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Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea in Comunicazione d’Impresa e
Comunicazione Pubblica
Tesi in
DIRITTO DELLA COMUNICAZIONE
PUBBLICITARIA
E-advertising: opportunità e problematiche
connesse al vuoto normativo in materia
Relatore
Chiar.mo Prof. Virgilio D’Antonio
Candidata
Maria Maione
Matr. n. 0322700182
Correlatore
Dott. Chiara Di Martino
Anno accademico 2010/2011
Dedicato a voi…
A te Mamma
Mamma , mio sostegno , mia amica , mia maestra.
A te Papà , forte esempio di lealtà e onestà.
A te Jack , paziente ,disponibile , ineguagliabile.
A te Francesco , compagno nei momenti difficili e in quelli felici.
A te Nonna ,ai tuoi sorrisi , ai tuoi racconti
racconti ,alla tua dolcezza.
…dedicato a voi , le persone più importanti della mia vita.
Indice
INTRODUZIONE
Introduzione……………………………………………………………………..p.1
CAPITOLO I
Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore
della comunicazione commerciale
1.1 Introduzione…………………………………………………………………p.5
1.2 La pubblicità tra mezzi di comunicazione tradizionali e digitali…………....p.7
1.3 Storia della pubblicità: dal papiro al web…………………………………..p.13
1.4 L’e-advertising: i diversi formati pubblicitari utilizzabili in Rete…………p.22
1.4.1 Il banner……………………………………………………………...p.24
1.4.2 Le pop-up (e pop-under) windows…………………………………...p.27
1.4.3 L’interstitial……………………………………………………….....p.28
1.4.4 Il mini-sito……………………………………………………………p.30
1.4.5 Il classified…………………………………………………………...p.30
1.4.6 Il keyword advertising………………………………………………..p.30
1.4.7 L’e-mail advertising………………………………………………….p.33
1.4.8 La comunicazione commerciale sui social network: i casi Facebook e
Twitter……………………………………………………………….p.34
1.5 Internet: un ricco bagaglio di opportunità…………………………………p.42
1.6 Internet: un sistema di comunicazione troppo invadente………………….p.48
1.7 Conclusioni………………………………………………………………...p.52
CAPITOLO II
La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
2.1 Introduzione………………………………………………………………..p.53
2.2
Codice
di
Autodisciplina
della
Comunicazione
Commerciale,
53a
edizione…………………………………………………………………..p.56
2.3 Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206, "Codice del Consumo"…….p.73
2.4 Decreto Legislativo 2 agosto 2007 n. 145, "Attuazione dell’articolo 14 della
direttiva 05/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità
ingannevole"…………………………………………………………………..p.100
2.5 Conclusioni……………………………………………………………….p.113
CAPITOLO III
La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
3.1 Introduzione………………………………………………………………p.114
3.2 Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n. 70, "Attuazione della direttiva
2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici della società dell’informazione
nel
mercato
interno,
con
particolare
riferimento
al
commercio
elettronico"………………………………………………………………..p.116
3.3 La responsabilità dell’Internet Service Provider…………………………p.127
3.3.1 Codice di autoregolamentazione "Internet e Minori"………………p.140
3.4 L’European Advertising Standards Alliance……………………………..p.146
3.4.1 Il cross-border complaints system e le autodiscipline nazionali…….p.152
3.4.2 I Common Principles e l’EASA Charter…………………………….p.157
3.4.3 I Position Papers, le Best Practice Recommendations, le pubblicazioni
EASA e l’Education Programme…………………………………..p.162
3.5 Guidelines on Interactive Marketing Communication……………………p.169
3.6 Conclusioni……………………………………………………………….p.172
CAPITOLO IV
Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce
in materia di e-advertising
4.1 Introduzione………………………………………………………………p.174
4.2 E-advertising: gli interventi e le disposizioni in merito………………….p.176
4.2.1 Le Decisioni del Giurì e del Comitato di Controllo………………...p.177
4.2.2 Gli Interventi dell’EASA…………………………………………...p.189
4.2.3 I provvedimenti dell’AGCM……………………………………….p.195
4.3 Conclusioni……………………………………………………………….p.202
CONCLUSIONI
Conclusioni…………………………………………………………………...p.205
APPENDICE
A.1 Direttiva 2005/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 maggio
2005 "relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel
mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive
97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del parlamento europeo e del Consiglio e il
regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio
("direttiva sulle pratiche commerciali sleali")" – Art. 14……………………..p.210
A.2 Legge 10 ottobre 1990 n. 287, "Norme per la tutela della concorrenza e del
mercato" – Artt. 2-3-14……………………………………………………….p.213
A.3 D. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, Codice del Consumo – Art. 130……….p.215
A4. L’EASA Best Practice Self-Regulatory Model……………………...……p.216
Bibliografia e Sitografia
Bibliografia…………………………………………………………….……..p.222
Sitografia……………………………………………………………………...p.225
INTRODUZIONE
«Le regole sono quelle cose che un artista infrange: ciò che è
memorabile non è mai nato da una formula»1.
Con queste rivoluzionarie parole, il più creativo tra gli advertising creative
director, William Bernbach (1911-1982), ha spiegato ciò che per lui doveva
essere un’ideazione pubblicitaria: non la conseguenza dell’applicazione
pedissequa di tante norme che avrebbero generato una pubblicità formalmente
perfetta ma, creativamente parlando, sterile, quanto una vera e propria produzione
artistica.
«La pubblicità è persuasione e si dà il caso che la persuasione non sia
una scienza ma un’arte. […] Non che la tecnica non sia importante. Le
capacità tecniche rendono migliore un bravo creativo. Ma il pericolo è
che ci si preoccupi solo della tecnica o che si confonda la capacità
tecnica con la creatività»2.
Siamo di fronte alla rivoluzione creativa3 che ha portato Bernbach a schierarsi
contro gli esponenti dell’advertising "scientifico", tra i quali Rosser Reeves
(1910-1984), uno dei più grandi eredi di tale corrente pubblicitaria, che invece
proponeva a chiunque volesse formulare un messaggio efficace di dotarsi di una
Unique Selling Proposition, una "proposta di vendita unica", esclusiva, precisa,
espressione di caratteristiche del prodotto reclamizzato rilevanti per il pubblico,
che potesse descrivere al consumatore quel vantaggio specifico derivante dall’uso
di quel bene specifico, plus che la concorrenza non avrebbe potuto offrire4.
1
Bernbach W.
Bernbach W.
3
Si tratta della seconda rivoluzione creativa che si ebbe nella pubblicità americana negli anni ’50.
La prima si verificò tra la prima e la seconda guerra mondiale ed ebbe tra i suoi principali
promotori Raymond Rubicam, fondatore nel 1923, assieme a John Orr Young, della "Young &
Rubicam", una delle più importanti agenzie pubblicitarie del mondo.
4
L’esempio classico che meglio può spiegare cosa debba intendersi per Unique Selling
Proposition, più volte proposto dalla stesso Reeves, è legato alla sua campagna delle M&M’S.
2
Introduzione
«[…] Non sto dicendo che gli annunci eleganti, spiritosi e
coinvolgenti non vendano. Sto solo dicendo che ho visto migliaia di
campagne eleganti, spiritose e coinvolgenti che non hanno venduto
[…]. Dovete rendere interessante il prodotto, non rendere differente
l’annuncio. Ecco quello che troppi copywriter statunitensi non hanno
ancora capito»5.
Regole o non regole, questo è il problema. Al di là del rispetto o meno di norme
formali, stilistiche legate, exempli gratia, all’uso della punteggiatura, alla
lunghezza di ciascuna frase, ai termini da preferire o da evitare nei messaggi
pubblicitari, è importante che coloro che lavorano nel settore dell’advertising
rispettino le leggi, i codici, i decreti concepiti per tutelare il pubblico e le imprese
concorrenti da coloro che, avvalendosi della comunicazione commerciale,
possono perpetuare illeciti, offendendo la dignità della persona o agendo
slealmente contro i propri competitor.
«La pubblicità non è un diritto, è un privilegio. La nostra prima
responsabilità non è verso il prodotto, ma verso il pubblico»6,
affermava Howard Luck Gossage (1917-1969), a conferma della necessità di
dover dimostrare senso di responsabilità nello svolgimento delle proprie attività
che, invece, spesso, troppo spesso, manca.
«Racconta Reeves che nel suo studio si presentò il responsabile delle M&M’S dicendo che "la
pubblicità della sua azienda non aveva successo e che aveva bisogno di un’idea per incrementare
le vendite. In realtà, come scoprii dopo dieci minuti di conversazione, l’idea pubblicitaria era
proprio nel prodotto. Era l’unico cioccolatino rivestito di zucchero. L’idea era lì sul tavolo davanti
a noi […]. Ora si entra nel campo della tecnica, che si occupa della maniera in cui si scrive, non di
ciò che si dice nell’annuncio. In questo caso specifico misi due mani a pugno nello schermo e
dissi: «In quale mano c’è il cioccolatino M&M’S? In questa […] no: è sporca. È in questa pulita,
perché i cioccolatini M&M’S si sciolgono in bocca, non in mano»". L’affermazione "si sciolgono
in bocca non in mano" è una vera USP, perché è esclusiva (nessun altro prodotto può dire
altrettanto), è precisa e unica (M&M’S non distrae il pubblico dicendo anche che i cioccolatini
sono buoni o allegri o economici…) è rilevante per il pubblico (mentre si è in giro con gli amici
non è piacevole trovarsi con le mani sporche e non avere dell’acqua per lavarsi) ed ebbe un grande
successo di mercato» (Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria",
ed. Lupetti, Milano, 2003 p. 71-72).
5
Reeves R.
6
Gossage H. L.
2
Introduzione
Se è incontestabile affermare che attualmente il settore pubblicitario è protetto da
norme quali il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il
Codice del Consumo o il d. lgs. 145/2007, è pur vero che bisogna lavorare ancora
tanto per giungere all’emanazione di una disciplina univoca che ponga delle
regole dettagliate all’intero campo, controllando anche i messaggi veicolati su
mezzi di comunicazione "speciali", quali Internet.
Il presente lavoro si occupa nel dettaglio, infatti, proprio dell’e-advertising, la
comunicazione commerciale online, e delle norme poste a garanzia di tale ambito
di comunicazione. La Rete non può essere assimilata in toto agli altri media
poiché presenta delle caratteristiche peculiari che la disciplina che deve regolare il
settore non può non considerare. Ecco perché dall’analisi delle norme di
autoregolamentazione o dei decreti statali, non può non emergere che un abissale
vuoto normativo con il quale sono quotidianamente costretti a fare i conti
inserzionisti e advertiser, ma anche concorrenti e consumatori.
Dopo una minuziosa indagine sulla comunicazione commerciale che tenterà di
illustrare l’evoluzione dell’advertising dalla sua origine alle ultime conquiste, ci si
focalizzerà nello specifico sull’e-advertising, sui diversi formati pubblicitari
utilizzabili in rete, dai banner al keyword advertising, alla pubblicità sui social
network, e infine si esamineranno le opportunità offerte da Internet, soprattutto la
sua "transnazionalità", così come tutte le sue pecche (Capitolo I).
Si entrerà poi nel vivo della materia attraverso lo studio della normativa
applicabile alle comunicazioni commerciali online, esaminando in primis, nel
capitolo II, le disposizioni "generiche" ad esse riferibili (quali, appunto, il Codice
di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il decreto legislativo 6
settembre 2005 n. 206, "Codice del Consumo", e il decreto legislativo 2 agosto
2007 n. 145, "Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 05/29/CE che modifica la
direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole"); mentre nel capitolo III ci si
soffermerà sulle disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising,
quali il decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70, "Attuazione della direttiva
2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici della società dell’informazione nel
mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico", e si
procederà con l’analisi della responsabilità civile dell’Internet Service Provider,
3
Introduzione
(applicata anche al campo della tutela dei minori, attraverso la discussione del
Codice "Internet e Minori"), e il lavoro dell’European Advertising Standards
Alliance, quale soluzione possibile alla mancanza di normativa univoca riferibile
alla comunicazione commerciale online.
Il responso conclusivo sarà evidente: il vuoto normativo in materia.
L’obiettivo del presente lavoro non è, comunque, esclusivamente capire quali
disposizioni applicare in caso di illeciti compiuti attraverso la Rete, ma
comprendere come realmente gli organi preposti al controllo del rispetto delle
regole in discussione affrontino gli inganni perpetuati attraverso il web, anche nel
caso di mancanza di normativa specifica. Nel capitolo IV si procederà con un
approfondimento circa alcuni provvedimenti assunti da Giurì e Comitato di
Controllo,
dall’EASA e dall’AGCM,
inerentemente
alle comunicazioni
commerciali online scorrette, concludendo con alcune proposte in merito da
vagliare anche in sede legislativa.
Non si vuole condannare a priori i legislatori di incapacità o di prestare scarsa
attenzione alla realtà, alla sua evoluzione e ai bisogni della società stessa, quanto
piuttosto spronarli a lavorare di più, e meglio.
In un mondo in cui non si può non comunicare, in cui tutto si basa sulla
comunicazione, anche veicolata attraverso il web, non si può assolutamente
lasciare tutto al caso. I primi a subire le conseguenze degli illeciti compiuti
attraverso l’advertising sarebbero gli utenti stessi, che potrebbero stancarsi dei
tanti colori della pubblicità e, non nutrendo più fiducia nelle sue promesse,
decretarne un triste "The end".
4
CAPITOLO I
Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium a favore della
comunicazione commerciale
Sommario: 1.1 Introduzione – 1.2 La pubblicità tra mezzi di comunicazione
tradizionali e digitali – 1.3 Storia della pubblicità: dal papiro al web – 1.4 L’eadvertising: i diversi formati pubblicitari utilizzabili in Rete – 1.4.1 Il banner – 1.4.2
Le pop-up (e pop-under) windows – 1.4.3 L’interstitial – 1.4.4 Il mini-sito – 1.4.5 Il
classified – 1.4.6 Il keyword advertising – 1.4.7 L’e-mail advertising 1.4.8 La
comunicazione commerciale sui social network: i casi Facebook e Twitter – 1.5
Internet: un ricco bagaglio di opportunità – 1.6 Internet: un sistema di
comunicazione troppo invadente - 1.7 Conclusioni.
1.1 Introduzione
«Il più antico mestiere non è quello che popolarmente si crede. Il primo mestiere
lo ha inventato un serpente, o meglio Satana mascherato sotto le apparenze di un
serpente»1. Marco Vecchia, nel suo "Hapù", argutamente descrive il mestiere del
pubblicitario proprio in questi termini, definendolo uno dei più antichi, anzi il
primo ad essere stato creato. A suo dire, infatti, la storia del serpente che persuade
Eva a mangiare la mela, altro non rappresenta che l’azione che ha condotto alla
nascita della pubblicità, e non solo allo scatenarsi delle pene esistenziali
dell’umanità. Il comunicatore Diavolo vuole vendicarsi di Dio e per raggiungere il
suo obiettivo di comunicazione si serve di un piano strategico ben architettato:
indurre Adamo ed Eva a disubbidire a Dio. Il target del rettile è rappresentato dal
soggetto maggiormente suscettibile di essere influenzato, la donna, mentre nella
copy strategy è delineata una promessa davvero lusinghiera: «Se mangerai il
frutto dell’albero vietato, diventerai come Dio». Ecco, dunque, il serpente nelle
vesti di un pubblicitario. Di frutti, nel paradiso terrestre, ve ne sono tanti. Eppure è
questo quello che maggiormente attrae Eva, quello che lei più desidera, quello che
ai suoi occhi le appare come il più bello, il migliore. La donna mangia la mela e
1
Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano,
2003 p. 23.
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
dopo convince l’uomo a fare altrettanto. Il diavolo è riuscito nel suo intento,
proprio come accade in un comunissimo e moderno spot, proprio come succede,
ad esempio, quando una casalinga desidera a tutti i costi non un comune detersivo
per lavastoviglie ma esclusivamente "Finish Quantum", presentato come l’unico
in grado di donare a piatti e stoviglie "La perfezione del diamante", come recita il
claim, solo perché tra il luccichio della pietra preziosa e le note del tango
utilizzato come soundtrack del commercial2, la consumatrice, o il consumatore,
perde di vista qualità e prezzo e sogna lusso e seduzione utilizzando
semplicemente una piccola e ordinaria pastiglia per lavastoviglie.
Sembrerebbe la profanazione di un testo sacro eppure il breve episodio
dell’Antico Testamento citato si è rivelato piacevolmente idoneo ad esplicare cosa
si intenda per pubblicità.
Sono in molti a ritenere i pubblicitari furbi comunicatori in grado di influenzare
subdolamente le scelte dei consumatori, ma sono in tanti anche coloro che
reputano gli stessi veri e propri geni, capaci di creare comunicazioni commerciali
incantevoli e sorprendenti che per alcuni, per citare solo il caso degli spot tv, sono
addirittura migliori dei programmi e dei film che vanno ad interrompere.
Anche il trentaduesimo presidente degli Stati Uniti D’America, Franklin Delano
Roosevelt, si era accorto della potenza di questa forma di comunicazione, tant’è
che durante il discorso tenuto il 15 giugno del 1931 presso l’Advertising
Federation of America pronunciò piacevoli parole a favore della pubblicità:
«Se ricominciassi la mia vita, credo che preferirei lavorare in
pubblicità che in qualsiasi altra professione. Perché la pubblicità è
arrivata a coprire l’intera gamma delle esigenze umane e unisce
autentica fantasia allo studio profondo della psicologia umana. Poiché
porta a un gran numero di persone la conoscenza di cose utili, la
pubblicità è essenzialmente una forma di educazione. […] Il generale
miglioramento delle condizioni di vita nelle civiltà moderne sarebbe
2
La colonna sonora utilizzata è "Epoca" dei Gotan Project tratta dall’album "La Revancha del
Tango".
6
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
stato impossibile senza quella conoscenza di livelli più elevati che è
diffusa dalla pubblicità»3.
Nel presente capitolo una breve ma puntuale disamina della questione permetterà
di chiarire cosa si intenda per pubblicità e quale sia la sua storia, prestando
attenzione al modo in cui viene declinata sui diversi mezzi di comunicazione, con
esplicito riferimento all’e-advertising. È, naturalmente, questo un passo
fondamentale che consentirà successivamente di comprendere quali sono le norme
poste a tutela del settore e di capire quanto effettivamente sia arduo il compito di
chi si trova ad analizzare le comunicazioni commerciali e ha il dovere di
esprimersi sulla loro liceità, soprattutto in una realtà, come quella offerta da
Internet, dove non ci sono confini né spaziali né giuridici né culturali che possano
delimitare la materia4.
L’arte del pubblicitario non può e non deve avere limiti soprattutto in una società
in cui, purtroppo o per fortuna, l’immagine è più importante della verità, l’avere
più dell’essere e i sogni, anche quelli veicolati attraverso annunci e spot, migliori
della realtà.
1.2 La pubblicità tra mezzi di comunicazione tradizionali e
digitali
Il termine "pubblicità" trae origine dal sostantivo francese publicitè, a sua volta
derivante da public, ovvero "pubblico" (dal lemma latino publicus)5. Le accezioni
del termine riportate dal Dizionario della Lingua Italiana De Mauro sono tre6. Nel
primo caso si fa riferimento alla peculiarità dell’oggetto della discussione di
3
www.gandalf.it/bassat1.htm: Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del
mestiere", Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 2005.
4
A tal proposito si rimanda ai Capitoli II e III che saranno dedicati alla normativa vigente in
materia di comunicazioni commerciali e che affronteranno la questione dell’assenza, relativamente
ad Internet, di una disciplina unitaria che, abbattendo il problema-vantaggio della transnazionalità
del mezzo, possa portare a pronunce univoche sulla scorrettezza o validità di un annuncio diffuso
in paesi diversi da quello di origine con relative regolamentazioni differenti.
5
Cossutta M., "Sull’utilizzo fuorviante d’un termine. Il caso dei vizi della pubblicità" in "Tigor:
rivista di Scienze della Comunicazione", 2010, p. 44.
6
Definizione di "pubblicità" tratta dal Dizionario della Lingua Italiana De Mauro, versione
elettronica.
7
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
essere pubblico, di essere accessibile al pubblico; nel secondo, al rendere
pubbliche informazioni o notizie tra la popolazione attraverso un atto di
divulgazione; la terza accezione, infine, designa la propaganda svolta da
un’azienda per richiamare l’attenzione del pubblico sul proprio prodotto al fine di
incrementare le vendite, da cui, per estensione, qualsiasi forma di annuncio,
soprattutto riportato dai mass media, cui sia affidato tale compito. Tre significati,
tre aspetti in rilievo: la caratteristica pubblica di un oggetto o concetto; l’azione
del rendere pubblico; le tecniche e i mezzi di divulgazione7.
In inglese il termine è reso con advertising, "avvertimento", voce che mette in
luce il processo tecnologico di natura commerciale volto ad attirare l’interesse del
target della comunicazione; in francese si utilizza réclame, "richiamo", che pone,
invece, l’attenzione sia all’attività finalizzata a diffondere un prodotto, i suoi
pregi, e le sue qualità, che al mezzo utilizzato per inviare il messaggio.
Ogni pubblicitario che si rispetti ed ogni manuale sull’argomento ha fornito una
definizione di "pubblicità" tentando di illustrare, a vario titolo, uno degli aspetti
più pervasivi del nostro mondo. Ancora una metafora di Vecchia aiuta a
comprendere la portata del fenomeno. Il comunicatore paragona la stessa, infatti,
ad un quadro "puntinista" (o meglio, "divisionista"):
«Succede per molti oggetti materiali o immateriali che, se li
osserviamo da lontano, ci pare di coglierne la forma e di essere in
grado di descriverli e che, invece, se ci apprestiamo per guardarli più
in dettaglio, non diventano per questo più comprensibili, ma al
contrario – come avviene con un quadro pointilliste – i contorni e i
particolari non si precisano ma vanno sempre più sfumando, finché
non percepiamo null’altro che colori e luci, privi di qualsiasi struttura
e di qualsiasi significato. Così è per la pubblicità: attività umana ben
nota a chiunque abiti il mondo capitalista (e non solo capitalista […]);
un’attività che si esplica con forza pervasiva nella nostra vita
quotidiana […]; un fenomeno di cui tutti si sentono così esperti da
7
Cossutta M., "Sull’utilizzo fuorviante d’un termine. Il caso dei vizi della pubblicità" in "Tigor:
rivista di Scienze della Comunicazione", 2010, p. 44.
8
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
ritenersi autorizzati a parlarne e a criticarlo, quasi come avviene per il
calcio. Sennonché, al momento di provare a darne una definizione, la
questione si rivela estremamente più complessa e, per quanto si cerchi,
è difficile se non impossibile incontrare una formulazione che sia
veramente soddisfacente»8.
Già Henry Ford, per citare solo una delle più note definizioni di "pubblicità", era
solito
tratteggiarla
come
«L’anima
del
commercio»,
mentre
è
stata
successivamente descritta da Abruzzese e Colombo come «Una pratica sociale,
volta all’esibizione di contenuti simbolici, con funzioni di persuasione e
socializzazione, solitamente realizzata nel contesto di un più vasto scambio di
stampo economico e/o comunicativo»9.
Più recentemente il sociologo Giampaolo Fabris, invece, ha evidenziato la
necessaria presenza, durante un atto di comunicazione pubblicitaria, di una fonte,
di un canale e di un obiettivo affermando che l’advertising costituisce «Una forma
di comunicazione unilaterale, in cui è (o dovrebbe essere) sempre individuabile
chi promuove, generalmente veicolata dai grandi mezzi di comunicazione di
massa, rivolta a stimolare la propensione al consumo»10. Ancora, Lombardi ha
rimarcato gli elementi simbolici ad essa soggiacenti sostenendo che il compito più
prezioso della pubblicità consiste nel «Costruire una marca, scriverne il discorso,
ottenendo nel pubblico scelto la percezione dell’insieme delle promesse legate al
posizionamento strategico stabilito dell’azienda»11; mentre Bassat ha ribadito
quanto essa sia una forma di comunicazione argomentativa asserendo che
rappresenta «L’arte di convincere i consumatori»12.
Anche la giurisprudenza non è rimasta immune dalla necessità di dare una chiara
spiegazione di questo termine per meglio tracciare i confini di applicazione delle
norme stesse.
8
Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano,
2003, p. 11.
9
Abruzzese A., Colombo F., "Dizionario della pubblicità", Zanichelli, Bologna, 1994.
10
Fabris G., "La pubblicità. Teorie e prassi", FrancoAngeli, Milano, 2002, p 22.
11
Lombardi M., "IL nuovo manuale di Tecniche Pubblicitarie. Il senso e il valore della
pubblicità", FrancoAngeli, Milano, 1998, 171.
12
www.gandalf.it/bassat1.htm Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del
mestiere", Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 2005.
9
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
Il d. lgs. n. 145 del 2 agosto 2007, "Attuazione dell’articolo 14 della direttiva
05/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole", che
tutela i professionisti dagli effetti della pubblicità ingannevole attuata dai
concorrenti e che fissa le condizioni di liceità della pubblicità comparativa (così
come è sancito dall’art. 1 "Finalità"), stabilisce ex art. 2, nell’ambito delle
"Definizioni", che va intesa come "pubblicità" «Qualsiasi forma di messaggio che
è diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale,
artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni
mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il
trasferimento di diritti ed obblighi su di essi». Una nozione piuttosto ampia che
include anche la pubblicità istituzionale13 che persegue direttamente uno scopo
promozionale ma non la comunicazione non diffusa da un operatore economico
che sia volta a promuovere un’iniziativa senza scopo di lucro, né gli annunci a
carattere politico, ideologico o religioso14.
Sulla
cinquantatreesima
edizione
del
Codice
di
Autodisciplina
della
Comunicazione Commerciale entrata in vigore il 21 novembre 2011, il cui primo
scritto risale al 12 maggio del 196615, si legge, tra le definizioni riportate tra le
"Norme Preliminari e Generali" (lett. e), che «Agli effetti del Codice il termine
"Comunicazione Commerciale" comprende la pubblicità e ogni altra forma di
comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o
servizi quali che siano le modalità utilizzate, nonché le forme di comunicazione
disciplinate dal titolo VI16. Non comprende le politiche commerciali e le tecniche
13
La "pubblicità istituzionale" ha come fine non la vendita di beni o servizi, bensì la promozione
dell’azienda in quanto tale, la diffusione del brand, la notorietà della filosofia aziendale.
14
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 234.
15
Il 12 maggio 1966 il Comitato Permanente Interfederale della Pubblicità diede vita al primo
"Codice della Lealtà Pubblicitaria" (denominazione commutata nel 1975 in "Codice di
Autodisciplina Pubblicitaria" e nel 2008 in "Codice di Autodisciplina della Comunicazione
Commerciale"), ratificato da FIEG-Federazione Italiana Editori Giornali, RAI e UPA-Utenti
Pubblicità Associati. L’attuale legislatore, utilizzando l’espressione "Comunicazione
Commerciale" ha optato per una nozione più ampia di pubblicità comprendente ogni forma di
messaggio, diffuso attraverso qualsiasi mezzo, diretto a promuovere la vendita di beni o servizi,
ben al di là dell’advertising commerciale in senso stretto, ma includendo anche le scritte apposte
sulle confezioni del prodotto, i folders, le televendite, le telepromozioni, le promozioni delle
vendite, le comunicazioni di pura immagine, la pubblicità istituzionale, gli annunci teaser, la
pubblicità sociale, le sponsorizzazioni, il direct marketing, le fiere, le mostre (Ubertazzi L.C.,
"Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 378 e seg.).
16
Il titolo VI del Codice disciplina la "Comunicazione Sociale", volta a «Sensibilizzare il pubblico
su temi di interesse sociale, anche specifici, o che sollecita, direttamente o indirettamente, il
10
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
di marketing in sé considerate». Ancora una volta si tratta di una nozione
estremamente vasta, volta a rendere applicabili le norme del suddetto Codice ad
ogni comunicazione che si pone come supporto intenzionale e interessato di
un’attività economica, non necessariamente a carattere imprenditoriale o
direttamente finalizzata alla promozione delle vendite, comprendendo anche la
pubblicità indirizzata al miglioramento della brand image e della brand
reputation17.
L’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha adottato una
nozione esplicativa dell’essenza delle comunicazioni commerciali: «La natura
pubblicitaria di una comunicazione d’impresa è rinvenibile ogniqualvolta la
promozione di beni o servizi si presenti come lo scopo primario e diretto della
comunicazione stessa. Nelle fattispecie concrete, al fine di verificare se lo scopo
pubblicitario perseguito sia diretto o mediato, primario o secondario, si è ritenuto
che vada preliminarmente esaminato il contenuto della comunicazione»18.
Insomma, che sia di prodotto o istituzionale19 la pubblicità può essere
semplicemente delineata come una forma di comunicazione a pagamento basata
sull’acquisto di spazi su mezzi di comunicazione di massa per la presentazione di
beni e/o servizi e delle organizzazioni tout court.
Una forma di comunicazione dunque argomentativa, di massa, funzionale a un
progetto più vasto e in cui per l’utilizzo del canale è previsto un pagamento20. Una
"forma di comunicazione" poiché presuppone che vi siano un "emittente" che, in
un determinato "contesto", dà inizio al processo comunicativo, un "messaggio"
che è veicolato attraverso una "canale" e che raggiunge un "destinatario", il tutto
utilizzando un determinato "codice" (ad esempio la lingua, i gesti) che, affinché si
possa dire riuscita la comunicazione, deve essere condiviso da emittente e
destinatario. Inoltre, saranno importanti anche la figura del "committente" e la
volontario apporto di contribuzioni di qualsiasi natura, finalizzate al raggiungimento di obiettivi di
carattere sociale». L’unico articolo che il titolo comprende è il n. 46, "Appelli al pubblico".
17
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 234.
18
Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa.
Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 169.
19
Per "pubblicità di prodotto" si intende quella che ha come oggetto beni o servizi e come
obiettivo la promozione degli stessi e lo stimolo all’acquisto. Circa la nozione di "pubblicità
istituzionale" vedi supra nota 13.
20
Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano,
2003, p. 18.
11
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
misurazione del feedback. Relativamente alle comunicazioni pubblicitarie,
"committente" sarà l’impresa, o comunque il soggetto che intende promuovere un
bene, un servizio o se stesso, "emittente" sarà l’agenzia pubblicitaria, "messaggio"
la campagna, "canale" i media e "destinatario" il target group.
Si parla poi, nello specifico, di "forma di comunicazione argomentativa" e,
dunque, persuasiva, in quanto il discorso pubblicitario si prefigge come scopo
primario di riuscire a provocare «l’adesione delle menti a una tesi»21, sia essa
l’acquisto di un prodotto o la promozione dell’immagine aziendale.
Desta qualche dubbio, tuttavia, affermare che si tratti di una comunicazione "di
massa". Se ciò, di fatto, poteva valere fino a poco tempo fa con l’uso esclusivo di
mezzi tradizionali come televisione, stampa e radio, attualmente con lo sviluppo
di Internet come medium pubblicitario, grazie all’affinamento estremo delle
tecniche di segmentazione e attraverso la pratica del marketing one-to-one, sono
possibili, al contempo, anche comunicazioni incredibilmente personalizzate dove,
dunque, target non è la massa indistinta ma l’individuo specifico.
Il "progetto più vasto" di cui è funzione la pubblicità, così come si legge nella
precedente definizione fornita da Vecchia è legato agli scopi effettivi prefissati dal
committente della comunicazione commerciale come potrebbe essere la reale
vendita del prodotto o l’erogazione del servizio. La comunicazione pubblicitaria è
solo un gradino verso un risultato finale, uno strumento funzionale al compimento
del piano aziendale generale e al raggiungimento del vero obiettivo di corporate
(ad esempio incrementare le vendite del 10%). La pubblicità, da sola, non fa
vendere più prodotto, non fa ottenere il potere: per raggiungere questi risultati
occorre una mirata e complessa strategia che preveda un piano d’azione in cui
molte armi vengono messe in campo; una di queste è l’advertising, spesso è la più
importante, quasi sempre è indispensabile e insostituibile, ma quasi mai riesce a
raggiungere da sola l’obiettivo finale: dalla pubblicità si può solo pretendere che
21
Le parole sono di Chaïm Perelman (Perelman C., Olbrechts-Tyteca L., "Traité de
l’argomentation. La nouvelle rhétorique", Parigi, Presses Universitaires de France, 1958) che
affermava che «L’argomentazione è una tecnica atta a provocare o accrescere l’adesione delle
menti alle tesi che vengono presentate al loro consenso» (Vecchia M., "Hapù. Manuale di tecnica
della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 15).
12
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
raggiunga il proprio specifico obiettivo di comunicazione, ossia l’adesione delle
menti alla propria tesi22.
In ogni caso, per poter dar luogo alla pubblicità deve esservi il pagamento dello
spazio pubblicitario, sia esso uno spot da mandare in onda in tv, un passaggio in
radio, un manifesto in strada, un banner su Internet.
Nel caso dell’e-advertising (pubblicità elettronica) avremo sempre una forma di
comunicazione
a
pagamento
che,
in
questa
circostanza,
presuppone
inevitabilmente l’acquisto di spazi su mezzi di comunicazione digitali ed è
finalizzata all’informazione, alla creazione di notorietà di prodotto, di marca o
dell’impresa nel suo complesso e alla persuasione all’acquisto del target. Grazie
allo sviluppo dell’e-commerce, il processo di vendita e di acquisto supportato dai
mezzi elettronici, è possibile comprare ciò che si desidera direttamente online: lo
shopping a portata di click.
Ricordiamo comunque che l’e-advertising è solo una delle forme di
comunicazione utilizzabile nell’ambiente digitale accanto al direct marketing
elettronico, la promozione delle vendite online, le sponsorizzazioni digitali, il
merchandising interattivo, le relazioni pubbliche in rete.
1.3 Storia della pubblicità: dal papiro al web
La pubblicità è ovunque: in tv, in radio, in strada, in aeroporto, sul telefonino, in
Internet e nei luoghi più impensabili. Sia essa palese o occulta, ormai ha colmato
la nostra vita, le nostre esperienze, gli ambienti che frequentiamo, diventando
spesso parte dell’arredo urbano delle nostre città, provocando un’assuefazione tale
per cui la sua presenza non sempre è avvertita, almeno in modo conscio. Il
problema dell’affollamento pubblicitario non riguarda solo i consumatori odierni.
Già Samuel Johnson nel 1759 sul settimanale "The Idler" scriveva che
«Gli annunci pubblicitari sono oggi così numerosi, che sono letti con
negligenza, ed è perciò divenuto necessario conquistare l’attenzione
22
Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano,
2003, p 17.
13
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
con magnificenza di promesse, e con eloquenza talvolta sublime e
talvolta patetica. Promesse, grandi promesse: questa è l’anima della
pubblicità»23.
Parole attuali e siamo solo nel 1759. E non c’è tanto da stupirsi se si considera
altresì che 17 anni prima era nato anche l’advertising comparativo ad opera di
Benjamin Franklin, che vantava la sua stufa attraverso la vivida rappresentazione
dei rischi che si potevano correre con gli altri comuni e banali apparecchi24.
Di fronte al vero e proprio caos pubblicitario il consumatore cerca di evitare la
réclame facendo zapping col telecomando, sfogliando velocemente le pagine del
giornale. Bassat e Livraghi notano che il moderno consumatore è un esperto di
tecniche di filtraggio dei messaggi che riceve poiché gli basta esclusivamente un
esame superficiale degli annunci per capire quali sono degni di essere ascoltati ed
elaborati e quali, al contrario, devono essere ignorati senza pietà. Due sono i
fattori in gioco in questa selezione: le esigenze, i gusti e gli umori momentanei del
pubblico; la capacità creativa messa in gioco dai pubblicitari per rendere i
commercial rilevanti e richiamare l’attenzione del target. Il bilancio è spietato: dei
mille messaggi quotidiani, un consumatore normale ne ricorda con precisione tre.
I restanti 997 possono rimanere sterili, vacui, inutili25. Banner, spot, campagne
radio sono comunque creazioni relativamente recenti. Se si desidera ricostruire la
storia dell’advertising bisogna indagare nel passato più remoto.
Al di là del piacevole episodio biblico raccontato in chiave pubblicitaria da
Vecchia26, la prima forma di pubblicità giunta fino a noi, come descrive lo stesso
autore27, è un papiro egizio della fine del II millennio a.C. in cui si invitavano i
23
www.gandalf.it/bassat1.htm Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del
mestiere", Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 2005.
24
L’annuncio così recitava «(Le stufe normali) con le loro bocche piccole permettono che nella
stanza si creino correnti di aria fredda, il che rende molto sgradevole e pericoloso sedersi davanti a
loro. Le donne, in particolare (che passano molto tempo sedute in casa) contraggono per colpa loro
catarri, reumi e deformazioni delle mascelle che distruggono innanzi tempo molte belle dentature
in queste colonie settentrionali». Dunn W., "Publicidad", México, UTEHA, 1967 (Vecchia M,
"Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 40).
25
http://gandalf.it/bassat1.htm: Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del
mestiere", Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 2005.
26
Vedi supra, paragrafo 1.1.
27
Una breve storia della pubblicità è contenuta in Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della
comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003 p. 24 e segg.
14
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
cittadini di Tebe ad aiutare il tessitore Hapù a rintracciare uno schiavo fuggitivo.
Si trattava senza dubbio di un proclama pubblico sennonché accanto alle
caratteristiche del fuggitivo e l’offerta della ricompensa vi era una frase molto
particolare e apparentemente fuori luogo: «Il negozio del tessitore Hapù, dove si
tessono le più belle tele di tutta Tebe, secondo il gusto di ciascuno». Parliamo
senza dubbio della preistoria della pubblicità eppure eccola, nella sua forma più
chiara ed evidente.
Analizzando il fenomeno nel dettaglio va comunque constatato che i primi
messaggi non erano nemmeno scritti ma annunciati a voce da araldi e banditori
che a Roma si chiamavano praecones, mentre un altro mezzo di comunicazione
pubblicitario era costituito dagli axon greci o album romani: una superficie in
legno o muratura ricoperta di vernice bianca su cui si scrivevano annunci pubblici
o privati che successivamente veniva ricoperta di bianco per lasciare spazio a
nuove comunicazioni. Nell’antica Roma vi era anche il libellus, foglietto che
veniva appeso alle pareti e corrispondeva al nostro annuncio economico, mezzo
divenuto poi particolarmente importante dal 59 a.C., anno in cui Giulio Cesare
istituì gli Acta Diurna, progenitori dei nostri giornali, sui quali erano riportate
notizie di cronaca. Insegne dei negozi e degli artigiani costituivano anche loro
mezzi attraverso i quali rendere noto il nome della bottega, la definizione del tipo
di commercio svolto e il "marchio" del commerciante.
Nel Medioevo continuarono ad essere utilizzati i media della Roma Imperiale e fu
solo nel XIV secolo che cominciarono a svilupparsi nuovi modi per diffondere la
pubblicità grazie all’arrivo della stampa xilografica e, successivamente nel XV
secolo, all’invenzione dell’incisione su lastra metallica. Tecniche di stampa di
certo molto dispendiose cui seguì l’invenzione della stampa a caratteri mobili di
Johannes Gutenberg della metà del XV secolo che rese molto più economico
questo processo. All’epoca venivano stampati soprattutto volantini religiosi,
comunicazioni per medici, farmacisti, commercianti di libri, pubblicità di
iniziative turistiche, spettacoli ed eventi festivi e si trattava comunque sì di episodi
diffusi ma non frequenti.
15
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
Il vero mutamento che diede il primo impulso all’evoluzione e al prepotente
sviluppo della pubblicità fu la nascita del giornale28 e la prima inserzione
pubblicitaria fu pubblicata su una Gazette del 1631 per l’acqua minerale Forges29.
L’advertising, nelle forme maggiormente vicine a quelle che conosciamo oggi,
iniziò lentamente a sprigionare tutte le sue potenzialità e nel 1711 Joseph Addison
gli dedicò perfino un articolo sulle pagine del celebre "Spectator" sostenendo che
la pubblicità aveva una funzione di rivalsa sociale in quanto
«Un uomo che non ha titoli per figurare sulle gazzette può apparirvi
grazie agli annunci, cosicché un bottegaio vi si trova al fianco di un
ministro»30.
Molti di questi giornali riuscivano a mantenersi proprio attraverso la
pubblicazione degli annunci (come accade attualmente).
Con
il
finire
del
XVIII
secolo,
grazie
agli
sviluppi
economici
e,
conseguentemente, dei mezzi di comunicazione, la storia della pubblicità subì
un’accelerazione. Era l’epoca della rivoluzione industriale: le invenzioni delle
macchine a vapore, della pila di Volta e i perfezionamenti delle attrezzature che
potevano sostituire il lavoro umano esplosero e, di conseguenza, aumentarono i
prodotti in commercio. Si sviluppò la concorrenza di mercato e nacque l’esigenza
di apporre sulle merci marchi di riconoscimento in modo tale da poter
contraddistinguere la produzione proveniente da commercianti diversi. In questo
28
«Già lungo tutto il XVI secolo erano stati diffusi degli stampati di uno o più fogli che andavano
sotto il nome di "gazzette" e che riportavano notizie politiche e pettegolezzi, informazioni sul
commercio e scritti satirici, ma è solo nel 1609 che Johann Carolus edita ad Augusta l’"AvisoRelation oder Zeitung", il primo vero periodico, a regolare frequenza settimanale. Negli anni
successivi, in tutta Europa, fu un proliferare di periodici che ancora, però, non ospitavano annunci.
L’incontro fra la stampa periodica e annunci pubblicitari è stata probabilmente propiziata da
Michel de Montaigne (1533-1592) che, nei suoi Essais, propone una formula progenitrice dei
cosiddetti annunci economici […]».Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione
pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 31.
29
Sull’annuncio si leggeva «La siccità della stagione ha incrementato l’importanza delle acque
minerali, tra le quali la più apprezzata è quella di Forges. Trent’anni fa il grande medico Monsieur
Martin la rese di moda; l’ammirazione popolare è dalla sua parte; attualmente Monsieur Bonnard,
primo medico regale, l’ha innalzata a quell’altissimo grado di celebrità, che la sua grande fedeltà,
capacità e esperienza possono offrire ai prodotti che meritano di essere presentati a Sua Maestà, il
quale ne beve come cura preventiva; esempio imitato da tutta la Corte», Vecchia M, "Hapù.
Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 32.
30
Ibidem, p. 34.
16
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
scenario, la pubblicità acquistò un ruolo decisivo come veicolo di informazione e
strumento di persuasione da utilizzare ben al di là dei confini cittadini in cui, dalle
sue origini, era rimasta confinata. Una estensione del dominio pubblicitario
favorita ancora una volta dallo sviluppo industriale che venne applicato anche ai
procedimenti di stampa. Nel 1796 ci fu l’invenzione della stampa litografica ad
opera del musicista Alois Senefelder; nel 1811 Friedrich Koening perfezionò la
macchina da stampa; nel 1818 Pierre Lorilleux creò l’inchiostro da stampa che
consentiva l’impiego di carta molto più economica.
Se il primo medium di massa che la pubblicità ha incontrato nell’arco della sua
esistenza è stato la stampa, nel 1800 essa ha conosciuto il manifesto, supporto che
ne ha rappresentato la svolta, e mentre nel primo caso gli annunci erano, nel loro
aspetto e linguaggio, poco curati, con i manifesti divennero veri e propri prodotti
d’arte. Édouard Manet, Jules Chèret, Eugène Samuel Grasset, Henri de Toulouse
Lautrec, Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, Umberto Boccioni, Fortunato
Depero, sono solo alcuni degli artisti che negli anni, con tecniche e stili diversi, si
sono dedicati al manifesto pubblicitario.
Fino ai primi decenni dell’Ottocento l’attività pubblicitaria era svolta in maniera
artigianale: solitamente era la stessa azienda che contattava un redattore per il
testo, un illustratore per le immagini e si rivolgeva ai giornali o alle imprese di
incollaggio per pubblicare l’annuncio o affiggere il manifesto. Furono gli Stati
Uniti la patria della prima agenzia pubblicitaria che nacque nel 1843 a
Philadelphia dal fondatore Volney V. Palmer, un evento resosi necessario a causa
dell’espansione commerciale delle imprese committenti. Le prime agenzie,
comunque, non si occupavano dello studio della campagna pubblicitaria, piuttosto
fungevano da intermediari tra chi possedeva gli spazi o incollava i manifesti e i
professionisti committenti. In Europa la prima agenzia fu creata da Charles
Duveyrier a Parigi nel 1845 e diciotto anni dopo ne fu aperta una anche in Italia, a
Milano, dal farmaceutico bresciano Attilio Manzoni che produceva e distribuiva
annunci per la propria industria. Lentamente anche la creatività entrò a far parte
del lavoro di queste strutture, conseguentemente al crescere delle agenzie e
all’aumentare della concorrenza.
17
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, nuove invenzioni sorpresero l’umanità:
fax, telex, telefono, disco visivo, vero antenato, quest’ultimo, della televisione. E
ancora, nel 1927 nacque il cinema sonoro mentre nel 1928 in America ci fu il
primo esperimento di tv a colori. Presero forma, dunque, i veri mezzi audiovisivi.
La radio divenne a tutti gli effetti un canale pubblicitario anche se inizialmente
utilizzato più per le sponsorizzazioni che per la diffusione di spot audio. Nel 1930
in Gran Bretagna, l’advertising iniziò ad essere utilizzato anche in televisione.
In Italia la prima trasmissione radiofonica venne avviata il 6 ottobre del 1924 da
parte dell’URI (Unione Radiofonica Italiana)31, nata a Torino pochi mesi prima e
nel 1926 cominciò la pubblicità radiofonica a cura della Sipra (Società Italiana
Pubblica Radiofonica Anonima). I primi veri programmi televisivi arrivarono,
invece, solo nel 1954 con la RAI, nonostante la prima trasmissione ufficiale sul
territorio italiano si fosse già avuta ad opera della tv vaticana nel 1933, che però
cessò immediatamente il ruolo di emittente. Il 3 febbraio 1957 venne alla luce
"Carosello", trasmissione andata in onda sul Programma Nazionale della Rai fino
al 1 gennaio 1977. Rigide norme della Sacis (Società per Azioni Commerciale
Iniziative Spettacolo, organismo dominato da democristiani e cattolici) vigevano
sul corretto utilizzo di questo programma a contenuto pubblicitario. Vi era,
innanzitutto, una parte di spettacolo di 100 secondi ("pezzo") in cui era vietato
ogni riferimento al prodotto successivamente pubblicizzato. Poi vi era il "codino"
di massimo 35 secondi che consisteva nella pubblicità vera e propria; ogni
episodio durava 2 minuti e 15 secondi32. Il passaggio dal "pezzo" al "codino"
veniva scandito da una "frase-chiave" pronunciata dal protagonista e doveva
esservi sempre netta separazione tra i due momenti. La parte di spettacolo non
poteva essere riutilizzata e, inoltre, il nome della marca o del prodotto non
potevano essere pronunciati per più di sei volte né potevano comparire marche
concorrenti produttrici dei medesimi beni di consumo nella stessa trasmissione33.
31
Ricordiamo che l’URI fu trasformata nel 1928 in EIAR (Ente Italiano per le Audizioni
Radiofoniche) e nel 1944 in RAI (Radio Audizioni Italiane). In seguito all’avvio delle trasmissioni
televisive regolari la Radio Audizioni Italiane S.p.A. divenne Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A.
Da ultimo c’è stata, nel 2004, la fusione della Rai Holding S.p.A. con la Rai S.p.A. fondando la
società attuale.
32
www.mondocarosello.com.
33
Altre importanti regole erano le seguenti: dovevano essere escluse opere che presentavano la
disonestà, il vizio o il delitto in maniera atta a suscitare compiacenza o imitazione o che
18
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
Veniva trasmesso ogni giorno alle 20,45 (tranne il Venerdì Santo e il 2
Novembre) e poi «Tutti a nanna dopo Carosello», come rammenta ancora chi ha
vissuto in quegli anni questo vero e proprio evento pubblicitario. Furono
trasmessi, in totale, 7261 episodi.
Carosello è attualmente ancora ricordato come un fenomeno eccezionale, figlio
dell’arte, che univa divertimento e teatralità. Anche i ragazzi di oggi ne sono
affascinati e sono molti i passaggi mandati tuttora in onda in tv e facilmente
reperibili anche sul web. Molti dei personaggi creati, sono ancora vivi
nell’immaginario collettivo e spesso riutilizzati, come è accaduto con Carmencita
per il caffè Lavazza o Calimero per il detersivo Ava della società Mira Lanza.
«In realtà tutta questa vicenda nacque da un compromesso ipocrita e
contorto. La Rai temeva le critiche per il fatto che aveva il canone, e
in più voleva anche la pubblicità. Temeva soprattutto la potente lobby
degli editori di giornali, la Fieg, che odiava allora, come odia oggi, la
pubblicità televisiva. Voleva anche assecondare un’altra potente
lobby, quella delle case di produzione cinematografica, creando un
meccanismo che facesse entrare un po’ di soldi nelle loro labili casse.
L’idea iniziale era che la produzione dei film fosse controllata dalla
Rai, cioè che pensasse la Sacis a produrre, o a far produrre da
Cinecittà, una serie di film, cui poi sarebbero stati "attaccati" messaggi
pubblicitari. Ma presto si resero conto che produrre 120 film al mese,
e poi dover discutere con gli utenti e con le loro agenzie sulla qualità
dei film cui era collegata la loro pubblicità, era un’impresa
esageratamente complessa. E così decisero di scaricare il barile a noi.
Pensavano di chiamare il programma "Luna Park" e di usare come
sigla la marcia dei gladiatori, cioè quella musica che accompagna
risultavano volutamente volgari, truci, ripugnanti, terrificanti; la presentazione di storie poliziesche
era consentita a condizione che il reato non fosse riprodotto con eccessivi particolari tecnici
raccapriccianti e che ne derivasse una pronta condanna; non si dovevano presentare con
compiacimento vicende di adulterio, ponendo in ogni caso in rilievo che le relazioni adulterine
costituivano una grave colpa; le relazioni sessuali non dovevano eccitare, le scene erotiche erano
proibite e persino i baci dovevano essere rappresentati con discrezione e senza indurre a morbose
esaltazioni; non si potevano pronunciare termini come sudore, forfora, depilazione, deodorante e
così via né si potevano pubblicizzare indumenti intimi.
19
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
l’entrata dei pagliacci nel circo. Riuscimmo a convincere la Rai che
bisognava trattare la pubblicità in modo magari allegro, ma con meno
disprezzo; così nacquero i siparietti e la musica che tutti conosciamo
[…]. La Sacis da organizzazione produttiva si trasformò in censore.
Aveva potere assoluto di censura preventiva»34.
Nel 1977, dopo una sentenza della Corte Costituzionale dell’anno precedente, si
diede il via alla liberalizzazione dell’eteree e le tv "libere", private, proliferarono.
Esplose, di conseguenza, la pubblicità televisiva, fonte di sostentamento per
queste reti.
Intanto, nel 1969 era nato ARPANet (Advanced Research Projects Agency
NETwork), dagli studi dell’ARPA, finanziati dal Ministero della Difesa degli Stati
Uniti. Lo scopo era quello di realizzare uno strumento di comunicazione flessibile
che garantisse il collegamento tra le strutture militari anche nel caso in cui il
messaggio avesse trovato un ostacolo nel suo percorso, utilizzando in tal modo
strade alternative35. Per far ciò si usava la normale linea telefonica (linea
commutata). Inizialmente venne creata una rete (insieme di più computer collegati
tra loro da linee di trasmissione che può essere locale, quando i componenti della
stessa sono collocati in uno spazio fisico limitato, ovvero geografica, se i
computer sono dislocati su un’area geografica più o meno ampia e collegati da
linee telefoniche o radio; le reti sono gestite da server, computer che fungono da
nodi d’irradiazione) che collegava quattro nodi: L’Università della California di
Los Angeles, l’SRI di Stanford, l’Università della California di Santa Barbara e
l’Università dello Utah. Nel 1972 ARPANet contava trentasette nodi.
Il primo, rudimentale, protocollo di comunicazione36 utilizzato era il NCP
(Network Control Protocol), sulla cui base vennero realizzati il File Transfer
34
www.gandalf.it/m/carosell.htm: Livraghi G., "Una cattiva ricetta italiana. La sindrome di
Carosello" in Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del mestiere", Il Sole
24 Ore Libri, Milano. Ricordiamo che Giancarlo Livraghi, pubblicitario e scrittore italiano, ha
lavorato per molte grandi imprese italiane e internazionali come professionista della pubblicità.
35
Principalmente si voleva creare una rete di elaboratori decentrata che potesse resistere ad un
possibile attacco nucleare da parte dell’Unione Sovietica. Ricordiamo che siamo negli anni ’60,
all’epoca della Guerra Fredda.
36
Per "protocollo di rete" si intende un insieme di regole o meccanismi che due apparecchiature,
collegate tra loro, devono rispettare per poter comunicare e trasmettere dati.
20
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
Protocol, per il trasferimento di file, il Telnet, per l’emulazione di terminale, e
primitivi sistemi di posta elettronica. L’e-mail, nacque nel 1972: si tratta di un
servizio Internet, creato da Ray Tomlinson e perfezionato da Jonathan Bruce
Postel, grazie al quale gli user possono inviare e ricevere messaggi. Costituisce
l’applicazione più utilizzata attualmente, sfruttata anche per fini pubblicitari.
Nel 1973 Vinton Cerf e Bob Kahn svilupparono un nuovo protocollo per la
comunicazione
base
tra
gli
host37:
il
TCP/IP
(Transmission
Control
Protocol/Internet Protocol), che implementava in modo semplice ed efficiente le
idee di trasmissione a pacchetti in una rete decentrata, ma soprattutto permetteva
di integrare facilmente in un unico ambiente comunicativo reti e mezzi di
comunicazione diversi. La portata di tale sistema, contando anche sulla facilità di
connessione, fece sì che ARPANet si sviluppasse anche al di là dell’oceano38. A
metà degli anni ’80 la rete cominciò a diffondersi al di fuori della comunità
scientifica e delle universitaria cosicché, ben presto, giornali, associazioni private,
istituzioni politiche riuscirono a collegarsi attraverso un protocollo uniforme,
l’Internet Protocol. Era nato Internet anche se fino al 1991 erano ancora in pochi
coloro che utilizzavano effettivamente la rete. La rivoluzione arrivò infatti in
quell’anno, quando dai laboratori del CERN di Ginevra, Tim Berners Lee creò il
World Wide Web39, l’interfaccia grafica che permette la facile consultazione delle
informazioni circolanti. Precedentemente, infatti, il ricercatore aveva definito il
protocollo HTTP (HyperText Transfer Protocol), un sistema che permetteva la
lettura ipertestuale e non sequenziale dei documenti, utilizzando il sistema dei link
(rimandi). Si è sviluppato, così, il web come nuovo medium di massa utile anche
per la comunicazione commerciale.
Internet è definito come «La rete delle reti», una rete mondiale di trasmissione
elettronica di dati. I messaggi inviati vengono trasformati in impulsi
37
Un host (nodo ospite) consiste in un terminale collegato ad una rete e soprattutto ad Internet.
Può trattarsi di un computer, un palmare, uno smartphone.
38
L’Italia fu il terzo paese Europeo a connettersi in rete dopo Norvegia e Inghilterra grazie ai
finanziamenti del Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti. La connessione avvenne da Pisa il 30
aprile 1986.
39
Si tende ad utilizzare, erroneamente, Internet e Web come sinonimi. In realtà il www è solo una
parte di Internet, come lo è la posta elettronica, e permette di accedere ai servizi Internet.
Quest’ultimo, invece, non contiene informazioni ma è uno strumento che trasporta i contenuti: è
una rete di reti che collega i computer tra di loro (Vezzosi M., "Internet e il Web come risorsa
informativa", consultabile all’indirizzo http://dspace-unipr.cilea.it/bitstream/1889/394/1/Web.pdf).
21
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
elettromagnetici grazie ad un codice binario. Internet può essere quindi
classificato come una modalità di interconnessione ed interoperatività tra reti
eterogenee resa possibile grazie ad un protocollo comune di trasmissione dei dati
(il TCP/IP) caratterizzato da regole standard per comporre i messaggi, e dunque
da un medesimo linguaggio, che permette il collegamento fra le diverse reti40.
L’ultima frontiera raggiunta è il Web 2.041. Non si tratta di un’evoluzione
tecnologica rispetto al Web 1.0, né di un cambiamento nel linguaggio alla base
delle rete, né tantomeno di una nuova versione di Internet, più aggiornata ed
accessibile solo a coloro che dispongono delle apparecchiature software o
hardware adatte42. Con Web 2.0 intendiamo una nuova concezione del www in
cui lo user è maggiormente attivo ed è addirittura egli stesso creatore di contenuti,
in cui sono disponibili nuove modalità di socializzazione, forte spirito di
partecipazione e collaborazione. Al centro di questa nuova visione del web vi è
esclusivamente l’utente.
Il web 3.0 è il futuro: probabilmente un giorno non così lontano la semantica e
l’intelligenza artificiale caratterizzeranno realmente e pienamente il WWW43.
1.4 L’e-advertising: i diversi formati pubblicitari utilizzabili in
Rete
L’utilizzo della rete telematica quale mezzo per la diffusione di messaggi
pubblicitari è un fenomeno sostanzialmente recente e offre, tra le sue peculiarità,
la possibilità di diffondere le informazioni senza alcun limite geografico e
l’opportunità di dialogare in tempo reale e one-to-one con i cyberconsumatori di
tutto il globo. Ciò ha comportato che Internet, quale "vetrina transfrontaliera",
40
Stazi A., "La Pubblicità Commerciale online", Giuffrè, Milano, 2004, p. 10.
L’espressione "Web 2.0" è stata coniata nel 2004 da Dale Dougherty e Tim O’ Reilly.
42
Prati G., "Web 2.0. Internet è cambiato", ed Uni Service, Torino, 2007, p. 12.
43
L’espressione Web 3.0 è stata utilizzata per la prima volta nel 2006 da Jeffrey Zeldman. Le
tecnologie 3.0, come ad esempio software intelligenti che utilizzano dati semantici, sono già stati
implementati ed utilizzati su piccola scala dalle aziende per essere più efficienti e sfruttare al
meglio le proprie risorse.
41
22
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
divenisse, in un lasso di tempo brevissimo, uno dei canali più utilizzati del
mercato pubblicitario44.
L’e-advertising ha sicuramente rivoluzionato i modi di fare pubblicità e
rappresenta, oggi, una delle modalità principali di comunicazione, tant’è che
chiunque vuole comunicare ai consumatori per far conoscere la propria azienda, la
propria attività o i propri prodotti e servizi utilizza anche il medium Internet.
La pubblicità elettronica, a differenza della tradizionale, offre, in taluni casi, un
grande vantaggio sia alle imprese inserzioniste che al consumatore: la riduzione
dello scarto spazio-temporale che necessariamente intercorre tra il momento della
comprensione dell’offerta (learn – fase cognitiva), il successivo affioramento
dell’intenzione d’acquisto (feel – fase affettiva) e il conclusivo comportamento
d’acquisto (do – fase comportamentale)45. Relativamente all’advertising
tradizionale,
infatti,
il
consumatore
inizialmente
guarda
o
ascolta
la
comunicazione commerciale e, dopo aver espresso un atteggiamento favorevole
nei riguardi del prodotto desiderandolo, se decide di acquistarlo, deve
necessariamente recarsi in un punto vendita. Vi è, dunque, un certo intervallo di
tempo e una data distanza spaziale che separa la volontà di comprare dalla
transazione economica vera e propria. Grazie, invece, ad Internet è possibile
acquistare subito il prodotto direttamente da casa. Una opportunità concretizzabile
grazie all’e-commerce e alla possibilità offerta da molti siti, che si presentano
come veri negozi virtuali. Di certo ciò non comporta l’automatico passaggio,
inerentemente allo shopping online, dalla fase di comprensione dell’offerta a
quella del reale acquisto, in quanto tra queste possono interporsi elementi che
rallentano o bloccano il percorso, come la scarsa usabilità del sito di e-commerce
che può rendere molto più ampio lo scarto temporale e ritardare il processo
d’acquisto, oppure l’ostilità del consumatore nel cedere il proprio numero di carta
di credito che potrebbe portare all’arresto completo della transazione.
L’e-advertising può svilupparsi attraverso l’utilizzo di diversi tipologie di
messaggi e di formati: i banner, i video-banner, le pop-up (e pop-under) windows,
44
Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa.
Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 312.
45
Vollero A., "E-Marketing e Web Communication. Verso la gestione della corporate reputation
online", Giappichelli, Torino, 2010, p. 140.
23
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
gli interstitials, i mini-siti, i classifieds, il keyword advertising, (i messaggi
pubblicitari
collegati
a
parole-chiave),
l’e-mail
advertising
(l’invio
di
comunicazioni tramite e-mail), la pubblicità sui social network46.
La scelta della tipologia migliore spetta al soggetto comunicatore che deve sempre
avere a mente le peculiarità del sito ospitante, le caratteristiche del target di
riferimento e gli obiettivi specifici della propria campagna di comunicazione.
Generalmente in Internet la pubblicità viene acquistata ad un costo unitario sulla
base del numero di volte in cui il messaggio viene visualizzato sul computer
dell’utente (Cpi, Costo per impression, numero di contatti lordi realizzati con la
campagna47), oppure prendendo come riferimento il numero di visite giunte alla
pagina web dell’inserzionista (prezzo calcolato in base al click-through). È anche
possibile acquistare direttamente parole chiave sui motori di ricerca (keyword
advertising)48.
Nel prosieguo del paragrafo saranno illustrati dettagliatamente i formati
pubblicitari diffusi in Internet.
1.4.1 Il banner
Il banner (in inglese "banner" significa bandiera, vessillo o striscione) rappresenta
di sicuro lo strumento pubblicitario per eccellenza sul web. Il più antico e il più
utilizzato, il banner è costituito da uno spazio di forma rettangolare di misura
varia che, attraverso collegamenti ipertestuali rende possibile, cliccando su di
esso, l’accesso al sito web dell’impresa inserzionista o ad una jump page, un’area
46
I banner, i video-banner, le pop-up (e pop-under) windows, gli interstitials, i mini-siti, i
classifieds e il keyword advertising sono format pubblicitari cosiddetti "above the web" mentre l’email advertising appartiene alla categoria "below the web". Le espressioni "above the web" e
"below the web" rappresentano l’adattamento "informatico" dei termini tecnici "above the line" e
"below the line" utilizzati in riferimento ai mezzi di comunicazione tradizionali. Con "above the
line" si fa generalmente riferimento alle attività di comunicazione che sfruttano radio, televisione,
cinema, stampa, affissioni; mentre con "below the line" si indicano le attività che non utilizzano
tali media come le sponsorizzazioni, le relazioni pubbliche e il direct marketing. Queste
espressioni derivano dal gergo giornalistico in quanto con "above the line" si intendeva tutta la
pubblicità riportata sulla prima pagina dei giornali al di sopra della piega che si formava quando
questi venivano esposti in edicola, annunci ai quali era dunque garantita maggiore visibilità. In
Internet si parla di "above the web" in riferimento a tutte le pubblicità visibili senza la necessità di
far scorrere la pagina verso l’alto (scrolling), immediatamente percepibili dall’utente, mentre con
"below the web" si intende ciò che non è nel sito e, tuttavia, consente di comunicare via Internet.
