche quello di trasformarla. Il
miglioramento della pratica educativa viene determinato sulla base di criteri di efficacia ed efficienza,
ma anche di soddisfazione degli operatori coinvolti sul piano psicologico e socio-economico
(Trinchero, 2002).
La sperimentazione dei pacchetti mediaeducativi si è svolta all’interno della cornice teorica generale
della ricerca-azione e ha visto l’alternanza ricorsiva di momenti teorico-riflessivi, volti ad elaborare
ipotesi e strumenti di intervento, e momenti pratico-applicativi.
Il lavoro complessivo è stato articolato in tre fasi e per ciascuna di esse sono stati allestiti
strumentazioni utili per la rilevazione o la discussione all’interno della comunità di ricerca. Di seguito,
ci soffermiamo su ciascuna delle tre fasi mettendo a fuoco gli aspetti che abbiamo inteso valutare
attraverso questa sperimentazione e presentando contestualmente gli strumenti e le procedure
operative seguite.
Fase 1: Elaborazione del progetto e revisione
In generale, un progetto didattico redatto da un insegnante richiede tre tipi di atteggiamento in tre
momenti differenti dell’attività compiuta in base al progetto stesso: un primo momento di
immaginazione e costruzione (redazione), un secondo momento di guida e controllo (durante la
realizzazione) e un terzo momento di comparazione a posteriori (distanza tra il progetto redatto e
quello effettuato realmente). Questo è già un primo passo che consente all’insegnante, che nel nostro
caso ha svolto un percorso di ME, di occupare tre ruoli e tre modalità differenti di “essere insegnante”.
Per come viene da noi concepita la ME è molto importante che il docente assuma tutti questi
atteggiamenti, proprio perché all’interno del suo progetto certamente avrà pensato di legare con un
filo diretto obiettivi e valutazione dell’apprendimento dei suoi allievi: meno probabile è che egli/ella
(da ora in poi egli) abbia inteso di esplicitare tali obiettivi e, durante la fase di redazione, previsto
differenti e complessi strumenti di valutazione del singolo allievo e del gruppo-classe.
Tenere sempre a mente questo ‘filo’ risulta molto importante per tutte le attività didattiche, ma più
ancora per quelle costruite per sviluppare sia conoscenze e abilità, sia competenze.
Dunque, come può essere elaborato un progetto di ME? Nei capitoli precedenti, ci siamo ampiamente
soffermati sui principi e modelli per la progettazione di percorsi mediaeducativi. Qui, prendiamo
invece in esame le problematiche intorno alle quali l’insegnante-progettista, impegnato in un’attività
di sperimentazione, dovrebbe a nostro avviso riflettere. Esse possono essere riassunte in alcune
domande quali:
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Ciò che ho scritto può essere ripresentato e realizzato da un altro collega della mia scuola e/o di
qualsiasi altra scuola del mio paese?
Il mio progetto è sufficientemente flessibile cioè adattabile, elastico e accomodante all’interno di altri
contesti?
Inoltre, il progetto può essere componibile e scomponibile a seconda delle esigenze di spazio e tempo
di altri colleghi, ovvero suddiviso in moduli o in livelli semplici e progrediti?
Infine, il mio progetto può essere davvero trasferibile, cioè essere compreso, ripetuto e collocabile in
altri contesti simili al mio?
Tali interrogativi fanno essenzialmente capo alla cultura scientifica del progettista che riesce a
governare e padroneggiare il suo lavoro sin dal momento della preparazione delle attività, sino alla
valutazione dell’intero processo didattico.
Per quanto concerne la fase di controllo del progetto mediaeducativo, risulta altresì importante che
l’insegnante sappia “dove sta andando” (sia il progetto che lui/lei stesso/a). Fondamentale è che egli
abbia ben individuato e circoscritto il ruolo dei media all’interno dell’attività e ben chiaro che cosa
andrà a valutare una volta portata a termine.
Infine, fondamentale risulta la riflessione che il docente compierà una volta che avrà terminato il
lavoro, valutazione compresa. Tale riflessione gli consente di comprendere che la valutazione non è
solo limitata alla fase conclusiva del processo, ma che è “nel processo”. Per questo motivo, se già
abituato a “progettare la valutazione” potrà anche prevedere la costruzione di strumenti di
osservazione utilizzabili durante tutto il percorso. Approfondiremo tra poco questo discorso.
L’ultima tipologia di atteggiamento, ovvero il confronto tra il ‘pensato’ e il ‘realizzato’ consente
all’insegnante di proseguire la sua opera di documentazione del percorso didattico mediaeducativo. La
riflessione a posteriori risulta estremamente ‘formativa’ (termine che funziona anche per il docente più
esperto) proprio perché la sua “impresa documentativa” in itinere (con diari, liste di controllo, rubric
ecc. e anche con materiali multimediali, fotografie e riprese audio-video) sarà funzionale alla sua
riflessione comparativa. Immaginiamo due casi estremi:
nel primo caso non vi è differenza tra il progetto redatto e quello compiuto: significa che il docente
ha previsto un lavoro ben strutturato, probabilmente semplice e che gli ha consentito di seguire
passo passo le varie fasi. L’aspetto positivo di tale situazione è che risulta sufficiente il progetto
redatto per la trasferibilità dell’attività, mentre quello negativo si riferisce al fatto che egli non ha
probabilmente colto l’occasione del contesto classe (creativo e rigenerante) per intraprendere
nuove soluzione a cui inizialmente non aveva pensato;
nel secondo vi è molta differenza: il progetto redatto avrà quindi bisogno di una revisione e di una
serie di giustificazioni per le modifiche apportate (e solo allora l’attività potrà essere trasferibile),
mentre certamente evidenzierà il valore aggiunto dei percorsi mediaeducativi, cioè la possibilità
concessa ai ragazzi di esprimersi con differenti linguaggi, facendo esplodere in modo esponenziale
la loro creatività. In tal caso, la differenza tra il progettato e il realizzato diviene formativa perché
getta luce sulla capacità delle attività mediaeducative (e ciò accade spesso) di essere ‘spiazzanti’,
inattese e sorprendenti.
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Fig 1: Redazione, controllo e comparazione risultano aspetti sempre presenti nelle attività didattiche mediaeducative.
L’attività di riflessione intorno al progetto elaborato può essere ampiamente co-adiuvata dalle
riflessioni di colleghi e “amici critici” all’interno di una determinata comunità e sulla base di un set
predefinito di comuni indicatori. Nell’ambito della sperimentazione On Air, i progetti relativi ai
pacchetti educativi sono stati sottoposti ad un processo di revisione tra pari, come indicato nella tabella
seguente:
Tab. 1 – Processo di revisione tra pari
Coppie di partner
Partner A
Partner B
INFOREF (Lettura)
Zinevart (Scrittura)
MED (Fruitore)
WSINF (Lettura)
MED (Pensiero critico)
Media Monitoring Agency (Pensiero critico)
MED (Fruitore)
Kaunas University of Technology (Pensiero critico)
Ogni partner ha svolto la funzione di “amico critico” nei riguardi dell’altro sulla base di una comune
checklist di domande:








Nel progetto formativo viene spiegata all’utente (insegnanti e/o studenti) la rilevanza della
proposta educativa?
Gli obiettivi d’apprendimento sono chiaramente definiti e operazionalizzati? Sono pertinenti
con il frame work delle competenze mediali?
Il progetto educativo è chiaramente e coerentemente strutturato?
Il percorso educativo prevede una varietà di attività interattive?
Agli studenti viene data l’opportunità di partecipare attivamente al processo d’apprendimento?
Sono previsti strumenti ad uso dell’insegnante per documentare il processo? Sono adeguati?
Sono previste risorse integrative per docenti e studenti? Sono adeguate e sufficienti?
Il pacchetto formativo include strumenti di valutazione quali questionari di gradimento, pretest, post-test e altri strumenti per la valutazione finale dei risulati? Sono adeguati?
Al termine della fase di revisione reciproca, i pacchetti hanno subito alcune modifiche e adattamenti
migliorativi.
Fase 2 – Documentazione e analisi del processo
L’insegnante, durante il momento progettuale, può già aver previsto più fasi e strumenti di
documentazione e osservazione del processo. La documentazione è la concretizzazione della sua
“opera osservativa”. I documenti che renderanno conto del percorso possono essere in formato
narrativo cartaceo (scritti in forma diaristica), osservativo più strutturato (check list, rubric, ecc.),
iconografico e video (fotografie e riprese audiovisive), o una loro combinazione, più o meno costruiti
e utilizzati in modo sistematico. La sistematicità dell’osservazione è condizione indispensabile per la
completa documentazione del percorso e per la realizzabilità dei tre atteggiamenti progettuali di cui si
è parlato poc’anzi. È inoltre fondamentale che l’insegnante conosca almeno una di queste tecniche e
che la compresenza di tecniche differenti gli consentano di assumere “posture progettuali e
osservative” più naturali al suo modus operandi e alla sua “visione del mondo”. Inoltre, l’integrazione
delle tecniche stesse comporta la raccolta di una maggior ricchezza di informazioni.
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Fig. 2: Alternanza e compresenza di documentazione cartacea e audiovisiva consentono una maggior resa del processo
didattico e favoriscono una riflessione a posteriori dell’insegnante e della comunità scientifica in merito alla valutazione
degli apprendimenti e all’efficacia dell’attività.
Allo scopo di render conto in modo più completo dell’attività svolta occorrono alcuni accorgimenti
che consentono al ‘lettore’ di comprendere meglio passaggi e implicazioni all’interno del percorso.
Parlare di lettore non è fuori luogo, anzi: l’insegnante che svolge didattica mediaeducativa deve
progettare già pensando di essere letto da altri. In generale, è consigliabile:
redarre un abstract e una sintesi delle attività allo scopo di “far entrare” il lettore subito a contatto con
il percorso prefigurandoselo;
introdurre il quadro teorico di riferimento per far capire quali sono le basi concettuali e il
ragionamento che egli ha compiuto durante la fase progettuale (autori, letteratura, paradigmi);
descrivere accuratamente il contesto in cui avviene l’attività (sia il macrocontesto, cioè tipologia di
scuola e quartiere di un paese, media o grande città, luogo della didattica, classe, laboratorio o
altro) e le procedure, cioè quanto di più dettagliato e utile per far cogliere i passaggi all’interno di
ciascuna sessione di lavoro e tra sessione e sessione;
curare il dettaglio nella descrizione degli eventi all’interno del contesto didattico: un dettaglio può
fare la differenza quando si tratta di media perché la “capacità compenetrativa” dei mezzi di
comunicazione di massa oggi è molto alta e occorre quindi specificare ruoli, strumenti e rapporti
nel modo più specifico possibile;
dichiarare chiaramente chi lavora al progetto: se il docente è solo o se collabora con altri colleghi
della stessa scuola, oppure se attiva collaborazioni con il territorio, con altre scuole o con enti
differenti (locali, produttori, associazioni ecc.);
evidenziare quanto di più ‘scontato’ e ovvio possa essere realizzato e osservato in classe: ad esempio,
il lavoro di gruppo è un metodo didattico che “a contatto” con i media può sprigionare dinamiche
molto interessanti tra i ragazzi, diverse da quelle che scaturiscono durante la didattica frontale;
quindi, molto importante è render conto del gruppo come entità superiore alla somma dei suoi
componenti, attraverso la rilevazione di comportamenti, opinioni e atteggiamenti degli allievi.
In sostanza, l’aspetto ‘documentario’ delle attività deve entrare nello specifico di una serie di aspetti
che hanno cittadinanza piena e originale nei percorsi mediaeducativi. Preparare strumenti di
osservazione significa anche “costruire la propria osservazione”, la propria visione del mondo e il
‘filtro’ utilizzato per interpretarlo. Che cosa devo osservare? Che cosa dei media devo evidenziare,
quale dei ruoli ‘stimolativo’, ‘oggettuale’, ‘creativo’ è più importante nella mia attività?
Dunque, prima di costruire gli strumenti occorre che l’insegnante ‘educhi’ la sua osservazione anche
attraverso una serie di momenti ‘auto-osservativi’, soprattutto per delineare nel modo più chiaro
possibile il rapporto tra Sé docente – Sé personale – allievi – scuola – media – territorio.
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Fig. 3: Durante la fase di documentazione del processo occorre che il docente tenga sempre presenti i rapporti e gli intrecci
tra i concetti riportati in figura.
Dalla figura si può comprendere come sia insufficiente un testo narrativo (o più strutturato) che
evidenzi in modo procedurale solo le fasi dell’attività. I numerosi intrecci che si possono intuire tra le
varie relazioni (ad esempio Sé personale – media – Sé docente, ma potremo continuare in modo
sistematico e dettagliato) fanno emergere la complessità dei percorsi mediaeducativi e la necessità di
raccontare le sorprese, le emozioni, l’impegno, i vissuti dei ragazzi e quanto questi intrecci vanno a
modificare il loro rapporto con la figura docente. Ad esempio, sarebbe opportuno che nella
documentazione del processo didattico fossero evidenziati:
i principali problemi incontrati dall’insegnante e le modalità con le quali sono stati gestiti;
le situazioni di apprendimento più significative e le motivazioni, aggiungendo uno o più esempi;
il livello di partecipazione degli studenti nelle attività di apprendimento;
l'interesse degli allievi nei confronti dei media utilizzati;
lo stato d’animo generale dell’insegnante durante l'esperienza;
suggerimenti degli insegnanti per migliorare l’attività
ogni altra informazione utile per comprendere il processo.
Gli insegnanti e i ricercatori coinvolti nella sperimentazione di On Air sono stati ampiamente
sensibilizzati alle problematiche della documentazione ai fini della ricerca. A questo scopo sono state
suggerite e condivise griglie d’osservazione e strumenti di lavoro, in modo da tener traccia del
processo e dei momenti più significativi dell’interazione in classe.
Fase 3 – Valutazione del “prodotto”
Per prodotto si intende il risultato del processo in tutte le sue sfaccettature e quindi, come ultimo
tassello del processo, ne è parte integrante. In realtà, il risultato di un processo educativo non può che
essere declinato al plurale. E così noi abbiamo inteso per prodotto sia i risultati in termini di reazione,
apprendimento e cambiamento, sia in termini di produzioni mediali realizzate.
Per quanto riguarda il primo aspetto, ispirandosi ai livelli di valutazione degli interventi formativi
proposti da Kirkpatrick (1994) ed adattandoli alla diversa natura dei fruitori degli interventi formativi,
abbiamo considerato le seguenti dimensioni:
• Livello 1: Reazione - include le reazioni degli studenti verso l’intervento didattico. Scopo di
questa valutazione è capire se siamo riusciti a motivare gli allievi, se abbiamo condotto
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l’intervento nel modo migliore possibile, Domande che possono essere fatte a questo livello sono:
l’intervento didattico ha suscitato interesse nei bambini? Hanno partecipato attivamente? Hanno
chiesto di ripetere o di approfondire l’esperienza? Tutta la classe è stata attivamente coinvolta,
oppure qualche alunno è stato isolato?
• Livello 2: Apprendimento – ci si riferisce al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento che
il percorso si proponeva di conseguire, in termini di conoscenze e abilità. Scopo di questa
valutazione è quindi duplice: assegnare un giudizio valutativo agli allievi e capire se il nostro
intervento è stato efficace in termini formativi. I percorsi sperimentati fanno riferimento ad
approcci di apprendimento attivo, e propongono la costruzione di artefatti cognitivi da parte degli
allievi, attraverso un lavoro di gruppo. La valutazione di tali elaborati e dei processi che hanno
portato alla loro costruzione può essere effettuata con griglie di criteri articolate, dette rubric. Le
rubric (o rùbriche) sono costituite da insiemi di norme, prescrizioni e criteri, atti a formulare
giudizi valutativi su determinate prestazioni dell’allievo. Tali prestazioni, generalmente di tipo
complesso e articolato, vengono decomposte in elementi più semplici e per ciascuno di questi
viene prevista una definizione rigorosa (ossia il meno possibile ambigua) dei livelli di prestazione
attesi..
• Livello 3 – Transfer - riguarda quanto degli apprendimenti acquisiti nel percorso viene
interiorizzato e utilizzato dall’allievo nel “leggere” l’universo mediale che lo circonda. Questo
livello riguarda quindi il cambiamento dell’allievo (anche e soprattutto a lungo termine) prima e
dopo l’intervento formativo e può essere “sondato” attraverso la somministrazione di questionari o
interviste prima e dopo l’intervento.
Gli insegnanti e i ricercatori che hanno partecipato alla sperimentazione hanno allestito strumenti atti a
rilevare i tre livelli sopra menzionati, a partire da un set comune di strumenti che sono stati condivisi e
in parte adattati.
Per quanto riguarda il prodotto inteso come produzione mediale creativa, si può trattare della
realizzazione di un libro, di un giornale, di un fumetto, di un podcast, di un video. Tutti quelli elencati
sono prodotti della attività di ME. In verità, tutti questi posso anche essere e divenire documenti del
processo didattico e non è detto che debbano per forza essere realizzati alla fine del percorso.
