hÇ|äxÜá|àõ wxzÄ| fàâw| w| ftÄxÜÇÉ Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Comunicazione d’Impresa e Comunicazione Pubblica Tesi in DIRITTO DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA E-advertising: opportunità e problematiche connesse al vuoto normativo in materia Relatore Chiar.mo Prof. Virgilio D’Antonio Candidata Maria Maione Matr. n. 0322700182 Correlatore Dott. Chiara Di Martino Anno accademico 2010/2011 Dedicato a voi… A te Mamma Mamma , mio sostegno , mia amica , mia maestra. A te Papà , forte esempio di lealtà e onestà. A te Jack , paziente ,disponibile , ineguagliabile. A te Francesco , compagno nei momenti difficili e in quelli felici. A te Nonna ,ai tuoi sorrisi , ai tuoi racconti racconti ,alla tua dolcezza. …dedicato a voi , le persone più importanti della mia vita. Indice INTRODUZIONE Introduzione……………………………………………………………………..p.1 CAPITOLO I Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale 1.1 Introduzione…………………………………………………………………p.5 1.2 La pubblicità tra mezzi di comunicazione tradizionali e digitali…………....p.7 1.3 Storia della pubblicità: dal papiro al web…………………………………..p.13 1.4 L’e-advertising: i diversi formati pubblicitari utilizzabili in Rete…………p.22 1.4.1 Il banner……………………………………………………………...p.24 1.4.2 Le pop-up (e pop-under) windows…………………………………...p.27 1.4.3 L’interstitial……………………………………………………….....p.28 1.4.4 Il mini-sito……………………………………………………………p.30 1.4.5 Il classified…………………………………………………………...p.30 1.4.6 Il keyword advertising………………………………………………..p.30 1.4.7 L’e-mail advertising………………………………………………….p.33 1.4.8 La comunicazione commerciale sui social network: i casi Facebook e Twitter……………………………………………………………….p.34 1.5 Internet: un ricco bagaglio di opportunità…………………………………p.42 1.6 Internet: un sistema di comunicazione troppo invadente………………….p.48 1.7 Conclusioni………………………………………………………………...p.52 CAPITOLO II La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising 2.1 Introduzione………………………………………………………………..p.53 2.2 Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, 53a edizione…………………………………………………………………..p.56 2.3 Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206, "Codice del Consumo"…….p.73 2.4 Decreto Legislativo 2 agosto 2007 n. 145, "Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 05/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole"…………………………………………………………………..p.100 2.5 Conclusioni……………………………………………………………….p.113 CAPITOLO III La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising 3.1 Introduzione………………………………………………………………p.114 3.2 Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n. 70, "Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico"………………………………………………………………..p.116 3.3 La responsabilità dell’Internet Service Provider…………………………p.127 3.3.1 Codice di autoregolamentazione "Internet e Minori"………………p.140 3.4 L’European Advertising Standards Alliance……………………………..p.146 3.4.1 Il cross-border complaints system e le autodiscipline nazionali…….p.152 3.4.2 I Common Principles e l’EASA Charter…………………………….p.157 3.4.3 I Position Papers, le Best Practice Recommendations, le pubblicazioni EASA e l’Education Programme…………………………………..p.162 3.5 Guidelines on Interactive Marketing Communication……………………p.169 3.6 Conclusioni……………………………………………………………….p.172 CAPITOLO IV Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising 4.1 Introduzione………………………………………………………………p.174 4.2 E-advertising: gli interventi e le disposizioni in merito………………….p.176 4.2.1 Le Decisioni del Giurì e del Comitato di Controllo………………...p.177 4.2.2 Gli Interventi dell’EASA…………………………………………...p.189 4.2.3 I provvedimenti dell’AGCM……………………………………….p.195 4.3 Conclusioni……………………………………………………………….p.202 CONCLUSIONI Conclusioni…………………………………………………………………...p.205 APPENDICE A.1 Direttiva 2005/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 "relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali")" – Art. 14……………………..p.210 A.2 Legge 10 ottobre 1990 n. 287, "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato" – Artt. 2-3-14……………………………………………………….p.213 A.3 D. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, Codice del Consumo – Art. 130……….p.215 A4. L’EASA Best Practice Self-Regulatory Model……………………...……p.216 Bibliografia e Sitografia Bibliografia…………………………………………………………….……..p.222 Sitografia……………………………………………………………………...p.225 INTRODUZIONE «Le regole sono quelle cose che un artista infrange: ciò che è memorabile non è mai nato da una formula»1. Con queste rivoluzionarie parole, il più creativo tra gli advertising creative director, William Bernbach (1911-1982), ha spiegato ciò che per lui doveva essere un’ideazione pubblicitaria: non la conseguenza dell’applicazione pedissequa di tante norme che avrebbero generato una pubblicità formalmente perfetta ma, creativamente parlando, sterile, quanto una vera e propria produzione artistica. «La pubblicità è persuasione e si dà il caso che la persuasione non sia una scienza ma un’arte. […] Non che la tecnica non sia importante. Le capacità tecniche rendono migliore un bravo creativo. Ma il pericolo è che ci si preoccupi solo della tecnica o che si confonda la capacità tecnica con la creatività»2. Siamo di fronte alla rivoluzione creativa3 che ha portato Bernbach a schierarsi contro gli esponenti dell’advertising "scientifico", tra i quali Rosser Reeves (1910-1984), uno dei più grandi eredi di tale corrente pubblicitaria, che invece proponeva a chiunque volesse formulare un messaggio efficace di dotarsi di una Unique Selling Proposition, una "proposta di vendita unica", esclusiva, precisa, espressione di caratteristiche del prodotto reclamizzato rilevanti per il pubblico, che potesse descrivere al consumatore quel vantaggio specifico derivante dall’uso di quel bene specifico, plus che la concorrenza non avrebbe potuto offrire4. 1 Bernbach W. Bernbach W. 3 Si tratta della seconda rivoluzione creativa che si ebbe nella pubblicità americana negli anni ’50. La prima si verificò tra la prima e la seconda guerra mondiale ed ebbe tra i suoi principali promotori Raymond Rubicam, fondatore nel 1923, assieme a John Orr Young, della "Young & Rubicam", una delle più importanti agenzie pubblicitarie del mondo. 4 L’esempio classico che meglio può spiegare cosa debba intendersi per Unique Selling Proposition, più volte proposto dalla stesso Reeves, è legato alla sua campagna delle M&M’S. 2 Introduzione «[…] Non sto dicendo che gli annunci eleganti, spiritosi e coinvolgenti non vendano. Sto solo dicendo che ho visto migliaia di campagne eleganti, spiritose e coinvolgenti che non hanno venduto […]. Dovete rendere interessante il prodotto, non rendere differente l’annuncio. Ecco quello che troppi copywriter statunitensi non hanno ancora capito»5. Regole o non regole, questo è il problema. Al di là del rispetto o meno di norme formali, stilistiche legate, exempli gratia, all’uso della punteggiatura, alla lunghezza di ciascuna frase, ai termini da preferire o da evitare nei messaggi pubblicitari, è importante che coloro che lavorano nel settore dell’advertising rispettino le leggi, i codici, i decreti concepiti per tutelare il pubblico e le imprese concorrenti da coloro che, avvalendosi della comunicazione commerciale, possono perpetuare illeciti, offendendo la dignità della persona o agendo slealmente contro i propri competitor. «La pubblicità non è un diritto, è un privilegio. La nostra prima responsabilità non è verso il prodotto, ma verso il pubblico»6, affermava Howard Luck Gossage (1917-1969), a conferma della necessità di dover dimostrare senso di responsabilità nello svolgimento delle proprie attività che, invece, spesso, troppo spesso, manca. «Racconta Reeves che nel suo studio si presentò il responsabile delle M&M’S dicendo che "la pubblicità della sua azienda non aveva successo e che aveva bisogno di un’idea per incrementare le vendite. In realtà, come scoprii dopo dieci minuti di conversazione, l’idea pubblicitaria era proprio nel prodotto. Era l’unico cioccolatino rivestito di zucchero. L’idea era lì sul tavolo davanti a noi […]. Ora si entra nel campo della tecnica, che si occupa della maniera in cui si scrive, non di ciò che si dice nell’annuncio. In questo caso specifico misi due mani a pugno nello schermo e dissi: «In quale mano c’è il cioccolatino M&M’S? In questa […] no: è sporca. È in questa pulita, perché i cioccolatini M&M’S si sciolgono in bocca, non in mano»". L’affermazione "si sciolgono in bocca non in mano" è una vera USP, perché è esclusiva (nessun altro prodotto può dire altrettanto), è precisa e unica (M&M’S non distrae il pubblico dicendo anche che i cioccolatini sono buoni o allegri o economici…) è rilevante per il pubblico (mentre si è in giro con gli amici non è piacevole trovarsi con le mani sporche e non avere dell’acqua per lavarsi) ed ebbe un grande successo di mercato» (Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003 p. 71-72). 5 Reeves R. 6 Gossage H. L. 2 Introduzione Se è incontestabile affermare che attualmente il settore pubblicitario è protetto da norme quali il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il Codice del Consumo o il d. lgs. 145/2007, è pur vero che bisogna lavorare ancora tanto per giungere all’emanazione di una disciplina univoca che ponga delle regole dettagliate all’intero campo, controllando anche i messaggi veicolati su mezzi di comunicazione "speciali", quali Internet. Il presente lavoro si occupa nel dettaglio, infatti, proprio dell’e-advertising, la comunicazione commerciale online, e delle norme poste a garanzia di tale ambito di comunicazione. La Rete non può essere assimilata in toto agli altri media poiché presenta delle caratteristiche peculiari che la disciplina che deve regolare il settore non può non considerare. Ecco perché dall’analisi delle norme di autoregolamentazione o dei decreti statali, non può non emergere che un abissale vuoto normativo con il quale sono quotidianamente costretti a fare i conti inserzionisti e advertiser, ma anche concorrenti e consumatori. Dopo una minuziosa indagine sulla comunicazione commerciale che tenterà di illustrare l’evoluzione dell’advertising dalla sua origine alle ultime conquiste, ci si focalizzerà nello specifico sull’e-advertising, sui diversi formati pubblicitari utilizzabili in rete, dai banner al keyword advertising, alla pubblicità sui social network, e infine si esamineranno le opportunità offerte da Internet, soprattutto la sua "transnazionalità", così come tutte le sue pecche (Capitolo I). Si entrerà poi nel vivo della materia attraverso lo studio della normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online, esaminando in primis, nel capitolo II, le disposizioni "generiche" ad esse riferibili (quali, appunto, il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il decreto legislativo 6 settembre 2005 n. 206, "Codice del Consumo", e il decreto legislativo 2 agosto 2007 n. 145, "Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 05/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole"); mentre nel capitolo III ci si soffermerà sulle disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising, quali il decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70, "Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico", e si procederà con l’analisi della responsabilità civile dell’Internet Service Provider, 3 Introduzione (applicata anche al campo della tutela dei minori, attraverso la discussione del Codice "Internet e Minori"), e il lavoro dell’European Advertising Standards Alliance, quale soluzione possibile alla mancanza di normativa univoca riferibile alla comunicazione commerciale online. Il responso conclusivo sarà evidente: il vuoto normativo in materia. L’obiettivo del presente lavoro non è, comunque, esclusivamente capire quali disposizioni applicare in caso di illeciti compiuti attraverso la Rete, ma comprendere come realmente gli organi preposti al controllo del rispetto delle regole in discussione affrontino gli inganni perpetuati attraverso il web, anche nel caso di mancanza di normativa specifica. Nel capitolo IV si procederà con un approfondimento circa alcuni provvedimenti assunti da Giurì e Comitato di Controllo, dall’EASA e dall’AGCM, inerentemente alle comunicazioni commerciali online scorrette, concludendo con alcune proposte in merito da vagliare anche in sede legislativa. Non si vuole condannare a priori i legislatori di incapacità o di prestare scarsa attenzione alla realtà, alla sua evoluzione e ai bisogni della società stessa, quanto piuttosto spronarli a lavorare di più, e meglio. In un mondo in cui non si può non comunicare, in cui tutto si basa sulla comunicazione, anche veicolata attraverso il web, non si può assolutamente lasciare tutto al caso. I primi a subire le conseguenze degli illeciti compiuti attraverso l’advertising sarebbero gli utenti stessi, che potrebbero stancarsi dei tanti colori della pubblicità e, non nutrendo più fiducia nelle sue promesse, decretarne un triste "The end". 4 CAPITOLO I Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale Sommario: 1.1 Introduzione – 1.2 La pubblicità tra mezzi di comunicazione tradizionali e digitali – 1.3 Storia della pubblicità: dal papiro al web – 1.4 L’eadvertising: i diversi formati pubblicitari utilizzabili in Rete – 1.4.1 Il banner – 1.4.2 Le pop-up (e pop-under) windows – 1.4.3 L’interstitial – 1.4.4 Il mini-sito – 1.4.5 Il classified – 1.4.6 Il keyword advertising – 1.4.7 L’e-mail advertising 1.4.8 La comunicazione commerciale sui social network: i casi Facebook e Twitter – 1.5 Internet: un ricco bagaglio di opportunità – 1.6 Internet: un sistema di comunicazione troppo invadente - 1.7 Conclusioni. 1.1 Introduzione «Il più antico mestiere non è quello che popolarmente si crede. Il primo mestiere lo ha inventato un serpente, o meglio Satana mascherato sotto le apparenze di un serpente»1. Marco Vecchia, nel suo "Hapù", argutamente descrive il mestiere del pubblicitario proprio in questi termini, definendolo uno dei più antichi, anzi il primo ad essere stato creato. A suo dire, infatti, la storia del serpente che persuade Eva a mangiare la mela, altro non rappresenta che l’azione che ha condotto alla nascita della pubblicità, e non solo allo scatenarsi delle pene esistenziali dell’umanità. Il comunicatore Diavolo vuole vendicarsi di Dio e per raggiungere il suo obiettivo di comunicazione si serve di un piano strategico ben architettato: indurre Adamo ed Eva a disubbidire a Dio. Il target del rettile è rappresentato dal soggetto maggiormente suscettibile di essere influenzato, la donna, mentre nella copy strategy è delineata una promessa davvero lusinghiera: «Se mangerai il frutto dell’albero vietato, diventerai come Dio». Ecco, dunque, il serpente nelle vesti di un pubblicitario. Di frutti, nel paradiso terrestre, ve ne sono tanti. Eppure è questo quello che maggiormente attrae Eva, quello che lei più desidera, quello che ai suoi occhi le appare come il più bello, il migliore. La donna mangia la mela e 1 Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003 p. 23. 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale dopo convince l’uomo a fare altrettanto. Il diavolo è riuscito nel suo intento, proprio come accade in un comunissimo e moderno spot, proprio come succede, ad esempio, quando una casalinga desidera a tutti i costi non un comune detersivo per lavastoviglie ma esclusivamente "Finish Quantum", presentato come l’unico in grado di donare a piatti e stoviglie "La perfezione del diamante", come recita il claim, solo perché tra il luccichio della pietra preziosa e le note del tango utilizzato come soundtrack del commercial2, la consumatrice, o il consumatore, perde di vista qualità e prezzo e sogna lusso e seduzione utilizzando semplicemente una piccola e ordinaria pastiglia per lavastoviglie. Sembrerebbe la profanazione di un testo sacro eppure il breve episodio dell’Antico Testamento citato si è rivelato piacevolmente idoneo ad esplicare cosa si intenda per pubblicità. Sono in molti a ritenere i pubblicitari furbi comunicatori in grado di influenzare subdolamente le scelte dei consumatori, ma sono in tanti anche coloro che reputano gli stessi veri e propri geni, capaci di creare comunicazioni commerciali incantevoli e sorprendenti che per alcuni, per citare solo il caso degli spot tv, sono addirittura migliori dei programmi e dei film che vanno ad interrompere. Anche il trentaduesimo presidente degli Stati Uniti D’America, Franklin Delano Roosevelt, si era accorto della potenza di questa forma di comunicazione, tant’è che durante il discorso tenuto il 15 giugno del 1931 presso l’Advertising Federation of America pronunciò piacevoli parole a favore della pubblicità: «Se ricominciassi la mia vita, credo che preferirei lavorare in pubblicità che in qualsiasi altra professione. Perché la pubblicità è arrivata a coprire l’intera gamma delle esigenze umane e unisce autentica fantasia allo studio profondo della psicologia umana. Poiché porta a un gran numero di persone la conoscenza di cose utili, la pubblicità è essenzialmente una forma di educazione. […] Il generale miglioramento delle condizioni di vita nelle civiltà moderne sarebbe 2 La colonna sonora utilizzata è "Epoca" dei Gotan Project tratta dall’album "La Revancha del Tango". 6 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale stato impossibile senza quella conoscenza di livelli più elevati che è diffusa dalla pubblicità»3. Nel presente capitolo una breve ma puntuale disamina della questione permetterà di chiarire cosa si intenda per pubblicità e quale sia la sua storia, prestando attenzione al modo in cui viene declinata sui diversi mezzi di comunicazione, con esplicito riferimento all’e-advertising. È, naturalmente, questo un passo fondamentale che consentirà successivamente di comprendere quali sono le norme poste a tutela del settore e di capire quanto effettivamente sia arduo il compito di chi si trova ad analizzare le comunicazioni commerciali e ha il dovere di esprimersi sulla loro liceità, soprattutto in una realtà, come quella offerta da Internet, dove non ci sono confini né spaziali né giuridici né culturali che possano delimitare la materia4. L’arte del pubblicitario non può e non deve avere limiti soprattutto in una società in cui, purtroppo o per fortuna, l’immagine è più importante della verità, l’avere più dell’essere e i sogni, anche quelli veicolati attraverso annunci e spot, migliori della realtà. 1.2 La pubblicità tra mezzi di comunicazione tradizionali e digitali Il termine "pubblicità" trae origine dal sostantivo francese publicitè, a sua volta derivante da public, ovvero "pubblico" (dal lemma latino publicus)5. Le accezioni del termine riportate dal Dizionario della Lingua Italiana De Mauro sono tre6. Nel primo caso si fa riferimento alla peculiarità dell’oggetto della discussione di 3 www.gandalf.it/bassat1.htm: Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del mestiere", Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 2005. 4 A tal proposito si rimanda ai Capitoli II e III che saranno dedicati alla normativa vigente in materia di comunicazioni commerciali e che affronteranno la questione dell’assenza, relativamente ad Internet, di una disciplina unitaria che, abbattendo il problema-vantaggio della transnazionalità del mezzo, possa portare a pronunce univoche sulla scorrettezza o validità di un annuncio diffuso in paesi diversi da quello di origine con relative regolamentazioni differenti. 5 Cossutta M., "Sull’utilizzo fuorviante d’un termine. Il caso dei vizi della pubblicità" in "Tigor: rivista di Scienze della Comunicazione", 2010, p. 44. 6 Definizione di "pubblicità" tratta dal Dizionario della Lingua Italiana De Mauro, versione elettronica. 7 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale essere pubblico, di essere accessibile al pubblico; nel secondo, al rendere pubbliche informazioni o notizie tra la popolazione attraverso un atto di divulgazione; la terza accezione, infine, designa la propaganda svolta da un’azienda per richiamare l’attenzione del pubblico sul proprio prodotto al fine di incrementare le vendite, da cui, per estensione, qualsiasi forma di annuncio, soprattutto riportato dai mass media, cui sia affidato tale compito. Tre significati, tre aspetti in rilievo: la caratteristica pubblica di un oggetto o concetto; l’azione del rendere pubblico; le tecniche e i mezzi di divulgazione7. In inglese il termine è reso con advertising, "avvertimento", voce che mette in luce il processo tecnologico di natura commerciale volto ad attirare l’interesse del target della comunicazione; in francese si utilizza réclame, "richiamo", che pone, invece, l’attenzione sia all’attività finalizzata a diffondere un prodotto, i suoi pregi, e le sue qualità, che al mezzo utilizzato per inviare il messaggio. Ogni pubblicitario che si rispetti ed ogni manuale sull’argomento ha fornito una definizione di "pubblicità" tentando di illustrare, a vario titolo, uno degli aspetti più pervasivi del nostro mondo. Ancora una metafora di Vecchia aiuta a comprendere la portata del fenomeno. Il comunicatore paragona la stessa, infatti, ad un quadro "puntinista" (o meglio, "divisionista"): «Succede per molti oggetti materiali o immateriali che, se li osserviamo da lontano, ci pare di coglierne la forma e di essere in grado di descriverli e che, invece, se ci apprestiamo per guardarli più in dettaglio, non diventano per questo più comprensibili, ma al contrario – come avviene con un quadro pointilliste – i contorni e i particolari non si precisano ma vanno sempre più sfumando, finché non percepiamo null’altro che colori e luci, privi di qualsiasi struttura e di qualsiasi significato. Così è per la pubblicità: attività umana ben nota a chiunque abiti il mondo capitalista (e non solo capitalista […]); un’attività che si esplica con forza pervasiva nella nostra vita quotidiana […]; un fenomeno di cui tutti si sentono così esperti da 7 Cossutta M., "Sull’utilizzo fuorviante d’un termine. Il caso dei vizi della pubblicità" in "Tigor: rivista di Scienze della Comunicazione", 2010, p. 44. 8 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale ritenersi autorizzati a parlarne e a criticarlo, quasi come avviene per il calcio. Sennonché, al momento di provare a darne una definizione, la questione si rivela estremamente più complessa e, per quanto si cerchi, è difficile se non impossibile incontrare una formulazione che sia veramente soddisfacente»8. Già Henry Ford, per citare solo una delle più note definizioni di "pubblicità", era solito tratteggiarla come «L’anima del commercio», mentre è stata successivamente descritta da Abruzzese e Colombo come «Una pratica sociale, volta all’esibizione di contenuti simbolici, con funzioni di persuasione e socializzazione, solitamente realizzata nel contesto di un più vasto scambio di stampo economico e/o comunicativo»9. Più recentemente il sociologo Giampaolo Fabris, invece, ha evidenziato la necessaria presenza, durante un atto di comunicazione pubblicitaria, di una fonte, di un canale e di un obiettivo affermando che l’advertising costituisce «Una forma di comunicazione unilaterale, in cui è (o dovrebbe essere) sempre individuabile chi promuove, generalmente veicolata dai grandi mezzi di comunicazione di massa, rivolta a stimolare la propensione al consumo»10. Ancora, Lombardi ha rimarcato gli elementi simbolici ad essa soggiacenti sostenendo che il compito più prezioso della pubblicità consiste nel «Costruire una marca, scriverne il discorso, ottenendo nel pubblico scelto la percezione dell’insieme delle promesse legate al posizionamento strategico stabilito dell’azienda»11; mentre Bassat ha ribadito quanto essa sia una forma di comunicazione argomentativa asserendo che rappresenta «L’arte di convincere i consumatori»12. Anche la giurisprudenza non è rimasta immune dalla necessità di dare una chiara spiegazione di questo termine per meglio tracciare i confini di applicazione delle norme stesse. 8 Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 11. 9 Abruzzese A., Colombo F., "Dizionario della pubblicità", Zanichelli, Bologna, 1994. 10 Fabris G., "La pubblicità. Teorie e prassi", FrancoAngeli, Milano, 2002, p 22. 11 Lombardi M., "IL nuovo manuale di Tecniche Pubblicitarie. Il senso e il valore della pubblicità", FrancoAngeli, Milano, 1998, 171. 12 www.gandalf.it/bassat1.htm Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del mestiere", Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 2005. 9 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale Il d. lgs. n. 145 del 2 agosto 2007, "Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 05/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole", che tutela i professionisti dagli effetti della pubblicità ingannevole attuata dai concorrenti e che fissa le condizioni di liceità della pubblicità comparativa (così come è sancito dall’art. 1 "Finalità"), stabilisce ex art. 2, nell’ambito delle "Definizioni", che va intesa come "pubblicità" «Qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi». Una nozione piuttosto ampia che include anche la pubblicità istituzionale13 che persegue direttamente uno scopo promozionale ma non la comunicazione non diffusa da un operatore economico che sia volta a promuovere un’iniziativa senza scopo di lucro, né gli annunci a carattere politico, ideologico o religioso14. Sulla cinquantatreesima edizione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale entrata in vigore il 21 novembre 2011, il cui primo scritto risale al 12 maggio del 196615, si legge, tra le definizioni riportate tra le "Norme Preliminari e Generali" (lett. e), che «Agli effetti del Codice il termine "Comunicazione Commerciale" comprende la pubblicità e ogni altra forma di comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o servizi quali che siano le modalità utilizzate, nonché le forme di comunicazione disciplinate dal titolo VI16. Non comprende le politiche commerciali e le tecniche 13 La "pubblicità istituzionale" ha come fine non la vendita di beni o servizi, bensì la promozione dell’azienda in quanto tale, la diffusione del brand, la notorietà della filosofia aziendale. 14 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 234. 15 Il 12 maggio 1966 il Comitato Permanente Interfederale della Pubblicità diede vita al primo "Codice della Lealtà Pubblicitaria" (denominazione commutata nel 1975 in "Codice di Autodisciplina Pubblicitaria" e nel 2008 in "Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale"), ratificato da FIEG-Federazione Italiana Editori Giornali, RAI e UPA-Utenti Pubblicità Associati. L’attuale legislatore, utilizzando l’espressione "Comunicazione Commerciale" ha optato per una nozione più ampia di pubblicità comprendente ogni forma di messaggio, diffuso attraverso qualsiasi mezzo, diretto a promuovere la vendita di beni o servizi, ben al di là dell’advertising commerciale in senso stretto, ma includendo anche le scritte apposte sulle confezioni del prodotto, i folders, le televendite, le telepromozioni, le promozioni delle vendite, le comunicazioni di pura immagine, la pubblicità istituzionale, gli annunci teaser, la pubblicità sociale, le sponsorizzazioni, il direct marketing, le fiere, le mostre (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 378 e seg.). 16 Il titolo VI del Codice disciplina la "Comunicazione Sociale", volta a «Sensibilizzare il pubblico su temi di interesse sociale, anche specifici, o che sollecita, direttamente o indirettamente, il 10 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale di marketing in sé considerate». Ancora una volta si tratta di una nozione estremamente vasta, volta a rendere applicabili le norme del suddetto Codice ad ogni comunicazione che si pone come supporto intenzionale e interessato di un’attività economica, non necessariamente a carattere imprenditoriale o direttamente finalizzata alla promozione delle vendite, comprendendo anche la pubblicità indirizzata al miglioramento della brand image e della brand reputation17. L’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha adottato una nozione esplicativa dell’essenza delle comunicazioni commerciali: «La natura pubblicitaria di una comunicazione d’impresa è rinvenibile ogniqualvolta la promozione di beni o servizi si presenti come lo scopo primario e diretto della comunicazione stessa. Nelle fattispecie concrete, al fine di verificare se lo scopo pubblicitario perseguito sia diretto o mediato, primario o secondario, si è ritenuto che vada preliminarmente esaminato il contenuto della comunicazione»18. Insomma, che sia di prodotto o istituzionale19 la pubblicità può essere semplicemente delineata come una forma di comunicazione a pagamento basata sull’acquisto di spazi su mezzi di comunicazione di massa per la presentazione di beni e/o servizi e delle organizzazioni tout court. Una forma di comunicazione dunque argomentativa, di massa, funzionale a un progetto più vasto e in cui per l’utilizzo del canale è previsto un pagamento20. Una "forma di comunicazione" poiché presuppone che vi siano un "emittente" che, in un determinato "contesto", dà inizio al processo comunicativo, un "messaggio" che è veicolato attraverso una "canale" e che raggiunge un "destinatario", il tutto utilizzando un determinato "codice" (ad esempio la lingua, i gesti) che, affinché si possa dire riuscita la comunicazione, deve essere condiviso da emittente e destinatario. Inoltre, saranno importanti anche la figura del "committente" e la volontario apporto di contribuzioni di qualsiasi natura, finalizzate al raggiungimento di obiettivi di carattere sociale». L’unico articolo che il titolo comprende è il n. 46, "Appelli al pubblico". 17 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 234. 18 Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa. Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 169. 19 Per "pubblicità di prodotto" si intende quella che ha come oggetto beni o servizi e come obiettivo la promozione degli stessi e lo stimolo all’acquisto. Circa la nozione di "pubblicità istituzionale" vedi supra nota 13. 20 Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 18. 