47
Il CPM considera, invece, come unità di misura 1000 impression.
48
Vedi infra paragrafo 1.4.6.
24
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
intermedia che approfondisce quanto brevemente riportato nel banner. Si tratta
una sorta di manchette interattiva riportante un annuncio o un marchio49. I primi
esempi apparvero nel 1994 sulla rivista elettronica Hot Wired per Volvo e AT&T.
Il banner può presentarsi in diverse dimensioni espresse in pixel. Recentemente
l’EIAA (European Interactive Advertising Association) e lo IAB (Interactive
Advertising Bureau) Europe hanno ridotto il numero dei formati consigliati.
«EIAA, European Interactive Advertising Association, e IAB Europe
hanno definito l’adozione dei primi formati standard europei per la
pubblicità online. Questi nuovi standard consentiranno di raggiungere
una lettura e interpretazione del mercato coerente ed uniforme da parte
di tutti gli operatori dell’on-line advertising. L’iniziativa dimostra
l’impegno del settore pubblicitario a rendere più semplice ed efficace
la pianificazione, la creazione e l’acquisto della pubblicità on-line,
tenendo conto delle richieste di centri media, inserzionisti ed agenzie
per una offerta più semplice, efficace e creativa. L’obiettivo è quello
di diminuire il numero di messaggi pubblicitari per pagina e di mettere
fine alla confusione generata dall’adozione di formati diversi,
ottimizzando i costi di produzione»50.
Anche lo IAB Italia accetta, dunque, i formati 160x600 dello "UAP Wide
Skyscraper", 180x150 dello "Uap Rectangle", 300x250 dello "Uap Medium
Rectangle", 728x90 del "Super Banner", 468x60 del "Traditional Banner" e
120x600 dello "Skyscraper".
Tre sono le tipologie di banner: possiamo trovare "banner statici" quando il corpo
dell’annuncio è costituito da una figura o da un testo non in movimento.
Generalmente sono utilizzati in operazioni di puro branding in quanto la loro
funzione principale è legata all’accrescimento della brand awareness. Tale tipo di
banner presenta sicuramente il vantaggio della leggerezza e della velocità di
download accompagnato da una minor spesa a carico dell’impresa. Al contempo,
49
Di Carlo G., "Internet marketing. Strategie di mercato e di comunicazione sul web", ed. Etas,
2000, p. 114.
50
www.iab.it.
25
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
però, è una forma pubblicitaria dallo scarso potere attrattivo, in contraddizione
con l’interattività offerta da web. Di sicuro, comunque, si tratta di messaggi poco
invadenti in quanto non interrompono le attività dello user convivendo con il
contenuto delle pagine oggetto di attenzione.
Il "banner animato" è formato da un annuncio riportante una sequenza di testo o
immagini in successione. È certamente più pesante da scaricare ma offre la
possibilità di creare un messaggio maggiormente attrattivo ed informativo.
Infine, i "banner interattivi" sono quelli che anziché condurre direttamente al sito
dell’inserzionista consentono all’utente di attivare finestre di dialogo successive,
contenenti a loro volta cataloghi in forma di testo permettendo di analizzare una
sorte di indice dei contenuti del sito di riferimento prima di accedervi, cosicché
l’utente può scegliere l’argomento più vicino ai suoi interessi. Tale tipologia di
banner è indubbiamente la più costosa e, non collegandosi direttamente al sito
oggetto della pubblicità, porta ad una riduzione del numero di contatti. In
compenso è possibile ultimare transazioni commerciali senza che il visitatore esca
dal sito inizialmente selezionato. Una versione di banner interattivo è il rich
media banner che contiene elementi multimediali come testo, immagini, video,
suoni. L’esempio più diffuso è il video-banner: cliccando sull’annuncio viene
aperta una finestra con un vero e proprio spot pubblicitario con audio e video
trasmessi grazie alla tecnologia streaming51. Audio e video possono contribuire
alla buona percezione dell’annuncio da parte del surfer.
La scelta del tipo di banner potrebbe essere funzione, contemporaneamente, della
tipologia e delle caratteristiche specifiche del sito ospite e del genere di iniziativa
che si propone di richiamare. È importante, tuttavia, determinare a priori quali
obiettivi attribuire a una campagna basata su tale formato pubblicitario e, di
conseguenza, a quali criteri di misurazione della redemption aderire al termine
della stessa52. L’efficacia del banner si misura in impression, inteso come il
numero di utenti esposti al messaggio, e attraverso il tasso di redemption (click51
Con il termine streaming si intende il flusso di dati audio e video digitali trasmessi da una
sorgente attraverso la rete non come un blocco unico ma appunto come un flusso di bit. Ciò rende
possibile la trasmissione di questi contenuti sul web in tempo reale e non c’è bisogno del
download completo del file prima di poterlo visualizzare.
52
Di Carlo G., "Internet marketing. Strategie di mercato e di comunicazione sul web", ed. Etas,
Milano, 2000, p. 115.
26
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
through rate la percentuale di click sul banner in rapporto alle volte in cui è stato
visualizzato). Se agli esordi del banner il tasso di redemption ha sfiorato il valore
del 50%, data la sua novità, lentamente si è avuto un calo della stessa che oggi si
aggira sotto l’1% poiché l’utente ne riconosce immediatamente il fine
commerciale essendo ormai essi presenti ovunque sul web.
L’efficacia del banner dipende da una serie di fattori, primo fra tutti la rilevanza
del contesto in cui esso è compreso: un banner inserito in un ambito attinente al
messaggio pubblicitario produrrà sicuramente risultati migliori rispetto al caso
contrario, in cui può essere percepito invece come un’intrusione e un intralcio al
proprio lavoro sul web, poiché se è ben contestualizzato l’utente avverte tale
suggerimento come utile alla sua navigazione. Importanti sono anche la qualità
della parte grafica, con le animazioni, di quella testuale, il copy, che deve essere
costituito da un messaggio breve e incisivo per catturare l’attenzione dell’utente e
trasmettergli velocemente le informazioni principali sull’offerta e, infine, il timing
di somministrazione53.
Fenomeni di banner burnout sono molto frequenti: l’utente dopo la prima
esposizione al messaggio perde interesse nei suoi riguardi. Ecco perché
generalmente gli annunci sui siti ruotano e, ogni volta che la pagina viene
richiesta, i banner cambiano sulla base di un ciclo già programmato.
1.4.2 Le pop-up (e pop-under) windows
Le pop-up windows e le pop-under windows (note tendenzialmente come pop-up e
pop-under, ma conosciute anche come daughter o sister windows) rappresentano
un formato di pubblicità online molto simile al banner. Si ha un pop-up quando
alcuni siti aprono automaticamente una nuova finestra del browser contenente un
annuncio. Il pop-under si apre anch’esso alla richiesta di una nuova pagina web
ma, contrariamente al pop-up, non appare in primo piano ma resta posizionato
dietro la pagina che si sta visualizzando. Di sicuro è la forma meno intrusiva tra le
due e desta maggiore sorpresa in quanto non ci si aspetta di trovarlo quando si
53
Vollero A., "E-Marketing e Web Communication. Verso la gestione della corporate reputation
online", Giappichelli, Torino, 2010, p. 143.
27
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
conclude la propria navigazione. Si tratta, in ogni caso, di finestre di dimensioni
varie che occupano comunque solo una parte della pagina web.
Anche se l’utente può chiudere subito la "finestra sorella", a causa del suo alto
grado di intrusività, sono stati creati dei software appositi, spesso già integrati nei
browser di navigazione, che bloccano l’apertura dei pop-up. È questo uno dei
motivi per cui si prevede la futura scomparsa di tali forme di e-advertising, o
almeno un innegabile e inarrestabile declino del loro utilizzo54.
1.4.3 L’interstitial
Con il termine interstitial si fa riferimento ad uno spot pubblicitario che viene
lanciato automaticamente quando è richiesta una pagina web senza che vi sia una
interrogazione esplicita da parte dell’utente. Interstitial sta per "interstiziale", che
"si trova in mezzo", poiché la pagina che contiene l’annuncio si trova al centro tra
la pagina relativa alla navigazione iniziale e quella verso cui l’utente vuole
indirizzarsi. Il messaggio occupa l’intero schermo e si chiude in automatico alla
sua conclusione. È programmato per durare il tempo necessario per scaricare la
pagina in questione anche se non sono rari i casi in cui si eccede tale intervallo
temporale. La sua versione in background è il superstitial: lo spot appare quando
è caricato completamente evitando problemi di rallentamento nella navigazione.
«Con gli interstitial siamo di fronte all’evidente tentativo di adattare
Internet alla televisione. […] Concettualmente, gli interstitial
racchiudono caratteristiche derivate al contempo da pubblicità,
publiredazionali55
e
annunci
di
pubblico
servizio.
[…]
54
Recentemente, per ovviare ai problemi relativi al blocco automatico dei pop-up e alla scarsa
efficienza dei banner, sono stati elaborati metodi diversi di diffusione delle comunicazioni
commerciali. Ad esempio l’utilizzo dei background graphics permette di inserire elementi
pubblicitari direttamente sullo sfondo della pagina eliminando l’effetto scrolling e l’eventualità
che tali annunci vengano arrestati automaticamente.
55
Un publiredazionale (pubblicità redazionale) è un esempio di pubblicità occulta veicolata
attraverso la carta stampata consistente in un articolo contenente messaggi pubblicitari non frutto
della libera espressione del redattore del pezzo, quanto piuttosto inseriti dietro compenso. In
questo caso non viene riconosciuto l’inganno e la pubblicità è scambiata per un suggerimento
d’acquisto proveniente da una fonte autorevole. Il semplice giornalismo di servizio, ovverosia la
segnalazione di prodotti, spesso inserita in apposite rubriche periodiche, è comunque ritenuto
lecito se derivante da autonoma scelta del giornalista. Relativamente alla pubblicità redazionale è
28
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
Strategicamente, ottengono successo nella misura in cui riescono a
bilanciare l’intrusività con un buon livello di intrattenimento,
immediatamente percepibile dall’utente interrotto nel suo percorso»56.
Un vero e proprio spot, con le stesse caratteristiche di quelli diffusi in televisione,
viene proposto in rete.
Si tratta di una tipologia di messaggio altamente intrusiva in quanto non solo esso
non è, di fatto, richiesto dall’utente, ma questi non può neppure evitarne la visione
in quanto la pagina si chiude automaticamente solo alla fine del commercial
(spesso però l’utente può chiudere lo spot anche prima della sua conclusione, ma
comunque dopo un certo numero di secondi). Inoltre, considerando anche la
"pesantezza" dell’interstitial, che può aumentare in relazione agli elementi audio e
video inseriti (pur essenziali affinché lo spot venga al meglio percepito), e che
prolunga i tempi di download, si può ben comprendere perché esso sia avvertito
negativamente dall’utente, indipendentemente dagli elementi stilistici e persuasivi
contenuti nello stesso.
Tecnicamente, l’interstitial è una forma promozionale di tipo push, mentre il web
è un ambiente prevalentemente pull, ovvero i contenuti vengono scelti, selezionati
e visitati navigando e decidendo arbitrariamente quanto e quando si desidera
visualizzare. Pertanto, mentre nell’utilizzo del browser il visitatore fruisce di
Internet in modo attivo, l’interstitial gli propone una fruizione passiva57.
complicato stabilire quando c’è un rapporto di committenza tra azienda produttrice dei beni citati e
giornalista cosicché spesso si ricorre ad elementi indiziali purché gravi, precisi, concordanti e
valutati con prudenza. Tra questi, meritano particolare attenzione la forma espositiva utilizzata
nella comunicazione, la presenza o meno della firma del giornalista, l’accertamento di un
pregresso rapporto di committenza, la presenza di pubblicità tabellare a favore del presunto
inserzionista occulto nello stesso numero della testata in cui appare il publiredazionale. (Ubertazzi
L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 260 e seg.). La pubblicità deve
essere sempre riconoscibile come tale così come più volte ribadito a livello legislativo, ad esempio
nel d. lgs. 145/07 che sancisce, ai sensi dell’art. 5 c. 1, "Trasparenza della pubblicità", «La
pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale. La pubblicità a mezzo di stampa deve
essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di
evidente percezione».
56
Di Carlo G., "Internet marketing. Strategie di mercato e di comunicazione sul web", ed. Etas,
Milano, 2000, p. 117 e 120.
57
Ibidem, p. 120. «Il push ha bisogno del potere, il pull del sapere. Chi è più forte può spingere i
propri messaggi verso chi è più debole. Chi sa di più può procurarsi le informazioni più
interessanti, perché sa anche dove e come andare a cercarle.[…] Anche la pubblicità e la
comunicazione d’impresa fino a poco fa erano basate sul push, ci voleva più potere, più
investimenti per spingere il più possibile i messaggi verso un gran numero di persone che
29
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
1.4.4 Il mini-sito
Il mini-sito, come l’espressione stessa suggerisce, consiste in un sito ridotto,
formato da pochissime pagine con contenuto molto specifico.
Abitualmente esso è concepito per avere vita breve ed è creato solitamente per
comunicare una proposta specifica, come un evento o il lancio di un nuovo
prodotto, quando non si vuole cambiare l’impostazione del sito originale
aziendale. Si utilizza comunemente per dare maggior rilievo a particolari
contenuti della comunicazione aziendale che altrimenti rischierebbero di passare
in secondo piano e non essere percepiti dal pubblico.
1.4.5 Il classified
I classifieds sono annunci economici raggruppati per categoria (da cui il termine
classified, "classificato") generalmente inseriti in portali dedicati alla materia
nello specifico e pubblicati sia da imprese che da privati. La grande possibilità
offerta dal web è di poter diffondere annunci il cui breve testo è arricchito anche
da immagini o animazioni, potenziando lo scarno messaggio pieno di
abbreviazioni che invece viene pubblicato sulla carta stampata.
1.4.6 Il keyword advertising
Molto diffuso attualmente è l’acquisto di collegamenti testuali risultanti dalla
digitazione di parole-chiave sui motori di ricerca. Si tratta del keyword
advertising. I primi risultati che emergono dopo aver inserito una stringa su un
qualsiasi motori di ricerca o sulle directory58 sono proprio quelli relativi a link
potevano solo assumere atteggiamenti consenzienti o dissenzienti rispetto al messaggio che
ricevevano. Con le NTIC (Nuove Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) si
sviluppa il concetto del pull, del destinatario che diventa soggetto attivo ed opera la scelta di
collegarsi, di cercare un argomento, di tirare a sé le informazioni che desidera. Il testo è un
messaggio esplicito, autorevole, immutabile. L’ipertesto è un insieme di messaggi impliciti,
mutevoli, sottomessi alla scelta del lettore». Santucci U., da "Comunicazione Push/pull" in
www.apogeonline.com.
58
I motori di ricerca sono sistemi automatici che analizzano un insieme di dati e restituiscono un
indice dei contenuti disponibili sulla base della parola-chiave digitata e di algoritmi che, di questa,
ne indicano la rilevanza. Le directory, molto simili ai motori di ricerca, si differenziano da essi
poiché in questo caso vengono classificati non le pagine ma i siti. Il raggruppamento è su base
30
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
sponsorizzati59. Chi paga questi spazi può godere di una visibilità notevole e della
possibilità di targettizzare il pubblico, contando sulla scarsa intrusività di questa
forma pubblicitaria in quanto è lo stesso utente a richiedere pagine a contenuto
simile ai risultati a pagamento. All’advertiser sono garantite visite qualificate
caratterizzate dall’auto-segmentazione dei clienti e dall’elevato coinvolgimento di
questi ultimi in quanto manifestano già inizialmente il proprio interesse per un
determinato contenuto. D’altro canto i clicker ottengono risultati di ricerca
verificati editorialmente e possono trovare più facilmente ciò che stanno
cercando60.
L’inserzionista generalmente paga solo per i click effettivi sul messaggio
pubblicitario (pay-per-click). La posizione di questi link è frutto, invece, di un’asta
continua sul prezzo di ogni click, fatta tra gli inserzionisti interessati a far apparire
il proprio messaggio tra i risultati di ricerca associati a quella specifica parolachiave. Chi "vince" l’asta occupa la posizione migliore.
Dopo aver digitato una stringa su di un motore di ricerca, accanto ai link
sponsorizzati
emergono
anche
risultati
organici
e
non
a
pagamento
(posizionamento della ricerca standard, engine positioning). È importante per
un’azienda che vuole farsi conoscere e presentare i propri prodotti e servizi
apparire quanto più in alto possibile nella lista dei link proposta dal motore di
ricerca. Spesso, infatti, dalla richiesta di alcune informazioni emergono milioni di
risultati che possono creare difficoltà all’utente e generare il cosiddetto fenomeno
dell’information overload, ovverosia il sovraccarico informativo legato alla
ingente quantità di dati a disposizione di uno user che è fisiologicamente limitato
nell’elaborarli tutti. Il più evidente paradosso legato alla Rete risiede proprio
nell’impossibilità di ottenere spesso una risposta soddisfacente al proprio
problema a causa dalla proliferazione incontrollata di informazioni e della ingente
quantità di risultati di ricerca emersi. È chiaro, inoltre, che non sempre i link che
tematica e il tutto viene schematizzato attraverso una struttura "ad albero", piramidale. "Google" è
un motore di ricerca, "Yahoo! " è una directory.
59
Citando, ad esempio, il motore di ricerca più utilizzato su scala mondiale, "Google", i risultati a
pagamento sono quelli che emergono sulla pagina a destra dopo aver digitato una keyword. In
generale, si tratta di una forma di diffusione di messaggi pubblicitari più vicina all’e-advertising
che alla sponsorizzazione online.
60
Pastore A., Vernuccio M., "Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management",
Apogeo, Milano 2008, p. 493.
31
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
compaiono in posizioni migliori sono effettivamente quelli che forniscono le
risposte più esaurienti.
Il Search Engine Marketing è l’insieme delle attività che consentono di garantire
un’adeguata visibilità alla posizione di un sito sui motori di ricerca in risposta a
determinate keyword digitate dal cyberconsumatore e, dunque, di aumentare il
traffico sul sito dell’inserzionista. Ciascun motore di ricerca utilizza un proprio
algoritmo di classificazione dei siti mantenuto segreto che ne determina il Search
Engine Report Pages (posizione occupata tra i risultati suggeriti dai motori di
ricerca). Grazie a questo si determina la posizione occupata nell’elenco dei
risultati di ricerca anche se è possibile intervenire manualmente per cercare di
migliorare tale posizione. Fattori determinanti possono essere la costruzione
tecnica del sito (ad esempio, il codice html usato, la keyword density61), i
contenuti presenti nelle pagine web (che devono essere coerenti con gli obiettivi
del sito stesso), la linking strategy (la strategia utilizzata relativamente al numero,
alla qualità e alla quantità di link inbound e outbound, in entrata e in uscita dal
sito62) e la presenza sui siti di social network e nei blog63.
Essere listati sui motori di ricerca significa anche trovarsi fianco a fianco con i
propri concorrenti. Lo user può saltare velocemente da un sito all’altro e fare
confronti di prezzo e di prodotto repentinamente e ciò rappresenta certamente un
rischio, ma anche la possibilità, per le aziende valide, di emergere. Ottenere un
buon placement nei maggiori motori di ricerca è dunque un must per il
61
La keyword density è il rapporto percentuale tra le parole chiave e il totale delle parole presenti
sul sito: dunque, la percentuale di volte in cui la keyword compare rispetto al resto del testo.
Spesso questo rapporto viene artificiosamente gonfiato per ottenere un posizionamento migliore
(ad esempio inserendo parole-chiave dello stesso colore utilizzato per lo sfondo così da non essere
percepite e rimanere invisibili). In questi casi, però, ci sono dure penalizzazioni nel ranking della
pagina web in questione attuate da alcuni motori di ricerca e non mancano episodi in cui è stato
addirittura bloccato il proprio dominio. Inoltre, per ottenere un buon posizionamento la parte più
importante di una pagina web, sui cui focalizzare maggiormente l’attenzione, è il titolo che spesso
viene riprodotto invariato nell’elenco delle risposte suggerite ma è importante altresì, durante la
scelta delle keyword da inserire sul motore, riportare l’attività principale dell’azienda.
L’inserzionista dovrebbe essere in grado di "leggere" nella mente dei consumatori e di prevedere il
percorso che questi potrebbero seguire.
62
La cosiddetta link popularity, che si misura con il numero di link che puntano alla pagina, la
popolarità delle pagine che linkano (il page rank), il numero di link presenti nella stessa pagina, la
coerenza tematica con la pagina con cui si crea il collegamento.
63
Vollero A., "E-Marketing e Web Communication. Verso la gestione della corporate reputation
online", Giappichelli, Torino, 2010, p. 103.
32
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
responsabile marketing: si tratta di pubblicità spesso gratuita di altissimo livello
qualitativo necessaria per migliorare la brand awareness64.
Naturalmente, è solo attraverso il keyword advertising, acquistando direttamente
gli spazi pubblicitari, che si può essere sicuri di occupare un’ottima posizione sui
motori di ricerca e di godere di un’elevata visibilità anche se recenti studi hanno
dimostrato che generalmente chi naviga in Internet tende ad evitare proprio tali
link sponsorizzati.
1.4.7 L’e-mail advertising
È possibile inviare comunicazioni commerciali anche attraverso le e-mail: trattasi
del cosiddetto e-mail advertising. Generalmente tali messaggi vengono contenuti
in newsletter che gli utenti accettano di ricevere, mentre altri formati possono
essere il comunicato e il direct e-mail marketing65. Le e-mail rappresentano la
trasposizione sul web della posta tradizionale ma differentemente da questa c’è
una rapidità di contatto estrema, sia quando i messaggi vengono inviati che
quando si ricevono (le e-mail arrivano nel momento stesso in cui vengono
spedite). Inoltre, l’impresa può segmentare il proprio pubblico e inviare
comunicazioni quanto più personalizzate possibili. Attualmente l’utilizzo della
posta elettronica è così diffuso che le aziende preferiscono sfruttare al meglio
questo canale per gestire in modo molto efficiente la relazione con il proprio
target, mirando alla fidelizzazione e alla instaurazione di rapporti duraturi con i
clienti. Spesso, purtroppo, bisogna fare i conti con lo spamming, e le e-mail
interessanti ed effettivamente richieste dall’utente finiscono col confondersi con
tutti gli altri messaggi spazzatura.
64
Vico A., Nicolello M., "Marketing digitale. Strategie di vendita per aziende online", Utet
Libreria, Torino, 2001, p. 50.
65
Una newsletter è una e-mail che viene spedita ai singoli utenti registrati al sito, il cui contenuto è
vario: si va dalle notizie giornalistiche all’intrattenimento o, relativamente alle imprese, alle
informazioni circa l’arrivo di nuovi prodotti, promozioni. La frequenza di invio può essere
giornaliera, settimanale, mensile, saltuaria. Generalmente la ricezione è gratuita, anche se è
necessario un atto di registrazione e, dunque, di rilascio di dati personali. È utile se l’obiettivo
dell’azienda è la fidelizzazione. Il comunicato viene inviato alla clientela in modo automatico
prevalentemente per trasmettere informazioni relative al rapporto commerciale esistente tra
mittente e destinatario. Il DEM (Direct E-mail Marketing) si realizza attraverso l’invio di offerte
ed informazioni di natura commerciale allo scopo, soprattutto, di aumentare il volume delle
vendite.
33
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
«(L’e-mail è) Essenziale, asciutta, rapida, in tempo reale. Sotto
l’aspetto strategico esprime il punto di coesione ideale tra l’azienda
(rappresentata dal suo sito web) e il consumatore, raggiunto da
messaggi, allegati e link che trovano riscontro nel sito stesso»66.
È considerato il metodo di invio di comunicazioni commerciali più vicino alla
pubblicità tradizionale.
1.4.8 La comunicazione commerciale sui social network: i casi
Facebook e Twitter
Gran parte delle relazioni odierne vengono intrecciate, gestite, coltivate anche
grazie ad Internet. È scoppiato il caso dei social network. Ormai dagli adolescenti
ai più attempati, tutti hanno un contatto Facebook, sono iscritti a Twitter o
Foursquare, hanno un canale Youtube.
Moda o fenomeno destinato ad imporsi come nuova realtà, un social network è
una piattaforma che utilizza i new media e consente ad un insieme di individui,
collegati tra loro da un qualche tipo di relazione (ad esempio familiare), di
condividere interessi, di scambiare informazioni: si tratta di una prima accezione
di social network, traducibile come "rete sociale". L’espressione è utilizzata,
tuttavia, anche per indicare i siti stessi che rendono possibili o migliorano tali
relazioni, creando una rete sociale virtuale.
Secondo le ricercatrici americane Danah Boyd e Nicole Ellison, caratterizzano un
social network tre elementi:
«1) La presenza di uno "spazio virtuale" (forum) in cui l’utente può
costruire ed esibire un proprio profilo. Il profilo deve essere
accessibile, almeno in forma parziale, a tutti gli utenti dello spazio. 2)
La possibilità di creare una lista di altri utenti (rete) con cui è possibile
entrare in contatto e comunicare. 3) La possibilità di analizzare le
66
Di Carlo G., "Internet marketing. Strategie di mercato e di comunicazione sul web", ed. Etas,
Milano, 2000, p. 162.
34
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
caratteristiche della propria rete, in particolare le connessioni degli
altri utenti. Ciò che differenzia i social network dai nuovi media
disponibili (chat, forum,…) è la capacità di rendere visibili e
utilizzabili le proprie reti sociali. Infatti, attraverso di essi, è possibile
identificare opportunità personali, relazionali e professionali altrimenti
non immediatamente evidenti»67.
Attraverso un social network è possibile intessere due tipi di relazioni:
bidirezionali oppure a stella68. Nel primo caso rientra, a titolo esemplificativo,
Facebook69: due utenti stringono una "amicizia" e l’uno può visualizzare il profilo
dell’altro, consultare la sua bacheca, aggiungere dei post, chattare, inviare e-mail,
condividere files. In una rete sociale chiusa del genere possono entrate solo gli
"amici" o gli "amici di amici" di cui si avrà conoscenza grazie a persone che già
rientrano tra i propri contatti70. In effetti, come più volte affermato dallo stesso
inventore di Facebook, Mark Zuckenberg, tale social network è nato per
mantenere in contatto persone che già si conoscono nel mondo reale e non per
creare nuove amicizie virtuali e allontanare lo user dalla sua realtà quotidiana. La
seconda modalità di relazione, a stella, è tipica di Twitter71. In questo caso si
distingue nettamente tra emittente e ricevente. I messaggi del primo possono
essere generali, ovverosia condivisi con tutti i riceventi presenti nella rete sociale,
o individuali e, dunque, diretti ad uno specifico ricevente. Il destinatario può
rispondere ai messaggi del mittente ma non contattare direttamente gli altri
soggetti riceventi a meno che non venga esplicitamente autorizzato. Attraverso
tale meccanismo un utente può essere sia emittente che ricevente a seconda della
rete sociale cui è connesso. Tale modalità di relazione permette di creare reti
67
www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", il Mulino, Bologna, 2010. Cfr. Boyd D.
M., Ellison N. B., "Social network sites: definition, history and scholarship", in "Journal of
Computer-Mediated Communication", 13 (1), article 11, 2007.
68
www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", il Mulino, Bologna, 2010.
69
www.facebook.com.
70
Attraverso la funzione "Trova amici" di Facebook, è possibile aggiungere nuove persone alla
propria lista di contatti. Tale ricerca può essere effettuata anche restringendo la lista di possibili
conoscenti specificando la città natale, la "città in cui ti trovi adesso", la scuola o l’università, il
datore di lavoro, gli amici in comune. Inoltre è lo stesso social network che suggerisce le "Persone
che potresti conoscere" sulla base dei parametri or ora accennati, così come sulla quantità degli
amici in comune, gli interessi, i gruppi ai quali si è iscritti.
71
www.twitter.com.
35
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
aperte in cui la maggior parte degli utenti riceventi non hanno altri contatti con
l’emittente, a parte quello della rete sociale.
«In questo caso a legare emittente e ricevente sono due bisogni
opposti ma complementari: gli emittenti cercano visibilità, i riceventi
invece sono curiosi di conoscere la vita (di personaggi famosi) o le
impressioni (di esperti di un tema specifico) degli emittenti scelti»72.
Lo psicologo americano Abraham Maslow ha individuato i diversi bisogni che
ciascuno di noi sperimenta nel corso della vita, disponendoli, a seconda
dell’importanza, in una piramidale dai più elementari, legati alla sopravvivenza
stessa dell’individuo, ai più complessi, generalmente a carattere sociale. Da tale
studio è emerso che vi sono, innanzitutto, bisogni fisiologici, che rappresentano i
bisogni di base quali l’aria, l’acqua, il cibo, il sonno, il sesso. Seguono i bisogni di
sicurezza, legati al raggiungimento della stabilità, sia essa fisica, occupazionale,
familiare; i bisogni di appartenenza e di amore, appartenenza alla famiglia, al
gruppo di lavoro, alla religione e il desiderio di essere amati; il bisogno di stima e
di prestigio, credito derivante sia dalle proprie capacità che dal riconoscimento di
se stessi presso gli altri; e, il più importante, il bisogno di autorealizzazione, inteso
come realizzazione della propria identità, occupando una posizione rilevante nel
proprio gruppo sociale. L’individuo realizzerebbe completamente se stesso
passando da uno stadio all’altro e giungendo alla sommità della piramide.
Secondo alcuni autori73, i social network soddisferebbero tutti i bisogni tranne
quelli fisiologici e, nello specifico delle loro esperienze, risulterebbe che essi
possono aiutare i propri utenti a soddisfare i bisogni di sicurezza in quanto gli
utenti, in queste realtà virtuali, comunicano solo con "amici" e non con estranei,
scegliendo chi può rientrare in tale rosa di conoscenti, verificando cosa si racconta
di sé e controllando l’amico stesso; i bisogni associativi in quanto con tali "amici"
è possibile scambiare opinioni, informazioni, files; il bisogno di stima, poiché
posso non solo scegliere gli amici, ma anche non farlo e chi mi sceglierà
72
73
www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", Il Mulino, Bologna, 2010.
Cfr. www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", Il Mulino, Bologna, 2010.
36
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
dimostrerà di tenere a me e alla mia amicizia virtuale; bisogno di
autorealizzazione, dato che si può raccontare di se stessi, cosa si fa, quali
sensazioni si provano.
Tuttavia, i social network sono caratterizzati anche da notevoli paradossi.
«Da una parte i social network sono uno strumento molto potente con
cui posso descrivere e modellare la mia identità sociale. Dall’altra,
sono uno strumento con cui i miei "amici" possono facilmente
influenzare e modificare il modo in cui gli altri percepiscono la mia
identità sociale. Un esempio a questo proposito è il fenomeno del
tagging (etichettare) con cui nei social network è possibile associare a
un "amico", senza che lui lo voglia, un’immagine in cui lui è presente
o una nota di testo a lui riferita. L’essere "taggati" comporta il fatto
che un contenuto multimediale, in cui noi siamo presenti (foto) o in
cui siamo citati (testo), ma che non abbiamo scelto, apparirà nel nostro
profilo. È vero che possiamo impostare le notifiche di Facebook in
modo da essere sempre a conoscenza quando qualcuno ci tagga. Ma è
anche vero che se mi dimentico di farlo, o non sono consapevole di
che cosa implica essere "taggati" appariranno nel mio profilo, senza
che lo abbia voluto, foto o testi. E ciò può portare a cambiamenti
imprevisti della propria identità sociale […]. (D’altro canto) se nei
social network posso più facilmente cambiare la mia identità virtuale è
vero anche che, seguendo le tracce lasciate dalle diverse identità
virtuali, è più facile per gli altri ricostruire la nostra identità reale. […]
In pratica, l’inserimento dei propri dati, dei propri commenti, delle
proprie foto in un social network costruisce una memoria storica della
propria attività e personalità che non scompare anche quando il
soggetto lo vorrebbe. Molte di queste informazioni, infatti, rimangono
disponibili online anche dopo parecchi anni e possono essere
cancellate solo direttamente dall’utente»74.
74
www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", Il Mulino, Bologna, 2010.
37
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
I social network possono rivelarsi uno strumento molto efficace ed utile per le
aziende che non solo possono costantemente tenersi in contatto con i propri clienti
ma anche pubblicizzare il loro lavoro attraverso le pagine di tali siti. Tra questi il
più seguito è senza dubbio Facebook75.
Il "Libro delle Facce"76 è nato nel febbraio 2004 ad opera di Mark Zuckerberg,
all’epoca studente americano della Harward University, che voleva trovare un
modo per mantenere in contatto gli studenti del suo college. Già alla fine del mese
più della metà della popolazione di Harward era registrata al servizio e
l’espansione continuò velocemente, allargando sempre più il suo raggio d’azione.
Nel settembre 2011 è stata raggiunta la quota 750 milioni di utenti attivi nel
mondo77 con un fatturato stimato di 1.1 miliardi di dollari nel 201078. Il core di
Facebook è esposto chiaramente nelle informazioni base della Fan Page Fb:
«Facebook’s mission is to give people the power to share and make
the world more open and connected»79.
Inerentemente all’e-advertising, Facebook si caratterizza per le "Notizie
sponsorizzate" e le "Inserzioni". Le prime, visibili nella sezione "Notizie",
compaiono nella colonna destra delle pagine Facebook. Le azioni che possono
generare le "Notizie sponsorizzate" includono i "Mi piace" sulla pagina di
un’azienda, i "Mi piace" sui post, la registrazione, la condivisione di
un’applicazione, l’uso di un gioco. Quando un "amico" interagisce con un’azienda
o un’organizzazione, ad esempio cliccando "Mi piace" sulla pagina di
un’organizzazione o si registra in un luogo attraverso la funzione Facebook Place,
vengono generate delle notizie sulle sue attività visibili nella sezione "Notizie" e
in "Notizie sponsorizzate". La visualizzazione di una determinata notizia
sponsorizzata dipende dalla connessione di uno degli "amici" con un marchio che
75
Facebook è il secondo sito più visitato al mondo preceduto solo da Google.
Il nome Facebook è stato ispirato dagli annuari scolastici che contengono le foto di ogni singolo
soggetto i quali vengono pubblicati, in America, all’inizio dell’anno accademico per far conoscere
ai nuovi studenti le persone che frequentano il campus.
77
http://multiplayer.it/notizie/90725-facebook-ha-raggiunto-750milioni-di-utenti-attivi.html.
78
http://msnickcreatornews.wordpress.com/2010/03/15/facebook-fatturato-stimato-per-1-miliardodi-dollari/.
79
http://www.facebook.com/#!/facebook?sk=info.
76
38
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
desidera promuovere notizie su Facebook e che ha deciso di sfruttare tale opzione.
Grazie ad esse è possibile mettere in primo piano i consigli generati dal
passaparola avente ad oggetto un marchio80.
Le "Inserzioni", invece, consistono in banner di piccole dimensioni visualizzabili
nella colonna a destra della Home Page personale e del "Diario".
A differenza delle notizie sponsorizzate, le inserzioni di Facebook contengono
messaggi personalizzati da parte degli inserzionisti e possono includere notizie
relative alle azioni sociali intraprese dagli "amici" che, ad esempio, cliccano su
"Mi piace" su una Pagina o confermano la partecipazione a un evento. Esse
possono essere create a partire dall’account personale già esistente. L’elevata
targettizzazione dei destinatari caratterizza le inserzioni, in quanto è possibile
definire gli stessi in base alla località, al sesso, all’età, alle preferenze e agli
interessi, allo status sentimentale, al posto di lavoro o alla scuola frequentata81.
Facebook consente anche di inserire il luogo in cui ci si trova. I "Luoghi" sono
delle pagine che rappresentano posizioni su Facebook. Ci si può registrare in un
luogo per far sapere dove ci si trova. Un’azienda può reclamare la proprietà di un
place e, conseguentemente, pubblicizzarlo proprio come una normale Pagina. Ciò
permette di gestirne l’indirizzo, le informazioni di contatto, gli orari di apertura e
le altre informazioni82. Attraverso questa funzione gli utenti possono, grazie al
proprio cellulare, aprire Facebook, selezionare le "Notizie" o la funzione "Luoghi"
e registrarsi. Se ci saranno offerte di aziende nelle vicinanze compariranno icone
gialle o verdi. A questo punto, basta toccare il nome del luogo per vedere
l’omaggio, lo sconto o la donazione oggetto dell’offerta, registrarsi e,
successivamente, mostrare lo schermo del cellulare nel negozio per usufruire
dell’offerta (deal). Esistono quattro tipi di offerte basate sulla registrazione:
"individuali", proposte "in esclusiva" ai clienti; di "fedeltà", per chi si registra più
volte in un negozio o locale per sfruttare un’offerta speciale; "amico", che
permettono agli amici di risparmiare se si registrano con lo user; "beneficenza",
grazie alle quali si può effettuare una donazione a scopo benefico83.
80
https://www.facebook.com/help?page=154500071282557.
https://www.beta.facebook.com/help/?page=175624025825871.
82
http://www.facebook.com/help/search/?q=place.
83
http://www.facebook.com/deals/checkin/claiming/.
81
39
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
In questo modo è possibile diffondere viralmente il luogo e, conseguentemente, il
brand ad esso collegato che compare, dunque, tra le notizie degli "amici".
I costi delle notizie sponsorizzate e delle inserzioni sono determinate sulla base
del click o delle visualizzazioni.
Secondo dopo Facebook è il Social network Twitter, una rete informativa il cui
core è costituito dai tweet, messaggi di 140 caratteri attraverso i quali gli utenti
possono aggiornare i propri followers (seguaci, utenti Twitter che seguono un altro
utente Twitter ricevendo e leggendo i suoi tweet) sugli argomenti più vari.
Ciascuno user sceglie di seguire un determinato utente (following) di cui
visualizzerà sempre i tweet nella propria pagina, ai quali potrà rispondere e,
naturalmente, potrà egli stesso essere seguito.
«Il maggior valore di Twitter sta nello scoprire nuove informazioni
ogni volta che accedi. Alcune persone trovano utile anche contribuire
con i loro Tweet, ma la vera magia di Twitter sta nell’assorbire in
tempo reale le informazioni che ti interessano»84.
Le comunicazioni commerciali possono essere veicolate attraverso Twitter, grazie
ai Promoted Tweet, i Promoted Trend e i Promoted Account.
È possibile utilizzare i Promoted Tweet per amplificare il proprio messaggio
attraverso un sistema di targettizzazione tale da poter raggiungere le persone
giuste, al momento giusto, nel luogo giusto. I Promoted Tweet sono tweet
sponsorizzati: utenti e aziende pagano per inserire il loro messaggio in prima
posizione a seguito di una ricerca effettuata (search), per cui vengono utilizzati
per raggiungere gli user quando questi si stanno dedicando ai propri interessi,
comparendo in cima ad una lista di risultati, oppure per farli visualizzare nella
timeline degli utenti (cronologia di tutti i tweet dei propri following) quando si
effettua il log-in o il refresh di una pagina85.
I Promoted Trend sono utili per guidare il dibattito e muovere gli interessi intorno
alla propria azienda o al proprio brand, o al proprio prodotto o servizio,
84
http://support.twitter.com/groups/31-twitter-basics/topics/104-welcome-to-twittersupport/articles/320091-introduzione-a-twitter-come-faccio-ad-usarlo.
85
http://business.twitter.com/advertise/promoted-tweets/.
40
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
catturando l’attenzione degli user grazie alla posizione di rilievo occupata. Si
tratta di tendenze sponsorizzate che consentono di apparire artificiosamente nello
spazio degli argomenti più discussi.
I Promoted Account, infine, sono i suggerimenti utili legati a chi si segue e alle
sue caratteristiche. Essi permettono di aumentare la base follower di un account e,
conseguentemente, di amplificare la brand awareness e migliorare la brand image
e la brand reputation. Se un utente ha scelto di diventare follower di un’azienda è
evidente che sia interessato ad essa e che vuole rimanere costantemente
aggiornato sulle sue attività. I Promoted Account appaiono nei risultati di ricerca e
anche nella sezione "Chi seguire", raccomandazioni utili suggerite da Twitter
stesso basate su coloro che si sta già seguendo: vengono identificati account e
follower simili e in questo modo gli user possono scoprire nuove aziende, nuovi
contenuti, nuovi personaggi. Il proprio Promoted Account compare in tale sezione
in ogni pagina sulla base di tale presunta affinità86.
Generalmente, gli investitori pagano in base al CPF (Cost-Per-Follower), prezzo
per ogni nuovo utente ottenuto dai Promoted Account, e al CPE (Cost-PerEngagement), relativo ad attività interattive come un retweet o un favorito
effettuato sui Promoted Tweet e Trends87.
Il 70% degli utenti Internet nel mondo visitano i Social Network. In Italia un
minuto su sette passato online è speso su tali siti88. Le aziende che intendono
investire in comunicazione non possono, conseguentemente, non considerare
questi dati e rimanere avulsi da tale nuova realtà.
È stimato che nel 2013 i ricavi mondiali dei Social Network raggiungeranno i 5,54
miliardi di dollari e la maggior parte di tali guadagni, sia negli Stati Uniti che nel
resto del mondo, andrà a Facebook, mentre una quota molto più bassa a Twitter e
agli altri Social Network. Entro lo stesso anno i ricavi generati da questi siti
86
http://business.twitter.com/advertise/promoted-accounts/.
http://m.sky.it/tg24/economia/2011/12/14/twitter_pubblicita_formati_prezzi_follower/. È stato
stimato che il valore di ogni nuovo follower va dai 2,5 ai 4 dollari, mentre per le attività di
interazione Twitter fa pagare fra 0,75 e 2,50 dollari. Inoltre, per lanciare la propria campagna,
l’azienda richiede agli inserzionisti un impegno minimo di tre mesi e un budget a partire da 15mila
dollari.
88
http://www.digitalmartetinglab.it/dm/advertising-nellera-dei-social-networks/.
87
41
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
andranno a comporre l’11,7% di tutte le spese di e-advertising negli USA e il
9,4% in tutto il mondo89.
1.5 Internet: un ricco bagaglio di opportunità
Internet ha sorprendentemente ed eccezionalmente rivoluzionato il modo di
comunicare offrendo possibilità fino a pochi decenni fa impensabili. Conversare
in tempo reale con persone che si trovano all’altro capo del mondo addirittura
riuscendo a guardarle in volto, così come poter consultare migliaia di documenti,
anche datati, in pochi minuti soffermandosi direttamente su argomenti specifici
oppure poter visitare virtualmente musei come se ci trovassimo lì, sono solo
alcune delle opportunità offerte dalla rete. Questa realtà ormai è stata definita da
alcuni come "The new normal"90, la nostra nuova normalità. Internet è entrato a
far parte della nostra vita, della nostra quotidianità e ormai non se ne può più fare
a meno. Per qualsiasi problema c’è Internet. Che sia per cercare la ricetta di una
torta o vedere una partita di calcio, il web è diventato uno dei nostri migliori
amici, con tutte le conseguenze, positive e negative, che ciò comporta. E con la
diffusione di smartphone e tablet il processo di diffusione del web sembra ormai
diventato inarrestabile.
Tutto ciò rappresenta una incredibile possibilità sia per gli sviluppatori di tali
tecnologie, che possono realizzare applicazioni e servizi atti a soddisfare un
numero sempre maggiore di bisogni espressi in mobilità, sia per gli investitori
pubblicitari che si ritrovano opportunità di comunicazione mai avute prima.
Creatività, innovazione e fantasia a disposizione di aziende e utenti in quantità
ancora crescenti91.
In Italia, stando al Pamphlet IAB 201192, Internet è nelle case di 13,2 milioni di
famiglie (il 62,3% delle famiglie italiane, con un incremento dell’11,3% rispetto a
89
http://www.iab.blogosfere.it/2011/10/social-network-i-ricavi-in-advertising-raggiungranno-i-10milioni-di-dollari-nel-2013.html. Fonte: eMarketer (www.emarketer.com).
90
www.iab.it: Mazzarini P., "The new normal" in "La pubblicità interattiva in Italia. 2010", XI
edizione del Pamphlet IAB Italia, p. 23.
91
Ibidem.
92
"La pubblicità interattiva in Italia. 2011", XII edizione del Pamphlet IAB Italia consultabile
all’indirizzo www.iab.it. I dati citati sono stati raccolti da Audiweb che ogni anno eroga preziose
informazioni sulla rete italiana. L’Interactive Advertising Bureau Italia è stato fondato nel giugno
42
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
giugno 2010) di cui 8,6 milioni (il 65,2%) dispone di un collegamento veloce via
ADSL o fibra ottica con un abbonamento flat nel 94,9% dei casi. Sono 26 milioni
gli utenti online almeno una volta al mese e nel giorno medio93 sono 10,7 milioni,
l’8,9% in più rispetto al 2010 (di cui il 56,8% è rappresentato da uomini
principalmente di età compresa tra i 35 e i 54 anni, mentre il restante 43,2% è
costituito da donne rientranti nella stessa fascia d’età, ossia 4,6 milioni con un
aumento del 10,8% rispetto all’anno precedente). La maggior parte degli utenti
attivi nel giorno medio proviene dal Sud e dalle Isole (32,1%), seguito dal NordOvest (29,1%), dal Centro (17,4%) e, infine, dal Nord-Est (16%).
Nel dettaglio, relativamente all’accesso individuale, risulta che 35 milioni di
italiani riescono a connettersi da casa o dall’ufficio, dagli ambienti scolastici o da
qualsiasi altro luogo, attraverso PC o mobile: si tratta del 72,8% della popolazione
di età compresa tra gli 11 e i 74 anni con una crescita del 7,5% su base annua. La
Rete è diffusa prevalentemente tra i laureati, imprenditori e liberi professionisti,
tra i dirigenti, i quadri e i docenti universitari, tra gli impiegati e gli insegnanti e,
soprattutto, tra gli studenti universitari. Inoltre 8,3 milioni di italiani possono
connettersi direttamente dal cellulare con un aumento del 73,7% in un anno.
Concentrando l’attenzione sull’e-advertising il Rapporto IAB 2011 ha registrato
risultati molto positivi constatando che negli ultimi anni la crescita degli
investimenti su Internet è stata superiore rispetto a quella riscontrata sugli altri
mezzi. Grazie a questo trend costante, Internet è diventato ormai uno dei media
principali in termini di raccolta pubblicitaria94.
A livello europeo, l’e-advertising è cresciuto del 15,3% rispetto all’anno
precedente, mentre la spesa relativa al comparto pubblicitario interamente
considerato è aumentata solo del 5%. L’Europa ha investito 17,7 miliardi di euro
per la pubblicità online, 2,4 miliardi in più rispetto al 201095.
del 1998 e raggruppa gli operatori della pubblicità online italiani. È il riferimento italiano
dell’Interactive Advertising Bureau, la più importante associazione del mondo nel campo dell’eadvertising.
93
Il giorno medio, in questo studio, corrisponde ad un giorno scelto a caso durante il mese di
agosto.
94
"Investimenti superiori" in "La pubblicità interattiva in Italia. 2011" XII edizione del Pamphlet
IAB Italia consultabile all’indirizzo www.iab.it, p. 21.
95
Lo studio condotto da IAB Europe copre l’intero continente europeo, includendo sia i mercati
più maturi dell’Europa Occidentale e Settentrionale, sia i mercati emergenti dell’Est e del Sud
Europa. La Repubblica Ceca è entrata nella ricerca nel 2011 per la prima volta.
43
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
I mercati maggiormente attivi sono stati, nell’ordine, Gran Bretagna, Germania,
Francia, Olanda, Italia e Spagna.
Già nel 2010 era stato sottolineato quanto il web fosse diventato un mezzo di
massa96 e ancora, nell’ultima edizione del Rapporto IAB 2011, è stato ribadito che
tale dinamica di sviluppo è fisiologica se si esaminano i tassi di crescita
dell’online in Italia e si spiega principalmente con la maggiore maturità delle
aziende che si stanno progressivamente abituando a considerare il web come una
soluzione efficace ed efficiente al loro bisogno intrinseco di comunicazione.
Tuttavia l’Italia ha ancora tanto da lavorare per colmare il gap che la separa da
altri paesi europei non solo in termini di valore dell’e-advertising ma anche nella
dimensione dei business legati all’e-commerce o nei servizi offerti al cittadino97.
Purtroppo a causa di eventi contingenti come l’aumento dei prezzi e la situazione
economica italiana non certo florida, il settore dell’advertising in generale ha
subito un rallentamento nella crescita, anche se Internet risulta l’unico mezzo in
espansione. Internet è in una fase di sviluppo a tal punto forte che tutte le tipologie
e i formati utilizzabili sono coinvolti positivamente ed in particolare, nell’ultimo
anno, si può sottolineare l’incremento del 30% della modalità video su web98.
Risultati ottenuti su scala europea hanno dimostrato che la display advertising
(comprendente banner e button, pop-up e pop-under, rich media, interstitial e
superstitial) è cresciuta del 21,3% rispetto al 2010, recuperando il ruolo di leader
che negli scorsi anni le era stato rubato dai motori di ricerca, anche se comunque
il search rimane il comparto più importante nell’intero settore dell’advertising
online europeo, rappresentando il 45% del totale degli investimenti, contro il 33%
del display e il 22% di classified e directory.
È questo lo scenario che si offre agli occhi delle imprese che vogliono e devono
investire in pubblicità. Ormai non si può evitare il web quando bisogna decidere il
mix di mezzi da adottare per la propria campagna di comunicazione anche perché
la dicotomia alla quale siamo abituati fra marketing online e marketing
"tradizionale", è destinata a finire per la necessaria morte della definizione di web
96
www.iab.it: "Il web è un mezzo popolare" in "La pubblicità interattiva in Italia.2010", p. 12.
www.iab.it: "Investimenti superiori" in "La pubblicità interattiva in Italia. 2011" XII edizione
del Pamphlet IAB Italia, p. 21.
98
Ibidem, p. 24.
97
44
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
marketing. Il marketing è uno solo e il web è destinato a confluire da primo attore
all’interno dello stesso alveo di discussione99.
A differenza degli altri mezzi di comunicazione di massa la rete offre due
possibilità eccezionali: l’interattività e la misurabilità dei risultati.
Internet ha delle potenzialità interattive enormi. Tale caratteristica rappresenta il
core della comunicazione digitale. Innanzitutto, grazie ad essa, è possibile
sviluppare un flusso comunicativo bidirezionale in cui l’inserzionista è
consapevole di avere davanti a sé non una massa passiva ma un’audience
attivissima che fruisce il contenuto pubblicitario, cerca informazioni su prodotti,
prezzi, caratteristiche, confronta articoli omogenei offerti da aziende concorrenti
ed in più, attraverso il passaparola telematico, può anche influenzare altri utenti,
mettendo addirittura a repentaglio, molte volte, la corporate reputation100.
I messaggi pubblicitari vengono sempre più personalizzati per tentare di attirare
l’attenzione del consumatore anche alla luce della possibilità offerta ai cybernauti
di acquistare direttamente i prodotti pubblicizzati attraverso l’e-commerce.
Ormai si sta raggiungendo la frontiera della comunicazione one-to-one. Inoltre,
grazie allo sviluppo del Web 2.0, è possibile anche una comunicazione many-tomany, in cui sono gli utenti, assieme alle aziende, a creare contenuti, a diffonderli
e a renderli fruibili ad una massa di certo non più classificabile come inerte.
L’interattività interpersonale (through the medium) ha raggiunto il suo acme
affiancandosi all’interattività ipertestuale (with the medium), legata alla possibilità
che l’utente ha di interagire direttamente con l’interfaccia grafica costruendo un
percorso di fruizione ad hoc ed estremamente personale fino alla realizzazione, di
suo pugno, di nuovi contenuti101.
99
www.iab.it: Sciutto N., "La fine del web marketing" in "La pubblicità interattiva in Italia. 2011"
XII edizione del Pamphlet IAB Italia, p. 35.
100
Mentre i tradizionali mass media sono sistemi di tipo broadcasting (flusso unidirezionale oneto-many con messaggi indifferenziati per la massa), il web (assieme alla tv via cavo, alla pay-perview, alla pay-tv, al video on demand) permette una comunicazione definibile come narrowcasting
("trasmissione ristretta", messaggi personalizzati) in cui le informazioni sono trasmesse ad un
pubblico specifico che può interagire con il mittente. Sarebbe comunque maggiormente corretto,
almeno limitatamente ad Internet, parlare di sistema multipointcasting in quanto attraverso la sua
architettura a rete, sono possibili comunicazioni many-to-many in cui le figure di mittente e
destinatario non hanno più alcun valore e tendono a scambiarsi, a confondersi.
101
Pastore A., Vernuccio M., "Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management",
Apogeo, Milano 2008, p. 476.
45
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
Il plus offerto dall’e-advertising alle aziende consiste nella segmentazione estrema
del proprio pubblico di riferimento cosicché, conoscendo gusti e desideri del
proprio target, è possibile offrire messaggi mirati concepiti appositamente per una
ristretta fascia di consumatori.
La misurabilità dei risultati conseguibili in Internet è facilmente ottenibile poiché
ogni contenuto è veicolato da un server che riceve le richieste degli utenti e invia
agli stessi i file della pagina web. Ogni nostra interrogazione è dunque registrata
dal server e, conseguentemente, risulta tracciabile sia il percorso effettuato dal
messaggio pubblicitario che memorizzabile l’interesse manifestato dall’utente. I
cookies, frammenti di testo inviati da un server ad un client e poi rinviati al
server, possono registrare, ad esempio, i siti visitati, le preferenze manifestate. A
tal riguardo si è molto criticato l’utilizzo di tali blocchi di testo che
consentirebbero una raccolta di dati "invisibile", in quanto il confine tra legalità e
illiceità si rivelerebbe molto labile, soprattutto perché non tutti gli utenti sanno
della memorizzazione di ogni loro passo fatto sul web e ciò potrebbe confliggere
con le norme sulla tutela della privacy. D’altronde la loro utilità rimane innegabile
poiché attraverso la registrazione di informazioni sull’utente si rende più facile la
navigazione da parte dello stesso, ad esempio, all’interno di siti già visitati
oppure, salvando sul computer eventuali password di accesso ad aree protette dei
siti, il processo di identificazione diventa più rapido. Inoltre, si pensi alla
possibilità del sito web visitato di riconoscere l’utente e di porre alla sua
attenzione i banner i cui contenuti sono vicini al profilo tracciato dai cookies
durante navigazioni precedenti.
Sulla compatibilità o meno del lavoro svolto dai cookies con la normativa a tutela
della privacy, i sostenitori degli stessi hanno ribadito che si tratta di uno strumento
lecito di raccolta dei dati, almeno fin quando non è possibile identificare il
navigatore e quindi associare alle informazioni registrate un soggetto ben
individuato. Tuttavia, c’è chi sottolinea la contrarietà al Codice nei casi in cui il
cookie crea un profilo direttamente associabile ad un soggetto determinato, senza
il consenso dell’interessato, oppure quando non si limita alla registrazione
esclusiva di dati di natura commerciale ma trasferisce anche informazioni relative
al contenuto della memoria di massa del computer di navigazione. Grazie però
46
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
all’"autotutela informatica" è possibile proteggere il navigatore dalla raccolta
occulta di informazioni che lo riguardano, attraverso l’utilizzo di browser in grado
di segnalare allo user quando un cookie sta per essere registrato sul proprio
computer, impedendone così la registrazione, se l’utente ritiene tale intervento
opportuno102.
Per misurare l’audience del web è possibile anche fare riferimento ad Audiweb,
attraverso cui possono ottenersi informazioni oggettive, sia di carattere qualitativo
che quantitativo, sulla fruizione dei mezzi operanti in Internet e sui sistemi online.
Esso utilizza strumenti di rilevazione pertinenti e distribuisce poi i dati relativi al
pubblico online103.
Essenziale è anche la multimedialità dei contenuti web che si estrinseca
nell’utilizzo di codici espressivi vari, dal testo scritto all’audio alle immagini,
compresenti nel contesto digitale.
Il valore funzionale e il valore simbolico del web emergono nettamente, poiché è
proprio qui che è possibile associare ad un elevato grado di approfondimento dei
contenuti anche le notevoli potenzialità espressive del mezzo104.
L’e-advertising è divenuto infomercial105, meno concentrato sulla suggestione
generata dal messaggio ma maggiormente attento alle informazioni sui prodotti.
Rilevante per le aziende che intendono investire sul web è altresì il carattere
transnazionale del sistema stesso che offre la possibilità di divulgare le
comunicazioni senza doversi scontare con barriere geografiche. È ipotizzabile,
infatti, che un messaggio possa essere fruito da tutti i surfer, ovunque essi si
trovino, indipendentemente dal paese di origine e di diffusione della pubblicità,
senza limiti spaziali.
«[…] Internet riunisce in sé una serie di caratteristiche vantaggiose
che nelle modalità pubblicitarie tradizionali si riscontra soltanto
limitatamente ad una parte: ha un grande impatto visuale come la tv,
102
Tosi E., "Diritto privato dell’informatica e di internet. I beni – I contratti – Le responsabilità",
Giuffrè, Milano, 2006, p. 416.
103
Il sito web è disponibile all’indirizzo www.audiweb.it.
104
Pastore A., Vernuccio M., "Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management",
Apogeo, Milano 2008, p. 476.
105
Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa.
Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 319.
47
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
ampia possibilità di selettività ed interattività come il direct marketing,
ed il messaggio può raggiungere il consumatore nel momento più
adatto, cioè quando è orientato all’acquisto, come nella pubblicità
presso il punto vendita. La grande innovazione che Internet offre
come mezzo pubblicitario è, dunque, la notevole flessibilità e pluralità
di obiettivi che permette di raggiungere: dei quattro scopi essenziali
che si ritengono propri della comunicazione pubblicitaria, cioè
awareness, education, immagine e risposta diretta, i media tradizionali
permettono infatti di perseguirne soltanto alcuni in particolare;
Internet permette, invece, di costruire una strategia comunicativa più
complessa, che assommi ed integri i vari obiettivi»106.
1.6 Internet: un sistema di comunicazione troppo invadente
Certamente le opportunità offerte da Internet alle aziende che intendono investire
in pubblicità sono notevoli; di sicuro è possibile segmentare in maniera alquanto
precisa il pubblico e offrire loro comunicazioni altamente rispondenti ai propri
gusti e alle proprie esigenze, così come realizzare annunci dettagliati e ricchi di
informazioni e al contempo altamente creativi, ma è pur vero che non è tutto oro
quello che luccica.
Innanzitutto, utilizzando esclusivamente il web quale mezzo di diffusione dei
propri messaggi, l’azienda inserzionista potrebbe rischiare di tagliare fuori dalla
sua comunicazione la parte del target che non utilizza il computer o non si
connette alla Rete, cosicché risulta fondamentale un’attenta analisi dei
consumatori che si intende raggiungere in modo da non rischiare di non toccarli
affatto, tenendo ben in vista gli obiettivi della campagna e ponderando
diligentemente pro e contro di ciascun mezzo pubblicitario a disposizione, anche
off-line. Inoltre, pur raggiungendo il target desiderato, le aziende committenti
devono scontrarsi anche con altri aspetti negativi dell’e-advertising, invadenza e
l’intrusività in primis che, così come accade anche nelle pubblicità su mezzi
106
Stazi A., "La Pubblicità Commerciale on line", Dott. A. Giuffrè editore, Milano, 2004, p. 25.
48
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
"tradizionali", di certo non migliorano l’immagine che dell’advertising il pubblico
ha.
L’interstitial è di sicuro il formato che più potrebbe risultare fastidioso in quanto
alla richiesta di una pagina web appare un vero e proprio spot non sollecitato dallo
user che è costretto a visualizzarlo finché non è caricata la pagina desiderata.
D’altronde pur utilizzando tipologie di messaggi meno invadenti come i banner o
il keyword advertising è possibile che il surfer sia così assuefatto alle pubblicità
da notarle a malapena, oppure sia così poco amante della stesse da evitare
completamente i contenuti sponsorizzati. L’utilizzo di software che bloccano popup e pop-under di certo non rende più facile il lavoro di inserzionisti e
pubblicitari.
Discorso a parte merita l’e-mail advertising, le comunicazioni commerciali inviate
tramite e-mail. Nonostante l’utilità di questa tipologia di messaggio pubblicitario
e i suoi numerosi vantaggi, proprio a causa del basso costo dell’invio di una email, è possibile ritrovare la casella di posta elettronica stracolma di note
spazzatura. È il cosiddetto fenomeno dello spamming (della posta spazzatura,
delle junk-mail) che può inficiare il normale utilizzo delle e-mail come veicolo
pubblicitario. Lo spamming107 è una pratica molto consolidata che consiste
nell’invio di messaggi di posta in modo indiscriminato e senza il consenso del
destinatario su argomenti vari, dalla pubblicità di prodotti e servizi creati da
un’azienda a messaggi erotici e virus.
«Lo spamming è il flagello della posta elettronica e dei gruppi di
discussione su Internet. Può interferire in modo serio con il
funzionamento dei servizi pubblici, per non parlare dell’impatto che
107
Il termine trae origine dalla carne di maiale in scatola denominata "Spam" (da spiced ham)
prodotta dall’azienda Hormel negli Stati Uniti e da uno sketch comico della serie televisiva
americana "Monty Python’s Flying Circus" ambientato in un ristorante in cui si accingono a
mangiare un uomo e sua moglie. Qui, mentre alcune persone con tanto di elmo da vichingo
cantano "Spam, spam, spam…", arriva la cameriera che elenca le pietanze previste nel menù. La
sua voce è continuamente coperta dal coro inneggiante lo Spam e i due ospiti non riescono a
comprendere bene quali siano le pietanze a scelta se non una serie di piatti seguiti dalla parola
"Spam". È immaginabile l’irritazione dei due commensali. La serie "Monty Python Flying Circus"
deride la carne in scatola Spam, in quanto l’azienda produttrice era solita condurre una invadente
pubblicità. Da qui l’associazione tra la carne che era ovunque, a causa anche del suo basso costo, e
la pubblicità indesiderata che può compromettere la comunicazione sulla rete.
49
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
può avere sul sistema di posta elettronica di ogni individuo […] Gli
spammer, in effetti, sottraggono risorse agli utilizzatori ed ai fornitori
di servizi, senza risarcimento e senza autorizzazione»108.
Risorse come tempo e spazio sulla casella di posta in primo luogo. Lo spamming è
costoso, dunque, per il ricevente e non per il mittente. La Commissione Europea
ha tentato di quantificare la spesa legata alla ricezione di Unsolicited Commercial
Communications tenendo conto del tempo impiegato dagli users per scaricare,
verificare ed eventualmente cancellare questi messaggi; dei costi di banda
sostenuti dai provider; dei danni causati dalla congestione determinata dallo spam;
dei danni di immagine per i provider. È stato osservato che per ogni singolo
utente i costi si aggirano sui 30 euro all’anno109.