Dal punto di vista valutativo classico il prodotto ‘materiale’, ad esempio un video, può essere valutato
da più punti di vista (estetico, linguistico, ecc.). Tuttavia, un prodotto può essere valutato di per sé,
così com’è, oppure valutato come tassello di un processo di ricerca e di apprendimento all’interno di
un percorso fortemente legato ai contesti, alle persone e ai loro bisogni e motivazioni. Purtroppo,
molto spesso il prodotto finale viene commissionato a terzi, perdendo totalmente il valore per il quale
è stato costruito. Sradicare il prodotto mediaeducativo dalla ‘cultura’ dentro la quale nasce rappresenta
un errore a tutti gli effetti.
Il livello valutativo ‘classico’, che prevede una serie di criteri, è solo il primo passo della valutazione
complessiva del percorso che, come già detto, comincia con l’inizio del percorso stesso.
I criteri che invitiamo ad utilizzare per questa prima mossa sono: originalità, accuratezza del
contenuto, efficacia della comunicazione, appeal grafico, facilità d’uso.
L’originalità si riferisce alla quota di “non ancora visto” di un prodotto multimediale. Purtroppo, nella
scuola in pochi casi emergono prodotti originali, perché nelle attività mediaeducativa il tentativo è di
‘impadronirsi’ del linguaggio e delle sequenze accattivanti (nel caso della Tv) del già visto e gradito.
Inoltre, per originalità, si intende anche la capacità del testo (audiovisivo, web, fotografico, ecc.),
seppur costruito con immagini non originali, di essere letto e interpretato in modo differente da chi lo
scrive e chi lo legge.
Per accuratezza del contenuto s’intende la capacità del prodotto di essere completo in tutte le sue parti
costituenti, andando a rinforzare, probabilmente, anche il suo aspetto etico ed estetico.
L’efficacia comunicativa si riferisce alla capacità del prodotto di ‘dire’ esattamente ciò che intende
dire, lasciando comunque spazio a differenti interpretazioni e punti di vista. In tal caso si sostiene che
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“è riuscito a lasciare il segno”, facendo passare il messaggio che il gruppo classe aveva immaginato di
inviare al destinatario del prodotto.
L’appeal grafico rappresenta la dimensione estetica in tutte le sue componenti: analogica e digitale,
poetica, linguistica e di packaging.
Mentre la facilità d’uso, in stretta connessione con la questione della trasferibilità dell’esperienza, fa
riferimento alla capacità di essere usato da “chi non l’ha mai visto”, cioè fruito nel modo più naturale e
spontaneo possibile.
Questi criteri sono stati condivisi dai docenti e ricercatori per mettere la valutazione dei prodotti
realizzati dagli studenti, come esito finale del percorso.
Lo schema seguente fornisce una rappresentazione di sintesi del disegno complessivo della
sperimentazione e degli strumenti impiegati:
Fig. 4: Struttura della ricerca e strumenti metodologici utilizzati
Al termine delle attività, gli insegnati e i ricercatori che hanno preso parte alla sperimentazione hanno
prodotto un report di sintesi, evidenziando elementi di criticità emersi e risultati conseguiti.
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Osservazioni conclusive
Maria Ranieri
La Media Education ha fatto molta strada. Oggi, non può più essere considerata come un campo
d’indagine riservato agli studiosi di semiotica e di mezzi di comunicazione. Né può essere vista come
una pratica privilegiata di quegli insegnanti che per una qualche ragione ritengono fondamentale la
questione dei media. Da un lato, la ME è entrata nelle agende degli organismi internazionali,
dall’UNESCO all’Unione Europea: questi enti vedono nell’educazione ai media e nello sviluppo di
competenze mediali una condizione necessaria per l’esercizio pieno della cittadinanza nell’attuale
società contemporanea. Dall’altro, pratiche didattiche basate sui media e le tecnologie sono sempre più
diffuse nella scuola, anche se condotte secondo gradi di consapevolezza variabili e con scarso supporto
sul piano della formazione degli insegnanti.
A fronte di questo pullulare di pratiche ed iniziative, alcune aree di ricerca meritano di essere
ulteriormente sviluppate, in particolare sul piano pedagogico-didattico e valutativo (Ceretti, Felini,
Giannatelli, 2006; Trinchero in Parola, 2008). Si tratta per un verso di promuovere una maggiore
consapevolezza pedagogica da parte di educatori ed insegnanti sulle finalità e le modalità attuative
della ME attraverso l’elaborazione di modelli didattici idonei a sviluppare le competenze mediali e
digitali degli allievi. Questa dimensione è stata sottolineata recentemente da più autori (Calvani, 2010;
Jacquinot, 2009). Ad esempio, Jacquinot (2009) osserva: “Si dimentica troppo spesso di lavorare su
teorie o concezioni educative che sono all’origine delle preoccupazioni dell’educazione ai media e, nel
contesto scolastico, sui metodi pedagogici utilizzati dai pratici dell’educazione ai media” (p.145). Gli
effetti (indesiderabili) collaterali di questa scarsa consapevolezza su teorie e metodi consistono nella
messa a punto di interventi spesso basati su assunzioni implicite e non discusse o poco chiare: “Le
azioni vengono intraprese, le pratiche (dette buone) vengono catalogate, le politiche elaborate e le
valutazioni fatte senza che siano esplicitati per la maggior parte delle volte le teorie che le ispirano
(Jacquinot, op.cit., p.147), e - aggiungiamo - i relativi criteri di valutazione.
Parallelamente, occorre accrescere la quantità e la qualità delle ricerche sulle pratiche di educazione ai
media sia per valutarne l’efficacia sia a scopo formativo, nell’ottica di favorire nei docenti
atteggiamenti critico-riflessivi sul modello del “professionista riflessivo” delineato da Schön (1993).
La valutazione e la ricerca delle/sulle pratiche non può ovviamente prescindere da una riflessione
teorico-criteriologica. Esiste un inscindibile nesso tra la ricerca sulle pratiche e la definizione di
modelli e teorie pedagogico-didattiche: la riflessione sulle pratiche deve fare i conti con i modelli
teorici ed i criteri di valutazione che ne derivano. Al tempo stesso i modelli teorici devono misurarsi
sul campo con quanto emerge in e attraverso la pratica. Il circuito teoria-pratica, riflessione-azione,
caro alla tradizione pedagogica da Dewey in poi, rimane un dispositivo epistemologico chiave per una
pratica orientata alla produzione di consapevolezza e conoscenza e per una teoria in grado di
rispondere ai bisogni e alle attese dei pratici. Questo dispositivo, oltre ad essere fertile sul piano
euristico, lo è - come noto - anche su quello formativo: il pratico che riflette sulla propria azione
esplicitando visioni, attese e schemi d’azione, si forma ricercando o fa ricerca formandosi.
La ricerca che abbiamo presentato in questo report muove dall’ampia cornice che abbiamo sopra
delineato e costituisce un tentativo di assumere le pratiche mediaeducative come oggetto d’indagine,
di riflettere intorno ai modelli pedagogici e agli strumenti didattici spendibili sul terreno
dell’educazione ai media, e di definire strumenti per la documentazione e la valutazione delle pratiche.
Si tratta di obiettivi ambiziosi che sono stati perseguiti in un contesto non esente da problematicità. La
ricerca, infatti, si è svolta in sei paesi europei, Belgio, Bulgaria, Italia, Lituania, Polonia e Romania,
caratterizzati da tradizioni ed esperienze diverse nel campo della ME.
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Una prima questione ha riguardato le definizioni concettuali: come intendere il concetto di competenza
mediale? Come rappresentare le aree di significato di questo concetto? Abbiamo proposto e condiviso
un modello concettuale messo a punto in altri lavori dai ricercatori del MED (Ceretti, Felini,
Giannatelli 2006) e articolato in 4 aree principali funzionali allo sviluppo della cittadinanza
consapevole: lettore, scrittore, fruitore, pensatore critico (la cittadinanza mediale è là da venire).
La definizione assunta si basa su questo modello. Bisogna però intendersi sul valore e sul significato
che assegniamo al concetto di definizione. Una definizione assolve prima di tutto ad una funzione
convenzionale: essa permette ai soggetti di una comunità di intendersi intorno al significato delle
parole e quindi di comprendersi reciprocamente. Una definizione ha anche la funzione di costringere
le persone a “chiarirsi le idee”. Una definizione, però, non è per sempre. Nella storia delle idee, tutti i
concetti hanno subito trasformazioni semantiche anche rilevanti. Si pensi al concetto stesso di
comunicazione. Come noto, il significato originario di questo termine stava ad indicare il mettere in
comune, il rendere partecipi (dal latino communis= che appartiene a tutti), ma l’uso odierno del
termine “comunicazione” si è almeno in parte distanziato dal suo significato originario: si pensi, ad
esempio, ai mezzi di comunicazione di massa, che sono denominati mezzi di comunicazione, eppure
sono l’emblema dell’impersonalità, e quindi l’opposto del “rendere partecipi” (Morcellini, Fatelli,
1994).
La prospettiva definitoria assunta in questo lavoro sul concetto di competenza mediale non ha pertanto
nessuna pretesa assolutizzante e rimane aperta ad arricchimenti e sviluppi futuri.
Una seconda questione ha riguardato la diversità delle esperienze nazionali: quando si è trattato di
raccogliere le pratiche didattiche di educazione ai media nei singoli paesi, in alcune realtà è stato più
arduo rispetto ad altre individuare pratiche, progetti ed esperienze pertinenti a causa di una tradizione
più recente nel campo della ME.
Una terza questione infine ha riguardato la necessità di conciliare flessibilità e rigore: sia in fase di
progettazione che in fase di sperimentazione dei percorsi mediaeducativi, sono stati allestiti e condivisi
strumenti di lavoro ispirati ad una comune cornice teorica e metodologica, ma adattati ai bisogni e ai
contesti locali. In altri termini, si è cercato di definire un protocollo attuativo comune con lo scopo di
delimitare, per così dire, le aree d’indagine e i possibili strumenti di intervento e, al tempo stesso, di
lasciare ai partner spazi di rielaborazione e reinterpretazione degli strumenti condivisi.
Quali sono i risultati conseguiti in termini di conoscenze sulle pratiche e modelli e strumenti di
progettazione/sperimentazione? Proviamo a raccogliere le nostre osservazioni in tre principali gruppi.
a)Osservazioni sulle pratiche media educative
Sono state raccolte circa 300 pratiche di ME nei sei paesi partner attraverso una scheda strutturata
volta ad acquisire informazioni sulle aree di competenza mediale coinvolte, le metodologie didattiche
impiegate, gli strumenti di documentazione e valutazione, le sfide e le criticità, i risultati e i livelli di
trasferibilità. Le schede sono state pubblicate in inglese nel data base online del portale On Air e sono
liberamente accessibili a tutti gli utenti.
Le pratiche così raccolte sono state sottoposte ad analisi quantitativa attraverso una lunga e complessa
procedura di codifica e al tempo stesso sono state oggetto di analisi, discussione e valutazione da parte
di docenti esperti, sulla base di un comune set di indicatori.
Dall’analisi quantitativa sono emerse alcune tendenze, che proviamo a riassumere brevemente nelle
note che seguono.
Un primo elemento d’interesse riguarda le aree di competenza. Tra gli obiettivi tipici delle pratiche
mediaeducative ricorrono con maggiore frequenza le capacità legate alla scrittura e lettura dei media,
mentre le capacità riconducibili all’area della fruizione mediale sono le meno presenti e ciò vale
indipendentemente dagli specifici contesti nazionali. Questo dato ci sembra suggerire, da un lato, che
laddove la ME si coniuga con lo sviluppo di competenze più facilmente riconducibili al curriculum
tradizionale, essa trova maggiori riscontri. Dall’altro, può essere indicativo di una difficoltà dei
docenti a strutturare attività didattiche volte a promuovere forme di fruizione consapevole dei media,
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una difficoltà che dovrebbe/potrebbe essere arginata sviluppando un maggior numero di strumenti in
quest’area meno familiare della ME.
Un secondo elemento che merita attenzione è la netta predominanza dei media cosiddetti digitali: il
computer insieme al web 1.0 e 2.0 sembrano dominare le pratiche mediali della scuola. Per riflettere
intorno a questo dato e alle sue implicazioni è utile introdurre un altro elemento che riguarda l’elevata
presenza di pratiche mediaeducative orientate alla produzione e creazione mediale, sul quale è molto
probabile che abbia influito proprio la diffusione dei media digitali più facilmente impiegabili in
attività di creazione mediale. Contestualmente, è opportuno rilevare come tematiche classiche della
ME quali l’analisi degli stereotipi e delle rappresentazioni o lo studio di forme espressive come il
cinema sono quasi del tutto assenti.
La consistente presenza di pratiche mediaeducative orientate alla produzione accompagnata dalla
quasi totale assenza di attenzione per problematiche classiche della ME deve, a nostro avviso, farci
riflettere. Il primo dato, preso da solo, potrebbe essere letto positivamente, almeno per certi aspetti:
esso potrebbe indicare il definitivo superamento di una visione della ME tutta ed esclusivamente
orientata all’analisi e comprensione critica dei media. Come noto, per lungo tempo si è ritenuto che lo
scopo principale della ME fosse quello di demistificare le dimensioni ideologiche dei significati
mediali sviluppando così il senso critico. Questa preferenza per l’analisi critica ha condotto ad una
sostanziale svalutazione dell’attività di “produzione-creazione” in quanto ritenuta priva di valore
pedagogico. Come spiega Cappello (2010), “Animati dalla tipica diffidenza francofortese verso i
piaceri illusori della cultura di massa, i media educator hanno infatti ritenuto che qualsiasi tipo di
produzione in classe non fosse altro che una forma di «tecnicismo», di «riproduzione culturale», di
«deferenza e conformismo» verso le pratiche mediali dominanti”. Questa visione è stata criticata da
più parti (Cappello, 2009; Livingstone e Haddon, 2008; Buckingham, 2003) con una messa in
evidenza del valore che i media rivestono per i più giovani: “non tanto come veicoli di significato
quanto piuttosto come risorse simboliche da cui trarre immagini, fantasie e opportunità di
autoespressione e gioco” (Cappello, 2010). E’ in questa luce che l’alta incidenza di attività di
produzione può essere letta positivamente.
Lo stesso dato, però, preso insieme alla mancanza di attenzione per tematiche classiche come l’analisi
delle rappresentazioni, suscita qualche perplessità. Sembrerebbe come se le pratiche mediaeducative in
contesto scolastico fossero tutte e solo appiattite sul “fare”. Ma la pratica da sola non basta: solo
coniugando teoria e pratica, analisi critica e produzione mediale, è possibile sfuggire alle secche dei
tecnicismi che rimangono comunque sempre in agguato.
Altri due elementi spiccano dai dati raccolti. Il primo riguarda la scarsa attenzione prestata alle attività
di documentazione dei processi mediaeducativi attuati in classe. Sappiamo che la pratica
documentativa è tutt’altro che semplice e che costituisce una vera sfida per l’insegnante: come
descrivere un’esperienza didattica? Come tradurre in parole la ricchezza di un’attività
multidimensionale e complessa come quella dell’insegnare? Come osserva Castoldi (2010), trovare
risposte adeguate per questi quesiti rappresenta una sfida che si pone per qualsiasi sapere pratico e il
sapere mediaeducativo è un sapere pratico. Al tempo stesso, se si ritiene necessario accrescere e
migliorare la ricerca intorno alla pratiche, l’attività documentativa diventa pressoché inevitabile,
soprattutto nell’ottica perseguita in questo lavoro e ispirata alla ricerca-azione. Eppure, l’ambito della
documentazione rimane debole. Abbiamo riscontrato questa debolezza su più versanti. In fase di
raccolta delle pratiche, la scheda strutturata è parsa troppo analitica, richiedeva per così dire “troppe
parole”: abbiamo così avuto non poche difficoltà nel recuperare il numero di schede che ci eravamo
proposti di raccogliere e inoltre abbiamo dovuto approntare anche una versione alternativa ridotta. In
fase di analisi, abbiamo riscontrato che molto spesso gli insegnanti non avevano documentato
l’esperienza e, presumibilmente, non l’avevano rielaborata: tutto scorre. Del resto, anche le
informazioni raccolte nelle schede intorno alle criticità emerse in itinere non sono molte. Veniamo
infine alla valutazione. La gran parte delle esperienze raccolte non prevede strumenti esplicitamente e
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consapevolmente destinati alla valutazione degli apprendimenti degli allievi. Tutti siamo interessati a
realizzare interventi didattici efficaci sul piano dell’apprendimento, ma pochi si soffermano sul
problema della valutazione e sulla costruzione di strumenti adeguati. Come Paolo Bisogno (1995)
invita a considerare la documentazione come il “sapere ciò che è stato fatto per poter fare”, noi
invitiamo a considerare la valutazione come il “soppesare ciò che è stato fatto per poter fare meglio”.
Su questi aspetti abbiamo iniziato a lavorare, nell’ambito del progetto, a più livelli. Abbiamo
promosso gruppi di discussione con gli insegnanti sulle pratiche raccolte e abbiamo allestito una serie
di strumentazioni impiegabili nella valutazione dei percorsi mediaeducativi.
b)Osservazioni sulla progettazione dei pacchetti educativi
Sono stati progettati otto percorsi di educazioni ai media nelle quattro aree di competenza mediale
individuate in fase iniziale: lettore, scrittore, fruitore, pensatore critico. La progettazione dei percorsi
educativi ha richiesto una riflessione preliminare su principi e modelli pedagogici, e la successiva
strutturazione di strumenti.