11 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale misurazione del feedback. Relativamente alle comunicazioni pubblicitarie, "committente" sarà l’impresa, o comunque il soggetto che intende promuovere un bene, un servizio o se stesso, "emittente" sarà l’agenzia pubblicitaria, "messaggio" la campagna, "canale" i media e "destinatario" il target group. Si parla poi, nello specifico, di "forma di comunicazione argomentativa" e, dunque, persuasiva, in quanto il discorso pubblicitario si prefigge come scopo primario di riuscire a provocare «l’adesione delle menti a una tesi»21, sia essa l’acquisto di un prodotto o la promozione dell’immagine aziendale. Desta qualche dubbio, tuttavia, affermare che si tratti di una comunicazione "di massa". Se ciò, di fatto, poteva valere fino a poco tempo fa con l’uso esclusivo di mezzi tradizionali come televisione, stampa e radio, attualmente con lo sviluppo di Internet come medium pubblicitario, grazie all’affinamento estremo delle tecniche di segmentazione e attraverso la pratica del marketing one-to-one, sono possibili, al contempo, anche comunicazioni incredibilmente personalizzate dove, dunque, target non è la massa indistinta ma l’individuo specifico. Il "progetto più vasto" di cui è funzione la pubblicità, così come si legge nella precedente definizione fornita da Vecchia è legato agli scopi effettivi prefissati dal committente della comunicazione commerciale come potrebbe essere la reale vendita del prodotto o l’erogazione del servizio. La comunicazione pubblicitaria è solo un gradino verso un risultato finale, uno strumento funzionale al compimento del piano aziendale generale e al raggiungimento del vero obiettivo di corporate (ad esempio incrementare le vendite del 10%). La pubblicità, da sola, non fa vendere più prodotto, non fa ottenere il potere: per raggiungere questi risultati occorre una mirata e complessa strategia che preveda un piano d’azione in cui molte armi vengono messe in campo; una di queste è l’advertising, spesso è la più importante, quasi sempre è indispensabile e insostituibile, ma quasi mai riesce a raggiungere da sola l’obiettivo finale: dalla pubblicità si può solo pretendere che 21 Le parole sono di Chaïm Perelman (Perelman C., Olbrechts-Tyteca L., "Traité de l’argomentation. La nouvelle rhétorique", Parigi, Presses Universitaires de France, 1958) che affermava che «L’argomentazione è una tecnica atta a provocare o accrescere l’adesione delle menti alle tesi che vengono presentate al loro consenso» (Vecchia M., "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 15). 12 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale raggiunga il proprio specifico obiettivo di comunicazione, ossia l’adesione delle menti alla propria tesi22. In ogni caso, per poter dar luogo alla pubblicità deve esservi il pagamento dello spazio pubblicitario, sia esso uno spot da mandare in onda in tv, un passaggio in radio, un manifesto in strada, un banner su Internet. Nel caso dell’e-advertising (pubblicità elettronica) avremo sempre una forma di comunicazione a pagamento che, in questa circostanza, presuppone inevitabilmente l’acquisto di spazi su mezzi di comunicazione digitali ed è finalizzata all’informazione, alla creazione di notorietà di prodotto, di marca o dell’impresa nel suo complesso e alla persuasione all’acquisto del target. Grazie allo sviluppo dell’e-commerce, il processo di vendita e di acquisto supportato dai mezzi elettronici, è possibile comprare ciò che si desidera direttamente online: lo shopping a portata di click. Ricordiamo comunque che l’e-advertising è solo una delle forme di comunicazione utilizzabile nell’ambiente digitale accanto al direct marketing elettronico, la promozione delle vendite online, le sponsorizzazioni digitali, il merchandising interattivo, le relazioni pubbliche in rete. 1.3 Storia della pubblicità: dal papiro al web La pubblicità è ovunque: in tv, in radio, in strada, in aeroporto, sul telefonino, in Internet e nei luoghi più impensabili. Sia essa palese o occulta, ormai ha colmato la nostra vita, le nostre esperienze, gli ambienti che frequentiamo, diventando spesso parte dell’arredo urbano delle nostre città, provocando un’assuefazione tale per cui la sua presenza non sempre è avvertita, almeno in modo conscio. Il problema dell’affollamento pubblicitario non riguarda solo i consumatori odierni. Già Samuel Johnson nel 1759 sul settimanale "The Idler" scriveva che «Gli annunci pubblicitari sono oggi così numerosi, che sono letti con negligenza, ed è perciò divenuto necessario conquistare l’attenzione 22 Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p 17. 13 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale con magnificenza di promesse, e con eloquenza talvolta sublime e talvolta patetica. Promesse, grandi promesse: questa è l’anima della pubblicità»23. Parole attuali e siamo solo nel 1759. E non c’è tanto da stupirsi se si considera altresì che 17 anni prima era nato anche l’advertising comparativo ad opera di Benjamin Franklin, che vantava la sua stufa attraverso la vivida rappresentazione dei rischi che si potevano correre con gli altri comuni e banali apparecchi24. Di fronte al vero e proprio caos pubblicitario il consumatore cerca di evitare la réclame facendo zapping col telecomando, sfogliando velocemente le pagine del giornale. Bassat e Livraghi notano che il moderno consumatore è un esperto di tecniche di filtraggio dei messaggi che riceve poiché gli basta esclusivamente un esame superficiale degli annunci per capire quali sono degni di essere ascoltati ed elaborati e quali, al contrario, devono essere ignorati senza pietà. Due sono i fattori in gioco in questa selezione: le esigenze, i gusti e gli umori momentanei del pubblico; la capacità creativa messa in gioco dai pubblicitari per rendere i commercial rilevanti e richiamare l’attenzione del target. Il bilancio è spietato: dei mille messaggi quotidiani, un consumatore normale ne ricorda con precisione tre. I restanti 997 possono rimanere sterili, vacui, inutili25. Banner, spot, campagne radio sono comunque creazioni relativamente recenti. Se si desidera ricostruire la storia dell’advertising bisogna indagare nel passato più remoto. Al di là del piacevole episodio biblico raccontato in chiave pubblicitaria da Vecchia26, la prima forma di pubblicità giunta fino a noi, come descrive lo stesso autore27, è un papiro egizio della fine del II millennio a.C. in cui si invitavano i 23 www.gandalf.it/bassat1.htm Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del mestiere", Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 2005. 24 L’annuncio così recitava «(Le stufe normali) con le loro bocche piccole permettono che nella stanza si creino correnti di aria fredda, il che rende molto sgradevole e pericoloso sedersi davanti a loro. Le donne, in particolare (che passano molto tempo sedute in casa) contraggono per colpa loro catarri, reumi e deformazioni delle mascelle che distruggono innanzi tempo molte belle dentature in queste colonie settentrionali». Dunn W., "Publicidad", México, UTEHA, 1967 (Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 40). 25 http://gandalf.it/bassat1.htm: Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del mestiere", Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 2005. 26 Vedi supra, paragrafo 1.1. 27 Una breve storia della pubblicità è contenuta in Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003 p. 24 e segg. 14 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale cittadini di Tebe ad aiutare il tessitore Hapù a rintracciare uno schiavo fuggitivo. Si trattava senza dubbio di un proclama pubblico sennonché accanto alle caratteristiche del fuggitivo e l’offerta della ricompensa vi era una frase molto particolare e apparentemente fuori luogo: «Il negozio del tessitore Hapù, dove si tessono le più belle tele di tutta Tebe, secondo il gusto di ciascuno». Parliamo senza dubbio della preistoria della pubblicità eppure eccola, nella sua forma più chiara ed evidente. Analizzando il fenomeno nel dettaglio va comunque constatato che i primi messaggi non erano nemmeno scritti ma annunciati a voce da araldi e banditori che a Roma si chiamavano praecones, mentre un altro mezzo di comunicazione pubblicitario era costituito dagli axon greci o album romani: una superficie in legno o muratura ricoperta di vernice bianca su cui si scrivevano annunci pubblici o privati che successivamente veniva ricoperta di bianco per lasciare spazio a nuove comunicazioni. Nell’antica Roma vi era anche il libellus, foglietto che veniva appeso alle pareti e corrispondeva al nostro annuncio economico, mezzo divenuto poi particolarmente importante dal 59 a.C., anno in cui Giulio Cesare istituì gli Acta Diurna, progenitori dei nostri giornali, sui quali erano riportate notizie di cronaca. Insegne dei negozi e degli artigiani costituivano anche loro mezzi attraverso i quali rendere noto il nome della bottega, la definizione del tipo di commercio svolto e il "marchio" del commerciante. Nel Medioevo continuarono ad essere utilizzati i media della Roma Imperiale e fu solo nel XIV secolo che cominciarono a svilupparsi nuovi modi per diffondere la pubblicità grazie all’arrivo della stampa xilografica e, successivamente nel XV secolo, all’invenzione dell’incisione su lastra metallica. Tecniche di stampa di certo molto dispendiose cui seguì l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Johannes Gutenberg della metà del XV secolo che rese molto più economico questo processo. All’epoca venivano stampati soprattutto volantini religiosi, comunicazioni per medici, farmacisti, commercianti di libri, pubblicità di iniziative turistiche, spettacoli ed eventi festivi e si trattava comunque sì di episodi diffusi ma non frequenti. 15 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale Il vero mutamento che diede il primo impulso all’evoluzione e al prepotente sviluppo della pubblicità fu la nascita del giornale28 e la prima inserzione pubblicitaria fu pubblicata su una Gazette del 1631 per l’acqua minerale Forges29. L’advertising, nelle forme maggiormente vicine a quelle che conosciamo oggi, iniziò lentamente a sprigionare tutte le sue potenzialità e nel 1711 Joseph Addison gli dedicò perfino un articolo sulle pagine del celebre "Spectator" sostenendo che la pubblicità aveva una funzione di rivalsa sociale in quanto «Un uomo che non ha titoli per figurare sulle gazzette può apparirvi grazie agli annunci, cosicché un bottegaio vi si trova al fianco di un ministro»30. Molti di questi giornali riuscivano a mantenersi proprio attraverso la pubblicazione degli annunci (come accade attualmente). Con il finire del XVIII secolo, grazie agli sviluppi economici e, conseguentemente, dei mezzi di comunicazione, la storia della pubblicità subì un’accelerazione. Era l’epoca della rivoluzione industriale: le invenzioni delle macchine a vapore, della pila di Volta e i perfezionamenti delle attrezzature che potevano sostituire il lavoro umano esplosero e, di conseguenza, aumentarono i prodotti in commercio. Si sviluppò la concorrenza di mercato e nacque l’esigenza di apporre sulle merci marchi di riconoscimento in modo tale da poter contraddistinguere la produzione proveniente da commercianti diversi. In questo 28 «Già lungo tutto il XVI secolo erano stati diffusi degli stampati di uno o più fogli che andavano sotto il nome di "gazzette" e che riportavano notizie politiche e pettegolezzi, informazioni sul commercio e scritti satirici, ma è solo nel 1609 che Johann Carolus edita ad Augusta l’"AvisoRelation oder Zeitung", il primo vero periodico, a regolare frequenza settimanale. Negli anni successivi, in tutta Europa, fu un proliferare di periodici che ancora, però, non ospitavano annunci. L’incontro fra la stampa periodica e annunci pubblicitari è stata probabilmente propiziata da Michel de Montaigne (1533-1592) che, nei suoi Essais, propone una formula progenitrice dei cosiddetti annunci economici […]».Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 31. 29 Sull’annuncio si leggeva «La siccità della stagione ha incrementato l’importanza delle acque minerali, tra le quali la più apprezzata è quella di Forges. Trent’anni fa il grande medico Monsieur Martin la rese di moda; l’ammirazione popolare è dalla sua parte; attualmente Monsieur Bonnard, primo medico regale, l’ha innalzata a quell’altissimo grado di celebrità, che la sua grande fedeltà, capacità e esperienza possono offrire ai prodotti che meritano di essere presentati a Sua Maestà, il quale ne beve come cura preventiva; esempio imitato da tutta la Corte», Vecchia M, "Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria", ed. Lupetti, Milano, 2003, p. 32. 30 Ibidem, p. 34. 16 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale scenario, la pubblicità acquistò un ruolo decisivo come veicolo di informazione e strumento di persuasione da utilizzare ben al di là dei confini cittadini in cui, dalle sue origini, era rimasta confinata. Una estensione del dominio pubblicitario favorita ancora una volta dallo sviluppo industriale che venne applicato anche ai procedimenti di stampa. Nel 1796 ci fu l’invenzione della stampa litografica ad opera del musicista Alois Senefelder; nel 1811 Friedrich Koening perfezionò la macchina da stampa; nel 1818 Pierre Lorilleux creò l’inchiostro da stampa che consentiva l’impiego di carta molto più economica. Se il primo medium di massa che la pubblicità ha incontrato nell’arco della sua esistenza è stato la stampa, nel 1800 essa ha conosciuto il manifesto, supporto che ne ha rappresentato la svolta, e mentre nel primo caso gli annunci erano, nel loro aspetto e linguaggio, poco curati, con i manifesti divennero veri e propri prodotti d’arte. Édouard Manet, Jules Chèret, Eugène Samuel Grasset, Henri de Toulouse Lautrec, Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, Umberto Boccioni, Fortunato Depero, sono solo alcuni degli artisti che negli anni, con tecniche e stili diversi, si sono dedicati al manifesto pubblicitario. Fino ai primi decenni dell’Ottocento l’attività pubblicitaria era svolta in maniera artigianale: solitamente era la stessa azienda che contattava un redattore per il testo, un illustratore per le immagini e si rivolgeva ai giornali o alle imprese di incollaggio per pubblicare l’annuncio o affiggere il manifesto. Furono gli Stati Uniti la patria della prima agenzia pubblicitaria che nacque nel 1843 a Philadelphia dal fondatore Volney V. Palmer, un evento resosi necessario a causa dell’espansione commerciale delle imprese committenti. Le prime agenzie, comunque, non si occupavano dello studio della campagna pubblicitaria, piuttosto fungevano da intermediari tra chi possedeva gli spazi o incollava i manifesti e i professionisti committenti. In Europa la prima agenzia fu creata da Charles Duveyrier a Parigi nel 1845 e diciotto anni dopo ne fu aperta una anche in Italia, a Milano, dal farmaceutico bresciano Attilio Manzoni che produceva e distribuiva annunci per la propria industria. Lentamente anche la creatività entrò a far parte del lavoro di queste strutture, conseguentemente al crescere delle agenzie e all’aumentare della concorrenza. 17 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, nuove invenzioni sorpresero l’umanità: fax, telex, telefono, disco visivo, vero antenato, quest’ultimo, della televisione. E ancora, nel 1927 nacque il cinema sonoro mentre nel 1928 in America ci fu il primo esperimento di tv a colori. Presero forma, dunque, i veri mezzi audiovisivi. La radio divenne a tutti gli effetti un canale pubblicitario anche se inizialmente utilizzato più per le sponsorizzazioni che per la diffusione di spot audio. Nel 1930 in Gran Bretagna, l’advertising iniziò ad essere utilizzato anche in televisione. In Italia la prima trasmissione radiofonica venne avviata il 6 ottobre del 1924 da parte dell’URI (Unione Radiofonica Italiana)31, nata a Torino pochi mesi prima e nel 1926 cominciò la pubblicità radiofonica a cura della Sipra (Società Italiana Pubblica Radiofonica Anonima). I primi veri programmi televisivi arrivarono, invece, solo nel 1954 con la RAI, nonostante la prima trasmissione ufficiale sul territorio italiano si fosse già avuta ad opera della tv vaticana nel 1933, che però cessò immediatamente il ruolo di emittente. Il 3 febbraio 1957 venne alla luce "Carosello", trasmissione andata in onda sul Programma Nazionale della Rai fino al 1 gennaio 1977. Rigide norme della Sacis (Società per Azioni Commerciale Iniziative Spettacolo, organismo dominato da democristiani e cattolici) vigevano sul corretto utilizzo di questo programma a contenuto pubblicitario. Vi era, innanzitutto, una parte di spettacolo di 100 secondi ("pezzo") in cui era vietato ogni riferimento al prodotto successivamente pubblicizzato. Poi vi era il "codino" di massimo 35 secondi che consisteva nella pubblicità vera e propria; ogni episodio durava 2 minuti e 15 secondi32. Il passaggio dal "pezzo" al "codino" veniva scandito da una "frase-chiave" pronunciata dal protagonista e doveva esservi sempre netta separazione tra i due momenti. La parte di spettacolo non poteva essere riutilizzata e, inoltre, il nome della marca o del prodotto non potevano essere pronunciati per più di sei volte né potevano comparire marche concorrenti produttrici dei medesimi beni di consumo nella stessa trasmissione33. 31 Ricordiamo che l’URI fu trasformata nel 1928 in EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) e nel 1944 in RAI (Radio Audizioni Italiane). In seguito all’avvio delle trasmissioni televisive regolari la Radio Audizioni Italiane S.p.A. divenne Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A. Da ultimo c’è stata, nel 2004, la fusione della Rai Holding S.p.A. con la Rai S.p.A. fondando la società attuale. 32 www.mondocarosello.com. 33 Altre importanti regole erano le seguenti: dovevano essere escluse opere che presentavano la disonestà, il vizio o il delitto in maniera atta a suscitare compiacenza o imitazione o che 18 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale Veniva trasmesso ogni giorno alle 20,45 (tranne il Venerdì Santo e il 2 Novembre) e poi «Tutti a nanna dopo Carosello», come rammenta ancora chi ha vissuto in quegli anni questo vero e proprio evento pubblicitario. Furono trasmessi, in totale, 7261 episodi. Carosello è attualmente ancora ricordato come un fenomeno eccezionale, figlio dell’arte, che univa divertimento e teatralità. Anche i ragazzi di oggi ne sono affascinati e sono molti i passaggi mandati tuttora in onda in tv e facilmente reperibili anche sul web. Molti dei personaggi creati, sono ancora vivi nell’immaginario collettivo e spesso riutilizzati, come è accaduto con Carmencita per il caffè Lavazza o Calimero per il detersivo Ava della società Mira Lanza. «In realtà tutta questa vicenda nacque da un compromesso ipocrita e contorto. La Rai temeva le critiche per il fatto che aveva il canone, e in più voleva anche la pubblicità. Temeva soprattutto la potente lobby degli editori di giornali, la Fieg, che odiava allora, come odia oggi, la pubblicità televisiva. Voleva anche assecondare un’altra potente lobby, quella delle case di produzione cinematografica, creando un meccanismo che facesse entrare un po’ di soldi nelle loro labili casse. L’idea iniziale era che la produzione dei film fosse controllata dalla Rai, cioè che pensasse la Sacis a produrre, o a far produrre da Cinecittà, una serie di film, cui poi sarebbero stati "attaccati" messaggi pubblicitari. Ma presto si resero conto che produrre 120 film al mese, e poi dover discutere con gli utenti e con le loro agenzie sulla qualità dei film cui era collegata la loro pubblicità, era un’impresa esageratamente complessa. E così decisero di scaricare il barile a noi. Pensavano di chiamare il programma "Luna Park" e di usare come sigla la marcia dei gladiatori, cioè quella musica che accompagna risultavano volutamente volgari, truci, ripugnanti, terrificanti; la presentazione di storie poliziesche era consentita a condizione che il reato non fosse riprodotto con eccessivi particolari tecnici raccapriccianti e che ne derivasse una pronta condanna; non si dovevano presentare con compiacimento vicende di adulterio, ponendo in ogni caso in rilievo che le relazioni adulterine costituivano una grave colpa; le relazioni sessuali non dovevano eccitare, le scene erotiche erano proibite e persino i baci dovevano essere rappresentati con discrezione e senza indurre a morbose esaltazioni; non si potevano pronunciare termini come sudore, forfora, depilazione, deodorante e così via né si potevano pubblicizzare indumenti intimi. 19 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale l’entrata dei pagliacci nel circo. Riuscimmo a convincere la Rai che bisognava trattare la pubblicità in modo magari allegro, ma con meno disprezzo; così nacquero i siparietti e la musica che tutti conosciamo […]. La Sacis da organizzazione produttiva si trasformò in censore. Aveva potere assoluto di censura preventiva»34. Nel 1977, dopo una sentenza della Corte Costituzionale dell’anno precedente, si diede il via alla liberalizzazione dell’eteree e le tv "libere", private, proliferarono. Esplose, di conseguenza, la pubblicità televisiva, fonte di sostentamento per queste reti. Intanto, nel 1969 era nato ARPANet (Advanced Research Projects Agency NETwork), dagli studi dell’ARPA, finanziati dal Ministero della Difesa degli Stati Uniti. Lo scopo era quello di realizzare uno strumento di comunicazione flessibile che garantisse il collegamento tra le strutture militari anche nel caso in cui il messaggio avesse trovato un ostacolo nel suo percorso, utilizzando in tal modo strade alternative35. Per far ciò si usava la normale linea telefonica (linea commutata). Inizialmente venne creata una rete (insieme di più computer collegati tra loro da linee di trasmissione che può essere locale, quando i componenti della stessa sono collocati in uno spazio fisico limitato, ovvero geografica, se i computer sono dislocati su un’area geografica più o meno ampia e collegati da linee telefoniche o radio; le reti sono gestite da server, computer che fungono da nodi d’irradiazione) che collegava quattro nodi: L’Università della California di Los Angeles, l’SRI di Stanford, l’Università della California di Santa Barbara e l’Università dello Utah. Nel 1972 ARPANet contava trentasette nodi. Il primo, rudimentale, protocollo di comunicazione36 utilizzato era il NCP (Network Control Protocol), sulla cui base vennero realizzati il File Transfer 34 www.gandalf.it/m/carosell.htm: Livraghi G., "Una cattiva ricetta italiana. La sindrome di Carosello" in Bassat L., Livraghi G., "Il nuovo libro della pubblicità. I segreti del mestiere", Il Sole 24 Ore Libri, Milano. Ricordiamo che Giancarlo Livraghi, pubblicitario e scrittore italiano, ha lavorato per molte grandi imprese italiane e internazionali come professionista della pubblicità. 35 Principalmente si voleva creare una rete di elaboratori decentrata che potesse resistere ad un possibile attacco nucleare da parte dell’Unione Sovietica. Ricordiamo che siamo negli anni ’60, all’epoca della Guerra Fredda. 36 Per "protocollo di rete" si intende un insieme di regole o meccanismi che due apparecchiature, collegate tra loro, devono rispettare per poter comunicare e trasmettere dati. 20 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale Protocol, per il trasferimento di file, il Telnet, per l’emulazione di terminale, e primitivi sistemi di posta elettronica. L’e-mail, nacque nel 1972: si tratta di un servizio Internet, creato da Ray Tomlinson e perfezionato da Jonathan Bruce Postel, grazie al quale gli user possono inviare e ricevere messaggi. Costituisce l’applicazione più utilizzata attualmente, sfruttata anche per fini pubblicitari. Nel 1973 Vinton Cerf e Bob Kahn svilupparono un nuovo protocollo per la comunicazione base tra gli host37: il TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol), che implementava in modo semplice ed efficiente le idee di trasmissione a pacchetti in una rete decentrata, ma soprattutto permetteva di integrare facilmente in un unico ambiente comunicativo reti e mezzi di comunicazione diversi. La portata di tale sistema, contando anche sulla facilità di connessione, fece sì che ARPANet si sviluppasse anche al di là dell’oceano38. A metà degli anni ’80 la rete cominciò a diffondersi al di fuori della comunità scientifica e delle universitaria cosicché, ben presto, giornali, associazioni private, istituzioni politiche riuscirono a collegarsi attraverso un protocollo uniforme, l’Internet Protocol. Era nato Internet anche se fino al 1991 erano ancora in pochi coloro che utilizzavano effettivamente la rete. La rivoluzione arrivò infatti in quell’anno, quando dai laboratori del CERN di Ginevra, Tim Berners Lee creò il World Wide Web39, l’interfaccia grafica che permette la facile consultazione delle informazioni circolanti. Precedentemente, infatti, il ricercatore aveva definito il protocollo HTTP (HyperText Transfer Protocol), un sistema che permetteva la lettura ipertestuale e non sequenziale dei documenti, utilizzando il sistema dei link (rimandi). Si è sviluppato, così, il web come nuovo medium di massa utile anche per la comunicazione commerciale. Internet è definito come «La rete delle reti», una rete mondiale di trasmissione elettronica di dati. I messaggi inviati vengono trasformati in impulsi 37 Un host (nodo ospite) consiste in un terminale collegato ad una rete e soprattutto ad Internet. Può trattarsi di un computer, un palmare, uno smartphone. 38 L’Italia fu il terzo paese Europeo a connettersi in rete dopo Norvegia e Inghilterra grazie ai finanziamenti del Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti. La connessione avvenne da Pisa il 30 aprile 1986. 39 Si tende ad utilizzare, erroneamente, Internet e Web come sinonimi. In realtà il www è solo una parte di Internet, come lo è la posta elettronica, e permette di accedere ai servizi Internet. Quest’ultimo, invece, non contiene informazioni ma è uno strumento che trasporta i contenuti: è una rete di reti che collega i computer tra di loro (Vezzosi M., "Internet e il Web come risorsa informativa", consultabile all’indirizzo http://dspace-unipr.cilea.it/bitstream/1889/394/1/Web.pdf). 21 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale elettromagnetici grazie ad un codice binario. Internet può essere quindi classificato come una modalità di interconnessione ed interoperatività tra reti eterogenee resa possibile grazie ad un protocollo comune di trasmissione dei dati (il TCP/IP) caratterizzato da regole standard per comporre i messaggi, e dunque da un medesimo linguaggio, che permette il collegamento fra le diverse reti40. L’ultima frontiera raggiunta è il Web 2.041. Non si tratta di un’evoluzione tecnologica rispetto al Web 1.0, né di un cambiamento nel linguaggio alla base delle rete, né tantomeno di una nuova versione di Internet, più aggiornata ed accessibile solo a coloro che dispongono delle apparecchiature software o hardware adatte42. Con Web 2.0 intendiamo una nuova concezione del www in cui lo user è maggiormente attivo ed è addirittura egli stesso creatore di contenuti, in cui sono disponibili nuove modalità di socializzazione, forte spirito di partecipazione e collaborazione. Al centro di questa nuova visione del web vi è esclusivamente l’utente. Il web 3.0 è il futuro: probabilmente un giorno non così lontano la semantica e l’intelligenza artificiale caratterizzeranno realmente e pienamente il WWW43. 1.4 L’e-advertising: i diversi formati pubblicitari utilizzabili in Rete L’utilizzo della rete telematica quale mezzo per la diffusione di messaggi pubblicitari è un fenomeno sostanzialmente recente e offre, tra le sue peculiarità, la possibilità di diffondere le informazioni senza alcun limite geografico e l’opportunità di dialogare in tempo reale e one-to-one con i cyberconsumatori di tutto il globo. Ciò ha comportato che Internet, quale "vetrina transfrontaliera", 40 Stazi A., "La Pubblicità Commerciale online", Giuffrè, Milano, 2004, p. 10. L’espressione "Web 2.0" è stata coniata nel 2004 da Dale Dougherty e Tim O’ Reilly. 42 Prati G., "Web 2.0. Internet è cambiato", ed Uni Service, Torino, 2007, p. 12. 43 L’espressione Web 3.0 è stata utilizzata per la prima volta nel 2006 da Jeffrey Zeldman. Le tecnologie 3.0, come ad esempio software intelligenti che utilizzano dati semantici, sono già stati implementati ed utilizzati su piccola scala dalle aziende per essere più efficienti e sfruttare al meglio le proprie risorse. 41 22 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale divenisse, in un lasso di tempo brevissimo, uno dei canali più utilizzati del mercato pubblicitario44. L’e-advertising ha sicuramente rivoluzionato i modi di fare pubblicità e rappresenta, oggi, una delle modalità principali di comunicazione, tant’è che chiunque vuole comunicare ai consumatori per far conoscere la propria azienda, la propria attività o i propri prodotti e servizi utilizza anche il medium Internet. La pubblicità elettronica, a differenza della tradizionale, offre, in taluni casi, un grande vantaggio sia alle imprese inserzioniste che al consumatore: la riduzione dello scarto spazio-temporale che necessariamente intercorre tra il momento della comprensione dell’offerta (learn – fase cognitiva), il successivo affioramento dell’intenzione d’acquisto (feel – fase affettiva) e il conclusivo comportamento d’acquisto (do – fase comportamentale)45. Relativamente all’advertising tradizionale, infatti, il consumatore inizialmente guarda o ascolta la comunicazione commerciale e, dopo aver espresso un atteggiamento favorevole nei riguardi del prodotto desiderandolo, se decide di acquistarlo, deve necessariamente recarsi in un punto vendita. Vi è, dunque, un certo intervallo di tempo e una data distanza spaziale che separa la volontà di comprare dalla transazione economica vera e propria. Grazie, invece, ad Internet è possibile acquistare subito il prodotto direttamente da casa. Una opportunità concretizzabile grazie all’e-commerce e alla possibilità offerta da molti siti, che si presentano come veri negozi virtuali. Di certo ciò non comporta l’automatico passaggio, inerentemente allo shopping online, dalla fase di comprensione dell’offerta a quella del reale acquisto, in quanto tra queste possono interporsi elementi che rallentano o bloccano il percorso, come la scarsa usabilità del sito di e-commerce che può rendere molto più ampio lo scarto temporale e ritardare il processo d’acquisto, oppure l’ostilità del consumatore nel cedere il proprio numero di carta di credito che potrebbe portare all’arresto completo della transazione. L’e-advertising può svilupparsi attraverso l’utilizzo di diversi tipologie di messaggi e di formati: i banner, i video-banner, le pop-up (e pop-under) windows, 44 Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa. Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 312. 45 Vollero A., "E-Marketing e Web Communication. Verso la gestione della corporate reputation online", Giappichelli, Torino, 2010, p. 140. 23 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale gli interstitials, i mini-siti, i classifieds, il keyword advertising, (i messaggi pubblicitari collegati a parole-chiave), l’e-mail advertising (l’invio di comunicazioni tramite e-mail), la pubblicità sui social network46. La scelta della tipologia migliore spetta al soggetto comunicatore che deve sempre avere a mente le peculiarità del sito ospitante, le caratteristiche del target di riferimento e gli obiettivi specifici della propria campagna di comunicazione. Generalmente in Internet la pubblicità viene acquistata ad un costo unitario sulla base del numero di volte in cui il messaggio viene visualizzato sul computer dell’utente (Cpi, Costo per impression, numero di contatti lordi realizzati con la campagna47), oppure prendendo come riferimento il numero di visite giunte alla pagina web dell’inserzionista (prezzo calcolato in base al click-through). È anche possibile acquistare direttamente parole chiave sui motori di ricerca (keyword advertising)48. Nel prosieguo del paragrafo saranno illustrati dettagliatamente i formati pubblicitari diffusi in Internet. 