2. Psicopatologia dello sviluppo: classificazioni diagnostiche Psicopatologia dello sviluppo: classificazioni diagnostiche Testi di riferimento: • Rutter M., & Rutter M., L’arco della vita, Ed. Giunti, Firenze, 1995. Psicopatologia dello Sviluppo • Nasce negli anni ’70 dall’incontro di diverse aree di ricerca: psicologia generale dello sviluppo, psicologia cognitiva, psichiatria infantile, psicologia clinica, etologia (Cicchetti, 1984) • Sroufe e Rutter (1984) l’hanno definita come una disciplina che si occupa dello sviluppo e delle sue deviazioni, studiando l’origine e l’evoluzione dei pattern individuali di comportamento disadattato Achenbach (1990) ne ribadisce i confini sottolineando l’importanza di studiare le diverse formazioni sintomatologiche in relazione ai cambiamenti più significativi che si determinano lungo le diverse fasi del ciclo di vita. Psicopatologia dello Sviluppo Questo schema concettuale è capace di integrare i dati che emergono dalla embriologia, dalle neuroscienze, dalla psicologia, dalla psichiatria e dalle teorie psicoanalitiche, riducendo i dualismi esistenti tra studi clinici e ricerche teoriche nei disturbi del bambino e dell’adulto, tra scienze del comportamento e scienze biologiche, tra la psicologia e la psicopatologia evolutiva, tra la ricerca di base e quella applicata. Approccio multidisciplinare e multicontestuale Tale approccio multidisciplinare e multicontestuale consente di prendere in considerazione il repertorio comportamentale emergente nel bambino, le funzioni cognitive e linguistiche, i processi sociali ed emozionali, ed i cambiamenti nelle strutture anatomiche e nei processi fisiologici del cervello, attraverso il corso dell’esistenza. Principi cardine dell’approccio della Psicopatologia dello Sviluppo: 1. Multidimensionalità dello sviluppo 2. Fattori di rischio e fattori protettivi 3. Principio di continuità tra pattern di sviluppo 4. 5. disadattivi e adattivi Psicopatologia come concetto dinamico (i principi di equifinalità e multifinalità) Principio di relazione (Cicchetti, Cohen, 1995) Principio 1: multidimensionalità dello sviluppo e modello biopsicosociale (a) Sroufe (1979) parla di sviluppo della mente come prodotto di un processo dialettico e contestuale: – Il bambino, come l’adulto, partecipa attivamente della sua esperienza – Costruisce categorie sulla propria esperienza e con queste categorie percepisce e risponde nelle sue interazioni sociali – Pertanto, “forma” il suo ambiente sociale e ne è a sua volta “formato”. In questa cornice di riferimento i disturbi dell’individuo possono essere concettualizzati secondo un modello complesso e circolare o BIO-PSICO-SOCIALE e non lineare o organico o sociale. Principio 1: multidimensionalità dello sviluppo e modello biopsicosociale (b) Nel processo di sviluppo vi sono nodi cruciali, che integrano competenze affettive, cognitive e sociali. Questi nodi sono i compiti dello sviluppo, ovvero le tappe fondamentali dello sviluppo: relazione di attaccamento alle figure parentali, autonomia in alcuni compiti, prime relazioni con coetanei, etc. Il modo in cui viene affrontato il nodo precedente getta le basi per la strutturazione dei passi successivi e del modo di affrontare il nodo evolutivo successivo. Principio 2: fattori di rischio e fattori protettivi (a) Rutter (1995): l’evoluzione a lungo termine di un individuo dipende dall’interazione e dal bilanciamento tra eventi sfavorevole da un lato e favorevoli dall’altro, ossia tra i fattori di rischio e i fattori protettivi. FATTORI DI RISCHIO Caratteristiche dell’individuo o circostanze che incrementano la probabilità dell’insorgenza, del mantenimento o dell’ esito evolutivo sfavorevole di un problema FATTORI DI PROTEZIONE Caratteristiche dell’individuo o circostanze che riducono l’impatto dei fattori di rischio e incrementano la probabilità di esiti evolutivi desiderabili Principio 2: Fattori di rischio, fattori protettivi (b) Si possono distinguere fattori protettivi: - Individuali, riguardanti la maggiore o minore vulnerabilità personale allo stress (mediata da fattori neurobiologici, temperamentali, affettivi, cognitivi), - Ambientali, legati a variabili quali la qualità delle relazioni