Sul piano dei principi, ci siamo ispirati al ciclo di apprendimento esperienziale enunciato da Pfeiffer e
Jones (1985; Pfeiffer e Ballew 1988). Proviamo a riassumerlo brevemente. Il ciclo parte da un
Problema, che deve essere aperto (ossia ammettere una molteplicità di soluzioni) e significativo per i
soggetti a cui viene sottoposto. La risoluzione del problema conduce l’allievo a compiere
un’Esperienza all’interno di un contesto sociale (ad esempio il gruppo classe o il gruppo di
formazione). Ciascun allievo (o ciascuna coppia o il portavoce del gruppo) deve poi narrare la sua
Esperienza (Comunicazione, ossia esposizione verbale/visuale di quanto esperito) e, con l’aiuto del
docente e del gruppo classe, Analizzare i punti di forza e i punti di debolezza della soluzione da lui (o
da loro) proposta al Problema di partenza. Il docente e il gruppo classe sintetizzeranno poi i punti di
forza di tutte le soluzioni emerse al fine di produrre una o più soluzioni ottimali e di estrapolare i
principi generali su cui la soluzione o le soluzioni ottimali dovrebbero basarsi (Generalizzazione). Il
docente proporrà poi un altro problema a cui tali principi e soluzioni dovranno essere applicati
(Applicazione) e questo farà partire un nuovo ciclo di apprendimento esperienziale, secondo un
percorso a spirale.
Questa strutturazione presenta alcuni vantaggi quali: sviluppo della consapevolezza dell’allievo della
natura multidimensionale dei problemi; focus dell’allievo non solo sul prodotto (la soluzione del
problema), ma anche sul processo e sui principi generali che da esso è possibile estrapolare ed
applicare a Problemi analoghi. L’allievo impara quindi che è importante risolvere il Problema, ma è
molto più importante saper spiegare perché lo si è risolto proprio in questo modo, estrapolare le regole
generali con le quali è possibile risolvere problemi di quella tipologia e saper applicare quanto appreso
ad una situazione nuova, non contemplata nell’Esperienza appena compiuta.
E’ necessario sottolineare come i cinque momenti del processo formativo: a) non definiscano una
sequenza rigida ma flessibile, ossia vi possono essere momenti di sovrapposizione delle varie fasi; b)
rappresentino un canovaccio per la progettazione di attività formative in cui alternare momenti di
esperienza e di concettualizzazione dell’esperienza ed in quest’ottica sono stati impiegati nell’attività
di progettazione.
c)Osservazioni sulla sperimentazione dei pacchetti educativi
E’ impresa tutt’altro che semplice sintonizzare visioni e strumenti in un contesto multiculturale come
quello in cui abbiamo operato. Disponibilità, sensibilità, impegno, flessibilità e collaborazione hanno
caratterizzato tutte le attività di progettazione e ricerca che abbiamo svolto, consentendoci di superare
anche alcuni ostacoli più strettamente legati alla distanza e alla diversità di storie ed esperienze
culturali. Questo è il primo risultato che ci pare importante sottolineare rispetto alle attività di
sperimentazione che abbiamo condotto.
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Passando al resto, al di là degli specifici risultati raggiunti nei singoli contesti e per i quali rinviamo ai
rapporti nazionali, tre elementi meritano di essere evidenziati in questo paragrafo conclusivo.
•Centralità del dispositivo teoria-pratica. Abbiamo inteso l’attività di sperimentazione come ricerca di
soluzioni ottimali rispetto a determinati problemi educativi, emergenti dalla pratica all’interno di
un determinato orizzonte educativo, che assegna rilevanza a valori quali spirito critico ed
educazione alla cittadinanza. Ciò ci ha condotto ad optare per approcci ispirati alla ricerca-azione
e comunque ad una modalità di ricerca incentrata sull’alternanza tra azione e riflessione. Questa
opzione teorica ha richiesto un’intensa attività dialogica nella comunità dei ricercatori e la chiara
definizione di un protocollo comune di lavoro per arginare i rischi di dispersività e inconcludenza.
•Centralità delle attività dialogiche e di peer reviewing. Tutto il processo è stato costantemente
accompagnato da attività di peer reviewing tra i ricercatori partecipanti alla ricerca e anche
qualche insegnante; le attività di peer reviewing si sono svolte a distanza via web forum o
videoconferenza. Queste attività hanno avuto lo scopo di: 1) fare il punto della situazione,
presentando lo stato di avanzamento dei lavori; 2) analizzare le criticità emergenti e valutare le
possibili soluzioni; 3) evidenziare gli elementi positivi e valutarne l’esportabilità in altre
situazioni; 4) revisionare o adattare obiettivi, metodi e procedure in base alle necessità emergenti,
ma sempre all’interno di una comune cornice di lavoro; 5) conoscere il punto di vista degli
studenti sull’esperienza in corso; 6) conoscere il punto di vista dei docenti sull’esperienza in
corso; 7) conoscere il punto di vista di altri attori coinvolti nell’esperienza; 8) esaminare i prodotti
via via realizzati dagli studenti; 9) analizzare e confrontare i risultati emergenti nei diversi
contesti.
•Centralità del Progetto, del Processo, del Prodotto. Un progetto didattico richiede all’insegnanteprogettista-ricercatore tre tipi di atteggiamento in tre momenti differenti dell’attività compiuta in
base al progetto stesso: un primo momento di immaginazione e costruzione (redazione), un
secondo momento di guida e controllo (durante la realizzazione) e un terzo momento di
comparazione a posteriori (distanza tra il progetto redatto e quello effettuato realmente). Per come
viene da noi concepita la ME è molto importante che il docente assuma tutti questi atteggiamenti,
proprio perché all’interno del suo progetto certamente avrà pensato di legare con un filo diretto
obiettivi e valutazione dell’apprendimento dei suoi allievi: meno probabile è che egli/ella (da ora
in poi egli) abbia inteso di esplicitare tali obiettivi e, durante la fase di redazione, previsto
differenti e complessi strumenti di valutazione del singolo allievo e del gruppo-classe.
La sperimentazione ha tenuto conto di queste tre dimensioni (il Progetto, il Processo, il Prodotto) e
per ciascuna di esse sono stati allestiti strumenti idonei per una loro valutazione.
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III PARTE
MEDIA EDUCATION IN EUROPA
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La Media Education in Polonia
Magdalena Gałaj
Secondo esperti, educatori e il Ministro dell’Educazione, la Media Education (ME) e la Media
Literacy sono questioni chiave fondamentali per il sistema educativo polacco. L’educazione ai media
va promossa e sostenuta per insegnare ai giovani ad usare in modo critico e pertinente i media e le
tecnologie. Saper individuare le informazione nella giungla informativa contemporanea e saperle
interpretare e analizzare in modo sensato è una capacità essenziale, di cui tutti oggi hanno bisogno .
Alcune domande emergono a questo riguardo.
La società dispone delle risorse e capacità per affrontare l'overload informativo? Chi può insegnare il
pensiero critico? La ME è davvero presente nelle scuole polacche e la scuola è davvero l’unico posto
dove la ME può essere insegnata? Quali pericoli e criticità sono connessi allo sviluppo dei media
elettronici di ultima generazione?
Le “onnipotenti” tecnologie audiovisive, presenti ovunque intorno a noi, accrescono la disponibilità
delle risorse informative sul mondo e sono anche responsabili di formare le opinioni dei giovani e gli
atteggiamenti verso la vita, il mondo e gli altri esseri umani.
Poiché i giovani sono inesperti e “bombardati” da costanti flussi di informazioni, rischiano di perdere
il contatto reale con il mondo e, prima o poi, di perdere l’abilità di essere un consumatore di media,
critico e oggettivo. Psicologi e ricercatori in Polonia sottolineano che essere abili nell’uso dei media
non necessariamente significa saperli usare criticamente. È stato provato che i giovani sono i
consumatori mediali più abili, molti possiedono un computer con accesso a Internet, cellulari, TV e
Radio. Indubbiamente loro sanno come utilizzare questi mezzi, ma sorprendentemente non tutti sono
capaci di interpretare e comprendere i contenuti dei media. Poiché gli studenti sono così tanto esposti
ai mass media oggi, è necessario proteggerli anche nella scuola, con insegnanti ed educatori preparati
a guidarli per permettere loro di stabilire una relazione bilanciata con i mass media, specialmente
nell’ambito della comprensione e analisi critica dei contenuti mediali.
1. La posizione del Ministero dell’Educazione e del National Broadcasting Council
Per comprendere meglio la situazione corrente della Media Education in Polonia, è opportuno avviare
l’analisi con la presentazione dei risultati del Polish Polling Centre (OBOP), un sondaggio realizzato
tra l’11 e il 14 dicembre del 200933. Più di 1000 famiglie sono state intervistate face to face sui media,
le competenze mediali, l’uso dei media e la loro comprensione; gli intervistati erano persone al di
sopra dei 15 anni. Le variabili utilizzate per analizzare i risultati del sondaggio sono: età, genere, luogo
di vita e livello di educazione. I risultati si sono rivelati preoccupanti.
In base a quanto emerge dalle interviste, infatti, la società polacca non è preparata all’uso dei media in
modo critico e la maggior parte pensa anche che i media non possano essere usati in ambito educativo.
Solo il 34% dei rispondenti ritiene che i polacchi sappiano usare criticamente i media e solo una
decina di intervistati crede che la media literacy in Polonia sia ad un livello alto. Il 51% dei
rispondenti ha ammesso di non possedere molte conoscenze sulle nuove tecnologie, quelli che hanno
dichiarato di possedere un livello soddisfacente hanno meno di 30 anni, sono prevalentemente uomini
e di norma provenienti da settori manageriali. Gli studenti sembrano possedere scarse conoscenze sui
media. Generalmente i rispondenti più giovani hanno dichiarato una maggiore conoscenza dei media.
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Ricerca realizzata dall’OBOP nel 2009 su Media Education e Consapevolezza.
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Il vero problema, però, a questo riguardo, è se queste conoscenze possedute sono oppure no sufficienti
per permettere un uso davvero critico dei media.
Il sondaggio ha rilevato un altro interessante risultato. Solo il 34% dei rispondenti ha dichiarato di
essere interessato a canali e programmi educativi in onda sui media.
E’ stata anche chiesta agli intervistati la loro opinione su quanto i media mostrino la realtà in modo
obiettivo. In questo caso le risposte si sono divise: più del 50% dei rispondenti ritiene che i media
“deformino” la realtà e, più o meno, la stessa percentuale di intervistati crede che i media fotografino
la realtà in modo oggettivo e veritiero. Fra coloro che criticano i media in quanto falsificano la realtà,
troviamo persone che abitano nelle grandi città, di età attorno ai 30 anni, generalmente con buon grado
di istruzione.
Il sondaggio ha anche toccato il tema della preparazione scolastica, dal punto di vista di un approccio
mediaeducativo da parte dei docenti polacchi nei confronti dei loro studenti.
Nuovamente, troviamo una spaccatura tra i rispondenti. Più del 30% degli intervistati ritiene che la
scuola propone un’educazione mediale, mentre una percentuale simile dichiara che la scuola non
riesce ad assolvere questa funzione educativa. Circa il restante 22% non dimostra una precisa opinione
in merito.
Tra coloro che dichiarano che la scuola insegna la media literacy ci sono persone con un minor livello
di istruzione, di solito provenienti dalla zone rurali o dai piccoli centri. Le persone con un livello di
istruzione più alto, di solito abitanti nelle città, sono state invece abbastanza pessimiste su questo
importante argomento, sostenendo che nelle scuole non si pratichi l’educazione ai media.
Oltre i 3/5 degli intervistati (63%) concordano sul fatto che la ME dovrebbe essere inserita nei
curricula scolastici come materia a sé stante. Solo il 17% dei rispondenti non ha alcuna opinione
sull’argomento.
Coloro che si sono mostrati favorevoli all’introduzione della ME nel curriculum scolastico sono
solitamente persone istruite con un elevato grado di istruzione, provenienti da aree urbane, mentre
coloro che non sono favorevoli alla ME nella scuola sono per la maggior parte uomini provenienti da
piccole città e aree rurali, molto spesso poco istruiti. Secondo la maggioranza degli intervistati (73%),
la scuola dovrebbe educare i giovani ai media, ma questo obbligo dovrebbe essere sostenuto dalla
famiglia (52%).
Alla luce di questo sondaggio, ci soffermiamo ora sulla situazione della ME nel sistema educativo
polacco. Secondo il nuovo National Core Curriculum, che riguarda tutti i livelli di istruzione in
Polonia, ogni insegnante dovrebbe prestare molta attenzione agli aspetti di ME presenti nella propria
disciplina. ME significa “preparare gli studenti alla comprensione critica dei contenuti dei media e
insegnare ai giovani ad usare intelligentemente e correttamente i media”.34 Senza dubbio il New Core
Curriculum attribuisce grande importanza alla promozione di tutte le questioni legate alla ME.
Tuttavia non è sempre stato così. Solo nell’Aprile del 2008 l’emittente nazionale polacca (KRRiT) ha
avviato qualche iniziativa diretta alla promozione della ME35. La KRRiT ha creato un team di esperti
provenienti da diverse istituzioni, fra i quali ad esempio membri del dipartimento presidenziale, del
dipartimento per le politiche europee ed internazionali e il “Channel Departement”. Inizialmente
questo gruppo di esperti è stato incaricato di organizzare le sessioni plenarie, in cui sono state discusse
le questioni concernenti la promozione dello sviluppo della ME. Col tempo esperti da altri settori si
sono uniti agli esperti della KRRiT. Fra questi c’erano rappresentanti dei dipartimenti culturali, del
settore educativo, del mercato del lavoro dei media, della scienza e anche degli istituti di alta
formazione ed esperti che erano già stati coinvolti negli studi sui media. Una delle più rilevanti
iniziative è stata la creazione del Media Education Forum, una sorta di conferenza/workshop.
34
Citazione dal New National Core Curriculum.
35
Fonte: sito web del KRRiT , articolo sui Media Education Studies.
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La prima sessione del Media Education Forum si è svolta il 7 maggio del 2008 e a partire da questa ne
sono state organizzate altre 6. Durante il primo ME Forum, il canale Cyfrowy ltd. ha presentato la sua
idea di programma “Media Starter” – una piattaforma televisiva educativa per studenti della scuola.
Gli esperti sono stati inoltre coinvolti nella discussione sugli obiettivi, gli argomenti e le prospettive di
ricerca sulla ME in Polonia. Durante il secondo ME Forum del 28 Maggio 2008, ci sono stati alcuni
interventi interessanti. Con l’intervento dal titolo “Why Media Education?”, il dott. Piotr Drzewiecki
della Kardynal Wyszynski University di Varsavia ha lanciato una seria discussione sull’importanza
della ME nel sistema educativo polacco. Durante questa sessione sono stati fatti alcuni passi avanti
anche sul piano giuridico nel campo dei Media Studies. Come risultato di queste discussioni, infatti, il
futuro presidente della KRRiT, il signor Witold Kolodziejski, ha firmato una lettera per il Ministro
dell’Educazione, la signora Katarzyna Hall, nella quale ha presentato le posizioni della KRRiT circa lo
sviluppo degli studi sulla ME 36. Nella lettera, Kolodziejski ha provato a persuadere il Ministero
dell’Educazione dell’importanza della ME nel curriculum scolastico. Ha citato la direttiva del
Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo dell’11 Dicembre 2007 sul servizio audiovisivo, secondo
cui a ogni stato membro viene consigliato di promuovere le iniziative per lo sviluppo della ME ed
istruire alla ricezione dei media. Egli inoltre ha sottolineato che dall’adesione della Polonia all’UE non
sia stato fatto molto in tal senso. Durante le discussioni del II Media Education Forum, nel quale una
rappresentante del Ministero dell’Educazione, la signora Grazyna Czetwertyńka, era presente,
Kolodziejski ha proposto l’introduzione della ME nella scuola come oggetto separato di studi. La
richiesta si basava su alcune delle conclusioni relative al dibattito avvenuto nel forum: in questa
discussione è stato messo in evidenza che poiché i giovani passano oltre 4 ore al giorno con i media, è
necessario insegnar loro come usarli criticamente e come renderli capaci di analizzare i contenuti
mediali. I contenuti della ME dovrebbero anche suggerire un miglior utilizzo dei dispositivi telematici
e dovrebbe insegnare ai giovani come resistere a tutti i tipi di manipolazione da parte dei media. Nel
suo appello, Kolodziejski critica anche la politica e le direttive del Ministro delle Educazione, secondo
cui la ME è parte delle materie artistiche. Egli suggerisce che, prima che un gruppo separato di
insegnanti possieda la giusta preparazione per insegnare i media, la ME dovrebbe diventare parte delle
materie legate all’IT o alla Library Education, piuttosto che all’arte. Kolodziejski ha chiesto alla
signora Hall di accogliere questo appello come una proposta di riforma educativa.