1.4.1 Il banner Il banner (in inglese "banner" significa bandiera, vessillo o striscione) rappresenta di sicuro lo strumento pubblicitario per eccellenza sul web. Il più antico e il più utilizzato, il banner è costituito da uno spazio di forma rettangolare di misura varia che, attraverso collegamenti ipertestuali rende possibile, cliccando su di esso, l’accesso al sito web dell’impresa inserzionista o ad una jump page, un’area 46 I banner, i video-banner, le pop-up (e pop-under) windows, gli interstitials, i mini-siti, i classifieds e il keyword advertising sono format pubblicitari cosiddetti "above the web" mentre l’email advertising appartiene alla categoria "below the web". Le espressioni "above the web" e "below the web" rappresentano l’adattamento "informatico" dei termini tecnici "above the line" e "below the line" utilizzati in riferimento ai mezzi di comunicazione tradizionali. Con "above the line" si fa generalmente riferimento alle attività di comunicazione che sfruttano radio, televisione, cinema, stampa, affissioni; mentre con "below the line" si indicano le attività che non utilizzano tali media come le sponsorizzazioni, le relazioni pubbliche e il direct marketing. Queste espressioni derivano dal gergo giornalistico in quanto con "above the line" si intendeva tutta la pubblicità riportata sulla prima pagina dei giornali al di sopra della piega che si formava quando questi venivano esposti in edicola, annunci ai quali era dunque garantita maggiore visibilità. In Internet si parla di "above the web" in riferimento a tutte le pubblicità visibili senza la necessità di far scorrere la pagina verso l’alto (scrolling), immediatamente percepibili dall’utente, mentre con "below the web" si intende ciò che non è nel sito e, tuttavia, consente di comunicare via Internet. 47 Il CPM considera, invece, come unità di misura 1000 impression. 48 Vedi infra paragrafo 1.4.6. 24 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale intermedia che approfondisce quanto brevemente riportato nel banner. Si tratta una sorta di manchette interattiva riportante un annuncio o un marchio49. I primi esempi apparvero nel 1994 sulla rivista elettronica Hot Wired per Volvo e AT&T. Il banner può presentarsi in diverse dimensioni espresse in pixel. Recentemente l’EIAA (European Interactive Advertising Association) e lo IAB (Interactive Advertising Bureau) Europe hanno ridotto il numero dei formati consigliati. «EIAA, European Interactive Advertising Association, e IAB Europe hanno definito l’adozione dei primi formati standard europei per la pubblicità online. Questi nuovi standard consentiranno di raggiungere una lettura e interpretazione del mercato coerente ed uniforme da parte di tutti gli operatori dell’on-line advertising. L’iniziativa dimostra l’impegno del settore pubblicitario a rendere più semplice ed efficace la pianificazione, la creazione e l’acquisto della pubblicità on-line, tenendo conto delle richieste di centri media, inserzionisti ed agenzie per una offerta più semplice, efficace e creativa. L’obiettivo è quello di diminuire il numero di messaggi pubblicitari per pagina e di mettere fine alla confusione generata dall’adozione di formati diversi, ottimizzando i costi di produzione»50. Anche lo IAB Italia accetta, dunque, i formati 160x600 dello "UAP Wide Skyscraper", 180x150 dello "Uap Rectangle", 300x250 dello "Uap Medium Rectangle", 728x90 del "Super Banner", 468x60 del "Traditional Banner" e 120x600 dello "Skyscraper". Tre sono le tipologie di banner: possiamo trovare "banner statici" quando il corpo dell’annuncio è costituito da una figura o da un testo non in movimento. Generalmente sono utilizzati in operazioni di puro branding in quanto la loro funzione principale è legata all’accrescimento della brand awareness. Tale tipo di banner presenta sicuramente il vantaggio della leggerezza e della velocità di download accompagnato da una minor spesa a carico dell’impresa. Al contempo, 49 Di Carlo G., "Internet marketing. Strategie di mercato e di comunicazione sul web", ed. Etas, 2000, p. 114. 50 www.iab.it. 25 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale però, è una forma pubblicitaria dallo scarso potere attrattivo, in contraddizione con l’interattività offerta da web. Di sicuro, comunque, si tratta di messaggi poco invadenti in quanto non interrompono le attività dello user convivendo con il contenuto delle pagine oggetto di attenzione. Il "banner animato" è formato da un annuncio riportante una sequenza di testo o immagini in successione. È certamente più pesante da scaricare ma offre la possibilità di creare un messaggio maggiormente attrattivo ed informativo. Infine, i "banner interattivi" sono quelli che anziché condurre direttamente al sito dell’inserzionista consentono all’utente di attivare finestre di dialogo successive, contenenti a loro volta cataloghi in forma di testo permettendo di analizzare una sorte di indice dei contenuti del sito di riferimento prima di accedervi, cosicché l’utente può scegliere l’argomento più vicino ai suoi interessi. Tale tipologia di banner è indubbiamente la più costosa e, non collegandosi direttamente al sito oggetto della pubblicità, porta ad una riduzione del numero di contatti. In compenso è possibile ultimare transazioni commerciali senza che il visitatore esca dal sito inizialmente selezionato. Una versione di banner interattivo è il rich media banner che contiene elementi multimediali come testo, immagini, video, suoni. L’esempio più diffuso è il video-banner: cliccando sull’annuncio viene aperta una finestra con un vero e proprio spot pubblicitario con audio e video trasmessi grazie alla tecnologia streaming51. Audio e video possono contribuire alla buona percezione dell’annuncio da parte del surfer. La scelta del tipo di banner potrebbe essere funzione, contemporaneamente, della tipologia e delle caratteristiche specifiche del sito ospite e del genere di iniziativa che si propone di richiamare. È importante, tuttavia, determinare a priori quali obiettivi attribuire a una campagna basata su tale formato pubblicitario e, di conseguenza, a quali criteri di misurazione della redemption aderire al termine della stessa52. L’efficacia del banner si misura in impression, inteso come il numero di utenti esposti al messaggio, e attraverso il tasso di redemption (click51 Con il termine streaming si intende il flusso di dati audio e video digitali trasmessi da una sorgente attraverso la rete non come un blocco unico ma appunto come un flusso di bit. Ciò rende possibile la trasmissione di questi contenuti sul web in tempo reale e non c’è bisogno del download completo del file prima di poterlo visualizzare. 52 Di Carlo G., "Internet marketing. Strategie di mercato e di comunicazione sul web", ed. Etas, Milano, 2000, p. 115. 26 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale through rate la percentuale di click sul banner in rapporto alle volte in cui è stato visualizzato). Se agli esordi del banner il tasso di redemption ha sfiorato il valore del 50%, data la sua novità, lentamente si è avuto un calo della stessa che oggi si aggira sotto l’1% poiché l’utente ne riconosce immediatamente il fine commerciale essendo ormai essi presenti ovunque sul web. L’efficacia del banner dipende da una serie di fattori, primo fra tutti la rilevanza del contesto in cui esso è compreso: un banner inserito in un ambito attinente al messaggio pubblicitario produrrà sicuramente risultati migliori rispetto al caso contrario, in cui può essere percepito invece come un’intrusione e un intralcio al proprio lavoro sul web, poiché se è ben contestualizzato l’utente avverte tale suggerimento come utile alla sua navigazione. Importanti sono anche la qualità della parte grafica, con le animazioni, di quella testuale, il copy, che deve essere costituito da un messaggio breve e incisivo per catturare l’attenzione dell’utente e trasmettergli velocemente le informazioni principali sull’offerta e, infine, il timing di somministrazione53. Fenomeni di banner burnout sono molto frequenti: l’utente dopo la prima esposizione al messaggio perde interesse nei suoi riguardi. Ecco perché generalmente gli annunci sui siti ruotano e, ogni volta che la pagina viene richiesta, i banner cambiano sulla base di un ciclo già programmato. 1.4.2 Le pop-up (e pop-under) windows Le pop-up windows e le pop-under windows (note tendenzialmente come pop-up e pop-under, ma conosciute anche come daughter o sister windows) rappresentano un formato di pubblicità online molto simile al banner. Si ha un pop-up quando alcuni siti aprono automaticamente una nuova finestra del browser contenente un annuncio. Il pop-under si apre anch’esso alla richiesta di una nuova pagina web ma, contrariamente al pop-up, non appare in primo piano ma resta posizionato dietro la pagina che si sta visualizzando. Di sicuro è la forma meno intrusiva tra le due e desta maggiore sorpresa in quanto non ci si aspetta di trovarlo quando si 53 Vollero A., "E-Marketing e Web Communication. Verso la gestione della corporate reputation online", Giappichelli, Torino, 2010, p. 143. 27 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale conclude la propria navigazione. Si tratta, in ogni caso, di finestre di dimensioni varie che occupano comunque solo una parte della pagina web. Anche se l’utente può chiudere subito la "finestra sorella", a causa del suo alto grado di intrusività, sono stati creati dei software appositi, spesso già integrati nei browser di navigazione, che bloccano l’apertura dei pop-up. È questo uno dei motivi per cui si prevede la futura scomparsa di tali forme di e-advertising, o almeno un innegabile e inarrestabile declino del loro utilizzo54. 1.4.3 L’interstitial Con il termine interstitial si fa riferimento ad uno spot pubblicitario che viene lanciato automaticamente quando è richiesta una pagina web senza che vi sia una interrogazione esplicita da parte dell’utente. Interstitial sta per "interstiziale", che "si trova in mezzo", poiché la pagina che contiene l’annuncio si trova al centro tra la pagina relativa alla navigazione iniziale e quella verso cui l’utente vuole indirizzarsi. Il messaggio occupa l’intero schermo e si chiude in automatico alla sua conclusione. È programmato per durare il tempo necessario per scaricare la pagina in questione anche se non sono rari i casi in cui si eccede tale intervallo temporale. La sua versione in background è il superstitial: lo spot appare quando è caricato completamente evitando problemi di rallentamento nella navigazione. «Con gli interstitial siamo di fronte all’evidente tentativo di adattare Internet alla televisione. […] Concettualmente, gli interstitial racchiudono caratteristiche derivate al contempo da pubblicità, publiredazionali55 e annunci di pubblico servizio. […] 54 Recentemente, per ovviare ai problemi relativi al blocco automatico dei pop-up e alla scarsa efficienza dei banner, sono stati elaborati metodi diversi di diffusione delle comunicazioni commerciali. Ad esempio l’utilizzo dei background graphics permette di inserire elementi pubblicitari direttamente sullo sfondo della pagina eliminando l’effetto scrolling e l’eventualità che tali annunci vengano arrestati automaticamente. 55 Un publiredazionale (pubblicità redazionale) è un esempio di pubblicità occulta veicolata attraverso la carta stampata consistente in un articolo contenente messaggi pubblicitari non frutto della libera espressione del redattore del pezzo, quanto piuttosto inseriti dietro compenso. In questo caso non viene riconosciuto l’inganno e la pubblicità è scambiata per un suggerimento d’acquisto proveniente da una fonte autorevole. Il semplice giornalismo di servizio, ovverosia la segnalazione di prodotti, spesso inserita in apposite rubriche periodiche, è comunque ritenuto lecito se derivante da autonoma scelta del giornalista. Relativamente alla pubblicità redazionale è 28 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale Strategicamente, ottengono successo nella misura in cui riescono a bilanciare l’intrusività con un buon livello di intrattenimento, immediatamente percepibile dall’utente interrotto nel suo percorso»56. Un vero e proprio spot, con le stesse caratteristiche di quelli diffusi in televisione, viene proposto in rete. Si tratta di una tipologia di messaggio altamente intrusiva in quanto non solo esso non è, di fatto, richiesto dall’utente, ma questi non può neppure evitarne la visione in quanto la pagina si chiude automaticamente solo alla fine del commercial (spesso però l’utente può chiudere lo spot anche prima della sua conclusione, ma comunque dopo un certo numero di secondi). Inoltre, considerando anche la "pesantezza" dell’interstitial, che può aumentare in relazione agli elementi audio e video inseriti (pur essenziali affinché lo spot venga al meglio percepito), e che prolunga i tempi di download, si può ben comprendere perché esso sia avvertito negativamente dall’utente, indipendentemente dagli elementi stilistici e persuasivi contenuti nello stesso. Tecnicamente, l’interstitial è una forma promozionale di tipo push, mentre il web è un ambiente prevalentemente pull, ovvero i contenuti vengono scelti, selezionati e visitati navigando e decidendo arbitrariamente quanto e quando si desidera visualizzare. Pertanto, mentre nell’utilizzo del browser il visitatore fruisce di Internet in modo attivo, l’interstitial gli propone una fruizione passiva57. complicato stabilire quando c’è un rapporto di committenza tra azienda produttrice dei beni citati e giornalista cosicché spesso si ricorre ad elementi indiziali purché gravi, precisi, concordanti e valutati con prudenza. Tra questi, meritano particolare attenzione la forma espositiva utilizzata nella comunicazione, la presenza o meno della firma del giornalista, l’accertamento di un pregresso rapporto di committenza, la presenza di pubblicità tabellare a favore del presunto inserzionista occulto nello stesso numero della testata in cui appare il publiredazionale. (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 260 e seg.). La pubblicità deve essere sempre riconoscibile come tale così come più volte ribadito a livello legislativo, ad esempio nel d. lgs. 145/07 che sancisce, ai sensi dell’art. 5 c. 1, "Trasparenza della pubblicità", «La pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale. La pubblicità a mezzo di stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione». 56 Di Carlo G., "Internet marketing. Strategie di mercato e di comunicazione sul web", ed. Etas, Milano, 2000, p. 117 e 120. 57 Ibidem, p. 120. «Il push ha bisogno del potere, il pull del sapere. Chi è più forte può spingere i propri messaggi verso chi è più debole. Chi sa di più può procurarsi le informazioni più interessanti, perché sa anche dove e come andare a cercarle.[…] Anche la pubblicità e la comunicazione d’impresa fino a poco fa erano basate sul push, ci voleva più potere, più investimenti per spingere il più possibile i messaggi verso un gran numero di persone che 29 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale 1.4.4 Il mini-sito Il mini-sito, come l’espressione stessa suggerisce, consiste in un sito ridotto, formato da pochissime pagine con contenuto molto specifico. Abitualmente esso è concepito per avere vita breve ed è creato solitamente per comunicare una proposta specifica, come un evento o il lancio di un nuovo prodotto, quando non si vuole cambiare l’impostazione del sito originale aziendale. Si utilizza comunemente per dare maggior rilievo a particolari contenuti della comunicazione aziendale che altrimenti rischierebbero di passare in secondo piano e non essere percepiti dal pubblico. 1.4.5 Il classified I classifieds sono annunci economici raggruppati per categoria (da cui il termine classified, "classificato") generalmente inseriti in portali dedicati alla materia nello specifico e pubblicati sia da imprese che da privati. La grande possibilità offerta dal web è di poter diffondere annunci il cui breve testo è arricchito anche da immagini o animazioni, potenziando lo scarno messaggio pieno di abbreviazioni che invece viene pubblicato sulla carta stampata. 1.4.6 Il keyword advertising Molto diffuso attualmente è l’acquisto di collegamenti testuali risultanti dalla digitazione di parole-chiave sui motori di ricerca. Si tratta del keyword advertising. I primi risultati che emergono dopo aver inserito una stringa su un qualsiasi motori di ricerca o sulle directory58 sono proprio quelli relativi a link potevano solo assumere atteggiamenti consenzienti o dissenzienti rispetto al messaggio che ricevevano. Con le NTIC (Nuove Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) si sviluppa il concetto del pull, del destinatario che diventa soggetto attivo ed opera la scelta di collegarsi, di cercare un argomento, di tirare a sé le informazioni che desidera. Il testo è un messaggio esplicito, autorevole, immutabile. L’ipertesto è un insieme di messaggi impliciti, mutevoli, sottomessi alla scelta del lettore». Santucci U., da "Comunicazione Push/pull" in www.apogeonline.com. 58 I motori di ricerca sono sistemi automatici che analizzano un insieme di dati e restituiscono un indice dei contenuti disponibili sulla base della parola-chiave digitata e di algoritmi che, di questa, ne indicano la rilevanza. Le directory, molto simili ai motori di ricerca, si differenziano da essi poiché in questo caso vengono classificati non le pagine ma i siti. Il raggruppamento è su base 30 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale sponsorizzati59. Chi paga questi spazi può godere di una visibilità notevole e della possibilità di targettizzare il pubblico, contando sulla scarsa intrusività di questa forma pubblicitaria in quanto è lo stesso utente a richiedere pagine a contenuto simile ai risultati a pagamento. All’advertiser sono garantite visite qualificate caratterizzate dall’auto-segmentazione dei clienti e dall’elevato coinvolgimento di questi ultimi in quanto manifestano già inizialmente il proprio interesse per un determinato contenuto. D’altro canto i clicker ottengono risultati di ricerca verificati editorialmente e possono trovare più facilmente ciò che stanno cercando60. L’inserzionista generalmente paga solo per i click effettivi sul messaggio pubblicitario (pay-per-click). La posizione di questi link è frutto, invece, di un’asta continua sul prezzo di ogni click, fatta tra gli inserzionisti interessati a far apparire il proprio messaggio tra i risultati di ricerca associati a quella specifica parolachiave. Chi "vince" l’asta occupa la posizione migliore. Dopo aver digitato una stringa su di un motore di ricerca, accanto ai link sponsorizzati emergono anche risultati organici e non a pagamento (posizionamento della ricerca standard, engine positioning). È importante per un’azienda che vuole farsi conoscere e presentare i propri prodotti e servizi apparire quanto più in alto possibile nella lista dei link proposta dal motore di ricerca. Spesso, infatti, dalla richiesta di alcune informazioni emergono milioni di risultati che possono creare difficoltà all’utente e generare il cosiddetto fenomeno dell’information overload, ovverosia il sovraccarico informativo legato alla ingente quantità di dati a disposizione di uno user che è fisiologicamente limitato nell’elaborarli tutti. Il più evidente paradosso legato alla Rete risiede proprio nell’impossibilità di ottenere spesso una risposta soddisfacente al proprio problema a causa dalla proliferazione incontrollata di informazioni e della ingente quantità di risultati di ricerca emersi. È chiaro, inoltre, che non sempre i link che tematica e il tutto viene schematizzato attraverso una struttura "ad albero", piramidale. "Google" è un motore di ricerca, "Yahoo! " è una directory. 59 Citando, ad esempio, il motore di ricerca più utilizzato su scala mondiale, "Google", i risultati a pagamento sono quelli che emergono sulla pagina a destra dopo aver digitato una keyword. In generale, si tratta di una forma di diffusione di messaggi pubblicitari più vicina all’e-advertising che alla sponsorizzazione online. 60 Pastore A., Vernuccio M., "Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management", Apogeo, Milano 2008, p. 493. 31 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale compaiono in posizioni migliori sono effettivamente quelli che forniscono le risposte più esaurienti. Il Search Engine Marketing è l’insieme delle attività che consentono di garantire un’adeguata visibilità alla posizione di un sito sui motori di ricerca in risposta a determinate keyword digitate dal cyberconsumatore e, dunque, di aumentare il traffico sul sito dell’inserzionista. Ciascun motore di ricerca utilizza un proprio algoritmo di classificazione dei siti mantenuto segreto che ne determina il Search Engine Report Pages (posizione occupata tra i risultati suggeriti dai motori di ricerca). Grazie a questo si determina la posizione occupata nell’elenco dei risultati di ricerca anche se è possibile intervenire manualmente per cercare di migliorare tale posizione. Fattori determinanti possono essere la costruzione tecnica del sito (ad esempio, il codice html usato, la keyword density61), i contenuti presenti nelle pagine web (che devono essere coerenti con gli obiettivi del sito stesso), la linking strategy (la strategia utilizzata relativamente al numero, alla qualità e alla quantità di link inbound e outbound, in entrata e in uscita dal sito62) e la presenza sui siti di social network e nei blog63. Essere listati sui motori di ricerca significa anche trovarsi fianco a fianco con i propri concorrenti. Lo user può saltare velocemente da un sito all’altro e fare confronti di prezzo e di prodotto repentinamente e ciò rappresenta certamente un rischio, ma anche la possibilità, per le aziende valide, di emergere. Ottenere un buon placement nei maggiori motori di ricerca è dunque un must per il 61 La keyword density è il rapporto percentuale tra le parole chiave e il totale delle parole presenti sul sito: dunque, la percentuale di volte in cui la keyword compare rispetto al resto del testo. Spesso questo rapporto viene artificiosamente gonfiato per ottenere un posizionamento migliore (ad esempio inserendo parole-chiave dello stesso colore utilizzato per lo sfondo così da non essere percepite e rimanere invisibili). In questi casi, però, ci sono dure penalizzazioni nel ranking della pagina web in questione attuate da alcuni motori di ricerca e non mancano episodi in cui è stato addirittura bloccato il proprio dominio. Inoltre, per ottenere un buon posizionamento la parte più importante di una pagina web, sui cui focalizzare maggiormente l’attenzione, è il titolo che spesso viene riprodotto invariato nell’elenco delle risposte suggerite ma è importante altresì, durante la scelta delle keyword da inserire sul motore, riportare l’attività principale dell’azienda. L’inserzionista dovrebbe essere in grado di "leggere" nella mente dei consumatori e di prevedere il percorso che questi potrebbero seguire. 62 La cosiddetta link popularity, che si misura con il numero di link che puntano alla pagina, la popolarità delle pagine che linkano (il page rank), il numero di link presenti nella stessa pagina, la coerenza tematica con la pagina con cui si crea il collegamento. 63 Vollero A., "E-Marketing e Web Communication. Verso la gestione della corporate reputation online", Giappichelli, Torino, 2010, p. 103. 32 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale responsabile marketing: si tratta di pubblicità spesso gratuita di altissimo livello qualitativo necessaria per migliorare la brand awareness64. Naturalmente, è solo attraverso il keyword advertising, acquistando direttamente gli spazi pubblicitari, che si può essere sicuri di occupare un’ottima posizione sui motori di ricerca e di godere di un’elevata visibilità anche se recenti studi hanno dimostrato che generalmente chi naviga in Internet tende ad evitare proprio tali link sponsorizzati. 1.4.7 L’e-mail advertising È possibile inviare comunicazioni commerciali anche attraverso le e-mail: trattasi del cosiddetto e-mail advertising. Generalmente tali messaggi vengono contenuti in newsletter che gli utenti accettano di ricevere, mentre altri formati possono essere il comunicato e il direct e-mail marketing65. Le e-mail rappresentano la trasposizione sul web della posta tradizionale ma differentemente da questa c’è una rapidità di contatto estrema, sia quando i messaggi vengono inviati che quando si ricevono (le e-mail arrivano nel momento stesso in cui vengono spedite). Inoltre, l’impresa può segmentare il proprio pubblico e inviare comunicazioni quanto più personalizzate possibili. Attualmente l’utilizzo della posta elettronica è così diffuso che le aziende preferiscono sfruttare al meglio questo canale per gestire in modo molto efficiente la relazione con il proprio target, mirando alla fidelizzazione e alla instaurazione di rapporti duraturi con i clienti. Spesso, purtroppo, bisogna fare i conti con lo spamming, e le e-mail interessanti ed effettivamente richieste dall’utente finiscono col confondersi con tutti gli altri messaggi spazzatura. 64 Vico A., Nicolello M., "Marketing digitale. Strategie di vendita per aziende online", Utet Libreria, Torino, 2001, p. 50. 65 Una newsletter è una e-mail che viene spedita ai singoli utenti registrati al sito, il cui contenuto è vario: si va dalle notizie giornalistiche all’intrattenimento o, relativamente alle imprese, alle informazioni circa l’arrivo di nuovi prodotti, promozioni. La frequenza di invio può essere giornaliera, settimanale, mensile, saltuaria. Generalmente la ricezione è gratuita, anche se è necessario un atto di registrazione e, dunque, di rilascio di dati personali. È utile se l’obiettivo dell’azienda è la fidelizzazione. Il comunicato viene inviato alla clientela in modo automatico prevalentemente per trasmettere informazioni relative al rapporto commerciale esistente tra mittente e destinatario. Il DEM (Direct E-mail Marketing) si realizza attraverso l’invio di offerte ed informazioni di natura commerciale allo scopo, soprattutto, di aumentare il volume delle vendite. 33 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale «(L’e-mail è) Essenziale, asciutta, rapida, in tempo reale. Sotto l’aspetto strategico esprime il punto di coesione ideale tra l’azienda (rappresentata dal suo sito web) e il consumatore, raggiunto da messaggi, allegati e link che trovano riscontro nel sito stesso»66. È considerato il metodo di invio di comunicazioni commerciali più vicino alla pubblicità tradizionale. 1.4.8 La comunicazione commerciale sui social network: i casi Facebook e Twitter Gran parte delle relazioni odierne vengono intrecciate, gestite, coltivate anche grazie ad Internet. È scoppiato il caso dei social network. Ormai dagli adolescenti ai più attempati, tutti hanno un contatto Facebook, sono iscritti a Twitter o Foursquare, hanno un canale Youtube. Moda o fenomeno destinato ad imporsi come nuova realtà, un social network è una piattaforma che utilizza i new media e consente ad un insieme di individui, collegati tra loro da un qualche tipo di relazione (ad esempio familiare), di condividere interessi, di scambiare informazioni: si tratta di una prima accezione di social network, traducibile come "rete sociale". L’espressione è utilizzata, tuttavia, anche per indicare i siti stessi che rendono possibili o migliorano tali relazioni, creando una rete sociale virtuale. Secondo le ricercatrici americane Danah Boyd e Nicole Ellison, caratterizzano un social network tre elementi: «1) La presenza di uno "spazio virtuale" (forum) in cui l’utente può costruire ed esibire un proprio profilo. Il profilo deve essere accessibile, almeno in forma parziale, a tutti gli utenti dello spazio. 2) La possibilità di creare una lista di altri utenti (rete) con cui è possibile entrare in contatto e comunicare. 3) La possibilità di analizzare le 66 Di Carlo G., "Internet marketing. Strategie di mercato e di comunicazione sul web", ed. Etas, Milano, 2000, p. 162. 34 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale caratteristiche della propria rete, in particolare le connessioni degli altri utenti. Ciò che differenzia i social network dai nuovi media disponibili (chat, forum,…) è la capacità di rendere visibili e utilizzabili le proprie reti sociali. Infatti, attraverso di essi, è possibile identificare opportunità personali, relazionali e professionali altrimenti non immediatamente evidenti»67. Attraverso un social network è possibile intessere due tipi di relazioni: bidirezionali oppure a stella68. Nel primo caso rientra, a titolo esemplificativo, Facebook69: due utenti stringono una "amicizia" e l’uno può visualizzare il profilo dell’altro, consultare la sua bacheca, aggiungere dei post, chattare, inviare e-mail, condividere files. In una rete sociale chiusa del genere possono entrate solo gli "amici" o gli "amici di amici" di cui si avrà conoscenza grazie a persone che già rientrano tra i propri contatti70. In effetti, come più volte affermato dallo stesso inventore di Facebook, Mark Zuckenberg, tale social network è nato per mantenere in contatto persone che già si conoscono nel mondo reale e non per creare nuove amicizie virtuali e allontanare lo user dalla sua realtà quotidiana. La seconda modalità di relazione, a stella, è tipica di Twitter71. In questo caso si distingue nettamente tra emittente e ricevente. I messaggi del primo possono essere generali, ovverosia condivisi con tutti i riceventi presenti nella rete sociale, o individuali e, dunque, diretti ad uno specifico ricevente. Il destinatario può rispondere ai messaggi del mittente ma non contattare direttamente gli altri soggetti riceventi a meno che non venga esplicitamente autorizzato. Attraverso tale meccanismo un utente può essere sia emittente che ricevente a seconda della rete sociale cui è connesso. Tale modalità di relazione permette di creare reti 67 www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", il Mulino, Bologna, 2010. Cfr. Boyd D. M., Ellison N. B., "Social network sites: definition, history and scholarship", in "Journal of Computer-Mediated Communication", 13 (1), article 11, 2007. 68 www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", il Mulino, Bologna, 2010. 69 www.facebook.com. 70 Attraverso la funzione "Trova amici" di Facebook, è possibile aggiungere nuove persone alla propria lista di contatti. Tale ricerca può essere effettuata anche restringendo la lista di possibili conoscenti specificando la città natale, la "città in cui ti trovi adesso", la scuola o l’università, il datore di lavoro, gli amici in comune. Inoltre è lo stesso social network che suggerisce le "Persone che potresti conoscere" sulla base dei parametri or ora accennati, così come sulla quantità degli amici in comune, gli interessi, i gruppi ai quali si è iscritti. 