di attaccamento alle figure genitoriali, gli stress ed i life events precedenti, gli interventi psicosociali di sostegno e di supporto. Principio 2: Fattori di rischio, fattori protettivi (c) Bambini diversi possono reagire in modo del tutto differente di fronte allo stesso tipo di fattori di rischio in funzione del grado di vulnerabilità personale allo stress e dell’eventuale presenza di mediatori dei fattori di stress Uno stesso fattore di rischio produce effetti diversi al variare della fase di sviluppo considerata (Sroufe, 1990) Principio 3: Continuità tra adattamento e disadattamento La Psicopatologia dello Sviluppo consiste nello studio delle origini e del decorso dei pattern individuali di disadattamento comportamentale, • qualunque sia l’età d’inizio, • di qualunque tipo siano le cause, • di qualunque tipo le trasformazioni nelle manifestazioni comportamentali, • e di qualunque tipo sia il decorso evolutivo. Principio 4: equifinalità/multifinalità Gli individui sperimentano gli stessi eventi in maniera differente, a seconda del loro livello di funzionamento attraverso tutte le aree dello sviluppo psicologico e biologico (Rutter, 1989) Secondo il principio di equifinalità, un ampio ventaglio di traiettorie di sviluppo può condurre ad un medesimo risultato: una sintomatologia depressiva, ad esempio, può avere origine da differenti condizioni iniziali (vulnerabilità individuale, abusi, separazioni genitoriali, lutti, etc.). Secondo il principio di multifinalità, invece, un particolare fattore di rischio non conduce necessariamente al medesimo esito (psicopatologico o non) in ogni individuo. Principio 5: la relazione e il contesto • Viene superata l’idea del disturbo mentale come proprio dell’individuo • Il disturbo è ipotizzato come prodotto specifico della relazione, ovvero come conseguenza della disfunzione tra il sistema bambino, con il suo corredo neurobiologico, ed il sistema degli adulti con i quali il bambino cresce. La valutazione nell’ottica della psicopatologia dello sviluppo • Contrariamente ai tradizionali modelli di valutazione che si focalizzano principalmente sull’individuo, i sostenitori di questo approccio enfatizzano l’importanza di una valutazione del contesto familiare e di quello ambientale (Cummings et al, 2000). • In questo contesto si parla di valutazione omnicomprensivo (comprehensive assessment), ad intendere un’analisi multidimensionale del funzionamento dell’individuo, posto all’interno di un contesto che ne influenza lo sviluppo • Solo attraverso una valutazione multifattoriale e multidimensionale è possibile delineare un quadro completo dei fattori di rischio/protettivi sulla cui base approntare un percorso di intervento (Sparrow et al, 1995). Diagnosi e prognosi nell’ottica della psicopatologia dello sviluppo Questa cornice interpretativa concettuale e metodologica fa sì che quando si tratti di effettuare una valutazione psicopatologica e psicosociale di un soggetto in età evolutiva, la prognosi (in una prospettiva, appunto, di sviluppo) risulti più importante della diagnosi, intesa come inquadramento dei sintomi osservati all’interno di una categoria diagnostica statica. Il processo di assessment: Alcune distinzioni terminologiche (a) ASSESSMENT È un processo che concerne la valutazione e la raccolta dei dati che permettono di identificare le caratteristiche distintive dei singoli casi attraverso procedure standardizzate (Achenbach & Rescorla, 2006; Cicchetti & Toth, 2005), nonchè di operare un confronto con la popolazione generale di riferimento. TASSONOMIA Concerne il processo attraverso il quale è possibile raggruppare i diversi disagi all’interno di classi, di gruppi o di tipologie, ma non è riconducibile ad un semplice processo di classificazione Il processo di assessment: Alcune distinzioni terminologiche (b) DIAGNOSI 1. “Processo di diagnosi”: raccolta dei dati necessari per la decisione diagnostica: • Comporta la raccolta dei dati per identificare lo specifico disturbo; • E’ connotato da un limitato range di possibilità rispetto al più generale processo di assessment. 3. “Diagnosi formale”: si attribuiscono i casi alle categorie delle classificazioni diagnostiche (DSM; ICD). 