Nel III ME Forum37, l’11 giugno 2008, il dottor Lucyna Kirwil della Wyższa Szkoła Psychologii
Społecznej, durante la sua presentazione ha rilanciato l’argomento dei pericoli e delle minacce
provenienti dai media. La signora Agnieszka Odorowicz, direttore dell’Istituto polacco di Arte
Cinematografica, ha presentato le iniziative dell’istituto sull’educazione cinematografica. Nel IV ME
Forum (9 luglio 2008), due famosi professori dell’università polacca, hanno presentato due interessanti
relazioni, una intitolata “Scrivere la Media Literacy e i Mass Media” del Prof. Jacek Szejda e l’altra
intitolata “I pericoli nel mondo postmoderno” del prof. Bronislaw Siemieneicki. Nel V e VI ME
Forum (24 settembre 2008 e 18 novembre 2009) sono state affrontate le questioni che riguardano la
protezione dei bambini e dei ragazzi dai media. Durante l’ultimo il dr Piotr Drzewiecki38 ha presentato
il suo “coursebook” per gli insegnanti di ME, e il dr Grzegorz Łącki 39 ha condiviso le sue opinioni
sull’insegnamento della ME nella scuola secondaria polacca. Come è possibile vedere dalle date, è
passato quasi un anno di distanza fra gli ultimi due forum. Ciò a causa di un cambiamento della
36
Vedere l’allegato A.
37
Fonte – Sito web della KRRiT.
38
Docente all’Università Kardynal Wyszyński di Varsavia.
39
Vice-Rettore dell’Accademia Umanistica di Varsavia.
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dirigenza della KRRiT. I membri dell’organizzazione non si sono impegnati molto attivamente
nell’obiettivo di implementare le ricerche sulla ME nella scuola polacca. L’ultimo ME Forum si è
svolto il 4 marzo 2010 e ha aperto nuove speranze per la continuazione del processo. Gli argomenti
toccati durante il forum hanno dato origine ad una discussione sulla situazione degli studi
mediaeducativi nella scuola polacca. Di nuovo, il prof. Siemieniecki, nel suo saggio intitolato “La
Media Education è necessaria?” ha riproposto l’argomento dell’introduzione della ME nel curriculum
scolastico. Fortunatamente, questa volta il rappresentante del Ministero dell’Educazione ha sostenuto
questa idea. La signora Lidia Krajewska ha spiegato che la ME è sempre stata presente nelle scuole
polacche ma sfortunatamente, come molti hanno fatto notare, non è stata applicata con successo. I
primi tentativi di introduzione della ME nel curriculum - Ścieżka Czytelniczo-Medialna, risalgono al
1998 e sono terminati nel 2008. Successivamente, la ME è stata inserita nelle materie artistiche ed è
stato un altro errore del Ministero dell’Educazione. Il National Core Curriculum ha di nuovo
riproposto l’inserimento della ME in diverse materie, la qual cosa, secondo il signor Drzewicki,
costituiva un passo indietro. Tuttavia, nonostante gli svantaggi di una disciplina frammentata tra le
altre discipline, scuola ed extra-scuola hanno dato vita a progetti, conferenze e workshop per
insegnanti, al fine di aiutarli ad inserire gli argomenti della ME nelle loro materie.
2. La Media Education nelle scuole polacche
Come detto sopra, il problema della ME in Polonia è un tema molto complesso. Nonostante vi siano
state molte discussioni su questa materia, non sono ancor state prese decisioni su chi esattamente
debba educare ai media e come ciò debba essere fatto. Secondo il sondaggio, sia la famiglia sia la
scuola sono responsabili dell’educazione mediale dei ragazzi. Tuttavia è chiaro che le agenzie sociali, i
media e lo stato stesso debbano sviluppare al meglio l’attitudine dei giovani verso i mass media.
L’educazione è un processo sistematico, deciso e organizzato. Ciò indica che la scuola è il posto
migliore dove apprendere informazioni sui media, anche se è a casa che si ricevono maggiormente i
messaggi dei media. La scuola è l’istituzione migliore per insegnare i media e non è solo il posto in cui
acquisire conoscenze, ma anche quello in cui sviluppare nuovi orizzonti e un dialogo pubblico che
porti a condividere differenti visioni e attitudini. Per esplicitare quali siano le responsabilità della
scuola, si deve decidere quale forma debba assumere la ME nella scuola polacca e quali metodi
debbano essere applicati per insegnarla.
Come è stato detto nel paragrafo precedente, c’è una pressante richiesta di introdurre la ME come
disciplina a sé stante in Polonia. Ciò consentirebbe di costruire un curriculum separato per
l’educazione ai media. In quanto disciplina a sé stante richiederebbe anche un insegnante separato,
preparato per questo tipo di insegnamento, in possesso di precise competenze e abilità e in grado di
comprendere i media. Attualmente ogni insegnante è costretto a cercare i contenuti multimediali per la
propria materia e informare gli studenti su di essi. Ovviamente ciò solleva molte difficoltà. Uno degli
ostacoli più comuni è la disponibilità di risorse. Le scuole, specialmente quelle statali, non hanno
sufficienti risorse finanziarie per attrezzare ogni classe con computer per tutti. Fin dall’inizio dell’anno
scolastico 2010/2011, molte scuole hanno introdotto il registro elettronico (www.topszkola.pl), ma
questo ha introdotto un solo computer per ogni singola ogni classe. Non sono ancora molte le scuole
che possono beneficiare di più di un laboratorio di informatica e, in qualche scuola, ci sono ancora
classi che non hanno un impianto televisivo e un VCR. Grazie ai fondi europei molte scuole hanno
pianificato di equipaggiare loro classi con attrezzature supplementari, come lavagne interattive e
proiettori multimediali, ma ciò attualmente solleva un’altra difficoltà, cioè la competenza mediale
degli insegnanti. Sempre più insegnanti vengono formati per usare i media in classe, tuttavia ci sono
ancora coloro che, nonostante corsi e workshop, molto spesso, se non obbligati, si mostrano molto
riluttanti ad adottare la tecnologia e i media nei loro corsi. In qualche caso, dipende dall’età degli
insegnanti, ma non è sempre così. Qualche volta gli insegnanti sono troppo preoccupati di “insegnare
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per gli esami” e di non avere tempo, anche se questo genere di iniziative o anche solo il pensiero
creativo, danno molto più della preparazione per un esame. Questo avviene soprattutto quando un
insegnante ha le ultime classi del ciclo scolastico, in cui gli studenti devono fare vari esami per
completare i loro studi. Attualmente, molto educatori in Polonia stanno provando a risolvere queste
situazioni e promuovere maggiormente la ME nel nostro paese. Una delle idee è di dare ai dirigenti
scolastici, a tutti i livelli di educazione, maggiore autonomia per inserire nel curriculum la ME come
disciplina separata, assumendosene la responsabilità e sulla base del budget disponibile. Questo
tuttavia riguarda soprattutto le organizzazioni scolastiche non statali o private. Un’altra idea discussa
in relazione alla promozione della ME è quella di creare e implementare progetti pilota e programmi
nelle scuole selezionate. Qualcuno ha anche proposto di includere la ME nelle discipline Promozione
Culturale e Studi Sociali, non solo quindi nell’informatica o nella Library Education, come accadeva
prima. Inoltre, ultimo ma non ultimo, nel sistema educativo polacco si parla di modifiche al “New
Core Curricula” al fine di permettere ai giovani di godere pienamente del mondo dei media. Se tutto
va bene, una volta che ciò avverrà, gli educatori saranno in grado di affrontare ulteriori problematiche.
Una di queste è: quali metodi devono essere applicati nell’insegnamento dei media? Quali metodi di
attivazione devono essere usati: discussioni, lavoro fra pari, lavoro di gruppo, problem solving,
compiti da risolvere? Inoltre, un altro aspetto da considerare è che l’educazione ai media e per i media
non deve essere solo teorica. Anche la componente pratica deve essere parte degli studi di ME. I
giovani devono avere la possibilità di scrivere un blog, creare un giornale, girare un film o lavorare
come intervistatori nel loro programma TV. Solo “se imparano facendo”, diventeranno capaci di capire
che cosa sono i media, come funzionano e che cosa offrono. Solo con questa pratica le classi possono
allargare gli orizzonti, sviluppare la creatività e, cosa più importante, insegnare a fruire i contenuti dei
media in maniera critica, come utenti consapevoli.
Oltre a questo, la ME potrebbe essere introdotta nelle scuole polacche sotto forma di attività
extracurriculari, come un club cinematografico, un giornale scolastico, workshop realizzati assieme ai
centri culturali giovanili locali e regionali. Nelle scuole in cui i direttori hanno piena autonomia di
gestione dei contenuti curriculari, alcune parti del curriculum di ME potrebbero essere realizzate sotto
forma di classi giornalistiche.
Attualmente ci sono anche alcune iniziative che vale la pena di menzionare. La Fondazione New
Media (Fundacja Nowe Media), creata nell’aprile 2008, copre il territorio polacco, ucraino e
bielorusso con la sua attività. L’obiettivo principale della fondazione è rendere il mondo dei media
accessibile ai giovani. Si insegna non solo come funzionano i media, ma anche come devono essere
recepiti e capiti. I giovani sono incoraggiati ad impegnarsi nel mondo del giornalismo e il portale
www.mam.media.pl permette loro di leggere, vedere, pubblicare e modificare contenuti mediali
liberamente. In base a questa mission, la Fondazione New Media ha promosso una serie di workshop e
corsi nelle scuole polacche, a tutti i livelli, in cui oltre 700 insegnanti sono stati preparati su come
insegnare i media. Nell’anno scolastico 2010/2011 un’altra serie di workshop e corsi è stata
organizzata ed entro la fine del 2010 la fondazione avrà organizzato oltre 35 sessioni di apprendimento
per insegnanti in Polonia. Il target group di questi workshop è principalmente costituito dagli
insegnanti di Polacco, Promozione culturale, Studi Sociali, Storia, IT ed Library Education. Attraverso
i corsi gli insegnanti acquisiscono conoscenze su come lavorare coi media a scuola, come usare i
materiali educativi con licenza open source; acquisiscono conoscenze sulle leggi sulla stampa e il
diritto d’autore, conoscenze necessarie negli uffici editoriali scolastici e, aspetto più importante,
imparano ad usare il sistema QMAM, utilizzato per creare giornali. Durante i workshop agli insegnanti
vengono di solito consegnati molti manuali, lesson plan e altra documentazone che possa aiutarli
nell’insegnamento. Un altro aspetto innovativo presentato dalla Fondazione New Media è costituito da
una serie di workshop gratuiti con gli alunni condotti dai media educator della fondazione. La
Fondazione New Media ha promosso molto la piattaforma educativa di e-learning per insegnanti e
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studenti www.elekçe.org. Nella sezione speciale “Teacher’s Corner” ci sono molti materiali per
l’insegnamento da scaricare e usare in classe.
La Fondazione New Media è promotrice e sostenitrice del progetto MAM. L’acronimo significa
Młodzieżowa Akcja Multimedialna (Azione Multimediale Giovanile) ed è un’iniziativa giovanile
molto importante, rivolta a studenti e ragazzi (www.mam.media.pl). Permette agli alunni di creare
dei giornali elettronici (e-magazine e e-journal), ma l’ultima novità introdotta è la MAM TV. Gli
studenti possono creare e pubblicare online i loro stessi video e piccoli film. Queste attività pratiche
aiutano gli studenti a sviluppare le capacità riflessive e creative.
Su www.forumpismakow.pl gli studenti possono mettere alla prova e sviluppare le loro capacità di
scrittura e anche imparare la lettura critica.
La PWN (Polskie Wydawnictwo Naucowe), leader degli editori di letteratura scientifica, educativa e
professionale dell’Europa centrale, è stata attivamente coinvolta nella promozione degli studi di ME
nel sistema educativo polacco. In cooperazione con la Fondazione New Media sono stati organizzati
vari corsi per insegnanti e creato un bollettino (“Uczyć latrie”) interamente dedicato al tema della ME
polacca. L’obiettivo principale di questa iniziativa era quello di sensibilizzare un pubblico più vasto
sul problema dell’assenza della ME nelle scuole polacche.
La tabella che segue presenta esempi di campagne educative, progetti e altre iniziative con una breve
descrizione per completare questa panoramica sulla ME nel sistema educativo polacco.
Progetto Educativo ‘Konsumenckie ABC’ (ABC del consumatore)
http://www.konsumenckieabc.pl
Un progetto educativo il cui obiettivo principale è insegnare ai giovani come effettuare acquisti
intelligenti e come capire e interpretare il linguaggio della pubblicità. E’ stato realizzato sotto forma
di sito web interattivo, ricco di quiz, giochi e articoli per aiutare gli alunni a pensare in maniera
critica e per insegnare loro come diventare acquirenti consapevoli.
Campagna ‘Stop Cyberprzemocy’ (Stop alla violenza su Internet)
http://www.cyberprzemoc.pl
Un libro scritto sotto forma di manuale e un sito web interattivo per una campagna dedicata ad
insegnanti ed educatori, per aiutarli a lavorare con i ragazzi e insegnare loro cosa sia la cyber
violenza. Il libro è scaricabile gratis dal sito del progetto.
Progetto educativo ‘Filmoteka szkolna’ (Libreria scolastica cinematografica)
http://www.filmotekaszkolna.pl
U’ iniziativa di un‘importante istituzione polacca: l’Istituto Polacco dell’Arte Filmica, TVP SA, e la
Biblioteca Nazionale del Film, dedicato agli alunni delle scuole al fine di avvicinarli all’arte
cinematografica, al linguaggio dei film e per promuovere la ME. Oltre 14.000 scuole polacche
hanno avuto un pacchetto gratuito di 26 video lezioni, disponibili su DVD con film interi e materiali
per le lezioni interattivi e riproducibili.
Progetto EDUGAMES
http://www.edugames.pl
Un portale di giochi educativi, pieno di giochi utilizzabili gratuitamente . I giochi permettono allo
studente di fare pratica con l’ortografia e lo spelling, la pronuncia, imparare la storia, la geografia, la
chimica, la matematica ecc. L’obiettivo chiave del portale è aiutare gli studenti ad esercitare alcune
abilità a tutti i livelli di educazione, dalla scuola primaria all’università
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A Multimedia Project ‘Lekcja w Kinie’ (A lesson at the Cinema)
http://lekcje.info.pl
Un progetto rivolto al cinema il cui obiettivo principale è introdurre gli studenti al linguaggio dei
film, mostra come vengono prodotti e come dovrebbero essere interpretati. Oltre 80 cinema in tutto
il paese organizzano visioni di film nei loro locali, accompagnati da workshop sui media. La
seconda parte del progetto è realizzata a scuola, dove gli insegnanti usano i materiali e la
documentazione messa a disposizione dagli organizzatori del progetto per essere utilizzati durante le
lezioni. Ci sono già state sei edizioni di questa iniziativa dal settembre 2009.
An educational campaign ‘Moja pierwsza komórka’ (My First Mobile)
http://www.mojapierwszakomorka.pl
Una campagna educativa il cui obiettivo principale è insegnare ai ragazzi ad usare i loro telefonini in
maniera più sicura e corretta.
‘Project Bezpieczne Media’ (Safe Media)
http://www.bezpiecznemedia.tp.pl
Un‘iniziativa di TP SA nella forma di un manuale per insegnare ai ragazzi e ai loro genitori come
usare i media più criticamente. Vengono presentati i vantaggi e gli svantaggi dei diversi media: TV,
Internet, cellulari e radio.
Progetto ‘Bezpieczna Szkoła’ (Scuola sicura)
http://www.bezpiecznaszkola.com.pl
Un sito web educativo dedicato agli studenti più giovani e ai loro insegnanti per promuovere a
scuola un uso sicuro di internet. Gli insegnanti possono trovare materiali per l’uso in classe e gli
studenti possono giocare con giochi educativi o fare quiz online su Internet.
Un manuale ‘Bezpieczeństwo w sieci- Elementarz dla Całej Rodziny’ (Sicurezza su internet –
manuale per famiglie)
http://www.upc.pl/internet/bezpieczenstwo-w-sieci
Un sito web interattivo e un manuale, dedicati ai genitori e ai loro bambini fra i 6 e i 12 anni, su
come essere un utente consapevole della rete. Presenta i pericoli e i rischi di Internet.
Campagna ‘Dziecko w Sieci’ (Un ragazzo sulla Rete)
http://www.dzieckowsieci.pl/strona.php?p=1
Un progetto organizzato dalla Fondazione Dzieci Niczyje sotto forma di manuale interattivo per
bambini, insegnanti e genitori per promuovere la sicurezza dei giovani su Internet.
Gioco interattivo ‘Dziki las Internetu’ (Denro la World Wide Wood)
http://www.wildwebwoods.org/popup.php?lang=pl
Un gioco interattivo promosso creato e reso disponibile sul sito web del Consiglio Europeo, dedicato
a bambini fra i 7 e i 10 anni, per permettere loro di imparare cosa sia il world wide web e cosa può
offrire, sia di positivo che di negativo. E’ disponibile in polacco e altre due lingue.
Campagna ‘STOP Pedofilom’ (Stop alla pedofilia)
http://stoppedofilom.pl
Un’iniziativa della fondazione KidProject, organizzata per prevenire la creazione e distribuzione
della pedopornografia attraverso diversi media, specialmente Internet.