71 www.twitter.com. 35 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale aperte in cui la maggior parte degli utenti riceventi non hanno altri contatti con l’emittente, a parte quello della rete sociale. «In questo caso a legare emittente e ricevente sono due bisogni opposti ma complementari: gli emittenti cercano visibilità, i riceventi invece sono curiosi di conoscere la vita (di personaggi famosi) o le impressioni (di esperti di un tema specifico) degli emittenti scelti»72. Lo psicologo americano Abraham Maslow ha individuato i diversi bisogni che ciascuno di noi sperimenta nel corso della vita, disponendoli, a seconda dell’importanza, in una piramidale dai più elementari, legati alla sopravvivenza stessa dell’individuo, ai più complessi, generalmente a carattere sociale. Da tale studio è emerso che vi sono, innanzitutto, bisogni fisiologici, che rappresentano i bisogni di base quali l’aria, l’acqua, il cibo, il sonno, il sesso. Seguono i bisogni di sicurezza, legati al raggiungimento della stabilità, sia essa fisica, occupazionale, familiare; i bisogni di appartenenza e di amore, appartenenza alla famiglia, al gruppo di lavoro, alla religione e il desiderio di essere amati; il bisogno di stima e di prestigio, credito derivante sia dalle proprie capacità che dal riconoscimento di se stessi presso gli altri; e, il più importante, il bisogno di autorealizzazione, inteso come realizzazione della propria identità, occupando una posizione rilevante nel proprio gruppo sociale. L’individuo realizzerebbe completamente se stesso passando da uno stadio all’altro e giungendo alla sommità della piramide. Secondo alcuni autori73, i social network soddisferebbero tutti i bisogni tranne quelli fisiologici e, nello specifico delle loro esperienze, risulterebbe che essi possono aiutare i propri utenti a soddisfare i bisogni di sicurezza in quanto gli utenti, in queste realtà virtuali, comunicano solo con "amici" e non con estranei, scegliendo chi può rientrare in tale rosa di conoscenti, verificando cosa si racconta di sé e controllando l’amico stesso; i bisogni associativi in quanto con tali "amici" è possibile scambiare opinioni, informazioni, files; il bisogno di stima, poiché posso non solo scegliere gli amici, ma anche non farlo e chi mi sceglierà 72 73 www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", Il Mulino, Bologna, 2010. Cfr. www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", Il Mulino, Bologna, 2010. 36 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale dimostrerà di tenere a me e alla mia amicizia virtuale; bisogno di autorealizzazione, dato che si può raccontare di se stessi, cosa si fa, quali sensazioni si provano. Tuttavia, i social network sono caratterizzati anche da notevoli paradossi. «Da una parte i social network sono uno strumento molto potente con cui posso descrivere e modellare la mia identità sociale. Dall’altra, sono uno strumento con cui i miei "amici" possono facilmente influenzare e modificare il modo in cui gli altri percepiscono la mia identità sociale. Un esempio a questo proposito è il fenomeno del tagging (etichettare) con cui nei social network è possibile associare a un "amico", senza che lui lo voglia, un’immagine in cui lui è presente o una nota di testo a lui riferita. L’essere "taggati" comporta il fatto che un contenuto multimediale, in cui noi siamo presenti (foto) o in cui siamo citati (testo), ma che non abbiamo scelto, apparirà nel nostro profilo. È vero che possiamo impostare le notifiche di Facebook in modo da essere sempre a conoscenza quando qualcuno ci tagga. Ma è anche vero che se mi dimentico di farlo, o non sono consapevole di che cosa implica essere "taggati" appariranno nel mio profilo, senza che lo abbia voluto, foto o testi. E ciò può portare a cambiamenti imprevisti della propria identità sociale […]. (D’altro canto) se nei social network posso più facilmente cambiare la mia identità virtuale è vero anche che, seguendo le tracce lasciate dalle diverse identità virtuali, è più facile per gli altri ricostruire la nostra identità reale. […] In pratica, l’inserimento dei propri dati, dei propri commenti, delle proprie foto in un social network costruisce una memoria storica della propria attività e personalità che non scompare anche quando il soggetto lo vorrebbe. Molte di queste informazioni, infatti, rimangono disponibili online anche dopo parecchi anni e possono essere cancellate solo direttamente dall’utente»74. 74 www.isocialnetwork.info: Riva G., "I social network", Il Mulino, Bologna, 2010. 37 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale I social network possono rivelarsi uno strumento molto efficace ed utile per le aziende che non solo possono costantemente tenersi in contatto con i propri clienti ma anche pubblicizzare il loro lavoro attraverso le pagine di tali siti. Tra questi il più seguito è senza dubbio Facebook75. Il "Libro delle Facce"76 è nato nel febbraio 2004 ad opera di Mark Zuckerberg, all’epoca studente americano della Harward University, che voleva trovare un modo per mantenere in contatto gli studenti del suo college. Già alla fine del mese più della metà della popolazione di Harward era registrata al servizio e l’espansione continuò velocemente, allargando sempre più il suo raggio d’azione. Nel settembre 2011 è stata raggiunta la quota 750 milioni di utenti attivi nel mondo77 con un fatturato stimato di 1.1 miliardi di dollari nel 201078. Il core di Facebook è esposto chiaramente nelle informazioni base della Fan Page Fb: «Facebook’s mission is to give people the power to share and make the world more open and connected»79. Inerentemente all’e-advertising, Facebook si caratterizza per le "Notizie sponsorizzate" e le "Inserzioni". Le prime, visibili nella sezione "Notizie", compaiono nella colonna destra delle pagine Facebook. Le azioni che possono generare le "Notizie sponsorizzate" includono i "Mi piace" sulla pagina di un’azienda, i "Mi piace" sui post, la registrazione, la condivisione di un’applicazione, l’uso di un gioco. Quando un "amico" interagisce con un’azienda o un’organizzazione, ad esempio cliccando "Mi piace" sulla pagina di un’organizzazione o si registra in un luogo attraverso la funzione Facebook Place, vengono generate delle notizie sulle sue attività visibili nella sezione "Notizie" e in "Notizie sponsorizzate". La visualizzazione di una determinata notizia sponsorizzata dipende dalla connessione di uno degli "amici" con un marchio che 75 Facebook è il secondo sito più visitato al mondo preceduto solo da Google. Il nome Facebook è stato ispirato dagli annuari scolastici che contengono le foto di ogni singolo soggetto i quali vengono pubblicati, in America, all’inizio dell’anno accademico per far conoscere ai nuovi studenti le persone che frequentano il campus. 77 http://multiplayer.it/notizie/90725-facebook-ha-raggiunto-750milioni-di-utenti-attivi.html. 78 http://msnickcreatornews.wordpress.com/2010/03/15/facebook-fatturato-stimato-per-1-miliardodi-dollari/. 79 http://www.facebook.com/#!/facebook?sk=info. 76 38 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale desidera promuovere notizie su Facebook e che ha deciso di sfruttare tale opzione. Grazie ad esse è possibile mettere in primo piano i consigli generati dal passaparola avente ad oggetto un marchio80. Le "Inserzioni", invece, consistono in banner di piccole dimensioni visualizzabili nella colonna a destra della Home Page personale e del "Diario". A differenza delle notizie sponsorizzate, le inserzioni di Facebook contengono messaggi personalizzati da parte degli inserzionisti e possono includere notizie relative alle azioni sociali intraprese dagli "amici" che, ad esempio, cliccano su "Mi piace" su una Pagina o confermano la partecipazione a un evento. Esse possono essere create a partire dall’account personale già esistente. L’elevata targettizzazione dei destinatari caratterizza le inserzioni, in quanto è possibile definire gli stessi in base alla località, al sesso, all’età, alle preferenze e agli interessi, allo status sentimentale, al posto di lavoro o alla scuola frequentata81. Facebook consente anche di inserire il luogo in cui ci si trova. I "Luoghi" sono delle pagine che rappresentano posizioni su Facebook. Ci si può registrare in un luogo per far sapere dove ci si trova. Un’azienda può reclamare la proprietà di un place e, conseguentemente, pubblicizzarlo proprio come una normale Pagina. Ciò permette di gestirne l’indirizzo, le informazioni di contatto, gli orari di apertura e le altre informazioni82. Attraverso questa funzione gli utenti possono, grazie al proprio cellulare, aprire Facebook, selezionare le "Notizie" o la funzione "Luoghi" e registrarsi. Se ci saranno offerte di aziende nelle vicinanze compariranno icone gialle o verdi. A questo punto, basta toccare il nome del luogo per vedere l’omaggio, lo sconto o la donazione oggetto dell’offerta, registrarsi e, successivamente, mostrare lo schermo del cellulare nel negozio per usufruire dell’offerta (deal). Esistono quattro tipi di offerte basate sulla registrazione: "individuali", proposte "in esclusiva" ai clienti; di "fedeltà", per chi si registra più volte in un negozio o locale per sfruttare un’offerta speciale; "amico", che permettono agli amici di risparmiare se si registrano con lo user; "beneficenza", grazie alle quali si può effettuare una donazione a scopo benefico83. 80 https://www.facebook.com/help?page=154500071282557. https://www.beta.facebook.com/help/?page=175624025825871. 82 http://www.facebook.com/help/search/?q=place. 83 http://www.facebook.com/deals/checkin/claiming/. 81 39 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale In questo modo è possibile diffondere viralmente il luogo e, conseguentemente, il brand ad esso collegato che compare, dunque, tra le notizie degli "amici". I costi delle notizie sponsorizzate e delle inserzioni sono determinate sulla base del click o delle visualizzazioni. Secondo dopo Facebook è il Social network Twitter, una rete informativa il cui core è costituito dai tweet, messaggi di 140 caratteri attraverso i quali gli utenti possono aggiornare i propri followers (seguaci, utenti Twitter che seguono un altro utente Twitter ricevendo e leggendo i suoi tweet) sugli argomenti più vari. Ciascuno user sceglie di seguire un determinato utente (following) di cui visualizzerà sempre i tweet nella propria pagina, ai quali potrà rispondere e, naturalmente, potrà egli stesso essere seguito. «Il maggior valore di Twitter sta nello scoprire nuove informazioni ogni volta che accedi. Alcune persone trovano utile anche contribuire con i loro Tweet, ma la vera magia di Twitter sta nell’assorbire in tempo reale le informazioni che ti interessano»84. Le comunicazioni commerciali possono essere veicolate attraverso Twitter, grazie ai Promoted Tweet, i Promoted Trend e i Promoted Account. È possibile utilizzare i Promoted Tweet per amplificare il proprio messaggio attraverso un sistema di targettizzazione tale da poter raggiungere le persone giuste, al momento giusto, nel luogo giusto. I Promoted Tweet sono tweet sponsorizzati: utenti e aziende pagano per inserire il loro messaggio in prima posizione a seguito di una ricerca effettuata (search), per cui vengono utilizzati per raggiungere gli user quando questi si stanno dedicando ai propri interessi, comparendo in cima ad una lista di risultati, oppure per farli visualizzare nella timeline degli utenti (cronologia di tutti i tweet dei propri following) quando si effettua il log-in o il refresh di una pagina85. I Promoted Trend sono utili per guidare il dibattito e muovere gli interessi intorno alla propria azienda o al proprio brand, o al proprio prodotto o servizio, 84 http://support.twitter.com/groups/31-twitter-basics/topics/104-welcome-to-twittersupport/articles/320091-introduzione-a-twitter-come-faccio-ad-usarlo. 85 http://business.twitter.com/advertise/promoted-tweets/. 40 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale catturando l’attenzione degli user grazie alla posizione di rilievo occupata. Si tratta di tendenze sponsorizzate che consentono di apparire artificiosamente nello spazio degli argomenti più discussi. I Promoted Account, infine, sono i suggerimenti utili legati a chi si segue e alle sue caratteristiche. Essi permettono di aumentare la base follower di un account e, conseguentemente, di amplificare la brand awareness e migliorare la brand image e la brand reputation. Se un utente ha scelto di diventare follower di un’azienda è evidente che sia interessato ad essa e che vuole rimanere costantemente aggiornato sulle sue attività. I Promoted Account appaiono nei risultati di ricerca e anche nella sezione "Chi seguire", raccomandazioni utili suggerite da Twitter stesso basate su coloro che si sta già seguendo: vengono identificati account e follower simili e in questo modo gli user possono scoprire nuove aziende, nuovi contenuti, nuovi personaggi. Il proprio Promoted Account compare in tale sezione in ogni pagina sulla base di tale presunta affinità86. Generalmente, gli investitori pagano in base al CPF (Cost-Per-Follower), prezzo per ogni nuovo utente ottenuto dai Promoted Account, e al CPE (Cost-PerEngagement), relativo ad attività interattive come un retweet o un favorito effettuato sui Promoted Tweet e Trends87. Il 70% degli utenti Internet nel mondo visitano i Social Network. In Italia un minuto su sette passato online è speso su tali siti88. Le aziende che intendono investire in comunicazione non possono, conseguentemente, non considerare questi dati e rimanere avulsi da tale nuova realtà. È stimato che nel 2013 i ricavi mondiali dei Social Network raggiungeranno i 5,54 miliardi di dollari e la maggior parte di tali guadagni, sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo, andrà a Facebook, mentre una quota molto più bassa a Twitter e agli altri Social Network. Entro lo stesso anno i ricavi generati da questi siti 86 http://business.twitter.com/advertise/promoted-accounts/. http://m.sky.it/tg24/economia/2011/12/14/twitter_pubblicita_formati_prezzi_follower/. È stato stimato che il valore di ogni nuovo follower va dai 2,5 ai 4 dollari, mentre per le attività di interazione Twitter fa pagare fra 0,75 e 2,50 dollari. Inoltre, per lanciare la propria campagna, l’azienda richiede agli inserzionisti un impegno minimo di tre mesi e un budget a partire da 15mila dollari. 88 http://www.digitalmartetinglab.it/dm/advertising-nellera-dei-social-networks/. 87 41 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale andranno a comporre l’11,7% di tutte le spese di e-advertising negli USA e il 9,4% in tutto il mondo89. 1.5 Internet: un ricco bagaglio di opportunità Internet ha sorprendentemente ed eccezionalmente rivoluzionato il modo di comunicare offrendo possibilità fino a pochi decenni fa impensabili. Conversare in tempo reale con persone che si trovano all’altro capo del mondo addirittura riuscendo a guardarle in volto, così come poter consultare migliaia di documenti, anche datati, in pochi minuti soffermandosi direttamente su argomenti specifici oppure poter visitare virtualmente musei come se ci trovassimo lì, sono solo alcune delle opportunità offerte dalla rete. Questa realtà ormai è stata definita da alcuni come "The new normal"90, la nostra nuova normalità. Internet è entrato a far parte della nostra vita, della nostra quotidianità e ormai non se ne può più fare a meno. Per qualsiasi problema c’è Internet. Che sia per cercare la ricetta di una torta o vedere una partita di calcio, il web è diventato uno dei nostri migliori amici, con tutte le conseguenze, positive e negative, che ciò comporta. E con la diffusione di smartphone e tablet il processo di diffusione del web sembra ormai diventato inarrestabile. Tutto ciò rappresenta una incredibile possibilità sia per gli sviluppatori di tali tecnologie, che possono realizzare applicazioni e servizi atti a soddisfare un numero sempre maggiore di bisogni espressi in mobilità, sia per gli investitori pubblicitari che si ritrovano opportunità di comunicazione mai avute prima. Creatività, innovazione e fantasia a disposizione di aziende e utenti in quantità ancora crescenti91. In Italia, stando al Pamphlet IAB 201192, Internet è nelle case di 13,2 milioni di famiglie (il 62,3% delle famiglie italiane, con un incremento dell’11,3% rispetto a 89 http://www.iab.blogosfere.it/2011/10/social-network-i-ricavi-in-advertising-raggiungranno-i-10milioni-di-dollari-nel-2013.html. Fonte: eMarketer (www.emarketer.com). 90 www.iab.it: Mazzarini P., "The new normal" in "La pubblicità interattiva in Italia. 2010", XI edizione del Pamphlet IAB Italia, p. 23. 91 Ibidem. 92 "La pubblicità interattiva in Italia. 2011", XII edizione del Pamphlet IAB Italia consultabile all’indirizzo www.iab.it. I dati citati sono stati raccolti da Audiweb che ogni anno eroga preziose informazioni sulla rete italiana. L’Interactive Advertising Bureau Italia è stato fondato nel giugno 42 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale giugno 2010) di cui 8,6 milioni (il 65,2%) dispone di un collegamento veloce via ADSL o fibra ottica con un abbonamento flat nel 94,9% dei casi. Sono 26 milioni gli utenti online almeno una volta al mese e nel giorno medio93 sono 10,7 milioni, l’8,9% in più rispetto al 2010 (di cui il 56,8% è rappresentato da uomini principalmente di età compresa tra i 35 e i 54 anni, mentre il restante 43,2% è costituito da donne rientranti nella stessa fascia d’età, ossia 4,6 milioni con un aumento del 10,8% rispetto all’anno precedente). La maggior parte degli utenti attivi nel giorno medio proviene dal Sud e dalle Isole (32,1%), seguito dal NordOvest (29,1%), dal Centro (17,4%) e, infine, dal Nord-Est (16%). Nel dettaglio, relativamente all’accesso individuale, risulta che 35 milioni di italiani riescono a connettersi da casa o dall’ufficio, dagli ambienti scolastici o da qualsiasi altro luogo, attraverso PC o mobile: si tratta del 72,8% della popolazione di età compresa tra gli 11 e i 74 anni con una crescita del 7,5% su base annua. La Rete è diffusa prevalentemente tra i laureati, imprenditori e liberi professionisti, tra i dirigenti, i quadri e i docenti universitari, tra gli impiegati e gli insegnanti e, soprattutto, tra gli studenti universitari. Inoltre 8,3 milioni di italiani possono connettersi direttamente dal cellulare con un aumento del 73,7% in un anno. Concentrando l’attenzione sull’e-advertising il Rapporto IAB 2011 ha registrato risultati molto positivi constatando che negli ultimi anni la crescita degli investimenti su Internet è stata superiore rispetto a quella riscontrata sugli altri mezzi. Grazie a questo trend costante, Internet è diventato ormai uno dei media principali in termini di raccolta pubblicitaria94. A livello europeo, l’e-advertising è cresciuto del 15,3% rispetto all’anno precedente, mentre la spesa relativa al comparto pubblicitario interamente considerato è aumentata solo del 5%. L’Europa ha investito 17,7 miliardi di euro per la pubblicità online, 2,4 miliardi in più rispetto al 201095. del 1998 e raggruppa gli operatori della pubblicità online italiani. È il riferimento italiano dell’Interactive Advertising Bureau, la più importante associazione del mondo nel campo dell’eadvertising. 93 Il giorno medio, in questo studio, corrisponde ad un giorno scelto a caso durante il mese di agosto. 94 "Investimenti superiori" in "La pubblicità interattiva in Italia. 2011" XII edizione del Pamphlet IAB Italia consultabile all’indirizzo www.iab.it, p. 21. 95 Lo studio condotto da IAB Europe copre l’intero continente europeo, includendo sia i mercati più maturi dell’Europa Occidentale e Settentrionale, sia i mercati emergenti dell’Est e del Sud Europa. La Repubblica Ceca è entrata nella ricerca nel 2011 per la prima volta. 43 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale I mercati maggiormente attivi sono stati, nell’ordine, Gran Bretagna, Germania, Francia, Olanda, Italia e Spagna. Già nel 2010 era stato sottolineato quanto il web fosse diventato un mezzo di massa96 e ancora, nell’ultima edizione del Rapporto IAB 2011, è stato ribadito che tale dinamica di sviluppo è fisiologica se si esaminano i tassi di crescita dell’online in Italia e si spiega principalmente con la maggiore maturità delle aziende che si stanno progressivamente abituando a considerare il web come una soluzione efficace ed efficiente al loro bisogno intrinseco di comunicazione. Tuttavia l’Italia ha ancora tanto da lavorare per colmare il gap che la separa da altri paesi europei non solo in termini di valore dell’e-advertising ma anche nella dimensione dei business legati all’e-commerce o nei servizi offerti al cittadino97. Purtroppo a causa di eventi contingenti come l’aumento dei prezzi e la situazione economica italiana non certo florida, il settore dell’advertising in generale ha subito un rallentamento nella crescita, anche se Internet risulta l’unico mezzo in espansione. Internet è in una fase di sviluppo a tal punto forte che tutte le tipologie e i formati utilizzabili sono coinvolti positivamente ed in particolare, nell’ultimo anno, si può sottolineare l’incremento del 30% della modalità video su web98. Risultati ottenuti su scala europea hanno dimostrato che la display advertising (comprendente banner e button, pop-up e pop-under, rich media, interstitial e superstitial) è cresciuta del 21,3% rispetto al 2010, recuperando il ruolo di leader che negli scorsi anni le era stato rubato dai motori di ricerca, anche se comunque il search rimane il comparto più importante nell’intero settore dell’advertising online europeo, rappresentando il 45% del totale degli investimenti, contro il 33% del display e il 22% di classified e directory. È questo lo scenario che si offre agli occhi delle imprese che vogliono e devono investire in pubblicità. Ormai non si può evitare il web quando bisogna decidere il mix di mezzi da adottare per la propria campagna di comunicazione anche perché la dicotomia alla quale siamo abituati fra marketing online e marketing "tradizionale", è destinata a finire per la necessaria morte della definizione di web 96 www.iab.it: "Il web è un mezzo popolare" in "La pubblicità interattiva in Italia.2010", p. 12. www.iab.it: "Investimenti superiori" in "La pubblicità interattiva in Italia. 2011" XII edizione del Pamphlet IAB Italia, p. 21. 98 Ibidem, p. 24. 97 44 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale marketing. Il marketing è uno solo e il web è destinato a confluire da primo attore all’interno dello stesso alveo di discussione99. A differenza degli altri mezzi di comunicazione di massa la rete offre due possibilità eccezionali: l’interattività e la misurabilità dei risultati. Internet ha delle potenzialità interattive enormi. Tale caratteristica rappresenta il core della comunicazione digitale. Innanzitutto, grazie ad essa, è possibile sviluppare un flusso comunicativo bidirezionale in cui l’inserzionista è consapevole di avere davanti a sé non una massa passiva ma un’audience attivissima che fruisce il contenuto pubblicitario, cerca informazioni su prodotti, prezzi, caratteristiche, confronta articoli omogenei offerti da aziende concorrenti ed in più, attraverso il passaparola telematico, può anche influenzare altri utenti, mettendo addirittura a repentaglio, molte volte, la corporate reputation100. I messaggi pubblicitari vengono sempre più personalizzati per tentare di attirare l’attenzione del consumatore anche alla luce della possibilità offerta ai cybernauti di acquistare direttamente i prodotti pubblicizzati attraverso l’e-commerce. Ormai si sta raggiungendo la frontiera della comunicazione one-to-one. Inoltre, grazie allo sviluppo del Web 2.0, è possibile anche una comunicazione many-tomany, in cui sono gli utenti, assieme alle aziende, a creare contenuti, a diffonderli e a renderli fruibili ad una massa di certo non più classificabile come inerte. L’interattività interpersonale (through the medium) ha raggiunto il suo acme affiancandosi all’interattività ipertestuale (with the medium), legata alla possibilità che l’utente ha di interagire direttamente con l’interfaccia grafica costruendo un percorso di fruizione ad hoc ed estremamente personale fino alla realizzazione, di suo pugno, di nuovi contenuti101. 99 www.iab.it: Sciutto N., "La fine del web marketing" in "La pubblicità interattiva in Italia. 2011" XII edizione del Pamphlet IAB Italia, p. 35. 100 Mentre i tradizionali mass media sono sistemi di tipo broadcasting (flusso unidirezionale oneto-many con messaggi indifferenziati per la massa), il web (assieme alla tv via cavo, alla pay-perview, alla pay-tv, al video on demand) permette una comunicazione definibile come narrowcasting ("trasmissione ristretta", messaggi personalizzati) in cui le informazioni sono trasmesse ad un pubblico specifico che può interagire con il mittente. Sarebbe comunque maggiormente corretto, almeno limitatamente ad Internet, parlare di sistema multipointcasting in quanto attraverso la sua architettura a rete, sono possibili comunicazioni many-to-many in cui le figure di mittente e destinatario non hanno più alcun valore e tendono a scambiarsi, a confondersi. 101 Pastore A., Vernuccio M., "Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management", Apogeo, Milano 2008, p. 476. 45 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale Il plus offerto dall’e-advertising alle aziende consiste nella segmentazione estrema del proprio pubblico di riferimento cosicché, conoscendo gusti e desideri del proprio target, è possibile offrire messaggi mirati concepiti appositamente per una ristretta fascia di consumatori. La misurabilità dei risultati conseguibili in Internet è facilmente ottenibile poiché ogni contenuto è veicolato da un server che riceve le richieste degli utenti e invia agli stessi i file della pagina web. Ogni nostra interrogazione è dunque registrata dal server e, conseguentemente, risulta tracciabile sia il percorso effettuato dal messaggio pubblicitario che memorizzabile l’interesse manifestato dall’utente. I cookies, frammenti di testo inviati da un server ad un client e poi rinviati al server, possono registrare, ad esempio, i siti visitati, le preferenze manifestate. A tal riguardo si è molto criticato l’utilizzo di tali blocchi di testo che consentirebbero una raccolta di dati "invisibile", in quanto il confine tra legalità e illiceità si rivelerebbe molto labile, soprattutto perché non tutti gli utenti sanno della memorizzazione di ogni loro passo fatto sul web e ciò potrebbe confliggere con le norme sulla tutela della privacy. D’altronde la loro utilità rimane innegabile poiché attraverso la registrazione di informazioni sull’utente si rende più facile la navigazione da parte dello stesso, ad esempio, all’interno di siti già visitati oppure, salvando sul computer eventuali password di accesso ad aree protette dei siti, il processo di identificazione diventa più rapido. Inoltre, si pensi alla possibilità del sito web visitato di riconoscere l’utente e di porre alla sua attenzione i banner i cui contenuti sono vicini al profilo tracciato dai cookies durante navigazioni precedenti. Sulla compatibilità o meno del lavoro svolto dai cookies con la normativa a tutela della privacy, i sostenitori degli stessi hanno ribadito che si tratta di uno strumento lecito di raccolta dei dati, almeno fin quando non è possibile identificare il navigatore e quindi associare alle informazioni registrate un soggetto ben individuato. Tuttavia, c’è chi sottolinea la contrarietà al Codice nei casi in cui il cookie crea un profilo direttamente associabile ad un soggetto determinato, senza il consenso dell’interessato, oppure quando non si limita alla registrazione esclusiva di dati di natura commerciale ma trasferisce anche informazioni relative al contenuto della memoria di massa del computer di navigazione. Grazie però 46 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale all’"autotutela informatica" è possibile proteggere il navigatore dalla raccolta occulta di informazioni che lo riguardano, attraverso l’utilizzo di browser in grado di segnalare allo user quando un cookie sta per essere registrato sul proprio computer, impedendone così la registrazione, se l’utente ritiene tale intervento opportuno102. Per misurare l’audience del web è possibile anche fare riferimento ad Audiweb, attraverso cui possono ottenersi informazioni oggettive, sia di carattere qualitativo che quantitativo, sulla fruizione dei mezzi operanti in Internet e sui sistemi online. Esso utilizza strumenti di rilevazione pertinenti e distribuisce poi i dati relativi al pubblico online103. Essenziale è anche la multimedialità dei contenuti web che si estrinseca nell’utilizzo di codici espressivi vari, dal testo scritto all’audio alle immagini, compresenti nel contesto digitale. Il valore funzionale e il valore simbolico del web emergono nettamente, poiché è proprio qui che è possibile associare ad un elevato grado di approfondimento dei contenuti anche le notevoli potenzialità espressive del mezzo104. L’e-advertising è divenuto infomercial105, meno concentrato sulla suggestione generata dal messaggio ma maggiormente attento alle informazioni sui prodotti. Rilevante per le aziende che intendono investire sul web è altresì il carattere transnazionale del sistema stesso che offre la possibilità di divulgare le comunicazioni senza doversi scontare con barriere geografiche. È ipotizzabile, infatti, che un messaggio possa essere fruito da tutti i surfer, ovunque essi si trovino, indipendentemente dal paese di origine e di diffusione della pubblicità, senza limiti spaziali. «[…] Internet riunisce in sé una serie di caratteristiche vantaggiose che nelle modalità pubblicitarie tradizionali si riscontra soltanto limitatamente ad una parte: ha un grande impatto visuale come la tv, 102 Tosi E., "Diritto privato dell’informatica e di internet. I beni – I contratti – Le responsabilità", Giuffrè, Milano, 2006, p. 416. 103 Il sito web è disponibile all’indirizzo www.audiweb.it. 104 Pastore A., Vernuccio M., "Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management", Apogeo, Milano 2008, p. 476. 105 Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa. Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 319. 47 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale ampia possibilità di selettività ed interattività come il direct marketing, ed il messaggio può raggiungere il consumatore nel momento più adatto, cioè quando è orientato all’acquisto, come nella pubblicità presso il punto vendita. La grande innovazione che Internet offre come mezzo pubblicitario è, dunque, la notevole flessibilità e pluralità di obiettivi che permette di raggiungere: dei quattro scopi essenziali che si ritengono propri della comunicazione pubblicitaria, cioè awareness, education, immagine e risposta diretta, i media tradizionali permettono infatti di perseguirne soltanto alcuni in particolare; Internet permette, invece, di costruire una strategia comunicativa più complessa, che assommi ed integri i vari obiettivi»106. 