Esistono, comunque, software di filtraggio di tali e-mail spam ed è prevista, nella
propria casella di posta elettronica, anche un sezione appositamente creata, atta a
contenere queste fastidiose e-mail.
Nel caso della posta spazzatura, peculiare è l’assenza di consenso, anche se per
esserci spamming, chi invia le e-mail ad indirizzi di posta resi pubblici o
comunque rilasciati per motivi diversi da quelli per cui sono stati raccolti deve
rimanere sconosciuto.
Per ritenersi lecito, l’invio di tali comunicazioni commerciali deve essere
autorizzato dal destinatario in modo esplicito o implicito. L’ipotesi dell’opt-in, la
favorita dei provider e delle associazioni di utenti, impedisce l’invio di
qualsivoglia messaggio pubblicitario a meno che non ci sia stato preventivo
assenso da parte dei destinatari attraverso, ad esempio, un form compilabile sul
sito dell’azienda. Nonostante ciò, il mittente deve comunque essere sempre
facilmente identificabile e deve fornire un indirizzo per la risposta. Questo sistema
impedirebbe il trasferimento dei costi sul ricevente del messaggio.
L’opt-out, preferito dagli spammer, consente l’invio di e-mail spam a meno che il
destinatario non esprima esplicitamente il proprio dissenso sia singolarmente,
108
Gobbato M., "La tutela del consumatore. Clausole vessatorie, commercio elettronico e Codice
del Consumo", Halley editrice, Matelica, 2007, p. 62 che riprende la descrizione del fenomeno
dello spamming fornita da Vincent Cerf.
109
Ibidem, p. 63.
50
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
chiedendo al mittente di eliminare dall’elenco dei destinatari il proprio indirizzo email, sia iscrivendosi ad una lista universale di esclusione attraverso cui ogni
utente può rifiutare le unsolicited e-mail. Nondimeno, una terza alternativa
potrebbe risultare la migliore: il double (o confirmed) opt-in. In questo caso lo
user, dopo aver accettato di essere incluso in una mailing list, deve rispondere,
generalmente attraverso un click, ad una ulteriore e-mail di conferma della sua
scelta, per essere pienamente sicuri che si tratta di una decisione consapevole.
La normativa europea ha appoggiato, attraverso la direttiva 2002/58/CE relativa al
trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle
comunicazioni elettroniche, il sistema dell’opt-in anche se si è dato ampio
margine di manovra ai singoli Stati lasciando loro decidere la formula ritenuta
maggiormente vantaggiosa.
L’Italia ha adottato, in attuazione della direttiva europea, attraverso la legge n.
196/2003 (Codice della Privacy), il sistema dell’opt-in. L’art.130 "Comunicazioni
indesiderate" sancisce ai commi 1 e 2 che «L’uso di sistemi automatizzati di
chiamata senza l’intervento di un operatore per l’invio di materiale pubblicitario o
di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione
commerciale è consentito con il consenso dell’interessato.| La disposizione di cui
al comma 1 si applica anche alle comunicazioni elettroniche, effettuate per le
finalità ivi indicate, mediante posta elettronica, telefax, messaggi del tipo Mms
(Multimedia Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di altro tipo».
Tuttavia, l’art. 58 del Codice del Consumo (d. lgs. del 6 settembre 2005 n.206),
che si applica in deroga al Codice della Privacy, stabilisce che «L’impiego da
parte di un professionista del telefono, della posta elettronica, di sistemi
automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore o di fax richiede il
consenso preventivo del consumatore.| Tecniche di comunicazione a distanza
diverse da quelle di cui al comma 1, qualora consentano una comunicazione
individuale, possono essere impiegate dal professionista se il consumatore non si
dichiara esplicitamente contrario».
I navigatori esasperati dallo spamming, spesso reagiscono attraverso il cosiddetto
flaming, ovvero l’invio alla casella di posta elettronica del mittente di una grande
quantità di messaggi di protesta che può addirittura paralizzare il normale utilizzo
51
1. Internet e l’advertising:
lo sviluppo di un nuovo medium
a favore della comunicazione commerciale
della posta da parte dello spammer qualora un’azione del genere venga condotta
da un numero elevato di utenti.
Infine, anche la transnazionalità di Internet, caratteristica decantata per le grandi
potenzialità che offre agli advertiser, presenta una doppia faccia in quanto, se è
vero che le aziende potrebbero, utopisticamente, godere di un’audience mondiale,
vanno pur menzionate le difficoltà, che tale peculiarità pone a coloro che sono
costretti a giudicare una pubblicità che in stati diversi può essere valutata
differentemente. In questo caso, infatti, sarà opportuna una discussione sulle
norme da applicare per dirimere la controversia e capire se, un soggetto che si
ritiene abbia diffuso un commercial lecito nel paese d’origine ma ritenuto
ingannevole altrove, a causa di differenti culture e legislazioni, debba essere
punito o meno. I capitoli II e III saranno d’aiuto per approfondire la questione.
1.7 Conclusioni
Attraverso il presente capitolo si sono potuti approfondire advertising e eadvertising. Dalle definizioni alla ricostruzione storica, si è percorso un mondo
intriso di creatività e persuasione che ormai pervade la nostra vita. Quanto detto
rappresenta una dovuta introduzione a ciò che seguirà. Nei capitoli successivi si
affronterà il tema della pubblicità elettronica dal punto di vista normativo. Il web
offre possibilità straordinarie a chi vuole farsi conoscere, sia per la presenza di
diversi formati di diffusione dei messaggi, sia per la possibilità di trasmettere un
qualsiasi annuncio in tutto il mondo. È, dunque, opportuno, vista la notevole
espansione del mezzo, che si faccia riferimento ad una disciplina univoca che
permetta di dare la giusta regolamentazione all’e-advertising. Con il web si apre
uno scenario diverso, per certi versi molto più complicato e difficile da gestire:
Internet non ha confini e tutti possono comunicare con tutti. Chi può controllarlo?
La transnazionalità del web garantisce il raggiungimento di target prima
impensabili, tuttavia quali norme applicare in caso di lesione di consumatori e
aziende concorrenti? Chi protegge questi due gruppi dalla pubblicità ingannevole
o scorretta di un’azienda? È da questi interrogativi che partirà l’analisi legislativa
condotta nei prossimi capitoli.
52
CAPITOLO II
La normativa applicabile alle comunicazioni
commerciali online: le disposizioni "generali"
riferibili all’e-advertising
Sommario: 2.1 Introduzione – 2.2 Codice di Autodisciplina della
Comunicazione Commerciale, 53a edizione – 2.3 Decreto Legislativo 6 settembre
2005 n. 206, "Codice del Consumo" – 2.4 Decreto Legislativo 2 agosto 2007 n. 145,
"Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 05/29/CE che modifica la direttiva
84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole" – 2.5 Conclusioni.
2.1 Introduzione
Internet può essere classificato, a tutti gli effetti, anche se non esclusivamente,
come un mezzo di diffusione di comunicazioni commerciali. I numerosi ed
eccezionali vantaggi che offre hanno contribuito al suo sviluppo come medium
pubblicitario e oggi ogni realtà aziendale, anche la più piccola, cerca di sfruttare
questo canale per le proprie comunicazioni.
Nonostante nel 1996 la Corte Federale degli Stati Uniti d’America, Distretto
Orientale della Pennsylvania, avesse affermato che
«Internet non è in via esclusiva e neanche in via principale un mezzo
di comunicazione commerciale»1,
l’affermazione era stata subito contraddetta dagli eventi e da un mercato
effettivamente in notevole espansione. Il fatturato complessivo generato dall’eadvertising aumenta, segno di quanto realmente la pubblicità in Rete sia qualcosa
di irrinunciabile. Quanto detto appare anche confermato dalla crescente attenzione
che gli operatori del settore e i legislatori dei maggiori Paesi industrializzati
1
Corte Federale degli Stati Uniti d’America – Distretto Orientale della Pennsylvania, 11 giugno
1996, "American Civil Liberties Union (ACLU), American Library Association (ALA) vs. Reno
(Procuratore Generale degli Stati Uniti d’America) e Stati Uniti d’America", in "Il Diritto
dell’informazione e dell’informatica", 1996, citato in Scorza G., "Il diritto dei consumatori e della
concorrenza in Internet. Pubblicità, privacy, contratti, concorrenza e proprietà intellettuale nel
cyberspazio", Cedam, Padova, 2006, p. 35.
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
stanno ponendo alla ricerca di strumenti di disciplina della materia, allo sviluppo
di modalità di comunicazione commerciale online sempre nuove ed accattivanti,
nonché alla diffusione, nella prassi negoziale, di clausole volte a regolarizzare
obbligazioni aventi ad oggetto la realizzazione e l’aggiornamento di pagine web a
contenuto pubblicitario2.
Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell’estendere la disciplina riferibile alla
pubblicità tradizionale anche all’e-advertising anche se Internet pone problemi
differenti, specifici del mezzo in questione. Se è dunque corretto ribadire quanto
già affermato sin dal 1997 dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,
«La natura di messaggio pubblicitario, ai sensi dell’art. 2, lett. A) del
D. Lgs. 74 del 1992, di un’informazione commerciale non appare in
contrasto né può essere esclusa dalla sua diffusione attraverso la rete
informatica internet, la quale contiene spesso appositi siti finalizzati
alla veicolazione di messaggi diffusi nell’esercizio di attività
imprenditoriali, industriali, artigianali o professionali al fine di
promuovere la vendita di servizi o prodotti»3,
è altrettanto giusto focalizzarsi su fenomeni peculiari della Rete come lo
spamming o la "transnazionalità" del mezzo.
Rimane, dunque, aperta la questione relativa a quale sia la legge applicabile all’eadvertising soprattutto quando emerge la discordanza tra le normative dei diversi
Stati che, pur riflettendo spesso le stesse direttive europee emanate principalmente
per tentare l’armonizzazione, in fase di ricezione e applicazione si ritrovano a non
essere omogenee, rispecchiando in alcuni casi le diverse culture vigenti. Si pone
quindi il problema di stabilire quale sia la legge di riferimento nell’ipotesi,
tutt’altro che rara, di diffusione di comunicazioni commerciali lecite nello stato di
origine ma in contrasto con le legislazioni degli altri stati in cui viene ricevuto.
Per stabilire se le pubblicità debbano essere conformi all’ordinamento del paese di
partenza, ovvero del paese di ricezione, si è suggerito di ricorrere ai meccanismi
2
Scorza G., "Il diritto dei consumatori e della concorrenza in Internet. Pubblicità, privacy,
contratti, concorrenza e proprietà intellettuale nel cyberspazio", Cedam, Padova, 2006, p. 35.
3
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, decisione n. 5019 del 22 maggio 1997.
54
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
del diritto internazionale privato e, in particolare, alla Convenzione di Roma del
19 giugno 1980 sulla legge regolatrice delle obbligazioni contrattuali. Essa si basa
sul criterio della scelta della legge applicabile operata dalle parti (art. 3 c. 1
"Libertà di scelta") con i relativi limiti e oneri in carico ad esse4.
In mancanza di tale scelta, l’art. 4 c. 1, "Legge applicabile in mancanza di scelta",
prevede che al contratto si applichi la legge del paese con il quale esso presenta il
collegamento più stretto, presumendo che tale sia il paese in cui colui che deve
fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto,
la propria residenza abituale o, se si tratta di una società, di un’associazione o di
una persona giuridica, la propria amministrazione centrale.
È evidente, tuttavia, data la globalità e il carattere transnazionale della rete, quanto
sia problematico individuare il luogo di elaborazione ed esecuzione di tale
"prestazione caratteristica".
Sul piano del diritto interno non vi sono difficoltà se il messaggio è generato da
un’impresa italiana e diffuso attraverso un provider italiano, mentre la questione
diventa maggiormente intricata se l’annuncio, ideato in un dato stato, è diffuso in
nazioni straniere. Purtroppo in questo caso non esiste una regolamentazione certa
e definitiva sull’argomento che possa risolvere le emergenti controversie e solo in
parte suppliscono orientamenti diffusisi in sede comunitaria (con la direttiva
93/83/CEE e il Libro Verde della Commissione CE del 19 luglio 1995 dedicati
alla materia del diritto d’autore e contenenti suggerimenti sull’applicazione del
criterio della "Legge del paese da cui proviene il messaggio quale applicabile alle
trasmissioni online")5.
Nel presente e nel successivo capitolo attenzione sarà posta proprio alla disciplina
di riferimento delle comunicazioni commerciali diffuse in Rete. In questo capitolo
si procederà con l’analisi delle disposizioni definibili come "generali", ovverosia
non specifiche dell’e-advertising ma applicabili sia alla pubblicità tradizionale che
alle comunicazioni commerciali online. Si passeranno in rassegna, dunque, il
Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il Codice del
4
www.altalex.com: Furlanetto L., "La pubblicità online e le comunicazioni commerciali"
(Relazione presentata al convegno "Dalla lex mercatoria alla lex electronica nell’architettura
dell’e-business: opportunità, questioni legali e tecnologiche applicate al mercato" svoltosi in Santa
Margherita Ligure (GE) il 5 e 6 maggio 2006 ed organizzato dal Circolo dei Giuristi Telematici).
5
Ibidem.
55
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
Consumo e il d. lgs. 2 agosto 2007 n. 145, disciplinante la pubblicità ingannevole
e comparativa illecita. Successivamente, invece, nel capitolo III ci si focalizzerà
su norme maggiormente legate al web come il d. lgs. 9 aprile 2003 n. 70 relativo
al commercio elettronico e attento anche alla responsabilità dell’Internet Service
Provider. Infine, luce sarà fatta sull’European Advertising Standards Alliance
(EASA), l’Alleanza Europea per l’Etica in Pubblicità che, raggruppando i diversi
organismi autodisciplinari nazionali, ne rende effettiva l’operatività anche
all’estero ricorrendo al cross border complaints system, e che potrebbe
rappresentare una effettiva soluzione alla intricata questione.
2.2
Codice
di
Autodisciplina
della
Comunicazione
Commerciale, 53a edizione
Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale costituisce un
fenomeno
di
natura
privatistica
di
regolamentazione
della
pubblicità
6
commerciale . Se l’autodisciplina è stata definita come
«[…] un fenomeno complesso, di stampo prettamente giuridico in
forza del quale un certo numero di soggetti, appartenenti ad una o più
categorie professionali abitualmente in rapporti operativi tra loro, si
impegnano ad osservare norme di comportamento da loro stessi
formulate e creano gli strumenti di controllo necessari per assicurarne
l’attuazione»7,
il Codice in questione disciplina nel dettaglio l’articolato mondo della pubblicità e
ha come scopo primario «Assicurare che la comunicazione commerciale, nello
svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, venga
realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza
sul consumatore», così come sancito alla lett. a, "Finalità del Codice", tra le
"Norme Preliminari e Generali". Non ha l’efficacia erga omnes propria della
6
Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè,
Milano, 2003, p. 4.
7
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 89.
56
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
legge8, ma vincola solo coloro che risultano, a vario titolo, aderirvi e, dunque,
«Utenti, agenzie, consulenti di pubblicità e di marketing, gestori di veicoli
pubblicitari di ogni tipo e tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o
tramite la propria associazione, ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto
di cui al punto d), finalizzato all’effettuazione di una comunicazione
commerciale» ("Norme Preliminari e Generali", lett. b "Soggetti vincolati").
Il Codice nacque in Italia il 12 maggio 1966, con la denominazione di "Codice
della Lealtà Pubblicitaria" in risposta alla fortemente sentita esigenza di
regolamentare in modo organico la pubblicità, soprattutto per tutelare il
consumatore dall’inganno pubblicitario9. Fu promulgato dal Comitato Permanente
Interfederale della Pubblicità e ratificato da FIEG (Federazione Italiana Editori
Giornali), RAI e UPA (Utenti Pubblicità Associati). Già nel 1951 l’UPA
(organizzazione che riunisce le imprese utenti di pubblicità) aveva pubblicato il
"Codice Morale della Pubblicità" sull’esempio del Code International de
pratiques loyales en matière de publicité, la prima raccolta organica di
disposizioni autodisciplinari di regolamentazione dell’advertising, pubblicata a
Parigi nel 1937 dalla Camera di Commercio Internazionale; nel 1953 seguì poi il
Codice FIP (Federazione Italiana della Pubblicità, organizzazione che riuniva
associazioni, imprese ed enti pubblicitari), una raccolta di usi e consuetudini
formatisi in materia pubblicitaria in Italia.
8
Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè,
Milano, 2003, p. 5.
9
«All’inizio degli anni ’50 la tutela del consumatore dall’inganno pubblicitario era assicurata
soltanto dalla normativa penale della frode in commercio e dalla legislazione speciale in materia
essenzialmente di prodotti alimentari e di prodotti agrari. Non era invece garantita dalla disciplina
privatistica della concorrenza sleale: perché questa tutelava esclusivamente gli interessi dei
concorrenti e per giunta non vietava (quanto meno) esplicitamente la pubblicità menzognera»,
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 89. «[…] il fenomeno
in esame ha colmato, attraverso il ricorso all’autonomia privata, un vuoto di tutela. Mentre la
giurisprudenza, anche nelle impostazioni più datate, ha riconosciuto nella pubblicità menzognera
una condotta concorrenzialmente sleale siccome contraria ai principi di correttezza professionale,
rendendo azionabili, in favore dell’imprenditore, gli strumenti di cui agli artt. 2598 c. c. e ss.; il
consumatore, prima dell’emanazione del menzionato d. lgs. 74/92, restava sprovvisto di protezione
nei confronti del fenomeno pubblicitario, giacché la predetta normativa codicistica è
soggettivamente delimitata ai casi di sussistenza di rapporto concorrenziale tra imprenditori. Il
consumatore, dunque, era tutelato solo in via eventuale e indiretta contro il messaggio
pubblicitario scorretto, ovverosia solo se e nella misura in cui esso fosse lesivo anche di interessi
di natura imprenditoriale», Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina
Pubblicitaria", Giuffrè, Milano, 2003, p. 5.
57
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
Il "Codice della Lealtà Pubblicitaria" nel 1975 cambiò denominazione diventando
"Codice di Autodisciplina Pubblicitaria" (c.a.p.) e nel 2008 è stato rinominato
"Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale". L’ultima edizione
è la cinquantatreesima in vigore dal 21 novembre 2011.
Dal 1971 al 1976 la gestione del sistema autodisciplinare venne affidata alla
Confederazione Generale Italiana della Pubblicità (CGIP), composta da FEDERPRO (formata dalle associazioni OTIPI e TP e, in seguito anche da ANICA),
FIEG, FIP, RAI, SIPRA e UPA, e dal 1977, dopo la costituzione dell’Istituto
dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) su iniziativa degli enti che appartenevano
alla CGIP, il controllo passò a quest’ultimo organo il quale, a norma dell’art. 2 c.
2 dello statuto IAP, provvede all’emanazione e alle revisioni del Codice stesso.
L’autodisciplina pubblicitaria pone in tal modo delle regole di condotta agli
operatori del settore tutelando, conseguentemente, non solo l’interesse, soprattutto
di natura concorrenziale, dell’imprenditore a non essere leso dalle altrui
comunicazioni scorrette, ma anche quello del fruitore del messaggio a non venire
sviato nelle proprie scelte di consumo oppure a non essere pregiudicato, attraverso
tali pubblicità, nelle proprie convinzioni morali, civili e religiose10. Più di tutto,
comunque, il codice tutela l’immagine e la credibilità stessa della pubblicità,
vietando la divulgazione di messaggi lontani dal comune sentire e,
conseguentemente, idonei a suscitare nel pubblico sentimenti di ostilità nei
confronti della pubblicità come istituzione di mercato11.
Il Codice è stato definito da alcuni come un ordinamento autonomo, non
interferente e indipendente da quello dello Stato (cfr. Menichetti), e da altri come
un ordinamento privato derivato da quello statuale (cfr. Borrelli)12. In generale si è
concordi nell’affermare che il carattere vincolante delle norme in questione derivi
10
Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè,
Milano, 2003, p. 5.
11
Possono gettare discredito sulla pubblicità i messaggi che utilizzano argomenti di grande
impatto sociale privi di attinenza con il prodotto al solo fine di attirare l’attenzione del pubblico;
gli annunci in aperto conflitto con i convincimenti della società civile; le comunicazioni che
sfruttano temi che per la loro intrinseca natura sono destinati a rimanere confinati entro la sfera
privata, come la sessualità infantile; messaggi fortemente e gratuitamente volgari; valutazioni
negative nei riguardi dell’istituto pubblicitario stesso; annunci provocatoriamente insultanti i
destinatari della comunicazione (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam,
Milano, 2008, p. 111 e seg.).
12
Ibidem, p. 91 e segg. (cfr. Menichetti P. R., "Natura giuridica e funzioni del codice di lealtà",
Borrelli F. S. "Rivista di diritto industriale").
58
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
da un atto di autonomia negoziale, stipulazione contrattuale alla quale
l’ordinamento statale attribuisce efficacia ai sensi dell’art. 1372 c.c.13. L’autorità
giudiziaria ordinaria si è espressa in tal senso:
«(Le pronunce del Giurì) non sono suscettibili di impugnativa davanti
al Giudice Ordinario, né possono essere da questo sindacate,
ponendosi su di un piano meramente privato e di piena autonomia
delle parti» (App. Milano 11/06/2002)14.
D’altronde lo stesso art. 32 del Codice sancisce che «Il Giurì esamina la
comunicazione commerciale che gli viene sottoposta e si pronuncia su di essa
secondo il presente Codice». Risulta irrilevante la conformità dei messaggi
pubblicitari alle leggi statali così come la violazione della legge non integra di per
sé una inosservanza delle norme del c.a. anche se, comunque, quest’ultimo
affonda le sue radici nell’ordinamento statuale poiché in esso trova contenuti e vi
attinge categorie, anche mediante rinvii a norme e istituti propri del diritto
positivo (riferimenti a contratti, segni distintivi, categorie merceologiche),
cosicché talora l’autodisciplina appare come uno sviluppo e una precisazione dei
principi già contenuti nella legge15.
Importante si rivela proprio il ruolo dell’Istituto dell’Autodisciplina: i soggetti
iscritti a tale organo (le maggiori associazioni degli operatori del sistema
pubblicitario16) si impegnano a far osservare ai loro associati i principi in
13
Art. 1372 c.c. "Efficacia del contratto": «Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può
essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge […] Il contratto non
produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge […]».
14
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 92.
15
Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè,
Milano, 2003, p. 16.
16
Le associazioni e gli enti che riconoscono il Codice di Autodisciplina della Comunicazione
Commerciale sono i seguenti: Aziende: UPA (Utenti Pubblicità Associati); Aziende di settore:
Assofin (Associazione Italiana del Credito al Consumo e Immobiliare); Agenzie:
AssoComunicazione (Associazione delle Imprese di Comunicazione), UNICOM (Unione
Nazionale Imprese di Comunicazione); Televisioni e radio: Aeranti-Corallo (Associazione delle
Imprese Radiotelevisivi locali, satellitari e via Internet), FRT (Federazione Radio Televisioni),
Mediaset spa, Rai Radiotelevisione Italiana spa, Sky Italia srl; Stampa: ANES (Associazione
Nazionale Editoria Periodica Specializzata), FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali);
Affissioni: AAPI (Associazione Aziende Pubblicitarie Italiane); Internet: Fedoweb (Federazione
Operatori Web), IAB Italia (Interactive Advertising Bureau Italia); Concessionarie: FCP
(Federazione Concessionarie di Pubblicità); Pubblicità Sociale: Fondazione Pubblicità Progresso;
59
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
questione, a dare opportuna diffusione delle decisioni dell’organo giudicante e ad
adottare adeguati provvedimenti nei riguardi dei soci che non vi si attengono o
sono recidivi ("Norme Preliminari e Generali", lett. c, "Obblighi degli enti
firmatari"). Inoltre, «Per meglio assicurare l’osservanza delle decisioni
dell’organo giudicante, gli organismi aderenti si impegnano a far sì che ciascun
soggetto ad essi associato inserisca nei propri contratti una speciale clausola di
accettazione del Codice, dei Regolamenti autodisciplinari e delle decisioni assunte
dal Giurì, anche in ordine alla loro pubblicazione, nonché delle ingiunzioni del
Comitato di Controllo divenute definitive» ("Norme Preliminari e Generali", lett.
d, "Clausola di accettazione").
«Poiché
attualmente
l’Istituto
di
Autodisciplina
Pubblicitaria
comprende tutti i principali operatori del sistema o le loro associazioni
e considerata la larga diffusione delle clausole di accettazione nei
contratti standard, si può comunque affermare che il Codice ha oggi
un’efficacia generalizzata, tale da assicurarne in un modo o nell’altro
l’applicazione anche nei casi in cui un utente, un’agenzia, un
professionista o un inserzionista, intendesse per ipotesi sottrarsi ad
essa»17.
Il Codice ha trovato un primo implicito riconoscimento normativo con il d. lgs.
del 25 gennaio 1992 n. 74 ("Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come
modificata dalla direttiva 97/55/CE, in materia di pubblicità ingannevole e
comparativa", modificato successivamente dal d. lgs. 25 febbraio 2000 n. 67 e
dalla legge del 6 aprile 2005 n. 49) e, successivamente, piena conferma con il d.
lgs. del 2 agosto 2007 n. 146 ("Attuazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle
pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che
modifica le direttive 84/450/CEE, 97/7/CE, 98/27/CE, 2002/65/CE, e il
Regolamento (CE) n. 2006/2004) che promuove il ruolo dei "Codici di Condotta".
Soci Sostenitori: Gruppo Finelco, ISDACI (Istituto Scientifico per l’Arbitrato e il Diritto
Commerciale), RTL 102.5 HIT RADIO srl. L’Istituto è membro della Alleanza Europea per
l’Etica in Pubblicità (EASA, European Advertising Standards Alliance).
17
Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa.
Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 226.
60
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
«La fortuna del Codice deriva dalla capacità di sapersi adattare alla
continua evoluzione dei mezzi di comunicazione e al mutamento delle
esigenze di mercato e della società: ne è prova il fatto che ha già
subito numerosi adattamenti nel corso degli anni»18.
Il Codice è strutturato in due parti, la prima recante le regole sostanziali (artt. 1-28
bis e 43-46), la seconda le disposizioni procedurali (artt. 29-42)19. Formato da 46
articoli, si compone di sei titoli: dopo le "Norme Preliminari e Generali" troviamo
le "Regole di Comportamento" (Titolo I, artt. 1-16), le "Norme Particolari" (Titolo
II, artt. 17-28 bis), gli "Organi e la loro Competenza" (Titolo III, artt. 29-35), le
"Norme Procedurali e Sanzioni" (Titolo IV, artt. 36-42), la "Tutela della
Creatività" (Titolo V, artt. 43-45) e la "Disciplina della Comunicazione Sociale"
(Titolo VI, art. 46). Ad esso allegato sono il "Regolamento sui tempi tecnici di
attuazione delle decisioni autodisciplinari", il "Regolamento per i pareri preventivi
del Comitato di Controllo", il "Regolamento per deposito dei progetti creativi", il
"Regolamento per deposito avvisi di protezione", il "Regolamento sulla
Comunicazione
Commerciale
svolta
all’estero",
il
"Regolamento
sulla
Comunicazione Commerciale degli integratori alimentari proposti per il controllo
o la riduzione del peso e di altri tipi di integratori", il "Regolamento sulla
Comunicazione Commerciale dei medicinali per uso veterinario" e il
"Regolamento a garanzia dell’imparzialità del giudizio autodisciplinare".
Il Codice svolge non solo una funzione "repressiva", ma anche "deterrente", per
far sì che gli operatori pubblicitari si adeguino spontaneamente alle sue norme
senza che si debba intervenire a sanzionarli, e "preventiva" poiché dà la possibilità
agli operatori di sottoporre al parere degli organi autodisciplinari le comunicazioni
commerciali prima della loro diffusione20.
La recente modifica di denominazione da "Codice di Autodisciplina Pubblicitaria"
a "Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale" rappresenta un
considerevole cambiamento della volontà del legislatore, volto ad estendere
18
Ibidem, p. 222.
Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè,
Milano, 2003, p. 6.
20
Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa.
Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 223.
19
61
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
l’applicazione delle norme del Codice al di là della pubblicità tradizionalmente
intesa, comprendendo anche la forma di presentazione ai consumatori del
prodotto21 (inclusi l’imballaggio, la confezione, l’etichetta, il servizio, i diritti di
assistenza e garanzia), i folders, le televendite, le telepromozioni, le promozioni
delle vendite, gli annunci teaser, le sponsorizzazioni, il direct marketing, le fiere e
le mostre, ad eccezione delle politiche commerciali e delle tecniche di marketing
in sé considerate ("Norme Preliminari e generali", lett. e c. 1, "Definizioni") e la
distribuzione a scopo didattico di materiale promozionale quando sia richiesto
dagli Istituti scolastici pubblici o privati e l’uso avvenga sotto il controllo del
personale docente ("Norme Preliminari e generali", lett. e c. 5, "Definizioni").
Non sono esclusi invece i new media, e sotto la dizione di "comunicazione
commerciale"22 sono incluse altresì la comunicazione istituzionale e la
comunicazione sociale (ex art. 46 "Appelli al pubblico")23. Anche l’e-advertising
rientra, dunque, nel novero delle comunicazioni commerciali disciplinate dal
Codice e, conseguentemente, anche i messaggi veicolati attraverso la Rete devono
essere onesti, veritieri e corretti evitando tutto ciò che può screditare la pubblicità
stessa, ai sensi dell’art. 1 del c.a., "Lealtà pubblicitaria".
Il codice tutela i consumatori24 innanzitutto dall’inganno pubblicitario (ai sensi
dell’art. 2 "Pubblicità ingannevole") ove affermazioni, omissioni, ambiguità o
21
La lett. e c. 2 delle "Definizioni" tra le "Norme Preliminari e Generali" stabilisce che «Il termine
"prodotto" comprende qualsiasi oggetto della comunicazione commerciale e si intende perciò
esteso anche al servizio, metodo, trattamento, diritti, obbligazioni e simili. La natura del prodotto o
del servizio in sé considerata non forma oggetto del Codice di Autodisciplina» e al c. 3 è
specificato che «Il termine "messaggio" comprende qualsiasi forma di presentazione al pubblico
del prodotto e si intende perciò esteso anche all’imballaggio, alla confezione, all’etichetta e
simili».
22
Come già precisato al paragrafo 1.2, la lett. e delle "Norme Preliminari e Generali" sancisce che
«Agli effetti del Codice il termine "Comunicazione Commerciale" comprende la pubblicità e ogni
altra forma di comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o servizi
quali che siano le modalità utilizzate, nonché le forme di comunicazione disciplinate dal titolo VI.
Non comprende le politiche commerciali e le tecniche di marketing in sé considerate».
23
Il c. 1 dell’art. 46 del Codice "Appelli al pubblico" sancisce che «È soggetto alle norme del
presente Codice qualunque messaggio volto a sensibilizzare il pubblico su temi di interesse
sociale, anche specifici, o che sollecita, direttamente o indirettamente, il volontario apporto di
contribuzioni di qualsiasi natura, finalizzate al raggiungimento di obiettivi di carattere sociale».
24
La lett. e c. 4 "Definizioni" delle "Norme Preliminari e Generali" sancisce che «Il termine
"consumatore" comprende ogni soggetto – persona fisica o giuridica come pure ente collettivo –
cui è indirizzata la comunicazione commerciale o che sia suscettibile di riceverla», includendo
sotto tale accezione sia i consumatori stricto sensu (persone fisiche che agiscono per fini che non
rientrano nel quadro della loro attività commerciale, industriale, artigianale e professionale), che i
professionisti (persone fisiche o giuridiche che agiscono nel quadro della loro attività
62
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
esagerazioni non palesemente iperboliche possano indurlo in errore, in particolare
per ciò che concerne le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la
gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone
rappresentate, i premi o i riconoscimenti25. Insidie che potrebbero essere
perpetuate anche attraverso terminologie, citazioni, dati statistici e menzioni di
prove tecniche e scientifiche non usate in modo appropriato (ex art. 3
"Terminologia, citazioni, prove tecniche e scientifiche, dati statistici");
testimonianze non autentiche, responsabili e controllabili (art. 4, "Testimonianze")
per cui il testimone26, soggetto che in qualità di consumatore o di esperto in
materia illustra le caratteristiche del prodotto elogiandone, implicitamente o
esplicitamente, la qualità, non risulta identificabile o raggiungibile; garanzie
obbligatorie comunicate con modalità tali da far ritenere che il loro contenuto sia
maggiore o diverso (art. 5 "Garanzie"). Inoltre, nel caso di garanzie più favorevoli
di quelle legalmente richieste o ad esse diverse, vi è a carico dell’inserzionista un
obbligo positivo di informazione per cui vanno precisati il contenuto e le modalità
della garanzia offerta, oppure è necessario riportare una sintetica ma significativa
indicazione accompagnata da un rinvio a fonti scritte, maggiormente esplicative,
rinvenibili presso il punto vendita, sul sito aziendale o unite al prodotto. La norma
tenta di evitare che la pubblicità influenzi in modo suggestivo le scelte del
consumatore facendo leva su plus fittizi o già obbligatori.
commerciale, industriale, artigianale e professionale) e dunque il rivenditore o comunque
l’intermediario commerciale.
25
Il parametro di riferimento per valutare l’ingannevolezza della comunicazione commerciale in
analisi è il "consumatore medio" del gruppo di riferimento (art. 2 c. 2), ovverosia un consumatore
di media avvedutezza e normalmente informato. Tale valutazione non può prescindere dall’analisi
del target di riferimento poiché il criterio è applicato con particolare rigore soprattutto nei casi in
cui i messaggi siano destinati a persone che, a causa del loro aspetto fisico o della loro credulità, si
trovano in particolari condizioni di inferiorità psicologica e, conseguentemente, sono
particolarmente vulnerabili e suscettibili di essere influenzati e, nel caso, ingannati dalla
comunicazione commerciale.
26
Non rientra nel concetto di testimonianze or ora accennato l’utilizzo del cosiddetto testimonial,
personaggio noto al grande pubblico e distintosi per le sue particolari doti fisiche o intellettive, di
cui è meramente sfruttata la notorietà a fini commerciali, associando il carisma della star e la sua
filosofia di vita al bene o servizio oggetto della comunicazione commerciale ("effetto alone"
dall’immagine al messaggio). A ben vedere, comunque, il termine testimonial è erroneamente
utilizzato in quanto i personaggi designati con tale espressione dovrebbero essere classificati come
"influenti". Testimonial in realtà è colui che raccomanda il prodotto in quanto esperto autorevole
(esperto universalmente riconosciuto dal target) in un campo attinente al settore merceologico cui
il prodotto reclamizzato appartiene (es. il dentista che pubblicizza un dentifricio),
indipendentemente dalla sua fama.
63
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
«La comunicazione commerciale deve essere sempre riconoscibile come tale», è
sancito all’art. 7 ("Identificazione della comunicazione commerciale"), distinta da
altri contenuti informativi mediante opportuni accorgimenti tecnici, stilistici,
grafici. Il consumatore, inoltre, è tutelato nei riguardi di comunicazioni che
sfruttano la superstizione, la credulità, la paura (art. 8 "Superstizione, credulità,
paura"), impedendo il plagio dei soggetti più deboli; nei confronti di messaggi che
risultano, a causa di affermazioni o rappresentazioni, violenti, indecenti, volgari,
ripugnanti (art. 9 "Violenza, volgarità, indecenza"), salvaguardando, in tal modo,
non solo il buon gusto e i valori sociali e morali, ma principalmente l’istituzione
della pubblicità stessa, difendendola da reazioni di rigetto che potrebbero essere
scatenate da messaggi offensivi della sensibilità del pubblico.
Inoltre, «La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni
morali, civili e religiose. Essa deve rispettare la dignità della persona in tutte le
sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione» (art. 10
"Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona") e, chiaramente,
particolare attenzione va prestata nei casi di ideazione e diffusione di messaggi
destinati a bambini e adolescenti o che siano suscettibili di raggiungerli (art. 11
"Bambini e adolescenti"). Tali comunicazioni non devono contenere nulla che
possa loro recare danno psichico, morale o fisico, e non possono assolutamente
abusare della loro maggiore credulità, mancanza di esperienza o senso di lealtà.
La norma, tuttavia, tutela sì i bambini ma anche gli adulti nel caso di messaggi
che facciano leva sulla vulnerabilità di questi nei confronti dei più piccoli,
abusando, per fini commerciali, delle attenzioni e preoccupazioni che
normalmente sono rivolte al mondo dell’infanzia. Particolare premura è posta
anche verso le comunicazioni commerciali relative a prodotti suscettibili di
presentare pericoli per la salute, la sicurezza e l’ambiente, che devono indicare tali
condizioni minacciose con chiarezza, senza descrizioni tali da indurre i destinatari
a trascurare le normali regole di prudenza (art. 12 "Salute, sicurezza e ambiente").
I professionisti sono direttamente tutelati dalle comunicazioni commerciali altrui
che imitano servilmente i propri messaggi, soprattutto se idonei a creare
confusione, e l’art. 13 ("Imitazione, confusione e sfruttamento") vieta, per di più,
anche lo sfruttamento del nome, del marchio, della notorietà e dell’immagine
64
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
aziendale altrui, quando intesa a trarre per sé ingiustificato profitto. Non è vietato,
dunque, qualsiasi riferimento alla notorietà altrui, ma solo l’agganciamento
parassitario volto ad ottenere un vantaggio senza motivo27. Di certo è vietata la
denigrazione delle attività o dei prodotti dei competitor, pur senza esplicita
menzione degli stessi (art. 14 "Denigrazione"), ma non la comparazione (art. 15
"Comparazione"). Se la prima edizione del Codice (maggio 1966) proibiva ogni
forma, anche blanda, di paragone, già con la seconda edizione (luglio 1971) il
divieto assoluto veniva limitato alla sola comparazione diretta, mentre era
giudicata lecita la comparazione indiretta, «Quando sia intesa ad illustrare, sotto il
profilo tecnico, commerciale o del rendimento, le caratteristiche ed i vantaggi reali
del proprio prodotto o della propria azienda, e sempre che non si risolva nella
denigrazione del prodotto o dell’azienda» (secondo l’art. 15 in vigore all’epoca).
D’altronde è con la terza edizione del codice (marzo 1975) che la disciplina della
pubblicità comparativa ha ricevuto una formulazione pressoché definitiva e con la
riformulazione del 1999 (28a edizione) è stata riconosciuta pienamente la liceità
della comparazione diretta, effettuata cioè nei confronti di un concorrente
precisamente individuato, utilizzando i suoi segni distintivi28. Dunque, la
comparazione è consentita quando risulta utile ad illustrare i vantaggi dei beni o
servizi oggetto della comunicazione, purché ponga a confronto «Obiettivamente
caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili tecnicamente e rappresentative dei
beni e servizi concorrenti, che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli
stessi obiettivi» ai sensi dell’art. 15 c. 1. Infine, pur rimarcando la necessità di non
diffondere comparazioni che possano ingenerare confusione nel destinatario o
causare discredito o denigrazione, il c. 2 della norma sancisce che la
comparazione deve essere in ogni caso leale e non ingannevole.
27
Degno di menzione è anche l’art. 2598 c.c. che disciplina la concorrenza sleale. Compie, infatti,
atti di concorrenza sleale «[…] chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre
confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i
prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i
prodotti e con l’attività di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e
sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei
prodotti o dell’impresa di un concorrente; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro
mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui
azienda».
28
Ciò come conseguenza della volontà di uniformare il codice alla direttiva CE 97/55 in materia di
pubblicità comparativa (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008,
p. 167).
65
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
È comprensibile che il giudizio sulla ingannevolezza o veridicità di qualsiasi
comunicazione commerciale vada espresso in relazione al medium utilizzato, in
quanto ciò che risulta accettabile per un determinato mezzo può non esserlo per
altri e, in ogni caso, il proprietario del mezzo può rifiutare, sulla scorta della
propria autonomia contrattuale, un messaggio difforme dai criteri di lavoro da lui
adottati, anche se conforme al Codice (art. 16 "Variabilità"). I contratti di
diffusione pubblicitaria stipulati tra utente e mezzo o la sua concessionaria, infatti,
non indicano il contenuto da veicolare attraverso la comunicazione commerciale
e, pertanto, i proprietari del medium possono, venendone a conoscenza, valersi del
proprio "diritto di rifiuto", la facoltà discrezionale di non accettare la pubblicità
anche se è già stato assunto il relativo obbligo contrattuale.
Il Titolo II del Codice definisce le "Norme particolari". Nello specifico sono
disciplinate determinate modalità di vendita sensibili ad abusi (artt. 17-21) e
precisi settori merceologici (artt. 22-28 bis). Nel dettaglio gli artt. 17, 18, 20 e 21
pongono un obbligo positivo di informazione a carico dell’inserzionista nel caso
di "Vendite a credito", "Vendite a distanza", "Vendite speciali" e "Manifestazioni
a premio", mentre è vietata, ai sensi dell’art. 19 ("Forniture non richieste") ogni
comunicazione commerciale relativa a forniture non richieste che mirino a
obbligare il destinatario al pagamento delle stesse, qualora questi non rifiuti o non
restituisca al fornitore quanto fornitogli.
Inerentemente ai settori merceologici disciplinati dal Codice, si è ritenuto
necessario inserire alcune norme che potessero porre un limite e una misura a
messaggi relativi a prodotti o servizi che per la loro intrinseca natura possono
trarre in inganno il consumatore o comunque approfittare della sua maggiore
vulnerabilità. Gli articoli dal 22 al 28 bis disciplinano le comunicazioni
commerciali relative a bevande alcoliche (art. 22), prodotti cosmetici e per
l’igiene personale (art. 23), integratori alimentari e prodotti dietetici (art. 23 bis),
trattamenti fisici ed estetici (art. 24), prodotti medicinali e trattamenti curativi (art.
25), corsi di istruzione e metodi di studio o insegnamento (art. 26), operazioni
finanziarie e immobiliari (art. 27), viaggi organizzati (art. 28), giocattoli, giochi e
prodotti educativi per bambini (art. 28 bis).
66
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
Giurì e Comitato di Controllo sono gli organi competenti in materia, cui spetta il
compito di giudicare nel merito delle controversie insorte per la supposta
violazione del Codice.
Il Giurì (art. 29 "Composizione del Giurì") è composto da membri nominati dallo
IAP e scelti tra esperti di diritto, di problemi dei consumatori e di comunicazione,
e questi, proprio come i membri del Comitato di Controllo, non possono essere
selezionati fra persone che esercitano la loro attività professionale in materia di
autodisciplina della comunicazione commerciale, e ciò per garantire la massima
professionalità e indipendenza del collegio dall’Istituto. Durano in carica due anni
e
sono
riconfermabili.
Il
Giurì
è
l’organo
collegiale
giudicante
dell’Autodisciplina, deputato a pronunciarsi sul caso concreto o su richiesta del
Comitato di Controllo ovvero di chiunque ne abbia interesse.
Il Comitato di Controllo (art. 30 "Composizione del Comitato di Controllo") è
l’organo garante degli interessi generali dei consumatori. È anch’esso composto
da membri scelti dall’Istituto selezionati tra esperti dei problemi dei consumatori,
di tecnica pubblicitaria, di mezzi di comunicazione e di materie giuridiche.
I membri di questi due Organi di autodisciplina hanno mandato di svolgere le loro
funzioni secondo il proprio libero convincimento e non in rappresentanza di
interessi di categoria e, inoltre, sono tenuti ad osservare il massimo riserbo
nell’adempimento dei propri compiti (art. 31 "Principi per il giudizio").
L’iniziativa nei riguardi di comunicazioni commerciali ritenute non conformi al
Codice può essere assunta d’ufficio dallo stesso Comitato o dai singoli cittadiniconsumatori ovvero da associazioni rappresentative di interessi collettivi. Per
segnalare una presunta violazione del Codice è sufficiente inviare una e-mail alla
casella di posta elettronica dello IAP. Durante le sedute del Comitato viene
esaminata la segnalazione e può essere richiesta, a chi si è valso della
comunicazione commerciale in discussione, la documentazione atta a consentire
l’accertamento della veridicità di quanto affermato (ex art. 32 "Funzioni del Giurì
e del Comitato di Controllo")29.
29
Cfr. art. 6 "Dimostrazione della verità della Comunicazione Commerciale": «Chiunque si vale
della comunicazione commerciale deve essere in grado di dimostrare, a richiesta del Giurì o del
Comitato di Controllo, la veridicità dei dati, delle descrizioni, affermazioni, illustrazioni e la
consistenza delle testimonianze usate».
67
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
Il Comitato può, a seguito dell’analisi del messaggio segnalato, invitare
l’inserzionista a modificare la comunicazione commerciale scorretta o
ingannevole nei casi di lievi inadempienze, oppure inoltrare alle parti un
provvedimento monitorio, succintamente motivato, che ingiunge di desistere
dall’ulteriore diffusione della comunicazione commerciale ai sensi dell’art. 39.
L’ingiunzione diviene esecutiva in caso di mancanza di motivata opposizione
entro il termine perentorio di 10 giorni. In caso contrario, invece, se è proposta
opposizione nei termini stabiliti, il Comitato può ritirare l’ingiunzione oppure
sottoporla al Giurì affinché si pronunci in merito, ovvero, nei casi più complessi e
importanti, è aperto un procedimento ordinario con l’inoltro, da parte del
Comitato, di istanza motivata al Giurì affinché si esprima sul caso.
Infine, se il Comitato non ravvisa trasgressione del Codice, procede
all’archiviazione per non contrasto del Codice ovvero per ritenuta incompetenza o
difetto di giurisdizione dell’organo autodisciplinare, oppure per non luogo a
procedere, nel caso risultino preminenti gli interessi di parte, concorrenziali
rispetto a quelli dei consumatori.
Chiunque ritenga di subire pregiudizio da un’attività di comunicazione
commerciale contraria al Codice può richiedere l’intervento del Giurì nei
confronti di chi, avendo accettato il Codice stesso in una qualsiasi delle forme
indicate nelle "Norme Preliminari e Generali", abbia compiuto le attività ritenute
illecite. La parte interessata deve presentare una istanza scritta indicando la
comunicazione commerciale che intende sottoporre al vaglio del Giurì, esponendo
le proprie ragioni e allegando la relativa documentazione. (art. 36 "Istanze al Giurì
e segnalazioni al Comitato di Controllo" c. 1 e 2).
Dopo aver ricevuto l’istanza, il Presidente del Giurì nomina fra i membri del Giurì
un relatore e dispone la comunicazione degli atti alle parti convenute assegnando
loro un termine, non inferiore agli otto e non superiore ai dodici giorni liberi
lavorativi, per il deposito delle rispettive deduzioni e di eventuali documenti e le
convoca entro il termine più breve possibile per la discussione orale che dovrà
vertere soprattutto sugli aspetti della controversia che non sia stato possibile
trattare per iscritto. Tale termine, il più breve possibile, si rende necessario poiché
nelle controversie in materia pubblicitaria l’efficacia dell’intervento dell’organo
68
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
giudicante dipende anche dalla sua tempestività. Per tale motivo il procedimento
autodisciplinare è stato assimilato a quello d’urgenza per il quale il fumus boni
iuris e il periculum in mora sono sufficienti a determinare in tempi rapidissimi il
convincimento del giudice e per tali motivi non è previsto un Giurì d’appello30.
Nei casi in cui il messaggio oggetto dell’istanza consista in una comparazione
diretta, o riguardi un’offerta promozionale di durata pari o inferiore a trenta
giorni, su richiesta dell’istante, il termine assegnato alla parte resistente per il
deposito di deduzioni e documenti è di otto giorni liberi lavorativi, e l’udienza di
discussione avanti il Giurì ha luogo, salvo casi eccezionali, non oltre i dieci giorni
liberi lavorativi dalla presentazione dell’istanza.
Le parti, personalmente o assistite da legali e consulenti, sono convocate innanzi
al Giurì per la trattazione orale della vertenza, in contraddittorio. La discussione
non può essere rinviata se non per casi eccezionali o per accordo delle parti.
Esaurita la discussione, il Giurì qualora ritenga la pratica sufficientemente istruita,
emette la propria decisione; se invece reputa necessario acquisire ulteriori
elementi di prova, rimette gli atti al relatore che provvede al più presto
all’assunzione degli atti istruttori ritenuti necessari, che poi restituisce al Giurì per
il prosieguo del procedimento; se, infine, durante il procedimento sono emersi
elementi tali da fare ritenere la sussistenza di violazioni non precedentemente
previste nell’istanza in esame, queste vengono accertate, contestate e dichiarate
d’ufficio (art. 37 "Procedimento avanti al Giurì").
In qualsiasi momento del procedimento il Giurì può chiedere, senza formalità, al
Comitato di Controllo pareri su qualsivoglia questione.
30
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 213. Fumus boni
iuris ("apparenza di buon diritto") è un’espressione latina che in diritto indica uno dei due
presupposti, assieme al periculum in mora, necessario per ottenere, nell’ambito del processo civile,
un provvedimento cautelare (ex art. 700 c. p. c. "Condizioni per la concessione"). Il fumus boni
iuris consiste in un giudizio sommario in ordine alla verosimile esistenza del diritto a cautela del
quale si invoca il rilascio della misura cautelare. Con l’espressione periculum in mora ("pericolo
nel ritardo") si intende, invece, il danno causato da un ritardo nell’intervento, il possibile danno in
cui potrebbe incorrere il diritto soggettivo per il quale si richiede la misura cautelare, se rimanesse
senza alcuna forma di tutela giuridica fino alla pronuncia di merito. Colui che richiede l’ordinanza
cautelare deve dimostrare la sussistenza del rischio di subire un danno grave e irreparabile. Parte
della dottrina ritiene che tra i due requisiti vi sia una relazione inversa, per cui laddove è maggiore
il grado di periculum richiesto dal legislatore per una determinata misura cautelare, minore sarà il
grado di plausibilità circa l’esistenza del diritto necessario per integrare il requisito del fumus e
viceversa (da Enciclopedia Treccani consultabile all’indirizzo www.treccani.it).
69
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
Il Giurì, al termine della discussione, si ritira in camera di consiglio e subito dopo
emette la sua decisione, comunicando immediatamente il dispositivo sull’esito
della vertenza alle parti. Se la comunicazione commerciale esaminata non è
conforme alle norme del Codice, il Giurì dispone che le parti interessate desistano
dalla stessa (art. 38 "Decisione del Giurì"). Nei casi particolarmente gravi il Giurì
può disporre che sia data notizia al pubblico della decisione, per estratto, anche
con i nomi delle parti, sugli organi di informazione ritenuti opportuni. La
pubblicazione può avere altresì ad oggetto l’accertamento dell’inosservanza delle
disposizioni. Le parti nei cui confronti la decisione è stata pronunciata devono
astenersi da ogni utilizzazione della stessa per fini commerciali.
Tutte le decisioni sono pubblicate, a cura della Segreteria dell’Istituto di
Autodisciplina31 sul suo sito Internet32 e nella banca dati IAP (art. 40
"Pubblicazione delle decisioni").
Le decisioni del Giurì sono definitive ed incontestabili (art. 38 c. 5). «Qualora chi
è tenuto ad uniformarsi alle decisioni del Giurì o del Comitato di Controllo non vi
si attenga nei tempi previsti dall’apposito regolamento, il Giurì o il suo Presidente
reiterano l’ordine di cessazione della comunicazione commerciale interessata e
dispongono che si dia notizia al pubblico dell’inottemperanza, attraverso gli
organi di informazione indicati, a cura dell’Istituto dell’Autodisciplina
Pubblicitaria» (c. 1 art. 42 "Inosservanza delle decisioni").
«La decisione del Giurì o l’ingiunzione del Comitato di Controllo
comportano
l’immediata
cessazione
della
diffusione
della
comunicazione scorretta. La sanzione potrebbe ritenersi insufficiente –
e certamente lo è nei casi di violazioni più gravi o dove gli interessi
economici in gioco siano particolarmente rilevanti – tuttavia comporta
anche effetti indiretti che ne potenziano notevolmente l’efficacia.
Infatti, la mancata utilizzazione di una campagna pubblicitaria può
comportare un grave danno economico, dato che la preparazione di
31
L’art. 33 del Codice "Segreteria" sancisce che «1) La Segreteria dell’Istituto svolge anche
l’attività di segreteria per il Giurì e il Comitato di Controllo. 2) La Segreteria attesta la pendenza di
procedimenti avanti il Giurì e, su richiesta degli interessati, ne rilascia certificazione scritta».
32
Il sito internet dell’Istituto di Autodisciplina è consultabile all’indirizzo www.iap.it.
70
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
una campagna comporta costi spesso ingenti; un danno all’attività
commerciale e alle vendite; riflessi negativi sull’immagine aziendale e
ciò, in particolare, quando si obbliga a rendere nota la pubblicazione
per estratto delle decisioni del Giurì»33.
L’organo giudicante ha solo il compito di eliminare gli annunci e le
comunicazioni promozionali in contrasto con le norme del Codice e non anche
quello di comminare ulteriori sanzioni. Accanto all’inibitoria non può esserci,
dunque, anche la condanna al risarcimento del danno.
Gli Organi Autodisciplinari sono impegnati anche in altre attività oltre a quanto
già espresso. Il Comitato di Controllo, ai sensi dell’art 32 c. 2 ("Funzioni del Giurì
e del Comitato di Controllo") su richiesta della parte interessata può esprime in
via preventiva il proprio parere circa la conformità alle norme del Codice della
Comunicazione Commerciale sottopostagli in via definitiva ma non ancora
diffusa. Il parere viene pronunciato sotto riserva della validità e completezza dei
dati e delle informazioni fornite dalla parte richiedente. L’approvazione impegna
il Comitato a non agire d’ufficio contro il messaggio già esaminato e accettato.
Chiaramente, le parti nei cui confronti è stato espresso il parere preventivo devono
astenersi da ogni utilizzazione del parere medesimo per fini commerciali.
Altra prestazione garantita è la tutela dei progetti creativi. Secondo quanto
disposto all’art. 43 ("Progetti creativi") qualora a un’agenzia o a un professionista
sia richiesto da un’impresa, nell’ambito di una gara, di una consultazione plurima
o individuale e in vista dell’eventuale futuro conferimento dell’incarico, la
presentazione di un progetto di comunicazione, tale opera può essere tutelata da
indebite utilizzazioni o imitazioni per un periodo di tre anni dalla data del
deposito del relativo materiale da parte degli interessati. Il materiale creativo deve
essere depositato in un plico sigillato presso la Segreteria dello IAP da parte
dell’agenzia o del professionista prima della presentazione al cliente. Condizioni
necessarie per dar luogo alla tutela sono la novità e l’originalità dell’ideazione.
33
Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa.
Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 234.
71
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
La norma è collegata alla necessità di tutelare gli operatori pubblicitari affinché si
scongiuri il pericolo di un’eventuale realizzazione del progetto creativo,
presentato durante la gara, al di fuori dal rapporto contrattuale in vista della
conclusione del quale era stato presentato al cliente stesso, o a cura di un’agenzia
diversa da quella ideatrice della comunicazione imitata34.
Inoltre, chi intende proteggere una futura campagna di comunicazione attraverso
la diffusione di un solo messaggio creativo può, ex art. 44 ("Avvisi di
protezione"), depositare gli elementi essenziali della creazione presso l’Istituto. La
protezione ha efficacia per un periodo di diciotto mesi a far tempo dalla data di
deposito. Tale pratica pubblicitaria è nota da tempo: si tratta dei cosiddetti
"annunci civetta" o pre-emption, comunicazioni commerciali isolate che vengono
diffuse allo scopo precipuo di ottenere, attraverso la loro pubblicazione, la
protezione che l’art. 13 del Codice ("Imitazione, confusione e sfruttamento")
attribuisce ai messaggi, impedendone l’imitazione e ciò ancor prima della
realizzazione e della diffusione della relativa campagna pubblicitaria35.
Anche gli utenti che desiderano tutelare la propria campagna di comunicazione
commerciale da loro svolta in altri Paesi contro possibili imitazioni in Italia,
possono depositare gli esemplari di tale comunicazione presso la Segreteria dello
IAP. Il deposito conferisce un diritto di priorità valido per un periodo di cinque
anni dalla data del deposito stesso (art. 45, "Comunicazione svolta all’estero").
Nel 2005 l’IAP ha istituito una Camera di conciliazione e di arbitrato che,
affiancando Giurì e Comitato di Controllo, pur senza interferenza nel loro lavoro,
offre agli operatori pubblicitari e del diritto un servizio in merito alla correttezza
delle comunicazioni commerciali. Il Consiglio Direttivo dell’Istituto ha, infatti,
ritenuto opportuno creare una struttura specialistica che provvede alla gestione e
all’amministrazione dei procedimenti arbitrali e di conciliazione, basandosi su
appositi regolamenti per la soluzione di controversie legate al mondo della
comunicazione (come, exempli gratia, i contratti di diffusione pubblicitaria).
Pur non disciplinando direttamente ed esplicitamente anche l’e-advertising, è
scontato e ridondante affermare che quanto finora esplicato e sancito dal Codice
34
35
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 224.
Ibidem, p. 225
72
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
possa essere esteso anche alla pubblicità su Internet. Nei casi di una
comunicazione ricevuta in un paese ma inviata da imprese e provider straneri,
potrebbero presentarsi alcuni ostacoli all’applicazione di tali norme in quanto il
controllo autodisciplinare è limitato alla sola Italia e, inoltre, è necessario che si
aderisca all’autodisciplina pubblicitaria, non escludendo comunque problemi
connessi all’esecuzione coattiva di ordini di cessazione di pubblicità illecite36.
2.3 Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206, "Codice del
Consumo"
«Nel rispetto della Costituzione ed in conformità ai principi contenuti nei trattati
istitutivi delle Comunità europee, nel trattato dell’Unione europea, nella
normativa comunitaria con particolare riguardo all’articolo 153 del Trattato
istitutivo della Comunità economica europea, nonché nei trattati internazionali, il
presente codice armonizza e riordina le normative concernenti i processi di
acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei
consumatori e degli utenti». L’art. 1 del d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206,
esponendo finalità ed oggetto del cosiddetto "Codice del Consumo", chiarisce
immediatamente che non si tratta dell’ennesimo codice a tutela di interessi
specifici quanto di una raccolta unitaria delle diverse norme a protezione del
consumatore, ordinando, aggiornando e semplificando le disposizioni vigenti in
materia, adattandole soprattutto alle disposizioni del diritto comunitario.
«In termini sintetici, si tratta di un intervento valutativo, critico e non
compilativo o descrittivo del materiale normativo esistente. […] In
altre parole, si è al cospetto di una modalità di normazione avente – in
sé – una duplice veste, apparentemente confliggente: l’una,
"conservatrice", orientata alla considerazione dell’esistente e alla sua
organizzazione; l’ulteriore, protesa all’introduzione di novità di non
36
Ibidem, p. 99.
73
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
poco momento, aventi anche un impatto dogmatico di notevole
importanza»37.
Il decreto in discussione costituisce esercizio della delega legislativa contenuta
nell’art. 7 della legge 29 luglio 2003 n. 229 ("Interventi in materia di qualità della
regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione
2001"), avente ad oggetto il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela
dei consumatori38.
«Il Codice del Consumo, esperienza tutt’ora ascrivibile tra quelle
"pilota" in ambito comunitario e che racchiude quello che può
definirsi lo "stato dei consumatori", rappresenta uno dei primi
provvedimenti legislativi della nuova fase di codificazione relativa
alla semplificazione e riordino normativo […]»39.
Non si tratta però del paternalistico intento di tutelare il contraente debole:
piuttosto la normativa è funzionale alla tutela del bene giuridico della concorrenza
tra le imprese la cui crescita o fuoriuscita dal mercato è legata alle scelte
riconducibili alla sovranità del consumatore40.
Inoltre, il Codice del Consumo disciplina l’intero atto di consumo, comprendendo
non solo l’acquisto in sé, ma anche i momenti ad esso precedenti come la
pubblicità, l’informazione, e quelli successivi, come i servizi di riparazione o
sostituzione di beni non conformi a quanto atteso. La struttura stessa del Codice
segue tale sviluppo temporale, per cui l’accorpamento del materiale normativo
previgente ha avuto luogo seguendo le linee guida del procedimento economico e
giuridico che sfocia nell’atto finale del consumo41.
Il Codice del Consumo è composto da 146 articoli suddivisi in sei parti:
"Disposizioni
generali"
(artt.
1-3),
"Educazione,
informazione,
pratiche
37
Stanzione P., Sciancalepore G. (a cura di), "Commentario al Codice del Consumo.
Inquadramento sistematico e prassi applicativa", IPSOA Editore, Milano, 2006, p. 5 e segg.
38
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 3.
39
Ibidem, p. 5.
40
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 319.
41
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 6.
74
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
commerciali, pubblicità" (artt. 4-32), "Il rapporto di consumo" (artt. 33-101),
"Sicurezza e qualità" (artt. 102-135), "Associazioni dei consumatori e accesso alla
giustizia" (artt. 136-141), "Disposizioni finali" (artt. 142-146). Inoltre, il presente
decreto, dopo aver ospitato anche la disciplina sulla pubblicità ingannevole, a
seguito delle modifiche introdotte dal d. lgs. 2 agosto 2007 n. 146, non contempla
più tale materia. Per il lavoro in questione, interessante risulta il Titolo III
"Pratiche commerciali, pubblicità e altre comunicazioni commerciali" (artt. 18-27
quater)42 della Parte II.
L’art. 2 del decreto definisce i "Diritti del consumatore", riproducendo l’elenco
previsto dalla risoluzione CEE del 1975. Vengono così «Riconosciuti e garantiti i
diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è
promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e
associativa […]» (art. 2 c. 1), esplicitati al c. 2: accanto ai diritti individuali, come
il diritto "alla tutela della salute" (lett. a)43, sono indicati diritti "collettivi", quali il
diritto "ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità" (lett. c); i
cosiddetti "diritti di libertà"44, come il diritto "alla promozione e allo sviluppo
dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli
utenti" (lett. f); diritti che vedono come soggetto passivo lo Stato tenuto ad
educare al consumo (lett. d). Inoltre, sono riconosciuti come fondamentali anche il
diritto "alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi" (lett. b),
"all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede,
correttezza e lealtà" (lett. c bis), "alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei
rapporti contrattuali" (lett. e), "all’erogazione di servizi pubblici secondo standard
di qualità e di efficienza" (lett. g).
«[…] Le locuzioni utilizzate per la definizione dei diritti stessi
appaiono assai ambigue ed equivoche, lasciando ampia discrezionalità
all’interprete, il quale deve stabilire: 1) la "soglia" al di sopra della
42
Così come modificato dal d. lgs. 2 agosto 2007 n. 146.