5. “Formulazione della diagnosi” quando si intende spiegare i molteplici aspetti della condizione individuale. • Nella formulazione della diagnosi devono confluire i risultati ottenuti durante il processo diagnostico per giungere ad un quadro esplicativo del singolo caso (Achenbach & Rescorla, 2006). Importanza dell’assessment In linea di principio l’assessment dovrebbe sempre precedere ogni inizio di intervento. Sulla base dei risultati emersi nell’assessment si può pianificare e sviluppare un trattamento che sia il più possibile orientato ai problemi e ai bisogni del bambino e dei membri della famiglia. Specificità dell’assessment Un adeguato assessment iniziale aumenta la probabilità che l’intervento abbia successo, in quanto garantisce l’incontro tra le specifiche azioni dell’intervento e i problemi del bambino. Assessment e trattamento La valutazione fa parte integrante del trattamento: • Garantisce che il bambino riceva l’effettivo trattamento necessario per il problema di cui è portatore. • Valutazioni periodiche sono necessarie per monitorare i problemi individuati in precedenza, i problemi che eventualmente possono insorgere e i progressi del trattamento. • Fornisce feedback sull’adeguatezza dell’intervento indicando eventuali correttivi nell’intensità o nella tipologia dell’intervento 2 tipi di classificazioni: 1. CATEGORIALI 2. DIMENSIONALI 1. Sistemi di classificazione DSM e ICD I due più importanti manuali di classificazione diagnostica psichiatrica, usati in tutto il mondo, sono: 1. Il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM; American Psychiatric Association), giunto, nel 2000, alla IV edizione Text Revision; attualmente in vigore e espressa con la sigla DSM-IV-TR (Il DSM-V è in fase di pianificazione e dovrebbe essere pubblicato intorno al 2011) 2. la Classificazione Internazionale dei Disturbi (ICD; World Halth Organization), la decima ed ultima versione risale al 1992 ed è espressa con la sigla ICD-10 Obiettivi di un sistema di classificazione Questi strumenti sono indispensabili per pensare e per comunicare. Gli obiettivi che ne hanno determinato la loro costruzione sono molti e molto diversi: 1. 2. 3. 4. Comunicazione tra ricercatori Comunicazione tra professionisti Epidemiologia e salute pubblica Comunicazione con gli utenti: per spiegare e descrivere il disturbo, rilevando le credenze e le convinzioni del paziente nei confronti del disturbo DSM e ICD • • • • Secondo gli intendimenti degli autori questi sistemi di classificazione dovrebbero essere: Nosografici: i quadri sintomatologici sono descritti a prescindere dal vissuto del singolo, e sono valutati in base a casistiche frequenziali. Ateoretici: non si basano su nessun tipo di approccio teorico Multiassiali: raggruppano i disturbi su 5 assi, al fine di semplificare e indicare una diagnosi standardizzata. Sindromici: fanno riferimento a un sistema di segni e sintomi individuati in quanto ricorrenti Le “sindromi psicopatologiche” Essendo difficile parlare di malattie (di cui sono note cause e sintomi) in ambito psicologico si parla di sindromi psicopatologiche ovvero di “Un raggruppamento di segni e sintomi, basato sulla frequente co-occorrenza, che può far supporre una patogenesi sottostante, un decorso, un quadro familiare e una scelta di trattamento comune” American Psychiatric Association, 1994 Alcune differenze: Le versioni precedenti (ICD-9 e DSM –IV) erano molto differenti. Attualmente le due versioni sono maggiormente confrontabili, grazie ai notevoli sforzi fatti per raggiungere tale obiettivo. Nonostante ciò sono ancora presenti alcune differenze: 1. L’ICD-10 ha differenziato lo strumento in base agli scopi di ricerca e agli scopi clinici, mentre il DSM ha un’unica versione; 3. Il DSM prevede la possibilità di effettuare diagnosi multiple (concetto di comorbidità), mentre l’ICD le categorie combinate e i criteri di esclusione permettono, in misura maggiore, di arrivare ad una singola diagnosi. DSM-IV e ICD-10 a confronto DSM IV ICD 10 ASSE I Disturbi e sindromi cliniche Disturbi di sviluppo Disturbi e sindromi cliniche ASSE II Disturbi di personalità Ritardo mentale Disturbi di sviluppo ASSE III Condizioni mediche generali Ritardo mentale