1.6 Internet: un sistema di comunicazione troppo invadente Certamente le opportunità offerte da Internet alle aziende che intendono investire in pubblicità sono notevoli; di sicuro è possibile segmentare in maniera alquanto precisa il pubblico e offrire loro comunicazioni altamente rispondenti ai propri gusti e alle proprie esigenze, così come realizzare annunci dettagliati e ricchi di informazioni e al contempo altamente creativi, ma è pur vero che non è tutto oro quello che luccica. Innanzitutto, utilizzando esclusivamente il web quale mezzo di diffusione dei propri messaggi, l’azienda inserzionista potrebbe rischiare di tagliare fuori dalla sua comunicazione la parte del target che non utilizza il computer o non si connette alla Rete, cosicché risulta fondamentale un’attenta analisi dei consumatori che si intende raggiungere in modo da non rischiare di non toccarli affatto, tenendo ben in vista gli obiettivi della campagna e ponderando diligentemente pro e contro di ciascun mezzo pubblicitario a disposizione, anche off-line. Inoltre, pur raggiungendo il target desiderato, le aziende committenti devono scontrarsi anche con altri aspetti negativi dell’e-advertising, invadenza e l’intrusività in primis che, così come accade anche nelle pubblicità su mezzi 106 Stazi A., "La Pubblicità Commerciale on line", Dott. A. Giuffrè editore, Milano, 2004, p. 25. 48 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale "tradizionali", di certo non migliorano l’immagine che dell’advertising il pubblico ha. L’interstitial è di sicuro il formato che più potrebbe risultare fastidioso in quanto alla richiesta di una pagina web appare un vero e proprio spot non sollecitato dallo user che è costretto a visualizzarlo finché non è caricata la pagina desiderata. D’altronde pur utilizzando tipologie di messaggi meno invadenti come i banner o il keyword advertising è possibile che il surfer sia così assuefatto alle pubblicità da notarle a malapena, oppure sia così poco amante della stesse da evitare completamente i contenuti sponsorizzati. L’utilizzo di software che bloccano popup e pop-under di certo non rende più facile il lavoro di inserzionisti e pubblicitari. Discorso a parte merita l’e-mail advertising, le comunicazioni commerciali inviate tramite e-mail. Nonostante l’utilità di questa tipologia di messaggio pubblicitario e i suoi numerosi vantaggi, proprio a causa del basso costo dell’invio di una email, è possibile ritrovare la casella di posta elettronica stracolma di note spazzatura. È il cosiddetto fenomeno dello spamming (della posta spazzatura, delle junk-mail) che può inficiare il normale utilizzo delle e-mail come veicolo pubblicitario. Lo spamming107 è una pratica molto consolidata che consiste nell’invio di messaggi di posta in modo indiscriminato e senza il consenso del destinatario su argomenti vari, dalla pubblicità di prodotti e servizi creati da un’azienda a messaggi erotici e virus. «Lo spamming è il flagello della posta elettronica e dei gruppi di discussione su Internet. Può interferire in modo serio con il funzionamento dei servizi pubblici, per non parlare dell’impatto che 107 Il termine trae origine dalla carne di maiale in scatola denominata "Spam" (da spiced ham) prodotta dall’azienda Hormel negli Stati Uniti e da uno sketch comico della serie televisiva americana "Monty Python’s Flying Circus" ambientato in un ristorante in cui si accingono a mangiare un uomo e sua moglie. Qui, mentre alcune persone con tanto di elmo da vichingo cantano "Spam, spam, spam…", arriva la cameriera che elenca le pietanze previste nel menù. La sua voce è continuamente coperta dal coro inneggiante lo Spam e i due ospiti non riescono a comprendere bene quali siano le pietanze a scelta se non una serie di piatti seguiti dalla parola "Spam". È immaginabile l’irritazione dei due commensali. La serie "Monty Python Flying Circus" deride la carne in scatola Spam, in quanto l’azienda produttrice era solita condurre una invadente pubblicità. Da qui l’associazione tra la carne che era ovunque, a causa anche del suo basso costo, e la pubblicità indesiderata che può compromettere la comunicazione sulla rete. 49 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale può avere sul sistema di posta elettronica di ogni individuo […] Gli spammer, in effetti, sottraggono risorse agli utilizzatori ed ai fornitori di servizi, senza risarcimento e senza autorizzazione»108. Risorse come tempo e spazio sulla casella di posta in primo luogo. Lo spamming è costoso, dunque, per il ricevente e non per il mittente. La Commissione Europea ha tentato di quantificare la spesa legata alla ricezione di Unsolicited Commercial Communications tenendo conto del tempo impiegato dagli users per scaricare, verificare ed eventualmente cancellare questi messaggi; dei costi di banda sostenuti dai provider; dei danni causati dalla congestione determinata dallo spam; dei danni di immagine per i provider. È stato osservato che per ogni singolo utente i costi si aggirano sui 30 euro all’anno109. Esistono, comunque, software di filtraggio di tali e-mail spam ed è prevista, nella propria casella di posta elettronica, anche un sezione appositamente creata, atta a contenere queste fastidiose e-mail. Nel caso della posta spazzatura, peculiare è l’assenza di consenso, anche se per esserci spamming, chi invia le e-mail ad indirizzi di posta resi pubblici o comunque rilasciati per motivi diversi da quelli per cui sono stati raccolti deve rimanere sconosciuto. Per ritenersi lecito, l’invio di tali comunicazioni commerciali deve essere autorizzato dal destinatario in modo esplicito o implicito. L’ipotesi dell’opt-in, la favorita dei provider e delle associazioni di utenti, impedisce l’invio di qualsivoglia messaggio pubblicitario a meno che non ci sia stato preventivo assenso da parte dei destinatari attraverso, ad esempio, un form compilabile sul sito dell’azienda. Nonostante ciò, il mittente deve comunque essere sempre facilmente identificabile e deve fornire un indirizzo per la risposta. Questo sistema impedirebbe il trasferimento dei costi sul ricevente del messaggio. L’opt-out, preferito dagli spammer, consente l’invio di e-mail spam a meno che il destinatario non esprima esplicitamente il proprio dissenso sia singolarmente, 108 Gobbato M., "La tutela del consumatore. Clausole vessatorie, commercio elettronico e Codice del Consumo", Halley editrice, Matelica, 2007, p. 62 che riprende la descrizione del fenomeno dello spamming fornita da Vincent Cerf. 109 Ibidem, p. 63. 50 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale chiedendo al mittente di eliminare dall’elenco dei destinatari il proprio indirizzo email, sia iscrivendosi ad una lista universale di esclusione attraverso cui ogni utente può rifiutare le unsolicited e-mail. Nondimeno, una terza alternativa potrebbe risultare la migliore: il double (o confirmed) opt-in. In questo caso lo user, dopo aver accettato di essere incluso in una mailing list, deve rispondere, generalmente attraverso un click, ad una ulteriore e-mail di conferma della sua scelta, per essere pienamente sicuri che si tratta di una decisione consapevole. La normativa europea ha appoggiato, attraverso la direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, il sistema dell’opt-in anche se si è dato ampio margine di manovra ai singoli Stati lasciando loro decidere la formula ritenuta maggiormente vantaggiosa. L’Italia ha adottato, in attuazione della direttiva europea, attraverso la legge n. 196/2003 (Codice della Privacy), il sistema dell’opt-in. L’art.130 "Comunicazioni indesiderate" sancisce ai commi 1 e 2 che «L’uso di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale è consentito con il consenso dell’interessato.| La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle comunicazioni elettroniche, effettuate per le finalità ivi indicate, mediante posta elettronica, telefax, messaggi del tipo Mms (Multimedia Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di altro tipo». Tuttavia, l’art. 58 del Codice del Consumo (d. lgs. del 6 settembre 2005 n.206), che si applica in deroga al Codice della Privacy, stabilisce che «L’impiego da parte di un professionista del telefono, della posta elettronica, di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore o di fax richiede il consenso preventivo del consumatore.| Tecniche di comunicazione a distanza diverse da quelle di cui al comma 1, qualora consentano una comunicazione individuale, possono essere impiegate dal professionista se il consumatore non si dichiara esplicitamente contrario». I navigatori esasperati dallo spamming, spesso reagiscono attraverso il cosiddetto flaming, ovvero l’invio alla casella di posta elettronica del mittente di una grande quantità di messaggi di protesta che può addirittura paralizzare il normale utilizzo 51 1. Internet e l’advertising: lo sviluppo di un nuovo medium a favore della comunicazione commerciale della posta da parte dello spammer qualora un’azione del genere venga condotta da un numero elevato di utenti. Infine, anche la transnazionalità di Internet, caratteristica decantata per le grandi potenzialità che offre agli advertiser, presenta una doppia faccia in quanto, se è vero che le aziende potrebbero, utopisticamente, godere di un’audience mondiale, vanno pur menzionate le difficoltà, che tale peculiarità pone a coloro che sono costretti a giudicare una pubblicità che in stati diversi può essere valutata differentemente. In questo caso, infatti, sarà opportuna una discussione sulle norme da applicare per dirimere la controversia e capire se, un soggetto che si ritiene abbia diffuso un commercial lecito nel paese d’origine ma ritenuto ingannevole altrove, a causa di differenti culture e legislazioni, debba essere punito o meno. I capitoli II e III saranno d’aiuto per approfondire la questione. 1.7 Conclusioni Attraverso il presente capitolo si sono potuti approfondire advertising e eadvertising. Dalle definizioni alla ricostruzione storica, si è percorso un mondo intriso di creatività e persuasione che ormai pervade la nostra vita. Quanto detto rappresenta una dovuta introduzione a ciò che seguirà. Nei capitoli successivi si affronterà il tema della pubblicità elettronica dal punto di vista normativo. Il web offre possibilità straordinarie a chi vuole farsi conoscere, sia per la presenza di diversi formati di diffusione dei messaggi, sia per la possibilità di trasmettere un qualsiasi annuncio in tutto il mondo. È, dunque, opportuno, vista la notevole espansione del mezzo, che si faccia riferimento ad una disciplina univoca che permetta di dare la giusta regolamentazione all’e-advertising. Con il web si apre uno scenario diverso, per certi versi molto più complicato e difficile da gestire: Internet non ha confini e tutti possono comunicare con tutti. Chi può controllarlo? La transnazionalità del web garantisce il raggiungimento di target prima impensabili, tuttavia quali norme applicare in caso di lesione di consumatori e aziende concorrenti? Chi protegge questi due gruppi dalla pubblicità ingannevole o scorretta di un’azienda? È da questi interrogativi che partirà l’analisi legislativa condotta nei prossimi capitoli. 52 CAPITOLO II La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising Sommario: 2.1 Introduzione – 2.2 Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, 53a edizione – 2.3 Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206, "Codice del Consumo" – 2.4 Decreto Legislativo 2 agosto 2007 n. 145, "Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 05/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole" – 2.5 Conclusioni. 2.1 Introduzione Internet può essere classificato, a tutti gli effetti, anche se non esclusivamente, come un mezzo di diffusione di comunicazioni commerciali. I numerosi ed eccezionali vantaggi che offre hanno contribuito al suo sviluppo come medium pubblicitario e oggi ogni realtà aziendale, anche la più piccola, cerca di sfruttare questo canale per le proprie comunicazioni. Nonostante nel 1996 la Corte Federale degli Stati Uniti d’America, Distretto Orientale della Pennsylvania, avesse affermato che «Internet non è in via esclusiva e neanche in via principale un mezzo di comunicazione commerciale»1, l’affermazione era stata subito contraddetta dagli eventi e da un mercato effettivamente in notevole espansione. Il fatturato complessivo generato dall’eadvertising aumenta, segno di quanto realmente la pubblicità in Rete sia qualcosa di irrinunciabile. Quanto detto appare anche confermato dalla crescente attenzione che gli operatori del settore e i legislatori dei maggiori Paesi industrializzati 1 Corte Federale degli Stati Uniti d’America – Distretto Orientale della Pennsylvania, 11 giugno 1996, "American Civil Liberties Union (ACLU), American Library Association (ALA) vs. Reno (Procuratore Generale degli Stati Uniti d’America) e Stati Uniti d’America", in "Il Diritto dell’informazione e dell’informatica", 1996, citato in Scorza G., "Il diritto dei consumatori e della concorrenza in Internet. Pubblicità, privacy, contratti, concorrenza e proprietà intellettuale nel cyberspazio", Cedam, Padova, 2006, p. 35. 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising stanno ponendo alla ricerca di strumenti di disciplina della materia, allo sviluppo di modalità di comunicazione commerciale online sempre nuove ed accattivanti, nonché alla diffusione, nella prassi negoziale, di clausole volte a regolarizzare obbligazioni aventi ad oggetto la realizzazione e l’aggiornamento di pagine web a contenuto pubblicitario2. Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell’estendere la disciplina riferibile alla pubblicità tradizionale anche all’e-advertising anche se Internet pone problemi differenti, specifici del mezzo in questione. Se è dunque corretto ribadire quanto già affermato sin dal 1997 dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, «La natura di messaggio pubblicitario, ai sensi dell’art. 2, lett. A) del D. Lgs. 74 del 1992, di un’informazione commerciale non appare in contrasto né può essere esclusa dalla sua diffusione attraverso la rete informatica internet, la quale contiene spesso appositi siti finalizzati alla veicolazione di messaggi diffusi nell’esercizio di attività imprenditoriali, industriali, artigianali o professionali al fine di promuovere la vendita di servizi o prodotti»3, è altrettanto giusto focalizzarsi su fenomeni peculiari della Rete come lo spamming o la "transnazionalità" del mezzo. Rimane, dunque, aperta la questione relativa a quale sia la legge applicabile all’eadvertising soprattutto quando emerge la discordanza tra le normative dei diversi Stati che, pur riflettendo spesso le stesse direttive europee emanate principalmente per tentare l’armonizzazione, in fase di ricezione e applicazione si ritrovano a non essere omogenee, rispecchiando in alcuni casi le diverse culture vigenti. Si pone quindi il problema di stabilire quale sia la legge di riferimento nell’ipotesi, tutt’altro che rara, di diffusione di comunicazioni commerciali lecite nello stato di origine ma in contrasto con le legislazioni degli altri stati in cui viene ricevuto. Per stabilire se le pubblicità debbano essere conformi all’ordinamento del paese di partenza, ovvero del paese di ricezione, si è suggerito di ricorrere ai meccanismi 2 Scorza G., "Il diritto dei consumatori e della concorrenza in Internet. Pubblicità, privacy, contratti, concorrenza e proprietà intellettuale nel cyberspazio", Cedam, Padova, 2006, p. 35. 3 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, decisione n. 5019 del 22 maggio 1997. 54 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising del diritto internazionale privato e, in particolare, alla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge regolatrice delle obbligazioni contrattuali. Essa si basa sul criterio della scelta della legge applicabile operata dalle parti (art. 3 c. 1 "Libertà di scelta") con i relativi limiti e oneri in carico ad esse4. In mancanza di tale scelta, l’art. 4 c. 1, "Legge applicabile in mancanza di scelta", prevede che al contratto si applichi la legge del paese con il quale esso presenta il collegamento più stretto, presumendo che tale sia il paese in cui colui che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o, se si tratta di una società, di un’associazione o di una persona giuridica, la propria amministrazione centrale. È evidente, tuttavia, data la globalità e il carattere transnazionale della rete, quanto sia problematico individuare il luogo di elaborazione ed esecuzione di tale "prestazione caratteristica". Sul piano del diritto interno non vi sono difficoltà se il messaggio è generato da un’impresa italiana e diffuso attraverso un provider italiano, mentre la questione diventa maggiormente intricata se l’annuncio, ideato in un dato stato, è diffuso in nazioni straniere. Purtroppo in questo caso non esiste una regolamentazione certa e definitiva sull’argomento che possa risolvere le emergenti controversie e solo in parte suppliscono orientamenti diffusisi in sede comunitaria (con la direttiva 93/83/CEE e il Libro Verde della Commissione CE del 19 luglio 1995 dedicati alla materia del diritto d’autore e contenenti suggerimenti sull’applicazione del criterio della "Legge del paese da cui proviene il messaggio quale applicabile alle trasmissioni online")5. Nel presente e nel successivo capitolo attenzione sarà posta proprio alla disciplina di riferimento delle comunicazioni commerciali diffuse in Rete. In questo capitolo si procederà con l’analisi delle disposizioni definibili come "generali", ovverosia non specifiche dell’e-advertising ma applicabili sia alla pubblicità tradizionale che alle comunicazioni commerciali online. Si passeranno in rassegna, dunque, il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il Codice del 4 www.altalex.com: Furlanetto L., "La pubblicità online e le comunicazioni commerciali" (Relazione presentata al convegno "Dalla lex mercatoria alla lex electronica nell’architettura dell’e-business: opportunità, questioni legali e tecnologiche applicate al mercato" svoltosi in Santa Margherita Ligure (GE) il 5 e 6 maggio 2006 ed organizzato dal Circolo dei Giuristi Telematici). 5 Ibidem. 55 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising Consumo e il d. lgs. 2 agosto 2007 n. 145, disciplinante la pubblicità ingannevole e comparativa illecita. Successivamente, invece, nel capitolo III ci si focalizzerà su norme maggiormente legate al web come il d. lgs. 9 aprile 2003 n. 70 relativo al commercio elettronico e attento anche alla responsabilità dell’Internet Service Provider. Infine, luce sarà fatta sull’European Advertising Standards Alliance (EASA), l’Alleanza Europea per l’Etica in Pubblicità che, raggruppando i diversi organismi autodisciplinari nazionali, ne rende effettiva l’operatività anche all’estero ricorrendo al cross border complaints system, e che potrebbe rappresentare una effettiva soluzione alla intricata questione. 2.2 Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, 53a edizione Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale costituisce un fenomeno di natura privatistica di regolamentazione della pubblicità 6 commerciale . Se l’autodisciplina è stata definita come «[…] un fenomeno complesso, di stampo prettamente giuridico in forza del quale un certo numero di soggetti, appartenenti ad una o più categorie professionali abitualmente in rapporti operativi tra loro, si impegnano ad osservare norme di comportamento da loro stessi formulate e creano gli strumenti di controllo necessari per assicurarne l’attuazione»7, il Codice in questione disciplina nel dettaglio l’articolato mondo della pubblicità e ha come scopo primario «Assicurare che la comunicazione commerciale, nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore», così come sancito alla lett. a, "Finalità del Codice", tra le "Norme Preliminari e Generali". Non ha l’efficacia erga omnes propria della 6 Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè, Milano, 2003, p. 4. 7 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 89. 56 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising legge8, ma vincola solo coloro che risultano, a vario titolo, aderirvi e, dunque, «Utenti, agenzie, consulenti di pubblicità e di marketing, gestori di veicoli pubblicitari di ogni tipo e tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o tramite la propria associazione, ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto di cui al punto d), finalizzato all’effettuazione di una comunicazione commerciale» ("Norme Preliminari e Generali", lett. b "Soggetti vincolati"). Il Codice nacque in Italia il 12 maggio 1966, con la denominazione di "Codice della Lealtà Pubblicitaria" in risposta alla fortemente sentita esigenza di regolamentare in modo organico la pubblicità, soprattutto per tutelare il consumatore dall’inganno pubblicitario9. Fu promulgato dal Comitato Permanente Interfederale della Pubblicità e ratificato da FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali), RAI e UPA (Utenti Pubblicità Associati). Già nel 1951 l’UPA (organizzazione che riunisce le imprese utenti di pubblicità) aveva pubblicato il "Codice Morale della Pubblicità" sull’esempio del Code International de pratiques loyales en matière de publicité, la prima raccolta organica di disposizioni autodisciplinari di regolamentazione dell’advertising, pubblicata a Parigi nel 1937 dalla Camera di Commercio Internazionale; nel 1953 seguì poi il Codice FIP (Federazione Italiana della Pubblicità, organizzazione che riuniva associazioni, imprese ed enti pubblicitari), una raccolta di usi e consuetudini formatisi in materia pubblicitaria in Italia. 8 Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè, Milano, 2003, p. 5. 9 «All’inizio degli anni ’50 la tutela del consumatore dall’inganno pubblicitario era assicurata soltanto dalla normativa penale della frode in commercio e dalla legislazione speciale in materia essenzialmente di prodotti alimentari e di prodotti agrari. Non era invece garantita dalla disciplina privatistica della concorrenza sleale: perché questa tutelava esclusivamente gli interessi dei concorrenti e per giunta non vietava (quanto meno) esplicitamente la pubblicità menzognera», Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 89. «[…] il fenomeno in esame ha colmato, attraverso il ricorso all’autonomia privata, un vuoto di tutela. Mentre la giurisprudenza, anche nelle impostazioni più datate, ha riconosciuto nella pubblicità menzognera una condotta concorrenzialmente sleale siccome contraria ai principi di correttezza professionale, rendendo azionabili, in favore dell’imprenditore, gli strumenti di cui agli artt. 2598 c. c. e ss.; il consumatore, prima dell’emanazione del menzionato d. lgs. 74/92, restava sprovvisto di protezione nei confronti del fenomeno pubblicitario, giacché la predetta normativa codicistica è soggettivamente delimitata ai casi di sussistenza di rapporto concorrenziale tra imprenditori. Il consumatore, dunque, era tutelato solo in via eventuale e indiretta contro il messaggio pubblicitario scorretto, ovverosia solo se e nella misura in cui esso fosse lesivo anche di interessi di natura imprenditoriale», Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè, Milano, 2003, p. 5. 57 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising Il "Codice della Lealtà Pubblicitaria" nel 1975 cambiò denominazione diventando "Codice di Autodisciplina Pubblicitaria" (c.a.p.) e nel 2008 è stato rinominato "Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale". L’ultima edizione è la cinquantatreesima in vigore dal 21 novembre 2011. Dal 1971 al 1976 la gestione del sistema autodisciplinare venne affidata alla Confederazione Generale Italiana della Pubblicità (CGIP), composta da FEDERPRO (formata dalle associazioni OTIPI e TP e, in seguito anche da ANICA), FIEG, FIP, RAI, SIPRA e UPA, e dal 1977, dopo la costituzione dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) su iniziativa degli enti che appartenevano alla CGIP, il controllo passò a quest’ultimo organo il quale, a norma dell’art. 2 c. 2 dello statuto IAP, provvede all’emanazione e alle revisioni del Codice stesso. L’autodisciplina pubblicitaria pone in tal modo delle regole di condotta agli operatori del settore tutelando, conseguentemente, non solo l’interesse, soprattutto di natura concorrenziale, dell’imprenditore a non essere leso dalle altrui comunicazioni scorrette, ma anche quello del fruitore del messaggio a non venire sviato nelle proprie scelte di consumo oppure a non essere pregiudicato, attraverso tali pubblicità, nelle proprie convinzioni morali, civili e religiose10. Più di tutto, comunque, il codice tutela l’immagine e la credibilità stessa della pubblicità, vietando la divulgazione di messaggi lontani dal comune sentire e, conseguentemente, idonei a suscitare nel pubblico sentimenti di ostilità nei confronti della pubblicità come istituzione di mercato11. Il Codice è stato definito da alcuni come un ordinamento autonomo, non interferente e indipendente da quello dello Stato (cfr. Menichetti), e da altri come un ordinamento privato derivato da quello statuale (cfr. Borrelli)12. In generale si è concordi nell’affermare che il carattere vincolante delle norme in questione derivi 10 Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè, Milano, 2003, p. 5. 11 Possono gettare discredito sulla pubblicità i messaggi che utilizzano argomenti di grande impatto sociale privi di attinenza con il prodotto al solo fine di attirare l’attenzione del pubblico; gli annunci in aperto conflitto con i convincimenti della società civile; le comunicazioni che sfruttano temi che per la loro intrinseca natura sono destinati a rimanere confinati entro la sfera privata, come la sessualità infantile; messaggi fortemente e gratuitamente volgari; valutazioni negative nei riguardi dell’istituto pubblicitario stesso; annunci provocatoriamente insultanti i destinatari della comunicazione (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 111 e seg.). 12 Ibidem, p. 91 e segg. (cfr. Menichetti P. R., "Natura giuridica e funzioni del codice di lealtà", Borrelli F. S. "Rivista di diritto industriale"). 58 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising da un atto di autonomia negoziale, stipulazione contrattuale alla quale l’ordinamento statale attribuisce efficacia ai sensi dell’art. 1372 c.c.13. L’autorità giudiziaria ordinaria si è espressa in tal senso: «(Le pronunce del Giurì) non sono suscettibili di impugnativa davanti al Giudice Ordinario, né possono essere da questo sindacate, ponendosi su di un piano meramente privato e di piena autonomia delle parti» (App. Milano 11/06/2002)14. D’altronde lo stesso art. 32 del Codice sancisce che «Il Giurì esamina la comunicazione commerciale che gli viene sottoposta e si pronuncia su di essa secondo il presente Codice». Risulta irrilevante la conformità dei messaggi pubblicitari alle leggi statali così come la violazione della legge non integra di per sé una inosservanza delle norme del c.a. anche se, comunque, quest’ultimo affonda le sue radici nell’ordinamento statuale poiché in esso trova contenuti e vi attinge categorie, anche mediante rinvii a norme e istituti propri del diritto positivo (riferimenti a contratti, segni distintivi, categorie merceologiche), cosicché talora l’autodisciplina appare come uno sviluppo e una precisazione dei principi già contenuti nella legge15. Importante si rivela proprio il ruolo dell’Istituto dell’Autodisciplina: i soggetti iscritti a tale organo (le maggiori associazioni degli operatori del sistema pubblicitario16) si impegnano a far osservare ai loro associati i principi in 13 Art. 1372 c.c. "Efficacia del contratto": «Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge […] Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge […]». 14 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 92. 15 Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè, Milano, 2003, p. 16. 16 Le associazioni e gli enti che riconoscono il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale sono i seguenti: Aziende: UPA (Utenti Pubblicità Associati); Aziende di settore: Assofin (Associazione Italiana del Credito al Consumo e Immobiliare); Agenzie: AssoComunicazione (Associazione delle Imprese di Comunicazione), UNICOM (Unione Nazionale Imprese di Comunicazione); Televisioni e radio: Aeranti-Corallo (Associazione delle Imprese Radiotelevisivi locali, satellitari e via Internet), FRT (Federazione Radio Televisioni), Mediaset spa, Rai Radiotelevisione Italiana spa, Sky Italia srl; Stampa: ANES (Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata), FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali); Affissioni: AAPI (Associazione Aziende Pubblicitarie Italiane); Internet: Fedoweb (Federazione Operatori Web), IAB Italia (Interactive Advertising Bureau Italia); Concessionarie: FCP (Federazione Concessionarie di Pubblicità); Pubblicità Sociale: Fondazione Pubblicità Progresso; 59 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising questione, a dare opportuna diffusione delle decisioni dell’organo giudicante e ad adottare adeguati provvedimenti nei riguardi dei soci che non vi si attengono o sono recidivi ("Norme Preliminari e Generali", lett. c, "Obblighi degli enti firmatari"). Inoltre, «Per meglio assicurare l’osservanza delle decisioni dell’organo giudicante, gli organismi aderenti si impegnano a far sì che ciascun soggetto ad essi associato inserisca nei propri contratti una speciale clausola di accettazione del Codice, dei Regolamenti autodisciplinari e delle decisioni assunte dal Giurì, anche in ordine alla loro pubblicazione, nonché delle ingiunzioni del Comitato di Controllo divenute definitive» ("Norme Preliminari e Generali", lett. d, "Clausola di accettazione"). «Poiché attualmente l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria comprende tutti i principali operatori del sistema o le loro associazioni e considerata la larga diffusione delle clausole di accettazione nei contratti standard, si può comunque affermare che il Codice ha oggi un’efficacia generalizzata, tale da assicurarne in un modo o nell’altro l’applicazione anche nei casi in cui un utente, un’agenzia, un professionista o un inserzionista, intendesse per ipotesi sottrarsi ad essa»17. Il Codice ha trovato un primo implicito riconoscimento normativo con il d. lgs. del 25 gennaio 1992 n. 74 ("Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come modificata dalla direttiva 97/55/CE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa", modificato successivamente dal d. lgs. 25 febbraio 2000 n. 67 e dalla legge del 6 aprile 2005 n. 49) e, successivamente, piena conferma con il d. lgs. del 2 agosto 2007 n. 146 ("Attuazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/CEE, 97/7/CE, 98/27/CE, 2002/65/CE, e il Regolamento (CE) n. 2006/2004) che promuove il ruolo dei "Codici di Condotta". Soci Sostenitori: Gruppo Finelco, ISDACI (Istituto Scientifico per l’Arbitrato e il Diritto Commerciale), RTL 102.5 HIT RADIO srl. L’Istituto è membro della Alleanza Europea per l’Etica in Pubblicità (EASA, European Advertising Standards Alliance). 17 Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa. Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 226. 