Tab 1. Una breve panoramica sulle campagne educative per promuovere la ME in Polonia
Come abbiamo visto, il concetto di ME è stato interpretato in tre diversi modi in Polonia. Inizialmente,
quando la ME è stata introdotta in campo educativo, l’enfasi è stata posta sulla protezione dei giovani
dai pericoli dei media. Si trattava di dare informazioni su temi quali pornografia, violenza, dipendenza
dalla TV, manipolazione della pubblicità e abuso di Internet e questo erano, più o meno, gli unici
argomenti trattati. ME significava acquisire consapevolezza dei pericoli che i media possono
introdurre nella propria vita. Questo era l’approccio del Ministero dell’Educazione polacco per quanto
riguarda la promozione di questa materia: scioccare e mettere in allarme allo stesso tempo.
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Col passare del tempo, fortunatamente il concetto di ME è cambiato. Psicologi, educatori, genitori ed
insegnanti hanno realizzato che la ME non consiste solo nel dare un avvertimento preventivo e non
può riguardare solo pericoli e rischi derivanti dai media. Sempre di più nuove questioni sono state
introdotte, una di queste è incoraggiare l’interesse dei giovani verso i media. La TV non deve essere
vista solo come un’agente di manipolazione, ma può anche essere interessante, come dice la nuova
campagna, ed è stato ripetuto per tutto il tempo che ha un grosso potenziale educativo. Gli esperti
hanno provato a dimostrare che i programmi educativi e i canali TV possono essere più interessanti
dello studio di un libro di corso stampato. Internet può essere divertente e anche un posto per
imparare. I siti web educativi interattivi hanno iniziato ad essere sempre più numerosi e a presentarsi
come un’alternativa al normale apprendimento in classe.
Una possibilità completamente nuova di interpretare la ME è apparsa solo recentemente. Si è
compreso che i giovani non devono imparare con i media, ma devono imparare i media stessi. Le
nuove iniziative e i progetti hanno un solo obiettivo: facilitare il potenziale creativo dei giovani
studenti facendo comprendere loro cosa sono attualmente Internet, TV, radio e stampa, come
funzionano e quali tecniche e “trucchi” utilizzano per attirare l’attenzione della società su determinate
tematiche e in che modo deformano la realtà, come molti dicono. Senza dubbio, tutto ciò ha un
significato più profondo. Acquisendo conoscenze sui media e attraverso i media si può in un certo
modo diventare utenti consapevoli dei media stessi, e questo è l’aspetto più importante per i membri
più giovani della società, così esposti a diversi tipi di manipolazione.
Tuttavia, come è già stato sottolineato, il sistema educativo polacco non era pronto a soddisfare le
esigenze di un mondo in continuo cambiamento. Non molti insegnanti sapevano come insegnare i
media e difficilmente erano disponibili materiali di supporto per le lezioni. Anche il ministero,
favorevole ad introdurre gli studi sui media a scuola, non aveva idea di come farlo nel modo migliore.
Diverse soluzioni sono state suggerite, ma sfortunatamente nessuna di queste si è rivelata adeguata.
Principalmente a causa della mancanza di supporto per gli insegnanti, sotto forma di guide o manuali,
per mancanza di fondi idonei a fornire alle scuole un numero sufficiente di laboratori di informatica e,
infine, per mancanza di iniziativa, motivazione e convinzione da parte degli insegnanti.
Fortunatamente, dal momento in cui le organizzazioni no-profit e i media sono stati coinvolti nella
promozione dei nuovi concetti di ME, la questione ha cominciato ad attrarre una maggiore attenzione.
Grazie a molteplici campagne e azioni a livello nazionale, al pubblico è stato fatto capire che vale la
pena investire sui giovani, per mostrare loro i media da un’angolazione diversa. Sono state promosse
attività pratiche. Gli studenti sono stati incoraggiati a diventare loro stessi giornalisti, a creare i loro
giornali, girare i loro film o fare interviste, per essere coinvolti nei media dall’interno. Questo li avrà
certamente portati ad aprire gli occhi e questo è il vero cuore della questione: mostrare ai giovani il
mondo reale, aprire i loro orizzonti, insegnare tolleranza e aiutare la creatività. Speriamo che, nel
momento in cui la ME verrà introdotta nelle scuole polacche come disciplina a sé stante separata, ogni
giovane avrà l’occasione di aprire le sue ali per far sentire le sue opinioni sui media, sia sotto forma di
blog, che di film, libro, articolo in un giornale scolastico, stazione radio o sito Internet.
3. I Dipartimenti dell’Educazione insegnano e ricercano sulla ME
Per soddisfare i requisiti del mercato educativo che cambia, le università e gli istituti di alta
formazione offrono, sempre di più, a coloro che vogliono diventare insegnanti di media la possibilità
di acquisire conoscenze utili ed esperienze nell’insegnamento sui media e attraverso i media. Le
università, sia statali che non, offrono una varietà di corsi e programmi post-diploma per insegnanti di
Arte, IT, Storia e Polacco, che vogliono insegnare la ME all’interno delle loro materie, a studenti di
diversi livelli di istruzione. Inoltre molti diplomati della scuola superiore sono incoraggiati a scegliere
i Media Studies come loro corso di laurea. Tutto questo è molto positivo. Si spera che in pochi anni il
Ministero dell’Educazione non abbia altra scelta che considerare la ME come una separata disciplina
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autonoma nei National Core Curricula, e che uno degli ostacoli attuali venga superato – la Polonia
avrà un personale ben preparato e pronto per raccogliere la sfida di educare i giovani avvalendosi di
media.
Di seguito, la Tabella 2 presenta una sorta di panoramica sulle università polacche e i dipartimenti di
media, che formano gli insegnanti e li aiutano a diventare media media educator, insegnanti di media o
esperti di media.
Europejskie Centrum Komunikacji I Kultury – Centro europeo di comunicazione e
cultura
http://www.eccc.pl/en
ECCC è un centro gestito dalla Società di Gesù (Gesuiti), situato a Varsavia, in Polonia. Il
centro organizza corsi professionali per diversi gruppi sociali, fra i quali giornalisti,
insegnanti, operatori sociali, direttori educativi, personale di organizzazioni autogovernative, non-governative e politiche. Ci sono corsi per giornalismo, radio, TV e
giornalisti web sia in Inglese che in Russo.
Istituto di Didattica e Preparazione per Insegnanti all’Università di Lodz
Studi Post-Diploma – Per insegnare i media, con i media e per i media
http://www.uni.lodz.pl
Gli studi post diploma per gli insegnanti di IT della scuola elementare, media e superiore
servono per prepararli ad insegnare i media, con i media e per i media nei loro corsi. Il
corso è parzialmente online.
Istituto di Media Studies – Università Silesia di Katowice
http://www.pedagogika.us.edu.pl/pol/zpm.htm
Disponibili Laurea e Master post Laurea
L’istituto si occupa di problemi teorici e pratici che riguardano la ME. Viene svolta ricerca
scientifica sul tema; il personale dell’Università partecipa a workshop internazionali,
conferenze e progetti per promuovere l’introduzione dei media nell’educazione. Ci sono
anche autori, editori e co-autori di molti libri, manuali e articoli per insegnanti, educatori e
direttori scolastici su come promuovere i media nell’educazione.
Dipartimento di Studi Educativi
Didattica e Media - Università Nicholas Copernicus di Toruń
http://www.pedagogika.umk.pl/ztk/index_e.html
La ricerca in Didattica e Media della Cattedra di Educazione si concentra sugli argomenti
relativi alla progettazione, realizzazione e valutazione del processo di insegnamento –
apprendimento supportato dai media (supporto audiovisivo, TV, computer, software
didattico) al fine di realizzare un tipo più efficace di educazione.
La ricerca interessata della cattedra in Didattica e Media si focalizza in particolare
su:
L’analisi e la valutazione di diversi aspetti dell’apprendimento del medium, la complessità
dell’utilizzo dei media nell’educazione, i problemi dell’IT.
L’ottimizzazione delle procedure di progettazione e la creazione delle classi.
Il problema dell’uso del computer a scopo educativo, fra cui gli aspetti umanistici nell’uso
del computer nell’educazione, l’applicazione del multimedia nell’educazione, la
valutazione pedagogica dei programmi educativi, il monitoraggio didattico.
Accademia privata di Cultura e Media di Toruń
http://www.wsksim.com.pl
Università privata che offre Laurea, Master e studi post-diploma per giornalisti, specialisti
dei media e insegnanti. E’ coinvolta nella promozione di media fra i giovani. Supportata e
diretta da organizzazioni ecclesiastiche. Gestisce una propria stazione radio.
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Istituto di Educazione orientate alla tecnologia – Università Adam Mickiewicz di
Poznań
http://www.staff.amu.edu.pl/~techedu
Sono disponibili per gli studenti Laurea e Master in ME. L’istituto gestisce e stampa le
proprie pubblicazioni; è coinvolto molto attivamente in attività, progetti, ricerche e
sondaggi sulla ME, sia a livello locale che nazionale.
Tab. 2. Una breve panoramica sulle università polacche e i dipartimenti per la formazione degli insegnanti per diventare
esperti di media.
4. Coinvolgimento dei Media
In questa parte dell’articolo vorrei soffermarmi sulla ME nell’extra-scuola. Fornirò anche una veloce
panoramica sul coinvolgimento dei media nella promozione della ME. Le loro attività sono spesso
viste come parte della loro strategia di public relation, azioni di CANAL+ e Alert Media (un
programma Media Starter) nel campo della promozione della ME possono certamente essere
considerate (www.canalpluscyfrowy.pl/pl/mediastarter).
Il programma Media Starter ME è una nuova iniziativa di CANAL+, rivolta agli studenti delle scuole
medie. L’obiettivo principale è aiutare i giovani studenti a diventare utenti dei media consapevoli, che
possiedano certe abilità (principalmente critiche e di ragionamento). Il progetto prevede che gli
studenti si confrontino con funzioni e finalità dei media e che venga insegnato loro a distinguere fra
diversi tipi di media. Vengono anche introdotte diverse tecniche di lavoro di gruppo; si discute
sull’influenza dei media nella società e per gli individui e viene insegnato loro a diventare utenti critici
della pubblicità. I programmi disponibili su CD (gratis) possono essere usati come una serie di lezioni
oppure utilizzati in classe solo parzialmente. Come detto nella prima parte di questo articolo, si
avverte l’urgenza di trattare gli argomenti della ME nella scuola polacca ma non ci sono direttive
ufficiali su come questo debba essere fatto, ed è il motivo per cui il programma dà agli insegnanti
diverse soluzioni. Il CD contiene una serie di slide e altri materiali video che possono essere mostrati
in classe e anche un’ampia varietà di materiale stampabile da distribuire agli studenti. Ovviamente c’è
un manuale separato per l’insegnante, in cui si viene guidati passo per passo all’organizzazione della
lezione. Tutto il materiale educativo è stato prodotto dal Centro di Educazione alla Cittadinanza. Il
programma è di solito inviato alle scuole con un CD, ma ci sono anche altre opzioni, come scaricarlo
dal sito del progetto. Media Starter è la seconda iniziativa promozionale sui media avviata da CANAL
+. La prima era un progetto dedicato agli spettatori più giovani, chiamato “Reklama dla
Dzieci’’ (Pubblicità per i ragazzi). Gli obiettivi del progetto riguardavano la formulazione di
indicazioni su pubblicità e bambini; il progetto è stato implementato nel Programma MiniMini
(programma di cartoni animati per bambini).
Un'altra iniziativa per promuovere la ME è costituita da una serie di manuali e guide a cura della
Fondazione per la ME (www.mediaed.org). Il sito web dell’organizzazione, visitato da molti
insegnanti polacchi, è ricco di materiali scaricabili; vi sono anche domande come spunti per
discussioni, argomenti per temi e compiti di problem solving. Oltre alle emittenti TV coinvolte nella
promozione dello sviluppo dei media studies, è il caso di citare un altro portale sui media
www.edukacjamedialna.pl. Si tratta di un utile fonte di informazioni per insegnanti ed educatori
dato che contiene manuali e materiali scaricabili da usare in classe o da utilizzare online nel
laboratorio di informatica. Inoltre, molte radio e case editrici hanno organizzato visite guidate per le
scuole, durante le quali gli alunni possono entrare in contatto con il mondo della radio o dei giornali.
Tutto ciò media aumenta l’interesse dei ragazzi per i media.
5. Conclusioni
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Nonostante la ME non sia una disciplina a sé stante nella scuola polacca, come abbiamo potuto vedere,
molto è stato fatto per cambiare la situazione. Gli insegnanti sono preparati e formati sia dal Ministero
dell’Educazione sia da organizzazioni private; campagne di promozione dei media sono state avviate
da diverse istituzioni e gli studenti vengono informati su come interpretare i contenuti dei media; tutto
ciò con l’obiettivo di persuadere la società sull’importanzadella ME e per sollecitare atteggiamenti più
consapevoli e razionali.
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La Media Education in Lituania
Vida Motekaitytė, Sigitas Drąsutis, Aleksandras Targamadzė
1. Il quadro istituzionale. Analisi dell’integrazione della Media Education in campo
educativo
Il sistema dell’educazione permanente in Lituania è presente in quasi tutte le istituzioni educative:
università, scuole superiori, istituti professionali, centri di educazione per gli adulti e altre istituzioni
simili. Il sistema educativo è inoltre governato dall’idea che l’e-learning e le sue potenzialità aiutano la
società ad affrontare le nuove sfide prodotte dai recenti sviluppi tecnologici. Con le rapide
trasformazioni delle nuove tecnologie stanno anche cambiando le direzioni e gli obiettivi di molte
attività. Le istituzioni educative sono costrette ad applicate le tecnologie più sofisticate e i media nelle
loro attività e al tempo a soddisfare la crescente domanda di servizi educativi da parte di un pubblico
in costante evoluzione.40
La vita a scuola dovrebbe riflettere il rapporto tra vita pubblica ed educazione proprio come uno
specchio.
Per socializzare, la scuola dovrebbe organizzare la sua vita come simulazione della vita pubblica. La
scuola dovrebbe aprirsi verso quei modi di vita che al momento non sono molto visibili ma che
offrono grandi prospettive per il futuro, dovrebbe cioè stimolare il progressivo rinnovamento e
preparare gli studenti a vivere in una società creativa.
L’integrazione delle tecnologie dell’informazione della comunicazione (TIC) e le trasformazioni dei
contenuti e dei metodi educativi si verifica quando si incontrano due obiettivi educativi di base: primo,
sviluppare le competenze digitali degli studenti necessarie nella società futura e secondo impiegare il
potenziale catalizzatore delle TIC per velocizzare il processo di riforma educativa.
Tutte le istituzioni lituane che si occupano di educazione avranno a disposizione i necessari
programmi informatici con i relativi obiettivi di apprendimento. La Rete dei centri degli insegnanti
conputerizzati potrebbe espandersi così che ogni insegnanti potrebbe sviluppare ICT abilità e la loro
applicazione in educazione in ogni città o distretto.
L’insegnante dovrebbe essere un vero cittadino della società dell’informazione. In questa società egli è
chiamato a migliorare costantemente la sua competenza professionale, tecnologica e sociale. Le forme,
i metodi e gli ausili della formazione permanente (educazione a distanza, reti di assistenza e
comunicazione, ecc.) dovrebbero essere elementi essenziali della formazione degli insegnanti e dei
sistemi di aggiornamento. La competenza degli specialisti dei centri informativi delle scuole nell’uso
delle moderne tecnologie è di grande importanza.
In molti Paesi lo sviluppo e l’introduzione dei software educativi nel sistema educativo è oramai un
elemento chiave di tutte le politiche nazionali sulle TIC. Tuttavia, diversamente da altre questioni
sull’uso delle TIC nell’educazione, questo tema è molto più legato agli specifici contesti nazionali.
Pertanto, ogni stato dovrà individuare soluzioni particolari in grado di adattarsi al meglio alle
specificità economiche, sociali e culturali del Paese.
I governi di molti Paesi hanno riconosciuto il ruolo importante che le TIC possono svolgere nel
miglioramento dell’educazione e nel mutamento sociale (EC, 2003). Da quando sono comparsi i primi
40
The strategy for ensuring lifelong learning. 2004, scaricabile da:
http://www.lssic.smm.lt/Strategijos/
Mokymasis_visa_gyvenima.htm.
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computer a scuola ci si è via via resi conto che i software e contenuti educativi sono il fattore
essenziale per il successo dell’implementazione delle TIC nell’educazione (Pogrow, 1983). La rapida
evoluzione tecnologica sposta l’opinione pubblico verso le TIC nell’educazione e cambia radicalmente
i modi in cui esse vengono usate nei processi di insegnamento e apprendimento (ITC-League, 2002).
Queste potenti tecnologie possono offrire innumerevoli opportunità nello sviluppo di nuove
applicazioni educative (Roschelle et al., 1999), nel miglioramento dell’insegnamento e apprendimento
e persino nell’uso di nuove modalità pedagogiche (OECD, 2001). Per esempio, negli ultimi trent’anni,
il ruolo delle TIC nei curricola della scuola secondaria è passato dall’“insegnamento sulle TIC”,
all’“insegnamento con le TIC” e all’“insegnamento attraverso le TIC” (Jonassen, 1966). Di
conseguenza, anche gli strumenti di apprendimento e le metodologie di insegnamento basate sulle TIC
si sono evolute sostituendo i tradizionali software “drill and practice” (Kulik & Kulik, 1985)41.