Peraltro già sancito dall’art. 32 Cost.: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.| Nessuno può
essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge
non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
44
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 320.
43
75
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
quale il diritto alla "qualità" dei prodotti e dei servizi può considerarsi
rispettato; 2) cosa debba intendersi per informazione "adeguata"; 3)
quando la pubblicità possa dirsi "corretta"; 4) se il concetto di "equità"
nei rapporti contrattuali possa, ad esempio, implicare il sindacato
sull’equilibrio tra le prestazioni; 5) quale sia lo "standard" di qualità
ed efficienza cui deve attenersi l’erogazione di servizi pubblici. […]
Le direttive cui l’interprete può attingere, in sede di concretizzazione
delle ampie formule normative indicate, non possono che provenire
dalla natura giuridica del bene che la normativa intende tutelare.
Cosicché, se si ritiene che la disciplina dei consumatori tuteli il bene
giuridico della concorrenza, qui inteso nel senso di dinamismo
concorrenziale, la discrezionalità dell’interprete non può che trovare
quali suoi limiti interni i principi generali in materia di attività
economiche
e
di
concorrenza
rinvenibili
nella
legislazione
comunitaria ed in quella costituzionale. La latitudine del diritto e,
specularmente, il riconoscimento delle tutele apprestate, trovano
dunque in tali principi la propria misura».45
L’art. 18 del Codice ("Definizioni") così come modificato dal d. lgs. 146/07,
propone una serie di definizioni dei concetti più significativi ed importanti della
disciplina sulle pratiche commerciali scorrette. Lo stesso termine "scorretto",
volto a qualificare siffatti comportamenti, è stato utilizzato dal legislazione in
sostituzione del più generico "sleale" per distinguere tale normativa da quella
della concorrenza sleale disciplinata dal codice civile46. La lett. a dell’art. 18
definisce la nozione di "consumatore", ribadendo quanto già disposto all’art. 3
("Definizioni") c. 1 lett. a ("consumatore o utente")47 e chiarendo che con tale
termine si intende «qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali del
45
Ibidem, p. 320.
Sezione II ("Della concorrenza sleale") del Capo I ("Della disciplina della concorrenza") del
Titolo X ("Della disciplina della concorrenza e dei consorzi") del Libro V ("Del lavoro") del
Codice Civile, artt. 2598-2601.
47
L’art. 3 c. 1 lett. a definisce il "consumatore o utente" come «La persona fisica che agisce per
scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente
svolta».
46
76
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
presente titolo, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività
commerciale, industriale, artigianale o professionale». Tale definizione appare di
sicuro meno rigida rispetto a quanto sancito all’art. 3 per la parte riguardante le
finalità, poiché mentre quest’ultima spiegazione potrebbe essere intesa come una
assenza assoluta di qualunque finalità professionale da parte del consumatore per
essere definito come tale, grazie all’art. 18 è stato possibile estendere l’ambito di
applicazione della norma anche qualora le finalità professionali, pur presenti
assieme alle finalità private, abbiano un ruolo del tutto marginale. Non è definibile
come consumatore la persona giuridica sia pubblica che privata (ONLUS, imprese
sociali), né gli enti collettivi che operano per scopi non professionali, come le
fondazioni o le associazioni.
La formulazione precedente alla modifica apportata dal d. lgs. 146/07 era molto
più ampia comprendendo sotto la dizione di "consumatore" «anche la persona
fisica o giuridica cui sono dirette le comunicazioni commerciali o ne subisce le
conseguenze», per rendere il codice conforme a quanto previsto dalla disciplina
sulla pubblicità ingannevole introdotta dal d. lgs. 74/92. Attualmente tale
formulazione è presente all’art. 5 "Obblighi generali" contenuto al capo I
("Disposizioni generali") del Titolo II ("Informazioni ai consumatori") della parte
II. Tale anticipazione della tutela ad una fase precedente all’acquisto del bene o
servizio è stata voluta dal legislatore, in primis per garantire il diritto ad una
adeguata informazione e ad una corretta pubblicità disposto all’art. 2 c. 2 lett. c, e
soprattutto per riorganizzare le disposizioni a tutela dei consumatori con
riferimento all’intero processo di consumo, attribuendo particolare rilievo
all’informazione, fondamentale per ridurre
l’asimmetria informativa tra
professionista e consumer, e per permettere a quest’ultimo di effettuare le proprie
scelte in maniera consapevole.
«Considerare consumatori anche i destinatari delle informazioni
commerciali […] vuol dire anticipare le tutele e rendere evidente
come la figura del consumatore non appartenga solo al diritto dei
contratti e che il consumatore può essere parte di rapporti tanto
contrattuali quanto extracontrattuali e precontrattuali. Il consumatore
77
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
assume, perciò, rilevanza nel mondo del diritto indipendentemente dal
suo essere parte di un rapporto contrattuale»48.
L’inserimento all’interno del Codice del Consumo delle "pratiche commerciali"
conclude un percorso che ha condotto ad una radicale trasformazione delle
problematiche, legate all’area dell’informazione e dei comportamenti d’impresa,
inerenti al rapporto tra professionista e consumatore, il primo definito all’art. 3
lett. c come «la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria
attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo
intermediario» e all’art. 18 lett. b come «qualsiasi persona fisica o giuridica che,
nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua
attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in
nome o per conto di un professionista».
Da una tutela esclusivamente demandata al codice civile (art. 2598), con
riferimento ai soli interessi degli imprenditori in concorrenza tra di loro, si è
passati all’emanazione del d. lgs. 74/92 sulla pubblicità ingannevole, poi confluito
nel Codice del Consumo. Attualmente soggetti alla tutela sono direttamente anche
i consumatori e tutti coloro, che pur non acquistando di fatto il bene o il servizio,
sono coinvolti nelle attività promozionali49.
L’art. 19 del codice definisce l’ambito di applicazione del Titolo III della Parte II
del decreto, valido per le «pratiche commerciali scorrette tra professionisti e
consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale
relativa ad un prodotto», dove per "pratiche commerciali tra professionisti e
consumatori" si intende «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione,
comunicazione
commerciale
ivi
compresa
la
pubblicità50
e
la
commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in
relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori» (art.
18 lett. d) e per "prodotto" «qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i
48
Tripodi E. M., Belli C., "Codice del consumo. Commentario del D. Lgs. 206/2005 e successive
modifiche e integrazioni", Maggioli Editore, Rimini, 2008, p. 69.
49
Ibidem, p. 126.
50
Nel presente decreto non è fornita una definizione di pubblicità, mancanza cui si può supplire
grazie all’art. 2 c. 1 lett. a del d. lgs. 145/2007 (vedi infra).
78
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
diritti e le obbligazioni»51 (anche se il c. 4 dell’art. 19 sottolinea che il presente
titolo non è applicabile alla categoria merceologica dei metalli preziosi, sottoposti
ad una normativa speciale relativa alla loro certificazione). La nozione di pratica
commerciale scorretta risulta, dunque, molto ampia comprendendo ogni momento
di contatto tra professionista e consumatore.
Il Titolo in questione non pregiudica comunque «a) l’applicazione delle
disposizioni normative in materia contrattuale, in particolare delle norme sulla
formazione, validità od efficacia del contratto; b) l’applicazione delle disposizioni
normative, comunitarie o nazionali, in materia di salute e sicurezza dei prodotti; c)
l’applicazione delle disposizioni normative che determinano la competenza
giurisdizionale; d) l’applicazione delle disposizioni normative relative allo
stabilimento, o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici o altre norme
specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, per garantire livelli
elevati di correttezza professionale» (art. 19 c. 2). Inoltre, «in caso di contrasto, le
disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle
relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle
pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e
si applicano a tali aspetti specifici» (art. 19 c. 3).
Fondamento del sistema delle pratiche commerciali scorrette è l’art. 20 del Codice
che, trattando il "Divieto delle pratiche commerciali scorrette", afferma
perentoriamente che esse sono vietate (c. 1). Una pratica commerciale è
classificabile come scorretta se, secondo quanto stabilito al c. 2, «è contraria alla
diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il
comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che
essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la
pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori».
51
Una definizione di prodotto, molto più ampia, è già fornita all’art. 3 lett. e del codice: «Prodotto:
fatto salvo quanto stabilito nell’art. 18, comma 1, lettera c, e nell’art. 115, comma 1, qualsiasi
prodotto destinato al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi, o suscettibile, in
condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dal consumatore, anche se non a lui
destinato, fornito o reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell’ambito di un’attività
commerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo, usato o rimesso a nuovo; tale definizione
non si applica ai prodotti usati, forniti come pezzi d’antiquariato, o come prodotti da riparare o da
rimettere a nuovo prima dell’utilizzazione, purché il fornitore ne informi per iscritto la persona cui
fornisce il prodotto».
79
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
È evidente che per esserci scorrettezza è necessario che siano presenti entrambi gli
elementi costitutivi della definizione proposta dall’art. 20 c. 2, ovverosia la
contrarietà alla diligenza professionale e la capacità, anche solo potenziale, di
falsare il comportamento economico del consumatore. Quanto disposto all’art. 18
aiuta a disambiguare la norma. L’espressione "diligenza professionale" si riferisce
al «normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i
consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi
generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista52»
(lett. h), mentre con "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei
consumatori" si intende l’«impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare
sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole,
inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale53 che non
avrebbe altrimenti preso» (lett. e). La capacità della pratica commerciale di falsare
il comportamento economico del soggetto che raggiunge va valutata utilizzando
come parametro di riferimento il "consumatore medio".
Il Codice non fornisce una spiegazione di tale concetto, rinvenibile invece nella
direttiva CE 05/29 che al considerando 18 afferma che «[…] il consumatore
medio è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo
conto di fattori sociali, culturali e linguistici» sottolineando che «la nozione di
consumatore medio non è statistica. Gli organi giurisdizionali e le autorità
nazionali dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della
giurisprudenza della Corte di Giustizia, per determinare la reazione tipica del
consumatore medio nella fattispecie»54.
52
«Correttezza e buona fede sono però due "indicatori" diversi rispetto al comportamento del
professionista. Il primo […] si riferisce allo standard (minimo) che si può pretendere dal
professionista: è un vero e proprio "metro" rispetto all’adempimento dovuto. […] La buona fede,
invece, appare un criterio suppletivo ed integrativo qualora rispetto alla singola pratica non vi
siano (ancora) standard minimi di comportamento», Tripodi E. M., Belli C., "Codice del consumo.
Commentario del D. Lgs. 206/2005 e successive modifiche e integrazioni", Maggioli Editore,
Rimini, 2008, p. 141-142.
53
Ai sensi dell’art. 18 lett. m per "decisione di natura commerciale" si intende «la decisione presa
da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali
condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se
esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto; tale decisione può portare il consumatore
a compiere un’azione o all’astenersi dal compierla».
54
«I lineamenti del consumatore medio che emergono dall’esame delle sentenze pregiudiziali della
Corte di Giustizia lasciano comunque ampio spazio alla discrezionalità degli organi nazionali: in
materia di pubblicità comparativa sul prezzo di beni di largo consumo, è stato affermato che il
80
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
Inoltre, il c. 3 dell’art. 20 specifica che «Le pratiche commerciali che, pur
raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura
apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori
chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto
cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o
ingenuità, in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere,
sono valutate nell’ottica del membro medio di tale gruppo. […]». Il consumatore
medio non va valutato in astratto, essendo già esso, per sua intrinseca natura, un
soggetto virtuale: in ogni caso andranno valutati il prodotto in questione e la
categoria target specifica suscettibile di essere raggiunta dal messaggio.
La nozione di pratica commerciale scorretta introdotta al c. 2 ha, tuttavia, solo
applicazione residuale per le ipotesi in cui il comportamento del professionista nei
confronti del consumatore non sia riconducibile a nessuna delle fattispecie di
azioni o omissioni ingannevoli elencate agli artt. 21-22 o a aggressive di cui agli
artt. 24-25 e non ricada nelle black list di pratiche ingannevoli o aggressive ai
sensi degli artt. 23 e 2655.
«Parte della dottrina reputa che, al fine di valutare se una pratica sia
scorretta, si dovrà a) in primo luogo verificare se rientri o meno in una
delle previsioni delle liste nere, b) in caso di esito negativo, si dovrà
appurare se in essa siano ravvisabili gli estremi di una pratica
ingannevole o aggressiva, e c) ove anche quest’ultima verifica dovesse
consumatore medio è colui che svolge i propri acquisti in grandi magazzini, ed è quindi
individuabile sulla base dei prodotti oggetto della comunicazione; […] per la dizione "testato
dermatologicamente" riportata sulla confezione di un sapone, la Corte ha ritenuto che il
consumatore medio è quello indotto a credere che il prodotto sia stato sottoposto ad una prova e
che da questa sia emersa la buona tollerabilità del preparato, o quanto meno il suo carattere
inoffensivo per la pelle; […] per la denominazione di un cosmetico, a nome "lifting", la Corte ha
ritenuto che il consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto è
quello che non dovrebbe attendersi effetti duraturi dall’uso del preparato, con la precisazione che
spetta al giudice nazionale verificare in concreto se il consumatore medio possa essere indotto in
una erronea convinzione. […] Secondo un indirizzo giurisprudenziale uniforme, il metro di
valutazione non va individuato nella capacità di discernimento di soggetti particolarmente attenti
o, al contrario, sprovveduti, ma in quella propria del consumatore di media avvedutezza […],
avendo riguardo anche alla natura dei prodotti contraddistinti e quindi al diverso grado di
attenzione che è ragionevole attendersi, ad esempio fra l’acquirente di un bene di largo consumo
rispetto a quello di chi si trova di fronte ad un prodotto sofisticato e di notevole costo», Ubertazzi
L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 328.
55
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 327.
81
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
avere esito negativo, si dovrà far ricorso alla norma generale "di
chiusura" accertando, diversamente dai casi sub a) e b), la contrarietà
alla diligenza professionale della pratica e la sua idoneità ad alterare il
comportamento economico del consumatore. […] In quest’ottica si
assegna alla norma generale di cui all’art. 20 […] una funzione
sussidiaria, destinata a rivestire un ruolo piuttosto marginale. Secondo
altri […], invece, l’estesa valenza del divieto contenuto nell’art. 20,
quale clausola generale, impedisce di considerarla come mera ipotesi
residuale cui attingere solo quando il caso concreto non rientri in
alcuna delle fattispecie indicate nelle liste nere, e ne fa invece la
disposizione dalla quale deve prendere avvio l’interpretazione di tutte
le altre norme contenute nella nuova disciplina. È infatti proprio la
clausola generale a fornire i criteri guida cui attingere nella
ricostruzione in concreto delle fattispecie elencate nelle c.d. liste nere.
Ciò essenzialmente per due motivi. Da un lato, in quanto la
descrizione delle fattispecie contenute nelle liste nere è ben lungi
dall’essere univoca ed autosufficiente, evocando invece concetti
indeterminati che esigono a loro volta un’interpretazione, nell’ambito
della quale torna ad assumere rilevanza la ratio della clausola
generale. D’altro lato, perché le black list, pur concepite per facilitare
il compito dell’interprete, non sono in grado di risolverlo, non
contenendo divieti per se ma solo presunzioni legali di illiceità della
pratica pur sempre suscettibili di prova contraria. Pertanto, una volta
ricostruite le fattispecie ivi previste, la loro valutazione non può
prescindere né dalla contestuale analisi della contrarietà alla diligenza
professionale e dall’idoneità ad alterare il processo decisionale che
conduce il consumatore all’assunzione delle sue scelte di mercato, né
dall’applicazione della rule of reason di cui è espressione la clausola
generale»56.
56
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 108-109.
La rule of reason è un approccio sviluppato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti
nell’interpretazione dello Sherman Antitrust Act, la più antica legge antitrust americana risalente al
1890 volta a limitare monopoli e cartelli. Le infrazioni alla legislazione antitrust possono essere
82
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
I commi 4-5 dell’art. 20 sanciscono che «4) In particolare, sono scorrette le
pratiche commerciali: a) ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 o b)
aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.| 5) Gli articoli 23 e 26 riportano l’elenco
delle pratiche commerciali, rispettivamente ingannevoli e aggressive, considerate
in ogni caso scorrette». Sono comunque fatte salve le iperboli pubblicitarie,
ovverosia le esagerazioni palesemente manifeste, riconoscibili come tali e
insuscettibili di ingannare il consumatore (art. 20 c. 3). Ad ogni modo, anche in
questo caso l’identificazione dell’iperbole e la sua relativa innocuità vanno
valutate di volta in volta in riferimento al target della comunicazione e alla sua
capacità di discernimento.
Una pratica commerciale è considerata ingannevole ex. art. 21 ("Azioni
ingannevoli") se induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio sugli
aspetti elencati nell’articolo stesso e, contemporaneamente, lo induce o è idonea
ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non
avrebbe preso. Ciò può avvenire in due modi: attraverso la veicolazione di
informazioni non rispondenti al vero ovvero, anche se queste sono corrette,
attraverso l’uso di una presentazione complessiva ingannevole. Inoltre, è
irrilevante l’intento soggettivo del professionista, poiché la pratica commerciale
sleale sembra configurare un illecito imputabile al professionista a titolo di rischio
di impresa57. Ancora una volta è fatto espresso richiamo al consumatore medio.
Lo stesso articolo successivamente elenca alcuni elementi che possono essere
oggetto di inganno: «a) l’esistenza o la natura del prodotto; b) le caratteristiche
principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione,
la composizione, gli accessori, l’assistenza post-vendita al consumatore e il
trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la
consegna, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine
geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i
affrontate mediante la per se rule ovvero, alternativamente, la rule of reason. Nel primo caso è
sufficiente provare che un certo comportamento si è verificato e che esso ricade nella categoria di
pratiche così "chiaramente anticoncorrenziali" da essere illegali di per sé, senza che sia necessaria
alcuna inchiesta dettagliata. Secondo la "regola della ragione", invece, si rende necessaria una
dettagliata analisi delle condotte ritenute illecite, delle ragioni che le hanno provocate, dell’impatto
sul destinatario (www.unipv.it, "La politica della concorrenza o antitrust").
57
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 330.
83
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul
prodotto; c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica
commerciale e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo
relativi alla sponsorizzazione o all’approvazione dirette o indirette del
professionista o del prodotto; d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o
l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo; e) la necessità di una
manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione; f) la natura, le qualifiche e i
diritti del professionista o del suo agente, quali l’identità, il patrimonio, le
capacità, lo status, il riconoscimento, l’affiliazione o i collegamenti e i diritti di
proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti; g) i
diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi
dell’articolo 130 del presente Codice58» (art. 21 c. 1 lett. a-g).
Il c. 2. dell’art. 20 stabilisce che «È altresì considerata ingannevole una pratica
commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche
e circostanze del caso, induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad
assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e
comporti: a) una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che
ingenera confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni
distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita59; b) il
mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di
condotta60 che il medesimo si è impegnato a rispettare, ove si tratti di un impegno
fermo e verificabile, e il professionista indichi in una pratica commerciale che è
vincolato dal codice».
Infine, «È considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti
suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di
darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di
prudenza e vigilanza» (art. 21 c. 3) e «la pratica commerciale che, in quanto
58
Per il testo dell’art. 130 del Codice del Consumo si rinvia all’Appendice A.3.
La prima parte della lett. a prende in considerazione un particolare tipo di ingannevolezza,
ovverosia quella relativa all’origine commerciale del prodotto, richiamando le fattispecie tipiche
della concorrenza sleale confusoria ex art. 2598 c. 1 del Codice Civile.
60
Ai sensi dell’art. 18 lett. f per "codice di condotta" si intende «un accordo o una normativa che
non è imposta dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e
che definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tale codice in
relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori imprenditoriali specifici».
59
84
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente,
minacciare la loro sicurezza» (art. 21 c. 4). Il c. 3 dà rilievo anche all’omissione,
considerata ingannevole quanto una specifica azione, poiché può indurre il
consumatore a prendere consapevolmente una decisione di natura commerciale
senza determinate informazioni rilevanti. Insufficiente risulterebbero i dati apposti
sulla confezione del prodotto se distinte dalla comunicazione già diffusa.
La portata dell’obbligo informativo imposto dall’art. 21 non può essere limitata a
prodotti per i quali già esiste nell’ordinamento un obbligo legale di informazione,
poiché se così fosse la norma risulterebbe di scarsa utilità; né, al contrario, può
ritenersi preclusa l’applicazione dell’art. 21 c. 3 del codice, dall’operatività di una
normativa settoriale per quel tipo di prodotto. Tale norma continua ad essere
pienamente applicabile a tutte le ulteriori indicazioni la cui citazione nel
messaggio non è obbligatoria ai sensi della legislazione speciale. L’Autorità non
può comunque imporre oneri informativi aggiuntivi sugli aspetti già
specificatamente regolati61.
L’art. 22 del decreto prende in considerazione nel dettaglio le "Omissioni
ingannevoli". «1) È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella
fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso,
nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni
rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una
decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal
modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che
non avrebbe altrimenti preso. | 2) Una pratica commerciale è altresì considerata
un’omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo
oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui
al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma […]».
Per esserci inganno, dunque, le omissioni devono essere rilevanti ed idonee ad
indurre il consumatore a prendere una decisione che altrimenti non avrebbe preso.
È equiparato ad omissione anche l’occultamento delle informazioni, consistente in
un comportamento volontario, finalizzato a tenere nascosto al consumatore un
certo dato, così come la presentazione delle stesse in modo oscuro,
61
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 122.
85
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
incomprensibile, ambiguo o intempestivo. Inoltre, se la rilevanza dell’omissione
prescinde dall’intento soggettivo del professionista, per potersi parlare di
occultamento, è necessaria la configurazione del dolo62.
Per valutare tale "rilevanza", l’art. 22 prende in considerazione tre ipotesi
specifiche: l’intento commerciale della pratica quando questo non è evidente dal
contesto (c. 2); gli obblighi di informazione connessi alle comunicazioni
commerciali previsti dal diritto comunitario (c. 5); le informazioni esplicitamente
previste nel caso di invito all’acquisto63, quando non evidenti dal contesto (c. 4),
ovverosia le caratteristiche principali del prodotto, l’indirizzo geografico e
l’identità del professionista, il prezzo comprensivo delle imposte (se la natura del
prodotto comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in
anticipo devono essere esplicitate le modalità di calcolo del prezzo e, se presenti,
tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali e, qualora tali spese non
possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l’indicazione che tali spese
potranno essere addebitate al consumatore), le modalità di pagamento, consegna,
esecuzione e trattamento dei reclami, l’esistenza di un diritto di recesso o
scioglimento del contratto per i prodotti e le operazioni commerciali che
comportano tale diritto.
Inoltre, il c. 3 dà grande importanza anche al mezzo di comunicazione impiegato
per la pratica commerciale ribadendo il principio di variabilità già previsto dal
Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale all’art. 1664, per cui
se il medium impone restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi
sia stata un’omissione di informazioni, tali restrizioni sono prese in
considerazione così come le misure adottate dal professionista per rendere
disponibili le informazioni ai consumatori con altri mezzi.
La
legge
23
luglio
2009
n.
99
"Disposizioni
per
lo
sviluppo
e
l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia" ha introdotto
all’interno del Codice del Consumo, attraverso l’art. 22, l’art. 22 bis "Pubblicità
62
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 333.
L’art. 18 lett. i fornisce la seguente definizione di "invito all'acquisto": «una comunicazione
commerciale indicante le caratteristiche e il prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al
mezzo impiegato per la comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore
di effettuare un acquisto».
64
Vedi supra paragrafo 2.2.
63
86
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
ingannevole delle tariffe marittime" secondo cui «È considerata ingannevole la
pubblicità che, riguardando le tariffe praticate da compagnie marittime che
operano sul territorio italiano direttamente o in code-sharing, reclamizzi il prezzo
del biglietto dovuto alla compagnia marittima separatamente dagli oneri accessori,
dalle tasse portuali e da tutti gli oneri comunque destinati a gravare sul
consumatore, dovendo la compagnia marittima pubblicizzare un unico prezzo che
includa tutte queste voci».
L’ultimo articolo dedicato alle pratiche commerciali ingannevoli è il 23 che elenca
una "lista nera" delle pratiche commerciali in ogni caso ingannevoli e, dunque,
vietate, riproponendo l’elenco contenuto nella prima parte dell’Allegato I alla d.
CE 05/29.
« La lista è funzionale allo scopo di "garantire una maggiore certezza
del diritto" che costituisce uno degli obiettivi perseguiti dalla direttiva
[…], e secondo alcuni interpreti costituisce il "vero cuore della
regolamentazione", trattandosi di una lista chiusa che può essere
modificata solo con un procedimento di revisione della direttiva»65.
Diversamente dall’applicazione della regola generale contenuta nell’art. 20, in
questo caso non occorre accertare che la pratica commerciale sia stata compiuta
contravvenendo alla diligenza professionale o che sia in grado di falsare il
comportamento economico del consumatore medio, essendo sufficiente
l’appuramento della sua inclusione nella black list. L’ingannevolezza deve essere
accertata di volta in volta come elemento costitutivo della fattispecie illecita
mentre viene presunta la rilevanza dell’inganno.
L’art. 23 elenca ventitré ipotesi di pratiche commerciali ritenute in ogni caso
ingannevoli. Secondo la ricostruzione proposta da Ubertazzi66, in un primo gruppo
rientrano le ipotesi in cui un professionista influenza indebitamente le scelte
economiche del consumatore vantando una particolare affidabilità per se stesso,
per la sua condotta o per il suo prodotto. Affidabilità che in realtà non esiste. È
65
66
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 336.
Ibidem, p. 336 e seg.
87
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
questo il caso esplicitato alla lett. a («Affermazione non rispondente al vero, da
parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta»), alla lett.
b («Esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente
senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione»), alla lett. c («Asserire,
contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l’approvazione di un
organismo pubblico o di altra natura»), alla lett. d («Asserire, contrariamente al
vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono
stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che
sono state rispettate le condizioni dell’autorizzazione, dell’accettazione o
dell’approvazione ricevuta»), alla lett. f («Invitare all’acquisto di prodotti ad un
determinato prezzo e successivamente: 1) rifiutare di mostrare l’articolo
pubblicizzato ai consumatori, oppure 2) rifiutare di accettare ordini per l’articolo o
di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure 3) fare la
dimostrazione dell’articolo con un campione difettoso, con l’intenzione di
promuovere un altro prodotto»). Quest’ultima ipotesi può essere riconducibile
anche alla pratica dei prodotti "civetta", consistente nell’attrarre il consumatore
sul punto vendita con offerte particolarmente vantaggiose ed allettanti che poi non
sono disponibili o lo sono solo in quantità limitata. È quanto è previsto anche
dalla lett. e («Invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza
rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per
ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista
quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità
ragionevoli in rapporto al prodotto, all’entità della pubblicità fatta del prodotto e
al prezzo offerti»). Un terzo gruppo comprende ipotesi di inganno sulle
caratteristiche "legali" dell’operazione commerciale, in riferimento alle lett. i
(«Affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l’impressione che la
vendita del prodotto è lecita») e l («Presentare i diritti conferiti ai consumatori
dalla legge come una caratteristica propria dell’offerta fatta dal professionista»).
L’art. 23 contempla poi due ipotesi di inganno sull’assistenza post-vendita alla
lett. h («Impegnarsi a fornire l’assistenza post-vendita a consumatori con i quali il
professionista ha comunicato prima dell’operazione commerciale in una lingua
diversa dalla lingua ufficiale e dello Stato membro in cui professionista è stabilito
88
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un’altra lingua, senza che
questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a
concludere l’operazione») e bb («lasciare intendere, contrariamente al vero, che i
servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro
diverso da quello in cui è venduto il prodotto»), in cui, dunque, c’è discrepanza tra
quanto annunciato dal professionista prima dell’operazione commerciale e le
modalità con cui tale assistenza viene fornita, rendendone difficile la fruizione.
Possono rientrare in un quinto gruppo le ipotesi di inganno sugli effetti del
prodotto pubblicizzato: accade alla lett. n («Formulare affermazioni di fatto
inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza
personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il
prodotto»), alla lett. r («Affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita
in giochi basati sulla sorte») e alla lett. s («Affermare, contrariamente al vero, che
un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni»).
Alcune fattispecie riguardano, invece, ipotesi in cui è prospettata al consumatore
una situazione tale da influire sulla valutazione da parte dello stesso delle
condizioni economiche dell’offerta. È il caso delle lett. g («Dichiarare,
contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto
limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di
tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i
consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione
consapevole»), q («Affermare, contrariamente al vero, che il professionista è in
procinto di cessare l’attività o traslocare»), t («Comunicare informazioni inesatte
sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo
d’indurre il consumatore all’acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle
normali di mercato»), u («Affermare in una pratica commerciale che si
organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un
equivalente ragionevole»), v («Descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun
onere, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al
normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi
recapitare il prodotto»), z («Includere nel materiale promozionale una fattura o
89
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
analoga richiesta di pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al
consumatore di aver già ordinato il prodotto»).
Non è escluso, dal novero delle pratiche commerciali considerate in ogni caso
ingannevoli, l’ipotesi dell’inganno sulla fonte della comunicazione. Rientra in
questo gruppo la lett. m («Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio
2005, n. 17767, e successive modificazioni, impiegare contenuti redazionali nei
mezzi di comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale
promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai
contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore»,
come nel caso della pubblicità redazionale68), la lett. aa («Dichiarare o lasciare
intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della
sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi,
contrariamente al vero, come consumatore»), la lett. o («Promuovere un prodotto
simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare
deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere, contrariamente al vero,
che il prodotto è fabbricato dallo stesso produttore»).
Infine, la lett. p considera ingannevole di per sé la "vendita piramidale". Nello
specifico è ritenuto in ogni caso ingannevole «Avviare, gestire o promuovere un
sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un
contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante
principalmente dall’entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla
vendita o dal consumo di prodotti». Tale tipo di vendita è una degenerazione del
multilevel marketing, tecnica di vendita che prevede la remunerazione dei soggetti
incaricati delle vendite non solo attraverso provvigioni calcolate sul volume delle
vendite promosse direttamente da tali soggetti, ma anche sul volume delle vendite
maturato da altri soggetti, da loro introdotti in quell’attività commerciale69.
La sezione II del Capo II del Titolo III della Parte II è incentrata sulle pratiche
commerciali aggressive. Si tratta di un nuovo tipo di illecito non previsto in
precedenza né dall’ordinamento europeo né da quello italiano, introdotto con il d.
67
D. lgs. 31 luglio 2005 n. 177 "Testo unico della Radiotelevisione".
Sulla base di un’interpretazione letterale della norma, la sua applicazione non si estenderebbe al
product placement, per cui resta comunque applicabile la norma generale di cui all’art. 22 c. 2
(Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 338).
69
Ibidem, p. 338.
68
90
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
lgs. 146/07 che ha modificato gli artt. da 24 a 26 del Codice del Consumo. L’art.
24 ("Pratiche commerciali aggressive") dispone che una pratica commerciale è
considerata aggressiva se «Nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le
caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il
ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare
considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio
in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere
una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso». Si
differenziano, dunque, queste dalle pratiche commerciali ingannevoli che
producono lo stesso effetto sul consumatore attraverso però informazioni false. Le
pratiche aggressive minano la libertà di scelta del consumatore tramite l’adozione
di condotte, anche fisiche, volte ad estorcere il suo consenso e, inoltre,
implicherebbero sempre un contatto diretto e personale, ravvicinato o a distanza,
tra consumatore e professionista. Le pratiche commerciali ingannevoli, al
contrario, prescinderebbero dal contatto con il consumatore, influenzando il
processo di formazione della volontà dello stesso mediante tecniche di
convincimento basate sulla falsa informazione o sull’omissione70.
Inerentemente alle pratiche aggressive, la norma discute, nel dettaglio, di molestie
intese, pur senza esplicita definizione, come una forma di infastidimento, accanto
alla coercizione, che può essere esercitata sia mediante la forza fisica che
attraverso minacce, le quali possono essere fisiche o verbali (ai sensi dell’art. 25 c.
1 lett. b). Dell’indebito condizionamento è fornita una definizione all’art. 18 lett. l
per cui esso consiste nello «sfruttamento di una posizione di potere rispetto al
consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o
la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del
consumatore di prendere una decisione consapevole». Anche le pratiche
commerciali aggressive non vanno ritenute circoscritte alla fase prenegoziale e,
dunque, ai soli casi in cui venga influenzata la decisione del consumatore di
accedere al contratto, essendo assoggettati alle norme tutti i comportamenti del
70
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 142.
91
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
professionista, siano essi anteriori, contestuali o successivi alla sua conclusione,
legati alla promozione, vendita o fornitura del prodotto71.
Il dettato dell’art. 24 è generico anche se sono comunque rinvenibili dei tratti
comuni delle condotte suscettibili di essere considerate come aggressive.
«In dottrina è stato affermato che in tutte le pratiche commerciali
aggressive è possibile rinvenire due elementi comuni: uno di carattere
strutturale, rappresentato da quegli atti che consistono in molestie,
coercizioni, compreso il ricorso alla forza fisica o all’indebito
condizionamento, ed uno di carattere funzionale, rappresentato dalla
capacità della pratica di indurre attualmente o potenzialmente il
consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale
che egli non avrebbe altrimenti preso. Rispetto all’elemento di
carattere
strutturale,
questo
secondo
elemento
costituisce
denominatore comune di tutte le pratiche commerciali aggressive,
siano
esse
frutto
di
molestie,
coercizioni
o
indebito
condizionamento»72.
Ai sensi dell’art. 25 del Codice ("Ricorso a molestie, coercizione o indebito
condizionamento"), nel valutare se una pratica commerciale comporti molestie,
coercizione o indebito condizionamento, vanno presi in considerazione una serie
di elementi: i tempi, il luogo, la natura o la persistenza del comportamento; il
ricorso alla minaccia fisica o verbale; lo sfruttamento da parte del professionista di
eventi tragici di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore,
al fine di influenzarne ogni decisione relativa al prodotto; qualsiasi ostacolo non
contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un
consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere
un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista;
qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale azione sia
71
72
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 339.
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 141.
92
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
manifestamente temeraria o infondata73. Inoltre, anche l’art. 26 suggerisce una
serie di comportamenti considerati in ogni caso aggressivi così come già l’art. 23
prevedeva nel caso delle pratiche commerciali ingannevoli. Non si tratta di un
elenco esaustivo ma di una enumerazione solo esemplificativa e in alcuni casi
sembra che alcuni comportamenti non trovino nemmeno riscontro nella realtà
commerciale odierna, confermando che il legislatore europeo ha voluto ricondurre
ad un unico parametro le normative di alcuni Stati membri dove tali pratiche sono
ancora poste in essere o i cui ordinamenti non le reprimono74.
«La black list è, secondo Dona, "una palizzata a garanzia del
consumatore" ed è utile per delineare "il ritratto del professionista da
non imitare"»)75.
Anche nel caso della lista nera contenuta nell’art. 26 si considerano le pratiche
illecite come tali, e dunque un comportamento rientrante tra le fattispecie elencate
sarà punito immediatamente senza dover verificare la sua idoneità ad influenzare
le decisioni dei consumatori. Le pratiche commerciali aggressive elencate
attengono a momenti diversi del rapporto tra impresa e consumatore, tra le quali
rientrano sia fattispecie già disciplinate da norme preesistenti, che casi del tutto
nuovi76. Tra le prime rientrano la lett. e («Salvo quanto previsto dal decreto
legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, includere in un
messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o
convincano i genitori o gli altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati»)
che, nella parte relativa al convincimento degli adulti all’acquisto, risultava già
vietata in precedenza, specificatamente per la pubblicità televisiva, dall’art. 3 lett.
73
Gli ultimi tre casi più che elementi in base ai quali valutare se una pratica commerciale comporti
molestie, coercizione o indebito condizionamento, appaiono esempi concreti di condotte
aggressive.
74
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 341-342. La norma
in commento, infatti, ricalca le previsioni contenute nei numeri da 24 a 31 dell’allegato n. I della
direttiva 2005/29/CE. Per espressa previsione dell’art 5 c. 5 di tale direttiva solo una revisione di
quest’ultima può condurre ad una modifica dell’elenco in discussione.
75
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 160,
citazione di Dona M., "L’elenco delle pratiche considerate in ogni caso sleali nell’allegato I della
direttiva 2005/29/CE", in Minervini-Rossi-Carleo.
76
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 342. La spiegazione
dei comportamenti ritenuti aggressivi seguirà la schematizzazione proposta dall’autore.
93
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
b del d. m. 425/9177, e dall’art. 11 c. 3 del Codice di Autodisciplina. Nuovo,
invece, il divieto di esortare i bambini all’acquisto, il quale sembrerebbe vietare
ogni pubblicità ad essi rivolta. Recente, anche se già condannata altrove, è la
figura d’illecito contemplata alla lett. h («Lasciare intendere, contrariamente al
vero, che il consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una
determinata azione un premio o una vincita equivalente, mentre in effetti non
esiste alcun premio né vincita equivalente oppure che qualsiasi azione volta a
reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al versamento di
denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore»), mentre
perfettamente sconosciuti al nostro ordinamento sono i casi esposti alla lett. a
(«Creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali
fino alla conclusione del contratto») e alla lett. g («Informare esplicitamente il
consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio saranno in pericolo il
lavoro o la sussistenza del professionista»). Molestie collegate alla vendita portaa-porta e al direct marketing sono quelle trattate alla lett. b («Effettuare visite
presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a
lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e nella
misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di
un’obbligazione contrattuale») e c («Effettuare ripetute e non richieste
sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante
altro mezzo di comunicazione a distanza, fuorché nelle circostanze e nella misura
in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di
un’obbligazione contrattuale, fatti salvi l’articolo 58 e l’articolo 130 del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 19678»). La lett. f si riferisce alle forniture non
richieste la cui pubblicità è già proibita dall’art. 19 del Codice di Autodisciplina
(lett. f: «Esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia
di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto,
77
D. m. 30 novembre 1991, n. 425 "Regolamento concernente attuazione degli articoli 13, 15 e 16
della direttiva del Consiglio delle Comunità europee del 3 ottobre 1989 (89/552/CEE), relativi alla
pubblicità televisiva dei prodotti del tabacco e delle bevande alcoliche ed alla tutela dei
minorenni".
78
D. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, "Codice in materia di protezione dei dati personali".
94
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
salvo quanto previsto dall’art. 54 c. 2, secondo periodo79»). Infine, la lett. d
rispecchia situazioni molto particolari riferite esclusivamente ai contratti di
assicurazione, che si inquadrano nella più ampia fattispecie di cui all’art. 25 lett. d
(art. 26 lett. d: «Imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di
risarcimento del danno in virtù di una polizza di assicurazione di esibire
documenti che non possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per
stabilire la fondatezza della richiesta, o omettere sistematicamente di rispondere
alla relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall’esercizio
dei suoi diritti contrattuali»).
La direttiva 2005/29/CE ha lasciato liberi gli stati membri di scegliere tra la tutela
giudiziaria e la tutela amministrativa o entrambe al fine di approntare mezzi
adeguati ed efficaci volti a garantire il rispetto delle disposizioni sulle pratiche
commerciali sleali nell’interesse dei consumatori. Il d. lgs. 146/07, che ha recepito
la direttiva e modificato il Codice del Consumo, ha scelto la via amministrativa,
attribuendo la competenza all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,
meglio nota come Antitrust. Si tratta di un’istituzione nata in Italia nel 1990,
fondata attraverso la legge n. 28780; è indipendente e prende le proprie decisioni
sulla base della legge, senza ingerenze né da parte del Governo né di altri organi
politici. Fin dalla sua nascita, l’Autorità ha garantito il rispetto delle regole che
vietano le intese anticoncorrenziali tra imprese, gli abusi di posizione dominante e
le concentrazioni in grado di creare o rafforzare posizioni dominanti dannose per
la concorrenza con l’obiettivo di migliorare il benessere dei cittadini81. Dal 2004
l’AGCM è impegnata nell’applicazione della legge sul conflitto di interessi dei
titolari delle cariche di Governo e dal 2007 nella tutela contro le pratiche
commerciali scorrette, la pubblicità ingannevole e la pubblicità comparativa che
può confondere i consumatori o screditare i concorrenti. È corretto, dunque,
affermare che l’AGCM è oggi l’autorità amministrativa di riferimento per la tutela
dei consumatori ed è competente nell’applicazione del regolamento n.
79
Art. 54 ("Esecuzione del contratto") c. 2 secondo periodo del d. lgs. 206/2005: «Salvo consenso
del consumatore, da esprimersi prima o al momento della conclusione del contratto, il
professionista non può adempiere eseguendo una fornitura diversa da quella pattuita, anche se di
valore e qualità equivalenti o superiori».
80
Legge 10 ottobre 1990 n. 287 "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato".
81
www.agcm.it.
95
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
2006/2004/CE, che disciplina la cooperazione tra le autorità pubbliche designate
da ciascuno Stato membro come responsabili dell’esecuzione della normativa che
tutela i consumatori ai sensi del c. 1 dell’art. 27 ("Tutela amministrativa e
giurisdizionale", capo III "Applicazione") del d. lgs. 206/2005 in caso di
"infrazioni intracomunitarie"82. È consentito, dunque, all’Autorità rivolgersi ad
altra Autorità straniera per l’adozione della misura esecutiva volta alla cessazione
della pratica commerciale illecita diffusa in Italia da operatori pubblicitari
stranieri83. È questo il caso, tra l’altro, dell’e-advertising che, spesso, non conosce
confini nella sua diffusione, ma che comunque necessita di una disciplina solida.
Tale articolo del Codice ricalca pedissequamente l’art. 8 del d. lgs. 145/0784,
inibendo tuttavia la continuazione delle pratiche commerciali scorrette ed
eliminandone gli effetti (c. 2). L’intervento dell’Autorità è indipendente dalla
circostanza che i consumatori interessati si trovino nello Stato membro in cui è
stabilito il professionista o in un altro Stato membro. L’AGCM può disporre la
sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussista
particolare urgenza e richiedere ad imprese, enti o persone che ne siano in
possesso i documenti rilevanti ai fini dell’accertamento dell’infrazione (c. 3). In
caso di inottemperanza senza giustificato motivo, essa dispone della facoltà di
applicare una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000,00 a 20.000,00 euro
che aumenta da 4.000,00 a 40.000,00 euro nel caso di informazioni non veritiere
fornite al fine dell’accertamento dell’infrazione (c. 4). L’Autorità può disporre che
il professionista fornisca prove sull’esattezza dei dati connessi alla pratica
commerciale e incombe sul professionista l’onere di dimostrare che non poteva
ragionevolmente prevedere l’impatto della pratica commerciale sui consumatori
(c. 5). Ad eccezione dei casi di manifesta scorrettezza, l’Autorità può ottenere dal
professionista l’assunzione dell’impegno a porre fine all’infrazione (c. 7).
82
Il regolamento n. 2006/2005/CE definisce alla lett. b dell’art. 3 ("Definizioni") le "infrazioni
intracomunitarie" come «qualsiasi atto o omissione contrari alle norme sulla protezione degli
interessi dei consumatori, quali definite nella lettera a), che danneggi o possa danneggiare gli
interessi collettivi dei consumatori che risiedono in uno o più Stati membri diversi dallo Stato
membro in cui hanno avuto origine o si sono verificati l’atto o l’omissione in questione o in cui è
stabilito il venditore o il fornitore responsabile o in cui si riscontrino elementi di prova o beni
riconducibili all’atto o all’omissione».
83
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 175.
84
Per un’analisi dettagliata della norma si rinvia all’art. 8 del d. lgs. 145/07 contenuto al paragrafo
2.4.
96
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
L’AGCM può disporre il divieto di diffusione o di continuazione della pratica
commerciale scorretta (c. 8) e ordinare, inoltre, l’applicazione di una sanzione
amministrativa pecuniaria da 5.000,00 a 500.000,00 euro e che non può essere
inferiore ai 50.000,00 euro nei casi di comunicazioni scorrette ex art. 21 c. 3 e 4,
relative a prodotti suscettibili di mettere in pericolo la salute e la sicurezza dei
consumatori, e a pratiche che possono raggiungere bambini minacciandone la
sicurezza (c. 9). Se la pratica commerciale è stata o deve essere diffusa attraverso
stampa, radio, televisione o altro mezzo di telecomunicazione, l’AGCM, prima di
provvedere, richiede il parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni85
(c. 6). I ricorsi avverso le decisioni adottate dall’Autorità sono soggette alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (c. 13).
In sede di recepimento della direttiva 2005/29/CE il legislatore ha dato
importanza ai codici di condotta introducendo, con il d. lgs. 146/07, l’art. 27 bis
volto in primis a promuovere l’adozione di tali codici da parte delle associazioni o
delle organizzazioni professionali, definendo così, in ciascuno specifico settore
imprenditoriale, il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare
questi codici, indicando il soggetto responsabile86 o l’organismo incaricato della
loro applicazione (art. 27 bis c. 1); inoltre, tale articolo tenta di assicurare la più
ampia informazione ai consumatori circa l’esistenza dei codici dei condotta stessi,
dei loro contenuti e della relativa adesione dei professionisti (c. 5). Lo scopo
85
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è un’autorità indipendente, istituita dalla legge
249 del 31 luglio 1997 ("Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui
sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo"). Risponde del proprio operato al Parlamento
che ne ha stabilito i poteri, definito lo statuto ed eletto i componenti. È un’autorità di garanzia della
corretta competizione degli operatori sul mercato e della tutela dei consumi di libertà fondamentali
dei cittadini. Essa vigila affinché ai cittadini e alle imprese sia garantito il diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione e che la
stampa non venga soggetta ad autorizzazione o censura (ex art. 21 Cost.). Inoltre, «L’Autorità per
le Garanzie nelle Comunicazioni è un’autorità "convergente". La definizione fa riferimento alla
scelta del legislatore italiano di attribuire a un unico organismo funzioni di regolamentazione e
vigilanza nei settori delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo e dell’editoria. Si tratta di una scelta
giustificata dai profondi cambiamenti determinati dall’avvento della tecnologia digitale, che
attenua, fino ad annullarle, le differenza fra i diversi mezzi, diventati veicolo di contenuti –
immagini, voci, dati – sempre più interattivi. Telefono, televisione e computer sono destinati a
integrarsi, a convergere sulla medesima piattaforma tecnologica, ampliando in tal modo la gamma
dei servizi disponibili» (www.agcom.it).
86
Alla lett. g dell’art. 18 del Codice del Consumo è disposto che per "responsabile del codice"
debba intendersi «qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un gruppo di professionisti,
responsabile della formulazione e revisione di un codice di condotta ovvero del controllo del
rispetto del codice da parte di coloro che si sono impegnati a rispettarlo».
97
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
ultimo è di incentivare l’adozione dei codici di condotta in quanto ciò permette ai
professionisti di applicare in modo più efficace i principi della direttiva in
specifici settori economici e, ancora, di evitare di esperire azioni giudiziarie o
amministrative. Il codice deve essere accessibile al consumatore anche per via
telematica (c. 2) e nella sua stesura deve garantire almeno la protezione dei minori
e la salvaguardia della dignità umana (c. 3).
«I Codici di condotta devono essere adottati dalle associazioni di
professionisti nel rispetto delle regole poste a tutela della concorrenza,
in quanto sussiste il rischio che essi possano costituire uno strumento
di coordinamento tra imprese indipendenti […]. Il Codice del
consumo richiama in diversi punti i codici di condotta, che assumono
rilievo sia sul piano sostanziale ai fini della configurabilità della
pratica commerciale scorretta, sia sul piano procedurale e processuale
ai fini della tutela dei consumatori dalle pratiche commerciali
scorrette»87.
Esistono due tipi di codici di condotta "settoriali": essi possono essere relativi non
a tutte le pratiche commerciali, ma soltanto a una o più di esse ovvero inerenti a
uno o più settori imprenditoriali specifici. Nel primo gruppo rientra il Codice di
Autodisciplina della Comunicazione Commerciale che ha natura intercategoriale
ma è relativo ad una sola pratica commerciale; nel secondo i codici di condotta
emanati da numerose associazioni imprenditoriali di categoria e validi per un solo
settore specifico di attività (settore assicurativo, bancario)88.
Il decreto prevede, all’art. 27 ter ("Autodisciplina"), introdotto nella normativa
grazie al d. lgs. 146/07, che i consumatori o i concorrenti, anche tramite le loro
associazioni o organizzazioni, prima di avviare la procedura innanzi l’AGCM,
possono convenire con il professionista di adire preventivamente un organismo
autodisciplinare che dovrebbe promuovere la risoluzione concordata della
controversia volta a vietare o far cessare la continuazione della pratica
87
88
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 189.
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008.
98
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
commerciale scorretta (c. 1). È sempre possibile, comunque, ricorrere all’Autorità
o al giudice competente (c. 2). Come disposto altresì all’art. 9 del d. lgs. 145/07,
inerentemente alla pubblicità ingannevole o comparativa illecita, anche
relativamente alle pratiche commerciali scorrette, è possibile che le parti, ai sensi
del c. 3 dell’art. 27 ter, una volta iniziata la procedura davanti ad un organismo di
autodisciplina, si astengano dall’adire l’Autorità fino alla pronuncia definitiva,
ovvero chiedere la sospensione del procedimento innanzi l’Autorità per un
periodo non superiore a trenta giorni. Non esiste alcun rapporto di pregiudizialità
tra la pronuncia dell’organismo autodisciplinare e il provvedimento dell’AGCM.
Al fine di conseguire la massima conoscibilità delle norme sulle pratiche
commerciali scorrette da parte dei consumatori, la direttiva 2005/29/CE aveva
richiesto agli Stati membri di adottare appropriate misure per informare il
consumatore della legge nazionale di recepimento e incoraggiare i professionisti
ed i responsabili del codice a informare gli utenti in merito ai propri codici di
condotta89. Il legislatore italiano, in sede di recepimento, ha così previsto, all’art.
27 quater, specifici oneri di informazione a carico dell’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato, competente ad applicare la disciplina e che deve,
assieme alle associazioni o le organizzazioni imprenditoriali di cui all’art. 27 bis,
comunicare periodicamente al Ministero dello Sviluppo Economico, le decisioni
adottate in attuazione della normativa, di carattere legale o autodisciplinare, in
materia di pratiche commerciali scorrette (c. 1). D’altro canto, tale Ministero, ha il
dovere di rendere disponibili sul proprio sito istituzionale90 le informazioni volte
ad orientare i consumatori in merito alla disciplina contenuta nel Codice del
Consumo. Si tratta di informazioni generali sulle procedure relative ai meccanismi
di reclamo e di ricorso disponibili in caso di controversie, nonché sui codici di
condotta adottati; sugli estremi delle autorità, organizzazioni o associazioni presso
le quali si possono ottenere ulteriori informazioni o assistenza; sugli estremi e la
sintesi delle decisioni significative riguardo a controversie, comprese quelle
adottate dagli organi di composizione extragiudiziale (c. 2).
89
90
Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 194.
www.sviluppoeconomico.gov.it.
99
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
2.4 Decreto Legislativo 2 agosto 2007 n. 145, "Attuazione
dell’articolo 14 della direttiva 05/29/CE che modifica la
direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole"
Il Decreto Legislativo 2 agosto 2007 n. 145, "Attuazione dell’articolo 14 della
direttiva 05/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità
ingannevole", allo stesso modo del Codice di Autodisciplina della Comunicazione
Commerciale, non rappresenta un riferimento ad hoc per l’e-advertising ma una
disposizione le cui norme sono estensibili e applicabili anche alla pubblicità
diffusa in Rete. Esso costituisce l’attuazione dell’art. 14 della direttiva CE 05/2991
che modifica la direttiva 84/450/CEE, espungendo dalla stessa ogni riferimento
alla tutela del consumatore dalla pubblicità ingannevole, limitandone lo scopo
esclusivamente alla protezione degli interessi dei soli professionisti, stabilendo
anche le condizioni di liceità della pubblicità comparativa92.
Nell’ordinamento italiano l’advertising ingannevole era già disciplinato dal d. lgs.
25 gennaio 1992 n. 74 ("Attuazione della direttiva 84/450/CEE come modificata
dalla direttiva 97/55/CE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa"), in
seguito modificato dal d. lgs. 25 febbraio 2000 n. 67 ("Attuazione della direttiva
97/55/CE, che modifica la direttiva 84/450/CEE, in materia di pubblicità
ingannevole e comparativa") e dalla legge 6 aprile 2005 n. 49 ("Modifiche
all’articolo 7 del decreto legislativo 25 gennaio 1992 n. 74, in materia di messaggi
pubblicitari ingannevoli diffusi attraverso mezzi di comunicazione", abrogata per
effetto del d. lgs. 206/2005). Successivamente la normativa sulla pubblicità
ingannevole e aggressiva è confluita nel Codice del Consumo (artt. 19-27) che
riassetta in modo sistematico le numerose leggi a tutela del consumatore, offrendo
una compilazione unitaria di tutte le disposizioni in merito.
Il d. lgs. 74/92 poneva un divieto di pubblicità ingannevole assicurandone la
repressione nell’interesse generale di tutte le categorie di soggetti coinvolti
91
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 relativa alle
pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la
direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del parlamento
europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali"). Per il testo dell’art. 14 si rimanda
all’Appendice A.1.
92
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 231.
100
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
presenti sul mercato, sia dei consumatori che dei professionisti. La direttiva
05/29/CE ha modificato radicalmente tale prospettiva separando la tutela degli
interessi economici dei consumatori dalla protezione di quelli dei professionisti, al
fine di «Contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al
conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante
l’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi
economici dei consumatori» (art. 1 "Scopo").
«Ai fini della protezione del consumatore, la pubblicità ingannevole
non forma dunque più oggetto di autonoma considerazione, e rientra
nel novero delle pratiche commerciali ingannevoli. Nel sistema
delineato dalla direttiva, i professionisti invece ricevono tutela solo nei
confronti della pubblicità ingannevole, nonché dalla pubblicità
comparativa scorretta (art. 14 e successivamente d. CE 06/114); […].
Il sistema delineato dalla direttiva ha ricevuto attuazione in Italia
attraverso due distinti provvedimenti normativi: il d. lgs. 145/2007
[…] e il d. lgs. 146/2007, intitolato "attuazione della direttiva
05/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e
consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive
84/459/CEE, 98/27/CE, 02/65/CE e il Regolamento (CE) n.
06/2004"»93.
Il d. lgs. 145/07 ha «lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità
ingannevole e dalle sue conseguenze sleali, nonché di stabilire le condizioni di
liceità della pubblicità comparativa» (art.1 "Finalità"). Tutelati sono, dunque, gli
interessi dei professionisti (definiti all’art. 2 c. 1 lett. c come «qualsiasi persona
fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale,
artigianale o professionale; e chiunque agisce in nome o per conto di un
93
Ibidem, p. 231.
101
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
professionista»), intesi sia come concorrenti dell’operatore pubblicitario94
committente di una pubblicità indirizzata al pubblico, sia come destinatari di una
comunicazione business to business, ovverosia come possibili acquirenti dei beni
o servizi pubblicizzati; ma anche gli interessi della collettività, o almeno del
mercato nei confronti dei possibili effetti distorsivi della concorrenza conseguenti
alla diffusione di messaggi ingannevoli o di pubblicità comparative scorrette e,
indirettamente, anche i consumatori per la parte che riguarda le comunicazioni ad
essi rivolte o suscettibili di raggiungerli. Infine, l’art. 7 tutela anche gli interessi di
soggetti deboli quali bambini e adolescenti95.
La pubblicità, ovverosia «Qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi
modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o
professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili,
la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di
diritti ed obblighi su di essi» (art. 2 c. 1 lett. a), sia essa diffusa attraverso i mezzi
tradizionali che Internet, deve essere palese, veritiera e corretta (art. 1 c. 2),
ricalcando l’art. 1 c. 1 del Codice di Autodisciplina96 e riassumendo regole
esplicitate in altre disposizioni del decreto. La pubblicità deve essere dunque
palese, per cui vige l’obbligo di riconoscibilità della stessa (art. 5 c. 1) ed è vietata
la pubblicità subliminale (art. 5 c. 3); veritiera, per cui il messaggio deve
corrispondere al vero, pur nella consapevolezza dello scopo promozionale legato
alla comunicazione; corretta, connessa alle pubblicità che, sebbene non siano
ingannevoli, possono comunque essere lesive degli interessi dei concorrenti o non
conformi, ad esempio, ai principi dell’ordinamento giuridico, a favore, dunque, di
una comunicazione chiara e completa insuscettibile di indurre in errore il
consumatore. Specifica ulteriormente la caratteristica necessariamente palese che
deve possedere l’advertising, l’art. 5 "Trasparenza della pubblicità" che sancisce
che essa deve sempre essere riconoscibile come tale97.
94
L’art. 2 lett. e sancisce che "operatore pubblicitario" è «il committente del messaggio
pubblicitario ed il suo autore, nonché, nel caso in cui non consenta all’identificazione di costoro, il
proprietario del mezzo con cui il messaggio pubblicitario è diffuso ovvero il responsabile della
programmazione radiofonica o televisiva».
95
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 232.
96
Vedi supra paragrafo 2.2. Il codice discute di comunicazioni commerciali oneste, veritiere e
corrette.
97
Cfr. art. 7 c.a.p. "Identificazione della comunicazione commerciale".
102
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
«La disposizione in commento non qualifica il messaggio non
riconoscibile
quale
messaggio
ingannevole.
Tuttavia
la
non
riconoscibilità viene equiparata all’ingannevolezza, nel senso che
l’assenza di trasparenza integra di per sé una forma di inganno, a
prescindere dal pregiudizio economico che ne derivi in capo al
consumatore. […] Scopo della norma è quello di consentire ai
destinatari del messaggio, o comunque ai soggetti che esso raggiunge,
attraverso la riconoscibilità della sua natura promozionale e non
indipendente, di attivare quella reazione critica e mantenere quella
soglia di attenzione che mancherebbero qualora la comunicazione
apparisse di provenienza autonoma, atteso che "la pubblicità che non
si presenta come tale, in quanto nascosta dietro un’iniziativa a
carattere non commerciale, è di per sé insidiosa perché aggira molte
delle naturali difese che il destinatario è invece pronto a porre in
essere quando sia fatto oggetto di una pressione pubblicitaria
scoperta" (AG n. 3414)»98.
Per capire se un messaggio pubblicitario sia "trasparente" e facilmente
riconoscibile come tale, bisogna verificare innanzitutto se la comunicazione in
esame costituisca pubblicità, ovvero la libera manifestazione di pensiero di chi
l’ha posta in essere; successivamente, accertata tale natura promozionale, va
stabilito se ciò sia percepibile. Inoltre, il c. 2 del medesimo articolo stabilisce che
la pubblicità a mezzo stampa deve essere distinguibile da altre forme di
comunicazione attraverso modalità grafiche atte a rendere possibile tale
percezione. Pur essendo, dunque, lecito il cosiddetto "giornalismo di servizio",
ovverosia la descrizione di prodotti, frutto di libere scelte redazionali volte a
soddisfare l’interesse dei consumatori all’informazione99, alcuni elementi
indiziali, gravi, precisi e concordanti, possono risultare un tentativo di distinzione
tra esso e la pubblicità mascherata da messaggio informativo. Elementi quali la
98
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 259.
Generalmente apposite rubriche hanno lo scopo precipuo di far conoscere beni o servizi
disponibili sul mercato alla clientela, elencandone le caratteristiche, confrontandone i prezzi,
enunciandone pro e contro.
99
103
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
sussistenza di un rapporto di committenza tra l’impresa che beneficia della
citazione dei propri beni e il mezzo su cui è diffuso il messaggio; l’assenza della
firma del giornalista autore della comunicazione; la presenza di pubblicità
tabellare a favore del presunto inserzionista occulto nello stesso numero della
testata in cui compare la comunicazione dubbia. Relativamente alla possibilità di
sponsorizzazione occulta inserita in opere cinematografiche o televisive e in tutti i
media che sfruttano l’immagine, il product placement (l’evidenziazione di un
prodotto nel corso di spettacoli, attuata nel contesto narrativo della situazione
rappresentata a fronte di un previo pagamento da parte dell’azienda i cui prodotti
sono citati o mostrati) appare lecito, a seguito della promulgazione del decreto
Urbani (d. m. 30 luglio 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 6 ottobre 2004
n. 235), a condizione che la rappresentazione del prodotto reclamizzato sia
coerente con il contesto narrativo e ben integrata, senza interrompere la scena e
che l’opera contenga, nei titoli di coda, un avvertimento che informi il pubblico
della presenza di marchi e beni, con l’indicazione dell’inserzionista che ha versato
un corrispettivo per tale pubblicità100.
Inoltre, «È vietata ogni forma di pubblicità subliminale» (art. 5 c. 3). Questa, a
differenza di quella occulta, non solo è celata, ma non è percepibile dall’utente a
livello conscio e, dunque, può incidere sulle sue scelte all’insaputa del
consumatore stesso. Essa è ritenuta illecita poiché non permetterebbe al soggetto
passivo di innescare i normali meccanismi di difesa attivati nei riguardi di
messaggi promozionali palesi.
Se la pubblicità deve essere sempre riconoscibile come tale, in Internet sorgono
numerose difficoltà poiché spesso, ad esempio attraverso i cookies, le aziende
possono modellare la propria comunicazione rendendola più corrispondente alle
esigenze del consumatore senza che questo ne sia reso edotto101.
Core del decreto è la tutela contro l’advertising ingannevole che, definito come
«qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione è
idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che
100
Tale condizione va rispettata pena la cancellazione dall’elenco dei produttori e operatori
cinematografici tenuto presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
101
Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa.
Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 326.
104
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il
loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a
ledere un concorrente» (art. 2 lett. b), si ritiene illecito se è realmente idoneo a
indurre in errore le persone che raggiunge e a pregiudicare il comportamento
economico di tali soggetti, a causa del suo carattere ingannevole, ovvero a ledere
un concorrente: due ipotesi lesive tra loro alternative onde la configurabilità di
una sola di esse è sufficiente ad innescare l’infrazione. La pubblicità ingannevole
è un tipico illecito di pericolo, per la sussistenza del quale è sufficiente la mera
potenzialità ingannatoria del messaggio. Inoltre, è irrilevante l’intento soggettivo
dell’operatore pubblicitario di raggirare i destinatari della comunicazione poiché
la definizione di pubblicità ingannevole prescinde dalla sua colpa o dolo,
riferendosi solo a parametri oggettivi102. Nel concetto di "ingannevolezza"
rientrano altresì quelli di "reticenza" e "suggestività" delle pubblicità
nell’attitudine ad indurre a compiere transazioni commerciali non volute.