60 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising «La fortuna del Codice deriva dalla capacità di sapersi adattare alla continua evoluzione dei mezzi di comunicazione e al mutamento delle esigenze di mercato e della società: ne è prova il fatto che ha già subito numerosi adattamenti nel corso degli anni»18. Il Codice è strutturato in due parti, la prima recante le regole sostanziali (artt. 1-28 bis e 43-46), la seconda le disposizioni procedurali (artt. 29-42)19. Formato da 46 articoli, si compone di sei titoli: dopo le "Norme Preliminari e Generali" troviamo le "Regole di Comportamento" (Titolo I, artt. 1-16), le "Norme Particolari" (Titolo II, artt. 17-28 bis), gli "Organi e la loro Competenza" (Titolo III, artt. 29-35), le "Norme Procedurali e Sanzioni" (Titolo IV, artt. 36-42), la "Tutela della Creatività" (Titolo V, artt. 43-45) e la "Disciplina della Comunicazione Sociale" (Titolo VI, art. 46). Ad esso allegato sono il "Regolamento sui tempi tecnici di attuazione delle decisioni autodisciplinari", il "Regolamento per i pareri preventivi del Comitato di Controllo", il "Regolamento per deposito dei progetti creativi", il "Regolamento per deposito avvisi di protezione", il "Regolamento sulla Comunicazione Commerciale svolta all’estero", il "Regolamento sulla Comunicazione Commerciale degli integratori alimentari proposti per il controllo o la riduzione del peso e di altri tipi di integratori", il "Regolamento sulla Comunicazione Commerciale dei medicinali per uso veterinario" e il "Regolamento a garanzia dell’imparzialità del giudizio autodisciplinare". Il Codice svolge non solo una funzione "repressiva", ma anche "deterrente", per far sì che gli operatori pubblicitari si adeguino spontaneamente alle sue norme senza che si debba intervenire a sanzionarli, e "preventiva" poiché dà la possibilità agli operatori di sottoporre al parere degli organi autodisciplinari le comunicazioni commerciali prima della loro diffusione20. La recente modifica di denominazione da "Codice di Autodisciplina Pubblicitaria" a "Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale" rappresenta un considerevole cambiamento della volontà del legislatore, volto ad estendere 18 Ibidem, p. 222. Ruffolo U. (a cura di), "Commentario al Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria", Giuffrè, Milano, 2003, p. 6. 20 Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa. Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 223. 19 61 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising l’applicazione delle norme del Codice al di là della pubblicità tradizionalmente intesa, comprendendo anche la forma di presentazione ai consumatori del prodotto21 (inclusi l’imballaggio, la confezione, l’etichetta, il servizio, i diritti di assistenza e garanzia), i folders, le televendite, le telepromozioni, le promozioni delle vendite, gli annunci teaser, le sponsorizzazioni, il direct marketing, le fiere e le mostre, ad eccezione delle politiche commerciali e delle tecniche di marketing in sé considerate ("Norme Preliminari e generali", lett. e c. 1, "Definizioni") e la distribuzione a scopo didattico di materiale promozionale quando sia richiesto dagli Istituti scolastici pubblici o privati e l’uso avvenga sotto il controllo del personale docente ("Norme Preliminari e generali", lett. e c. 5, "Definizioni"). Non sono esclusi invece i new media, e sotto la dizione di "comunicazione commerciale"22 sono incluse altresì la comunicazione istituzionale e la comunicazione sociale (ex art. 46 "Appelli al pubblico")23. Anche l’e-advertising rientra, dunque, nel novero delle comunicazioni commerciali disciplinate dal Codice e, conseguentemente, anche i messaggi veicolati attraverso la Rete devono essere onesti, veritieri e corretti evitando tutto ciò che può screditare la pubblicità stessa, ai sensi dell’art. 1 del c.a., "Lealtà pubblicitaria". Il codice tutela i consumatori24 innanzitutto dall’inganno pubblicitario (ai sensi dell’art. 2 "Pubblicità ingannevole") ove affermazioni, omissioni, ambiguità o 21 La lett. e c. 2 delle "Definizioni" tra le "Norme Preliminari e Generali" stabilisce che «Il termine "prodotto" comprende qualsiasi oggetto della comunicazione commerciale e si intende perciò esteso anche al servizio, metodo, trattamento, diritti, obbligazioni e simili. La natura del prodotto o del servizio in sé considerata non forma oggetto del Codice di Autodisciplina» e al c. 3 è specificato che «Il termine "messaggio" comprende qualsiasi forma di presentazione al pubblico del prodotto e si intende perciò esteso anche all’imballaggio, alla confezione, all’etichetta e simili». 22 Come già precisato al paragrafo 1.2, la lett. e delle "Norme Preliminari e Generali" sancisce che «Agli effetti del Codice il termine "Comunicazione Commerciale" comprende la pubblicità e ogni altra forma di comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o servizi quali che siano le modalità utilizzate, nonché le forme di comunicazione disciplinate dal titolo VI. Non comprende le politiche commerciali e le tecniche di marketing in sé considerate». 23 Il c. 1 dell’art. 46 del Codice "Appelli al pubblico" sancisce che «È soggetto alle norme del presente Codice qualunque messaggio volto a sensibilizzare il pubblico su temi di interesse sociale, anche specifici, o che sollecita, direttamente o indirettamente, il volontario apporto di contribuzioni di qualsiasi natura, finalizzate al raggiungimento di obiettivi di carattere sociale». 24 La lett. e c. 4 "Definizioni" delle "Norme Preliminari e Generali" sancisce che «Il termine "consumatore" comprende ogni soggetto – persona fisica o giuridica come pure ente collettivo – cui è indirizzata la comunicazione commerciale o che sia suscettibile di riceverla», includendo sotto tale accezione sia i consumatori stricto sensu (persone fisiche che agiscono per fini che non rientrano nel quadro della loro attività commerciale, industriale, artigianale e professionale), che i professionisti (persone fisiche o giuridiche che agiscono nel quadro della loro attività 62 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising esagerazioni non palesemente iperboliche possano indurlo in errore, in particolare per ciò che concerne le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o i riconoscimenti25. Insidie che potrebbero essere perpetuate anche attraverso terminologie, citazioni, dati statistici e menzioni di prove tecniche e scientifiche non usate in modo appropriato (ex art. 3 "Terminologia, citazioni, prove tecniche e scientifiche, dati statistici"); testimonianze non autentiche, responsabili e controllabili (art. 4, "Testimonianze") per cui il testimone26, soggetto che in qualità di consumatore o di esperto in materia illustra le caratteristiche del prodotto elogiandone, implicitamente o esplicitamente, la qualità, non risulta identificabile o raggiungibile; garanzie obbligatorie comunicate con modalità tali da far ritenere che il loro contenuto sia maggiore o diverso (art. 5 "Garanzie"). Inoltre, nel caso di garanzie più favorevoli di quelle legalmente richieste o ad esse diverse, vi è a carico dell’inserzionista un obbligo positivo di informazione per cui vanno precisati il contenuto e le modalità della garanzia offerta, oppure è necessario riportare una sintetica ma significativa indicazione accompagnata da un rinvio a fonti scritte, maggiormente esplicative, rinvenibili presso il punto vendita, sul sito aziendale o unite al prodotto. La norma tenta di evitare che la pubblicità influenzi in modo suggestivo le scelte del consumatore facendo leva su plus fittizi o già obbligatori. commerciale, industriale, artigianale e professionale) e dunque il rivenditore o comunque l’intermediario commerciale. 25 Il parametro di riferimento per valutare l’ingannevolezza della comunicazione commerciale in analisi è il "consumatore medio" del gruppo di riferimento (art. 2 c. 2), ovverosia un consumatore di media avvedutezza e normalmente informato. Tale valutazione non può prescindere dall’analisi del target di riferimento poiché il criterio è applicato con particolare rigore soprattutto nei casi in cui i messaggi siano destinati a persone che, a causa del loro aspetto fisico o della loro credulità, si trovano in particolari condizioni di inferiorità psicologica e, conseguentemente, sono particolarmente vulnerabili e suscettibili di essere influenzati e, nel caso, ingannati dalla comunicazione commerciale. 26 Non rientra nel concetto di testimonianze or ora accennato l’utilizzo del cosiddetto testimonial, personaggio noto al grande pubblico e distintosi per le sue particolari doti fisiche o intellettive, di cui è meramente sfruttata la notorietà a fini commerciali, associando il carisma della star e la sua filosofia di vita al bene o servizio oggetto della comunicazione commerciale ("effetto alone" dall’immagine al messaggio). A ben vedere, comunque, il termine testimonial è erroneamente utilizzato in quanto i personaggi designati con tale espressione dovrebbero essere classificati come "influenti". Testimonial in realtà è colui che raccomanda il prodotto in quanto esperto autorevole (esperto universalmente riconosciuto dal target) in un campo attinente al settore merceologico cui il prodotto reclamizzato appartiene (es. il dentista che pubblicizza un dentifricio), indipendentemente dalla sua fama. 63 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising «La comunicazione commerciale deve essere sempre riconoscibile come tale», è sancito all’art. 7 ("Identificazione della comunicazione commerciale"), distinta da altri contenuti informativi mediante opportuni accorgimenti tecnici, stilistici, grafici. Il consumatore, inoltre, è tutelato nei riguardi di comunicazioni che sfruttano la superstizione, la credulità, la paura (art. 8 "Superstizione, credulità, paura"), impedendo il plagio dei soggetti più deboli; nei confronti di messaggi che risultano, a causa di affermazioni o rappresentazioni, violenti, indecenti, volgari, ripugnanti (art. 9 "Violenza, volgarità, indecenza"), salvaguardando, in tal modo, non solo il buon gusto e i valori sociali e morali, ma principalmente l’istituzione della pubblicità stessa, difendendola da reazioni di rigetto che potrebbero essere scatenate da messaggi offensivi della sensibilità del pubblico. Inoltre, «La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose. Essa deve rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione» (art. 10 "Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona") e, chiaramente, particolare attenzione va prestata nei casi di ideazione e diffusione di messaggi destinati a bambini e adolescenti o che siano suscettibili di raggiungerli (art. 11 "Bambini e adolescenti"). Tali comunicazioni non devono contenere nulla che possa loro recare danno psichico, morale o fisico, e non possono assolutamente abusare della loro maggiore credulità, mancanza di esperienza o senso di lealtà. La norma, tuttavia, tutela sì i bambini ma anche gli adulti nel caso di messaggi che facciano leva sulla vulnerabilità di questi nei confronti dei più piccoli, abusando, per fini commerciali, delle attenzioni e preoccupazioni che normalmente sono rivolte al mondo dell’infanzia. Particolare premura è posta anche verso le comunicazioni commerciali relative a prodotti suscettibili di presentare pericoli per la salute, la sicurezza e l’ambiente, che devono indicare tali condizioni minacciose con chiarezza, senza descrizioni tali da indurre i destinatari a trascurare le normali regole di prudenza (art. 12 "Salute, sicurezza e ambiente"). I professionisti sono direttamente tutelati dalle comunicazioni commerciali altrui che imitano servilmente i propri messaggi, soprattutto se idonei a creare confusione, e l’art. 13 ("Imitazione, confusione e sfruttamento") vieta, per di più, anche lo sfruttamento del nome, del marchio, della notorietà e dell’immagine 64 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising aziendale altrui, quando intesa a trarre per sé ingiustificato profitto. Non è vietato, dunque, qualsiasi riferimento alla notorietà altrui, ma solo l’agganciamento parassitario volto ad ottenere un vantaggio senza motivo27. Di certo è vietata la denigrazione delle attività o dei prodotti dei competitor, pur senza esplicita menzione degli stessi (art. 14 "Denigrazione"), ma non la comparazione (art. 15 "Comparazione"). Se la prima edizione del Codice (maggio 1966) proibiva ogni forma, anche blanda, di paragone, già con la seconda edizione (luglio 1971) il divieto assoluto veniva limitato alla sola comparazione diretta, mentre era giudicata lecita la comparazione indiretta, «Quando sia intesa ad illustrare, sotto il profilo tecnico, commerciale o del rendimento, le caratteristiche ed i vantaggi reali del proprio prodotto o della propria azienda, e sempre che non si risolva nella denigrazione del prodotto o dell’azienda» (secondo l’art. 15 in vigore all’epoca). D’altronde è con la terza edizione del codice (marzo 1975) che la disciplina della pubblicità comparativa ha ricevuto una formulazione pressoché definitiva e con la riformulazione del 1999 (28a edizione) è stata riconosciuta pienamente la liceità della comparazione diretta, effettuata cioè nei confronti di un concorrente precisamente individuato, utilizzando i suoi segni distintivi28. Dunque, la comparazione è consentita quando risulta utile ad illustrare i vantaggi dei beni o servizi oggetto della comunicazione, purché ponga a confronto «Obiettivamente caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili tecnicamente e rappresentative dei beni e servizi concorrenti, che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi» ai sensi dell’art. 15 c. 1. Infine, pur rimarcando la necessità di non diffondere comparazioni che possano ingenerare confusione nel destinatario o causare discredito o denigrazione, il c. 2 della norma sancisce che la comparazione deve essere in ogni caso leale e non ingannevole. 27 Degno di menzione è anche l’art. 2598 c.c. che disciplina la concorrenza sleale. Compie, infatti, atti di concorrenza sleale «[…] chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda». 28 Ciò come conseguenza della volontà di uniformare il codice alla direttiva CE 97/55 in materia di pubblicità comparativa (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 167). 65 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising È comprensibile che il giudizio sulla ingannevolezza o veridicità di qualsiasi comunicazione commerciale vada espresso in relazione al medium utilizzato, in quanto ciò che risulta accettabile per un determinato mezzo può non esserlo per altri e, in ogni caso, il proprietario del mezzo può rifiutare, sulla scorta della propria autonomia contrattuale, un messaggio difforme dai criteri di lavoro da lui adottati, anche se conforme al Codice (art. 16 "Variabilità"). I contratti di diffusione pubblicitaria stipulati tra utente e mezzo o la sua concessionaria, infatti, non indicano il contenuto da veicolare attraverso la comunicazione commerciale e, pertanto, i proprietari del medium possono, venendone a conoscenza, valersi del proprio "diritto di rifiuto", la facoltà discrezionale di non accettare la pubblicità anche se è già stato assunto il relativo obbligo contrattuale. Il Titolo II del Codice definisce le "Norme particolari". Nello specifico sono disciplinate determinate modalità di vendita sensibili ad abusi (artt. 17-21) e precisi settori merceologici (artt. 22-28 bis). Nel dettaglio gli artt. 17, 18, 20 e 21 pongono un obbligo positivo di informazione a carico dell’inserzionista nel caso di "Vendite a credito", "Vendite a distanza", "Vendite speciali" e "Manifestazioni a premio", mentre è vietata, ai sensi dell’art. 19 ("Forniture non richieste") ogni comunicazione commerciale relativa a forniture non richieste che mirino a obbligare il destinatario al pagamento delle stesse, qualora questi non rifiuti o non restituisca al fornitore quanto fornitogli. Inerentemente ai settori merceologici disciplinati dal Codice, si è ritenuto necessario inserire alcune norme che potessero porre un limite e una misura a messaggi relativi a prodotti o servizi che per la loro intrinseca natura possono trarre in inganno il consumatore o comunque approfittare della sua maggiore vulnerabilità. Gli articoli dal 22 al 28 bis disciplinano le comunicazioni commerciali relative a bevande alcoliche (art. 22), prodotti cosmetici e per l’igiene personale (art. 23), integratori alimentari e prodotti dietetici (art. 23 bis), trattamenti fisici ed estetici (art. 24), prodotti medicinali e trattamenti curativi (art. 25), corsi di istruzione e metodi di studio o insegnamento (art. 26), operazioni finanziarie e immobiliari (art. 27), viaggi organizzati (art. 28), giocattoli, giochi e prodotti educativi per bambini (art. 28 bis). 66 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising Giurì e Comitato di Controllo sono gli organi competenti in materia, cui spetta il compito di giudicare nel merito delle controversie insorte per la supposta violazione del Codice. Il Giurì (art. 29 "Composizione del Giurì") è composto da membri nominati dallo IAP e scelti tra esperti di diritto, di problemi dei consumatori e di comunicazione, e questi, proprio come i membri del Comitato di Controllo, non possono essere selezionati fra persone che esercitano la loro attività professionale in materia di autodisciplina della comunicazione commerciale, e ciò per garantire la massima professionalità e indipendenza del collegio dall’Istituto. Durano in carica due anni e sono riconfermabili. Il Giurì è l’organo collegiale giudicante dell’Autodisciplina, deputato a pronunciarsi sul caso concreto o su richiesta del Comitato di Controllo ovvero di chiunque ne abbia interesse. Il Comitato di Controllo (art. 30 "Composizione del Comitato di Controllo") è l’organo garante degli interessi generali dei consumatori. È anch’esso composto da membri scelti dall’Istituto selezionati tra esperti dei problemi dei consumatori, di tecnica pubblicitaria, di mezzi di comunicazione e di materie giuridiche. I membri di questi due Organi di autodisciplina hanno mandato di svolgere le loro funzioni secondo il proprio libero convincimento e non in rappresentanza di interessi di categoria e, inoltre, sono tenuti ad osservare il massimo riserbo nell’adempimento dei propri compiti (art. 31 "Principi per il giudizio"). L’iniziativa nei riguardi di comunicazioni commerciali ritenute non conformi al Codice può essere assunta d’ufficio dallo stesso Comitato o dai singoli cittadiniconsumatori ovvero da associazioni rappresentative di interessi collettivi. Per segnalare una presunta violazione del Codice è sufficiente inviare una e-mail alla casella di posta elettronica dello IAP. Durante le sedute del Comitato viene esaminata la segnalazione e può essere richiesta, a chi si è valso della comunicazione commerciale in discussione, la documentazione atta a consentire l’accertamento della veridicità di quanto affermato (ex art. 32 "Funzioni del Giurì e del Comitato di Controllo")29. 29 Cfr. art. 6 "Dimostrazione della verità della Comunicazione Commerciale": «Chiunque si vale della comunicazione commerciale deve essere in grado di dimostrare, a richiesta del Giurì o del Comitato di Controllo, la veridicità dei dati, delle descrizioni, affermazioni, illustrazioni e la consistenza delle testimonianze usate». 67 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising Il Comitato può, a seguito dell’analisi del messaggio segnalato, invitare l’inserzionista a modificare la comunicazione commerciale scorretta o ingannevole nei casi di lievi inadempienze, oppure inoltrare alle parti un provvedimento monitorio, succintamente motivato, che ingiunge di desistere dall’ulteriore diffusione della comunicazione commerciale ai sensi dell’art. 39. L’ingiunzione diviene esecutiva in caso di mancanza di motivata opposizione entro il termine perentorio di 10 giorni. In caso contrario, invece, se è proposta opposizione nei termini stabiliti, il Comitato può ritirare l’ingiunzione oppure sottoporla al Giurì affinché si pronunci in merito, ovvero, nei casi più complessi e importanti, è aperto un procedimento ordinario con l’inoltro, da parte del Comitato, di istanza motivata al Giurì affinché si esprima sul caso. Infine, se il Comitato non ravvisa trasgressione del Codice, procede all’archiviazione per non contrasto del Codice ovvero per ritenuta incompetenza o difetto di giurisdizione dell’organo autodisciplinare, oppure per non luogo a procedere, nel caso risultino preminenti gli interessi di parte, concorrenziali rispetto a quelli dei consumatori. Chiunque ritenga di subire pregiudizio da un’attività di comunicazione commerciale contraria al Codice può richiedere l’intervento del Giurì nei confronti di chi, avendo accettato il Codice stesso in una qualsiasi delle forme indicate nelle "Norme Preliminari e Generali", abbia compiuto le attività ritenute illecite. La parte interessata deve presentare una istanza scritta indicando la comunicazione commerciale che intende sottoporre al vaglio del Giurì, esponendo le proprie ragioni e allegando la relativa documentazione. (art. 36 "Istanze al Giurì e segnalazioni al Comitato di Controllo" c. 1 e 2). Dopo aver ricevuto l’istanza, il Presidente del Giurì nomina fra i membri del Giurì un relatore e dispone la comunicazione degli atti alle parti convenute assegnando loro un termine, non inferiore agli otto e non superiore ai dodici giorni liberi lavorativi, per il deposito delle rispettive deduzioni e di eventuali documenti e le convoca entro il termine più breve possibile per la discussione orale che dovrà vertere soprattutto sugli aspetti della controversia che non sia stato possibile trattare per iscritto. Tale termine, il più breve possibile, si rende necessario poiché nelle controversie in materia pubblicitaria l’efficacia dell’intervento dell’organo 68 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising giudicante dipende anche dalla sua tempestività. Per tale motivo il procedimento autodisciplinare è stato assimilato a quello d’urgenza per il quale il fumus boni iuris e il periculum in mora sono sufficienti a determinare in tempi rapidissimi il convincimento del giudice e per tali motivi non è previsto un Giurì d’appello30. Nei casi in cui il messaggio oggetto dell’istanza consista in una comparazione diretta, o riguardi un’offerta promozionale di durata pari o inferiore a trenta giorni, su richiesta dell’istante, il termine assegnato alla parte resistente per il deposito di deduzioni e documenti è di otto giorni liberi lavorativi, e l’udienza di discussione avanti il Giurì ha luogo, salvo casi eccezionali, non oltre i dieci giorni liberi lavorativi dalla presentazione dell’istanza. Le parti, personalmente o assistite da legali e consulenti, sono convocate innanzi al Giurì per la trattazione orale della vertenza, in contraddittorio. La discussione non può essere rinviata se non per casi eccezionali o per accordo delle parti. Esaurita la discussione, il Giurì qualora ritenga la pratica sufficientemente istruita, emette la propria decisione; se invece reputa necessario acquisire ulteriori elementi di prova, rimette gli atti al relatore che provvede al più presto all’assunzione degli atti istruttori ritenuti necessari, che poi restituisce al Giurì per il prosieguo del procedimento; se, infine, durante il procedimento sono emersi elementi tali da fare ritenere la sussistenza di violazioni non precedentemente previste nell’istanza in esame, queste vengono accertate, contestate e dichiarate d’ufficio (art. 37 "Procedimento avanti al Giurì"). In qualsiasi momento del procedimento il Giurì può chiedere, senza formalità, al Comitato di Controllo pareri su qualsivoglia questione. 30 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 213. Fumus boni iuris ("apparenza di buon diritto") è un’espressione latina che in diritto indica uno dei due presupposti, assieme al periculum in mora, necessario per ottenere, nell’ambito del processo civile, un provvedimento cautelare (ex art. 700 c. p. c. "Condizioni per la concessione"). Il fumus boni iuris consiste in un giudizio sommario in ordine alla verosimile esistenza del diritto a cautela del quale si invoca il rilascio della misura cautelare. Con l’espressione periculum in mora ("pericolo nel ritardo") si intende, invece, il danno causato da un ritardo nell’intervento, il possibile danno in cui potrebbe incorrere il diritto soggettivo per il quale si richiede la misura cautelare, se rimanesse senza alcuna forma di tutela giuridica fino alla pronuncia di merito. Colui che richiede l’ordinanza cautelare deve dimostrare la sussistenza del rischio di subire un danno grave e irreparabile. Parte della dottrina ritiene che tra i due requisiti vi sia una relazione inversa, per cui laddove è maggiore il grado di periculum richiesto dal legislatore per una determinata misura cautelare, minore sarà il grado di plausibilità circa l’esistenza del diritto necessario per integrare il requisito del fumus e viceversa (da Enciclopedia Treccani consultabile all’indirizzo www.treccani.it). 69 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising Il Giurì, al termine della discussione, si ritira in camera di consiglio e subito dopo emette la sua decisione, comunicando immediatamente il dispositivo sull’esito della vertenza alle parti. Se la comunicazione commerciale esaminata non è conforme alle norme del Codice, il Giurì dispone che le parti interessate desistano dalla stessa (art. 38 "Decisione del Giurì"). Nei casi particolarmente gravi il Giurì può disporre che sia data notizia al pubblico della decisione, per estratto, anche con i nomi delle parti, sugli organi di informazione ritenuti opportuni. La pubblicazione può avere altresì ad oggetto l’accertamento dell’inosservanza delle disposizioni. Le parti nei cui confronti la decisione è stata pronunciata devono astenersi da ogni utilizzazione della stessa per fini commerciali. Tutte le decisioni sono pubblicate, a cura della Segreteria dell’Istituto di Autodisciplina31 sul suo sito Internet32 e nella banca dati IAP (art. 40 "Pubblicazione delle decisioni"). Le decisioni del Giurì sono definitive ed incontestabili (art. 38 c. 5). «Qualora chi è tenuto ad uniformarsi alle decisioni del Giurì o del Comitato di Controllo non vi si attenga nei tempi previsti dall’apposito regolamento, il Giurì o il suo Presidente reiterano l’ordine di cessazione della comunicazione commerciale interessata e dispongono che si dia notizia al pubblico dell’inottemperanza, attraverso gli organi di informazione indicati, a cura dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria» (c. 1 art. 42 "Inosservanza delle decisioni"). «La decisione del Giurì o l’ingiunzione del Comitato di Controllo comportano l’immediata cessazione della diffusione della comunicazione scorretta. La sanzione potrebbe ritenersi insufficiente – e certamente lo è nei casi di violazioni più gravi o dove gli interessi economici in gioco siano particolarmente rilevanti – tuttavia comporta anche effetti indiretti che ne potenziano notevolmente l’efficacia. Infatti, la mancata utilizzazione di una campagna pubblicitaria può comportare un grave danno economico, dato che la preparazione di 31 L’art. 33 del Codice "Segreteria" sancisce che «1) La Segreteria dell’Istituto svolge anche l’attività di segreteria per il Giurì e il Comitato di Controllo. 2) La Segreteria attesta la pendenza di procedimenti avanti il Giurì e, su richiesta degli interessati, ne rilascia certificazione scritta». 32 Il sito internet dell’Istituto di Autodisciplina è consultabile all’indirizzo www.iap.it. 70 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising una campagna comporta costi spesso ingenti; un danno all’attività commerciale e alle vendite; riflessi negativi sull’immagine aziendale e ciò, in particolare, quando si obbliga a rendere nota la pubblicazione per estratto delle decisioni del Giurì»33. L’organo giudicante ha solo il compito di eliminare gli annunci e le comunicazioni promozionali in contrasto con le norme del Codice e non anche quello di comminare ulteriori sanzioni. Accanto all’inibitoria non può esserci, dunque, anche la condanna al risarcimento del danno. Gli Organi Autodisciplinari sono impegnati anche in altre attività oltre a quanto già espresso. Il Comitato di Controllo, ai sensi dell’art 32 c. 2 ("Funzioni del Giurì e del Comitato di Controllo") su richiesta della parte interessata può esprime in via preventiva il proprio parere circa la conformità alle norme del Codice della Comunicazione Commerciale sottopostagli in via definitiva ma non ancora diffusa. Il parere viene pronunciato sotto riserva della validità e completezza dei dati e delle informazioni fornite dalla parte richiedente. L’approvazione impegna il Comitato a non agire d’ufficio contro il messaggio già esaminato e accettato. Chiaramente, le parti nei cui confronti è stato espresso il parere preventivo devono astenersi da ogni utilizzazione del parere medesimo per fini commerciali. Altra prestazione garantita è la tutela dei progetti creativi. Secondo quanto disposto all’art. 43 ("Progetti creativi") qualora a un’agenzia o a un professionista sia richiesto da un’impresa, nell’ambito di una gara, di una consultazione plurima o individuale e in vista dell’eventuale futuro conferimento dell’incarico, la presentazione di un progetto di comunicazione, tale opera può essere tutelata da indebite utilizzazioni o imitazioni per un periodo di tre anni dalla data del deposito del relativo materiale da parte degli interessati. Il materiale creativo deve essere depositato in un plico sigillato presso la Segreteria dello IAP da parte dell’agenzia o del professionista prima della presentazione al cliente. Condizioni necessarie per dar luogo alla tutela sono la novità e l’originalità dell’ideazione. 33 Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa. Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 234. 