ASSE IV Problemi psicosociali e ambientali Condizioni mediche organiche ASSE V Valutazione globale del funzionamento Problemi psicosociali Divergono per la collocazione di alcune sindromi cliniche e l’ICD non prevede l’asse per il funzionamento globale del soggetto. DSM IV ICD 10 Disturbi comportamentali Disturbi da deficit di attenzione e da comportamento ricorrente Disturbo oppositivo provocatorio Disturbo della condotta Sindromi ipercinetiche Disturbo Oppositivo Provocatorio Disturbo della condotta (limitato al contesto familiare, con ridotta socializzazione, con normale socializzazione) Disturbi Emozionali Ansia di separazione Mutismo elettivo Disturbo reattivo dell’attaccamento Ansia da separazione Sindrome fobica Sindrome da ansia sociale Disturbo da rivalità tra fratelli Mutismo elettivo Disturbo reattivo dell’attaccamento Disturbi somatici Tic Pica Ruminazione Encopresi Enuresi Disturbo da Movimenti Stereotipati Tic Pica Encopresi Enuresi Disturbo da Movimenti Stereotipati Balbuzie Farfugliamento Disturbi di sviluppo Disturbi della comunicazione Disturbi di apprendimento Disturbi delle capacità motorie Disturbi pervasivi dello sviluppo Disturbi dell’eloquio e del linguaggio Disturbo della abilità scolastiche Disturbo della funzione motoria Sindrome da alterazione globale dello sviluppo psicologico Disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia e nell’adolescenza PRO e CONTRO PRO CONTRO • La classificazione consente di • Ateoretici – classificare però raggruppare i fenomeni e di significa scegliere organizzarli in modo da • Criteri soglia (perché 8 e non rendere possibili 6 criteri?) generalizzazioni in rapporto alle osservazioni • Manca la prospettiva • Consente di comunicare dimensionale (sincronica): all’interno della comunità mancano la famiglia, la scientifica società, l’integrazione biopsicosociale • Manca la prospettiva evolutiva (diacronica) • Come valutare gli aspetti culturali? 2. Approcci dimensionali (a) • Sebbene le recenti classificazioni diagnostiche si siano aperte ad una visione più complessa e multidimensionale del disturbo psichico, esse sono ancora distanti dal fornire una visione esaustiva della psicopatologia in particolare per quanto concerne gli aspetti evolutivi e relazionali. • Considerata la complessità dei disturbi in età evolutiva, lo studio della psicopatologia infantile si caratterizza infatti per la grande flessibilità e mutevolezza dei sintomi e del loro significato diagnostico 2. Approcci dimensionali (b) 1. Utilizza un approccio definito statistico multivariato. 2. Si avvale di tecniche statistiche (come l'analisi fattoriale) per isolare dei forme di comportamento altamente correlate tra loro. 3. Definisce il livello di funzionamento in quella specifica area (ad esempio ansia o ritiro) comparando il comportamento con quello di un campione normativo rappresentativo (per genere ed età). 4. Opera una distinzione quantitativa dei disturbi. 5. E’ possibile tradurre le sindromi in categorie (mentre non e' possibile fare l'inverso). 6. Descrive senza distorsioni le situazioni intermedie ed evitano i possibili effetti negativi dell'etichettamento diagnostico (Kendell,1984). 7. Si adatta meglio ai disturbi infantili e adolescenziali che hanno una sorta di continuità rispetto alla normalità. 2. Approcci dimensionali (c) Esempio di sindromi derivate attraverso l’associazione tra comportamenti empiricamente rilevati Problemi di Attenzione Non riesce a concentrarsi Non riesce a star seduto tranquillo Comportamento Aggressivo E’ prepotente verso gli altri Assale fisicamente le persone Il sistema ASEBA Achenbach System of Empirically Based Assessment CARATTERISTICHE • E’ composto da diversi strumenti che coprono quasi per intero l’arco di vita (dalla infanzia alla terza età); • Dispone di strumenti che si rivolgono a più fonti di informazione (genitori, insegnanti, osservatori, lo stesso soggetto); • Valuta i problemi emotivo-comportamentali di tipo Internalizzante (es. Ansia/Depressione) ed Esternalizzante (Comp. Aggressivi); • Valuta anche diverse aree di adattamento attraverso le scale delle competenze (ad esempio nelle attività, nelle relazioni, ecc.), anch’esse empiricamente derivate.