Nel valutare l’idoneità ad indurre in errore, il messaggio e il suo contenuto vanno
analizzati nella loro globalità e individualmente, senza tener conto di altre
comunicazioni precedenti o successive. Ciò nonostante, le pagine web collegate
fra loro da link ipertestuali danno vita ad un unico messaggio pubblicitario e
vanno valutate unitariamente103. L’art. 3 "Elementi di valutazione" sottolinea che,
per stabilire se la pubblicità sia ingannevole, bisogna prestare particolare
attenzione «a) alle caratteristiche dei beni o servizi reclamizzati104 quali la loro
disponibilità, la natura, l’esecuzione, la composizione, il metodo e la data di
fabbricazione o della prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la
descrizione, l’origine geografica o commerciale, o i risultati che si possono
ottenere con il loro uso105, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove o
controlli effettuati sui beni o sui servizi; b) al prezzo o al modo in cui questo è
calcolato ed alle condizioni alle quali i beni o i servizi sono forniti; c) alla
102
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 236 e seg.
Ibidem, p. 237.
104
L’ipotesi più diffusa è l’inganno relativo alla qualificazione giuridica dell’oggetto della
pubblicità.
105
Si tratta della fattispecie di ingannevolezza più frequentemente presa in considerazione
dall’AGCM, specie se relativa a scuole e istituti di insegnamento privati; maghi, amuleti e
oroscopi; integratori alimentari, prodotti anticellulite, antirughe, contro la calvizie, per la
risoluzione di problemi sessuali maschili; sistemi per vincere al lotto e ai concorsi a premio.
103
105
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
categoria, alle qualifiche e ai diritti dell’operatore pubblicitario, quali l’identità, il
patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà intellettuale e industriale, ogni altro
diritto su beni immateriali relativi all’impresa ed i premi o riconoscimenti».
L’art. 4 ("Condizioni di liceità della pubblicità comparativa") pone i parametri per
la classificazione come legittima della pubblicità comparativa. Essa, previamente
definita all’art. 2 lett. d come «Qualsiasi pubblicità che identifica in modo
esplicito o implicito un concorrente o i beni o servizi offerti da un concorrente»,
può essere dichiarata lecita se «a) non è ingannevole ai sensi del presente decreto
legislativo o degli articoli 21, 22 e 23 del d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206 recante
"Codice del consumo"; b) confronta beni o servizi che soddisfano gli stessi
bisogni o si propongono gli stessi obiettivi, c) confronta oggettivamente una o più
caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso
eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi; d) non ingenera confusione sul
mercato tra i professionisti o tra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i
marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi
dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente106; e) non causa discredito o
denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni,
servizi, attività o posizione di un concorrente; f) per i prodotti recanti
denominazione di origine, si riferisce in ogni caso a prodotti aventi la stessa
denominazione; g) non trae indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al
marchio, alla denominazione commerciale ovvero ad altro segno distintivo di un
concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti; h) non
presenta un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi
protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati» (art. 4 c.
1).
«Tali condizioni "devono essere cumulative e soddisfatte nella loro
interezza" (così l’11° considerando della direttiva 97/55/CE), ossia
devono essere interamente rispettate (ad eccezione di quelle di cui alle
lettere f) e h), che riguardano casi particolari). Esse però – secondo
l’orientamento ormai consolidato della Corte di Giustizia – devono
106
È ribadito il divieto di confusione di cui all’art. 2598 n. 1 del Codice Civile.
106
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
essere interpretate nel
senso più favorevole alla pubblicità
comparativa, data la funzione pro-concorrenziale di quest’ultima e la
sua idoneità a tutelare gli interessi dei consumatori»107.
Il prerequisito esposto alla lettera c rappresenta il cuore della disciplina della
pubblicità comparativa: è ammesso che il confronto possa essere parziale, limitato
ad «una o più caratteristiche», purché esse siano essenziali e pertinenti, dunque
rilevanti per l’apprezzamento del pubblico, rappresentative, ossia significative del
pregio complessivo del prodotto, e verificabili, quindi suscettibili di
dimostrazione, come stabilito al c. 2 della norma in discussione.
La lett. g vieta la comparazione per agganciamento, ossia la comparazione volta a
sottolineare non già le caratteristiche differenziali del prodotto o servizio oggetto
di pubblicità rispetto a quello del concorrente, quanto piuttosto quelle che lo
rendono in parte o in toto equivalente, mentre la lett. h disciplina un’ipotesi a metà
tra la concorrenza confusoria e la concorrenza per agganciamento. Il divieto di
denigrazione posto alla lett. e non pone un veto alla messa in evidenza degli
svantaggi del prodotto concorrente, che equivarrebbe ad un divieto di
comparazione, quanto piuttosto alla diffusione di apprezzamenti negativi non
giustificabili dallo scopo di mettere in evidenza i plus del bene reclamizzato108.
Infine, ai sensi del c. 3 dell’art. 4, «Qualunque raffronto che fa riferimento a
un’offerta speciale deve indicare in modo chiaro e non equivoco il termine finale
dell’offerta, oppure, nel caso in cui l’offerta speciale non sia ancora avviata, la
data di inizio del periodo nel corso del quale si applicano il prezzo speciale o altre
condizioni particolari o, se del caso, che l’offerta speciale dipende dalla
disponibilità dei beni e servizi».
Anche il d. lgs. 145/2007, al pari del Codice di Autodisciplina della
Comunicazione Commerciale, si occupa della pubblicità di prodotti pericolosi per
la salute e la sicurezza (art. 6) e dei messaggi destinati a bambini e adolescenti
(art. 7). È, innanzitutto, considerata ingannevole ogni comunicazione commerciale
«che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza
107
108
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 256.
Ibidem, p. 258.
107
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
dei soggetti che essa raggiunge, omette di darne notizia in modo da indurre tali
soggetti a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza» ai sensi dell’art. 6,
così come «È considerata ingannevole la pubblicità che, in quanto suscettibile di
raggiungere bambini ed adolescenti, abusa della loro naturale credulità o
mancanza di esperienza o che, impiegando bambini ed adolescenti in messaggi
pubblicitari, fermo quanto disposto dall’articolo 10 della legge 3 maggio 2004, n.
112, abusa dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani» e «la pubblicità,
che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche
indirettamente, minacciare la loro sicurezza» (art. 7 c. 1 e 2)109.
È chiaro che l’art. 6 è applicabile sia quando il soggetto tratto in inganno è un
professionista, sia quando, pur essendo il consumatore la vittima diretta della
pubblicità, possa derivarne, in capo al concorrente del professionista che ha
diffuso il messaggio, un danno configurabile come conseguenza sleale del
mendacio (come lo sviamento della clientela).
L’organo competente a giudicare in materia è l’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato (art. 8 "Tutela amministrativa e giurisdizionale")110.
109
«Nelle finalità proprie del d. lgs. 74/1992 […] destinatari della tutela prevista dalla disposizione
erano i soggetti deboli e più esposti alle lusinghe pubblicitarie, come i bambini e gli adolescenti,
ovvero gli adulti per il caso di pubblicità che faccia leva sui sentimenti che questi nutrono per i più
piccoli. Nell’ambito del d. lgs. 145/2007, il cui scopo espresso è quello di "tutelare i professionisti
dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali" (art. 1 c. 1), l’art. 7 non svolge più
l’originaria funzione, non fosse altro per la impossibilità di ricondurre nella nozione di
"professionista" […] i bambini e gli adolescenti, o gli adulti, destinatari della pubblicità riprovata
dalla norma. La tutela delle categorie di consumatori deboli individuate nella norma è oggi affidata
al Codice del Consumo […]. Nel d. lgs. 145/2007 l’art. 7 svolge invece la funzione di tutelare i
professionisti dalle conseguenze sleali derivanti da una pubblicità che, pur avendo quali vittime
immediate bambini, adolescenti e adulti consumatori, possa danneggiare i professionisti non
destinatari del messaggio, ad esempio provocando uno sviamento della loro clientela a vantaggio
dell’inserzionista che abbia abusato della mancanza di esperienza dei minori. Anche in questa
prospettiva, tuttavia, lascia perplessi il c. 2 della norma, che aveva una sua ragione d’essere
quando – nel d. lgs. 74/1992 o nel Codice del Consumo – i destinatari della tutela erano gli stessi
bambini ed adolescenti, e che oggi delinea una fattispecie per la quale è difficile immaginare un
danno anche indiretto per i professionisti concorrenti dell’inserzionista» (Ubertazzi L.C.,
"Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 270).
110
Tale articolo costituisce il riferimento dell’art. 27 "Tutela amministrativa e giurisdizionale" del
Codice del Consumo (d. lgs. 206/2005). «Entrambe le norme, nonostante il diverso ambito
soggettivo di tutela, prevedono ora che ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse
possa presentare istanza all’Autorità, segnalando la presunta violazione, cosicché risulta identica e
sovrapponibile la fase genetica del procedimento relativo agli illeciti in materia di pubblicità
rispetto a quello in materia di pratiche commerciali scorrette: spetterà dunque all’Autorità
individuare l’interesse leso dalla violazione, se di un concorrente oppure dei consumatori in
generale». (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 275).
108
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
«L’Autorità, d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia
interesse, inibisce la continuazione ed elimina gli effetti della pubblicità
ingannevole e comparativa illecita», avvalendosi anche del supporto della Guardia
di Finanza che interviene con i poteri ad essa attribuiti per l’accertamento
dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta sui redditi (art. 8 c. 1). L’AGCM
può disporre, in caso di particolare urgenza e con provvedimento motivato, la
sospensione provvisoria della pubblicità ingannevole e comparativa illecita,
comunicando l’apertura dell’istruttoria al professionista, richiedendo, se
necessario, i documenti rilevanti ai fini della valutazione dell’infrazione. Se il
committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del medium che ha
diffuso il messaggio pubblicitario le informazioni idonee ad identificarlo (art. 8 c.
3). In caso di inottemperanza, senza giustificato motivo, da parte dell’operatore
pubblicitario o del proprietario del mezzo a quanto disposto dall’AGCM ai sensi
dell’art. 14 c. 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287111, è prevista una sanzione
amministrativa pecuniaria da 2.000,00 a 20.000,00 euro. Nei casi più gravi di
falsità delle informazioni fornite, la sanzione varia da 4.000,00 a 40.000,00 euro
(art. 8 c. 4). Inoltre, «L’Autorità può disporre che il professionista fornisca prove
sull’esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità se, tenuto conto
dei diritti o degli interessi legittimi del professionista e di qualsiasi altra parte nel
procedimento, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso
specifico. Se tale prova è omessa o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto sono
considerati inesatti» (art. 8 c. 5).
L’Autorità può avvalersi anche del parere dell’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni quando il messaggio pubblicitario è stato o deve essere diffuso
attraverso la stampa quotidiana o periodica, ovvero per via radiofonica, televisiva
o attraverso qualunque altro mezzo di telecomunicazione (art. 8 c. 6).
Nei casi di illeciti non manifestamente gravi o scorretti, l’Autorità può ottenere
dal professionista responsabile della pubblicità ingannevole o comparativa illecita
l’assunzione dell’impegno a porre fine all’infrazione, cessandone la diffusione o
modificandola in maniera tale da eliminare la scorrettezza. L’AGCM può, inoltre,
disporre che sia pubblicata, a spese del professionista, la dichiarazione di
111
Per il testo dell’art. 14 "Istruttoria" della legge 287/90 si rimanda all’appendice A.2.
109
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
assunzione dell’impegno in questione (art. 8 c. 7). La decisione con impegni è un
istituto di derivazione comunitaria di natura negoziale.
«La ratio dello strumento è duplice: da un lato assicurare all’AG un
risparmio in termini di risorse amministrative impegnate nell’attività
di enforcement della disciplina (posto che la presentazione degli
impegni da parte del professionista deve necessariamente avvenire a
ridosso dell’apertura del procedimento, i.e. entro trenta giorni dalla
ricezione della comunicazione di avvio); dall’altro ottenere un
immediato
ed
efficace
ri-allineamento
della
condotta
del
professionista alle disposizioni del decreto, attraverso la volontaria
assunzione di un impegno vincolante a rimuovere l’illecito contestato.
Il carattere obbligatorio dell’impegno e la sanzionabilità di
un’eventuale inottemperanza ai sensi dell’art. 8. c. 12 sono volti ad
indurre il professionista a mantenere conforme la propria condotta agli
impegni assunti e ad assicurare, pro futuro, il mantenimento delle
ristabilite condizioni di liceità del messaggio pubblicitario»112.
Per il professionista ciò significa modificare il messaggio pubblicitario oggetto
della contestazione, eliminando l’illecito nel modo meno invasivo per la propria
attività di impresa, evitando, qualora gli impegni assunti sono ritenuti accettabili
dall’Autorità, le conseguenze negative connesse all’accertamento di una
violazione (sanzione e discredito presso il pubblico in primis). L’impegno può
consistere nell’interruzione della diffusione della pubblicità scorretta o in una
modifica sostanziale della stessa. L’AGCM valuta l’idoneità dell’impegno che il
professionista decide di assumere per eliminare il profilo illecito del messaggio
oggetto di discussione. Ciò accade, tuttavia, esclusivamente al di fuori dei casi di
manifesta scorrettezza e gravità.
Nelle situazioni più gravi, l’Autorità può vietare la diffusione delle comunicazioni
non ancora a conoscenza del pubblico o impedirne la continuazione e disporre la
pubblicazione della delibera per estratto, ancora a carico dell’impresa che ha agito
112
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 282.
110
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
scorrettamente (art. 8 c. 8), disponendo anche l’applicazione di una sanzione
amministrativa pecuniaria da 5.000,00 a 500.000,00 euro a seconda della gravità
dell’illecito e della durata della violazione. La sanzione si qualifica, dunque, come
conseguenza automatica e necessaria del procedimento di accertamento
dell’illecito svolto dall’AGCM. Inoltre, se il messaggio pubblicitario può indurre
in una situazione di pericolo per la salute o la sicurezza nonché è suscettibile di
raggiungere minori o adolescenti, la sanzione non può essere inferiore ai
50.000,00 euro (art. 8 c. 9). Ai sensi dell’art. 8 c. 12 «In caso di inottemperanza ai
provvedimenti d’urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti di cui ai
commi 3, 8 e 10113 ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti ai sensi
del comma 7, l’Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da
10.000,00 a 150.000,00 euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l’Autorità può
disporre la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore ai
trenta giorni». Il destinatario delle sanzioni amministrative è l’operatore
pubblicitario, soggetto passivo del procedimento dell’Autorità Garante, figura
riconducibile al committente del messaggio, ovverosia l’impresa che produce il
bene o servizio e utilizza la pubblicità per far conoscere al proprio pubblico
quanto creato; all’autore della comunicazione, colui che ha realizzato il
messaggio; al proprietario del mezzo pubblicitario, nei casi in cui non consenta
all’identificazione del committente e dell’autore, cui è equiparato il responsabile
della programmazione radiofonica o televisiva (art. 2 c. 1 lett. e).
A giudicare sui ricorsi avverso le sanzioni amministrative disposte dall’AGCM è
competente in via esclusiva il giudice amministrativo (art. 8 c. 13) che, ex art. 3 c.
3 della legge 1034/71 ("Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), è il
TAR del Lazio con sede a Roma.
Il c. 14 dell’art. 8 pone una eccezione alla competenza generale dell’Autorità,
poiché stabilisce che «ove la pubblicità sia stata assentita con provvedimento
amministrativo, preordinato anche alla verifica del carattere non ingannevole della
stessa o di liceità del messaggio di pubblicità comparativa, la tutela dei soggetti e
delle organizzazioni che vi abbiano interesse, è esperibile in via giurisdizionale
113
Art. 8 c. 10: «Nei casi riguardanti pubblicità inserite sulle confezioni di prodotti, l’Autorità,
nell’adottare i provvedimenti indicati nei commi 3 e 8, assegna per la loro esecuzione un termine
che tenga conto dei tempi tecnici necessari per l’adeguamento».
111
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
con ricorso al giudice amministrativo avverso il predetto provvedimento». Tali
casi di esclusione sono tassativi e sono legati alle seguenti condizioni: il controllo
obbligatorio da parte di un’autorità amministrativa da effettuarsi prima della
diffusione della pubblicità e che porti ad un provvedimento autorizzativo della
stessa; tale controllo deve essere preordinato anche alla verifica del carattere non
ingannevole della pubblicità o della correttezza della pubblicità comparativa114.
È fatta salva, comunque, la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di
concorrenza sleale (art. 2598 c.c.), di atti compiuti in violazione della disciplina
sul diritto d’autore protetto dalla legge 633/41 e successive modificazioni (per
quanto concerne la pubblicità comparativa), del marchio d’impresa protetto a
norma del d. lgs. 30/05 e successive modificazioni, delle denominazioni di origine
riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, prodotti e
servizi concorrenti (art. 8 c. 15).
Infine, è previsto ai sensi dell’art. 9 del decreto ("Autodisciplina") che le parti
interessate possano richiedere che venga inibita la continuazione degli atti di
pubblicità ingannevole o di pubblicità comparativa illecita, ricorrendo ad
organismi volontari e autonomi di Autodisciplina (c. 1), riconoscendone così la
loro valenza altamente positiva. Sotto la dizione di "organismi volontari e
autonomi
di
autodisciplina"
vanno
considerati
non
solo
il
Giurì
dell’Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, l’organo più autorevole,
ma anche gli altri sistemi che operano a livello settoriale come l’Assopiastrelle,
l’ANVED, il Giurì del Design e tutti gli organismi di autodisciplina che
potrebbero essere costituiti in futuro115. «Iniziata la procedura davanti ad un
organismo di autodisciplina, le parti possono convenire di astenersi dall’adire
l’Autorità fino alla pronuncia definitiva, ovvero possono chiedere la sospensione
del procedimento innanzi all’Autorità, ove lo stesso sia stato attivato, anche da
altro soggetto legittimato, in attesa di pronuncia dell’autodisciplina. L’Autorità,
valutate tutte le circostanze, può disporre la sospensione del procedimento per un
periodo non superiore a trenta giorni» (art. 9 c. 2). L’unico effetto pratico di tale
sospensione sembra essere quello di permettere all’Autorità di considerare, nella
114
115
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 286.
Ibidem, p. 288.
112
2. La normativa applicabile
alle comunicazioni commerciali online:
le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising
sua pronuncia, i dati emersi dal procedimento autodisciplinare, anche se la
decisione emessa dagli organi di autodisciplina non è vincolante per l’AGCM.
Va altresì ricordato che obbligati ad adempiere ai provvedimenti del Giurì sono
solo le parti che convenzionalmente hanno aderito direttamente o indirettamente
al sistema autodisciplinare. Inoltre, se di fronte all’Antitrust l’onere della
dimostrazione incombe in capo a chi denuncia (consumatore o chiunque rilevi la
falsità di una pubblicità), dinnanzi agli organi di autodisciplina vale l’inversione
dell’onere della prova, per cui è l’operatore pubblicitario che deve dimostrare che
le informazioni veicolate attraverso le comunicazioni commerciali sono vere e
corrette. Infine, mentre l’adempimento delle decisioni del Giurì è lasciato alla
correttezza professionale degli aderenti al sistema dell’Autodisciplina, senza che
siano previste particolari sanzioni in caso di mancata osservanza, per
l’inadempimento dei provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato è prevista una sanzione di carattere amministrativo.
2.5 Conclusioni
Le norme illustrate, il Codice di Autodisciplina della Comunicazione
Commerciale, il Codice del Consumo, il d. lgs. 145/07, sono state qui considerate
norme "generali", non specifiche dell’e-advertising ma ad esso riferibili in quanto
forma nuova di diffusione di comunicazioni commerciali equiparabile alla
pubblicità sui media tradizionali. Si tratta, tuttavia, di disposizioni troppo
generiche che non tengono conto delle tante peculiarità del mezzo Internet. Il
prossimo capitolo sarà dedicato a regole maggiormente legate alla pubblicità
online, che considerano le sue numerose caratteristiche, la "transnazionalità" del
medium in primis, ma anche la difficoltà nel distinguere, in alcuni casi, tra
contenuto informativo e contenuto pubblicitario sui siti web, rischiando di attrarre
nella nozione di pubblicità aspetti che non le appartengono. Internet è un
fenomeno globale non solo per la sua applicazione mondiale ma anche perché
ormai pervade ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Come tale è necessaria
una legislazione chiara, ferma, univoca, che protegga ogni user da abusi e illeciti.
113
CAPITOLO III
La normativa applicabile alle comunicazioni
commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e
all’e-advertising
Sommario: 3.1 Introduzione – 3.2 Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n. 70,
"Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici della società
dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio
elettronico" – 3.3 La responsabilità dell’Internet Service Provider – 3.3.1 Codice di
autoregolamentazione "Internet e Minori" – 3.4 L’European Advertising Standards
Alliance – 3.4.1 Il cross-border complaints system e le autodiscipline nazionali –
3.4.2 I Common Principles e l’EASA Charter – 3.4.3 I Position Papers, le Best
Practice Recommendations, le pubblicazioni EASA e l’Education Programme – 3.5
Guidelines on Interactive Marketing Communication - 3.6 Conclusioni.
3.1 Introduzione
La nascita di Internet è generalmente fatta risalire al 1969. Il world wide web è
stato creato nel 1991. Nonostante ormai il fenomeno abbia una diffusione tale per
cui è effettivamente legittimo affermare che "Internet è sempre con noi",
richiamando uno dei più diffusi claim adottato soprattutto dalle compagnie
telefoniche per reclamizzare le ultime offerte relative alla navigazione, ad esempio
su cellulari, smartphone o tablet, è pur vero che le problematiche da affrontare
sono tante: la riconoscibilità dell’e-advertising, la diffusione di comunicazioni
commerciali scorrette e illecite, la regolamentazione del commercio elettronico, lo
spamming, la possibilità di travalicare i confini nazionali nella veicolazione di
pubblicità e la relativa disciplina da applicare in tali casi.
A livello europeo, la comunicazione pubblicitaria d’impresa non è mai stata
oggetto principale di convenzioni internazionali anche se molte di esse hanno
avuto comunque una diretta influenza sull’attuale regolamentazione, tra le quali
ricordiamo la Convenzione Internazionale istitutiva dell’Organizzazione Mondiale
della Proprietà Intellettuale (OMPI) siglata a Stoccolma il 14 luglio 1967, la
Convenzione Universale del Diritto d’Autore, firmata a Ginevra il 6 ottobre 1952,
l’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi di fabbrica o di
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
commercio riveduto a Nizza il 15 giugno 1957, la Convenzione d’Unione di
Parigi per la protezione della proprietà industriale, firmata a Parigi il 20 marzo
1883 e riveduta a Londra il 2 giugno 1934. Di notevole interesse risulta, infine, la
Convenzione di Roma per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà
fondamentali del 4 novembre 1950, attraverso cui la Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo ha elaborato una giurisprudenza degna di indagine sui rapporti tra l’art.
10 della Convenzione stessa e la pubblicità1. L’art. 10 c. 1 e 2 della Convenzione
stabilisce che «1) Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto
include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni
o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e
senza limiti di frontiera. […] | 2) L’esercizio di queste libertà, poiché comporta
doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni
o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in
una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla
pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla
protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei
diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire
l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario».
La legislazione comunitaria, nonostante abbia svolto, e continui a svolgere, un
ruolo fondamentale nell’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, non
ha ancora, tuttavia, risolto pienamente le criticità che il sistema dell’advertising
porta con sé. La Corte di Giustizia della Comunità Europea è stata più volte
interpellata dai giudici nazionali per interpretare le norme comunitarie in materia
di pubblicità ed i rapporti tra queste e le normative nazionali2. Non solo.
Relativamente alla diffusione di Internet, campo di applicazione precipuo del
lavoro in questione, emergono anche problemi legati ai possibili abusi perpetrabili
in rete da parte dei soggetti che vi operano, i providers in particolar modo.
Dopo aver illustrato le disposizioni "generali" riferibili anche alla pubblicità
online, sarà oggetto del presente capitolo la discussione circa la normativa
applicabile nello specifico ad Internet e all’e-advertising. Attenzione sarà posta,
1
Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa.
Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, 55 e seg.
2
Ibidem, p. 58.
115
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
nel dettaglio, al d. lgs. 70/03 in materia di commercio elettronico, alla
responsabilità dell’internet service provider (applicata successivamente anche ad
un campo delicato quale la difesa dei minori, attraverso l’analisi del Codice
Internet e minori), all’European Advertising Standards Alliance (Alleanza
Europea per l’Etica in Pubblicità) e al relativo cross-border complaints system, ai
Common Principles e all’EASA Charter, alle pubblicazioni dell’Alleanza e alle
Guidelines on Interactive Marketing Communication.
3.2 Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n. 70 "Attuazione della
direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici
della società dell’informazione nel mercato interno, con
particolare riferimento al commercio elettronico"
Internet ha cambiato il mondo e con esso sono mutati gli scenari e le fondamenta
stesse della nostra vita sociale ed economica. Il mercato tradizionale, inteso come
luogo in cui solitamente si riuniscono compratori, venditori o intermediari per
contrattare e negoziare l’acquisto, la vendita o la transazione di merci3, ha ceduto
il
passo
al
mercato
virtuale,
il
consumatore
è
stato
sostituito
dal
cyberconsumatore, la moneta "materiale" da quella digitale4. L’e-commerce,
inteso come il processo di vendita e di acquisto supportato dai mezzi elettronici è
diffusissimo e, non di rado, alcuni prodotti, servizi o offerte sono disponibili solo
in rete. Ormai i siti delle più grandi aziende nazionali o internazionali, dispongono
di una sezione appositamente dedicata allo shopping online, con la possibilità di
ricevere i propri prodotti direttamente a casa o di reperirli nei più vicini punti
vendita. In alcuni casi tali siti sono organizzati come veri e propri negozi in
versione elettronica con tanto di scaffali, camerini e addirittura avatar per provare
ad esempio l’abbigliamento scelto, verificare l’accostamento di colori,
l’abbinamento di accessori.
3
Definizione di "mercato" tratta dal Dizionario della Lingua Italiana De Mauro.
Nonostante tale evoluzione, rimane ancora ampio il digital divide e sono ancora molti coloro che
nutrono perplessità e scarsa fiducia nei riguardi degli acquisti online, soprattutto nei casi in cui
bisogna cedere dati personali, quali il numero di carta di credito.
4
116
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
Negli ultimi anni il legislatore ha mostrato il proprio interesse per i contratti
conclusi in ambito telematico approfondendo importanti aspetti relativi alla
società dell’informazione.
«La giurisprudenza […], dopo un periodo di iniziale smarrimento, ha
cominciato a muovere i primi timidi passi sul terreno della
contrattualistica online mostrandosi talvolta convinta che lo strumento
telematico sia inidoneo ad alterare la sostanza dei fenomeni giuridici e
che, pertanto, a questi ultimi possa continuare ad essere applicato il
vigente quadro normativo e, talaltra, per contro, che detta operazione
incontri un limite invalicabile nelle peculiarità del nuovo medium e nel
nuovo assetto dei rapporti e delle dinamiche contrattuali che,
attraverso esso, vengono ad esistenza. A questa articolata e dinamica
realtà va […] aggiunto il fiorire e il moltiplicarsi di sforzi e tentativi di
autodisciplina da parte dei prestatori dei servizi della società
dell’informazione nonché di alcuni altrettanto timidi tentativi di
individuare una disciplina uniforme della materia compiuti a livello
sovrannazionale
attraverso
leggi
modello
e
convenzioni
internazionali»5.
La disciplina del commercio elettronico ha subito una prima regolamentazione a
livello europeo con la direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, dell’8 giugno 2000 "Relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della
società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato
interno ("Direttiva sul commercio elettronico")", provvedimento recepito nel
nostro paese con il d. lgs. 9 aprile 2003 n. 70, "Attuazione della direttiva
2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici della società dell’informazione nel
mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico".
Si tratta di una direttiva di modesto rilievo nell’ambito della disciplina
contrattuale dei rapporti di consumo in Internet, poiché il legislatore comunitario
5
Scorza G., "Il diritto dei consumatori e della concorrenza in Internet. Pubblicità, privacy,
contratti, concorrenza e proprietà intellettuale nel cyberspazio", Cedam, Padova, 2006, p. 88.
117
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
non ha ritenuto importante intervenire nella materia della tutela dei consumatori,
limitandosi a richiamare la disciplina già vigente in relazione alla pubblicità
ingannevole e comparativa, ai contratti a distanza, alla legge applicabile e al
giudice competente in relazione alle controversie circa i diritti dei consumatori. La
normativa in materia di contratti di commercio elettronico deve essere ricavata,
dunque, non solo dalle poche disposizioni contenute nella succitata direttiva e nel
relativo decreto di attuazione (d. lgs. 70/03), ma anche dalla previgente
legislazione relativa ai contratti a distanza e a quelli compiuti al di fuori dei locali
commerciali, contenuta nel Codice del Consumo, e nelle previsioni in tema di
documento
informatico
e
firme
elettroniche
inserite
nel
Codice
6
dell’amministrazione digitale .
«Il D. Lgs. 70/2003, che recepisce la direttiva 2000/31, disciplina i
servizi della società dell’informazione attuabili su Internet con il fine
di promuoverne la libera circolazione; così a chiunque che svolga
un’attività economica, è concessa l’opportunità di sviluppare ed
esaltare il valore delle sue informazioni e di indirizzarle nei confronti
6
Ibidem, p. 105. Inoltre, circa il d. lgs 70/03 è stato notato che «Il decreto legislativo di
recepimento della Direttiva 31/00 è uno specchio eloquente del degrado della tecnica legislativa a
dispetto delle – evidentemente inutili – prescrizioni emanate dalla presidenza del consiglio per la
redazione degli atti normativi. Il testo è sgrammaticato e pieno di grossolani errori sintattici e
linguistici […]. La sciatteria linguistica è peraltro sintomatica di una più generale carenza di
impostazione giuridica. Non è chiaro ai redattori del testo che le regole giuridiche scritte si
fondano su convenzioni linguistiche e dunque un termine non è generalmente interscambiabile con
un altro, che per questo il linguaggio del giurista si sforza di essere il più preciso possibile, e che le
incertezze espressive si traducono in diatribe interpretative e controversie. Molti degli errori
linguistici provengono dalla traduzione italiana della direttiva […] Si aggiunga che, mentre è
normale che una Direttiva faccia riferimento ad altre Direttive, una legge dello Stato, soprattutto se
deve indicare eccezioni o regole complementari, deve richiamare non quelle direttive ma le leggi
dello Stato che le hanno recepite e che, è ragionevole ritenere non sono la mera riproduzione della
norma comunitaria. […] Queste notazioni mirano ad evidenziare i guasti di una legislazione
delegata affidata a procedure opache di una pubblica amministrazione che, anziché essere
consapevole delle proprie specifiche competenze (amministrare è compito diverso dal legiferare),
agisce come un apprendista stregone. Se si considera poi che alla Direttiva 31/00 erano stati
dedicati numerosi commenti e volumi e nessuno dei competenti professori ordinari che li avevano
curati (Vincenzo Franceschelli, Pasquale Stanzione, Salvatore Sica, Giovanni Comandè) è stato
minimamente coinvolto in quel che è – da qualche secolo – la normale funzione di servizio
dell’Università al legislatore, è facile comprendere come il giudizio complessivo sul decreto
legislativo non possa essere che c’è del buono e del nuovo: solo che quel che è buono non è nuovo,
e quel che è nuovo non è buono. Il commento al D. Lgs. 70/03 è costretto ad essere, dunque, un
commento alla Direttiva 31/00 […]» (Tosi E., "Commercio elettronico e servizi della società
dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commentario al D. lgs.
9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano, 2003, p. 36 e segg).
118
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
di una collettività indeterminata, composta da tutti i soggetti che,
interconnessi tra loro, interagiscono anche all’interno dell’ambiente
Internet. In questo nuovo aggregato di dati, informazioni, servizi e
soggetti, sono, infatti, innumerevoli le possibilità sia di attingere che
di offrire informazioni nei confronti di chiunque si affacci alla rete,
così come sono incalcolabili le varianti attraverso cui questa
distribuzione di informazioni avviene. In questa copiosa offerta al
pubblico di dati informativi sono comprese anche le comunicazioni
commerciali […]»7.
Il commercio elettronico costituisce il trait d’union delle relazioni tra computer e
diritto: in esso sono evidenziati gli aspetti più interessanti del diritto
dell’informatica ed esaltate le tensioni tra l’ordinamento giuridico e il mercato
globale ed inoltre esso apre le frontiere a nuove forme di marketing aziendale8.
La direttiva 2000/31/CE non definisce il commercio elettronico e il d. lgs. 70/03 si
limita esclusivamente ad indicare le finalità della disposizione stessa (art. 1), quali
«la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, fra i quali il
commercio elettronico» (c.1), escludendo dal campo di applicazione del decreto
«a) i rapporti fra contribuente e amministrazione finanziaria connessi con
l’applicazione, anche tramite concessionari, delle disposizioni in materia di tributi
nonché la regolamentazione degli aspetti tributari dei servizi della società
dell’informazione ed in particolare del commercio elettronico; b) le questioni
relative al diritto alla riservatezza, con riguardo al trattamento dei dati personali
nel settore delle telecomunicazioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e al
decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171, e successive modificazioni; c) le
intese restrittive della concorrenza; d) le prestazioni di servizi della società
dell’informazione effettuate da soggetti stabiliti in Paesi non appartenenti allo
spazio economico europeo; e) le attività, dei notai o di altre professioni, nella
misura in cui implicano un nesso diretto e specifico con l’esercizio dei pubblici
poteri; f) la rappresentanza e la difesa processuali; g) i giochi d’azzardo, ove
7
8
Ibidem, p. 141 e seg.
Ibidem, p. 7.
119
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
ammessi, che implicano una posta pecuniaria, i giochi di fortuna, compresi il
lotto, le lotterie, le scommesse i concorsi pronostici e gli altri giochi come definiti
dalla normativa vigente, nonché quelli nei quali l’elemento aleatorio è prevalente»
(c. 2). Una definizione esaustiva di e-commerce può essere, dunque, presa in
prestito dal documento "Un’iniziativa europea in materia di Commercio
elettronico" (Comunicazione della Commissione Europea al Parlamento europeo,
al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni COM
(97) 157) del 15 aprile 1997, che l’Italia ha fatto proprio come premessa alle sue
"Linee di politica per il Commercio elettronico", pubblicato dal Ministero
dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato il 30 luglio 1998.
In esso si legge la seguente definizione: «Il commercio elettronico consiste nello
svolgimento di attività commerciali per via elettronica. Basato sull’elaborazione e
la trasmissione di dati (tra cui testo, suoni e immagini video) per via elettronica,
esso comprende attività disparate quali: commercializzazione di merci e servizi
per via elettronica; distribuzione online di contenuti digitali; effettuazione per via
elettronica di operazioni quali trasferimenti di fondi, compravendita di azioni,
emissione di polizze di carico, vendite all’asta, progettazione e ingegneria in
cooperazione; online sourcing; appalti pubblici per via elettronica, vendita diretta
al consumatore e servizi post-vendita. Il commercio elettronico comprende
prodotti (ad es., prodotti di consumo, apparecchiature specialistiche per il settore
sanitario), servizi (ad es., servizi d’informazione, servizi giuridici e finanziari),
attività di tipo tradizionale (ad es. l’assistenza sanitaria e l’istruzione) e di nuovo
tipo (ad es., "centri commerciali virtuali")», specificando che l’e-commerce
comprende due tipi di attività: il commercio elettronico indiretto, ovverosia
l’ordinazione per via elettronica di beni materiali, la cui consegna fisica è
effettuata comunque tramite canali di tipo convenzionale, come la posta o i
corrieri
commerciali;
il
commercio
elettronico
diretto,
consistente
nell’ordinazione, pagamento e consegna online di beni e servizi immateriali quali
software informatici, materiali di intrattenimento.
Il decreto in questione definisce, invece, all’art. 2 ("Definizioni") c. 1 lett. a i
"servizi della società dell’informazione" come «le attività economiche svolte in
120
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
linea – online – nonché i servizi definiti all’articolo 1, comma 1, lettera b), della
legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni9».
Inerentemente al campo oggetto di indagine del presente lavoro, il decreto 70/03
si occupa anche delle comunicazioni commerciali nei delicati rapporti con la
disciplina dei dati personali, comunicazioni previamente definite all’art. 2, c. 1,
lett. f come «tutte le forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto,
a promuovere beni, servizi o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di
un soggetto che esercita un’attività agricola, commerciale, industriale, artigianale
o una libera professione. Non sono di per sé comunicazioni commerciali: 1) le
informazioni che consentono un accesso diretto all’attività dell’impresa, del
soggetto o dell’organizzazione, come un nome di dominio, o un indirizzo di posta
elettronica; 2) le comunicazioni relative a beni, servizi o all’immagine di tale
impresa, soggetto o organizzazione, elaborate in modo indipendente, in particolare
senza alcun corrispettivo». Non costituiscono comunicazione commerciale,
dunque, tutte le informazioni che, benché provenienti dal soggetto cui si
riferiscono, coincidono con dati che consentono di identificare l’operatore
pubblicitario e di accedere ai suoi servizi, ovvero tutte quelle informazioni che,
non provenienti dal soggetto cui rimandano, lo riguardano e sono state elaborate
indipendentemente da un soggetto terzo in assenza di un rapporto di committenza
tra il soggetto in questione ed il terzo che le ha elaborate e diffuse in rete10.
Le parti attive che animano il fenomeno dell’e-advertising sono coloro che il
decreto definisce come "prestatori dei servizi della società dell’informazione" (le
9
L. n 317/86 "Procedura d’informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche e
delle regole relative ai servizi della società dell'informazione in attuazione della direttiva 98/34/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, modificata dalla direttiva 98/48/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 luglio 1998 (1)". Ai sensi dell’art. 1, c. 1 lett. b di
tale legge, per "servizio" si intende «qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire
qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a
richiesta individuale di un destinatario di servizi. Ai fini della presente definizione si intende per
"servizio a distanza" un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti; per "servizio per
via elettronica" un servizio inviato all’origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature
elettroniche di trattamento, compresa la compressione digitale e di memorizzazione di dati e che è
interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi
elettromagnetici; per "servizio a richiesta individuale di un destinatario di servizi" un servizio
fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale».
10
Tosi E., "Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche
del mercato interno e comunitario: commentario al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano,
2003, p. 103.
121
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
persone
fisiche
o
giuridiche
che
prestano
un
servizio
della
società
dell’informazione, art. 2 c. 1. lett. b), ovverosia le imprese inserzioniste, le
agenzie pubblicitarie specializzate nel web advertising, le agenzie di media
planning, le interactive media agency, le società di marketing, i provider, i titolari
dei siti web, le concessionarie di pubblicità su Internet.
Da sottolineare è che il tema in questione si inserisce, a pieno titolo, nell’ambio
del diritto di "tranquillità individuale", in virtù del quale ciascuno ha diritto ad
avere garanzia di affidabilità nell’ambito delle transazioni a distanza11, e del
principio di trasparenza della pubblicità online. È in questo contesto che vanno
letti gli artt. 8-10 del d. lgs. 70/03.
Nello specifico l’art. 8, "Obblighi di informazione per la comunicazione
commerciale", sancisce che «In aggiunta agli obblighi informativi previsti per
specifici beni e servizi, le comunicazioni commerciali che costituiscono un
servizio della società dell’informazione o ne sono parte integrante, devono
contenere, sin dal primo invio, in modo chiaro ed inequivocabile, una specifica
informativa, diretta ad evidenziare: a) che si tratta di comunicazione commerciale;
b) la persona fisica o giuridica per conto della quale è effettuata la comunicazione
commerciale; c) che si tratta di un’offerta promozionale come sconti, premi, o
omaggi e le relative condizioni di accesso; d) che si tratta di concorsi o giochi
promozionali, se consentiti, e le relative condizioni di partecipazione». Tale
norma ha, dunque, l’obiettivo di rendere trasparente l’e-advertising e garantire che
l’inserzionista assuma ogni responsabilità conseguente alla diffusione di tale
comunicazione commerciale, anche se nella norma non è indicato il modo in cui
adempiere a tale obbligo. Viene sottolineato, inoltre, che deve essere indicata la
natura promozionale dell’offerta in questione. Il D. P. R. 26 ottobre 2001 n. 430,
"Regolamento concernente la revisione organica della disciplina dei concorsi e
delle operazioni a premio, nonché delle manifestazioni di sorte locali, ai sensi
dell’articolo 19, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449", definisce gli
"sconti" come offerte temporanee legate alla riduzione di prezzo, ovvero quantità
supplementari di prodotto o servizi acquistati senza costi aggiuntivi per
11
http://www.penale.it/lecchi.pdf, Lecchi L., "La disciplina delle comunicazioni commerciali
secondo il d. lgs. 70/03", 2003.
122
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
l’acquirente, oppure un tagliando o un buono sconto che autorizzano chi acquista
un dato prodotto o servizio ad ottenere una riduzione di prezzo su un identico
prodotto o servizio al momento di un acquisto successivo; i "premi", come
l’offerta temporanea di un prodotto o servizio di tipo differente dal prodotto o
servizio offerto all’acquisto; gli "omaggi", come l’offerta temporanea di un
prodotto o servizio non subordinata ad un obbligo di acquisto; i "concorsi
promozionali", come l’offerta temporanea di partecipare ad un concorso in cui il
vincitore è designato innanzitutto in base alla propria abilità ed, eventualmente,
subordinata all’obbligo di acquisto; i "giochi promozionali", quali offerta
temporanea di partecipazione ad un gioco in cui il vincitore è designato dalla sorte
e in cui la partecipazione può essere subordinata all’obbligo di acquisto e può
anche comportare costi di partecipazione supplementare (non rientrano in tale
categoria, invece, i giochi d’azzardo, nei quali un premio di valore monetario
costituisce la ricompensa dei giochi di fortuna come le lotterie o le scommesse)12.
Nonostante il decreto affermi all’art. 1 c. 2 lett. b che non rientrano nell’ambito di
applicazione del decreto stesso le «questioni relative al diritto alla riservatezza,
con riguardo al trattamento dei dati personali nel settore delle telecomunicazioni»,
l’art. 9 ("Comunicazione Commerciale non sollecitata") le prevede e,
conseguentemente, ne integra la disciplina generale. Tale articolo sancisce che «1)
[…] le comunicazioni commerciali non sollecitate trasmesse da un prestatore per
posta elettronica devono, in modo chiaro e inequivocabile, essere identificate
come tali fin dal momento in cui il destinatario le riceve e contenere l’indicazione
che il destinatario del messaggio può opporsi al ricevimento in futuro di tali
comunicazioni. 2) La prova del carattere sollecitato delle comunicazioni
commerciali è onere del prestatore». L’art. 9, dunque, nella diatriba tra sistema
opt-in o opt-out, sancisce la legittimità dell’opt-out, secondo cui chiunque può
inviare comunicazioni commerciali ad un destinatario che non ha espresso il
proprio dissenso, salvo opposizione dello stesso e comunque rendendosi in ogni
caso identificabile. Tuttavia, dopo solo due mesi dall’emanazione del d. lgs.
70/03, il Codice della Privacy (d. lgs. 196/03) ha sancito la liceità dell’opt-in
12
Tosi E., "Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche
del mercato interno e comunitario: commentario al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano,
2003, p. 114 e seg.
123
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
system, anche se, successivamente, il Codice del Consumo ha predisposto che le
tecniche di comunicazione a distanza diverse dal telefono, dalla posta elettronica,
dal fax e dai sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore,
possono essere utilizzati per le comunicazioni individuali se il consumatore non si
dichiara esplicitamente contrario13.
A gettare ulteriormente caos in materia vi è la stessa direttiva sul commercio
elettronico che prevede, inoltre, due categorie di meccanismi applicabili alle
trasmissioni
di comunicazioni
non
richieste:
l’art.
7
("Comunicazione
commerciale non sollecitata") c. 1 sancisce che gli Stati membri che permettono
l’invio di comunicazioni commerciali non sollecitate attraverso la posta
elettronica devono provvedere affinché tali e-mail inoltrate da un prestatore
stabilito nel loro territorio siano sempre identificabili come tali, in modo chiaro ed
inequivocabile, fin dal momento in cui il destinatario le riceve. Il c. 2 dello stesso
articolo prescrive, tuttavia, che gli Stati membri devono adottare i provvedimenti
necessari atti a far sì che i prestatori che inviano e-mail non sollecitate consultino
regolarmente e rispettino i "registri negativi" cui possono iscriversi le persone
fisiche che non desiderano ricevere unsolicited e-mail. Da tale formulazione è
scaturito l’ampio dibattito tra sostenitori e detrattori dei sistemi opt-in e opt-out
rendendo evidente, soprattutto, la necessità di una presa di posizione che il
legislatore avrebbe dovuto assumere per chiarire se la disciplina della privacy
debba prevalere o meno su quella del commercio elettronico ed adottare,
conseguentemente, idonei accorgimenti. Azione che è rimasta incompiuta.
«L’apparente discordanza tra la normativa in materia di privacy e la
normativa sul commercio elettronico non porta a rendere non
applicabile la prima disciplina alle comunicazioni commerciali non
sollecitate nei servizi della società dell’informazione. Lo stesso
Garante, a tale proposito, si è, a suo tempo, espresso sulla necessità di
porre estrema attenzione nell’interpretare e nell’armonizzare, sul
piano applicativo, il complesso di regole in materia di privacy,
affermando che non esistono rilevanti conflitti di tipo giuridico
13
Per un approfondimento circa le unsolicited e-mail si rimanda al paragrafo 1.6.
124
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
giacché la direttiva sul commercio elettronico non si applicherebbe ai
settori disciplinati dalla normativa in materia di privacy»14.
La prima formulazione dell’art. 9 del d. lgs. 70/03 prevedeva che, recependo l’art.
9 della relativa direttiva, per l’identificabilità delle comunicazioni commerciali
non sollecitate, dovesse essere inserita la dicitura "comunicazione commerciale
NS" nell’oggetto dell’e-mail. Era stato, inoltre, disposto che il prestatore dovesse
previamente consultare il registro pubblico negativo istituito presso il Garante per
la protezione dei dati personali, al quale potevano iscriversi le sole persone fisiche
che non desiderassero ricevere tali comunicazioni. Il registro doveva essere
adottato dal Garante entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del d. attuativo
della
direttiva
sul
commercio
elettronico.
La
controversa
questione
dell’affidabilità della normativa e dell’efficacia del sistema opt-out istituito presso
il Garante ha successivamente convinto il legislatore italiano ad abbandonare tale
versione dell’art. 9 e ad adottare quella attualmente vigente. Resta tuttavia la
discordanza tra d. lgs. 70/03 e Codice della privacy.
Infine, ancora circa l’advertising, l’art. 10 del decreto, soffermandosi sull’"Uso
delle comunicazioni commerciali nelle professioni regolamentate", sancisce che
«L’impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della
società dell’informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione
regolamentata15, deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e
in particolare all’indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto
14
Tosi E., "Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche
del mercato interno e comunitario: commentario al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano,
2003, p. 126.
15
L’art. 2 del d. lgs. 27 gennaio 1992 n. 115 ("Attuazione della direttiva (CEE) n. 48/89, relativa
ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano
formazioni professionali di una durata minima di tre anni") stabilisce che per "professioni"
debbano intendersi «1) le attività per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione in albi, registri ed
elenchi, tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se l’iscrizione è subordinata al possesso di una
formazione professionale rispondente al requisito di cui al comma 3 dell’art. 1; 2) i rapporti di
impiego pubblico o privato, se l’accesso ai medesimi è subordinato, da disposizioni legislative o
regolamentari, al possesso di una formazione professionale rispondente al requisito di cui al
comma 3 dell’art. 1; 3) le attività esercitate con l’impiego di un titolo professionale il cui uso è
riservato a chi possiede una formazione professionale rispondente al requisito di cui al comma 3
dell’art. 1; 4) le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una formazione
professionale rispondente al requisito di cui al comma 3 dell’art. 1 è condizione determinante ai
fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso».
125
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi». Il legislatore ha preso in
considerazione, dunque, accanto alle notevoli possibilità comunicative permesse
dalla rete, i limiti imposti dai codici deontologici propri degli ordini professionali
cui appartengono i prestatori. In questo modo la disciplina del codice di condotta e
delle norme inerenti ai servizi della società dell’informazione si integrano, fermo
l’art. 7 del decreto che impone ai professionisti ulteriori informazioni generali
obbligatorie16. Nell’organizzare la sua attività, dunque, il professionista che
intende avvalersi dei servizi offerti dalla Rete dovrà affrontare una serie di
adempimenti legati alla società dell’informazione che avranno riflessi giuridici
connessi al commercio elettronico, quali la realizzazione di un sito web, la scelta
di una denominazione da attribuire a se stesso per essere identificato e chiarire la
sua presenza in rete (domain name o nome a dominio, l’indirizzo di un sito web),
le decisioni circa le informazioni da pubblicare sul proprio sito, l’organizzazione
di una adeguata campagna di comunicazione pubblicitaria, nonché tutti gli
adempimenti legati alla conclusione dei contratti online, tenendo conto anche
16
Ai sensi dell’art. 7 "Informazioni generali obbligatorie" «1) Il prestatore, in aggiunta agli
obblighi informativi previsti per specifici beni e servizi, deve rendere facilmente accessibili, in
modo diretto e permanente, ai destinatari del servizio e alle Autorità competenti le seguenti
informazioni: a) il nome, la denominazione o la ragione sociale; b) il domicilio o la sede legale; c)
gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed
efficacemente con lo stesso, compreso l’indirizzo di posta elettronica; d) il numero di iscrizione al
repertorio delle attività economiche, REA, o al registro delle imprese; e) gli elementi di
individuazione, nonché gli estremi della competente autorità di vigilanza qualora un’attività sia
soggetta a concessione, licenza od autorizzazione; f) per quanto riguarda le professioni
regolamentate: 1) l’ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il prestatore sia iscritto e
il numero di iscrizione; 2) il titolo professionale e lo Stato membro in cui è stato rilasciato; 3) il
riferimento alle norme professionali e agli eventuali codici di condotta vigenti nello Stato membro
di stabilimento e le modalità di consultazione dei medesimi; g) il numero della partita IVA o altro
numero di identificazione considerato equivalente nello Stato membro, qualora il prestatore
eserciti un’attività soggetta ad imposta; h) l’indicazione in modo chiaro ed inequivocabile dei
prezzi e delle tariffe dei diversi servizi della società dell’informazione forniti, evidenziando se
comprendono le imposte, i costi di consegna ed altri elementi aggiuntivi da specificare; i)
l’indicazione delle attività consentite al consumatore e al destinatario del servizio e gli estremi del
contratto qualora un’attività sia soggetta ad autorizzazione o l’oggetto della prestazione sia fornito
sulla base di un contratto di licenza d’uso. | 2) Il prestatore deve aggiornare le informazioni di cui
al comma 1. | 3) La registrazione della testata editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente
per le attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste
dalla legge 7 marzo 2001, n. 62». Tuttavia «Non sembra che per il professionista sussista l’obbligo
di indicare in modo chiaro ed inequivoco i prezzi o le tariffe per i servizi offerti, imposizione
sussistente, invece, ai sensi della lettera h del comma 1 dell’art. 7 del D. lgs. 70/2003, per i
prestatori che esercitano un’attività economica non rientrante nelle professioni regolamentate; ciò
perché per quanto attiene alle professioni regolamentate vigono tariffe predisposte dall’ordine od
organismo analogo di appartenenza da rispettare e dal professionista e dal cliente» (Tosi E.,
"Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato
interno e comunitario: commentario al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano, 2003, p. 146).
126
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
delle questioni relative alla protezione dei dati personali. Le conoscenze proprie
dei professionisti vengono commercializzate online e le informazioni tecnicospecialistiche ad elevato valore economico di scambio, fornite da tali prestatori,
assumono rilievo poiché possono essere veicolate in tempo reale ai clienti attuali o
potenziali, sfruttando le innumerevoli potenzialità del medium Internet17.
3.3 La responsabilità dell’Internet Service Provider
Gli operatori del diritto, a seguito della diffusione su scala planetaria di Internet,
hanno sentito fortemente l’esigenza di definire regole di condotta da osservare in
Rete e il regime di responsabilità da applicare in caso di inosservanza di tali
norme: la responsabilità del provider rappresenta di certo una delle questioni più
complesse di tale realtà.
L’Internet Service Provider (ISP) è il fornitore dei servizi Internet e si rivolge agli
utenti offrendo loro un’ampia gamma di prestazioni. Inerentemente a tale figura
risulta importante riuscire a stabilire le responsabilità degli illeciti compiuti in
Rete sia da parte dei providers stessi che dagli utenti. Illeciti quali, a titolo
esemplificativo, la violazione delle norme sul diritto d’autore, sulla protezione dei
marchi, sul buon costume, sul diritto alla riservatezza, sull’ordine pubblico o
relativi alla diffamazione, alla concorrenza sleale.
Il panorama italiano in merito, nella sua evoluzione non lineare, ha lambito le
sponde della responsabilità oggettiva ma anche della completa irresponsabilità
fino alle pronunce sulla protezione dell’anonimato e sull’assimilabilità del
provider all’editore, con la conseguente applicabilità della normativa sulla
stampa18. A livello europeo è stata emanata la direttiva 2000/31/CE, recepita in
17
Ibidem, p. 145 e segg.
De Cata M., "La responsabilità civile dell’Internet Service provider", Giuffrè, Milano, 2010, p.
XIV. «La responsabilità del provider per il fatto illecito degli utenti ha visto, con varietà di
sfumature e argomentazioni, diverse posizioni, da quella favorevole all’irresponsabilità
dell’intermediario di servizi telematici a quella opposta, incline ad accollare all’ISP l’obbligo
risarcitorio in base a criteri d’imputazione oggettivi, passando da quella ancorata, in modo più o
meno rigoroso, al criterio della colpa. La scelta di un criterio d’imputazione piuttosto che di un
altro appare motivata anche da ragioni di tipo economico: da un lato vi è chi privilegia l’interesse a
dare il massimo impulso possibile alla Rete non gravando i providers, soggetti fondamentali per il
funzionamento di Internet e per lo sviluppo del commercio elettronico, dei costi derivanti dagli
obblighi risarcitori; dal lato opposto vi è chi, a causa della potenzialità offensiva del nuovo
18
127
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
Italia attraverso il d. lgs. 70/03, normativa in generale favorevole al provider e
propensa a contraddistinguere, ai fini dell’attribuzione delle responsabilità e degli
obblighi di prevenzione, controllo e repressione, le diverse attività di tale
soggetto, distinguendo tra la "mera conduzione" (mere conduit), lo stoccaggio di
informazioni (catching), la "memorizzazione durevole" (hosting), la fornitura dei
contenuti (content), arrivando, di conseguenza ad una modifica della categoria
stessa degli internet provider, portando ad una scissione di tale figura in access
provider, content provider e host provider.
Nello specifico l’access provider, il fornitore dell’accesso alla rete, è colui che
mette gli user nella condizione di accedere ad Internet, dotandoli anche di una
casella di posta elettronica. Il contratto di accesso ad Internet è stato qualificato in
dottrina come contratto di appalto di servizi (ex art. 1677 c. c., "Prestazione
periodica o continuativa di servizi") con la conseguente applicabilità delle norme
in materia di appalto19. Egli fornisce un servizio continuativo all’utente,
permettendogli di navigare in Rete in qualsivoglia momento, con la possibilità di
ricevere e spedire posta elettronica, gravando su di lui l’obbligo di proteggere i
fruitori dallo spamming, le unsolicited e-mail. Inoltre, le particolari caratteristiche
della prestazione fornita all’utente da parte del provider fanno sì che il rapporto
intercorrente tra questi due soggetti non possa essere inquadrato come contratto di
opera intellettuale o contratto di somministrazione stante l’assenza di una "cosa"
(ex art. 1559 c.c., "Nozione"20) quale oggetto del contratto21.
medium, si manifesta incline a non lasciare il danneggiato privo di ristoro anche in assenza di
colpa dell’intermediario o a prescindere da questa. […] Da un punto di vista più generale, secondo
una prima tesi, la scelta di un criterio di responsabilità poco severo non sarebbe efficiente,
producendo un effetto di "underdeterrence": i providers, certi della loro impunità, non
adopererebbero alcuno sforzo di diligenza nel controllo dell’attività degli users, né sarebbero
indotti ad investire risorse nell’adozione o nella ricerca di sistemi idonei a prevenire gli illeciti in
Internet. Secondo la tesi opposta, l’adozione di un regime di responsabilità eccessivamente severo,
produrrebbe effetti di "overdeterrence". I providers meno solidi dal punto di vista economico e
pertanto non idonei a sopportare i costi derivanti dalla scelta di un criterio di responsabilità
eccessivamente severo abbandonerebbero il mercato, con l’effetto di determinare una
concentrazione oligopolistica degli operatori», ibidem p. 75-76.
19
Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche",
Cedam, 2009, p. 512.
20
Ai sensi dell’art. 1559 c. c., "Nozione", «La somministrazione è un contratto con il quale una
parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni
periodiche o continuative di cose».
21
Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche",
Cedam, 2009, p. 512.
128
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
Il content provider, il fornitore di contenuto, è colui che diffonde nuove
informazioni in rete, selezionando i dati che devono essere portati a conoscenza.
L’host provider, il fornitore di ospitalità, è colui che accoglie i content provider,
mettendo loro a disposizione una porzione del proprio disco rigido attraverso cui
veicolare le informazioni in rete. Tale aspetto ha fatto sì che in molti sostenessero
la tesi secondo cui ci si trovi innanzi un contratto di locazione di uno spazio
telematico, anche se resta preferibile l’inquadramento di tale rapporto come
contratto di appalto di servizi, alla luce della prevalenza del servizio reso rispetto
allo spazio occupato22.
Per gli Internet Provider, come in ogni altro settore, sono previsti due tipi di
responsabilità: civile e penale. Insorge responsabilità civile quando un soggetto,
attraverso un comportamento illecito, provoca danno ingiusto ad altrui soggetto.
Se sono provati il danno, il comportamento illecito e il rapporto di causa-effetto
tra il comportamento e il danno, il giudice dispone il risarcimento (ex art. 2043 c.
c. "Risarcimento per fatto illecito"23).
D’altro canto, la responsabilità penale esiste solo se una norma di legge prevede
che un dato comportamento sia classificabile come reato. L’art. 27 c. 1 della
Costituzione sancisce che la responsabilità penale è personale.
Tali tipi di responsabilità possono configurarsi in primo luogo tutte le volte che vi
sia una violazione diretta di una norma di legge, sia questa penale o civile.
Tuttavia, mentre l’illecito aquiliano può configurarsi ogni volta che l’attività del
provider integri la fattispecie generale di cui all’art. 2043 c. c., l’illecito penale
deve necessariamente confrontarsi con la riserva di legge e la determinatezza della
fattispecie di reato, che non possono essere integrate applicando l’analogia o
l’interpretazione estensiva. Ciò spiega perché la casistica penale è di minor rilievo
non essendo sempre possibile stabilire la responsabilità penale del provider24.
È possibile individuare tre figure di responsabilità per gli Internet Provider25:
l’ISP può essere l’autore del fatto illecito; l’ISP può avere una responsabilità di
22
Ibidem, p. 512.
L’art. 2043 c. c. "Risarcimento per fatto illecito" dispone che «Qualunque fatto doloso o colposo
che cagiona ad altri danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno».
24
Cultrera S., "Diffamazione, Internet e libertà di stampa", Halley editrice, Matelica, 2006, p. 60.
25
www.gianluigizarantonello.it: Zarantonello G., "La responsabilità degli Internet Service
Provider (ISP)", p. 3.
23
129
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
tipo concorsuale nell’illecito; l’ISP può avere una responsabilità dovuta a
negligenza, non avendo attuato gli opportuni controlli che avrebbero potuto
scongiurare l’illecito.
In dottrina è ormai consolidata la tripartizione in illecito di Internet, contro
Internet e per mezzo di Internet26. Nel primo caso rientrano gli illeciti commessi
da soggetti che, a vario titolo, regolano l’accesso alla Rete, ne definiscono i
protocolli, attribuiscono gli indirizzi IP. Sono ricondotti a tale categoria, a titolo
esemplificativo, il rifiuto, da parte dei network operator, di assegnare un indirizzo
IP ai provider, o i comportamenti abusivi dei provider stessi che fissano tariffe
eccessive e discriminatorie a utenti diversi27. Gli illeciti contro Internet, specifici
del web, sono quelli che danneggiano la Rete ed i suoi operatori, come le
violazioni perpetuate attraverso la propagazione di virus informatici, atti di
pirateria informatica quali la distruzione di dati digitali custoditi in banche dati.
Infine, gli illeciti per mezzo di Internet sono quelli che sussistono anche al di fuori
della Rete, quali la violazione di diritti della personalità come l’onore, la privacy,
oppure la violazione della proprietà industriale. Pur essendo compiuti anche al di
fuori della Rete tali atti si manifestano in Internet con caratteristiche peculiari.
Altri autori28, infine, affrontano l’istituto della responsabilità civile dell’Internet
provider seguendo la tradizionale bipartizione in responsabilità contrattuale e
responsabilità extracontrattuale. La prima ipotesi deriva dalla violazione degli
obblighi contrattuali assunti dai provider. In questo caso, andranno, dunque,
inizialmente identificate le clausole inserite nei contratti di accesso ad Internet.
Generalmente l’internet provider è incaricato della fornitura dell’accesso alla rete,
dà la possibilità di navigare, di usufruire del servizio di posta elettronica, di
accedere ai programmi e ai documenti messi a disposizione dal provider stesso
con l’opportunità di scaricarli direttamente sul computer dell’utente, rende
disponibile uno spazio del proprio disco rigido per ciascuna casella di posta
elettronica, realizza le pagine web, garantendo anche la gestione ed il
26
De Cata M., "La responsabilità civile dell’Internet Service provider", Giuffrè, Milano, 2010, p.
29.
27
Tali illeciti sono riconducibili alla normativa antitrust e sulla concorrenza sleale.
28
Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche",
Cedam, 2009, p. 512.
130
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
mantenimento delle stesse in rete29. È chiaro che qualora il provider risulti
inadempiente ad uno di tali obblighi assunti con il contratto di accesso ad Internet,
lo stesso incorrerà in responsabilità contrattuale con conseguente insorgere in
capo allo stesso di un’obbligazione risarcitoria. In tale ipotesi troveranno
applicazione le norme di cui agli artt. 1667 e 1668 c. c. in merito alla difformità e
ai vizi dell’opera e al contenuto della garanzia per difetti dell’opera, oltre ai
principi generali in tema di inadempimento contrattuale e all’art. 1564 c. c. in
tema di risoluzione per inadempimento del contratto di somministrazione30.
«(Inoltre), sulla scorta del disposto di cui all’art. 1337 c. c., che
impone alle parti di comportarsi secondo buona fede nello
svolgimento e nella formazione del contratto, la dottrina fa discendere
in capo al provider un obbligo informativo nei confronti
dell’utente»31.