71 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising La norma è collegata alla necessità di tutelare gli operatori pubblicitari affinché si scongiuri il pericolo di un’eventuale realizzazione del progetto creativo, presentato durante la gara, al di fuori dal rapporto contrattuale in vista della conclusione del quale era stato presentato al cliente stesso, o a cura di un’agenzia diversa da quella ideatrice della comunicazione imitata34. Inoltre, chi intende proteggere una futura campagna di comunicazione attraverso la diffusione di un solo messaggio creativo può, ex art. 44 ("Avvisi di protezione"), depositare gli elementi essenziali della creazione presso l’Istituto. La protezione ha efficacia per un periodo di diciotto mesi a far tempo dalla data di deposito. Tale pratica pubblicitaria è nota da tempo: si tratta dei cosiddetti "annunci civetta" o pre-emption, comunicazioni commerciali isolate che vengono diffuse allo scopo precipuo di ottenere, attraverso la loro pubblicazione, la protezione che l’art. 13 del Codice ("Imitazione, confusione e sfruttamento") attribuisce ai messaggi, impedendone l’imitazione e ciò ancor prima della realizzazione e della diffusione della relativa campagna pubblicitaria35. Anche gli utenti che desiderano tutelare la propria campagna di comunicazione commerciale da loro svolta in altri Paesi contro possibili imitazioni in Italia, possono depositare gli esemplari di tale comunicazione presso la Segreteria dello IAP. Il deposito conferisce un diritto di priorità valido per un periodo di cinque anni dalla data del deposito stesso (art. 45, "Comunicazione svolta all’estero"). Nel 2005 l’IAP ha istituito una Camera di conciliazione e di arbitrato che, affiancando Giurì e Comitato di Controllo, pur senza interferenza nel loro lavoro, offre agli operatori pubblicitari e del diritto un servizio in merito alla correttezza delle comunicazioni commerciali. Il Consiglio Direttivo dell’Istituto ha, infatti, ritenuto opportuno creare una struttura specialistica che provvede alla gestione e all’amministrazione dei procedimenti arbitrali e di conciliazione, basandosi su appositi regolamenti per la soluzione di controversie legate al mondo della comunicazione (come, exempli gratia, i contratti di diffusione pubblicitaria). Pur non disciplinando direttamente ed esplicitamente anche l’e-advertising, è scontato e ridondante affermare che quanto finora esplicato e sancito dal Codice 34 35 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 224. Ibidem, p. 225 72 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising possa essere esteso anche alla pubblicità su Internet. Nei casi di una comunicazione ricevuta in un paese ma inviata da imprese e provider straneri, potrebbero presentarsi alcuni ostacoli all’applicazione di tali norme in quanto il controllo autodisciplinare è limitato alla sola Italia e, inoltre, è necessario che si aderisca all’autodisciplina pubblicitaria, non escludendo comunque problemi connessi all’esecuzione coattiva di ordini di cessazione di pubblicità illecite36. 2.3 Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206, "Codice del Consumo" «Nel rispetto della Costituzione ed in conformità ai principi contenuti nei trattati istitutivi delle Comunità europee, nel trattato dell’Unione europea, nella normativa comunitaria con particolare riguardo all’articolo 153 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, nonché nei trattati internazionali, il presente codice armonizza e riordina le normative concernenti i processi di acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti». L’art. 1 del d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, esponendo finalità ed oggetto del cosiddetto "Codice del Consumo", chiarisce immediatamente che non si tratta dell’ennesimo codice a tutela di interessi specifici quanto di una raccolta unitaria delle diverse norme a protezione del consumatore, ordinando, aggiornando e semplificando le disposizioni vigenti in materia, adattandole soprattutto alle disposizioni del diritto comunitario. «In termini sintetici, si tratta di un intervento valutativo, critico e non compilativo o descrittivo del materiale normativo esistente. […] In altre parole, si è al cospetto di una modalità di normazione avente – in sé – una duplice veste, apparentemente confliggente: l’una, "conservatrice", orientata alla considerazione dell’esistente e alla sua organizzazione; l’ulteriore, protesa all’introduzione di novità di non 36 Ibidem, p. 99. 73 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising poco momento, aventi anche un impatto dogmatico di notevole importanza»37. Il decreto in discussione costituisce esercizio della delega legislativa contenuta nell’art. 7 della legge 29 luglio 2003 n. 229 ("Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001"), avente ad oggetto il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori38. «Il Codice del Consumo, esperienza tutt’ora ascrivibile tra quelle "pilota" in ambito comunitario e che racchiude quello che può definirsi lo "stato dei consumatori", rappresenta uno dei primi provvedimenti legislativi della nuova fase di codificazione relativa alla semplificazione e riordino normativo […]»39. Non si tratta però del paternalistico intento di tutelare il contraente debole: piuttosto la normativa è funzionale alla tutela del bene giuridico della concorrenza tra le imprese la cui crescita o fuoriuscita dal mercato è legata alle scelte riconducibili alla sovranità del consumatore40. Inoltre, il Codice del Consumo disciplina l’intero atto di consumo, comprendendo non solo l’acquisto in sé, ma anche i momenti ad esso precedenti come la pubblicità, l’informazione, e quelli successivi, come i servizi di riparazione o sostituzione di beni non conformi a quanto atteso. La struttura stessa del Codice segue tale sviluppo temporale, per cui l’accorpamento del materiale normativo previgente ha avuto luogo seguendo le linee guida del procedimento economico e giuridico che sfocia nell’atto finale del consumo41. Il Codice del Consumo è composto da 146 articoli suddivisi in sei parti: "Disposizioni generali" (artt. 1-3), "Educazione, informazione, pratiche 37 Stanzione P., Sciancalepore G. (a cura di), "Commentario al Codice del Consumo. Inquadramento sistematico e prassi applicativa", IPSOA Editore, Milano, 2006, p. 5 e segg. 38 Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 3. 39 Ibidem, p. 5. 40 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 319. 41 Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 6. 74 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising commerciali, pubblicità" (artt. 4-32), "Il rapporto di consumo" (artt. 33-101), "Sicurezza e qualità" (artt. 102-135), "Associazioni dei consumatori e accesso alla giustizia" (artt. 136-141), "Disposizioni finali" (artt. 142-146). Inoltre, il presente decreto, dopo aver ospitato anche la disciplina sulla pubblicità ingannevole, a seguito delle modifiche introdotte dal d. lgs. 2 agosto 2007 n. 146, non contempla più tale materia. Per il lavoro in questione, interessante risulta il Titolo III "Pratiche commerciali, pubblicità e altre comunicazioni commerciali" (artt. 18-27 quater)42 della Parte II. L’art. 2 del decreto definisce i "Diritti del consumatore", riproducendo l’elenco previsto dalla risoluzione CEE del 1975. Vengono così «Riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa […]» (art. 2 c. 1), esplicitati al c. 2: accanto ai diritti individuali, come il diritto "alla tutela della salute" (lett. a)43, sono indicati diritti "collettivi", quali il diritto "ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità" (lett. c); i cosiddetti "diritti di libertà"44, come il diritto "alla promozione e allo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti" (lett. f); diritti che vedono come soggetto passivo lo Stato tenuto ad educare al consumo (lett. d). Inoltre, sono riconosciuti come fondamentali anche il diritto "alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi" (lett. b), "all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà" (lett. c bis), "alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali" (lett. e), "all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza" (lett. g). «[…] Le locuzioni utilizzate per la definizione dei diritti stessi appaiono assai ambigue ed equivoche, lasciando ampia discrezionalità all’interprete, il quale deve stabilire: 1) la "soglia" al di sopra della 42 Così come modificato dal d. lgs. 2 agosto 2007 n. 146. Peraltro già sancito dall’art. 32 Cost.: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.| Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». 44 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 320. 43 75 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising quale il diritto alla "qualità" dei prodotti e dei servizi può considerarsi rispettato; 2) cosa debba intendersi per informazione "adeguata"; 3) quando la pubblicità possa dirsi "corretta"; 4) se il concetto di "equità" nei rapporti contrattuali possa, ad esempio, implicare il sindacato sull’equilibrio tra le prestazioni; 5) quale sia lo "standard" di qualità ed efficienza cui deve attenersi l’erogazione di servizi pubblici. […] Le direttive cui l’interprete può attingere, in sede di concretizzazione delle ampie formule normative indicate, non possono che provenire dalla natura giuridica del bene che la normativa intende tutelare. Cosicché, se si ritiene che la disciplina dei consumatori tuteli il bene giuridico della concorrenza, qui inteso nel senso di dinamismo concorrenziale, la discrezionalità dell’interprete non può che trovare quali suoi limiti interni i principi generali in materia di attività economiche e di concorrenza rinvenibili nella legislazione comunitaria ed in quella costituzionale. La latitudine del diritto e, specularmente, il riconoscimento delle tutele apprestate, trovano dunque in tali principi la propria misura».45 L’art. 18 del Codice ("Definizioni") così come modificato dal d. lgs. 146/07, propone una serie di definizioni dei concetti più significativi ed importanti della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette. Lo stesso termine "scorretto", volto a qualificare siffatti comportamenti, è stato utilizzato dal legislazione in sostituzione del più generico "sleale" per distinguere tale normativa da quella della concorrenza sleale disciplinata dal codice civile46. La lett. a dell’art. 18 definisce la nozione di "consumatore", ribadendo quanto già disposto all’art. 3 ("Definizioni") c. 1 lett. a ("consumatore o utente")47 e chiarendo che con tale termine si intende «qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali del 45 Ibidem, p. 320. Sezione II ("Della concorrenza sleale") del Capo I ("Della disciplina della concorrenza") del Titolo X ("Della disciplina della concorrenza e dei consorzi") del Libro V ("Del lavoro") del Codice Civile, artt. 2598-2601. 47 L’art. 3 c. 1 lett. a definisce il "consumatore o utente" come «La persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta». 46 76 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising presente titolo, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale». Tale definizione appare di sicuro meno rigida rispetto a quanto sancito all’art. 3 per la parte riguardante le finalità, poiché mentre quest’ultima spiegazione potrebbe essere intesa come una assenza assoluta di qualunque finalità professionale da parte del consumatore per essere definito come tale, grazie all’art. 18 è stato possibile estendere l’ambito di applicazione della norma anche qualora le finalità professionali, pur presenti assieme alle finalità private, abbiano un ruolo del tutto marginale. Non è definibile come consumatore la persona giuridica sia pubblica che privata (ONLUS, imprese sociali), né gli enti collettivi che operano per scopi non professionali, come le fondazioni o le associazioni. La formulazione precedente alla modifica apportata dal d. lgs. 146/07 era molto più ampia comprendendo sotto la dizione di "consumatore" «anche la persona fisica o giuridica cui sono dirette le comunicazioni commerciali o ne subisce le conseguenze», per rendere il codice conforme a quanto previsto dalla disciplina sulla pubblicità ingannevole introdotta dal d. lgs. 74/92. Attualmente tale formulazione è presente all’art. 5 "Obblighi generali" contenuto al capo I ("Disposizioni generali") del Titolo II ("Informazioni ai consumatori") della parte II. Tale anticipazione della tutela ad una fase precedente all’acquisto del bene o servizio è stata voluta dal legislatore, in primis per garantire il diritto ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità disposto all’art. 2 c. 2 lett. c, e soprattutto per riorganizzare le disposizioni a tutela dei consumatori con riferimento all’intero processo di consumo, attribuendo particolare rilievo all’informazione, fondamentale per ridurre l’asimmetria informativa tra professionista e consumer, e per permettere a quest’ultimo di effettuare le proprie scelte in maniera consapevole. «Considerare consumatori anche i destinatari delle informazioni commerciali […] vuol dire anticipare le tutele e rendere evidente come la figura del consumatore non appartenga solo al diritto dei contratti e che il consumatore può essere parte di rapporti tanto contrattuali quanto extracontrattuali e precontrattuali. Il consumatore 77 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising assume, perciò, rilevanza nel mondo del diritto indipendentemente dal suo essere parte di un rapporto contrattuale»48. L’inserimento all’interno del Codice del Consumo delle "pratiche commerciali" conclude un percorso che ha condotto ad una radicale trasformazione delle problematiche, legate all’area dell’informazione e dei comportamenti d’impresa, inerenti al rapporto tra professionista e consumatore, il primo definito all’art. 3 lett. c come «la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario» e all’art. 18 lett. b come «qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista». Da una tutela esclusivamente demandata al codice civile (art. 2598), con riferimento ai soli interessi degli imprenditori in concorrenza tra di loro, si è passati all’emanazione del d. lgs. 74/92 sulla pubblicità ingannevole, poi confluito nel Codice del Consumo. Attualmente soggetti alla tutela sono direttamente anche i consumatori e tutti coloro, che pur non acquistando di fatto il bene o il servizio, sono coinvolti nelle attività promozionali49. L’art. 19 del codice definisce l’ambito di applicazione del Titolo III della Parte II del decreto, valido per le «pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa ad un prodotto», dove per "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori" si intende «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità50 e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori» (art. 18 lett. d) e per "prodotto" «qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i 48 Tripodi E. M., Belli C., "Codice del consumo. Commentario del D. Lgs. 206/2005 e successive modifiche e integrazioni", Maggioli Editore, Rimini, 2008, p. 69. 49 Ibidem, p. 126. 50 Nel presente decreto non è fornita una definizione di pubblicità, mancanza cui si può supplire grazie all’art. 2 c. 1 lett. a del d. lgs. 145/2007 (vedi infra). 78 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising diritti e le obbligazioni»51 (anche se il c. 4 dell’art. 19 sottolinea che il presente titolo non è applicabile alla categoria merceologica dei metalli preziosi, sottoposti ad una normativa speciale relativa alla loro certificazione). La nozione di pratica commerciale scorretta risulta, dunque, molto ampia comprendendo ogni momento di contatto tra professionista e consumatore. Il Titolo in questione non pregiudica comunque «a) l’applicazione delle disposizioni normative in materia contrattuale, in particolare delle norme sulla formazione, validità od efficacia del contratto; b) l’applicazione delle disposizioni normative, comunitarie o nazionali, in materia di salute e sicurezza dei prodotti; c) l’applicazione delle disposizioni normative che determinano la competenza giurisdizionale; d) l’applicazione delle disposizioni normative relative allo stabilimento, o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici o altre norme specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, per garantire livelli elevati di correttezza professionale» (art. 19 c. 2). Inoltre, «in caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici» (art. 19 c. 3). Fondamento del sistema delle pratiche commerciali scorrette è l’art. 20 del Codice che, trattando il "Divieto delle pratiche commerciali scorrette", afferma perentoriamente che esse sono vietate (c. 1). Una pratica commerciale è classificabile come scorretta se, secondo quanto stabilito al c. 2, «è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori». 51 Una definizione di prodotto, molto più ampia, è già fornita all’art. 3 lett. e del codice: «Prodotto: fatto salvo quanto stabilito nell’art. 18, comma 1, lettera c, e nell’art. 115, comma 1, qualsiasi prodotto destinato al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi, o suscettibile, in condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dal consumatore, anche se non a lui destinato, fornito o reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell’ambito di un’attività commerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo, usato o rimesso a nuovo; tale definizione non si applica ai prodotti usati, forniti come pezzi d’antiquariato, o come prodotti da riparare o da rimettere a nuovo prima dell’utilizzazione, purché il fornitore ne informi per iscritto la persona cui fornisce il prodotto». 79 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising È evidente che per esserci scorrettezza è necessario che siano presenti entrambi gli elementi costitutivi della definizione proposta dall’art. 20 c. 2, ovverosia la contrarietà alla diligenza professionale e la capacità, anche solo potenziale, di falsare il comportamento economico del consumatore. Quanto disposto all’art. 18 aiuta a disambiguare la norma. L’espressione "diligenza professionale" si riferisce al «normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista52» (lett. h), mentre con "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori" si intende l’«impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale53 che non avrebbe altrimenti preso» (lett. e). La capacità della pratica commerciale di falsare il comportamento economico del soggetto che raggiunge va valutata utilizzando come parametro di riferimento il "consumatore medio". Il Codice non fornisce una spiegazione di tale concetto, rinvenibile invece nella direttiva CE 05/29 che al considerando 18 afferma che «[…] il consumatore medio è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici» sottolineando che «la nozione di consumatore medio non è statistica. Gli organi giurisdizionali e le autorità nazionali dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della Corte di Giustizia, per determinare la reazione tipica del consumatore medio nella fattispecie»54. 52 «Correttezza e buona fede sono però due "indicatori" diversi rispetto al comportamento del professionista. Il primo […] si riferisce allo standard (minimo) che si può pretendere dal professionista: è un vero e proprio "metro" rispetto all’adempimento dovuto. […] La buona fede, invece, appare un criterio suppletivo ed integrativo qualora rispetto alla singola pratica non vi siano (ancora) standard minimi di comportamento», Tripodi E. M., Belli C., "Codice del consumo. Commentario del D. Lgs. 206/2005 e successive modifiche e integrazioni", Maggioli Editore, Rimini, 2008, p. 141-142. 53 Ai sensi dell’art. 18 lett. m per "decisione di natura commerciale" si intende «la decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto; tale decisione può portare il consumatore a compiere un’azione o all’astenersi dal compierla». 54 «I lineamenti del consumatore medio che emergono dall’esame delle sentenze pregiudiziali della Corte di Giustizia lasciano comunque ampio spazio alla discrezionalità degli organi nazionali: in materia di pubblicità comparativa sul prezzo di beni di largo consumo, è stato affermato che il 80 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising Inoltre, il c. 3 dell’art. 20 specifica che «Le pratiche commerciali che, pur raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate nell’ottica del membro medio di tale gruppo. […]». Il consumatore medio non va valutato in astratto, essendo già esso, per sua intrinseca natura, un soggetto virtuale: in ogni caso andranno valutati il prodotto in questione e la categoria target specifica suscettibile di essere raggiunta dal messaggio. La nozione di pratica commerciale scorretta introdotta al c. 2 ha, tuttavia, solo applicazione residuale per le ipotesi in cui il comportamento del professionista nei confronti del consumatore non sia riconducibile a nessuna delle fattispecie di azioni o omissioni ingannevoli elencate agli artt. 21-22 o a aggressive di cui agli artt. 24-25 e non ricada nelle black list di pratiche ingannevoli o aggressive ai sensi degli artt. 23 e 2655. «Parte della dottrina reputa che, al fine di valutare se una pratica sia scorretta, si dovrà a) in primo luogo verificare se rientri o meno in una delle previsioni delle liste nere, b) in caso di esito negativo, si dovrà appurare se in essa siano ravvisabili gli estremi di una pratica ingannevole o aggressiva, e c) ove anche quest’ultima verifica dovesse consumatore medio è colui che svolge i propri acquisti in grandi magazzini, ed è quindi individuabile sulla base dei prodotti oggetto della comunicazione; […] per la dizione "testato dermatologicamente" riportata sulla confezione di un sapone, la Corte ha ritenuto che il consumatore medio è quello indotto a credere che il prodotto sia stato sottoposto ad una prova e che da questa sia emersa la buona tollerabilità del preparato, o quanto meno il suo carattere inoffensivo per la pelle; […] per la denominazione di un cosmetico, a nome "lifting", la Corte ha ritenuto che il consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto è quello che non dovrebbe attendersi effetti duraturi dall’uso del preparato, con la precisazione che spetta al giudice nazionale verificare in concreto se il consumatore medio possa essere indotto in una erronea convinzione. […] Secondo un indirizzo giurisprudenziale uniforme, il metro di valutazione non va individuato nella capacità di discernimento di soggetti particolarmente attenti o, al contrario, sprovveduti, ma in quella propria del consumatore di media avvedutezza […], avendo riguardo anche alla natura dei prodotti contraddistinti e quindi al diverso grado di attenzione che è ragionevole attendersi, ad esempio fra l’acquirente di un bene di largo consumo rispetto a quello di chi si trova di fronte ad un prodotto sofisticato e di notevole costo», Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 328. 55 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 327. 81 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising avere esito negativo, si dovrà far ricorso alla norma generale "di chiusura" accertando, diversamente dai casi sub a) e b), la contrarietà alla diligenza professionale della pratica e la sua idoneità ad alterare il comportamento economico del consumatore. […] In quest’ottica si assegna alla norma generale di cui all’art. 20 […] una funzione sussidiaria, destinata a rivestire un ruolo piuttosto marginale. Secondo altri […], invece, l’estesa valenza del divieto contenuto nell’art. 20, quale clausola generale, impedisce di considerarla come mera ipotesi residuale cui attingere solo quando il caso concreto non rientri in alcuna delle fattispecie indicate nelle liste nere, e ne fa invece la disposizione dalla quale deve prendere avvio l’interpretazione di tutte le altre norme contenute nella nuova disciplina. È infatti proprio la clausola generale a fornire i criteri guida cui attingere nella ricostruzione in concreto delle fattispecie elencate nelle c.d. liste nere. Ciò essenzialmente per due motivi. Da un lato, in quanto la descrizione delle fattispecie contenute nelle liste nere è ben lungi dall’essere univoca ed autosufficiente, evocando invece concetti indeterminati che esigono a loro volta un’interpretazione, nell’ambito della quale torna ad assumere rilevanza la ratio della clausola generale. D’altro lato, perché le black list, pur concepite per facilitare il compito dell’interprete, non sono in grado di risolverlo, non contenendo divieti per se ma solo presunzioni legali di illiceità della pratica pur sempre suscettibili di prova contraria. Pertanto, una volta ricostruite le fattispecie ivi previste, la loro valutazione non può prescindere né dalla contestuale analisi della contrarietà alla diligenza professionale e dall’idoneità ad alterare il processo decisionale che conduce il consumatore all’assunzione delle sue scelte di mercato, né dall’applicazione della rule of reason di cui è espressione la clausola generale»56. 56 Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 108-109. La rule of reason è un approccio sviluppato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nell’interpretazione dello Sherman Antitrust Act, la più antica legge antitrust americana risalente al 1890 volta a limitare monopoli e cartelli. Le infrazioni alla legislazione antitrust possono essere 82 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising I commi 4-5 dell’art. 20 sanciscono che «4) In particolare, sono scorrette le pratiche commerciali: a) ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 o b) aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.| 5) Gli articoli 23 e 26 riportano l’elenco delle pratiche commerciali, rispettivamente ingannevoli e aggressive, considerate in ogni caso scorrette». Sono comunque fatte salve le iperboli pubblicitarie, ovverosia le esagerazioni palesemente manifeste, riconoscibili come tali e insuscettibili di ingannare il consumatore (art. 20 c. 3). Ad ogni modo, anche in questo caso l’identificazione dell’iperbole e la sua relativa innocuità vanno valutate di volta in volta in riferimento al target della comunicazione e alla sua capacità di discernimento. Una pratica commerciale è considerata ingannevole ex. art. 21 ("Azioni ingannevoli") se induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio sugli aspetti elencati nell’articolo stesso e, contemporaneamente, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso. Ciò può avvenire in due modi: attraverso la veicolazione di informazioni non rispondenti al vero ovvero, anche se queste sono corrette, attraverso l’uso di una presentazione complessiva ingannevole. Inoltre, è irrilevante l’intento soggettivo del professionista, poiché la pratica commerciale sleale sembra configurare un illecito imputabile al professionista a titolo di rischio di impresa57. Ancora una volta è fatto espresso richiamo al consumatore medio. Lo stesso articolo successivamente elenca alcuni elementi che possono essere oggetto di inganno: «a) l’esistenza o la natura del prodotto; b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione, gli accessori, l’assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i affrontate mediante la per se rule ovvero, alternativamente, la rule of reason. Nel primo caso è sufficiente provare che un certo comportamento si è verificato e che esso ricade nella categoria di pratiche così "chiaramente anticoncorrenziali" da essere illegali di per sé, senza che sia necessaria alcuna inchiesta dettagliata. Secondo la "regola della ragione", invece, si rende necessaria una dettagliata analisi delle condotte ritenute illecite, delle ragioni che le hanno provocate, dell’impatto sul destinatario (www.unipv.it, "La politica della concorrenza o antitrust"). 57 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 330. 83 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto; c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla sponsorizzazione o all’approvazione dirette o indirette del professionista o del prodotto; d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo; e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione; f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, lo status, il riconoscimento, l’affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti; g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell’articolo 130 del presente Codice58» (art. 21 c. 1 lett. a-g). Il c. 2. dell’art. 20 stabilisce che «È altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti: a) una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita59; b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta60 che il medesimo si è impegnato a rispettare, ove si tratti di un impegno fermo e verificabile, e il professionista indichi in una pratica commerciale che è vincolato dal codice». Infine, «È considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza» (art. 21 c. 3) e «la pratica commerciale che, in quanto 58 Per il testo dell’art. 130 del Codice del Consumo si rinvia all’Appendice A.3. La prima parte della lett. a prende in considerazione un particolare tipo di ingannevolezza, ovverosia quella relativa all’origine commerciale del prodotto, richiamando le fattispecie tipiche della concorrenza sleale confusoria ex art. 2598 c. 1 del Codice Civile. 60 Ai sensi dell’art. 18 lett. f per "codice di condotta" si intende «un accordo o una normativa che non è imposta dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e che definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tale codice in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori imprenditoriali specifici». 59 84 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza» (art. 21 c. 4). Il c. 3 dà rilievo anche all’omissione, considerata ingannevole quanto una specifica azione, poiché può indurre il consumatore a prendere consapevolmente una decisione di natura commerciale senza determinate informazioni rilevanti. Insufficiente risulterebbero i dati apposti sulla confezione del prodotto se distinte dalla comunicazione già diffusa. La portata dell’obbligo informativo imposto dall’art. 21 non può essere limitata a prodotti per i quali già esiste nell’ordinamento un obbligo legale di informazione, poiché se così fosse la norma risulterebbe di scarsa utilità; né, al contrario, può ritenersi preclusa l’applicazione dell’art. 21 c. 3 del codice, dall’operatività di una normativa settoriale per quel tipo di prodotto. Tale norma continua ad essere pienamente applicabile a tutte le ulteriori indicazioni la cui citazione nel messaggio non è obbligatoria ai sensi della legislazione speciale. L’Autorità non può comunque imporre oneri informativi aggiuntivi sugli aspetti già specificatamente regolati61. L’art. 22 del decreto prende in considerazione nel dettaglio le "Omissioni ingannevoli". «1) È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. | 2) Una pratica commerciale è altresì considerata un’omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma […]». Per esserci inganno, dunque, le omissioni devono essere rilevanti ed idonee ad indurre il consumatore a prendere una decisione che altrimenti non avrebbe preso. È equiparato ad omissione anche l’occultamento delle informazioni, consistente in un comportamento volontario, finalizzato a tenere nascosto al consumatore un certo dato, così come la presentazione delle stesse in modo oscuro, 61 Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 122. 