2. La competenza digitali degli studenti
I requisiti di conoscenza, abilità e atteggiamento digitale che uno studente deve sviluppare vengono
specificati rispetto a due standard:
- Lo Standard generale della tecnologia digitale
- Lo Standard generale della competenza generale degli studenti
- Entrambi questi standard sono strettamente connessi alla Patente Europea (ECDL) in base alla
quale gli studenti devono imparare a:
- Usare le TIC in tutte le aree della loro attività
- Sviluppare la propria comunicazione con l’aiuto delle TIC
- Usare le opportunità offerta dalle TIC nella ricerca, elaborazione e presentazione delle
informazioni
- Pianificare le loro attività, improvvisare in maniera creativa e costruttiva, a seconda delle loro
capacità
- Interessarsi all’innovazione e all’apprendimento in maniera nuova, più efficace
- Ricercare, selezionare, elaborare, trasferire e ricevere informazioni digitali, testuali e visivi usando
le TIC
Lo Standard generale della competenza generale degli studenti è stato elaborato e approvato nel
gennaio del 2002. 42 In questo documento la “competenza digitale” viene definita come qualcosa che
può essere raggiunto soltanto se le TIC vengono integrate nei processi educativi, comprese le lezioni e
le attività svolte dopo la scuola e l’uso delle TIC nelle biblioteche scolastiche.
Le linee guida dello Standard generale della competenza generale degli studenti vengono discusse
secondo tre principali aspetti:
- i valori morali che si devono rispettare quando si usano le TIC
- le abilità generali necessarie per l’uso delle TIC
- le aree tematiche della competenza digitale.
Nel dettaglio, viene proposta una lista di sei valori morali da rispettare quando si usano le TIC:
- la formazione permanente
- l’importanza delle TIC nella vita sociale
- la democrazia
- i tradizionali valori umani
- l’etica
41
Lina Markauskaitė, “Developing Country-Tailored Policy for the Provision of Schools with Educational
Software and Content: The Case of Lituania”, in Education and Information Technologies (March 2004), 9 (1), pp. 67-89.
42
www.ipc.lt/english.htm.
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-
l’importanza dello sviluppo tecnologico.
.1 La strategia per l’implementazione delle TIC nell’educazione lituana 43
Lo scopo principale della Strategia per l’implementazione delle TIC nell’educazione lituana (di
seguito: Strategia) è di fornire le prospettive e le tendenze per l’integrazione delle TIC nell’educazione
lituana, pianificare le fasi della sua implementazione, armonizzare le attività svolte da diverse
istituzioni e usare efficacemente i fondi assegnati alla digitalizzazione dell’educazione.
La Strategia comprende i livelli e contesti educativi: elementare, superiore di I e II grado, istituti
professionali, associazioni giovanili, scuole speciali ecc.
La strategia è basata sugli obiettivi del Programma di sviluppo della Società dell’Informazione in
Lituania nel quale sono indicati regolamenti e le finalità dei Curricoli Nazionali e degli Standard
educativi dell’educazione lituana in generale. Vi sono anche le priorità della seconda fase della riforma
educativa.
La Strategia è stata approvata con l’Ordinanza n. 1279 emessa dal Ministero dell’Educazione e della
Scienza della Repubblica Lituana il 18 ottobre 2000.
2.1.1.Analisi della situazione. La Società dell’Informazione e la scuola
La Società dell’Informazione è una società aperta che apprende. I suoi membri sono capaci di usare
tutte le risorse informatiche locali e mondiali nelle diverse aree dello loro attività, le istituzioni
governative assicurano l’affidabilità e accessibilità dell’informazione, sviluppano sistematicamente le
infrastrutture informatiche e la loro integrazione internazionale, l’economia del Paese è basata
sull’elaborazione efficace dell’informazione e sulla sua applicazione nei diversi campi dell’industria.
Dopo aver analizzato le tendenze dello sviluppo della Società dell’informazione nel mondo e in
Lituania, come pure le connessioni con l’educazione, sono state raggiunte le seguenti conclusioni:
1. La società dell’informazione si è sviluppato molto rapidamente in Europa; pertanto il sistema
educativo dovrà essere riformato e le TIC dovranno essere integrate nell’educazione
2. Gli obiettivi della digitalizzazione del sistema educativo individuati nel “Programma di sviluppo
della Società dell’Informazione in Lituania” saranno realizzati al più presto
3. La riforma del sistema educativo lituano dovrà essere armonizzata con i Programmi dell’Unione
Europea nei quali viene fortemente resa prioritaria la digitalizzazione dei sistemi educativi e
pianificata la sua immediata implementazione
4. I problemi sociali dello sviluppo della Società dell’informazione dovranno essere attentamente
valutati e la loro soluzione dovrà essere perseguita con i regolamenti e i documenti strategici
appropriati
5. È solo con la rapida ed efficace implementazione delle TIC nel sistema educativo che in Lituania
si potrà sviluppare la Società dell’informazione e la sua sistematica integrazione in un’Europa
multinazionale.
2.1.2.La connessione tra l’implementazione delle TIC e gli obiettivi educativi
Poiché le TIC rendono possibile la realizzazione di diversi compiti educativi, la Strategia per la sua
implementazione nell’educazione lituana è basata sull’integrazione di obiettivi economici, sociali e
43
http://webcache.googleusercontent.com/search?
q=cache:_Zn5R02DJ3IJ:www.emokykla.lt/admin/file.php%3Fid%3D362+technological
+literacy+in+Lituania&cd=2&hl=lt&ct=clnk&gl=lt.
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pedagogici. L’integrazione delle TIC nell’insegnamento e nell’apprendimento deve essere considerata
come precondizione necessaria del benessere sociale e dell’economia della Lituania; le nuove
tecnologie aiutano gli studenti ad acquisire un’educazione più compiuta, a formare atteggiamenti e
abilità di apprendimento permanente, incoraggiare la comunicazione e la cooperazione come pure a
capire i principi e i valori della società democratica.
1. La finalità dell’implementazione delle TIC nell’educazione è di formulare la nuova cultura della
coesistenza tra scuola e società.
2. Nella modernizzazione economica e nello sviluppo sociale del Paese deve essere data priorità
all’alfabetizzazione digitale degli studenti.
3. Uno degli obiettivi deve essere quello di integrare le TIC nell’educazione dei cittadini così da dare
vita a nuovi modelli sociali e culturali nell’educazione.
3.
La gestione dell’implementazione delle TIC a scuola
Le scuole hanno un ruolo molto importante nella prioritarizzazione dell’implementazione delle TIC
nell’educazione; tuttavia la maggior parte delle scuole lituane sono abituate a una digitalizzazione
centralizzata e quindi danno poco attenzione allo sviluppo dei loro specifici sistemi informatici.
1. L’implementazione delle TIC nell’educazione non è mai stata una priorità nella riforma del
sistema educativo e quindi non le è mai stata data la dovuta attenzione
2. L’implementazione di politiche a livello nazionale ha avuto un carattere frammentario e
incompleto
3. I fondi nazionali destinati all’implementazione delle TIC nell’educazione scolastica sono state
scarse
4. La politica nazionale per l’implementazione delle TIC nell’educazione lituana è centralizzata
5. Nell’implementare le TIC nelle scuole, occorre stimolare la loro iniziativa e la partecipazione
attiva e autonoma.
Le competenze digitali degli studenti dovranno essere sviluppate attraverso la stesura di programmi
generali per l’informatica. L’obiettivo di questi programmi è di sviluppare la cultura digitale degli
studenti. Sin dall’autunno del 1999 è stata introdotta l’obbligatorietà dell’informatica nel curricolo
della scuola secondaria di primo grado. Secondo i profili previsti, dal 2000 l’informatica deve essere
obbligatoria anche nel biennio superiore degli studenti di studi umanistici e scientifici.
1. L’introduzione dell’obbligatorietà dell’informatica è stata la condizione necessaria per preparare le
scuole a una più ampia implementazione delle TIC
2. L’integrazione dell’informatica con altre discipline è molto scarsa
3. Quando si sviluppano abilità pratiche di lavoro con il computer occorre dare ancora tanta
attenzione agli aspetti tecnici e alla tecnologia in sé piuttosto che al semplice sviluppo negli
studenti di una cultura digitale generale
4. Le abilità informatiche degli studenti di solito vengono sviluppate a scuola in maniera caotica
perché vi è ancora una carenza di software e libri di testo in lingua lituana.
4.
L’applicazione delle TIC nell’educazione
La maggior parte degli studenti imparano a lavorare con i computer e con i software solo alle superiori
e solo durante le lezioni di informatica. Il livello di competenza digitale degli studenti lituani è molto
vario: i ragazzi sono più avanti delle ragazze; gli studenti del ginnasio lo sono più di quelli di altre
scuole; gli studenti dei centri urbani superano quelli dei centri rurali.
1. Gli studenti acquisiscono competenze e abilità digitali solo alle superiori prima di diplomarsi. Ciò
può ostacolare un’integrazione efficace delle TIC nelle altre discipline
2. Gli studenti di diversi gruppi sociali non hanno uguali opportunità nell’uso delle TIC per scopi
educativi. La scuola non compensa queste ineguaglianze.
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5.
La qualificazione degli insegnanti e le possibilità di sviluppo
Diverse istituzioni preposte all’aggiornamento degli insegnanti in servizio si occupano del loro
aggiornamento anche nel campo delle TIC. Tuttavia, solo poche di loro hanno la giusta quantità di
risorse tecniche, economiche e intellettuali per organizzare corsi di buona qualità. L’aggiornamento
degli insegnanti in servizio si concentra di solito sullo sviluppo di abilità tecniche mentre gli aspetti
didattici dell’integrazione delle TIC nell’educazione vengono in genere trascurati. Se confrontiamo la
situazione della Lituania con quella di altri Paesi, solo pochissimi insegnanti delle scuole di
educazione generale hanno un minimo di competenze informatiche di base.
• La maggior parte degli insegnanti non hanno nemmeno una conoscenza di base sulle TIC, né sono
in grado di usarle nella loro didattica
• Gli insegnanti hanno bisogno di più opportunità di aggiornamento e miglioramento costante delle
loro competenze
• Le conoscenze sulle TIC si diffondono lentamente, non si realizza pienamente il potenziale dei
coordinatori delle TIC, né si valorizza l’esperienza degli insegnanti di informatica, di altri
insegnanti o di altre risorse interne della scuola
• Ci sono pochissimi incentivi per gli insegnanti che usano le TIC a scuola.
6.
Sintesi dell’analisi
L’implementazione delle TIC è un compito molto difficile che tocca tutte gli elementi e le aree
dell’educazione e che condiziona il concetto e il sistema dell’educazione. L’analisi appena svolta
prova che l’educazione lituana ha bisogno di una politica di implementazione delle TIC molto più
sistematica e significativa in grado di interessare tutte le diverse aree dell’educazione. Tali aree
dovrebbero cambiare drammaticamente. Le più importanti sono: 1) la relazione tra educazione e
società; 2) la vita a scuola; 3) i contenuti e i metodi dell’educazione; 4) la fornitura di attrezzature
informatiche e sussidi; 5) il ruolo e i metodi dell’insegnante; 6) il legame tra scienze ed educazione; 7)
la gestione e il finanziamento dell’implementazione delle TIC.
3.
I progetti pilota per la sperimentazione nazionale condotti o promossi dal Ministero per
sostenere la Media Education
Le sfide principali/priorità enunciate nei documenti ufficiali principali riguardano la necessità di
assicurare un buon accesso e qualità dell’educazione. Sono stati scritti diversi programmi che ora sono
in via di esecuzione.
3.1. Le politiche e le responsabilità riguardo alle TIC44
La responsabilità sulle politiche educative è condivisa tra il governo centrale (Ministero
dell’Educazione e della Scienze, MoES), regionale (contea), comunale (città) e le amministrazioni
delle scuole. La Lituania è divisa al momento in 60 comuni.
Sebbene il sistema educativo lituano si stia allontanando da un modello centralizzato fortemente
controllato dallo stato, il MoES e il Consiglio Educativo sono ancora i responsabili della maggior parte
delle decisioni e delle politiche educative. Lo sviluppo dei curricoli nazionali, dei programmi di
insegnamento e degli standard, l’organizzazione e la supervisione degli esami e l’indicazione delle
regole principali per i fondi da destinare alla scuola appartengono al potere centrale del governo.
Le amministrazioni locali dei singoli comuni sono responsabili della scuola dell’infanzia,
dell’educazione generale (nella scuola primaria e secondaria) e delle infrastrutture per l’educazione
44
http://insight.eun.org/ww/en/pub/insight/misc/country_report.cfm?
fuseaction=home.view_report&country=34461.
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non formale e per l’educazione informale degli adulti. Gli enti locali si occupano anche della necessità
di garantire il diritto allo studio di tutti i bambini.
La responsabilità di dirigere una scuola ricade sul direttore della scuola stessa. Inoltre, ogni scuola ha
un consiglio di istituto che stabilisce i regolamenti e prende altre decisioni locali. Le responsabilità
riguardanti l’integrazione delle TIC nelle scuole sono condivise allo stesso modo45. Il CITE è
responsabile della formulazione delle politiche nazionali e dell’implementazione dei principali
programmi nazionali circa l’introduzione delle TIC nell’educazione generale e nella formazione
professionale. I programmi per le TIC redatti dal governo sono generalmente indirizzati a stabilire reti
e servizi a livello nazionale. L’acquisto di nuovo hardware e software, l’aggiornamento degli
insegnanti nel campo delle TIC e lo sviluppo dei software educativi si sta gradualmente diffondendosi
a livello comunale e persino delle singole scuole. Il CITE coordina i progetti internazionali su larga
scala, supervisiona l’implementazione delle TIC nell’educazione e si occupa dei sistemi informatici e
dei database di gestione. Il Centro di Sviluppo Educativo è stato riorganizzato dal MoES e attualmente
si occupa dello sviluppo del curricolo e dei progetti di aggiornamento su scala nazionale degli
insegnanti in servizio (compresi quelli relativi alle TIC).
Tutti gli organismi educativi locali (a livello di Comune) hanno le proprie politiche e programmi per
l’introduzione delle TIC nelle scuole di educazione generale. Il contributo dei diversi Comuni
all’implementazione delle TIC nelle scuole varia: alcune di loro destinano parecchi fondi, mentre altre
investono pochissimo.
In generale, le attività del Comune hanno una considerevole influenza sull’integrazione delle TIC. I
centri per l’aggiornamento degli insegnanti in servizio svolgono un ruolo significativo nella
promozione dell’alfabetizzazione digitale degli insegnanti. I comuni assegnano fondi per l’acquisto di
nuove attrezzature, di solito sono responsabili della manutenzione delle tecnologie e coprono le spese
per i servizi internet. Il consiglio di istituto e il dirigente scolastico decidono sull’uso delle TIC a
scuola (per esempio, dove mettere i computer, fissare l’orario del laboratorio informatico, assegnare
fondi aggiuntivi per le tecnologie, come organizzare l’aggiornamento dello staff, ecc.)46.
3.2. Politiche tecnologiche per la scuola 47
È ancora in corso la Strategia e il Programma per l’Introduzione delle TIC nell’Educazione Generale e
Professionale lituana per il periodo 2008-2012. C’è già stata una decisione politica che prevede di
rinnovare la Strategia prima della fine dell’anno, con l’obiettivo di realizzare soluzioni più
decentralizzate e di tenere conto dell’attuale crisi economico-finanziaria.
La visione della Strategia 2008-2012 è di creare ambienti di apprendimento e insegnamento
qualitativamente nuovi e flessibili che sappiano dare a studenti e insegnanti opportunità educative
personalizzate nello spazio elettronico. In questa Strategia vengono enfatizzati quattro obiettivi48:
1. Contenuti digitali per l’apprendimento:
Curricolo interattivo per l’educazione generale e professionale
Moderni materiali per l’insegnamento interattivo
Spazi di apprendimento aperti e sicuri per l’archiviazione di materiale digitale
45
http://www.ipc.lt/english.htm.