29
Ibidem, p. 513. Le clausole elencate sono quelle che più frequentemente vengono inserite nei
contratti di accesso ad Internet. Il provider è responsabile, ad esempio, nei casi di impossibilità
prolungata dell’utente di connettersi alla rete o di accedere alla propria casella di posta elettronica;
l’access provider lo è se, obbligatosi a gestire direttamente delle banche dati, immetta in rete
informazioni inesatte o incomplete; insorgerà responsabilità in capo all’host provider nel caso di
manipolazione delle informazioni diffuse in rete o di condizionamento della loro libera
circolazione online.
30
L’art. 1667 c. c. "Difformità e vizi dell'opera" sancisce che «L’appaltatore è tenuto alla garanzia
per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera
e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non
siano stati in malafede taciuti dall’appaltatore. Il committente deve, a pena di decadenza,
denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia
non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati. L’azione
contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. Il committente
convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano
stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla
consegna». Ai sensi dell’art. 1668 c. c., "Contenuto della garanzia per difetti dell’opera", «Il
committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure
che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa
dell’appaltatore. Se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla
sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto». L’art. 1564 c. c.,
"Risoluzione del contratto", prevede che «In caso d’inadempimento di una delle parti relativo a
singole prestazioni, l’altra può chiedere la risoluzione del contratto, se l’inadempimento ha una
notevole importanza ed è tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti».
31
Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche",
Cedam, 2009, p. 514. Art. 1337 c. c. "Trattative e responsabilità precontrattuale": «Le parti, nello
svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona
fede».
131
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
Il surfer deve, dunque, essere edotto, ad esempio, dei rischi connessi all’utilizzo di
internet da parte dei minori, i quali potrebbero fare incontri virtuali dannosi per il
loro sviluppo psico-fisico, secondo quanto stabilito all’art. 13 "Contenuti illegali e
nocivi" del Codice di Deontologia e di buona condotta per i servizi telematici
(entrato in vigore il 1° gennaio 1998): «i fornitori di accesso: a) informano gli
abbonati riguardo alla possibile presenza in rete di contenuti potenzialmente
illegali, lesivi della dignità umana o dannosi in relazione all’età, alla sensibilità
morale, alla fede religiosa degli utenti; b) segnalano agli abbonati la possibilità di
adottare procedure di filtratura idonee a limitare l’accesso ai contenuti selezionati
dall’abbonato o classificati, sotto la responsabilità dell’autore e secondo standard
internazionalmente accettati come non potenzialmente dannosi […]». Inoltre,
ancora a salvaguardia dei minori, è previsto che il content provider, ex art. 13 c. 3
del Codice di Deontologia, segnali la presenza di contenuti potenzialmente nocivi
per i minori attraverso appositi avvisi. In caso di inadempimento agli obblighi
informativi su di sé gravanti, il provider è tenuto al risarcimento del danno insorto
(ex art. 2043 c. c.).
L’access provider deve informare l’utente delle modalità di utilizzo dei
programmi scaricati da internet, programmi per i quali sarà comunque applicabile
la normativa sul diritto d’autore, essendo essi il risultato dell’ingegno dei loro
creatori, pena la responsabilità contrattuale del provider nei confronti dello user
per violazione degli obblighi informativi. L’esonero di responsabilità del provider
avrà ragion d’essere solo per i programmi scaricati da internet che l’utente avrà
rinvenuto su siti non direttamente riferibili al fornitore dell’accesso32.
Vige l’obbligo informativo anche in relazione ad eventuali virus informatici che
potrebbero essere scaricati durante la navigazione. Generalmente il provider è
fornito anche dei sistemi di protezione quali antivirus o firewall idonei a tutelare
anche i propri utenti, ma non sempre tali sistemi si rivelano infallibili.
«È fatto pertanto obbligo ai gestori dell’accesso alla rete di informare
gli utenti sulla necessità di utilizzare sempre un programma antivirus
32
Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche",
Cedam, 2009, p. 515.
132
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
al fine di evitare lo scaricamento di files che potrebbero
irrimediabilmente danneggiare il proprio sistema operativo. È fuor di
dubbio che un’eventuale responsabilità del provider potrà essere
configurata soltanto in relazione a virus che siano stati "scaricati" dal
sito gestito direttamente dal fornitore dell’accesso, quando lo stesso
non abbia adottato idonei programmi antivirus, ovvero pur avendoli
adottati, non abbia comunque assolto l’obbligo informativo su di sé
gravante»33.
Spesso, comunque, nei contratti di accesso ad internet sono rinvenibili anche
clausole di esonero o limitazione della responsabilità del provider: esse ne
escludono la responsabilità in caso di inadempimento o la limitano ad una certa
somma, ovvero clausole che permettono di variare discrezionalmente l’oggetto del
contratto, oppure di clausole che impediscono all’utente di far valere alcunché in
caso di inadempimento del contratto.
Circa la validità di tale esonero, andranno distinti i contratti che il provider
stipulerà con il consumatore, per i quali saranno applicabili le norme del Codice
del Consumo (artt. 33 e segg.), ovvero con un professionista, per i quali saranno
adottabili le ordinarie norme codicistiche.
«[…] Il contratto di accesso ad Internet, che preveda, quantunque
oggetto di trattativa, una clausola di esclusione o di limitazione delle
azioni o dei diritti del consumatore nei confronti del professionista in
caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da
parte del professionista, sarà parzialmente nullo proprio in relazione a
detta clausola, la quale, in virtù del combinato disposto degli artt. 33 e
36 comma 2 del Cod. Cons. sarà da ritenere a tutti gli effetti come
vessatoria. Un tale contratto, quindi, privato della clausola nulla,
esplicherà tutti i propri effetti ulteriori, che potranno, in ipotesi,
risultare anche particolarmente vantaggiosi per l’utente. Per i contratti
di accesso ad internet conclusi con un professionista, troverà invece
33
Ibidem, p. 515.
133
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
applicazione la disciplina contenuta negli artt. 1341 comma 2 e 1229
c. c.34. Di conseguenza, la clausola che, sebbene sia stata
specificatamente approvata per iscritto, preveda l’esonero o la
limitazione di responsabilità del provider per dolo o colpa grave dovrà
essere considerata radicalmente nulla. Nel caso, invece, in cui sia
esclusa o limitata a priori la responsabilità del provider in caso di
inadempimento dovuto a colpa lieve di quest’ultimo, la clausola,
laddove specificatamente approvata per iscritto, sarà da ritenere a tutti
gli effetti valida ed efficace. Ad ogni modo, nei casi in cui il fatto del
debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti
da norme di ordine pubblico, le clausole preventive di esonero o di
limitazione di responsabilità del provider non hanno alcun effetto,
neppure in caso di colpa lieve del fornitore dell’accesso (art. 1229,
comma 2 c. c.)»35.
Relativamente alla responsabilità extracontrattuale del provider, la disciplina in
materia è quella delineata dagli artt. 14-17 del d. lgs. 70/03 che ha recepito la
direttiva 2000/31/CE che prevede che, negando ogni tesi colpevolista secondo cui
i provider erano soggetti ad un obbligo di sorveglianza su ogni singola operazione
dei propri clienti (ex art. 17), disciplina la responsabilità del prestatore dei servizi
in relazione a tre fattispecie, già precedentemente elencate: il semplice trasporto di
informazioni (mere conduit), la memorizzazione temporanea ed automatica di
informazioni (catching), la memorizzazione di informazioni fornite dal
destinatario del servizio (hosting).
34
Art 1341 c. c., "Condizioni generali di contratto", c. 2 «In ogni caso non hanno effetto, se non
sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le
ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne
l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di
opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o
rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità
giudiziaria». Ai sensi dell’art. 1229 c. c. "Clausole di esonero di responsabilità" «È nullo qualsiasi
patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa
grave. È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i
casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da
norme di ordine pubblico».
35
Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche",
Cedam, 2009, p. 515-516.
134
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
«Il principio generale che anima gli artt. 14-17 può essere così
riassunto: il provider non è responsabile, a condizione che il suo ruolo
sia circoscritto alla mera intermediazione tecnica e che non vi sia una
partecipazione alla commissione dell’illecito»36.
Il provider è responsabile allorché non sia riuscito a dimostrare la propria
estraneità ai fatti nonché il proprio adoperarsi per la cessazione della condotta
illecita, accedendo ad una sorta di colpa presunta.
Ex art. 14 del d. lgs. 70/03, "Responsabilità nell’attività di semplice trasporto –
Mere
conduit",
«1)
Nella
prestazione
di
un
servizio
della
società
dell’informazione consistente, nel trasmettere, su una rete di comunicazione,
informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla
rete di comunicazione, il prestatore non è responsabile delle informazioni
trasmesse a condizione che: a) non dia origine alla trasmissione; b) non selezioni
il destinatario della trasmissione; c) non selezioni né modifichi le informazioni
trasmesse. | 2) Le attività di trasmissione e di fornitura di accesso di cui al comma
1 includono la memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle
informazioni trasmesse, a condizione che questa serva solo alla trasmissione sulla
rete di comunicazione e che la sua durata non ecceda il tempo ragionevolmente
necessario a tale scopo».
È, dunque, "irresponsabile" il mero fornitore dell’accesso alla rete così come il
mero trasportatore delle informazioni (common carrier), a patto che essi non
interferiscano nelle attività di accesso e trasporto. Inoltre, il c. 3 del presente
articolo specifica ciò che il legislatore comunitario aveva lasciato aperto alla
discrezionalità degli Stati membri, ovverosia di prevedere che un’autorità
giurisdizionale o amministrativa imponga al provider di impedire o porre fine alla
violazione. Nel caso italiano «l’autorità giudiziaria o quella amministrativa,
avente funzioni di vigilanza, può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore,
nell’esercizio delle attività di cui al comma 2, impedisca o ponga fine alle
violazioni commesse».
36
Ibidem, p. 517.
135
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
Relativamente alle attività di caching, di memorizzazione automatica, intermedia
e temporanea del provider, l’art. 15 del d. lgs. 70/03, "Responsabilità nell’attività
di memorizzazione temporanea – caching" sancisce che «1) Nella prestazione di
un servizio della società dell’informazione, consistente nel trasmettere, su una rete
di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, il
prestatore non è responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e
temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il
successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta, a condizione che: a) non
modifichi le informazioni; b) si conformi alle condizioni di accesso alle
informazioni; c) si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni,
indicate in un modo ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del
settore; d) non interferisca con l’uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta
e utilizzata nel settore per ottenere dati sull’impiego delle informazioni; e) agisca
prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare
l’accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le
informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla
rete o che l’accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo
giurisdizionale o un’autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la
disabilitazione. 2) L’autorità giudiziaria o quella amministrativa aventi funzioni di
vigilanza può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle
attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse».
Mentre, dunque, l’art. 14 definisce la memorizzazione come automatica,
intermedia e transitoria, nel secondo tale aggettivo è sostituito da temporanea:
temporaneo è un lasso di tempo maggiore rispetto a quello transitorio, in
riferimento alla memorizzazione.
Anche in questo caso il provider è esonerato da responsabilità solo qualora
dimostri la propria estraneità e neutralità ai fatti. Necessaria risulta la prova di
prontezza dell’intervento37.
L’art. 16 del decreto sul commercio elettronico, "Responsabilità nell’attività di
memorizzazione di informazioni – hosting", disciplina la responsabilità aquiliana
dell’host provider. La norma prevede che «Nella prestazione di un servizio della
37
Ibidem, p. 522
136
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
società dell’informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni
fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle
informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione
che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività
o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al
corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o
dell’informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione
delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o
per disabilitarne l’accesso». L’attività di hosting, consistendo in una forma di
memorizzazione a carattere duraturo, è di per sé maggiormente pericolosa.
«La prima condizione (lett. a) fissa un discrimen tra la responsabilità
penale e la responsabilità civile del provider, a dimostrazione della
stretta connessione esistente in subiecta materia tra i due diversi
ambiti dell’ordinamento giuridico. La linea di confine è tutta
incentrata sulla diversa soglia di conoscenza richiesta al prestatore dei
servizi in ordine alla illiceità dell’attività o dell’informazione, sulla
scorta della quale possa dirsi operante la responsabilità del provider.
Difatti, affinché possa discorrersi di responsabilità penale del
prestatore di servizi, si richiede l’effettiva conoscenza del fatto che
l’attività o l’informazione sia illecita, mentre, ai fini della
responsabilità aquiliana dell’operatore telematico, si esige un grado di
conoscenza della illiceità delle informazioni "ospitate" meno rigoroso,
richiedendosi che il provider sia al corrente di fatti o di circostanze
che rendano manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione. Si è
osservato che il legislatore discorre di conoscenza («essere al corrente
di») e non fa riferimento ad un criterio di astratta conoscibilità: il
parametro della verifica deve, pertanto, aver riguardo non alle
circostanze alla stregua delle quali il prestatore avrebbe potuto
137
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
conoscere, bensì a quelle in base alle quali "ha conosciuto" l’attività
illecita»38.
L’onere di provare illiceità delle informazioni o delle attività veicolate e svolte sul
web ricade sul soggetto che si ritiene leso da tali comportamenti tenuti dal
prestatore di servizi.
Inoltre, il c. 2 dell’art. 16 prevede che «Le disposizioni di cui al comma 1 non si
applicano se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il controllo del
prestatore». Il prestatore di servizi dovrà, dunque, rispondere del fatto illecito
altrui così come già previsto all’art. 2049 c. c., "Responsabilità dei padroni e dei
committenti"39. Infine, come negli altri casi, «L’autorità giudiziaria o quella
amministrativa competente può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore,
nell’esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle
violazioni commesse».
Il provider, stando all’art. 17 del d. lgs. 70/03 "Assenza dell’obbligo generale di
sorveglianza", nello svolgimento delle attività di mere conduit, caching e hosting
«non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che
trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o
circostanze che indichino la presenza di attività illecite» (c. 1), anche se «Fatte
salve le disposizioni di cui agli articoli 14, 15 e 16, il prestatore è comunque
tenuto: a) ad informare senza indugio l’autorità giudiziaria o quella
amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte
attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della
società dell’informazione; b) a fornire senza indugio, a richiesta delle autorità
competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l’identificazione del
destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine
di individuare e prevenire attività illecite».
38
Ibidem, p. 524.
Art. 2049 c. c. "Responsabilità dei padroni e dei committenti": «I padroni e i committenti sono
responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle
incombenze a cui sono adibiti».
39
138
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
La responsabilità del provider nel sistema or ora delineato attraverso gli artt. 1417 del d. lgs. 70/03 è fondato sul criterio della colpa e non già su quello della
responsabilità oggettiva del provider40.
Se l’ISP non rispetta gli obblighi di legge previsti nel decreto incorre in
responsabilità penale ex art. 40 c. 2 e art. 110 c. p.41, nella misura in cui, attraverso
la sua attività di intermediario, apporta un contributo causale alla realizzazione
dell’offesa a determinati beni giuridici tutelati dal nostro ordinamento42.
Nel giugno 1985 è nata l’AIIP, l’Associazione Italiana Internet Provider con sede
a Milano43, allo scopo di promuovere e diffondere in Italia, così come sancito
all’art. 1 dello Statuto dell’AIIP, «l’accesso al mercato delle reti e/o dei servizi di
comunicazioni elettronica, ivi compreso l’accesso ad Internet, realizzati con ogni
tecnologia secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione,
proporzionalità e non distorsione della concorrenza, anche attraverso la
eliminazione delle barriere che ne ostacolano la crescita; l’accesso al mercato dei
contenuti multimediali (news, eventi sportivi, opere cinematografiche, opere
protette dal diritto d’autore, etc.) e, più in generale, dei contenuti e servizi che
possono essere forniti per il tramite di reti e/o servizi di comunicazione elettronica
e della relativa fornitura al pubblico secondo criteri di obiettività, trasparenza, non
discriminazione e non distorsione della concorrenza; l’accesso al mercato di
contenuti e servizi fruibili tramite le reti di telecomunicazione, secondo criteri di
obiettività, trasparenza, non discriminazione e non distorsione della concorrenza;
lo sviluppo in regime di concorrenza di reti e/o servizi di comunicazione
elettronica, ivi compresi quelli fissi, mobili e nomadici nonché la banda larga;
l’accesso e l’interconnessione tra le reti di comunicazione elettronica, avendo
riguardo alle singole tipologie di servizio, in modo evitare distorsioni della
concorrenza; la convergenza ed interoperabilità tra reti e servizi di comunicazione
40
Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche",
Cedam, Padova, 2009 p. 526.
41
Art. 40 c. p. "Rapporto di causalità": «Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla
legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è
conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico
di impedire, equivale a cagionarlo». Art. 110 c. p., "Pena per coloro che concorrono nel reato":
«Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per
questo stabilita […]».
42
Cultrera S., "Diffamazione, Internet e libertà di stampa", Halley, Matelica, 2006, p. 56-57.
43
www.aiip.it.
139
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
elettronica; il rispetto del principio di neutralità tecnologica, inteso come non
discriminazione tra particolari tecnologie, contenuti, applicazioni e servizi e non
imposizione dell’uso di una particolare tecnologia rispetto alle altre; la definizione
di regole di comportamento etico nell’erogazione e nella gestione dei servizi; la
trasparenza dei rapporti tecnici ed economici tra Operatori». L’associazione conta,
attualmente, tra i propri associati, 44 Operatori di telecomunicazioni44 e soggiace
alle regole di un proprio Statuto.
3.3.1 Codice di autoregolamentazione "Internet e Minori"
Internet, al di là delle innumerevoli opportunità che offre a ciascuno user, sta
mostrando anche i suoi numerosi lati oscuri che, in molti casi, rappresentano una
insidia soprattutto per gli utenti più sprovveduti o con meno esperienza sia di
informatica che di vita. I minori sono i soggetti più esposti a tali minacce e
diventa fondamentale, conseguentemente, il ruolo degli Internet Provider, che
hanno la facoltà di intervenire nei casi di diffusione di contenuti illeciti in Rete.
«La maggior parte degli ISP collabora pienamente con le autorità
statuali nelle attività di prevenzione e controllo relative alla
pubblicazione nei propri server Internet di siti pedofili o di materiale
illecito, aderendo o partecipando alla predisposizione degli strumenti
in grado di assicurare un bilanciamento tra la piena libertà di accesso
all’informazione e all’utilizzo della rete con l’esigenza di tutela
dell’integrità e dello sviluppo psico-fisico del minore, miranti a
prevenire la perpetrazione degli illeciti online, nonché ad individuare
44
Sono attualmente iscritti all’AIIP gli operatori Aconet, Alternatyva, Ampersand, Aruba, Brain
Tech, Brennercom, CDLAN, ClioCom, Clusit, CWNET, E4A, Enter, Estracom, Fastnet, Gostec,
Intercom, Italia On Line, ITnet, KPNQwest, Leonet, LT Telecom, Maxfone, McLink, Messagenet,
Metrolink, Mynet-MNet, NGI, Panservice, Promotion Digitale, Raiffeisen OnLine, Seeweb,
SMS.it, Spin, Teleunit, TELIGO, Telnet, The Brainwork, Tiscali, ULI, Umbrianet, Unidata,
Verizon Business, Viatek, VISIANT Outsourcing. L’AIIP è un’associazione senza scopo di lucro,
a cui possono aderire società o enti che commercializzano servizi di accesso ad Internet e
forniscono tali servizi in Italia senza imporre alcun vincolo a priori sugli usi ammissibili o sulla
tipologia degli utenti, fatto salvo, ovviamente, che i servizi e gli usi devono essere in accordo con
le leggi vigenti.
140
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
gli attori responsabili del contenuto delle informazioni trasmesse in
rete»45.
Il 19 novembre 2003, l’ex Ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, e
l’ex Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca, hanno firmato il
Codice di Autoregolamentazione "Internet e Minori", sottoscritto anche dalle più
importanti associazioni di provider ovverosia AIIP, ANFoV (Associazione per la
convergenza nei servizi di comunicazione), Assoprovider (Associazione Provider
Indipendenti) e Federcomin (Federazione delle imprese delle Comunicazioni e
dell’informatica), basato sul principio di co-regolamentazione: gli associati
fissano delle regole e si impegnano a rispettarle, un organismo di controllo
pubblico vigila sulla loro attuazione. Si tratta di un Codice composto da sette
articoli che, innanzitutto, riconosce che «la funzione educativa (del minore), che
compete innanzitutto alla famiglia, può essere agevolata da un corretto utilizzo
delle risorse presenti sulla rete telematica al fine di aiutare i minori a conoscere
progressivamente la vita e ad affrontarne i problemi ed i pericoli» (considerando
3° del Codice) e che «appare necessario provvedere alla tutela generalizzata del
minore
nell’ambito
dell’uso
sicuro
delle
tecnologie
della
società
dell’informazione e delle comunicazioni elettroniche» (considerando 6°) poiché
«la presenza dei contenuti illeciti o nocivi per i minori che accedono alla rete
telematica è divenuta sempre più pervasiva» (considerando 1°). Il Codice, dunque,
si pone come fine riuscire ad aiutare gli adulti, i minori e le famiglie affinché
usino consapevolmente la Rete, riconosciute le esigenze del minore. Inoltre, ha
come scopo la predisposizione di azioni adatte a scongiurare il pericolo che il
minore venga in contatto con contenuti illeciti o dannosi per la sua crescita; la
promozione di un accesso sicuro per il minore alle risorse di rete; la tutela del
diritto del minore alla riservatezza ed al corretto trattamento dei propri dati
personali; la garanzia di una collaborazione piena con le autorità competenti nella
prevenzione, nel contrasto e nella repressione della criminalità informatica ed in
particolare nella lotta contro lo sfruttamento della prostituzione, la pornografia ed
45
Crisafi M., Trunfio E., Bellissimo L., "Pedofilia. Disciplina, tutele e strategie di contrasto",
Giuffrè, Milano, 2010, p. 197.
141
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
il turismo sessuale in danno ai minori, attuati tramite l’utilizzo della rete
telematica; l’agevolazione della tutela del minore nei confronti delle informazioni
commerciali non sollecitate o che sfruttino la debolezza del minore, ovvero,
secondo quanto previsto all’art. 130 del d. lgs. 196/03, nei confronti delle
comunicazioni indesiderate.
«Il Codice raccoglie l’impegno dei provider a fornire strumenti per
distinguere la navigazione degli adulti dalla navigazione dei minori. Si
vuole in questo modo fornire le famiglie delle dotazioni necessarie a
programmare un percorso educativo per i più piccoli, tale da
salvaguardare la loro crescita da servizi e contenuti non adatti alla loro
età. Questa iniziativa, […] va sotto il nome di navigazione
differenziata […]. La corretta formazione dei minori non può
prescindere dalla guida costante e presente degli adulti. Tuttavia, sono
mancati in precedenza strumenti informatici che agevolassero il ruolo
di genitore, e in questo modo il Codice di autoregolamentazione vuole
colmare una lacuna preesistente»46.
Purtroppo, però, molte delle disposizioni previste nel presente Codice hanno
trovato difficile applicazione e sono tante le questioni lasciate incompiute.
Si pensi, a titolo esemplificativo, all’art. 3 "Strumenti per la tutela del minore" del
Codice. Ai commi 1 e 2 è stabilito che «1) Informazione alle Famiglie e agli
Educatori. L’Aderente47 pubblica nella pagina Internet iniziale (home page) dei
propri servizi un riferimento "TUTELA DEI MINORI", chiaramente visibile, che
rimanda ad apposite pagine web con le quali fornire informazioni sulle corrette
modalità per un utilizzo sicuro della rete Internet, sull’esistenza degli strumenti
più utilizzati per la tutela dei minori e sulle modalità di segnalazione, al Comitato
di Garanzia di cui all’art. 6, delle violazioni del Codice. Il contenuto minimo delle
46
www.osservatoriominori.org: "Internet e minori. Codice di autoregolamentazione", Ministero
delle Comunicazioni, Commissione per l’assetto del sistema radiotelevisivo, Fondazione Ugo
Bordoni.
47
L’"aderente" è definito all’art. 1, "Definizioni", c. 1 come «Il soggetto che svolge attività
imprenditoriale su Internet, anche a titolo non direttamente oneroso per Clienti ed Utenti, e che
aderisce al Codice direttamente o per il tramite delle Associazioni firmatarie».
142
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
pagine web verrà definito dal Comitato di Garanzia. 2) Servizi di navigazione
differenziata. L’Aderente offrirà, secondo le tecnologie disponibili, alle Famiglie,
agli Educatori, alle Scuole, alle Biblioteche e alle Aggregazioni giovanili, Servizi
di navigazione differenziata48 che dovranno essere chiaramente identificabili
come tali, ovvero indirizzerà il Cliente e gli Utenti49 verso altri fornitori di Servizi
di navigazione differenziata. Nel rispetto del principio di non discriminazione, tali
servizi non potranno impedire l’accesso ai contenuti sicuri offerti dai Content
provider aderenti». Una navigazione en passant in Rete dimostrerà quanto la
dicitura "TUTELA DEI MINORI" e le relative informazioni, così come la
navigazione differenziata, sono quasi sempre assenti. L’utilizzo dei cosiddetti
"filtri salva-famiglie"50 che impediscono l’accesso a siti non desiderati sembra
una soluzione adeguata ma ad oggi il pericolo non è scampato e il Codice stesso
andrebbe aggiornato.
Inoltre, l’art. 3 c. 4 sancisce che «Identificatori d’età. L’Aderente potrà utilizzare
Sistemi di individuazione dell’età dell’Utente, a condizione che, nel rispetto delle
norme sul trattamento dei dati personali, ne venga tutelata e garantita la massima
riservatezza, sicurezza e dignità. In particolare, tali sistemi non dovranno
consentire di risalire all’identità, al domicilio, all’indirizzo di posta elettronica,
all’eventuale pseudonimo ("alias" o "nick name"), all’indirizzo Internet (numero
IP) del minore e non dovranno comunque permettere a terzi di raggiungerlo
direttamente o indirettamente». Ancora una volta una norma che, se considerata in
riferimento a quanto accade oggi soprattutto con i social network, dimostra, in
alcuni casi, la sua distanza dalla realtà e l’inefficacia stessa di tali disposizioni. Il
fenomeno Facebook può risultare chiarificatore: al momento della registrazione
bisogna inserire la data di nascita (che può comunque rimanere invisibile agli
"amici", i contatti facebook) per «favorire una maggiore autenticità e consentire
48
L’art. 1 c. 8 stabilisce che per "servizi di navigazione differenziata" debbano intendersi i
«Servizi di accesso ad Internet che, sulla base di criteri indicati dall’Aderente […], circoscrivono o
escludono l’accesso a determinati contenuti».
49
"Cliente" è «Il soggetto giuridico che stipula un contratto con l’Aderente» (art. 1, c. 2), mentre
l’"utente" è definito come «Il soggetto, anche diverso dal Cliente, che utilizza i servizi forniti
dall’Aderente» (art. 1 c. 3).
50
www.osservatoriominori.org "Internet e minori. Codice di autoregolamentazione", Ministero
delle Comunicazioni, Commissione per l’assetto del sistema radiotelevisivo, Fondazione Ugo
Bordoni.
143
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
l’accesso ai vari contenuti in base all’età»51 e sono state predisposte speciali
misure di salvaguardia (ad esempio ponendo delle limitazioni sulla possibilità di
condivisione e connessione con i minorenni da parte degli adulti) a tutela dei più
piccoli. Tuttavia, basta inserire una data di nascita fasulla, e l’ostacolo risulta
superato.
Stando comunque alle disposizioni del Codice il provider dovrebbe, per tutelare i
minori, adottare una serie di misure, quali le già citate navigazione differenziata, il
marchio di identificazione e garanzia INTERNET@MINORI52 e i sistemi di
individuazione dell’età dell’utente, la classificazione dei contenuti (art. 3 c. 3), la
custodia delle password di accesso (c. 6), la protezione dell’anonimato (c. 7).
Ciascun internet provider coinvolto sarà responsabile nei casi di illecito. L’art. 4
definisce le responsabilità. L’access provider, classificato all’art. 1 c. 4 come «Il
soggetto che offre al pubblico e nell’ambito della propria attività imprenditoriale
servizi di accesso ad Internet», ha il dovere, ai sensi dell’art. 4 c. 1, di «verificare
direttamente (p.e. tramite l’avvenuta sottoscrizione di un contratto) o
indirettamente (almeno tramite CLI - Calling Line Identifier - o metodi analoghi)
l’accesso alla rete», inserendo nei contratti di accesso ad Internet clausole che
responsabilizzino il Cliente anche per l’uso di servizi concessi a terzi. L’housing o
hosting provider, ovverosia «Il soggetto che offre al pubblico spazi raggiungibili
dall’esterno (shared/dedicated hosting provider) o la possibilità di collegare
computer di proprietà del Cliente alla rete Internet (housing provider)» (art. 1 c.
5), deve «identificare con ragionevole certezza il proprio Cliente che ha il
controllo degli apparati oggetto di tali servizi» (art. 4 c. 2). Il content provider,
ossia «Il soggetto che, direttamente o indirettamente, mette a disposizione del
pubblico, con qualsiasi mezzo o protocollo tecnico, dati, informazioni e
programmi» (art. 1 c. 6), ha l’obbligo di «identificare in modo chiaro […] la
natura e i contenuti della comunicazione stessa, adoperandosi per adeguare o
rimuovere il contenuto su segnalazione del Comitato di Garanzia, di cui al
successivo art. 6, e comunque delle Autorità competenti». Infine il gestore
51
www.facebook.com.
Ai sensi dell’art. 1 c. 10, il marchio "Internet e Minori" consiste nel «Logotipo che testimonia
l’adesione al Codice del soggetto che svolge attività imprenditoriale su Internet e ne attesta la
conformità dei comportamenti agli impegni assunti. Il marchio verrà prescelto dal Comitato di
Garanzia di cui al successivo art. 6».
52
144
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
dell’Internet Point, «Il soggetto che mette a disposizione del pubblico locali e
strumenti, non ad uso esclusivo, che consentono l’accesso ai servizi della rete
Internet» (art. 1 c. 7), deve «fornire strumenti adeguati per la navigazione dei
minori ed identificare, direttamente o indirettamente, l’utilizzatore dei servizi
medesimi».
Ai sensi dell’art 5, la vigilanza sulla corretta, imparziale e trasparente
applicazione del Codice medesimo è affidata al Comitato di Garanzia, composto
da undici membri esperti in materia, nominati con Decreto del Ministro delle
Comunicazioni, adottato di concerto con il Ministro per l’Innovazione e le
Tecnologie, cui si aggiungono undici componenti supplenti (art. 6 c. 1,
"Costituzione"). I membri del Comitato durano in carica 3 anni. «Il Comitato
controlla che l’Aderente possieda tutti i requisiti e abbia assunto tutti i
comportamenti previsti dal Codice, segnalando agli interessati eventuali
inottemperanze al Codice medesimo. Nel caso di accertate inottemperanze da
parte degli Aderenti si applicheranno le sanzioni di cui al successivo art. 7» (art. 6
c. 3, "Poteri"). Tali sanzioni consistono innanzitutto in un "Richiamo" (art. 7 c. 2
n. 1), per cui il Comitato, al termine del procedimento per l’irrogazione dei
provvedimenti disciplinari (art. 7 c. 1), se accerta la violazione di una delle
disposizioni previste all’art. 3, può inviare una comunicazione di richiamo
all’aderente invitandolo ad ottemperare entro 15 giorni agli impegni sottoscritti
con l’adesione al Codice. Nei casi in cui l’aderente non si allinei alla condotta
suggerita nel richiamo ovvero nell’ipotesi in cui la violazione sia particolarmente
grave per quantità o rilevanza degli inadempimenti al Codice, il Comitato può
inviare all’interessato, una comunicazione di censura invitandolo ad ottemperare
entro 15 giorni a quanto previsto nel provvedimento adottato (art. 7 c. 2 n. 2
"Censura"). L’art. 7 c. 2. n 3, "Revoca dell’autorizzazione all’uso del marchio
«Internet e Minori»", prevede che il Comitato possa revocare l’autorizzazione
all’uso del marchio "Internet e Minori" se l’Aderente non si adegua a quanto
previsto attraverso la comunicazione di censura. Tuttavia, l’uso di tale marchio è
nuovamente autorizzato dal Comitato una volta accertato, su richiesta
dell’aderente, l’adeguamento dei suoi comportamenti agli impegni assunti. Tale
revoca "temporanea" può diventare "prolungata": ex art. 7 c. 2 n. 3.2 «Nel caso in
145
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
cui, dopo un primo provvedimento di revoca temporanea, intervengano le
condizioni per un secondo provvedimento di revoca, l’Aderente non potrà
avanzare richiesta di riammissione all’uso del marchio "Internet e Minori" prima
di un anno». Inoltre, ai sensi dell’art. 7 c. 2 n. 4, «L’Aderente al quale sia stato
revocato l’uso del marchio "Internet e Minori" non potrà più utilizzare il marchio
medesimo fino a che non sia stato nuovamente autorizzato o riammesso all’uso.
Tutti i provvedimenti di revoca saranno raccolti ed oggetto di pubblicazione».
3.4 L’European Advertising Standards Alliance
Il problema della mancanza di una normativa specifica che possa disciplinare
correttamente e fermamente il fenomeno dell’e-advertising ad esempio nei casi di
illeciti "transfrontalieri", sembra ancora non aver trovato soluzione definitiva,
segno della scarsa attenzione che i legislatori hanno finora posto ad un settore in
notevole espansione anzi l’unico, in questo momento di profonda crisi economica
mondiale, non in ribasso, come dimostrano i dati forniti dall’Interactive
Advertisng Bureau Italia53. Non è sufficiente, infatti, l’applicazione delle
disposizioni italiane sulla pubblicità in generale per risolvere la questione e
prevenire o punire gli illeciti che si possono perpetuare attraverso la Rete. Internet
presenta peculiarità specifiche, tali per cui le disposizioni esistenti si dimostrano
inefficaci per scongiurare gli inganni online. Non è, comunque, in questo caso in
discussione la diffusione di comunicazioni commerciali in Italia attraverso server
di provider italiani: in tale circostanza è indubbia la validità della normativa
italiana sulla pubblicità ingannevole o comparativa illecita o le regole del Codice
di Autodisciplina delle Comunicazioni Commerciali. A causa del carattere
"transnazionale" del mezzo Internet, tuttavia, provider italiani potrebbero
diffondere advertising italiano in paesi esteri, e viceversa, e incontrate culture ed
ideologie differenti che potrebbero mettere in dubbio la correttezza della
comunicazione ritenuta, all’origine, lecita.
Il problema dello sconfinamento territoriale potrebbe essere risolto grazie
all’EASA, l’European Advertising Standards Alliance (Alleanza Europea per
53
Per un approfondimento si rimanda al paragrafo 1.5.
146
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
l’Etica in Pubblicità), un’organizzazione non-profit con sede a Bruxelles che
riunisce gli organismi autodisciplinari nazionali (SROs, Self-Regulation
Organisations) e le organizzazioni che rappresentano l’industria dell’advertising
in Europa e oltre.
L’EASA costituisce l’unica authoritative voice sulle problematiche legate
all’autodisciplina pubblicitaria a livello europeo, e promuove elevati standard etici
nel
campo
delle
comunicazioni
commerciali
proprio
attraverso
l’uso
dell’autoregolamentazione, riconoscendo comunque le differenze culturali,
giuridiche e commerciali che caratterizzano i diversi Stati.
Nel giugno 1991 Sir Leon Brittan, allora vice-presidente della Commissione
Europea e Commissario Responsabile per la Politica di Concorrenza, lanciò una
sfida all’industria pubblicitaria (comprendente inserzionisti, agenzie pubblicitarie,
media, associazioni di categoria), volta a dimostrare come le questioni legate alle
comunicazioni commerciali nel mercato unico potessero essere affrontate e risolte
con successo grazie alla cooperazione, piuttosto che sulla base di singole
legislazioni
specifiche,
tesi
cui
si
opponeva
strenuamente
l’industria
dell’advertising. Nello stesso anno, riunitisi presso il Corsendonk Priory, gli stessi
membri del settore, provenienti da tutta Europa, decisero di attribuire una identità
indipendente e formale a quel gruppo cui facevano parte tutte le organizzazioni di
autoregolamentazione nazionale che fino a quel momento aveva avuto natura di
riunione informale finalizzata alla discussione di problematiche comuni. In tal
modo prese vita l’EASA, operativa dal 1992, alleanza che dal quel momento
sarebbe diventata tenace sostenitrice dell’autodisciplina contro la legislazione
"tradizionale".
Uno dei primi atti compiuti dall’EASA è stata la costituzione di un sistema per la
gestione dei reclami transfrontalieri riguardanti la pubblicità, il cross-border
complaints system. È del 1998 il resoconto di Sir Brittan secondo cui il suo lavoro
«had reduced the perceived need for legislative intervention». Nel 2002 è stata
realizzata una partnership tra le SRO nazionali, fino a quel momento le sole a far
parte dell’EASA, e i rappresentanti delle associazioni del settore dell’advertising.
Attualmente sono trentaquattro le organizzazioni di autodisciplina appartenenti
147
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
all’EASA, di cui ventisei appartenenti a ventiquattro paesi europei54. L’EASA è
diretta da un Presidente, due Vice-Presidenti e un Tesoriere. Il Comitato
Esecutivo sovrintende alla gestione dell’Alleanza tra le riunioni del Consiglio di
Amministrazione e può assumere decisioni d’urgenza. Metà dei suoi membri
appartengono ad organismi di autodisciplina, l’altra metà ad associazioni di
settore. Il Consiglio di amministrazione è composto dai rappresentanti delle
associazioni parte dell’EASA e si riunisce tre volte all’anno.
Gli organismi nazionali di autodisciplina55 e l’industria pubblicitaria europea
hanno subito dimostrato il loro interesse e la loro disponibilità per una iniziativa
di tal portata, reagendo attraverso una effettiva ed efficiente autoregolamentazione
54
Appartengono all’EASA Austria, Belgio, Bulgaria, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Germania
(due sedi, una a Berlino e l’altra a Bad Homburg), Grecia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi,
Polonia, Portogallo, Regno Unito (due sedi entrambe a Londra), Repubblica Ceca, Romania,
Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria. Tra i paesi non europei
rientrano l’Australia, il Brasile, il Canada, il Cile, l’India, la Nuova Zelanda, il Perù e il Sud
Africa. Gli Stati Uniti, pur servendosi di organizzazioni di autodisciplina non appartengono
all’EASA. Inoltre, nell’Alleanza troviamo sedici rappresentanti tra inserzionisti, advertiser, media
e altre organizzazioni: la World Federation of Advertisers (WFA, advertiser), l’European
Association of Communications Agencies (EACA, agencies), l’Association of Commercial
Television in Europe (ACT), l’European Newspaper Publisher’s Association (ENPA), l’European
Publisher Council (EPC), l’Association Européenne des Radios (AER), l’European Association of
Directory and Database Publishers (EADP), l’European Magazine Media Association (EMMA),
l’Interactive Advertising Bureau Europe (IAB – Europe), l’Association of television and radio
sales houses (EGTA), la Federation of European Direct and Interactive Marketing (FEDMA),
l’Electronic Retailing Association, JCDecaux (media), l’European Sponsorship Association (ESA,
sponsorship), e le Advertising Information Group e l’International Advertising Association (IAA).
Attualmente (l’ultimo aggiornamento risale a Febbraio 2011) cinque paesi stanno collaborando
con l’EASA per creare un sistema di autodisciplina. Si tratta di Cipro, Croazia, Serbia, Russia,
Ucraina.
55
«(A self-regulatory system) consists of three parts: first the code-making body, which writes the
code and is responsible for amending it and making sure that it stays up-to-date. The code-making
body represents the constituent parts of the advertising industry, because it is the advertising
industry’s code and the whole industry agrees voluntarily to be bound by it. Secondly, the codeapplying body (usually called the complaints committee or jury), which is responsible for
interpreting the code, applying it in specific cases and deciding on the appropriate action to take.
Very often the chairman and some of the members of the complaints committee are independent of
the advertising industry - they might, for example, include academics, members of the medical
profession or representatives of consumer organisations. Thirdly, the permanent secretariat - the
professional staff responsible for the day-to-day running of the SRO. The secretariat is headed by
a chief executive, who usually also acts as secretary to the code-making and code-applying bodies.
(A self-regulatory organisation) it is an independent body, i.e. independent of government and of
specific interest groups, and has its own decision-making function; it is a body set up and funded
by the advertising industry; it has practical responsibility for regulating advertising; it has the
power to enforce its decisions, i.e. the moral and practical support of the advertising industry; it
can rely on sufficient support from the constituent parts of the advertising industry (or, in the case
of a sectorial SRO, enough of the sector for which it is responsible) to ensure its credibility; it is
impartial; it deals with consumer complaints on a cost-free basis; its decision-making processes
and adjudications are transparent» (http://www.easa-alliance.org/page.aspx/302). Per il sistema di
autodisciplina italiano si rimanda al paragrafo 2.2.
148
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
quale strumento per promuovere elevati standard nell’advertising in Europa e la
tutela degli interessi dei consumatori.
L’EASA, infatti, sostiene la creazione e la diffusione di advertising
"responsabile",
fornendo
indicazioni
dettagliate su
come lavorare alle
autodiscipline pubblicitarie nel Mercato Unico per non danneggiare né i
consumatori, né le imprese. La comunicazione commerciale gioca un ruolo
essenziale nell’economia mondiale: essa stimola la crescita e l’innovazione,
favorisce la concorrenza e permette ai consumatori di compiere scelte
consapevoli. Può contribuire all’aumento delle quote di mercato delle imprese ed
è l’unico modo per far conoscere al grande pubblico un nuovo prodotto o i
miglioramenti apportati ad uno già esistente. Per poter fare tutto ciò l’advertising
deve però godere di un elevato livello di fiducia presso i consumatori che, qualora
raggiunti da comunicazioni ingannevoli, potrebbero esprimere il loro disagio e
l’intero mondo pubblicitario potrebbe risentirne. È per tale motivo che questo
settore necessita di opportune regole, siano esse legate alle leggi "canoniche" che
all’autoregolamentazione56. Ciò nonostante, quest’ultima, a differenza delle leggi
nazionali, offre ai consumatori la possibilità di evitare i ritardi di un processo
giudiziario, garantendo loro soluzioni rapide ed efficaci, spesso a costo zero.
Inoltre, essa cambia repentinamente in funzione dell’evoluzione sociale e
tecnologica. È chiaro che se l’industria pubblicitaria appoggia l’autodisciplina, si
impegna a diffondere comunicazioni lecite, stringendo conseguentemente un patto
solido e duraturo con il consumatore. Tuttavia, legislazione e autodisciplina
rimangono indissolubilmente legate e si completano a vicenda come il telaio e le
corde di una racchetta da tennis57.
Col passare degli anni l’EASA ha contribuito alla creazione di diversi sistemi di
autodisciplina in Europa, soprattutto attraverso dettagliate informazioni alle
Istituzioni circa i vantaggi propri della self-regulation in ambito pubblicitario.
L’EASA lavora a tutto ciò poiché crede nell’advertising legale, decente, onesto,
veritiero, socialmente responsabile e rispettoso delle regole della concorrenza
leale. La pubblicità non deve solo informare il consumatore sui prodotti e i servizi
56
57
http://www.easa-alliance.org/page.aspx/165.
http://www.easa-alliance.org/page.aspx/166.
149
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
esistenti. Deve anche divertirlo, portando «more colour to life»58, cercando di
guadagnare la sua fiducia. Per raggiungere tali scopi l’EASA non solo tenta di
migliorare la propria awareness sia in ambito nazionale che europeo, ma coordina
anche attività di monitoraggio delle comunicazioni commerciali e gestisce il
cross-border complaints system.
Fin dal 1992, anno della sua istituzione, l’EASA ha costantemente sostenuto la
tutela dei consumatori nel settore dell’advertising attraverso l’autodisciplina sulla
base di quattro passi: una soddisfacente risposta alle lamentele dei consumatori;
un efficace uso degli strumenti a disposizione per l’autoregolamentazione
nazionale
(attraverso
campagne
di
sensibilizzazione
del
consumatore,
coinvolgimento dei media per assicurare effettivamente le sanzioni, sistemi di
consulenza); meccanismi di risoluzione delle controversie come il cross-border
complaints system e sistemi di gestione dei reclami a livello nazionale; sostegno ai
codici nazionali, quale ultimo passo per risolvere le controversie. La stessa
commissione europea ha, infatti, dichiarato l’autodisciplina mezzo utile ed
efficace per la trasposizione e, conseguente attuazione, delle direttive europee.
«Three good reasons for self-regulation: One: The whole market of
advertising is based on consumer trust. Generally speaking once
consumers are convinced that marketing communications are a waste
of their time, ads will no longer have the desired impact. Ultimately
zero consumer trust in ads would mean the end of the advertising
industry, so it is in the interest of the advertising industry to adhere to
the Code. Two: It is in the advertising industry’s self-interest to
produce good marketing communications. It also knows its own
advertising market best and therefore knows best how to restrict itself
and respond to issues efficiently without distorting the market. Three:
Having an ethical code for advertising in place and adhering to it is a
prominent way of setting and attaining corporate social responsibility
58
http://www.easa-alliance.org/page.aspx/229.
150
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
goals. It also ensures a level playing field for business operators in
terms of fair competition»59.
Riconosciuto il carattere internazionale che la comunicazione commerciale sta
sempre più, negli anni, assumendo come conseguenza della globalizzazione,
l’EASA ha istituito l’International Council on Advertising Self-Regulation
(ICAS), riunitosi per la prima volta nel maggio 2008, il cui compito principale
consiste nel consolidare l’autoregolamentazione a livello globale. Il Consiglio,
infatti, rappresenta uno strumento per facilitare lo scambio di informazioni e
suggerimenti circa le best practices da adottare, migliorando la comunicazione tra
le organizzazioni coinvolte in tutto il mondo. Componenti del Consiglio sono tutti
i membri dell’EASA, cui si affiancano esponenti delle organizzazioni del settore.
Nel dettaglio, il Consiglio aiuta i membri del gruppo stesso a potenziare i propri
sistemi di autodisciplina attraverso la promozione di tali EASA best practices;
fornisce aiuto e assistenza a fine di agevolare ulteriormente lo sviluppo di sistemi
di autodisciplina lì dove non esistono ancora; costruisce un profilo rappresentativo
per l’autoregolamentazione della pubblicità a livello mondiale. Le succitate Best
Practices Recommendations interessano la redazione e la consultazione del
codice, la comunicazione e l’awareness, il trattamento dei reclami, la riservatezza,
la copy advice, la digital marketing communication, la composizione del Giurì, il
monitoraggio della pubblicità, le comunicazioni e il finanziamento delle SRO.
Ogni anno, per premiare gli organismi di autodisciplina che hanno dimostrato un
comportamento notevole, l’EASA organizza l’EASA Best Practice Awards60.
L’Alleanza promuove elevati standard pubblicitari anche fornendo gli istituti di
educazione di moduli educativi sull’autoregolamentazione.
Inoltre, l’EASA opera anche attraverso gruppi di lavoro, commissioni
specializzate, task force: innanzitutto, vi è il Comitato di Autoregolamentazione,
che funge da forum di discussione per le SRO nazionali inerentemente ad aspetti
tecnici relativi agli standard pubblicitari e allo sviluppo delle best practices; e
59
http://www.easa-alliance.org/page.aspx/212
Nel 2007 allo IAP Italia è stata riconosciuta una speciale menzione della giuria per la creatività e
produttività mostrata dal Giurì nelle sue decisioni (http://www.easa-alliance.org/AboutEASA/EASA-projects/Best-Practice-Awards/page.aspx/163).
60
151
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
ancora, il Comitato Media, che fronteggia le sfide poste dalle nuove tecnologie,
dalle nuove tecniche pubblicitarie e dai nuovi media; la Sustainability Task Force,
che fornisce una piattaforma di discussione dove i membri del settore della
pubblicità e i rappresentanti degli organismi di autodisciplina possono discutere
delle questioni di sostenibilità all’interno dei contenuti pubblicitari; il Gruppo di
lavoro dell’Europa Centrale e Orientale che assiste le SRO provenienti da tali
Stati nella gestione dei loro problemi e delle questioni tipiche dei loro paesi;
l’Education Action Group, che offre gli input sulla base della propria esperienza
tecnica e di "moduli educativi"; la Promotion and Communications Task Force,
responsabile della crescente presenza a livello nazionale ed europeo dell’EASA;
la Rogue Trader Prevention Taskforce (Taskforce di Prevenzione della
Concorrenza Sleale), che assume le decisioni sulla politica contro le azioni di
concorrenza sleale. Infine, la Segreteria dell’EASA si occupa delle attività di
ordinaria amministrazione. I suoi compiti consistono nel mettere in collegamento i
membri dell’EASA, le istituzioni europee, le associazioni dell’industria
pubblicitaria e delle altre parti interessate (quali, exempli gratia, docenti
universitari); nel tenere informati i membri dell’EASA e coordinare le risposte e i
suggerimenti provenienti dalle SRO; nell’organizzare gli incontri e gli eventi per
incentivare la conoscenza tra soci e incoraggiare lo sviluppo delle best practices;
nel coordinare il cross-border complaints system; nel formare ed informare
l’Europa sul sistema di autodisciplina; nell’effettuare ricerche e indagini e
pubblicarne i risultati; nel curare i rapporti con la stampa (l’EASA, infatti, invia
comunicati stampa e organizza conferenze stampa).
3.4.1 Il cross-border complaints system e le autodiscipline
nazionali
Internet, quale mezzo di comunicazione, come è già stato più volte ribadito,
rappresenta un medium con caratteristiche proprie, peculiari, diverse per molti
aspetti da quelle dei media "tradizionali". Tra queste la più importante e al
contempo
la
più
problematica
risulta
essere,
senza
dubbio,
la
sua
"transnazionalità", intesa come la possibilità per i contenuti diffusi dall’Italia, o da
152
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
qualsiasi altra nazione, di raggiungere qualsivoglia paese del mondo, anche il più
remoto, travalicando i confini geografici. Nel caso oggetto di analisi, una
comunicazione commerciale diffusa da un’inserzionista italiano attraverso un
server di un provider, più essere fruita ovunque nel pianeta, così come
comunicazioni straniere possono giungere anche nella penisola italiana. Si tratta
di una opportunità incredibile e fino a poco tempo fa impensabile, che spalanca
alle imprese le porte del mondo potendo raggiungere, anche solo potenzialmente, i
consumatori di tutto il pianeta. Contemporaneamente, tuttavia, possono
presentarsi problemi di compatibilità di tali comunicazioni con le legislazioni e i
codici vigenti nei paesi raggiunti da tale e-advertising. Può accadere, infatti, che
comunicazioni ritenute lecite in Italia giungano in paesi in cui, a causa di
politiche, culture, ideologie differenti, possono essere dichiarate ingannevoli,
scorrette, disoneste, e viceversa. In tali casi il Giurì italiano non può intervenire,
in quanto è competente ad applicare solo il Codice di Autodisciplina della
Comunicazione Commerciale italiano, non essendo rilevante, ai fini del giudizio,
la conformità o la contrarietà di tali messaggi alla normativa di sistemi di
autoregolamentazione straneri. Allo stesso modo gli organi delle altre
autodiscipline non possono applicare le norme del Codice italiano. Per risolvere
tale incresciosa quanto attuale e frequente questione, dal 1992 l’EASA si avvale
del cross-border complaints system61, attraverso il quale è possibile estendere
anche all’estero le decisioni degli organismi di autocontrollo nazionali.
Grazie a tale meccanismo chiunque può presentare un reclamo al proprio sistema
di autodisciplina contro una comunicazione ritenuta lesiva, proveniente da una
nazione diversa da quella in cui è stata diffusa.
Due sono i tipi di reclami transfrontalieri oggetti di intervento del cross-border
complaints system: innanzitutto, la denuncia può essere presentata da un
consumatore dello stesso paese in cui è stata diffusa la comunicazione ritenuta
illecita che però è stata veicolata attraverso media originari di paesi stranieri (a
titolo esemplificativo, un consumatore italiano che guarda una trasmissione
televisiva francese in Italia, può esporre una lamentela su tali contenuti
pubblicitari. In questo caso invierà il reclamo all’organismo competente in Italia e
61
http://www.easa-alliance.org/Complaints-compliance/Cross-Border-Complaints/page.aspx/247.
153
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
questo provvederà ad inoltrare la segnalazione in Francia); oppure può accadere
che la pubblicità transfrontaliera sia diretta esclusivamente ai consumatori del
paese in cui è diffusa ma essere comunque ritenuta illecita, nel caso ad esempio di
una denuncia presentata da una persona italiana su un annuncio che ha visto
quando si è trovato in vacanza in Francia, annuncio redatto in lingua italiana. In
questo caso il soggetto che si ritiene danneggiato da tale comunicazione deve
inviare la denuncia all’organismo di autodisciplina italiano che provvederà a
trasmetterlo all’organismo corrispondente in Francia. Oppure il consumatore può
anche inviare il reclamo direttamente all’EASA che trasmette poi il reclamo al
paese di origine. Se, infatti, non si sa a chi inviare il proprio reclamo, ovvero il
proprio paese non ha un organo di autodisciplina competente, l’EASA sul suo sito
(www.easa-alliance.org),
alla
sezione
complaints/compliance,
mette
a
disposizione un form da compilare in cui inserire i dati di colui che denuncia
l’illecito, i dettagli dell’advertising ritenuto ingannevole, cui bisogna allegare una
copia dell’annuncio oggetto di discussione (come una foto o una scansione dello
stesso). L’EASA provvederà ad inviare la segnalazione all’organo competente. È
possibile inviare la segnalazione anche tramite posta tradizionale o fax.
Due sono, dunque, i principi base che regolano il funzionamento del cross-border
complaints (CBC) system: il primo è relativo al "paese di origine", secondo cui un
messaggio pubblicitario deve rispettare le regole del paese sede dei mezzi di
comunicazione che lo veicolano ovvero, nel caso di direct mail advertising, del
paese sede dell’inserzionista; il secondo è definito come di "mutuo
riconoscimento", nel senso che i membri dell’EASA si accordano nell’accettare
comunicazioni che sono conformi alle norme di autodisciplina del paese di origine
dei media, anche se queste non sono identiche alle proprie.
Per inviare una lamentela, dunque, ciascun consumatore può compilare il modulo
che ogni organo competente mette a disposizione sul proprio sito web (in Italia
disponibile all’indirizzo www.iap.it, nella sezione "Segnalazioni dei consumatori
al Comitato di Controllo", da cui è possibile accedere al modulo in linea62), anche
nel caso di reclami transfrontalieri, in cui risulta necessario indicare dove si è
62
http://www.iap.it/it/modulo.htm.
154
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
visto o sentito l’annuncio, quando è stato trasmesso63, quali aspetti della
comunicazione si ritengono illeciti, copia dell’annuncio in allegato. L’organismo
nazionale (o l’EASA nel caso in cui ci si rivolga direttamente ad essa),
innanzitutto, valuterà se la denuncia e il relativo messaggio hanno natura
transfrontaliera e in seguito invierà la lamentela all’organo appropriato che
indagherà sulla base della propria normativa. Esso trasmetterà, in seguito, l’esito
della propria indagine all’organismo da cui è partita la segnalazione.
Anche se l’autoregolamentazione ha l’appoggio e il sostegno del settore
pubblicitario (da cui trae i finanziamenti), non sempre si è d’accordo con le
decisioni prese e, se si decide di non rispettarle, è possibile incorrere in serie e
gravi sanzioni. Tra queste vi sono la pubblicazione della decisione dell’organo di
autodisciplina, l’espulsione dalle associazioni di categoria e il profilarsi del diritto
stesso dei mezzi di comunicazione di rifiutare di veicolare messaggi a loro dire
illeciti o non rispettosi dei propri regolamenti interni. In rare occasioni, quando ci
si trova di fronte a concorrenti sleali, la SRO competente può rimettere tutto nelle
mani degli organi giudiziari che hanno il potere di perseguire l’inserzionista.
Accade spesso, però, che risulta difficile individuare il responsabile della
comunicazione ritenuta illecita, nel qual caso l’EASA invia ai suoi membri, alle
agenzie pubblicitarie, alle organizzazioni dei consumatori e alla Commissione
Europea un Euro Advertising Alert, ovverosia un fax che contiene menzione del
messaggio ingannevole e dei provvedimenti intrapresi.
Dal 1992 al 2011 si sono avute oltre 2400 segnalazioni transfrontaliere.
Generalmente, i risultati del cross-border complaints system sono pubblicati
dall’EASA sul proprio sito ogni tre mesi e inseriti nella relazione annuale sui
traguardi raggiunti.
Un codice generale "pan-europeo" non esiste, ma da novembre 2009 è attivo un
servizio "online one-stop shop" che permette ai professionisti dell’advertising di
ottenere una consulenza circa la conformità della propria comunicazione alle
regole nazionali esistenti ovvero vigenti negli altri ventuno Stati che appartengono
63
Se l’annuncio pubblicitario ritenuto illecito è apparso su giornali o quotidiani, il consumatore
dovrà indicare il nome della rivista, il numero, il periodo in cui è stata diffusa e allegare copia
della pubblicità. Nel caso di advertising trasmesso su radio o televisione è necessario indicare il
canale, il giorno e l’ora in cui è stato trasmesso.
155
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
al sistema "European Copy Advice/Pre-Clearance Facility"64. Dopo essersi iscritti
al servizio online, gli inserzionisti e le agenzie possono presentare una richiesta di
consulenza per una o più comunicazioni commerciali agli organismi di
autodisciplina di uno dei paesi che appartiene al gruppo. L’esito non è vincolante
e dipende dalle diverse culture proprie di ogni nazione. Attualmente usufruiscono
di tale servizio Austria, Belgio, Canada, Francia, Germania, Grecia, India, Irlanda,
Italia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Regno Unito,
Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Turchia, Ungheria65.
Un copy advice consiste in un "consiglio", un parere, fornito da un organismo di
autodisciplina, circa la conformità al codice di una comunicazione commerciale. È
disponibile su richiesta degli inserzionisti, degli advertiser, dei media, non è
vincolante e contiene anche suggerimenti sul modo in cui modificare il messaggio
se ritenuto ingannevole. Ciò permette, a coloro che ne fanno richiesta, di sapere in
anteprima se una comunicazione è lecita, evitando così inutili sprechi di tempo e
di denaro, nelle ipotesi di lamentele che possono minare la propria brand image.
Nel caso di denuncia, l’organo di autodisciplina non è vincolato alla precedente
copy advice; d’altronde, il soggetto che ha richiesto il parere preventivo che non
ha rispettato, producendo pubblicità illecita, è obbligato a fornire motivazioni
convincenti che spieghino il perché del suo comportamento. Il copy advice non
corrisponde al pre-clearance, anche se entrambe le procedure hanno luogo prima
della diffusione della comunicazione.
Il
pre-clearance
(pre-autorizzazione)
corrisponde
ad
una
analisi
della
comunicazione compiuta da un organismo di autodisciplina prima della sua
veicolazione, quale precondizione obbligatoria alla trasmissione stessa. Come il
copy advice, l’indagine preliminare riduce il rischio di lamentele, ma non lo
esclude. Richiedono tale studio preliminare solo alcune nazioni e solo per alcune
specifiche categorie merceologiche: l’Italia per le pubblicità dei farmaci da banco
(per tutti i supporti tranne la TV); l’Irlanda per pubblicità di bevande alcoliche; la
Francia per tutti gli spot televisivi; i Paesi Bassi per la pubblicità di alcolici (in TV
e radio), di medicinali, di trattamenti e prodotti per la salute; il Regno Unito per
64
65
www.ad-advice.org: European Copy Advice/Pre-Clearance Facility.
http://european.clearcast.co.uk/.
156
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
tutte le pubblicità televisive e radiofoniche; il Canada per le comunicazioni
commerciali destinate ai bambini, per il cibo, per le bevande analcoliche, per i
cosmetici, per i farmaci da banco, per i prodotti sanitari; la Nuova Zelanda per i
liquori, i medicinali e l’advertising televisivo.
3.4.2 I Common Principles e l’EASA Charter
Dal 13 giugno 2002 sono entrati in vigore i "Common Principles"
dell’autodisciplina66, una serie di principi operativi standard sui quali i singoli
paesi aderenti all’EASA devono basare i propri sistemi di autodisciplina
dell’advertising.
Il
successo
dell’autoregolamentazione
dipende
anche
dall’applicazione e dal rispetto di tali regole. Si tratta di otto principi cardine
riscontrabili anche nell’autodisciplina pubblicitaria italiana67.
1. I benefici del consumatore: lo scopo di un codice di autoregolamentazione
è di mantenere elevati livelli di fiducia dei consumatori nei riguardi
dell’istituto della pubblicità, offrendo rapide soluzioni ai loro problemi. Il
sistema facilita la tutela del consumer e permette alle aziende di competere
tra di loro in condizioni di parità;
2. indipendenza: l’autoregolamentazione deve essere e deve essere
considerata imparziale. La credibilità degli organi giudicanti deriva dalla
loro terzietà rispetto ai soggetti giudicati;
3. trasparenza e accessibilità: l’accesso al procedimento di gestione dei
reclami deve essere facile e senza costi per il consumatore, così come le
informazioni concernenti le regole autodisciplinari, i dati dell’attività e gli
esiti del procedimento devono essere sempre disponibili;
4. efficacia: l’autodisciplina deve essere rapida, attuale, flessibile ed
esercitata senza burocratismi;
5. gestione dei reclami: i reclami devono essere gestiti senza condizionamenti
esterni; inoltre, devono essere garantite adeguate sanzioni;
66
http://www.easa-alliance.org/About-SR/Charter-Validation/page.aspx/237: EASA Statement of
Common Principles and Operating Standards of Best Practice.
67
Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 100.
157
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
6. legalità: l’autoregolamentazione deve sempre essere conforme alla legge e,
inoltre, è lasciata aperta la via del ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria
e garantito lo svolgimento dell’autocontrollo nel rispetto della legge;
7. cooperazione: i sistemi di autoregolamentazione e tutti i membri
dell’EASA hanno il dovere di collaborare tra loro al fine di gestire i
reclami in modo efficace e trovare un accordo sulle best practice;
8. risorse: i sistemi di autodisciplina devono avere i finanziamenti sufficienti
per realizzare i propri obiettivi; gli operatori del settore devono assicurare
adeguato
sostegno
morale
e
finanziario
all’autoregolamentazione
dell’advertising.
Gli organismi di autodisciplina, inoltre, si impegnano a rispettare anche i
Recommended Standards for Operating Best Practice in Self-Regulation.
1. Costituzione e appartenenza: la costituzione e l’appartenenza di tutte le
SRO deve essere esaminata regolarmente;
2. termini di riferimento per gli organismi di autodisciplina:
a. responsabilità per l’elaborazione e l’attuazione dei codici che
contribuirà a mantenere la fiducia dei consumatori;
b. responsabilità per la regolazione degli standard pubblicitari;
c. promozione dell’autodisciplina pubblicitaria e dimostrazione della sua
efficacia nella tutela dei consumatori;
3. fondi e altre risorse: per garantire efficacia e credibilità è necessario che i
membri dell’industria pubblicitaria assicurino un adeguato sostegno;
4. codici, il loro sviluppo, la loro revisione:
a. i codici di autoregolamentazione si basano sui seguenti principi
fondamentali sanciti nel General Code of Advertising Practice of the
International Chamber of Commerce (ICC): «Il contenuto delle
comunicazioni commerciali deve essere legale, decente, onesto e
veritiero, responsabile socialmente e rispettoso delle regole della
concorrenza leale»;
b. i codici devono essere applicati rigidamente;
c. i codici devono riflettere la cultura, la legge e le pratiche commerciali
nazionali;
158
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
d. gli organismi di autodisciplina devono garantire che i propri principi
siano applicati anche alle comunicazioni commerciali veicolate
attraverso i new media;
e. le regole dell’autodisciplina devono essere periodicamente riviste alla
luce degli sviluppi tecnologici, normativi e sociali;
5. funzionamento del sistema di autoregolamentazione:
a. indipendenza: le decisioni adottate dagli organi di autodisciplina
devono essere indipendenti e imparziali e ciò dovrebbe riflettersi anche
sul modo in cui vengono gestiti i reclami;
b. trasparenza: i codici, le norme e le regole di autodisciplina devono
essere sempre facilmente accessibili;
c. principio del contraddittorio: le parti devono essere messe in grado di
esercitare il proprio diritto alla difesa;
d. efficacia:
i
reclami
devono
essere
trattati
rapidamente
ed
efficacemente; l’autodisciplina deve essere rapida, attuale, flessibile ed
esercitata senza burocratismi;
e. libertà di rappresentanza: le parti di un procedimento autodisciplinare
sono libere di farsi assistere e rappresentare da legali e/o da terzi;
f. autoregolamentazione e legge: il consumatore può ricorrere all’autorità
giudiziaria ordinaria;
g. applicazione: le sanzioni devono essere efficaci per prevenire gli
illeciti;
6. consultazione con gli stakeholder: gli organismi di autodisciplina devono
garantire che tutti gli operatori pubblicitari, così come i consumatori e le
istituzioni, siano consapevoli dell’esistenza del sistema stesso, fornendo
anche programmi di istruzione e formazione;
7. efficiente cross-border complaints system a tutela dei consumatori: la
Segreteria dell’EASA è responsabile del coordinamento del sistema
transfrontaliero di gestione dei reclami, collegando gli organismi di
autodisciplina competenti per garantire la rapida risoluzione dei problemi,
pubblicando anche report periodici sulla questione;
159
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
8. best practice: i membri dell’EASA devono lavorare in vista della
convergenza dei sistemi di autodisciplina; l’EASA deve aiutare i suoi
partecipanti a migliorare i sistemi già esistenti ed introdurne di nuovi lì
dove ancora non vi sono.
Il 25 giugno 2004 l’EASA ha riunito oltre 130 rappresentanti appartenenti a tutti i
settori dell’industria pubblicitaria durante il summit sull’autodisciplina. Durante
tale vertice, alla presenza dei membri della Commissione Europea, è stata
sottoscritta la Self-regulatory Charter. Tale Carta, creata sulla base dell’EASA
Statement of Common Principles and Operating Standards of Best Practice e
dell’EASA Best Practice Self-Regulatory Model, vincola i firmatari ad un
maggiore impegno etico ed economico a supporto dei sistemi di autodisciplina in
tutta Europa. Da qui, la necessità di continuare ad incoraggiare la creazione di
solidi codici di autodisciplina della comunicazione commerciale. Scopo ultimo di
tale carta è di promuovere lo sviluppo di una rete di autoregolamentazione
pubblicitaria trasparente, efficiente, indipendente e ben finanziata.
Nel testo della Carta si legge che due devono essere i fattori sui quali ergere il
sistema di autodisciplina in ciascuno stato: la tradizione, legata alla cultura di ogni
paese, ai suoi usi, alle sue leggi; l’"opportunità", intesa come la disponibilità di un
rapporto di complementarità con la legislazione nazionale.
Nel testo di tale documento si possono leggere i dieci impegni assunti da coloro
che lo hanno approvato68:
68
A questi, nel 2009, a seguito dell’EASA Board meeting di Praga e del Executive Commitee
meeting, si sono aggiunti ulteriori dieci impegni per migliorare l’intero sistema, che sarebbero
dovuti essere raggiunti entro il 2010: 1. Completare l’organizzazione del sistema di autodisciplina
della Bulgaria entro la fine del 2009; 2. completare l’organizzazione del sistema di autodisciplina
del Lussemburgo entro la fine del 2009; 3. eliminare tutti gli ostacoli che impediscono la creazione
di un sistema di autodisciplina a Cipro ed iniziare le sperimentazioni entro aprile 2010; 4. creare
una ulteriore SRO in uno dei quattro restanti paesi dell’Unione Europea non ancora associati
(Estonia, Lettonia, Malta, Danimarca) o nei paesi candidati (Croazia, Serbia), a partire da aprile
2010; 5. circa l’EASA’s Digital Marketing Communication best Practice: a) assicurarsi che sia
discusso e adottato nell’80% dei programmi operativi di autoregolamentazione di tutta Europa da
aprile 2010; b) ulteriori indicazioni vengono fornite in riferimento ai settori incaricati della
gestione dei chiarimenti e alla sua applicazione entro la fine del 2009; c) da aprile 2010 sarà
identificato il finanziamento supplementare necessario alle SRO per estendere il proprio mandato;
6. rendere compatibile il Giurì con quanto disposto con le EASA Recommended Best Practice,
secondo cui i membri devono essere indipendenti (il 60% entro aprile 2010); 7. consultazione sui
codici (non vincolante) con i soggetti interessati appartenenti al settore pubblicitario (60% del
target entro aprile 2010); 8. espandere le capacità delle SRO affinché effettuino un lavoro di
monitoraggio nazionale, ideando un modello funzionale e conveniente di best practice, a partire da
160
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
1. Considerazione, all’interno dei codici di autodisciplina nazionale, di tutti i
formati pubblicitari e dei professionisti coinvolti;
2. finanziamenti adeguati a sostegno dell’advertising, sostenuti dall’industria
pubblicitaria;
3. codici esaustivi ed efficienti disciplinanti ogni pratica pubblicitaria e
redatti sulla base del Code of Marketing and Advertising Practice adottato
dalla Camera di Commercio Internazionale;
4. ampia consultazione delle parti interessate durante la stesura del codice;
5. coinvolgimento
di
esperti
indipendenti
e
non
appartenenti
ad
organizzazioni governative durante il processo di gestione dei reclami;
6. gestione efficiente del codice e del sistema dei reclami operata dagli organi
di autodisciplina competenti, che garantiscono un lavoro imparziale ed
indipendente;
7. trattamento dei reclami rapido ed efficiente senza alcun costo a carico del
consumatore;
8. fornitura di consulenza e possibilità di formazione per gli operatori del
settore, in modo tale da elevare gli standard qualitativi del sistema stesso;
9. sanzioni efficaci;
10. conoscenza reale del sistema di autodisciplina da parte dell’industria e dei
consumatori.
Dopo la firma di tale Carta, l’EASA ha lanciato il Get-Fit Programme69 con
l’obiettivo di migliorare gli attuali sistemi di autodisciplina, attraverso
l’introduzione di best practice e l’estensione dell’autoregolamentazione anche a
nuovi stati. Questi impegni sono stati presentati nel 2005 alla Commissione
Europea attraverso un White paper con l’impegno a riferire in merito nel 2007. In
tale anno è emerso che, anche se non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti, sono
stati fatti, e continuano ad essere compiuti, grandi progressi.
aprile 2010; 9. creare un progetto operativo pilota per facilitare le numerose richieste di copy
advice nei paesi europei da aprile 2010; 10. garantire, entro aprile 2010, la stesura di un progetto
pilota di educazione all’etica in pubblicità da svolgere nelle università.
69
http://www.easa-alliance.org/About-SR/Charter-Validation/page.aspx/237#principles.
161
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
3.4.3 I Position Papers, le Best Practice Recommendations, le
pubblicazioni EASA e l’Education Programme
Nel corso degli anni l’Alleanza Europea per l’Etica in Pubblicità ha pubblicato
numerosi documenti
che hanno espresso la posizione dell’organizzazione su
questioni rilevanti in campo pubblicitario. Tali position papers assumono una
importanza notevole se si tiene in considerazione il ruolo di guida che l’Alleanza
tenta di assumere per i paesi che rientrano nel gruppo stesso e per quelli che ne
faranno parte e, dunque, rappresentano delle informazioni preziose per tutti coloro
che, a titolo diverso e in modi differenti, lavorano per e all’advertising.
Nell’ottobre 2008 è stato redatto il documento Digital Marketing Communications
(aggiornato nel dicembre 2010), uno scritto sulle best practice in ambito
interattivo e digitale, che offre consulenza e supporto alle SRO appartenenti
all’EASA e agli esponenti del settore sull’applicazione dell’autodisciplina alle
Digital Marketing Communications (DMC).
Tale documento70 costituisce il risultato delle intense discussioni che l’EASA ha
tenuto con i media, le agenzie, gli inserzionisti e gli organismi di autodisciplina
nazionali dal 2007, dopo aver creato una apposita piattaforma di discussione
all’interno
del
Communications
Comitato
Taskforce.
Media
Esso
EASA,
illustra
chiamata
il
Digital
pensiero
Marketing
dell’Alleanza
sull’applicazione dell’autoregolamentazione nello spazio digitale, sviluppando, a
tal fine, una serie di raccomandazioni (best practice) sulla base dei principi
elaborati dalla Camera di Commercio Internazionale e il relativo Testo Unico
sull’Advertising and Marketing Communication Practice71. Tali "buone condotte"
70
www.easa-alliance.org/page.aspx/97: Digital Marketing Communications Best Practice (2008).
A seguito dell’accorpamento, avvenuto nel 2006, dei precedenti orientamenti sulle ICC
Guidelines on Advertising and Marketing Communication using electronic media and telephone
(2004), confluite nell’ICC Consolidated Code of Advertising and Marketing Communication
Practice, sono state fornite linee guida ai marketer, aggiuntesi ai principi generali già enunciati
inerenti alla legalità, decenza, onestà e veridicità delle comunicazioni commerciali rispettose dei
principi di concorrenza leale. Il Testo Unico, dopo aver ribadito l’importanza di comunicazioni
trasparenti, facilmente distinguibili da altre forme di informazione, riguardose della privacy
individuale e della dignità di ogni persona, specie dei bambini e degli adolescenti, circa l’eadvertising afferma che, anche in questo caso, le comunicazioni elettroniche diffuse a scopo
commerciale devono essere chiaramente identificabili; tali comunicazioni non devono
assolutamente interferire con le altre attività che uno user può svolgere online; nel caso di
unsolicited messages, bisogna garantire la tutela degli interessi dei consumatori; va rispettata la
dignità della persona; la responsabilità legata alla diffusione di comunicazioni commerciali deve
71
162
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
confermano l’impegno dell’industria pubblicitaria europea nel voler estendere
l’autoregolamentazione anche all’e-advertising, riconoscendo la natura "globale"
dei media digitali e la necessità di sviluppare una disciplina uniforme e coordinata
attraverso l’appartenenza all’EASA anche per i media digitali. Le EASA Best
Practice Recommendations (BPR) offrono un sostegno e tanti utili consigli agli
organismi nazionali di autodisciplina e a tutti gli appartenenti al settore. Tali BPR
svolgono una funzione di stimolo e, contemporaneamente, di assistenza per tutti
coloro che discutono dell’applicazione dell’autoregolamentazione, potendo
seguire, in tal modo, proprio il modello fornito dalle Best Practice EASA72.
«This Best Practice Recommendation offers advice and support to
EASA’s national SRO and industry members on the application of
self-regulation (SR) to Digital Marketing Communications (DMCs).
More specifically it explains in what ways SROs can extend the remit
of their advertising codes, if they have not already done so, to include
DMCs. The text of a BPR is commonly agreed upon by the advertising
industry and SROs at European level. This enables each country to
adopt the approach best suited to local circumstances, based on the
principles outlined in the BPR, thus helping to ensure consistency of
remit and application throughout Europe»73.
È chiaro che le BPR non sono vincolanti; piuttosto sono sviluppate tenendo conto
delle esigenze sia delle SRO che dell’industria pubblicitaria in generale. In questo
modo ciascun paese può adottare l’approccio maggiormente adatto alle esigenze
locali sulla base dei principi unici e comuni enunciati nelle BPR, contribuendo in
tal modo a garantire la coerenza alle prescrizioni e l’applicazione in tutta Europa.
essere commisurata al ruolo di ciascun partecipante in tale processo. L’EASA ha contribuito alla
stesura di tali linee guida e ha, inoltre, redatto e pubblicato, nell’ottobre 2008, le best practice che
gli organismi di autoregolamentazione devono adottare in ambito digitale. Quando furono
pubblicate, solo otto dei venti paesi con un’autorità di autodisciplina avevano approfondito
l’interessante e attuale tematica delle comunicazioni commerciali online. Dopo due anni questo
numero si è esteso a diciannove su ventidue.
72
Per la consultazione del testo dell’EASA Best Practice Model si rimanda all’appendice A.4.
73
www.easa-alliance.org/page.aspx/97: "Digital Marketing Communications Best Practice", 2008.
163
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
Tutte le raccomandazioni EASA si basano sui Common Principles and Operating
Standards of Best Practice e il Best Practice Self-Regulation Model.
Nel 2005 la DG SANCO (Health and Consumer Protection) ha organizzato la EU
Advertising Round Table da cui è emersa la necessità di applicare i criteri
dell’autoregolamentazione, già sperimentati sui media tradizionali, anche ai new
media. Secondo tale gruppo, non c’è bisogno di un nuovo codice, quanto piuttosto
di estendere i principi e le regole già esistenti, integrandoli con le linee guida sulla
loro applicazione, specifiche dei mezzi di comunicazione digitali. Nonostante sia
evidente che tali media comunque presentano peculiarità nuove e diverse e che il
loro sviluppo segue, nei vari paesi, percorsi differenti, anche in linea con le
politiche e le culture vigenti, l’EASA crede nell’importanza di una collaborazione
tra tutti i membri per garantire elevati standard alla Digital Marketing
Communication (come dimostra, a titolo esemplificativo, la presenza del crossborder complaints system) nell’ottica dell’unity through diversity.
Il settore dell’advertising si è impegnato a raggiungere gli scopi di
un’autoregolamentazione comune attraverso la firma dell’EASA’s Advertising
Self-Regulation Charter, che sancisce l’impegno dell’Alleanza per il corretto
funzionamento degli organi di autodisciplina nazionali. Tale Carta contiene dieci
principi fondamentali per le comunicazioni commerciali. I più rilevanti per il
marketing digitale consistono nella necessaria considerazione, all’interno di
ciascun sistema di autodisciplina, di tutti i formati pubblicitari veicolabili, e nella
stesura di codici completi ed efficaci.
Innanzitutto, nell’elaborare le BPR sulle comunicazioni digitali, l’EASA ha
considerato tutte le varie tecniche utilizzabili sui mezzi digitali, analizzando anche
il viral marketing, il social media marketing, il mobile marketing. È stata, tuttavia,
riconosciuta
la
continua
e
veloce
evoluzione
di
queste
marketing
communications74, per cui si è riconosciuto che ogni indagine non può che
rivelarsi un freeze-frame, un fermo immagine, del momento.
74
All’interno del documento in discussione è contenuta una definizione di "marketing
communication", estrapolata dal Consolidated ICC Code of Advertising and Marketing
Communication Practice (agosto 2006) secondo cui «A "marketing communication" is an
advertisement or other technique such as a promotion, sponsorship or direct marketing. The term
should be interpreted broadly to mean any form of communication produced directly by or on
behalf of marketers intended primarily to promote products or to influence consumer behaviour.
164
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
Rientrano sotto il controllo delle SRO tutte le forme di comunicazione
commerciale digitale, ovverosia la display advertising, la text advertising, la paid
search, l’advertising contenuto nei giochi, su CD o DVD, l’email advertising, le
comunicazioni commerciali inviate tramite SMS o MMS. Inoltre, sono considerati
anche gli user generated content, i contenuti prodotti direttamente dagli utenti e
successivamente immessi in Rete (ad esempio un video su Youtube, una
recensione su Wikipedia) che possono essere fonte di diffusione di comunicazione
commerciale ma che, tuttavia, destano molte perplessità, circa la loro origine.
Questi sono da considerare DMC e, conseguentemente, rientranti nell’ambito di
regolamentazione delle SRO, nei casi in cui i marketer, coloro che diffondono
comunicazioni commerciali sui propri prodotti o servizi, creano o distribuiscono
UGC o materiale virale, ovvero approvano gli UGC creati da terzi. In tali ipotesi
responsabili di quanto diffuso sono proprio i marketer, e nel caso di violazioni dei
codici di autodisciplina, l’inserzionista deve adottare tutte le misure necessarie
atte a rimuovere l’illecito.
I contenuti di un sito che costituiscono e-advertising sono i claim (sia scritti, che i
jingle o i video) relativi a prodotti o servizi non contenuti in report aziendali,
elaborati editoriali; gli UGC prodotti o approvati dai marketer; le pratiche
commerciali riferite alle comunicazioni di marketing, oggetto della disciplina
delle pratiche commerciali sleali; le comunicazioni a carattere pubblicitario
precedentemente apparse su altre piattaforme multimediali.
Non costituiscono marketing communication e, dunque, esulano dal campo di
applicazione delle norme in questione i contenuti editoriali, i report d’azienda, i
blog, i contenuti che costituiscono il prodotto stesso, gli UGC o il viral marketing
generati da terzi e non distribuiti o approvati dai marketer.
Inoltre, all’interno dello stesso documento, l’EASA si è occupata anche della
privacy e della protezione dei dati personali. Il Codice emanato dalla Camera di
Commercio Internazionale già prescrive che i marketer, nello svolgere il loro
lavoro e nel raccogliere dati sui consumatori, debbano rispettare la privacy di
ciascun individuo, ed è chiaro che tale previsione vada estesa anche alle digital
This includes content under the influence or control of marketers that is intended primarily to
promote products or to influence consumer behaviour, irrespective of its creative origin»
(www.easa-alliance.org/page.aspx/97"Digital Marketing Communications Best Practice", 2008).
165
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
marketing communications. Spesso le SRO sono le uniche a garantire il rispetto di
tali regole legate al contenuto delle comunicazioni commerciali, anche se si sono
sviluppate comunque iniziative in tal senso. È ciò che è accaduto, exempli gratia,
con la FEDMA (Federation of European Direct and Interactive Marketing) che
ha concordato, con le Autorità di Protezione dei dati personali di ciascun Stato
membro, un codice sulle pratiche per l’uso dei dati personali in Europa.
Da un punto di vista operativo sarebbe auspicabile che, per raggiungere gli
obiettivi dell’EASA inerenti alla comunicazione digitale, gli organismi di
autodisciplina nazionale si facessero affiancare, nel loro lavoro, dagli operatori dei
media digitali.
«Any policy can be implemented properly only if all the parties
involved are in general agreement about the steps to be taken and
committed to providing the necessary support and resources»75.
Risulta essenziale, affinché i consumatori stessi denuncino eventuali problemi o
illeciti, che le autorità competenti siano sempre facilmente raggiungibili online e
ciò anche grazie a campagne promozionali, un buon posizionamento sui motori di
ricerca, un efficiente sito che offra tutte le informazioni necessarie e un sistema di
segnalazione delle lamentele collegato ad altri siti sulla materia.
Le SRO dispongono anche dei mezzi sanzionatori per punire gli illeciti. Esse
possono pubblicare la decisione dell’organo di autodisciplina, creando in questo
modo "pubblicità negativa" (naming & shaming), interrompere l’attività
dell’azienda incriminata per periodi stabiliti, incoraggiare i media ad avvalersi
della facoltà di non diffondere comunicazioni commerciali non ritenute in linea
con i propri principi (il cosiddetto "diritto di rifiuto"). Nel caso in cui tale
intervento non risulti adeguato, le SRO possono rimettere tutto nelle mani delle
autorità statuali competenti (come accade in caso di concorrenza sleale). Anche se
le decisioni prese dagli organi autodisciplinari non hanno forza di legge, se vi è un
procedimento giudiziario successivo a quanto disposto dalla SRO competente,
molto probabilmente sarà preso comunque in considerazione tale provvedimento.
75
www.easa-alliance.org/page.aspx/97: "Digital Marketing Communications Best Practice", 2008.
166
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
Ciò risulta valido per l’advertising veicolato su media tradizionali quanto sui
media digitali.
Inoltre, l’EASA ha prodotto ulteriori Best Practice Recommendations relative alla
copy advice, alla pubblicazione delle decisioni, alle richieste di risarcimento, alla
riservatezza dell’identità del denunciante, alla composizione del Giurì, alla
gestione dei reclami, al monitoraggio dell’advertising, alla stesura del Codice, al
finanziamento delle SRO, alle comunicazioni delle SRO, alla pubblicità online e il
relativo comportamento da adottare76.
L’EASA pubblica periodicamente riviste, report e statistiche che tengono
aggiornati i membri dell’alleanza stessa e tutti i cultori della materia.
Innanzitutto, vi è l’EASA Blue Book, giunto alla sua sesta edizione, pubblicato
ogni tre anni e che costituisce una guida sull’autoregolamentazione in pubblicità
fornendo una panoramica esaustiva su quanto accade in Europa in tale settore.
Prestando attenzione ai professionisti pubblicitari, offre informazioni utili e
preziose ai responsabili politici, ai consulenti, ai ricercatori, agli accademici ma
anche ai neofiti e a questi ultimi garantisce una visione d’insieme sul modo in cui
l’advertising è regolato in Europa. In esso, dunque, è possibile trovare un
resoconto dettagliato sui sistemi di autodisciplina, ma anche una valutazione sulle
attuali questioni chiave inerenti al settore pubblicitario, statistiche sui reclami sia
nazionali che transfrontalieri, una checklist per le agenzie con consigli pratici
riguardanti il modo in cui garantire il rispetto dei codici sulla pubblicità, l’analisi
dettagliata di tutte le legislazioni UE in materia di advertising, comunicazione e
marketing. L’EASA Blue Book è stato definito come «essential regarding for
communications agencies» e «clear guide for advertising practitioners»77.
È stato poi pubblicato il Compliance Monitoring Reports (2010), rapporto sul
monitoraggio delle pubblicità di prodotti alimentari e bevande analcoliche sui siti
web, dati forniti dagli organi di autodisciplina degli otto paesi selezionati (Austria,
Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Svezia e Ungheria), per un
totale di 352 siti web analizzati. Di questi, 309 non sono stati soggetti ad ulteriori
controlli, 2 violavano in alcune parti i codici, 37 avrebbero dovuto fornire ulteriori
76
77
Consultabili all’indirizzo http://www.easa-alliance.org/page.aspx/310#1.
http://www.easa-alliance.org/page.aspx/266.
167
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
informazioni, gli altri 4 non rispettavano disposizioni particolari proprie del paese
di appartenenza (in quel caso i Paesi Bassi).
Sono state pubblicate, ancora a cura dell’EASA, quattro guide sull’autodisciplina:
"Advertising self-regulation: The Essentials – A Layman’s guide to selfregulation", "International guide to developing a self-regulatory organization.
Practical advice on setting up and consolidating an advertising self-regulatory
system", "Advertising self-regulation: The Guide on how to set up an SRO",
"What self-regulatory advertising standards ensure".
Inoltre, l’EASA annualmente pubblica le statistiche relative alle lamentele giunte
agli organi di autodisciplina sia in ambito europeo che non, e l’EASA Annual
Review,
sulle
attività
dell’autoregolamentazione.
e
i
nuovi
traguardi
raggiunti
nell’ambito
D’altronde, mensilmente è attivo il sistema di
newsletter "Focus" con tutte le notizie relative all’autodisciplina.
L’EASA Education (EDU) Programme "Ethics and Advertising Standards for
Professionals in the Digital Age" (The 3E Model, Easa, Ethics and Education), il
cui ultimo aggiornamento risale ad aprile 2011, redatto a seguito del meeting EDU
AG tenutosi a Vienna l’8 aprile 2011, rappresenta il tentativo di tradurre la
creatività tipica di ogni realizzazione pubblicitaria in advertising legale, decente,
onesto e veritiero, in grado di sviluppare fiducia nei consumatori e credibilità del
brand. Lo scopo del 3E Model è di diffondere l’etica in pubblicità, anche nel
campo delle comunicazioni sui media digitali, e formare professionisti attuali e
futuri responsabili. Esso è stato concepito per essere messo a disposizione degli
studenti di marketing, media, giornalismo, diritto e comunicazione e degli istituti
di formazione attivi nel campo dell’advertising, allo scopo di formare persone in
grado di realizzare pubblicità lecita, consapevoli che un comportamento
coscienzioso migliora la brand reputation, mentre comunicazioni commerciali
illecite portano alla disaffezione del target. L’Education programme dovrebbe
svilupparsi in due fasi: inerentemente alla prima, il "3E Project", l’EASA ha
creato il 3E Modul Paradigm, articolato in 10 lezioni, così come stabilito dal
Gruppo d’Azione Istruzione (EDU AG) a Vienna che, mostrando particolare
attenzione ai media digitali, affronta argomenti quali la necessità di elevati
standard nell’advertising; i codici, gli strumenti e le tecnologie da adottare; il
168
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
modo in cui lavora il settore pubblicitario; le politiche e le procedure da
implementare nel futuro. La seconda fase, "The database", consiste nella
consultazione di un’ampia bibliografia che fornisca una panoramica sulle
iniziative a scopo educativo che considerano i problemi relativi agli standard
pubblicitari da applicare in Europa e nel mondo.
«Stimulating improved thinking builds the ethical base for responsible
advertising and future business growth»78.
Per sviluppare senso di appartenenza e incentivare l’impegno nei diversi Stati,
l’EASA, infine, organizza anche i "Roadshows", programmi di conferenze
"itineranti" allo scopo di coinvolgere maggiormente l’intera Europa sulla tematica
di cui è promotrice.
3.5 Guidelines on Interactive Marketing Communication
Alla base dell’autodisciplina di tutta Europa vi è l’ICC Consolidated Code of
advertising and Marketing Communication Practice, che promuove, attraverso i
suoi principi, elevati standard etici nel marketing e nell’ambito della
comunicazione.
La Camera di Commercio Internazionale rappresenta la voce del mondo
imprenditoriale79 e fonda il proprio lavoro sulla convinzione che la
liberalizzazione degli scambi e degli investimenti sia determinante per la crescita
globale dell’economia in condizioni di stabilità e di pace80. Ad essa appartengono
migliaia di aziende di ogni dimensione in oltre 120 paesi in tutto il mondo.
Nel 1996, la Camera di Commercio Internazionale ha pubblicato la prima
edizione delle ICC Guidelines on Marketing and Advertising using Electronic
Media, poi riviste nel 1998 e la cui ultima modifica risale al dicembre 2004,
redatte dalla Commissione Marketing e Pubblicità, allo scopo di fornire principi di
78
www.easa-alliance.org/About-EASA/EASA-projects/Educations-programme/page.aspx/372:
Pober A., Direttore dell’EASA Education Programme.
79
http://www.iccwbo.org/id93/index.html.
80
http://www.cciitalia.org/presentazione.htm.
169
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
marketing e advertising attraverso Internet, servizi online, reti di comunicazione
elettronica, incluso il telefono. Esse sono redatte sulla base dell’ICC International
Code of Advertising Practice e l’ICC International Code of Direct marketing, ad
esse complementari, e fissano gli standard che i professionisti del settore
(inserzionisti, pubblicitari, agenzie, media) devono rispettare. A seguito
dell’accorpamento, avvenuto nel 2006, dei precedenti orientamenti sulle ICC
Guidelines on Advertising and Marketing Communication using electronic media
and telephone (2004), esse sono confluite nell’ICC Consolidated Code of
Advertising and Marketing Communication Practice81.
Tali guidelines, conformandosi alla ormai consolidata politica della CCI, sono
volte a promuovere elevati standard etici nel marketing anche attraverso il sistema
dell’autodisciplina. Esse sono state progettate principalmente quale base del
sistema di autoregolamentazione ma possono anche essere utilizzate dai giudici
come documento di riferimento nell’applicazione delle leggi. Consapevoli di
quanto la comunicazione si stia evolvendo in relazione all’avvento di nuove
tecnologie, la CCI consiglia l’adozione di tali Linee guida per rafforzare la fiducia
dei consumatori nell’advertising realizzato mediante mezzi di comunicazione
elettronici (cui si applicano tali guidelines); per garantire elevati livelli di privacy
ad ogni individuo; per assicurare libertà di espressione agli inserzionisti e ai
pubblicitari; per ridurre al minimo l’intervento della legislazione governativa.
È l’art. 1 ("Basic Principles") delle Guidelines che sancisce che le comunicazioni
commerciali devono essere legali, decenti, oneste e veritiere ed è l’art. 4
("Identification") che sostiene che, nei casi in cui le comunicazioni elettroniche
perseguano scopi commerciali, questi dovrebbero sempre risultare evidenti
nell’oggetto e nel contesto. La natura commerciale non deve essere oscurata e il
campo contenente l’identificazione del mittente (nelle e-mail) non deve trarre in
inganno. Ogni comunicazione deve, in ogni caso, risultare chiara e trasparente e
l’art. 5 ("Clarity") dispone che qualsiasi fattore suscettibile di influenzare le
decisioni del consumatore, come ad esempio il prezzo di un determinato bene
ovvero le altre condizioni di vendita, deve essere comunicato con modalità tali da
essere riconosciute dal consumatore prima che egli accetti l’offerta o qualsiasi
81
http://www.easa-alliance.org/page.aspx/97.
170
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
altro impegno. Inoltre, ex art. 7 ("Respect for public group"), gli advertiser
devono rispettare i termini e le condizioni di ciascun mezzo di comunicazione
elettronico (ad esempio dei newsgroup, dei forum).
All’interno delle guidelines, all’art. 8 ("Data and privacy rules") è ribadita
l’obbligatorietà del rispetto della privacy individuale, anche nei paesi in cui non
esistono leggi in materia, in qual caso saranno attuati i principi elaborati nell’ICC
Privacy Toolkit. I pubblicitari devono sempre fornire una esplicita dichiarazione
della raccolta dati, rendendo disponibile, ad esempio, un link di collegamento alla
privacy policy adottata, così come i consumatori devono in ogni caso essere in
grado di accettare, rifiutare o cancellare tali metodi di raccolta di dati in base alle
proprie preferenze circa le impostazioni di privacy o, comunque, essere a
conoscenza di tali opzioni. Inoltre, l’art. 9 ("Unsolicited messages") afferma che i
pubblicitari che inviano messaggi di posta non richiesti a scopo commerciale,
dovrebbero avere fondati motivi per ritenere che i consumatori che ricevono tali
messaggi siano interessati a tali comunicazioni, e ciascuna e-mail deve sempre
contenere meccanismi che permettano allo user di dichiarare di non voler ricevere
sollecitazioni future. Bisogna, in ogni caso, rispettare le scelte e le preferenze del
consumatore (ai sensi dell’art. 10, "Honouring consumer preferences").
L’art. 12 delle linee guida, riconoscendo il carattere "globale" delle comunicazioni
trasmesse tramite internet e la varietà e la diversità dei pubblici destinatari,
sancisce che i messaggi pubblicitari non dovrebbero arrecare offesa ai consumer o
essere in contrasto con i principi generali di responsabilità sociale, e dovrebbe
sempre essere identificato chiaramente il materiale destinato solo agli adulti82.
L’art. 13 definisce le responsabilità: tutte le comunicazioni commerciali veicolate
tramite media elettronici devono rispettare tali linee guida. La responsabilità è
condivisa tra le parti coinvolte in maniera proporzionale al ruolo da essi svolto nel
processo. Le parti interessate sono invitate ad includere nei propri contratti relativi
al marketing e all’e-advertising, informazioni sul loro impegno ad aderire al
sistema di autodisciplina e a rispettare gli organi di controllo competenti.
82
Ricordiamo che l’art. 11, "Advertising to children", disciplina le comunicazioni destinate ai
bambini, le quali devono evitare di sfruttare la loro maggiore vulnerabilità e mancanza di
esperienza.
171
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
3.6 Conclusioni
Gli organi di autodisciplina nazionali rappresentano dei watchdog83, dei cani da
guardia, che vigilano sulla corretta applicazione del Codice, affinché nessuno ne
violi le norme, tentando di assicurare sempre e comunque la tutela del
consumatore e il rispetto della sua dignità. Come già evidenziato, non esiste un
codice di autoregolamentazione o una legge "pan-europea", che inglobi le singole
autodiscipline nazionali e fornisca una regola unica da applicare universalmente al
settore dell’e-advertising. Il tentativo di giungere ad un’armonizzazione in tale
ambito è evidente, attraverso il lavoro svolto dall’EASA, ma il cammino da
percorrere è ancora lungo.
Nonostante ciò, quanto compiuto dall’Alleanza, anche attraverso il cross-border
complaints system, sembra l’unica soluzione attualmente esistente alla gestione
dei reclami transfrontalieri, così da arrivare a punire gli illeciti compiuti attraverso
la rete Internet perfino nel caso di comunicazioni che, oltrepassando i confini
geografici nazionali "canonici", giungono in paesi stranieri in cui il potere degli
organismi competenti non potrebbe, invece, essere esercitato.
In Internet sono diffuse anche le cosiddette netiquette, regole di buon
comportamento, accolte tra gli utenti dei servizi telematici. Il termine nasce dalla
sincrasi del vocabolo inglese "net", rete, con il francese "étiquette", buona
educazione: si tratta di principi che disciplinano il comportamento degli user in
rete quando utilizzano i newsgroup, l’e-mail, i forum, i blog. Naturalmente, il
provider, che fornisce l’accesso alla rete, può pretendere anche il rispetto di regole
più rigide ma, in ogni caso, esse non sono vincolanti e possono anche essere
violate. Una sorta di galateo che prescrive, tra l’altro, anche di non inviare tramite
posta elettronica messaggi pubblicitari o comunicazioni che non siano state
sollecitate in modo esplicito.
Internet ha aperto agli advertiser e alle aziende inserzioniste le porte di un mondo
dorato, dalle infinite possibilità comunicative. È necessario, tuttavia, saper gestire
tale enorme potere.
Il capitolo IV conclude l’analisi della disciplina relativa alle comunicazioni
commerciali online con un’indagine condotta direttamente sul campo. Attraverso
83
http://www.easa-alliance.org/For-consumers/What-is-an-SRO-/page.aspx/323.
172
3. La normativa applicabile alle
comunicazioni commerciali online: le disposizioni
"specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising
una dettagliata analisi dei recenti interventi di Giurì e Comitato di Controllo,
EASA e AGCM si cercherà di comprendere come gli organi di controllo si
muovano in tale realtà, anche quando, come nel caso dell’e-advertising mancano
regole univoche e precise.
Un attento studio della normativa esistente sull’advertising e le comunicazioni
commerciali online non può prescindere dalla discussione circa i problemi con i
quali gli organismi competenti sono quotidianamente costretti a confrontarsi.
173
CAPITOLO IV
Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce in materia
di e-advertising
Sommario: 4.1 Introduzione – 4.2 E-advertising: gli interventi e le disposizioni in merito –
4.2.1 Le Decisioni del Giurì e del Comitato di Controllo – 4.2.2 Gli Interventi dell’EASA – 4.2.3 I
provvedimenti dell’AGCM – 4.3 Conclusioni.
4.1 Introduzione
«1) All marketing communication should be prepared with a due sense
of social and professional responsibility and should conform to the
principles of fair competition, as generally accepted in business […].
2) Marketing communication should not contain statements or audio
or visual treatments which offend standards of decency currently
prevailing in the country and culture concerned»1.
I due articoli del Consolidated Code of Advertising and Marketing
Communications Practice della Camera di Commercio Internazionale riassumono
brevemente e lapidariamente il fondamento su cui dovrebbe poggiarsi il lavoro di
ogni advertiser. Essi già rappresentano il punto di partenza fondamentale di ogni
regola che disciplina il diritto della pubblicità ed è ciò verso cui si tende anche
attraverso il ricorso a sistemi di gestione delle lamentele: far sì che il mondo
dell’advertising sia scevro da inganni e illeciti cosicché i suoi operatori possano
tenere fede a quel patto implicito che quotidianamente i consumatori
sottoscrivono con le imprese, riponendo fiducia nei consigli per gli acquisti
dispensati da pubblicitari e inserzionisti. D’altronde il consumatore non è stolto e
sa bene che le aziende nelle loro comunicazioni sono per nulla disinteressati, per
cui non fruisce passivamente gli annunci che gli vengono proposti, ma è critico e
pronto a segnalare ogni messaggio che risulti offensivo, ingannatore, lesivo dei
1
Art. 1 e 2 dell’ICC Consolidated Code of Advertising and Marketing Communications Practice.
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
propri interessi o della propria dignità. Gli organi preposti al controllo del rispetto
delle norme esistenti nel campo dell’advertising possono agire su propria
iniziativa ma anche a seguito delle segnalazioni di consumatori o delle loro
associazioni, ovvero di imprese concorrenti. Nel giudicare le comunicazioni
presunte scorrette, andrà preso in considerazione ogni aspetto del contesto relativo
alla diffusione della comunicazione commerciale, quali il target di riferimento, i
consumatori che potrebbero in ogni caso visualizzarlo, il medium scelto, lo spazio
(reale o virtuale) in cui esso è inserito. Un messaggio ritenuto offensivo se posto
in una strada pubblica e molto trafficata, può non esserlo se inserito in una rivista
specializzata destinata ad un pubblico determinato e ristretto.
Attualmente una parte sostanziale della nostra società e del nostro mondo poggia
sulla comunicazione, soprattutto di natura commerciale, ed è necessario che
accanto al diritto alla libertà di pensiero e di parola di ciascuno venga altresì
difesa la dignità della persona.
Inerentemente al settore pubblicitario, benché attualmente esistano norme che
possano disciplinarlo, siano essi codici di autoregolamentazione o leggi e decreti
nazionali, va comunque compiuto un costante tentativo di mantenere aggiornate
tali regole in relazione alla veloce evoluzione sociale e tecnologica cui assistiamo
quotidianamente, e sostenuto un grande sforzo affinché risultino sempre adeguate
alle peculiarità che caratterizzano i diversi mezzi di comunicazione.
Nel prosieguo della trattazione si cercherà di capire se gli organi incaricati della
tutela dell’istituto dell’advertising, dei consumatori e della concorrenza leale
svolgano adeguatamente il proprio dovere, in che modo essi lavorano e quali sono
le difficoltà che essi incontrano, soprattutto in relazione ad internet e alle
comunicazioni commerciali online. Si procederà, dunque, con un’analisi delle
decisioni assunte dal Comitato di Controllo e dal Giurì, degli interventi
dell’EASA e dei provvedimenti dell’AGCM.
Dopo aver, infatti, illustrato le norme generali e specifiche che disciplinano il
campo dell’advertising e, nel dettaglio, di Internet e della pubblicità online è
necessario capire qual è la realtà con la quale si è costretti a confrontarsi e se la
guerra tra advertiser, inserzionisti e competitor vari possa risolversi in una
pacifica convivenza, ancora una volta, nel rispetto del consumatore, giudice
175
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
attento, severo e imprescindibile, che può decretare, attraverso il proprio
comportamento d’acquisto e le proprie scelte, vita e morte delle aziende che tanto
si affannano per stupirlo, sedurlo, conquistarlo.
4.2 E-advertising: gli interventi e le disposizioni in merito
Il Giurì e il Comitato di Controllo sono gli organi competenti in sede di attuazione
del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale2. L’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato, meglio nota come Antitrust, garantisce
il rispetto delle regole che vietano le intese anticoncorrenziali tra imprese, gli
abusi di posizione dominante e le concentrazioni in grado di creare o rafforzare
posizioni dominanti dannose per la concorrenza, con l’obiettivo di migliorare il
benessere dei cittadini, e dal 2007 è impegnata anche nella lotta alle pratiche
commerciali scorrette, alla pubblicità ingannevole e comparativa illecita3.
L’EASA, l’European Advertising Standards Alliance, riunendo gli organismi di
autodisciplina nazionali e i rappresentanti del settore pubblicitario, promuove
elevati standard etici nel campo delle comunicazioni commerciali risolvendo i
problemi che potrebbero da tale mondo scaturire, attraverso la cooperazione tra gli
stati e l’autoregolamentazione, tentando di giungere all’emanazione di un codice
paneuropeo4.
Quattro organi al servizio dei consumatori e delle imprese. Di seguito si
prenderanno in considerazione le più recenti decisioni da essi assunte per meglio
indagare l’e-advertising system. Si procederà, dunque, con l’analisi degli
interventi relativi al biennio 2010-2011, scelta effettuata secondo il criterio della
vicinanza temporale dei provvedimenti adottati e ci si soffermerà, nello specifico,
sulle decisioni concernenti le comunicazioni diffuse in Rete. Se è vero che
Internet, quale mezzo di comunicazione, presenta caratteristiche proprie, peculiari,
particolari, è necessario dunque capire, innanzitutto, se effettivamente ci sia uno
sviluppo di tale medium, ma soprattutto, partendo dal basso, dalla realtà, dalle
lamentele e dalle segnalazioni di chi fruisce tali comunicazioni, comprendere
2
Per un’analisi dettagliata del Codice e degli organi competenti si rinvia al paragrafo 2.2.
Per un’approfondita analisi dei compiti dell’AGCM si rinvia ai paragrafi 2.3 e 2.4.
4
Per un’analisi del lavoro e degli interventi dell’EASA si rinvia al paragrafo 3.4.
3
176
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
come muoversi in questo mondo virtuale per sfruttare ogni opportunità e risolvere
tutti i problemi, anche di diritto, che esso porta con sé e che inevitabilmente si
riverberano sull’intero settore dell’advertising.
4.2.1 Le Decisioni del Giurì e del Comitato di Controllo
Il Giurì e il Comitato di Controllo, come già ampiamente illustrato, sono gli
organi competenti in sede di attuazione del Codice di Autodisciplina della
Comunicazione Commerciale. Sono loro che hanno il compito di intervenire nel
merito delle controversie insorte per presunta violazione del Codice. Il Giurì è
l’organo collegiale giudicante l’Autodisciplina, deputato a pronunciarsi sul caso
concreto o su richiesta del Comitato di Controllo ovvero di chiunque ne abbia
interesse; il Comitato è l’organo garante degli interessi generali dei consumatori.
L’iniziativa nei riguardi di comunicazioni commerciali ritenute non conformi al
Codice può essere assunta d’ufficio dallo stesso Comitato o dai singoli
consumatori ovvero da associazioni rappresentative di interessi collettivi. Per
segnalare una presunta violazione del Codice è sufficiente inviare una e-mail alla
casella di posta elettronica dell’Istituto di Autodisciplina. L’intero procedimento e
le attività del Comitato di Controllo sono chiariti grazie alla figura 4.1.
Chiunque ritenga di subire pregiudizio da un’attività di comunicazione
commerciale contraria al Codice può richiedere l’intervento del Giurì nei
confronti di chi, avendo accettato il Codice stesso, abbia compiuto le attività
ritenute illecite. La parte interessata deve presentare una istanza scritta indicando
la comunicazione commerciale che intende sottoporre al vaglio del Giurì,
esponendo le proprie ragioni e allegando la relativa documentazione. Il
procedimento è illustrato nella figura 4.25.
5
Sia il procedimento innanzi al Comitato di Controllo che al Giurì sono illustrati nel paragrafo 2.2
cui si rimanda.
177
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Segnalazione da parte di
- singoli-cittadini consumatori
- organizzazioni di consumatori
- membri del Comitato di Controllo
- segreteria dello IAP
Esame
del Comitato di Controllo
Archiviazione
Istruttoria
Richiesta di
- dimostrazione della veridicità del messaggio
- modifica del messaggio
Archiviazione
dopo positivi contatti
con l’inserzionista
Delibera di procedimento
abbreviato
ordinario
Manifesto contrasto
Ingiunzione di
desistenza
Inoltro istanza al
Giurì
Esame richieste pareri preventivi
su comunicazione non ancora diffusa
Parere favorevole
Parere favorevole
con riserva
Parere
sfavorevole
Fig. 4.1: Le attività del Comitato di Controllo (fonte: www.iap.it).
178
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Istanza
Ordinaria dal
Comitato di Controllo
Opposizione
all’ingiunzione di
desistenza
Ricorso di parte
per lo più di
concorrenti
Giurì
(minimo 3 membri)
- Nomina di un relatore
tra i membri del Giurì
- Comunicazioni alle parti
per presentazione deduzioni
- Convocazione delle parti
all’udienza
Udienza con dibattito
Camera di Consiglio
e decisione
Conformità al
C.A.
Immediata comunicazione
dispositivo pronuncia
Successivo deposito
della pronuncia motivata
Contrasto con il C.A.:
blocco della pubblicità
Possibile
pubblicazione di
un estratto della
decisione
Fig. 4.2: Le attività del Giurì (fonte: www.iap.it).
Tutte le decisioni assunte sono pubblicate, a cura della Segreteria dell’Istituto di
Autodisciplina, sul suo sito Internet (www.iap.it) e contenute nel suo database.
179
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Nel 2010 sono state emesse 154 decisioni tra ingiunzioni di desistenza del
Comitato di Controllo e pronunce del Giurì6. La figura 4.3 riassume il numero di
provvedimenti presi, suddivisi per mezzo di comunicazione utilizzato, essendo
possibile presentare una segnalazione per un messaggio pubblicitario veicolato
anche su media diversi.
100
Tv
90
Radio
80
70
70
60
Numero
decisioni
Stampa
Affissioni
53
50
Cinema
40
30
18
20
10
0
Punto
Vendita
Packaging
26
8
1
1
4
2
Internet
Mezzi di comunicazione
Fig. 4.3: Numero totale delle decisioni assunte dal Giurì e dal Comitato di Controllo nell’anno
2010 suddiviso per mezzo di comunicazione utilizzato.
53 decisioni hanno interessato la tv; 8 la radio; 70 la stampa; 18 le affissioni, sia
fisse che semi-fisse o mobili; 1 il cinema, 1 l’advertising sul punto vendita; 4 il
packaging, inteso sia come l’intera confezione del prodotto che esclusivamente
l’etichetta su di esso apposta; 26 Internet, e quindi sia l’e-advertising proposto
attraverso banner, e-mail, motori di ricerca che sul sito stesso; 2 hanno riguardato
altri mezzi (Altro), quali folder o leaflet. La tabella 4.1 riassume questi dati. In più
in essa è possibile trovare anche il totale dei provvedimenti assunti cui sono state
scorporate le decisioni che hanno dichiarato una mancata violazione del Codice. I
livelli si abbassano di poco: 44 per la tv, 6 per la radio, 68 per la stampa, 16 per le
affissioni, 1 per il cinema, 1 per la pubblicità sul punto vendita, 2 per il
6
Delle 156 decisioni prese, 21 non sono attualmente disponibili sul sito dello IAP e, pertanto, non
sono state analizzate.
180
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
packaging, 22 per internet e 2 per gli altri mezzi. In più, per permettere un facile
confronto tra queste informazioni, sono state inserite anche le percentuali delle
decisioni per ciascun mezzo sul totale degli interventi.
Tv
Radio
Stam.
Affis.
Cine.
P. V.
Pack.
Intern.
Altro
Numero
decisioni
totali
53
28,9%
8
4,4%
70
38,2%
18
9,9%
1
0,5%
1
0,5%
4
2,2%
26
14,2%
2
1,1%
Numero
decisioni
parere
contrario
44
27,2%
6
3,7%
68
41,9%
16
9,9%
1
0,6%
1
0,6%
2
1,2%
22
13,4%
2
1,2%
Tab. 4.1: Totale delle decisioni assunte dal Giurì e dal Comitato di Controllo nell’anno 2010 e
totale delle decisioni che hanno accertato una violazione del c.a.p., entrambi suddivisi
per mezzo di comunicazione utilizzato.
Risulta evidente che il numero maggiore di segnalazioni interessa il mezzo stampa
in primis (38,2% del totale), seguito dalla tv (28,9%) e Internet (14,2%).
Televisione e stampa si confermano, dunque, i mezzi di comunicazione più
esposti alle lamentele del pubblico, evidentemente anche perché sono i più diffusi
e i più "generalisti". La posizione occupata da Internet è conseguenza altresì del
suo recente sviluppo quale mezzo pubblicitario. Di certo si tratta di un medium
non ancora pienamente alla portata di tutte le imprese, principalmente in relazione
ai costi degli spazi, spesso superiori alle disposizioni economiche degli
inserzionisti stessi, soprattutto nelle piccole realtà locali, ma che è comunque in
espansione, così come dimostrano i dati dello IAB Italia per il 2010.
Le segnalazioni di comunicazioni commerciali veicolate in Rete nel 2010 sono
state 26, di cui 3 giudicate conformi al Codice di Autodisciplina e 1 per cui il
Giurì ha dichiarato la sua impossibilità nel pronunciarsi7.
7
Si tratta della pronuncia n. 22 del 30/3/2010 che ha coinvolto l’Unione Nazionale Industria
Conciaria contro Kao srl per alcuni prodotti a marchio Morellato spa; la pronuncia n. 38 bis del
24/04/2010 legata alla segnalazione di Wind Telecomunicazioni spa contro Telecom Italia spa; la
pronuncia n. 141 del 14/12/2010 della Max Company spa contro Tessilform spa. Inoltre, il Giurì
ha dichiarato di non poter pronunciare la cessazione della pubblicità della Wind citata da
Vodafone, in quanto la diffusione del messaggio in oggetto non era attribuibile alla Wind, ma a
181
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Le altre 22 decisioni hanno coinvolto il Comitato di Controllo contro la Direct
Marketing Company sa (pronuncia n. 2 del 13/1/2010, artt. violati 2, 3, 24);
Comitato di Controllo contro la Direct Marketing Company sa (pronuncia n. 3 del
13/1/2010, artt. 2, 23 bis, 24); Comitato di Controllo contro la Phytolabel
(pronuncia n. 4 del 13/1/2010, artt. 2, 24); Comitato di Controllo contro la HWB
International bvba (pronuncia n. 5 del 13/1/2010, artt. 2, 24); Fastweb spa,
Vodafone Omnitel nv e Opitel spa (già Tele2 spa) contro Telecom Italia spa
(pronuncia n. 9 del 12/2/2010, art. 2); Telecom Italia spa contro Fastweb spa
(pronuncia n. 9 bis del 3/3/2010, art. 2); BSH Elettrodomestici spa conto
Whirpool Europe spa (pronuncia n. 20 del 9/3/2010, artt. 2, 15); Mineracqua
(Federazione Italiana delle Industrie delle Acque Minerali Naturali, delle Acque di
Sorgente e delle Bevande Analcoliche), Acqua Minerale San Benedetto spa,
CO.GE.DI. (Compagnia Generale Distribuzione), Ferrarelle spa, Sanpellegrino
spa contro Fonti di Vinadio spa (pronuncia n. 24 del 18/3/2010, artt. 2, 11);
Vodafone Omnitel nv contro Wind Telecomunicazioni spa (pronuncia n. 31 del
19/3/2010, artt. 2, 20); Comitato di Controllo contro Gruppo Biagini Italia srl
(ingiunzione n. 59 del 3/5/2010, artt. 9, 10); Comitato di Controllo contro
EuroHealth Italia srl (ingiunzione n. 61 del 4/5/2010, artt. 2, 23 bis); Vodafone
Omnitel nv contro ITTM International Top Tronic sarl (pronuncia n. 77 del
5/7/2010, art. 13); Wind Telecomunicazioni spa contro Vodafone Omnitel nv
(pronuncia n. 84 del 13/7/2010, art. 2); Fater spa contro SCA Hygiene Products
spa (pronuncia n. 99 del 28/9/2010, artt. 2, 3, 6); Comitato di Controllo nei
confronti di CESD srl (pronuncia n. 104 del 26/10/2010, art. 2); Vodafone
Omnitel nv contro Wind Telecomunicazioni spa (pronuncia n. 119 del
26/10/2010, art. 2); Procter & Gamble contro Henkel Italia spa (pronuncia n. 121
del 9/11/2010, artt. 2, 20); "Vascabella" di Rullo Pasquale citata dal Comitato di
Controllo (ingiunzione n. 122 del 26/10/2010, artt. 9, 10); RTI Reti Televisive
Italiane spa contro SKY Italia srl (pronuncia n. 124 del 15/11/2010, art. 14);
Pirelli Tyre contro Michelin Italiana spa (pronuncia n. 137 del 30/11/2010, art. 2);
la Hausbrandt Trieste spa (citata dal Comitato di Controllo, ingiunzione n. 145 del
terzi, non potendosi pronunciare il Giurì nei confronti di chi non ha compiuto le attività ritenute
pregiudizievoli (ex art. 36 c.a.).
182
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
1/12/2010, art. 22); la Pozzoli srl, Bresaole del Zoppo srl, Salumificio Bordoni srl,
Salumificio Panzeri srl, Salumificio Gianoncelli srl, Lazzeri Alessandro srl, PE
Coop sas di P. Pedranzini & C., Salumificio Menatti srl, Robustinelli srl, Bresaole
Pini srl e Salumificio Mottolini srl contro Rigamonti Salumificio (pronuncia 147
del 21/12/2010, artt. 14, 15). Nella maggioranza dei casi è stata riscontrata la
violazione dell’art. 2 del Codice ("Comunicazione Commerciale Ingannevole")
per cui, attraverso omissioni, ambiguità, esagerazioni non palesemente
iperboliche, si è tratto in inganno il consumatore.
Inoltre, in molti casi, accanto alla violazione dell’art. 2, è stata riscontrata anche
l’inosservanza degli art. 23 bis ("Integratori alimentari e prodotti dietetici"), o 24
("Trattamenti fisici ed estetici"). È ciò che è accaduto, ad esempio, con
l’ingiunzione di desistenza n. 3/2010 emessa dal Comitato di Controllo, che ha
condannato la Direct Marketing Company alla cessazione della diffusione del
messaggio di e-advertising relativo alla linea di prodotti "Perdi Peso Linea",
rilevato sulle pagine web del sito www.lineaperdipeso.com il quale, attraverso
espressioni ingannevoli, ha creato la falsa speranza nel consumatore,
particolarmente sensibile nei riguardi di tali comunicazioni, di poter risolvere
facilmente e in breve tempo i propri problemi di peso senza i normali sacrifici
comunemente richiesti in termini di adozione di uno stile di vita sano (ritenute
ingannevoli solo state le affermazioni "Perdi Peso Cerotto riduce, rimodella,
rassoda in 60 minuti", "Bastano due cerotti, due volte alla settimana…agisce in
modo efficace e sicuro").
Ancora, è stata riscontrata denigrazione (art. 14) associata alla comparazione (art.
15), nel caso della segnalazione n. 147/2010 giunta da alcuni salumifici della
Valtellina contro il salumificio Rigamonti, per l’espressione "Non accettare
bresaola dagli sconosciuti. Chiedi solo di Rigamonti che da cent’anni fa la
bresaola con la cura e la passione di chi si dedica ad una cosa sola...e lo fa al
meglio" accompagnato dal visual che mostrava un uomo, nelle vesti di un pusher,
che offriva fette di bresaola dall’aspetto poco allettante ai passanti. Il messaggio
risultava così denigratorio nei confronti delle imprese consorziante che vantano il
nome "Bresaola della Valtellina", per il parallelismo tra le sostanze stupefacenti e
la bresaola della concorrenza, e trasgressore dei vincoli di solidarietà nei riguardi
183
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
degli altri consorziati attraverso l’indebita comparazione di bresaole identiche per
provenienza geografica e qualità.
Illeciti contro la dignità della donna sono perpetuati anche attraverso il web.
L’ingiunzione del Comitato di Controllo n. 122/2010 ha ordinato la cessazione di
un messaggio di e-advertising relativo ai prodotti "Vascabella", rilevato sulla
pagina Internet www.vascabella.eu, in quanto mostrando una ragazza nuda, in
atteggiamenti provocanti, non solo ha violato l’art. 9 c.a. ("Violenza, volgarità,
indecenza") ma, strumentalizzando il corpo della donna, ne ha determinato altresì
una lesione della dignità (art. 10, "Convinzioni morali, civili, religiose e dignità
della persona"). La figura 4.4 riassume le violazioni del c.a.p. riscontrate
nell’anno 2010 sul mezzo Internet, suddivise in base agli articoli violati.
20
Art. 2
Art. 3
16
16
Art. 6
Art. 9
Art. 10
12
Art. 11
numero
violazioni
Art. 13
Art. 14
8
Art. 15
Art 20
4
4
2
1
2
2
1
1
2
2
2
1
2
Art. 22
Art. 23 bis
Art. 24
0
Articoli violati
Fig. 4.4: Le violazioni del c.a.p. riscontrate sul mezzo Internet nell’anno 2010, suddivise sulla
base degli art. non rispettati (è riportato anche il numero delle violazioni per ciascun
articolo).
Nel 2011 si sono avute 156 tra pronunce del Giurì e ingiunzioni del Comitato di
Controllo8 e, come risulta dalla figura 4.5, la situazione non risulta cambiata di
molto rispetto al 2010.
8
Delle 156 decisioni prese, sono qui considerate solo 136 in quanto 20 delle stesse non risultano
ad oggi pubblicate sul sito dello IAP.
184
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Tv
100
90
Radio
80
Stampa
70
Affissioni
58
60
Cinema
Numero
50
decisioni
40
36
Punto
Vendita
Packaging
32
30
21
20
10
0
Internet
10
3
0
4
4
Altro
Mezzi di comunicazione
Fig. 4.5: Numero totale delle decisioni assunte dal Giurì e dal Comitato di Controllo nell’anno
2011 suddiviso sulla base del mezzo di comunicazione utilizzato.
Anche nel 2011 Giurì e Comitato hanno dovuto esprimersi soprattutto in relazione
a messaggi pubblicitari veicolati su stampa (58, 34,5%), tv (36, 21,4%), affissioni
(32, 19%). Segue Internet che per l’anno in discussione è stato oggetto di un
numero minore di segnalazioni: esse sono state 21 (12,5%) di cui 3 giudicate
conformi al codice9; e, ancora, advertising sul packaging (10, 5,9%), sul punto
vendita (4, 2,4%), su altri mezzi (4, 2,4%), in radio (3, 1,8%) e, relativamente al
mezzo cinema, alcuna segnalazione. La tabella 4.2 riassume tutti i dati, riportando
anche il numero di segnalazioni per cui è stata accertata la violazione del Codice e
i valori percentuali delle decisioni relative a ciascun mezzo sul totale dei
provvedimenti assunti.
9
Si tratta della pronuncia n. 2 del 14/1/2011 legata alla richiesta di intervento del Giurì espressa da
Nestlè Italia spa contro Ferrero spa; della pronuncia n. 17 del 18/2/2011, Inspop.com Italy Ltd
contro Assicurazione.it spa, Cercassicurazioni.it spa e Google Italy srl; della pronuncia n. 68 del
24/5/2011, Wind telecomunicazioni spa contro Telecom Italia spa.
185
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Tv
Radio
Stam.
Affis.
Cine.
P. V.
Pack.
Intern.
Altro
Numero
decisioni
totali
36
21,4%
3
1,8%
58
34,5%
32
19%
0
0%
4
2,4%
10
5,9%
21
12,5%
4
2,4%
Numero
decisioni
parere
contrario
34
21,2%
3
1,9%
56
35%
31
19,4%
0
0%
4
2,5%
10
6,2%
18
11,2%
4
2,5%
Tab. 4.2: Totale delle decisioni assunte dal Giurì e dal Comitato di Controllo nell’anno 2011 e
totale delle decisioni che hanno accertato una violazione del c.a.p., entrambi suddivisi
per mezzo di comunicazione utilizzato.
Nello specifico gli interventi hanno coinvolto il Comitato di Controllo nei
confronti di Flyer srl, già Futura srl (pronuncia n. 4 del 25/2/2011, art. violato 10);
Telecom Italia spa contro Wind telecomunicazioni spa (pronuncia n. 10 del
8/2/2011, art. 2); L’Orèal Italia spa contro Beiersdorf spa (pronuncia n. 28 del
15/3/2011, artt. 2, 15); Comitato di Controllo nei confronti di Estée Lauder srl
(ingiunzione n. 33 del 9/3/2011, artt. 2, 23); Wind telecomunicazioni spa contro
Telecom Italia spa (pronuncia n. 38 del 5/4/2011, art. 2); Telecom Italia spa
contro Wind telecomunicazioni spa (pronuncia n. 41 del 15/4/2011, art. 42);
Comitato di Controllo nei confronti di Cisa srl (ingiunzione n. 48 del 4/4/2011,
art. 10); Wind telecomunicazioni spa contro Telecom Italia spa (pronuncia n. 56
del 24/5/2011, art. 42); L’Orèal Italia spa contro Henkel Italia spa (pronuncia n.
88 del 12/7/2011, art. 2); Comitato di Controllo contro The Body Cover Group
(ingiunzione n. 97 del 14/7/2011, artt. 10, 11); Wind Telecomunicazioni spa
contro Vodafone Omnitel nv (pronuncia n. 118 del 18/10/2011, art. 2);
Assografici – Associazione Nazionale Italiana Industrie Grafiche Cartotecniche e
Trasformatrici contro Danone spa (pronuncia n. 119 del 25/10/2011, art. 2);
Comitato di Controllo nei confronti di Dipros srl (ingiunzione n. 133 del
2/11/2011, artt. 2, 23); Comitato di Controllo nei confronti di Procter & Gamble
Holding srl (ingiunzione n. 135 del 4/11/2011 – 19/12/2011, artt. 2, 23); Wind
Telecomunicazioni spa contro Vodafone Omnitel nv (pronuncia n. 136 del
2/1272011, art. 42); Vodafone Omnitel nv contro Telecom Italia spa (pronuncia n.
186
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
143 del 2/12/2011, art. 2); Barilla G. e R. F.lli spa contro Plasmon Dietetici
Alimentari srl e Heinz Italia spa e, attraverso istanza riconvenzionale, Plasmon
Dietetici Alimentari srl e Heinz Italia spa contro Barilla G. e R. F.lli spa
(pronuncia n. 148 del 20/12/2011, nel primo caso risultano violati gli artt. 2, 14 e
nel secondo l’art. 2).
La figura 4.6 chiarisce quali sono stati gli articoli del Codice violati attraverso le
comunicazioni commerciali oggetto di discussione.
20
Art. 2
Art. 10
16
Art. 11
12
12
Art. 14
Numero
violazioni
Art. 15
8
Art 20
4
3
3
1
1
1
3
1
Art. 23
Art. 42
0
Articoli violati
Fig. 4.6: Le violazioni del c.a.p. riscontrate sul mezzo Internet nell’anno 2011, suddivise sulla
base degli art. violati (è riportato anche il numero delle violazioni per ciascun articolo).