46
Ministero dell’Educazione e della Scienza: http://www.smm.lt/en/index.htm. The Centre of Information
Technologies of Education: http://www.ipc.lt/english.htm
47
http://insight.eun.org/ww/en/pub/insight/misc/country_report.cfm?
fuseaction=home.view_report&country=34461
48
Strategy and Programme for the Introduction of ICT into Lituanian Education for 2008-2012: www.itc.smm.lt/
3
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Adeguamento agli standard internazionali sui contenuti digitali per l’apprendimento
Disseminazione dell’uso delle TIC nell’esperienza educativa, specie nelle aree svantaggiate
2. Fornitura alle scuole di software e tecnologie digitali:
Connessione Internet ad alta velocità (non meno di 2Gb) per ogni scuola
Spazi computerizzati personali per il lavoro di insegnanti e studenti
Spazi di apprendimento personali nella rete per ogni studente
Riduzione del divario digitale tra aree urbane e rurali
3. Competenze della comunità scolastica:
Partecipazione della comunità scolastica nei progetti sull’implementazione TIC
nell’educazione
Uso dell’EMIS (Education Management Information System) da parte dei dirigenti scolastici
per la diffusione dei servizi elettronici
Sviluppo delle condizioni necessarie per migliorare la competenza tecnologica ed educative
degli insegnanti
Sviluppo delle competenze digitali dei futuri insegnanti
Creazione di metodi per l’applicazione delle TIC
4. Sviluppo del management scolastico nello spazio elettronico:
- Il management educativo e i processi decisionali sono basati su dati e informazioni digitali
Insegnamento e apprendimento elettronico
Ricerca e monitoraggio
Aumento dell’autonomia e delle responsabilità delle scuole
Apertura e collaborazione tra le diverse comunità scolastiche
3.3. Il ruolo del Ministero dell’Educazione e della Scienza e i principi di base per
l’implementazione delle TIC
1. Ogni anno una parte del fondo nazionale destinato all’educazione viene destinato
all’implementazione delle TIC
2. Il vice-Ministro dell’Educazione e della Scienza è responsabile dell’implementazione delle TIC
3. Sono state sviluppati dei regolamenti chiari per discutere e prendere decisioni circa
l’implementazione delle TIC nell’educazione
4. L’implementazione delle TIC viene condotta secondo i programmi per obiettivi speciali
3.4. I principi di base per realizzare i programmi di implementazione delle TIC
1. Il Ministro dell’Educazione e delle Scienze promuove la digitalizzazione delle istituzioni
educative nazionali secondo i programmi per obiettivi speciali
2. I programmi forniscono attività annuali concrete attraverso le quali realizzare gli obiettivi e i
compiti previsti nella Strategia. Inoltre fornisce i criteri per la valutazione dei risultati
3. Le bozze dei programmi vengono annunciate e discusse in pubblico
4. L’acquisto, lo sviluppo e la traduzione in lituano dei software educativi necessari alle scuole è
centralizzata
5. La decentralizzazione della fornitura alle scuole dell’hardware e dei software è prevista nei
programmi
6. Le scuole vengono attrezzate con hardware avanzato e con altri dispositivi
7. I programmi forniscono diversi modi di rendicontazione, incoraggiano le forme di scambio e
comunicazione tra le scuole e le aziende informatiche.
8. Gli insegnanti vengono messi in condizione di acquisire una competenza tecnologica di base nella
loro stessa scuola o in una scuola vicina
9. I comuni sono incoraggiati a finanziare l’implementazione dei programmi con propri fondi.
3
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3.5 Il ruolo dei Comuni e i principi di base dell’implementazione delle TIC
• La comunità locale ha il dovere di partecipare alla digitalizzazione delle scuole
• I Comuni valutano i progetti con le TIC e assegnano fondi e altre risorse alle scuole.
3.6 I principi di base delle attività scolastiche
• Le comunità scolastiche discutono e preparano i progetti per l’implementazione delle TIC
• L’implementazione delle TIC nelle scuole viene condotta secondo i programmi sviluppati nelle
loro rispettive comunità
• I progetti di implementazione delle TIC nelle scuole sono valutati ogni anno.
4.
Le reti nazionali e i progetti per l’e-learning in Lituania e lo sviluppo delle infrastrutture
La Lituania ha pienamente aderito alla sfida dello sviluppo della Società dell’informazione. Lo
sviluppo della rete lituana per l’educazione a distanza è cominciato nel 1998 a seguito di un progetto
di investimento del governo lituano ed è passato attraverso diverse fasi di espansione finanziate da
altri progetti europei e nazionali. Lo sviluppo della rete ha cercato di creare e coordinare un sistema di
alta formazione e di educazione permanente (che coinvolge i centri educativi e le scuole) basato sulle
TIC. Attualmente le lezioni di educazione a distanza realizzate da LieDM sono diffuse in tutto il Paese
e sono in continua crescita.
Le linee principali del sistema di educazione a distanza della Lituania si concentrano sull’applicazione
delle TIC per la creazione di reti informatiche, Internet e la videoconferenza. La rete LieDM ha creato
le condizioni favorevoli per un’ulteriore espansione dell’educazione a distanza in lituano e per
implementare l’idea dell’e-learning, dell’educazione permanente e soddisfare la priorità del piano
strategico e cioè lo sviluppo della società dell’informazione in Lituania. Inoltre, le infrastrutture dell’elearning permettono ai cittadini lituani di acquisire conoscenze, abilità e qualifiche che, combinate con
le TIC, li aiuteranno a diventare più flessibili così da adattarsi a condizioni di vita e di lavoro che
cambiano molto rapidamente diventando così più competitivi nei mercati del lavoro. Le priorità della
rete LieDM si concentrano sulla collaborazione tra scuola e università nello sviluppo dell’educazione
a distanza; sull’alta formazione basata sulle TIC; sulle università virtuali e lo sviluppo dell’e-learning
e sulla partecipazione del rete LieDM alle reti europee e mondiali sull’educazione a distanza.
Dal gennaio 2010 le istituzioni che fanno parte della rete LieDM hanno stabilito di unirsi in un ente
legale: l’Associazione lituana per l’educazione a distanza e l’e-learning (www.liedm.net). La rete
LieDM è stata dunque riorganizzata come associazione. 25 istituzioni si sono unite per compiere un
importante passaggio: dall’infrastrutturazione all’apprendimento attivo attraverso il networking. La
LieDM ricerca indipendentemente le soluzioni ottimali per realizzare questo passaggio. Il ruolo della
LieDM è di promuovere l’e-learning e l’educazione a distanza tra i diversi settori e destinatari
dell’azione educativa di diverse istituzioni trasversali. La rete di accademici e professionisti è
rappresentata sotto un unico ente. Essa promuove anche la ricerca, sviluppa strategie e fornisce
consulenza ai decisori pubblici e ai comitati esecutivi a livello nazionale. Rappresenta altresì gli
esperti internazionali attivi nel campo dell’applicazione delle TIC nell’educazione.
Il 26 aprile 2007 è stato approvato dal Ministero dell‘educazione il programma nazionale
“L’Università Virtuale Lituana 2007-2012” (LVU). Il programma della LVU cerca di raggiungere gli
obiettivi nell’area delle scienze e dell’educazione indicati nella strategia di sviluppo a lungo termine
della repubblica lituana, approvata dalla decisione del parlamento lituano (il Seimas) il 12 novembre
2002 n. IX-1187 (Žin., 2002, Nr. 113- 5029)49. Con questa strategia si cerca di:
49
Il programma Lithuanian Virtual University approvato dal Ministero dell’Educazione e della Scienza Š R.
Zakaitiene il 27 aprile 2007, Decreto n.ISAK-791.
3
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sviluppare un sistema educativo efficace, coerente, accessibile e continuo, e fissare le condizioni
per l’educazione permanente
• assicurare la qualità del sistema educativo e al tempo stesso integrare il Paese nello spazio
educativo dei paesi europei
• sviluppare specialisti con alta qualifica per assicurare la competenza scientifica e tecnologica dello
stato
• condurre ricerca scientifica dedicata alla crescita nazionale sostenibile e alle esigenza
dell’economia lituana, promuovere l’interazione con la scienza e il mondo degli affari per
assicurare un più rapido progresso del paese
• assicurare che tutti i cittadini lituani abbiano la possibilità di accedere alla conoscenza, alle abilità
e alle competenze tramite cui potersi adattare rapidamente alle condizioni di vita e di lavoro e al
tempo stesso trarre profitto dalle TIC
• ridurre i divari sociali, economici, geografici e di status basati su un disuguale accesso alle TIC
• allargare i programmi in modo da coinvolgere i disabili e le persone con esigenze particolari nella
società dell’informazione.
Nel periodo 1991-1993 lo stato ha destinato fondi per quasi un milione di Litas all’anno per comprare
attrezzature informatiche nelle scuole lituane (quasi metà di questi fondi sono andati alle scuole per
l’educazione generale). Nel periodo 1994-1966 non vi sono stati altri fondi per l’implementazione
delle TIC nell’educazione. Nell’anno 1996-1997 è stato realizzato il progetto di investimento “La
digitalizzazione delle scuola secondaria, professionale e dei collage della Lituania” del valore totale di
28 milioni di Litas. Nel 1998 è cominciato il progetto di investimento “Il sistema informatico
dell’educazione lituana”. La cifra totale investita è stata di 2 milioni di Litas. Nel 1999 questo progetto
non è stato finanziato.
• Non vi è un finanziamento costante nelle politiche di implementazione delle TIC nell’educazione
• Non vi è una strategia chiara ed esaustiva per l’implementazione delle TIC nell’educazione lituana
• I fondi dei progetti nazionali sono stati usati in maniera inefficace; non è prevista alcuna continuità
e manutenzione costante
• I risultati dei progetti non sono stati istituzionalizzati; le leggi non sono state adottate per tempo e
non ci sono fondi per l’implementazione dei progetti
• L’informazione circa i progetti di implementazione delle TIC programmati e sostenuti dallo stato è
insufficiente e non viene discussa in pubblico
• I fondi destinati all’implementazione delle TIC in Lituania sono circa 10-20 volte inferiori ai fondi
destinati dalla Lettonia e dall’Estonia.
•
4.1. I progetti per l’aggiornamento degli insegnanti
Ci sono diversi progetti nell’aggiornamento degli insegnanti. Uno di questi è il progetto congiunto tra
il CITE e la Microsoft “Partners nell’apprendimento”. I corsi sono organizzati dalla Microsoft e dal
CITE e prevedono il coinvolgimento di 50 formatori degli insegnanti selezionati dal CITE.
Ci sono anche altri corsi organizzati dal CITE per l’implementazione di vari progetti europei
(soprattutto coordinati dall’EUN), come eTwinning, CALIBRATE, INSPIRE, ASPECT, ecc.
4.2. Contenuti e metodi della Media Education a scuola 50
Qual è esattamente il contenuto che dovrebbe essere insegnato relativamente all’alfabetizzazione
digitale?
50
http://www.educanext.org/dotlrn/clubs/estart/newlors/Preparing_Recommendations_on_Digital_Literacy/
Curricula_Analysis/Finnish_Descriptive_Questions.doc.
3
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5°/6° anno: le basi di Windows, elaborazione di testi, disegno (Comenius Logo/Imagine Logo),
navigazione della Rete;
• 7°/8° anno: lavorare con i fogli elettronici, elaborazione di testi, presentazioni, alcune questione
sulle TIC…
• 9°/10° anno: le basi di Windows, l’elaborazione dei testi, le basi della programmazione (Comenius
Logo/Imagine Logo), navigazione della Rete;
• 11°/12° anno: elaborazione dei testi, presentazioni, fogli elettronici. Alcune moduli aggiuntivi per
corsi avanzati: programmazione, database, multimedia e ipertesti;
• 12° anno: esame di TIC (facoltativo) : informatica di base, programmazione.
Com’è possibile descrivere questo contenuto?(per esempio, è legato all’applicazione? Riguarda
l’elaborazione dell’informazione; è orientato a un caso di studio?)
In realtà gli insegnanti usano le TIC in generale. Alcune scuole hanno integrato le lezioni con altre
discipline, pertanto fanno già progetti, navigano in rete, fanno ricerche e conducono casi di studio.
Qual è il tempo medio dedicato all’insegnamento delle TIC in un anno accademico?
5°, 6°, 7° anno - una lezione a settimana
8° anno – integrazione con altre discipline
9°, 10° anno – 1 lezione a settimana
11°, 12° anno – 1, 2 o persino 3 lezioni a settimana in discipline scelte dagli studenti.
•
5.
Le TIC nel curriculum 51
In Lituania, l’Informatica viene insegnata come disciplina a sé. I curricoli nazionali sono aperti
all’integrazione delle TIC in altre discipline per l’insegnamento crosscurricolare. Tuttavia, non viene
richiesto quasi niente di concreto sull’uso delle tecnologie nell’insegnamento di una data disciplina.
L’uso delle TIC nella scuola elementare (anni 1-4) è in corso secondo quanto richiesto dal nuovo
curricolo. Il progetto ad ampio raggio finanziato dal Fondo Sociale Europeo 2006-2008 ha avuto
l’obiettivo di sviluppare l’implementazione delle TIC nell’educazione primaria e a fini speciali: http://
inovacijos.pedagogika.lt/lt . I suoi obiettivi sono:
• Formazione degli insegnanti delle scuole elementari e a fini speciali circa l’uso delle TIC e nei
metodi innovativi di insegnamento/apprendimento
• Preparazione di corsi di educazione a distanza e di materiali didattici per assistere gli insegnanti
nell’uso delle TIC per creare la “Scuola per tutti”.
Il curriculum raccomanda l‘integrazione delle TIC nell‘intero processo di apprendimento.
Raccomanda altresì di usare i software e i giochi educativi nella scuola elementare. Vengono anche
illustrate alcune attività extracurricolari basate sulle TIC.
5.1. Le strategie di sviluppo dei contenuti
C’è ancora una grande carenza di contenuti e software educativi di qualità. Lo sviluppo di contenuto
educativo di tipo digitale è una delle aree più importanti della politica nazionale per l’implementazione
delle TIC.
Recentemente sono stati approvati, con un’ordinanza del direttore del CITE del 9 giugno 2008, i
“Criteri per la valutazione dei sussidi digitali”. Questi criteri riguardano:
51
http://insight.eun.org/ww/en/pub/insight/misc/country_report.cfm?
fuseaction=home.view_report&country=34461
3
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Gli aspetti di metodo
L’interfaccia utente (compresa la personalizzazione)
Le possibilità offerta dai learning objects (Los)
Le opportunità e gli strumenti di comunicazione e collaborazione
Gli aspetti tecnici (compresa la stabilità)
La documentazione
Le spese di implementazione e manutenzione.
Ogni anno il CITE apre dei bandi per l’acquisto di software e contenuto educativo per l’educazione
generale e professionale (compreso l’elaborazione di contenuti rivolti a studenti con esigenze speciali).
Solo il software e i contenuti che sono stati completati possono partecipare al bando. Questi bandi
sono parte del programma governativo. Negli ultimi anni l’Educational Development Centre ha
promosso diversi progetti su grande scala miranti all’acquisto di contenuto educativo per le scuole.
Tutti i software e i contenuti educativi sono stati classificati e conservati in diverse banche dati
accessibili dal portale educativo. I servizi principali del portale relativi al contenuto sono:
• Servizio di ricerca di libri di testo validi: www.mokykla.smm.lt/vadoveliai/index.jsp
• Archivio centralizzato dei LOs contenenti allo stato attuale (ottobre 2009) più di 2565 esempi:
•
•
•
•
•
•
•
http://lom.emokykla.lt/public/
•
Sussidi digitali per l’insegnamento acquistati dal CITE per tutte le scuole lituane: http://
tinyurl.com/2vnro2r
•
Materiali didattici sviluppati dagli insegnanti durante l’implementazione del progetto congiunto
CITE-Microsoft “Virtual Classroom Tour”. Si tratta di un progetto che fa parte del più ampio
progetto “Partners in Learning”. Nel corso dell’implementazione delle TIC gli insegnanti hanno
creato dei materiali didattici (piani di lezioni e idee) usando modelli di Powerpoint: http://
metodika.emokykla.lt/default.htm
•
Varie risorse per l’apprendimento sviluppate durante il progetto “korys”: http://tinyurl.com/
36yt8dc
•
Diversi database di altre risorse didattiche: http://tinyurl.com/35kp2tk; http://www.pprc.lt/
mddb/
Il contenuto educativo sperimentale raccomandato (http://tinyurl.com/39fhgpj). Questo
contenuto è classificato per argomento. Il motore di ricerca è organizzato a seconda del
destinatario (insegnanti, studenti, genitori), della categoria (distribuito gratuitamente o a
pagamento), della disciplina o del tipo (sussidi per l’insegnamento del computer, siti web,
materiali didattici, libri elettronici, altro software) dell’azienda e delle parole-chiave.
Tutti gli insegnanti lituani hanno a disposizione sette corsi a distanza per studenti talentuosi
(Informatica, Matematica, Economia, Fisica, Chimica, Storia, Biologia) e due corsi a distanza per
studenti con esigenze speciali (Matematica ed Educazione ambientale per la scuola primaria). Vi si
può accedere registrandosi come ospite alla piattaforma VLE Moodle (vma.emokykla.lt/moodle) e
come tutor: vma.emokykla.lt/atutor. Le copie Moodledi questi corsi a distanza sono scaricabili da:
•
vma.emokykla.lt/licencija.html
Le principali iniziative sullo sviluppo di contenuto educativo digitale al momento sono:
• Bandi pubblici per l’acquisto di e-content da case editrici emanate annualmente dal CITE;
• Creazione di contenuto digitale e bandi di acquisto organizzati soprattutto dall’Education
Development Centre sotto l’egida del MoES per l’implementazione di progetti a larga scala
finanziato con il Fondo Sociale Europeo;
3
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•
L’iniziativa mirante allo sviluppo di materiali didattici da parte degli insegnanti impegnati
nell’implementazione del già citato progetto congiunto CITE/Microsoft “Virtual Classroom Tour”.