Come nel 2010, risulta che anche attraverso il web si è diffusa pubblicità
ingannevole, trasgredendo l’art. 2 c.a., come nel caso della pronuncia n. 88/2011
che ha disposto non solo la cessazione della comunicazione illecita, ma anche la
sua
pubblicazione
sul
"Corriere
della
Sera",
ritenendo
molto
grave
l’ingannevolezza realizzata su un tema relativo alla salute: L’Oréal Italia spa ha
chiesto l’intervento del Giurì nei confronti della Henkel Italia spa in relazione ai
messaggi diffusi attraverso stampa, poster sul punto vendita, confezione e internet
riportanti l’headline "Anteprima Mondiale: la prima colorazione permanente
raccomandata dai dermatologi" e "La colorazione raccomandata dai dermatologi",
relativi alla linea di colorazione per capelli destinata a parrucchieri denominata
"Igora Senea" della Henkel. L’advertising si è rivelato ingannevole per il
187
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
consumatore10 in quanto non era vero che tutti i dermatologi consigliavano il
prodotto, ma solo un istituto privato che certamente non può definirsi
indipendente.
Tra gli altri, è stato violato anche l’art. 42 c.a. ("Inosservanza delle decisioni"),
come nel caso della pronuncia 136/2011: il Giurì, accertata l’inosservanza della
Vodafone della decisione 118/201111, ha reiterato l’ordine di cessazione della
diffusione del messaggio illecito, disponendo che di tale inottemperanza si desse
notizia al pubblico attraverso la pubblicazione della decisione per estratto sul
"Corriere della Sera".
Il messaggio "Boobs & Bloomers" di "The Body Cover Group", rilevato sul sito
internet www.boobs-bloomers.com e su affissioni a Riccione nel mese di giugno
2011, è risultato invece manifestamente contrario agli art. 10 ("Convinzioni
morali, civili, religiose, e dignità della persona") e 11 ("Bambini e adolescenti")
così come dichiarato dal Presidente del Comitato di Controllo attraverso la
decisione n. 97/2011. La comunicazione, nel promuovere lingerie per ragazzine,
completi dal nome evocativo quale "Tette", mostrava nel visual una modellabambina che indossava il completino, molto truccata e in atteggiamento
ammiccante e seducente. Secondo l’organo di controllo, tale rappresentazione,
diretta ai minori, avrebbe potuto danneggiare psicologicamente i più giovani,
anche inducendoli ad imitare tali comportamenti innaturali per la loro età ed
inopportuni sul piano educativo. Inoltre, l’advertising attribuiva artificiosamente
una "maschera" da adulta ad una bambina, enfatizzandone una non spontanea
sessualità, rendendola nel contempo possibile "oggetto" sessuale e offendendo
così le convinzioni morali e civili dei cittadini, violando la dignità della persona.
10
Il consumatore che in questo caso è preso come riferimento non è solo il parrucchiere cui la
campagna è rivolta, ma anche il suo cliente che può comunque leggere tali messaggi e preferire
questa colorazione piuttosto che un’altra.
11
La pronuncia 118/2011 del Giurì (Wind telecomunicazioni spa contro Telecom Italia spa) ha
dichiarato il contrasto con l’art. 2 c.a. dell’advertising diffuso in tv e in Internet relativo al
"Pacchetto Vodafone +" di Vodafone Omnitel nv. Ad avviso del Giurì, l’espressione "Vodafone ti
regala le chiamate alla persona a cui tieni di più. Scegli uno dei pacchetti Vodafone +" genera nel
consumatore un’aspettativa di gratuità di un servizio che le condizioni alle quali il messaggio
promozionale rinvia, invece, deludono. Il corrispettivo del servizio offerto e oggetto del messaggio
contestato è fisso e indipendente dalla sua fruizione o non fruizione. Il Giurì ha ritenuto che la
comunicazione pubblicitaria fosse ingannevole anche nella misura in cui taceva sulla limitata
valenza dell’offerta sulle chiamate (solo per utenti Vodafone) e sulla tariffazione anticipata.
188
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
In alcuni casi Internet è stato l’unico mezzo attraverso cui sono state veicolare le
proprie comunicazioni, sul quale si è puntato tutto, in linea con l’evoluzione della
società e dello sviluppo di tale tecnologia; in altri, invece, è stato utilizzato in
associazione ad altri media, offrendo un supporto ulteriore e un modo alternativo
per raggiungere la fetta di consumatori che predilige l’online. In ogni caso anche
la Rete non è risultata scevra da comunicazioni commerciali illecite pur non
essendo, ad oggi, in Italia, il mezzo maggiormente fonte di inganni.
4.2.2 Gli Interventi dell’EASA
L’EASA, l’European Advertising Standards Alliance è l’alleanza che riunisce gli
organismi autodisciplinari nazionali e le organizzazioni che rappresentano
l’industria dell’e-advertising in Europa e oltre. Attualmente fanno parte di essa 34
organizzazioni di autodisciplina, di cui 26 appartenenti a 24 paesi europei, e 16 tra
inserzionisti, advertiser, media e altre organizzazioni. Tra le prime azioni
dell’EASA, nata nel 1992, c’è stata la costituzione di un sistema transfrontaliero
di gestione di reclami relativi alla pubblicità, il cross-border complaints system.
Attraverso tale struttura è possibile estendere all’estero le decisioni degli organi di
autocontrollo nazionali: grazie ad esso chiunque può presentare un reclamo al
proprio sistema di autodisciplina (o direttamente all’EASA) contro una presunta
comunicazione illecita proveniente da una nazione diversa da quella in cui ha
avuto diffusione. La figura 4.7 illustra il funzionamento del sistema12. Dal 1992 al
2011 si sono avute oltre 2400 segnalazioni transfrontaliere. L’EASA pubblica sul
proprio sito tali risultati ogni tre mesi e, successivamente, in un report annuale.
Secondo
l’ultimo
report
pubblicato,
"2010
EASA Annual
Cross-Border
Complaints report", nell’anno in discussione sono giunte all’EASA 200
segnalazioni, di cui 193 risolte nello stesso anno. Di queste ben 138 sono state
rivolte contro il sito web "easy-download.info" di proprietà tedesca (la Euro
Content Ltd) ma indirizzato principalmente a consumatori italiani, i quali
dovevano lasciare i propri dati personali per poter usufruire gratuitamente dei
12
Per un approfondimento si rinvia al paragrafo 3.4.1.
189
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Pubblicità proveniente
dal paese "A" e
apparsa nel paese "B"
Un consumatore del paese "B" inoltra il
reclamo al proprio sistema
autodisciplinare che lo trasferisce al
sistema autodisciplinare del paese "A"
L’autodisciplina del paese "A" decide di dar
seguito oppure no
Caso da
non perseguire
Caso da perseguire
Il sistema autodisciplinare del paese "A"
applica al reclamo il proprio codice e le
proprie procedure
L’inserzionista rifiuta di
conformarsi alla decisione
L’inserzionista decide di
adeguarsi
Sanzioni
Il caso si conclude
- Il paese "A" applica
le proprie sanzioni
L’EASA
pubblica
la decisione
Vengono informati:
- l’inserzionista
- l’autodisciplina che ha
inoltrato il reclamo
(che
provvede
a
informare il segnalatore)
- l’EASA
Fig. 4.7: Il controllo della pubblicità transnazionale (fonte www.iap.it).
software scaricabili dal sito stesso, ma che dopo pochi giorni venivano contattati
per il pagamento di una quota annuale. Trattandosi di annunci ingannevoli,
190
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
l’EASA ha, conseguentemente, inviato le segnalazioni alla SRO tedesca. In
Germania le pratiche commerciali sleali rientrano nel campo di applicazione della
Legge sulla concorrenza sleale (Gesetz gegen unlauteren Wettbewerb),
nell’ambito del diritto civile. Tuttavia, il sito citato si rivolgeva esclusivamente al
mercato italiano, per cui l’organo di autodisciplina tedesco ha ritenuto il caso
oggetto di diritto privato internazionale e competenti le autorità italiane, in questo
caso l’Antitrust. Nel mese di luglio 2010, l’AGCM ha avviato una indagine nei
riguardi dei provider tedeschi, riconoscendo due tipi di pratiche commerciali
sleali: innanzitutto, i consumatori sono stati ingannati per mezzo di dichiarazioni
fuorvianti che lasciavano intendere che i software fossero gratuiti per cui,
rilasciando i propri dati, hanno firmato un contratto che in condizioni diverse non
avrebbero sottoscritto. Inoltre, è stata esercitata una indebita pressione psicologica
sui consumatori che si rifiutavano di pagare la quota, mediante minaccia di azioni
legali contro coloro che non avrebbero versato quanto dovuto. Per entrambe
queste pratiche sleali l’AGCM ha inflitto un’ammenda alla società.
Nel 2010 la maggior parte delle segnalazioni, dunque, sono giunte dall’Italia
contro un advertiser tedesco e hanno interessato il medium Internet, così come
risulta evidente anche dalla figura 4.8.
Direct mail;
20; 10%
Stampa; 2;
1%
Tv; 18; 9%
Direct mail
Stampa
Tv
Internet
Altro
Internet; 153;
80%
Altro; 0; 0%
Fig. 4.8: Segnalazioni suddivise per mezzo di diffusione. Anno 2010 (fonte: www.easaalliance.org).
191
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Rispetto agli anni precedenti è evidente un calo delle segnalazioni riferite a
stampa, tv e posta tradizionale e un incremento delle lamentele contro messaggi
diffusi in Rete (tabella 4.3): con lo sviluppo di Internet come medium
pubblicitario, è possibile incorrere maggiormente in illeciti e, dato il suo carattere
transnazionale molto più spiccato che per gli altri mezzi di comunicazione, tale
inganno può raggiungere anche paesi diversi da quello di origine dell’advertising.
Le segnalazioni del 2010 hanno lamentato soprattutto la diffusione di pubblicità
ingannevole (89% dei casi), ma non sono mancati anche reclami inerenti alla
salute degli animali o dell’uomo, ovvero alla rappresentazione della donna.
2007
2008
2009
2010
POSTA
TRADIZ.
69
65
35
20
INTERNET
3
4
5
153
STAMPA
3
12
19
2
TV
8
10
3
18
ALTRO
0
5
0
0
TOTALE
83
96
62
193
Tab. 4.3: Numero di segnalazioni transfrontaliere suddivise per mezzo di diffusione. Anni 20072010 (fonte: www.easa-alliance.org).
Inerentemente ai dati relativi all’anno 2011, attraverso l’analisi condotta
(l’indagine interessa 49 lamentele transfrontaliere, tutte conclusesi nel breve
termine) è stato confermato quanto riscontrato per il 2010: aumentano le
segnalazioni di e-advertising, diminuiscono quelle relative alla pubblicità
"tradizionale" (figura 4.9).
41 segnalazioni (83% dei casi) hanno lamentato una presunta ingannevolezza
della comunicazione. Le altre ipotesi di illecito hanno, invece, interessato
advertising offensivo e lesivo della dignità della persona, specie della donna e
degli omosessuali.
192
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Direct mail;
5; 10%
Stampa; 0;
0%
Direct mail
Stampa
Tv
Internet
Altro
Tv; 9; 18%
Internet; 35;
72%
Altro; 0; 0%
Fig.
4.9:
Segnalazioni suddivise
www.easa-alliance.org).
per
mezzo
di
diffusione.
Anno
2011
(fonte:
L’ingannevolezza è stata perpetuata attraverso false promesse (come, exempli
gratia, la lamentela n. 2220 in cui un sito spagnolo pubblicizzava un hotel
affermando che esso disponeva di una piscina per gli ospiti, servizio che il
consumatore francese che ha segnalato l’annuncio non ha trovato), omissioni
(come nel caso della denuncia n. 2359 proveniente da un consumatore britannico
contro una società spagnola per una e-mail in cui veniva promossa la vendita di
biglietti da visita attraverso l’headline "250 biglietti da visita a soli £2,50". La
comunicazione è risultata ingannevole in quanto il consumatore si è accorto di un
supplemento di prezzo derivante da procedure amministrative e da spese postali
solo dopo aver ordinato il materiale, mentre i costi aggiuntivi non erano indicati
nell’e-mail), o espressioni ambigue (è accaduto con la segnalazione n. 2358,
denuncia partita da un consumatore britannico contro una compagnia aerea
portoghese. La Tap Portugal metteva a disposizione un servizio di prenotazione di
voli online che però veniva disattivato a 24 ore dalla partenza. Ciò però non
veniva chiarito se non al momento del pagamento. Lo sfortunato consumatore ha,
dunque, dovuto effettuare la prenotazione telefonicamente sottostando ad una
maggiorazione di prezzo. Il reclamo è stato accolto).
Attraverso il cross-border complaints system, la segnalazione, partita dal paese di
residenza del consumatore segnalante, è giunta ed è stata risolta nel paese di
origine del mezzo di comunicazione (ovvero della nazione sede dell’inserzionista
193
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
per il direct mail, e-mail o web advertising)13. D’altronde, però, non per tutte le
segnalazioni viene sempre accertata l’infrazione. Ciò è conseguenza della diversa
cultura e dei differenti sistemi di autodisciplina nazionali, per cui messaggi illeciti
nel paese di diffusione possono non esserlo in quelli di origine e in questo caso
l’inganno non viene riconosciuto. È questo uno dei limiti legati alla mancanza di
codici uguali per l’intera Europa, ma è anche segno dell’impossibilità di giungere
ad una unificazione delle discipline, in quanto ciò comporterebbe necessariamente
l’attribuzione di carattere lecito a comportamenti normalmente ritenuti illeciti in
una nazione, mentre azioni permesse e il lecite potrebbero diventare "fuori legge".
Totale
lamentele
(origine
advertiser/
medium) 2010
Totale
lamentele
(origine
segnalaz.)
2010
Totale
lamentele
(origine
advertiser/
medium) 2011
Totale
lamentele
(origine
segnalaz.)
2011
BELGIO
1
2
2
1
CANADA
1
0
2
0
FINLANDIA
0
7
0
0
FRANCIA
1
0
3
1
GERMANIA
138
1
3
3
IRLANDA
6
30
12
6
ITALIA
1
136
1
3
OLANDA
3
0
9
0
PORTOGALLO
1
0
1
0
27
14
6
35
2
1
0
0
SPAGNA
4
2
6
0
ALTRO
8
0
4
0
TOTALE
193
193
49
49
REGNO
UNITO
ROMANIA
Tab. 4.4: Numero tot. di lamentele suddivise in base all’origine dell’advertiser e alla provenienza
della segnalazione. Anno 2010-2011. (fonte: www.easa-alliance.org).
13
Quanto affermato risulta valido per i paesi membri dell’UE. Se è coinvolta la Svizzera, non
parte dell’UE, vale la regola del "paese di destinazione", per cui gli annunci svizzeri dovranno
essere conformi alle regole vigenti nel paese straniero in cui vengono diffusi. Conseguentemente,
l’organo autodisciplinare del paese denunciante, valuta la segnalazione sulla base delle proprie
norme nazionali prima di rivolgersi all’organismo di autoregolamentazione svizzero che comunica
la decisione all’inserzionista.
194
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
La tabella 4.4 riassume e raccoglie i dati qui oggetto di discussione relativi alle
segnalazioni transfrontaliere nel biennio 2010-2011. Essa mostra il numero totale
di lamentele suddivise in base all’origine dell’advertiser e alla provenienza della
segnalazione nei due anni considerati.
4.2.3 I provvedimenti dell’AGCM
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, inerentemente all’oggetto di
discussione del presente lavoro, veglia sul rispetto del Codice del Consumo e del
d. lgs. 145/07. Essa, d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che
ne abbia interesse, inibisce la continuazione ed elimina gli effetti della pubblicità
ingannevole e comparativa illecita e delle pratiche commerciali scorrette. Non
solo può vietare la diffusione di tali comunicazioni e la pubblicazione della
delibera per estratto, ma può anche irrogare, nei casi di illeciti molto gravi, una
sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 a 500.000,00 euro a seconda della
gravità dell’illecito e della durata della violazione14, a carico dell’inserzionista. In
caso di inottemperanza ai provvedimenti assunti, l’Autorità può applicare una
sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000,00 a 150.000,00 euro e, nelle
ipotesi di reiterata inottemperanza, ordinare la sospensione dell’attività d’impresa
per un periodo non superiore a trenta giorni. Inoltre, essa può disporre una
sanzione del valore compreso tra 2.000,00 e 20.000,00 euro per il proprietario del
mezzo che rifiuta di fornire le informazioni richieste, ovvero, nei casi più gravi di
falsità delle informazioni fornite, da 4.000,00 a 40.000,00 euro.
L’Autorità può avvalersi anche del parere dell’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni quando il messaggio pubblicitario è stato o deve essere diffuso
attraverso la stampa quotidiana o periodica, ovvero per via radiofonica, televisiva
o attraverso qualunque altro mezzo di telecomunicazione.
Risulta evidente che mentre non sono previste particolari sanzioni pecuniarie per
la mancata osservanza di quanto disposto dal Comitato di Controllo e dal Giurì
14
Se il messaggio pubblicitario può indurre in una situazione di pericolo per la salute o la
sicurezza nonché è suscettibile di raggiungere minori o adolescenti, la sanzione non può essere
inferiore ai 50.000,00 euro.
195
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
dell’Autodisciplina, per l’inadempimento dei provvedimenti dell’AGCM, è
applicabile una sanzione pecuniaria di carattere amministrativo.
Relativamente ai provvedimenti assunti nell’anno 2010 dall’AGCM, si è scelto di
soffermarsi non sulla totalità degli stessi, quanto solo su quelli che hanno
comportato anche l’applicazione di una sanzione pecuniaria. Non si vuole, infatti,
capire quante volte l’Antitrust sia intervenuto, ma in che modo lo abbia fatto e con
quale forza. Sul sito internet www.agcm.it, nella sezione "Consumatori Delibere", è stata effettuata una ricerca per "Sanzioni" e, a seguito della comparsa
di 197 provvedimenti, si è tentata una investigazione per "Mezzo di diffusione:
Internet". 44 sono stati i risultati ottenuti (22,3%). Analizzandoli nel dettaglio,
però, solo 31 avevano realmente ad oggetto comunicazioni commerciali online.
Attraverso i provvedimenti in discussione sono state applicate sanzioni da un
minimo di 5.000,00 ad un massimo di 960.000,00 euro.
Generalmente la somma è stabilita considerando la gravità della violazione,
l’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, la personalità
dell’agente, nonché le condizioni economiche dell’impresa stessa.
La fig. 4.10 raggruppa sinteticamente le decisioni assunte sulla base del valore
delle sanzioni applicate a tali comunicazioni commerciali illecite diffuse in Rete.
20
Da 5.000 a 50.000
€
16
Da 50.001 a
100.000 €
13
12
Quantità
provvedimenti
Da 100.001 a
150.000
10
Da 150.001 a
200.000 €
8
Da 200.001 a
250.000 €
4
3
1
0
3
0
1
Da 250.001 a
300.000 €
Oltre 300.001 €
Valore sanzioni
Fig. 4.10: Decisioni assunte suddivise in base al valore delle sanzioni applicate (Anno 2010).
196
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Le delibere che hanno predisposto il pagamento di una sanzione relativamente
bassa, dai 5.000,00 ai 50.000,00 euro, hanno interessato casi di ingannevolezza
quali, exempli gratia, comunicazioni commerciali riferite ad un albergo, descritto
attraverso frasi e materiale fotografico, come tranquillo e immerso nella natura,
mentre in realtà esso sorgeva a 50 metri da una strada statale (provvedimento n.
21177, riferimento PS1913 – sanzione 5.000,00 €); ovvero messaggi di eadvertising volti a promuovere servizi di parcheggio non ad 1,00 € al giorno, così
come annunciato nell’headline, ma ad 1,00 € al giorno più un costo fisso di 20,00
€ da pagare al primo giorno (provvedimento n. 21305, rif. PS5545, sanzione
6.000,00 €).
Molto più interessanti risultano essere, d’altro canto, i casi condannati con
sanzioni pecuniarie oltre i 300.000,00 €.
960.000,00 € sono stati versati dalla già citata Euro Content Limited per un caso
di illecito transfrontaliero: sono stati diffusi annunci pubblicizzanti la possibilità
di scaricare software gratuiti, cui seguiva, tuttavia, la richiesta di un pagamento
dopo due settimane dal download, una volta quindi decorso il termine per
l’esercizio del diritto di recesso. Per tali gravi motivi la società ha dovuto
480.000,00 € per aver messo in atto pratiche commerciali scorrette contrarie alla
diligenza professionale e comunicazioni commerciali ingannevoli idonee ad
indurre in errore il consumatore (violando gli artt. 20, "Divieto delle pratiche
commerciali scorrette", e 21 "Azioni ingannevoli" del Codice del Consumo) e
450,000.00 € per le pratiche commerciali aggressive poste in essere violando gli
artt. 24 ("Pratiche commerciali aggressive") e 25 ("Ricorso a molestie, coercizione
o indebito condizionamento") del Codice in questione.
Attraverso il provvedimento 21956 (rif. PS6307), l’Antitrust si è espressa contro
la Power Balance Italy S.r.l. che, mediante messaggi diffusi in Internet, a mezzo
stampa, brochure e confezione del prodotto, ha promosso la vendita di bracciali in
silicone e neoprene e di collane attribuendo a tali oggetti qualità ed effetti
sull’equilibrio, la forza e la resistenza fisica, vantando anche presunti pareri
medici positivi, messaggi che però si sono dimostrati non rispondenti al vero. A
seguito del parere dell’AGCOM, l’AGCM ha dichiarato tale pratica commerciale
scorretta ai sensi degli artt. 21 e 22 ("Omissioni ingannevoli") del Codice del
197
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Consumo e ne ha ordinato la cessazione, cui è stata aggiunta una sanzione di
300.000,00 €15.
Il provvedimento n. 21112 (rif. PS5192) ha coinvolto la Neomobile spa, Telecom
Italia spa, Vodafone Omnitel nv, Wind telecomunicazioni spa, H3G spa,
Register.it spa, segnalati dall’Associazione Altroconsumo per uno dei diffusissimi
banner recitanti "Questo non è uno scherzo! Che fortuna sei l’utente numero…
Hai vinto una hit in regalo", veicolato attraverso il sito www.giocagratis.net.
Cliccando su di esso il consumatore poteva accedere alla pagina www.dindo.it in
cui era riportata in evidenza la dicitura "Puoi vincere 10.000 euro e una Wii a
settimana. Partecipa al superconcorso e con l’attivazione entri nella community" e
in calce alla pagina, a caratteri microscopici, vi era la scritta: "Servizio in
abbonamento, riservato ai maggiorenni. I servizi 48288 sono offerti da Neomobile
S.p.A. in collaborazione con TIM, Vodafone, WIND e 3. Canzoni: costo del
servizio 5 euro/sett. iva inclusa + eventuale traffico wap, ricevi ogni settimana 1
suoneria + 1 mono + 2 SMS (clienti Vodafone e WIND) o 1 suoneria + 2 SMS
(clienti Tim e 3) […]. Costo degli SMS inviati al 48288: TIM 12,4 centesimi,
WIND 12,4 centesimi dall’Italia e 50 centesimi dall’estero, per Vodafone e 3
secondo il piano tariffario del cliente. PROMOZIONE: chi attiva per la prima
volta il servizio in abbonamento riceverà in regalo il primo contenuto (escluso
eventuale traffico wap) in aggiunta al contenuto in abbonamento […]. Trattasi di
card prepagata da 10.000 euro. Concorso valido fino al 28 giugno 2009. Per
partecipare al concorso è necessario rimanere attivi per almeno una settimana". Il
banner era stato ideato, realizzato e diffuso da Register.it per conto di Neomobile,
società impegnata nel settore internazionale dei servizi interattivi e di
intrattenimento per gli utenti di telefonia mobile in partnership con le compagnie
telefoniche attive in questo ambiente (in questo caso Tim, Vodafone, Telecom e
3). Il messaggio pubblicitario diffuso online collegato al banner reclamizzava la
partecipazione ad un concorso a premi subordinato alla sottoscrizione di un
abbonamento, il quale si sostanziava nella fornitura di contenuti fruibili dal
cellulare. Dagli elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria è emerso che i gestori
15
Condannato al pagamento di 50.000,00 € risulta, invece, la Sport Town S.r.l. che ha diffuso tali
comunicazioni sul proprio sito internet, www.sportownonline.com.
198
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
telefonici avevano contribuito alla realizzazione della pratica commerciale
scorretta in quanto, da un lato, erano stati coinvolti nella predisposizione delle
comunicazioni commerciali, e dall’altro, avevano consentito e legittimato la
presenza, nel messaggio contestato, dei rispettivi "loghi commerciali". La
condotta perpetuata attraverso il banner è risultata così contraria all’art. 26 lett. h
del Codice del Consumo ("Pratiche commerciali considerate in ogni caso
aggressive") in quanto ha lasciato intendere, contrariamente al vero, che il
consumatore avesse già vinto un premio. Con riferimento al secondo messaggio, è
stato ritenuto che Neomobile – in collaborazione con Telecom, Vodafone, Wind e
H3G – aveva messo in atto una pratica commerciale scorretta ai sensi dell’articolo
22 del Codice ("Omissioni ingannevoli") poiché aveva omesso di fornire,
attraverso modalità grafiche adeguate, le informazioni necessarie affinché vi fosse
una immediata e corretta percezione della natura commerciale e delle reali
caratteristiche dell’offerta, rappresentata, in questo caso, da una proposta di
abbonamento con il proprio gestore di telefonia mobile con effetto immediato e
automatico. Inoltre, la comunicazione è stata dichiarata contraria all’art. 20 c. 3
del Codice ("Divieto delle pratiche commerciali scorrette") nella misura in cui è
risultata suscettibile di raggiungere e, attraverso informazioni poco chiare, trarre
in inganno gli adolescenti, maggiormente interessati alla partecipazione a giochi e
concorsi. Per tale motivo è stata disposta per Neomobile una sanzione di
75.000,00 €, per Telecom Italia 65.000,00 €, per Vodafone Omnitel 55.000,00 €,
per Wind 40.000,00 €, per H3G 30.000,00 €16. A Register.it non è stata irrogata
alcuna sanzione in quanto, anche se la società aveva realizzato il banner, dello
stesso risultava soggetto responsabile Neomobile, committente del messaggio e
diretto beneficiario dei corrispondenti vantaggi economici e commerciali. La
circostanza che Register avesse dato esecuzione in modo non corretto all’incarico
ricevuto atteneva, infatti, ai rapporti contrattuali intercorrenti tra i due
professionisti.
16
La sanzione irrogata agli operatori telefonici è stata stabilita sulla base della gravità dell’illecito
(considerando il ruolo di tali operatori nel realizzarlo che, nonostante vi fosse corresponsabilità, si
è dimostrato non uguale per tutti) della durata della violazione, del mezzo di diffusione scelto (in
questo caso il web), suscettibile di raggiungere un elevato numero di consumatori e la relativa
possibilità di attrarre adolescenti.
199
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
Nel 2011, su 156 provvedimenti emersi dalla ricerca seguendo i collegamenti
"Consumatore – Delibere – Sanzioni", il 23,7% (37 casi) ha interessato
comunicazioni commerciali diffuse online. Ancora una volta è stata condotta
un’analisi sul valore delle sanzioni applicate agli operatori pubblicitari macchiatisi
di illeciti.
La fig. 4.11 suddivide i provvedimenti considerati sulla base del valore della
sanzione irrogata.
24
Da 5.000 a 50.000
€
22
20
Da 50.001 a
100.000 €
16
Da 100.001 a
150.000
Quantità
provvedimenti 12
Da 150.001 a
200.000 €
9
8
4
0
Da 200.001 a
250.000 €
2
3
1
0
0
Da 250.001 a
300.000 €
Oltre 300.001 €
Valore sanzioni
Fig. 4.11: Decisioni prese suddivise in base al valore delle sanzioni applicate. Anno 2011 (fonte
www.agcm.it).
I provvedimenti hanno avuto ad oggetto l’applicazione di sanzioni ad operatori
pubblicitari per i motivi più disparati: a titolo semplificativo, 5.000,00 € sono stati
dovuti dalla World Wide srl17, per l’aver diffuso sia attraverso telemarketing, che
in Internet, messaggi ingannevoli che ingeneravano nei destinatari il falso
convincimento di poter frequentare gratuitamente un corso di lingua inglese,
mentre invece era richiesta una quota di iscrizione di 28 euro e 1.200 euro per la
frequenza del corso, annunci, dunque, non conformi alla diligenza professionale
17
In realtà in ragione della gravità e della durata della violazione, era stata irrogata alla società una
sanzione pecuniaria pari a 20.000,00 €. Tuttavia, considerato che la società era in liquidazione, si è
ritenuto congruo ridurre la sanzione a 5.000,00 €.
200
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
ragionevolmente esigibile da un’azienda. La pratica commerciale in esame è stata
pertanto ritenuta scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lett. b e d e 22 del
Codice del Consumo (provvedimento n. 22396, rif. PS1129).
100.000,00 € sono stati richiesti a Giuliani spa, azienda farmaceutica con sede a
Milano che produce prodotti per la salute ed il benessere, per la diffusione di
messaggi di advertising tramite stampa, TV e internet, volti a promuovere
l’efficacia del prodotto "Bioscalin con Cronobiogenina" nel contrastare e ridurre
la caduta dei capelli. Poiché dagli accertamenti istruttori è emerso che il prodotto
poteva risolvere solo una delle forme più lievi di alopecia, in quanto riferibile ad
uno stato patologico temporaneo e reversibile, si è ritenuto, con riguardo alla
gravità della violazione (perpetuata attraverso affermazioni e omissioni
particolarmente ingannevoli proprio in un settore in cui è richiesto un particolare
livello di cautela, essendo il prodotto diretto a consumatori particolarmente
vulnerabili) e all’importanza e alla dimensione economica del professionista, di
irrogare alla società Giuliani S.p.A. una sanzione amministrativa pecuniaria di
100.000,00 €. La pratica commerciale è risultata, dunque, scorretta ai sensi degli
artt. 20, 21 c. 1 lett. b, e 22 del Codice del Consumo (provvedimento n. 22935, rif.
PS6227).
Particolarmente significativo risulta, comunque, il provvedimento n. 23107 (rif.
PS7444), attraverso il quale l’AGCM ha disposto una sanzione amministrativa
pecuniaria di 1.500.000,00 € alla Estesa Limited Global Gateway, società
impegnata nella vendita online di software, con sede legale nella Repubblica delle
Seychelles ma attiva nei confronti di consumatori italiani, per tre comportamenti
ritenuti scorretti (ciascuno punito con una sanzione di 500.000,00 €). La società
ha, innanzitutto, pubblicizzato i propri prodotti software come scaricabili
gratuitamente, mentre invece dopo la registrazione i consumatori si sono ritrovati
inconsapevolmente vincolati ad un contratto di abbonamento della durata di 24
mesi per la fornitura online di prodotti software, nonché al pagamento di un
canone mensile di 8 euro da corrispondere anticipatamente per la prima annualità
(96 euro). Inoltre, è stato opposto rifiuto, ai consumatori dalla Estesa, all’esercizio
del diritto di recesso, perfino a coloro che si erano attivati nei 10 giorni lavorativi
dalla compilazione del form. Infine, era stata inviata tramite e-mail ai
201
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
consumatori, a circa due settimane dall’avvenuta registrazione sul sito, e quindi,
una volta decorso il termine per l’esercizio del diritto di recesso, una richiesta di
pagamento seguita, a breve distanza di tempo, da numerosi altri solleciti,
attraverso cui venivano comunicate maggiorazioni pecuniarie di importo
crescente, utilizzando toni progressivamente più minacciosi riguardo alle
conseguenze del mancato pagamento. L’Antitrust, in conformità al parere
dell’AGCOM, ha ritenuto la prima pratica commerciale scorretta, poiché contraria
agli artt. 20 e 22 del Codice del Consumo, e le altre due aggressive ai sensi degli
artt. 20, 24 e 25 del Codice e, in ragione anche dell’ingente numero di
consumatori che avevano presentato denuncia all’Autorità in pochi mesi, è stata
disposta una sanzione amministrativa pecuniaria di 500.000,00 € per ciascuna
delle tre pratiche attuate.
4.3 Conclusioni
Attraverso l’analisi dei provvedimenti assunti dagli organi di controllo e
autocontrollo circa il rispetto delle norme sull’advertising, è stato possibile fare un
quadro generale della situazione attuale, di certo non pienamente esaustivo ma di
sicuro altamente rappresentativo della stessa.
Risulta evidente che in Italia si sta assistendo ad un aumento delle segnalazioni
inerenti a comunicazioni illecite di e-advertising e ciò potrebbe essere anche
conseguenza della diffusione della rete come medium pubblicitario. Comparando i
dati risultanti del lavoro di Giurì e Comitato di Controllo e dell’opera dell’EASA,
inerentemente alla gestione delle lamentele transfrontaliere, non può non risultare
evidente la notevole differenza tra la percentuale di segnalazioni relative a
comunicazioni commerciali online giunte agli organismi autodisciplinari nazionali
e le lamentele pervenute all’EASA. L’elevato numero di e-advertising complaints
esaminate dall’Alleanza può essere letto alla luce della natura stessa dell’EASA e
delle peculiarità del mezzo internet. Entrambi si caratterizzano per la loro
intrinseca transnazionalità, il primo raggruppando gli organismi di autodisciplina
nazionali, il secondo permettendo la diffusione dei propri contenuti ovunque nel
mondo. Dunque, è molto più probabile che i consumatori si rivolgano ad esso per
202
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
comunicazioni ingannevoli diffuse online piuttosto che attraverso una rivista la
quale, a meno che non sia prodotta per cittadini di paesi diversi da quello di
origine della stessa o si caratterizzi per una tiratura internazionale, difficilmente
potrà uscire fuori dai propri confini geografici di riferimento.
Molto più frequentemente che in altri luoghi reali, nel mondo virtuale di Internet
per poter accedere a determinati contenuti, siano essi a pagamento o gratuiti,
bisogna procedere con l’atto della registrazione, inserendo i propri dati personali
(come accade, a titolo esemplificativo, nel caso di download di software). Essi
rappresentano informazioni rilevanti e delicate per ciascuno user e spesso, se si è
restii nel rilasciarli, si finisce col piegarsi ad un frequente "ricatto" per cui se non
li si cede, non si può affatto beneficiare degli stessi. Probabilmente a ciò
consegue, molto più facilmente che in altre occasioni, il ritrovarsi tratti in inganno
da annunci illeciti a carattere altamente persuasivo.
Inoltre, Internet permette la creazione di rapporti stretti tra consumatori e aziende
inserzioniste, per cui per queste ultime diventa molto più semplice raggiungere i
propri clienti attuali e potenziali, conoscerne i gusti e le preferenze e, ad esempio,
tramite l’invio di e-mail, illustrare le novità della propria offerta, l’apertura di
nuovi punti vendita, gli sconti in programma; ma diventa semplice altresì
minacciarli potendo contare proprio sulla mole di dati personali che le imprese
hanno a disposizione.
Stando a quanto emerso attraverso l’analisi dei provvedimenti dell’AGCM, questi
comportamenti scorretti non rimangono impuniti e in molti casi le sanzioni
irrogate sono davvero ingenti.
Frequentemente, comunque, Internet rappresenta solo un mezzo di comunicazione
a disposizione aggiuntivo tra i quali scegliere, per cui un annuncio veicolato
attraverso media tradizionali, lo si ritrova identico sul web. I consumatori,
generalmente, utilizzano la rete per avere ulteriori informazioni sull’offerta
oggetto di attenzione ovvero sulle caratteristiche dell’impresa inserzionista. È il
caso dei numerosi forum di discussione frequentati dagli user per ricevere
suggerimenti da persone maggiormente esperte o che hanno già avuto esperienze
con il bene o servizio reclamizzato e desiderato, e che spesso si rivelano, dunque,
efficaci sistemi per non essere tratti in inganno. La grande quantità di dati che è
203
4. Uno sguardo alla realtà:
interventi e pronunce
in materia di e-advertising
possibile trovare in rete può, però, paradossalmente rivelarsi una trappola proprio
per gli inserzionisti, i quali potrebbero essere oggetto di grandi critiche che, partite
da un solo consumatore insoddisfatto, si amplificano a dismisura, siano esse
veritiere o solo falsamente diffuse da maligni competitor.
Attraverso le pagine del presente capitolo è emerso un forte senso di
responsabilità degli organi di controllo garanti dell’attuazione delle norme poste a
tutela di consumatori, di concorrenti e dell’istituto pubblicitario stesso contro gli
illeciti perpetuabili attraverso l’advertising, anche a seguito dello sviluppo di
Internet quale mezzo di comunicazione. Purtroppo, tuttavia, dalla lettura dei
precedenti capitoli non può non risultare chiaro un forte vuoto normativo
inerentemente alle comunicazioni commerciali diffuse in rete, mancanza che
dovrebbe essere colmata attraverso un’attenta legislazione volta a definire e
chiarire, in modo univoco, norme che si interessino fermamente della pubblicità
online e dei relativi inganni veicolabili in Internet. Suggerimenti potrebbero
giungere proprio dai provvedimenti già assunti: chi intende cimentarsi nella
stesura di una normativa comprensiva di tutte le opportunità e problematiche del
web, non può non partire dalla realtà e dai precedenti interventi, dagli errori
commessi e dai risultati raggiunti. Solo in questo modo si può capire dove
intervenire, cosa cambiare e come migliorare.
204
CONCLUSIONI
Grazie allo studio condotto è stato possibile comprendere approfonditamente
quale ruolo Internet svolge nel mondo dell’advertising e quali sono le norme
attualmente esistenti a tutela di consumatori e concorrenti contro gli illeciti
perpetuati attraverso la comunicazione commerciale in Rete.
La pubblicità è nata con l’uomo, o quasi, ma il web, quale veicolo di eadvertising, si è sviluppato solo negli ultimi anni, per cui le norme che
disciplinano il settore sono ancora poche e poco "mature". La definizione di
comunicazione commerciale include a tutti gli effetti anche la pubblicità online e,
conseguentemente, le disposizioni che pongono una regola al settore sono
perfettamente estensibili anche al web advertising. Tuttavia, ci si rende conto che
internet possiede delle peculiarità tali da non poter essere associato tout court agli
altri mezzi di comunicazione, per cui, in sede legislativa, non tutte le disposizioni
valide per le comunicazioni commerciali veicolate su mezzi di comunicazione
"tradizionali" possono essere applicate anche all’e-advertising, ovvero potrebbero
risultare troppo blande. Per dare vita a norme che possano realmente e
concretamente tutelare chi fruisce di tali comunicazioni, i competitor o gli
operatori pubblicitari stessi, è necessario valutare tutti i plus e gli inconvenienti la
rete porta con sé.
Internet mette a disposizione di chi intende promuovere i propri beni o servizi,
ovvero la propria organizzazione, un’ampia offerta di formati, dal banner al popup, dal keyword advertising all’e-mail advertising, all’advertising sui social
network e, inoltre, permette comunicazioni sia one-to-one che many-to-many. Chi
si serve di tale medium può, potenzialmente, raggiungere i cyberconsumatori di
qualsivoglia parte del mondo: la transnazionalità è una delle caratteristiche
principali del web, cosicché non ci sono più barriere a dividere i consumatori e gli
advertiser, ovunque essi si trovino. In Italia il 62,3% delle famiglie dispone di
Internet e sono circa 10,7 milioni le persone connesse almeno una volta al giorno.
Internet è sempre con noi: a casa, sul cellulare, nel luogo di lavoro o di studio, nei
centri commerciali, negli alberghi, invadendo letteralmente la nostra quotidianità.
Conclusioni
L’e-advertising è l’unico settore pubblicitario in questo momento di crisi in
espansione: il web è ormai un mezzo di massa a tutti gli effetti e offre una
possibilità di segmentazione del proprio target così minuziosa da non avere eguali
nella storia.
È chiaro che anche la rete ha i propri lati oscuri come, ad esempio, l’intrusività e
l’invadenza di molte comunicazioni commerciali attraverso tale mezzo diffuse,
oppure il fastidioso fenomeno dello spamming. Queste unsolicited e-mail possono
innervosire il consumatore rendendolo insofferente nei riguardi di qualsiasi
annuncio, anche il più creativo ed interessante. Inoltre, Internet, più che qualsiasi
altro mezzo, per la fruizione dei propri contenuti, impone, spesso, il rilascio di
dati personali e ogni azione di uno user è costantemente e pedissequamente
controllata e registrata.
Se è indubbio che la transnazionalità della Rete offre possibilità prima
impensabili, è pur vero che c’è il rischio, per advertiser ed inserzionisti, di
incorrere maggiormente in illeciti, soprattutto nei casi di comunicazioni
commerciali lecite nel paese di origine, ma ritenute scorrette negli stati che essa
raggiunge.
Per prevenire o perseguire gli illeciti compiuti attraverso la diffusione di messaggi
pubblicitari scorretti in Rete, si può ricorrere, innanzitutto, alle norme "generali"
applicabili anche all’e-advertising. A tale proposito utili riferimenti sono il Codice
di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il Codice del Consumo (il
d. lgs. 206/2005; nello specifico dell’oggetto della discussione, di rilievo risultano
gli art. 18-27 quater) e il d. lgs. 145/07 relativo alla pubblicità ingannevole e alle
condizioni di liceità della pubblicità comparativa.
Gli organi deputati al controllo circa il rispetto di tali norme sono il Giurì e il
Comitato di Controllo, limitatamente al Codice di Autodisciplina, ovvero
l’AGCM negli altri casi. L’analisi dei provvedimenti da essi assunti negli ultimi
anni inerentemente all’advertising online può essere letta come un’utile
rappresentazione della realtà odierna e un valido punto di riferimento per gli
interventi futuri.
206
Conclusioni
Norma maggiormente "specifica", più vicina alla Rete e all’e-advertising è il d.
lgs. 70/2003 sul commercio elettronico, che si occupa anche della responsabilità
dell’Internet Service Provider.
In questo evidente vuoto normativo, tuttavia, la soluzione a molte delle
problematiche sorte con l’avvento di Internet sembra essere fornita dall’EASA,
l’European Advertising Standards Alliance, l’Alleanza nata allo scopo di garantire
elevati standard etici in pubblicità. Soprattutto essa riesce a gestire le lamentele
transfrontaliere grazie al cross-border complaints system raccogliendo le
segnalazioni e rinviandole agli organi di autodisciplina del paese di origine delle
stesse che hanno il dovere di giudicarle. Ad oggi, questa sembra l’unica soluzione
al problema-vantaggio della transnazionalità del mezzo Internet poiché è solo in
questo modo che possono risolversi casi di illeciti che interessano paesi diversi,
estendendo i poteri degli organi di autodisciplina che non possono lavorare al di là
dei confini nazionali di appartenenza, ma che così possono intervenire anche
quando i messaggi prodotti nel proprio paese vengono diffusi oltre lo stesso.
Purtroppo, non ogni questione sembra risolta. Non tutte le comunicazioni
commerciali ritenute illecite nel paese di diffusione sono condannate, se ritenute,
invece, lecite nel paese di origine, così come può risultare complicato individuare
il responsabile della comunicazione scorretta, anche se in tali casi l’EASA può
intervenire con un Euro Advertising Alert, un fax contenente menzione del
messaggio in discussione che l’Alleanza invia a tutti i suoi membri. L’EASA non
può abbattere le barriere culturali ad oggi esistenti emanando un unico codice di
autodisciplina che valga per l’intera Europa, ma solo provvedere a diffondere
delle guidelines cui tutti dovrebbero attenersi durante la stesura o la modifica dei
propri codici.
La strada dell’autocontrollo può rappresentare una soluzione alla gestione dei
problemi inerenti all’e-advertising, ma è necessario che si dedichi una normativa
esclusiva e puntuale alla comunicazione commerciale online attenta a tutto ciò che
attiene a tale settore. In molti casi basterebbe attuare realmente le regole già
esistenti.
Al di là di quanto previsto per i messaggi diffusi attraverso i media tradizionali,
occorre considerare ogni caratteristica di Internet. Innanzitutto, sarebbe
207
Conclusioni
auspicabile, per tentare di risolvere il problema dello spamming, rafforzare e
adottare in tutte le situazioni il sistema del double opt-in, come già accade in
alcuni casi: il consumatore non solo afferma di voler ricevere comunicazioni
commerciali online ma, attraverso un’azione successiva, quale la risposta ad una
e-mail, ulteriormente conferma la propria scelta, cosicché si possa essere
pienamente convinti di quanto fatto, sia dal lato del consumatore che accetta la
somministrazione di contenuti commerciali, sia dal lato dell’inserzionista che li
diffonde.
Andrebbe adottato un efficace sistema di navigazione differenziata per la tutela
dei minori, così come potrebbe preferirsi, accanto al rilascio di tutti i dati
personali di un utente, semplicemente un indirizzo e-mail e una password che
andrebbero associati ad un codice identificativo dello user. Nonostante ogni passo
compiuto in rete sia costantemente registrato, potrebbe risultare un sollievo per il
consumatore fruire di tutti i contenuti senza dover rilasciare neppure il proprio
nome, se non nei casi strettamente necessari. Non è corretto, infatti, e può risultare
anche controproducente, pretendere, in cambio della possibilità di beneficiare di
alcune informazioni, di conoscere ogni aspetto della vita di un consumatore,
anche se ciò potrebbe rivelarsi molto utile nella diffusione di annunci in linea con
i suoi interessi. Per il consumatore ricevere comunicazioni su misura può essere sì
vantaggioso, ma in tanti casi apparire come l’ulteriore invadenza da parte di quel
big brother onnipresente e onnisciente che conosce tutto di tutti.
Le aziende inserzioniste, attraverso Internet, possono raggiungere una fetta
importante dei propri consumatori ed in più offrire loro una quantità di
informazioni maggiore rispetto a quanto accade con gli altri mezzi di
comunicazione. Chi sente l’esigenza di comunicare non può non tenere in
considerazione la Rete durante la scelta del media mix attraverso cui veicolare i
propri messaggi, né tantomeno sentirsi libero di trarre in inganno il consumatore
solo perché di esso conosce bene gusti e preferenze.
In fondo, la storia insegna che una chiara comunicazione può essere d’aiuto per
risolvere anche le più gravi crisi, poiché il consumatore, da "consum-attore", non
è più un soggetto passivo, ma si prodiga egli stesso in consigli a consum-attori
come lui circa i beni migliori, informazioni dispensate sulla base della propria
208
Conclusioni
esperienza. Egli, stanco della finzione e degli inganni, interviene affermando il
proprio parere e smascherando i comunicatori malfattori; sceglie, si esprime, dice
anche no. È lui che decide e può anche non perdonare.
Internet ha amplificato e in molti casi aggregato le potenzialità espresse dagli altri
mezzi di comunicazione. Un comportamento scorretto e non perseguitato può
indurre il fruitore a non fidarsi più di questo ulteriore mezzo di diffusione di
annunci.
Tuttavia, è necessario che gli stessi organi di controllo si attivino per far
conoscere ai consumatori i propri diritti, le regole esistenti in loro favore, le
modalità per denunciare gli illeciti. Ad un aumento del potere del consumer
paradossalmente spesso corrisponde proprio una mancata consapevolezza dello
stesso cosicché risulta più facile essere tratti in inganno. La solidarietà espressa in
rete tra gli utenti anche grazie al word of mouth dovrebbe ricordare maggiormente
ad inserzionisti ed advertiser che
«Il consumatore non è uno stupido. Il consumatore è tua moglie»1.
1
Ogilvy D. M.
209
Appendice
A.1 Direttiva 2005/29/CE del Parlamento Europeo e del
Consiglio dell’11 maggio 2005 relativa alle pratiche
commerciali sleali tra imprese e consumatori nel
mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE
del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e
2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il
regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo
e del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali
sleali") – Art. 14.
(Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 149 del 11/06/2005 pag. 0022 - 0039
Articolo 14 – Modifiche della direttiva 84/450/CEE
La direttiva 84/450/CEE è così modificata:
1) l’articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Articolo 1
La presente direttiva ha lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità
ingannevole e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire le condizioni di liceità
della pubblicità comparativa.»;
2) all’articolo 2,
- il punto 3) è sostituito dal seguente:
«3) "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca nel quadro
della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale; e chiunque
agisca in nome o per conto di un professionista»;
- è aggiunto il punto seguente:
«4) "responsabile del codice": qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un
gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e della revisione di un
Appendice
codice di condotta e/o del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si
sono impegnati a rispettarlo.»;
3) l’articolo 3 bis è sostituito dal seguente:
«Articolo 3 bis
1) Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita
qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: che essa
a) non sia ingannevole ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, e degli articoli
3 e 7, paragrafo 1 della presente direttiva o degli articoli 6 e 7 della
direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11
maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e
consumatori nel mercato interno1;
b) confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si
propongono gli stessi obiettivi;
c) confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti,
verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali
beni e servizi;
d) non causi discredito o denigrazione di marchi, denominazioni
commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un
concorrente;
e) per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisca in ogni caso
a prodotti aventi la stessa denominazione;
f) non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio,
alla denominazione commerciale o ad altro segno distintivo di un
concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti;
g) non rappresenti un bene o servizio come imitazione o contraffazione di
beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale
depositati;
h) non ingeneri confusione tra i professionisti, tra l’operatore pubblicitario
ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni
1
GU L 149 del 11.06.2005, p. 22.
211
Appendice
distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un
concorrente.
4) l’articolo 4, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:
«1) Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per
combattere la pubblicità ingannevole e garantire l’osservanza delle disposizioni in
materia di pubblicità comparativa nell’interesse sia dei professionisti sia dei
concorrenti. Tali mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali
persone od organizzazioni che secondo la legislazione nazionale hanno un
legittimo interesse contrastare la pubblicità ingannevole o la regolamentazione
della pubblicità comparativa possano:
a) promuovere un’azione giudiziaria contro tale pubblicità
o
b) sottoporre tale pubblicità al giudizio di un’autorità amministrativa
competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere
un’adeguata azione giudiziaria.
Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali di questi mezzi si debba ricorrere
e se sia opportuno che l’organo giurisdizionale o amministrativo sia autorizzato ad
esigere che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le
controversie, compresi quelli di cui all’articolo 5.
Spetta a ciascuno Stato membro decidere:
a) se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o
congiuntamente contro più professionisti dello stesso settore economico
e
b) se possano essere promosse nei confronti del responsabile del codice
allorché il codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di
legge.»
5) l’articolo 7, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:
212
Appendice
«1) La presente direttiva non si oppone al mantenimento o all’adozione da parte
degli Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia
tutela, in materia di pubblicità ingannevole, dei professionisti e dei concorrenti.».
A.2 Legge 10 ottobre 1990 n. 287 "Norme per la tutela della
concorrenza e del mercato" – Artt. 2-3-14.
Art. 2. - Intese restrittive della libertà di concorrenza
1) Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese
nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o
regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari.
2) Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di
impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza
all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso
attività consistenti nel:
a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero
altre condizioni contrattuali;
b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli
investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico;
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni
oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi
ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
e) subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri
contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi
commerciali, non abbiano alcun rapporto con l’oggetto dei contratti stessi.
3) Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto.
Art. 3. - Abuso di posizione dominante
1) È vietato l’abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante
all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato:
213
Appendice
a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre
condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;
b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo
sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori;
c) applicare nei
rapporti
commerciali
con
altri
contraenti
condizioni
oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi
ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
d) subordinare la conclusione dei contratti all’accettazione da parte degli altri
contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi
commerciali, non abbiano alcuna connessione con l’oggetto dei contratti stessi.
Art 14. - Istruttoria
1) L’Autorità, nei casi di presunta infrazione agli articoli 2 o 3, notifica l’apertura
dell’istruttoria alle imprese e agli enti interessati. I titolari o legali rappresentanti
delle imprese ed enti hanno diritto di essere sentiti, personalmente o a mezzo di
procuratore speciale, nel termine fissato contestualmente alla notifica ed hanno
facoltà di presentare deduzioni e pareri in ogni stadio dell’istruttoria, nonché di
essere nuovamente sentiti prima della chiusura di questa.
2) L’Autorità può in ogni momento dell’istruttoria richiedere alle imprese, enti o
persone che ne siano in possesso, di fornire informazioni e di esibire documenti
utili ai fini dell’istruttoria; disporre ispezioni al fine di controllare i documenti
aziendali e di prenderne copia, anche avvalendosi della collaborazione di altri
organi dello Stato; disporre perizie e analisi economiche e statistiche nonché la
consultazione di esperti in ordine a qualsiasi elemento rilevante ai fini
dell’istruttoria.
3) Tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le imprese oggetto di
istruttoria da parte dell’Autorità sono tutelati dal segreto d’ufficio anche nei
riguardi delle pubbliche amministrazioni.
4) I funzionari dell’Autorità nell’esercizio delle loro funzioni sono pubblici
ufficiali. Essi sono vincolati dal segreto d’ufficio.
5) Con provvedimento dell’Autorità, i soggetti richiesti di fornire gli elementi di
cui al comma 2 sono sottoposti alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a
214
Appendice
cinquanta milioni di lire se rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di
fornire le informazioni o di esibire i documenti ovvero alla sanzione
amministrativa pecuniaria fino a cento milioni di lire se forniscono informazioni
od esibiscono documenti non veritieri. Sono salve le diverse sanzioni previste
dall’ordinamento vigente.
A.3 D. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, Codice del Consumo Art. 130
Art. 130. Diritti del consumatore
1) Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di
conformità esistente al momento della consegna del bene.
2) In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza
spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei
commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione
del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9.
3) Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di
sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia
oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro.
4) Ai fini di cui al comma 3 è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due
rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo
conto:
a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;
b) dell’entità del difetto di conformità;
c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli
inconvenienti per il consumatore.
5) Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo
termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al
consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il
consumatore ha acquistato il bene.
215
Appendice
6) Le spese di cui ai commi 2 e 3 si riferiscono ai costi indispensabili per rendere
conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la
spedizione, per la mano d’opera e per i materiali.
7) Il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o
la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene
entro il termine congruo di cui al comma 5;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli
inconvenienti al consumatore.
8) Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene
conto dell’uso del bene.
9) Dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può offrire al
consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti:
a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno specifico rimedio, il venditore
resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla
decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del
consumatore del rimedio alternativo proposto;
b) qualora il consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il
consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio
ai sensi del presente articolo.
10) Un difetto di conformità di lieve entità per il quale non è stato possibile o è
eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione,
non dà diritto alla risoluzione del contratto.
A.4. L’EASA Best Practice Self-Regulatory Model
Aprile 2004
This document sets out the European Advertising Standards Alliance’s (EASA)
recommendation for advertising self-regulatory systems as adopted by the
EASA’s Board on April 1 2004. It is based on the EASA’s Statement of Common
216
Appendice
Principles and Operating Standards of Best Practice, as well as the EASA Best
Practice Action Programme.
This document describes the various component parts of the model self-regulatory
systems which the EASA wishes to see in place in all existing EU member states
and in Accession countries. It is designed to help the EASA and its members to
evaluate, initiate and develop effective and efficient systems across Europe. It will
also help identify areas where investment is needed to develop existing national
arrangements in order to improve the provision and operation of self-regulation
with regard to EASA’s Best Practice Self-Regulatory Model.
1. Universality of the Self-Regulatory System
An effective advertising self-regulatory system should apply without exception to
all practitioners – advertisers, agencies and media. To achieve this, there needs to
be a general consensus on the need for a self-regulatory system and the practical,
active support of all three parts of the industry. Additionally, a self-regulatory
organisation (SRO) must be able to depend on the moral support of a large
majority of the industry, to lend credibility to its decisions and ensure that they
can be applied even to unco-operative advertisers. This can be achieved only if the
system covers all significant forms of advertising and has the active participation
of practitioners in all areas of commercial communications, including Direct
Marketing and new forms of advertising e.g. the so-called New Media, where
traditional enforcement mechanisms may not be available.
2. Sustained and Effective Funding
Effective self-regulation is the best means of maintaining the freedom to advertise
and freedom has a price. Self-regulation is not a cut-price option: it can function
effectively only if it is properly funded. A self-regulatory system requires a robust
method of funding involving the commitment of all the parties involved in the
various sectors of commercial communications. It is important that such a method
is sustainable, i.e. affordable and not extravagant, but it should also be buoyant,
i.e. so designed that it cannot be placed in jeopardy by the unilateral action of any
company or industry sector. Finally, the funding method should be indexed to
217
Appendice
ensure that it keeps pace with increased costs and reflects changes in the
advertising market. A levy system based on a small percentage of all advertising
expenditure has been found to be a very satisfactory way of fulfilling all these
criteria.
3. Efficient and Resourced Administration
SROs should be managed in a cost-efficient and business-like manner with
defined standards of service. To maintain public confidence in the system, an
SRO must be – and be seen to be – independent of the industry which funds it. To
achieve this, it requires a dedicated secretariat within a structure that provides the
necessary independence and external credibility. The number of staff will depend
to some extent on the size of the country, but it must be adequate to ensure the
efficient functioning of the SRO. Even the smallest SRO is unlikely to be able to
function properly with fewer than two full-time staff and most will need
substantially more. Staff numbers should be reviewed regularly to ensure that they
are appropriate to the workload and the SRO’s budget should be reviewed each
year and kept at a level adequate to meet its needs. To maintain impetus, the SRO
is encouraged to have a strategic action plan, put in place at its inception and
updated on an annual basis. To establish and maintain awareness of its activities,
it is also advisable to have a communications plan, conducted on the same basis.
4. Universal and Effective Codes
A key element of any self-regulatory system is an overall code of advertising
practice. This should be based on the universally-accepted ICC Codes of
Marketing and Advertising Practice; it may subsequently be extended and
developed in response to national requirements. It is important that the code
should apply to all forms of advertising. It is equally important to establish a
procedure for the regular review and updating of the code, ensuring that it keeps
abreast of developments in the market place, changes in public concerns and
consumer sensitivity, and the advent of new forms of advertising. Finally, the
code must be made widely available and advertisers, agencies and media must be
familiar with its contents.
218
Appendice
5. Advice and Information
One of self-regulation’s key roles is to prevent problems before they happen by
providing advice to advertising practitioners. The advice provided by an SRO
takes several forms: first, copy advice, i.e. confidential, non-binding advice about
a specific advertisement or campaign, supplied on request before publication.
Secondly, the SRO offers general advice on code interpretation; this advice will
also draw on "case law", i.e. precedents established in previous adjudications.
General advice of this kind can also be made available in the form of published
guidance notes, which supplement the code and indicate best practice, for example
in high-profile or problem areas. Like the code itself, guidance notes can be
updated as necessary.
6. Prompt and Efficient Complaint Handling
The public perception of a self-regulatory system will depend to a very large
extent on how efficiently it is seen to deal with complaints. One of selfregulation’s principal advantages over the judicial process is, precisely, its speed.
Consequently it is essential that complaints are seen to be handled promptly. The
amount of time required to investigate a complaint will depend on its complexity.
Business to business complaints typically may take longer to resolve. SROs
however should manage their activities particularly in this area against defined
standards of service, including complaint handling targets. The same principle
applies in the case of cross-border complaints, with the added consideration that a
large number of cross-border cases concern marginal or "rogue" advertisers; in
such cases, it is important not to spend too long waiting for a response from the
advertiser, which is unlikely to materialize.
In cases alleging misleadingness, a fundamental principle of self-regulation is that
the advertiser must bear the burden of appropriately substantiating his claims. The
SRO should ensure that it has the means to evaluate technical evidence produced
by advertisers to support their claims, including access to independent, specialist
experts. Competitive complainants should be able to show prima facie evidence of
a code breach in order to avoid abuse of the system.
219
Appendice
7. Independent and impartial adjudication
A self-regulatory system must be able to demonstrate that it can judge cases
brought before it efficiently, professionally and above all impartially. The
complaints handling process itself, the complaints committee and its
adjudications, must be conducted in an independent manner. They must be subject
neither to the influence of the advertising industry or any particular industry sector
or company, nor of government, NGOs or other interest groups. The complaints
committee should have a majority of independent members and its chairman
should be an independent person. Where an individual member of a complaints
committee is drawn from the industry or from a consumer organisation, for
example, it must be clearly understood that they serve in a personal capacity and
not as a representative or delegate of any interest group. The adjudication process
is incomplete without some provision for the review of decisions in case of
appeal. The review process should be thorough but need not be elaborate; it
should be so designed that it cannot be used merely as a delaying tactic to
postpone the implementation of a decision.
8. Effective Sanctions
Although in most cases self-regulatory systems can count on voluntary
compliance (however reluctant) with their decisions, their credibility depends in
no small measure on an ability to enforce them. The so-called "name and shame"
principle, involving routine publication of adjudications, with full details of the
complaint and the name of the brand and the advertiser, has proved to be a
powerful deterrent. It can, where necessary, be reinforced by deliberately
publicising a case where voluntary compliance with a decision is not forthcoming.
However, perhaps the most effective means of enforcing a disputed decision is
media refusal of the offending advertisement. This requires a commitment on the
part of the media as a whole to uphold the decisions of the SRO and is likely to
depend on the adoption of a standard "responsibility clause" in all advertising
contracts, by which both parties agree to be bound by such decisions.
220
Appendice
9. Efficient Compliance and Monitoring
To be truly effective, an SRO cannot afford to restrict its activities to responding
to complaints: if it does so, its interventions will inevitably be haphazard and lack
consistency or thoroughness. To proceed effectively against violations of the
code, it will need to put in place a planned programme of systematic monitoring,
based on specific product sectors or problem areas. This allows the SRO both to
institute cases on its own initiative and to evaluate levels of code compliance.
This, in its turn, enables potential problems to be discussed with the industry and
eliminated before they become too serious; regular dialogue with the industry
should be a routine part of the SRO’s activities. Monitoring and compliance
surveys will also indicate areas where the code may need to be strengthened or
changed.
10. Effective Industry and Consumer Awareness
An effective self-regulatory system should maintain a high profile: consumers
should be aware of where and how to complain and the industry should be aware
of the codes and procedures by which it regulates itself. To achieve this, the SRO
will need to undertake regular publicity campaigns to create and maintain
awareness of the system among consumers. It can be assisted by the provision of
free media space, both in traditional media and the increasingly important
electronic media. It should be simple and straightforward for consumers to
complain, both on and offline. Simultaneously, an ongoing programme of
promoting its codes and procedures to the advertising industry – paying particular
attention to those joining the business – will enable the SRO to establish practical
awareness at working level. Finally, the SRO will need to be able to produce
information and evidence of its activities, in the form of published surveys, case
histories and statistics (for example, numbers of complaints handled or copy
advice requests). Information of this kind is essential, at European as well as at
national level, to demonstrate the effectiveness of self-regulation.
221
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