Si tratta di un progetto che fa parte del più ampio progetto “Partners in Learning”. Nel corso
dell’implementazione delle TIC gli insegnanti hanno creato dei materiali didattici (piani di lezioni
e idee) usando modelli di Powerpoint: http://metodika.emokykla.lt/default.htm.
5.2. La condivisione di contenuto digitale
La condivisione di contenuto in Lituania e con altri paesi è organizzata con la collaborazione
dell’archivio centralizzato per i learning objects (LOs).
6.
Analisi dei dipartimenti che lavorano specificamente con la media education o con la
tecnologia comunicativa per l’educazione
6.1. Il Centre of Information Technologies of Education (www.ipc.lt)
Il Centre of Information Technologies in Education (CITE) è un’istituzione educative, pubblica
facente capo al Ministero dell’educazione e delle Scienze della repubblica lituana. Il lavoro del Centro
è cominciato il 31 ottobre del 1990 sotto il nome di “Centre of Informatics and forecasting”.
Il 31 agosto 1999, su ordine del Ministro dell’educazione e delle scienze della repubblica lituana, il
“Centre of Informatics and forecasting” è stato riorganizzato con il nome di “Centre of Information
Technologies in Education”. Il nome attuale è: Centre of Information Technologies in Education
(Švietimo informacinių technologijų centras). I suoi compiti principali sono:
- Organizzare e coordinare lo sviluppo e l’aggiornamento di altre istituzioni educative e
organizzazioni impegnate nel campo delle competenze digitali;
- Organizzare lo sviluppo di una strategia e di un programma per l’implementazione delle TIC nel
sistema educatovi e coordinare tale processo di implementazione;
- Raccogliere, conservare e centralizzare l’informazione sul sistema dell’educazione e delle Scienze
in Lituania e implementare l’analisi dei dati digitali in educazione;
- Inculcare, sviluppare e gestire gli archivi educativi digitali, come pure i registri e i sistemi
informatici e coordinare il loro uso.
In genere, in Lituania, la responsabilità di gestione delle scuole appartiene al direttore della scuola
stessa. Inoltre in ciascuna scuola esiste un consiglio di istituto che stabilisce i regolamenti locali e
prende altre decisioni locali. La responsabilità dell’implementazione delle TIC nelle scuole viene
condivisa nello stesso modo. Il CITE è responsabile per la formulazione delle politiche nazionali e
l’implementazione dei principali programmi governativi circa l’introduzione delle TIC
nell’educazione generale e nella formazione professionale.
I programmi statali sulle TIC sono in genere indirizzati a stabilire le reti e i servizi educativi nazionali.
L’acquisto di nuovo hardware e software, l’aggiornamento degli insegnanti nel campo delle TIC e lo
sviluppo di software e contenuti digitali sono stati gradualmente trasferiti a livello comunale se non
addirittura delle singole scuole. Il CITE coordina i progetti internazionali su larga scala, supervisione
l’implementazione delle TIC nell’educazione e cura i sistemi informatici e gli archivi per il
management scolastico. L’Education Development Centre è stato riorganizzato dal MoES e
attualmente si occupa dello sviluppo del curriculum e dei progetti di aggiornamento degli insegnanti in
servizio (compresi quelli legati alle TIC).
Tutti gli organismi educativi (a livello comunale) hanno i propri documenti e i programmi per
l’introduzione delle TIC nelle scuole per l’educazione generale. Il contributo dei comuni può variare
molto: alcuni assegnano tanti fondi, altri nessuno.
In genere, le attività dei comuni hanno un influenza notevole sull’integrazione delle TIC. I centri
regionali per l’aggiornamento in servizio svolgono un ruolo significativo nella promozione delle
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competenze digitali degli insegnanti. I comuni forniscono fondi per l’acquisto di nuove attrezzature e
di solito hanno anche la responsabilità della manutenzione delle TIC e della copertura dei costi di
collegamento ai servizi di internet. Il consiglio della scuola e il direttore decidono sull’uso delle TIC a
scuola (per esempio, dove mettere i computer, fissare l’orario del laboratorio informatico, assegnare
fondi aggiuntivi per le tecnologie, come organizzare l’aggiornamento dello staff, ecc.).
6.2. L’Associazione lituana per l’educazione a distanza e l’e-learning (www.liedm.net)
Il sistema di educazione a distanza della Lituania è stato creato nel 1998 come accordo tra diverse
istituzioni educative (nel 2009 erano più di 60). Dal gennaio 2010 le istituzioni che fanno parte della
rete LieDM hanno stabilito di unirsi in un ente legale: l’Associazione lituana per l’educazione a
distanza e l’e-learning (www.liedm.net). La rete LieDM è stata dunque riorganizzata come
associazione LieDM. 25 istituzioni si sono unite per compiere un importante passaggio:
dall’infrastrutturazione all’apprendimento attivo attraverso il networking. La LieDM ricerca
indipendentemente le soluzioni ottimali per realizzare questo passaggio. Il ruolo della LieDM è di
promuovere l’e-learning e l’educazione a distanza tra i diversi settori e destinatari dell’azione
educativa di diverse istituzioni trasversali. La rete di accademici e professionisti è rappresentata sotto
un unico ente. Essa promuove anche la ricerca, sviluppa strategie e fornisce consulenza ai decisori
pubblici e ai comitati esecutivi a livello nazionale. Rappresenta altresì gli esperti internazionali attivi
nel campo dell’applicazione delle TIC nell’educazione.
7.
L’extra-school. Analisi delle aziende mediali aperte ai temi mediaeducativi
Telecom Lituania ha un programma speciale per il sostegno alle scuole e per il loro accesso a internet.
Esistono anche alcune fondazioni private che danno fondi alle scuole per l’accesso a internet e la
digitalizzazione. Per avere un accesso più conveniente a internet le scuole ricorrono al Lituanian
Academic and Research Computer Network. Telecom Lituania ha implementato il progetto nella
regione nordoccidentale nel dicembre del 1999 a seguito delle ricerche che erano state fatte in
Lituania. Queste ricerche mostravano che in oltre il 40% delle scuole la ragione principale del non uso
di internet era dovuta alle carenze nella linea telefonica, specie nelle aree rurali. Telecom Lituania ha
pertanto fatto in modo di non soltanto limitare queste carenze ma ha anche proposto alle scuole una
soluzione completa: accesso a Internet, hardware e software, una tariffa di connessione ridotta,
l’aggiornamento degli insegnanti e la creazione di contenuto digitale educativo in lituano.
L’impresa privata Omnitel – uno degli internet providers principali – promuove in continuazione
competizioni per avere tariffe di accesso più convenienti. Attualmente è in corso la competizione per
avere fondi nell’ambito del programma “La scuola per la società dell’informazione”. Cento scuole
lituane hanno avuto sostegno per l’accesso a internet. La competizione si tiene insieme alle fondazioni
private Juozas Kazickas, Viktoras Gediminas Gruodis e l’Information Technologies for Education
Centre.
I centri di supporto delle organizzazioni non governative, per esempio il Kaunas (www.knopc.lt),
forniscono un supporto regolare e gratuito all’aggiornamento, seminari con alcuni elementi di elearning sugli argomenti selezionati dalle organizzazioni stesse. Molte istituzioni per l’aggiornamento
professionale hanno sviluppato un interesse nell’uso delle TIC nell’educazione. Alcuni corsi vengono
erogati usando le TIC, mentre si stanno sviluppando anche alcuni laboratori virtuali.
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Il cammino della Media Education
...in 20 anni di esperienze
Roberto Giannatelli
Ho iniziato il mio viaggio nella Media Education vent’anni fa. In quel tempo il termine media metteva
al centro i mass media, e in modo particolare la televisione; e la parola education enfatizzava il ruolo
dell’educatore, fino ad affermare che ogni educatore doveva essere un educomunicatore (Geneviève
Jacquinot) o media educator (Len Masterman). La partecipazione e il ruolo dell’educando, erano
meno sottolineati di quanto lo si faccia ora, come propone, ad esempio, David Buckingham52.
Il primo libro scritto con P.C.Rivoltella rende testimonianza alla prima esperienza di Media
Education in una summer school (1992) 53. Questo volume è ancora un classico, ma i tempi sono
cambiati. Allora era dominante la televisione, centrale era l’analisi semiologica del linguaggio
audiovisivo, unitamente alle prime esperienze di produzione audiovisiva, con mezzi che oggi
considereremmo “antiquati”, in cui era abituale il “taglia e incolla” delle lunghe pellicole di
celluloide. Oggi lo stesso lavoro di produzione video viene realizzato da ragazzi di scuola primaria e
secondaria di primo grado, con mezzi e tecnologie molto più avanzati. Ci troviamo nel nuovo mondo
delle tecnologie digitali e, come sovente appare, in un “altro mondo”…
Tutto si riassume in poche espressioni: internet, digitale, rete, blog, Web 2.0… Ma la rivoluzione in
corso è grande! 54
Ogni anno, il MED, Associazione italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione, ritorna a
Corvara in Val Badia (Bolzano-Dolomiti) per la Summer School che riunisce docenti universitari,
professionisti dei media, insegnanti delle scuole ed educatori del territorio.
Nel tempo, è maturata una metodologia di formazione dei media educator che ha avuto i suoi punti
forti in alcune convinzioni:
• primato dell’educazione. Ogni volta che si tratta di Media Education si deve riaffermare le
centralità del fatto educativo. Nel rapporto media e minori, la mediazione educativa diventa
centrale e, nell’elaborare una “pedagogia dei media”, il dialogo tra le scienze dell’educazione e
quelle della comunicazione diviene l’anima di questo processo rivolto a fornire alfabetizzazione e
competenza critica nei confronti dei media, formare alla cittadinanza, trasmettere saperi
fondamentali e abilità di base perché la nuova generazione sappia “leggere e scrivere” con i
media;
• la strategia del networking. Il saper “fare gruppo” ci è parso un elemento essenziale per
promuovere la Media Education. Il MED è cresciuto in vent’anni come una grande alleanza tra
competenze diverse determinate nel promuovere la ME. Lo ha fatto notare Renée Hobbs, docente
dell’Università di Philadelphia (USA), durante il Summit mondiale “Media for Children and
Youth” a Karlstad (Svezia) nel giugno 2010;
• l'unione fra teoria e prassi. La proposta italiana della ME è nata dall’esperienza maturata nelle
scuole e nell’extrascuola. Ad esempio, nelle prime esperienze di lettura critica della televisione, è
52
Cfr.. D. Buckingham, Media Education, Edizioni Erickson, Trento 2006.
53
il titolo era: Teleduchiamo. Linee per un uso didattico della televisione, Elledici, Leumann (To) 1994
54
Per avere un’idea di ciò che avvenendo, è sufficiente leggere il volume del gesuita di Civiltà Cattolica Antonio
Spadaro: Web 2,0. Reti di relazioni, Edizioni Paoline, Roma 2010.
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•
stato determinante l’apporto della semiotica per l’interpretazione dei codici e dei simboli del
linguaggio audiovisivo 55;
l’apertura internazionale. Per i giovani è formativo andare oltre le frontiere, conoscere lingue e
culture diverse, venire a contatto con molteplici esperienze, anche diverse dalle nostre. Questa
apertura fa crescere, stimola la creatività, allarga gli orizzonti e le amicizie, fornendo nuove
motivazioni per la “mission”56.
Una metafora
Diversi anni fa ho partecipato, in Spagna, a La Coruňa, al IV congresso internazionale di “Pedagogia
dell’immagine” (4-8 luglio 1995) 57. I temi affrontati erano quelli tipici di quel tempo: Comunicazione
e educazione, Media e audiences, ME nelle scuole, il curricolo scolastico di ME.
Quel congresso rappresentava una conferma di ciò che avevo “scoperto” negli USA fin dal 1991
(presso il Center for Media Literacy diretto da Elisabeth Thomann a Los Angeles ) e in Canada nel
1992 (in occasione del Congresso dell’Association for Media Literacy di Toronto con John Pungente e
Barry Duncan). Quelle idee e quelle amicizie sono state proposte anche in Italia58.
Nel maggio del 2010, ho preso parte a Siviglia al Congresso ibero-americano: Media Literacy and
Digital Culture. Mi è sembrato di affacciarmi nuovamente su questo “nuovo mondo”. Guardando quel
fiume (il Guadalquivir) e rivedendo le caravelle che un giorno erano partite da lì alla scoperta del
nuovo mondo, la metafora mi appariva in tutta la sua profezia: c’è chi parte per terre ignote, e c’è chi
rimane nella madre patria per garantire una base di rifornimento per chi va lontano, una terra dove
tener vivi le amicizie, le alleanze, i valori di sempre; una casa dove si può sempre ritornare e ritrovare
il calore della famiglia e delle amicizie.
Una caratteristica del MED è proprio quella di coniugare entrambe le esperienze: accogliere con
entusiasmo le cose nuove e rimanere radicati in una tradizione di valori e prassi consolidate.
Oltre la digital education
Il grande educatore del secolo XIX, don Bosco, è stato sensibile alla comunicazione sociale e l’ha
promossa attraverso i mezzi del suo tempo: la stampa, il teatro, la musica, la festa, il gioco. E’ certo
che nell’800, in pieno processo di urbanizzazione e di industrializzazione, non solo ha promosso i
mezzi di comunicazione, ma ha inventato anche uno come spazio di libertà, di vita e di crescita per i
55
La nuova Rivista del MED: Media Education. Studi, ricerche, buone pratiche (pubblicata dalle Edizioni Erickson
di Trento, maggio 2010) rispecchia questa metodologia scelta dal MED
56
Il recente libro Media Education Sans Frontiers, a cura di Xu Xiaozhou, Gianna Cappello e Carlo Socol (della
Zhejiang University Press di Hangzhou, Cina e delle Edizioni Erickson di Trento, 2010) come pure la sperimentazione della
Chinese Way to Media Literacy (a cura di Li Yan della Zhejiang University di Hangzhou e di Maria Ranieri dell’Università di
Firenze) testimoniano la fecondità di questa intuizione.
57
Erano presenti i leader più famosi della ME di quel tempo: Robyn Quin e Barrie McMahon (Australia), Mario
Kaplùn (Uruguay), Ismar de Oliveira Soares (Brasile), Jesus Martin Barbero (Colombia), Kathleen Tyner (Usa), Guillermo
Orozco (Messico),John Pungente e Barry Duncan (Canada), Costas Criticos (Sud Africa), Susanne Krucsay (Austria), Len
Masterman, Andrew Hart e Cary Bazalgette (Inghilterra), Evelyne Bevort (Francia), Roberto Aparici (Spagna).
58
Cfr.. R.Giannatelli, La Media Education sbarca in Italia, in: Len Masterman, A scuola di media, Editrice La
Scuola, Brescia 1997
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giovani della città di Torino: l’oratorio. Mi piace riportare qui una testimonianza di Umberto Eco,
grande semiologo del Novecento ed ex allievo salesiano:
“L’oratorio è la grande rivoluzione di don Bosco. Don Bosco la inventa, poi la esporta verso la rete delle parrocchie
e dell’azione cattolica; ma il nucleo è là, quando questo geniale riformatore intravede che la società industriale
richiede nuovi modi di aggregazione, prima giovanile e poi adulta, e inventa l’oratorio salesiano: una macchina
perfetta in cui ogni canale di comunicazione, dal gioco alla musica, dal teatro alla stampa, è gestito in proprio su
basi minime, e riutilizzato e discusso quando la comunicazione arriva da fuori (…). La genialità dell’oratorio è che
esso prescrive ai suoi frequentatori un codice morale e religioso, ma poi accoglie anche chi non lo segue. In tale
senso il progetto di don Bosco investe tutta la società industriale. Alla quale è mancato il suo “progetto don Bosco”
e cioè qualcuno o gruppo con la stessa immaginazione sociologica, lo stesso senso dei tempi, la stessa inventività
organizzativa”59 .
La conclusione di questa riflessione, è evidente: non sono sufficienti le nuove tecnologie né i social
network, né chattare per ore su internet per costruire una personalità ricca e creativa nei giovani
d’oggi e renderli felici. La genialità dell’oratorio salesiano offre loro un luogo in cui incontrare
educatori e giovani come amici e compagni di viaggio, crea un ambiente (non solo virtuale!) che
comunica valori e calore umano, riempie di gioia l’avventura educativa. In conclusione, anche in
mezzo a tanti media e tecnologie, la Media Education che il MED ha proposto in vent’anni vuole
affermare che “l’educazione è cosa del cuore” (don Bosco).
59
In“L’Espresso”, 15 novembre 1981, riportato in: Piero Stella, Don Bosco,Il Mulino, Bologna 2001.
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Ringraziamenti
Un ringraziamento a tutti gli insegnanti e studenti delle scuole che hanno partecipato al progetto, a
tutto il team di ricerca e, dunque, agli amici e soci del MED, agli studenti, dottorandi e ricercatori della
Facoltà di Scienze della Comunicazione, senza il sostegno dei quali non saremmo riusciti a portare a
termine questo progetto.
Un ringraziamento speciale a Mario Morcellini e Roberto Giannatelli, guide e punti di riferimento
imprescindibili in questo viaggio ancora inesplorato della Media Education!
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Manuale in italiano - Osservatorio Mediamonitor Minori