85 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising incomprensibile, ambiguo o intempestivo. Inoltre, se la rilevanza dell’omissione prescinde dall’intento soggettivo del professionista, per potersi parlare di occultamento, è necessaria la configurazione del dolo62. Per valutare tale "rilevanza", l’art. 22 prende in considerazione tre ipotesi specifiche: l’intento commerciale della pratica quando questo non è evidente dal contesto (c. 2); gli obblighi di informazione connessi alle comunicazioni commerciali previsti dal diritto comunitario (c. 5); le informazioni esplicitamente previste nel caso di invito all’acquisto63, quando non evidenti dal contesto (c. 4), ovverosia le caratteristiche principali del prodotto, l’indirizzo geografico e l’identità del professionista, il prezzo comprensivo delle imposte (se la natura del prodotto comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo devono essere esplicitate le modalità di calcolo del prezzo e, se presenti, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali e, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l’indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore), le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami, l’esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e le operazioni commerciali che comportano tale diritto. Inoltre, il c. 3 dà grande importanza anche al mezzo di comunicazione impiegato per la pratica commerciale ribadendo il principio di variabilità già previsto dal Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale all’art. 1664, per cui se il medium impone restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un’omissione di informazioni, tali restrizioni sono prese in considerazione così come le misure adottate dal professionista per rendere disponibili le informazioni ai consumatori con altri mezzi. La legge 23 luglio 2009 n. 99 "Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia" ha introdotto all’interno del Codice del Consumo, attraverso l’art. 22, l’art. 22 bis "Pubblicità 62 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 333. L’art. 18 lett. i fornisce la seguente definizione di "invito all'acquisto": «una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato per la comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto». 64 Vedi supra paragrafo 2.2. 63 86 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising ingannevole delle tariffe marittime" secondo cui «È considerata ingannevole la pubblicità che, riguardando le tariffe praticate da compagnie marittime che operano sul territorio italiano direttamente o in code-sharing, reclamizzi il prezzo del biglietto dovuto alla compagnia marittima separatamente dagli oneri accessori, dalle tasse portuali e da tutti gli oneri comunque destinati a gravare sul consumatore, dovendo la compagnia marittima pubblicizzare un unico prezzo che includa tutte queste voci». L’ultimo articolo dedicato alle pratiche commerciali ingannevoli è il 23 che elenca una "lista nera" delle pratiche commerciali in ogni caso ingannevoli e, dunque, vietate, riproponendo l’elenco contenuto nella prima parte dell’Allegato I alla d. CE 05/29. « La lista è funzionale allo scopo di "garantire una maggiore certezza del diritto" che costituisce uno degli obiettivi perseguiti dalla direttiva […], e secondo alcuni interpreti costituisce il "vero cuore della regolamentazione", trattandosi di una lista chiusa che può essere modificata solo con un procedimento di revisione della direttiva»65. Diversamente dall’applicazione della regola generale contenuta nell’art. 20, in questo caso non occorre accertare che la pratica commerciale sia stata compiuta contravvenendo alla diligenza professionale o che sia in grado di falsare il comportamento economico del consumatore medio, essendo sufficiente l’appuramento della sua inclusione nella black list. L’ingannevolezza deve essere accertata di volta in volta come elemento costitutivo della fattispecie illecita mentre viene presunta la rilevanza dell’inganno. L’art. 23 elenca ventitré ipotesi di pratiche commerciali ritenute in ogni caso ingannevoli. Secondo la ricostruzione proposta da Ubertazzi66, in un primo gruppo rientrano le ipotesi in cui un professionista influenza indebitamente le scelte economiche del consumatore vantando una particolare affidabilità per se stesso, per la sua condotta o per il suo prodotto. Affidabilità che in realtà non esiste. È 65 66 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 336. Ibidem, p. 336 e seg. 87 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising questo il caso esplicitato alla lett. a («Affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta»), alla lett. b («Esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione»), alla lett. c («Asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l’approvazione di un organismo pubblico o di altra natura»), alla lett. d («Asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell’autorizzazione, dell’accettazione o dell’approvazione ricevuta»), alla lett. f («Invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente: 1) rifiutare di mostrare l’articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure 2) rifiutare di accettare ordini per l’articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure 3) fare la dimostrazione dell’articolo con un campione difettoso, con l’intenzione di promuovere un altro prodotto»). Quest’ultima ipotesi può essere riconducibile anche alla pratica dei prodotti "civetta", consistente nell’attrarre il consumatore sul punto vendita con offerte particolarmente vantaggiose ed allettanti che poi non sono disponibili o lo sono solo in quantità limitata. È quanto è previsto anche dalla lett. e («Invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all’entità della pubblicità fatta del prodotto e al prezzo offerti»). Un terzo gruppo comprende ipotesi di inganno sulle caratteristiche "legali" dell’operazione commerciale, in riferimento alle lett. i («Affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l’impressione che la vendita del prodotto è lecita») e l («Presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell’offerta fatta dal professionista»). L’art. 23 contempla poi due ipotesi di inganno sull’assistenza post-vendita alla lett. h («Impegnarsi a fornire l’assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell’operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale e dello Stato membro in cui professionista è stabilito 88 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un’altra lingua, senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a concludere l’operazione») e bb («lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è venduto il prodotto»), in cui, dunque, c’è discrepanza tra quanto annunciato dal professionista prima dell’operazione commerciale e le modalità con cui tale assistenza viene fornita, rendendone difficile la fruizione. Possono rientrare in un quinto gruppo le ipotesi di inganno sugli effetti del prodotto pubblicizzato: accade alla lett. n («Formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto»), alla lett. r («Affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte») e alla lett. s («Affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni»). Alcune fattispecie riguardano, invece, ipotesi in cui è prospettata al consumatore una situazione tale da influire sulla valutazione da parte dello stesso delle condizioni economiche dell’offerta. È il caso delle lett. g («Dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole»), q («Affermare, contrariamente al vero, che il professionista è in procinto di cessare l’attività o traslocare»), t («Comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d’indurre il consumatore all’acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato»), u («Affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole»), v («Descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto»), z («Includere nel materiale promozionale una fattura o 89 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising analoga richiesta di pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver già ordinato il prodotto»). Non è escluso, dal novero delle pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli, l’ipotesi dell’inganno sulla fonte della comunicazione. Rientra in questo gruppo la lett. m («Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 17767, e successive modificazioni, impiegare contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore», come nel caso della pubblicità redazionale68), la lett. aa («Dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore»), la lett. o («Promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere, contrariamente al vero, che il prodotto è fabbricato dallo stesso produttore»). Infine, la lett. p considera ingannevole di per sé la "vendita piramidale". Nello specifico è ritenuto in ogni caso ingannevole «Avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall’entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti». Tale tipo di vendita è una degenerazione del multilevel marketing, tecnica di vendita che prevede la remunerazione dei soggetti incaricati delle vendite non solo attraverso provvigioni calcolate sul volume delle vendite promosse direttamente da tali soggetti, ma anche sul volume delle vendite maturato da altri soggetti, da loro introdotti in quell’attività commerciale69. La sezione II del Capo II del Titolo III della Parte II è incentrata sulle pratiche commerciali aggressive. Si tratta di un nuovo tipo di illecito non previsto in precedenza né dall’ordinamento europeo né da quello italiano, introdotto con il d. 67 D. lgs. 31 luglio 2005 n. 177 "Testo unico della Radiotelevisione". Sulla base di un’interpretazione letterale della norma, la sua applicazione non si estenderebbe al product placement, per cui resta comunque applicabile la norma generale di cui all’art. 22 c. 2 (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 338). 69 Ibidem, p. 338. 68 90 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising lgs. 146/07 che ha modificato gli artt. da 24 a 26 del Codice del Consumo. L’art. 24 ("Pratiche commerciali aggressive") dispone che una pratica commerciale è considerata aggressiva se «Nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso». Si differenziano, dunque, queste dalle pratiche commerciali ingannevoli che producono lo stesso effetto sul consumatore attraverso però informazioni false. Le pratiche aggressive minano la libertà di scelta del consumatore tramite l’adozione di condotte, anche fisiche, volte ad estorcere il suo consenso e, inoltre, implicherebbero sempre un contatto diretto e personale, ravvicinato o a distanza, tra consumatore e professionista. Le pratiche commerciali ingannevoli, al contrario, prescinderebbero dal contatto con il consumatore, influenzando il processo di formazione della volontà dello stesso mediante tecniche di convincimento basate sulla falsa informazione o sull’omissione70. Inerentemente alle pratiche aggressive, la norma discute, nel dettaglio, di molestie intese, pur senza esplicita definizione, come una forma di infastidimento, accanto alla coercizione, che può essere esercitata sia mediante la forza fisica che attraverso minacce, le quali possono essere fisiche o verbali (ai sensi dell’art. 25 c. 1 lett. b). Dell’indebito condizionamento è fornita una definizione all’art. 18 lett. l per cui esso consiste nello «sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole». Anche le pratiche commerciali aggressive non vanno ritenute circoscritte alla fase prenegoziale e, dunque, ai soli casi in cui venga influenzata la decisione del consumatore di accedere al contratto, essendo assoggettati alle norme tutti i comportamenti del 70 Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 142. 91 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising professionista, siano essi anteriori, contestuali o successivi alla sua conclusione, legati alla promozione, vendita o fornitura del prodotto71. Il dettato dell’art. 24 è generico anche se sono comunque rinvenibili dei tratti comuni delle condotte suscettibili di essere considerate come aggressive. «In dottrina è stato affermato che in tutte le pratiche commerciali aggressive è possibile rinvenire due elementi comuni: uno di carattere strutturale, rappresentato da quegli atti che consistono in molestie, coercizioni, compreso il ricorso alla forza fisica o all’indebito condizionamento, ed uno di carattere funzionale, rappresentato dalla capacità della pratica di indurre attualmente o potenzialmente il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che egli non avrebbe altrimenti preso. Rispetto all’elemento di carattere strutturale, questo secondo elemento costituisce denominatore comune di tutte le pratiche commerciali aggressive, siano esse frutto di molestie, coercizioni o indebito condizionamento»72. Ai sensi dell’art. 25 del Codice ("Ricorso a molestie, coercizione o indebito condizionamento"), nel valutare se una pratica commerciale comporti molestie, coercizione o indebito condizionamento, vanno presi in considerazione una serie di elementi: i tempi, il luogo, la natura o la persistenza del comportamento; il ricorso alla minaccia fisica o verbale; lo sfruttamento da parte del professionista di eventi tragici di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne ogni decisione relativa al prodotto; qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista; qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale azione sia 71 72 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 339. Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 141. 92 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising manifestamente temeraria o infondata73. Inoltre, anche l’art. 26 suggerisce una serie di comportamenti considerati in ogni caso aggressivi così come già l’art. 23 prevedeva nel caso delle pratiche commerciali ingannevoli. Non si tratta di un elenco esaustivo ma di una enumerazione solo esemplificativa e in alcuni casi sembra che alcuni comportamenti non trovino nemmeno riscontro nella realtà commerciale odierna, confermando che il legislatore europeo ha voluto ricondurre ad un unico parametro le normative di alcuni Stati membri dove tali pratiche sono ancora poste in essere o i cui ordinamenti non le reprimono74. «La black list è, secondo Dona, "una palizzata a garanzia del consumatore" ed è utile per delineare "il ritratto del professionista da non imitare"»)75. Anche nel caso della lista nera contenuta nell’art. 26 si considerano le pratiche illecite come tali, e dunque un comportamento rientrante tra le fattispecie elencate sarà punito immediatamente senza dover verificare la sua idoneità ad influenzare le decisioni dei consumatori. Le pratiche commerciali aggressive elencate attengono a momenti diversi del rapporto tra impresa e consumatore, tra le quali rientrano sia fattispecie già disciplinate da norme preesistenti, che casi del tutto nuovi76. Tra le prime rientrano la lett. e («Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o gli altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati») che, nella parte relativa al convincimento degli adulti all’acquisto, risultava già vietata in precedenza, specificatamente per la pubblicità televisiva, dall’art. 3 lett. 73 Gli ultimi tre casi più che elementi in base ai quali valutare se una pratica commerciale comporti molestie, coercizione o indebito condizionamento, appaiono esempi concreti di condotte aggressive. 74 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 341-342. La norma in commento, infatti, ricalca le previsioni contenute nei numeri da 24 a 31 dell’allegato n. I della direttiva 2005/29/CE. Per espressa previsione dell’art 5 c. 5 di tale direttiva solo una revisione di quest’ultima può condurre ad una modifica dell’elenco in discussione. 75 Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 160, citazione di Dona M., "L’elenco delle pratiche considerate in ogni caso sleali nell’allegato I della direttiva 2005/29/CE", in Minervini-Rossi-Carleo. 76 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 342. La spiegazione dei comportamenti ritenuti aggressivi seguirà la schematizzazione proposta dall’autore. 93 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising b del d. m. 425/9177, e dall’art. 11 c. 3 del Codice di Autodisciplina. Nuovo, invece, il divieto di esortare i bambini all’acquisto, il quale sembrerebbe vietare ogni pubblicità ad essi rivolta. Recente, anche se già condannata altrove, è la figura d’illecito contemplata alla lett. h («Lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione un premio o una vincita equivalente, mentre in effetti non esiste alcun premio né vincita equivalente oppure che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore»), mentre perfettamente sconosciuti al nostro ordinamento sono i casi esposti alla lett. a («Creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto») e alla lett. g («Informare esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista»). Molestie collegate alla vendita portaa-porta e al direct marketing sono quelle trattate alla lett. b («Effettuare visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale») e c («Effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale, fatti salvi l’articolo 58 e l’articolo 130 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 19678»). La lett. f si riferisce alle forniture non richieste la cui pubblicità è già proibita dall’art. 19 del Codice di Autodisciplina (lett. f: «Esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto, 77 D. m. 30 novembre 1991, n. 425 "Regolamento concernente attuazione degli articoli 13, 15 e 16 della direttiva del Consiglio delle Comunità europee del 3 ottobre 1989 (89/552/CEE), relativi alla pubblicità televisiva dei prodotti del tabacco e delle bevande alcoliche ed alla tutela dei minorenni". 78 D. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, "Codice in materia di protezione dei dati personali". 94 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising salvo quanto previsto dall’art. 54 c. 2, secondo periodo79»). Infine, la lett. d rispecchia situazioni molto particolari riferite esclusivamente ai contratti di assicurazione, che si inquadrano nella più ampia fattispecie di cui all’art. 25 lett. d (art. 26 lett. d: «Imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento del danno in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza della richiesta, o omettere sistematicamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall’esercizio dei suoi diritti contrattuali»). La direttiva 2005/29/CE ha lasciato liberi gli stati membri di scegliere tra la tutela giudiziaria e la tutela amministrativa o entrambe al fine di approntare mezzi adeguati ed efficaci volti a garantire il rispetto delle disposizioni sulle pratiche commerciali sleali nell’interesse dei consumatori. Il d. lgs. 146/07, che ha recepito la direttiva e modificato il Codice del Consumo, ha scelto la via amministrativa, attribuendo la competenza all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, meglio nota come Antitrust. Si tratta di un’istituzione nata in Italia nel 1990, fondata attraverso la legge n. 28780; è indipendente e prende le proprie decisioni sulla base della legge, senza ingerenze né da parte del Governo né di altri organi politici. Fin dalla sua nascita, l’Autorità ha garantito il rispetto delle regole che vietano le intese anticoncorrenziali tra imprese, gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni in grado di creare o rafforzare posizioni dominanti dannose per la concorrenza con l’obiettivo di migliorare il benessere dei cittadini81. Dal 2004 l’AGCM è impegnata nell’applicazione della legge sul conflitto di interessi dei titolari delle cariche di Governo e dal 2007 nella tutela contro le pratiche commerciali scorrette, la pubblicità ingannevole e la pubblicità comparativa che può confondere i consumatori o screditare i concorrenti. È corretto, dunque, affermare che l’AGCM è oggi l’autorità amministrativa di riferimento per la tutela dei consumatori ed è competente nell’applicazione del regolamento n. 79 Art. 54 ("Esecuzione del contratto") c. 2 secondo periodo del d. lgs. 206/2005: «Salvo consenso del consumatore, da esprimersi prima o al momento della conclusione del contratto, il professionista non può adempiere eseguendo una fornitura diversa da quella pattuita, anche se di valore e qualità equivalenti o superiori». 80 Legge 10 ottobre 1990 n. 287 "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato". 81 www.agcm.it. 95 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising 2006/2004/CE, che disciplina la cooperazione tra le autorità pubbliche designate da ciascuno Stato membro come responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori ai sensi del c. 1 dell’art. 27 ("Tutela amministrativa e giurisdizionale", capo III "Applicazione") del d. lgs. 206/2005 in caso di "infrazioni intracomunitarie"82. È consentito, dunque, all’Autorità rivolgersi ad altra Autorità straniera per l’adozione della misura esecutiva volta alla cessazione della pratica commerciale illecita diffusa in Italia da operatori pubblicitari stranieri83. È questo il caso, tra l’altro, dell’e-advertising che, spesso, non conosce confini nella sua diffusione, ma che comunque necessita di una disciplina solida. Tale articolo del Codice ricalca pedissequamente l’art. 8 del d. lgs. 145/0784, inibendo tuttavia la continuazione delle pratiche commerciali scorrette ed eliminandone gli effetti (c. 2). L’intervento dell’Autorità è indipendente dalla circostanza che i consumatori interessati si trovino nello Stato membro in cui è stabilito il professionista o in un altro Stato membro. L’AGCM può disporre la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussista particolare urgenza e richiedere ad imprese, enti o persone che ne siano in possesso i documenti rilevanti ai fini dell’accertamento dell’infrazione (c. 3). In caso di inottemperanza senza giustificato motivo, essa dispone della facoltà di applicare una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000,00 a 20.000,00 euro che aumenta da 4.000,00 a 40.000,00 euro nel caso di informazioni non veritiere fornite al fine dell’accertamento dell’infrazione (c. 4). L’Autorità può disporre che il professionista fornisca prove sull’esattezza dei dati connessi alla pratica commerciale e incombe sul professionista l’onere di dimostrare che non poteva ragionevolmente prevedere l’impatto della pratica commerciale sui consumatori (c. 5). Ad eccezione dei casi di manifesta scorrettezza, l’Autorità può ottenere dal professionista l’assunzione dell’impegno a porre fine all’infrazione (c. 7). 82 Il regolamento n. 2006/2005/CE definisce alla lett. b dell’art. 3 ("Definizioni") le "infrazioni intracomunitarie" come «qualsiasi atto o omissione contrari alle norme sulla protezione degli interessi dei consumatori, quali definite nella lettera a), che danneggi o possa danneggiare gli interessi collettivi dei consumatori che risiedono in uno o più Stati membri diversi dallo Stato membro in cui hanno avuto origine o si sono verificati l’atto o l’omissione in questione o in cui è stabilito il venditore o il fornitore responsabile o in cui si riscontrino elementi di prova o beni riconducibili all’atto o all’omissione». 83 Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 175. 84 Per un’analisi dettagliata della norma si rinvia all’art. 8 del d. lgs. 145/07 contenuto al paragrafo 2.4. 96 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising L’AGCM può disporre il divieto di diffusione o di continuazione della pratica commerciale scorretta (c. 8) e ordinare, inoltre, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 a 500.000,00 euro e che non può essere inferiore ai 50.000,00 euro nei casi di comunicazioni scorrette ex art. 21 c. 3 e 4, relative a prodotti suscettibili di mettere in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, e a pratiche che possono raggiungere bambini minacciandone la sicurezza (c. 9). Se la pratica commerciale è stata o deve essere diffusa attraverso stampa, radio, televisione o altro mezzo di telecomunicazione, l’AGCM, prima di provvedere, richiede il parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni85 (c. 6). I ricorsi avverso le decisioni adottate dall’Autorità sono soggette alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (c. 13). In sede di recepimento della direttiva 2005/29/CE il legislatore ha dato importanza ai codici di condotta introducendo, con il d. lgs. 146/07, l’art. 27 bis volto in primis a promuovere l’adozione di tali codici da parte delle associazioni o delle organizzazioni professionali, definendo così, in ciascuno specifico settore imprenditoriale, il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare questi codici, indicando il soggetto responsabile86 o l’organismo incaricato della loro applicazione (art. 27 bis c. 1); inoltre, tale articolo tenta di assicurare la più ampia informazione ai consumatori circa l’esistenza dei codici dei condotta stessi, dei loro contenuti e della relativa adesione dei professionisti (c. 5). Lo scopo 85 L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è un’autorità indipendente, istituita dalla legge 249 del 31 luglio 1997 ("Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo"). Risponde del proprio operato al Parlamento che ne ha stabilito i poteri, definito lo statuto ed eletto i componenti. È un’autorità di garanzia della corretta competizione degli operatori sul mercato e della tutela dei consumi di libertà fondamentali dei cittadini. Essa vigila affinché ai cittadini e alle imprese sia garantito il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione e che la stampa non venga soggetta ad autorizzazione o censura (ex art. 21 Cost.). Inoltre, «L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è un’autorità "convergente". La definizione fa riferimento alla scelta del legislatore italiano di attribuire a un unico organismo funzioni di regolamentazione e vigilanza nei settori delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo e dell’editoria. Si tratta di una scelta giustificata dai profondi cambiamenti determinati dall’avvento della tecnologia digitale, che attenua, fino ad annullarle, le differenza fra i diversi mezzi, diventati veicolo di contenuti – immagini, voci, dati – sempre più interattivi. Telefono, televisione e computer sono destinati a integrarsi, a convergere sulla medesima piattaforma tecnologica, ampliando in tal modo la gamma dei servizi disponibili» (www.agcom.it). 86 Alla lett. g dell’art. 18 del Codice del Consumo è disposto che per "responsabile del codice" debba intendersi «qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e revisione di un codice di condotta ovvero del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si sono impegnati a rispettarlo». 97 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising ultimo è di incentivare l’adozione dei codici di condotta in quanto ciò permette ai professionisti di applicare in modo più efficace i principi della direttiva in specifici settori economici e, ancora, di evitare di esperire azioni giudiziarie o amministrative. Il codice deve essere accessibile al consumatore anche per via telematica (c. 2) e nella sua stesura deve garantire almeno la protezione dei minori e la salvaguardia della dignità umana (c. 3). «I Codici di condotta devono essere adottati dalle associazioni di professionisti nel rispetto delle regole poste a tutela della concorrenza, in quanto sussiste il rischio che essi possano costituire uno strumento di coordinamento tra imprese indipendenti […]. Il Codice del consumo richiama in diversi punti i codici di condotta, che assumono rilievo sia sul piano sostanziale ai fini della configurabilità della pratica commerciale scorretta, sia sul piano procedurale e processuale ai fini della tutela dei consumatori dalle pratiche commerciali scorrette»87. Esistono due tipi di codici di condotta "settoriali": essi possono essere relativi non a tutte le pratiche commerciali, ma soltanto a una o più di esse ovvero inerenti a uno o più settori imprenditoriali specifici. Nel primo gruppo rientra il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale che ha natura intercategoriale ma è relativo ad una sola pratica commerciale; nel secondo i codici di condotta emanati da numerose associazioni imprenditoriali di categoria e validi per un solo settore specifico di attività (settore assicurativo, bancario)88. Il decreto prevede, all’art. 27 ter ("Autodisciplina"), introdotto nella normativa grazie al d. lgs. 146/07, che i consumatori o i concorrenti, anche tramite le loro associazioni o organizzazioni, prima di avviare la procedura innanzi l’AGCM, possono convenire con il professionista di adire preventivamente un organismo autodisciplinare che dovrebbe promuovere la risoluzione concordata della controversia volta a vietare o far cessare la continuazione della pratica 87 88 Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 189. Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008. 98 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising commerciale scorretta (c. 1). È sempre possibile, comunque, ricorrere all’Autorità o al giudice competente (c. 2). Come disposto altresì all’art. 9 del d. lgs. 145/07, inerentemente alla pubblicità ingannevole o comparativa illecita, anche relativamente alle pratiche commerciali scorrette, è possibile che le parti, ai sensi del c. 3 dell’art. 27 ter, una volta iniziata la procedura davanti ad un organismo di autodisciplina, si astengano dall’adire l’Autorità fino alla pronuncia definitiva, ovvero chiedere la sospensione del procedimento innanzi l’Autorità per un periodo non superiore a trenta giorni. Non esiste alcun rapporto di pregiudizialità tra la pronuncia dell’organismo autodisciplinare e il provvedimento dell’AGCM. Al fine di conseguire la massima conoscibilità delle norme sulle pratiche commerciali scorrette da parte dei consumatori, la direttiva 2005/29/CE aveva richiesto agli Stati membri di adottare appropriate misure per informare il consumatore della legge nazionale di recepimento e incoraggiare i professionisti ed i responsabili del codice a informare gli utenti in merito ai propri codici di condotta89. Il legislatore italiano, in sede di recepimento, ha così previsto, all’art. 27 quater, specifici oneri di informazione a carico dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, competente ad applicare la disciplina e che deve, assieme alle associazioni o le organizzazioni imprenditoriali di cui all’art. 27 bis, comunicare periodicamente al Ministero dello Sviluppo Economico, le decisioni adottate in attuazione della normativa, di carattere legale o autodisciplinare, in materia di pratiche commerciali scorrette (c. 1). D’altro canto, tale Ministero, ha il dovere di rendere disponibili sul proprio sito istituzionale90 le informazioni volte ad orientare i consumatori in merito alla disciplina contenuta nel Codice del Consumo. Si tratta di informazioni generali sulle procedure relative ai meccanismi di reclamo e di ricorso disponibili in caso di controversie, nonché sui codici di condotta adottati; sugli estremi delle autorità, organizzazioni o associazioni presso le quali si possono ottenere ulteriori informazioni o assistenza; sugli estremi e la sintesi delle decisioni significative riguardo a controversie, comprese quelle adottate dagli organi di composizione extragiudiziale (c. 2). 89 90 Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p. 194. www.sviluppoeconomico.gov.it. 99 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising 2.4 Decreto Legislativo 2 agosto 2007 n. 145, "Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 05/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole" Il Decreto Legislativo 2 agosto 2007 n. 145, "Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 05/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole", allo stesso modo del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, non rappresenta un riferimento ad hoc per l’e-advertising ma una disposizione le cui norme sono estensibili e applicabili anche alla pubblicità diffusa in Rete. Esso costituisce l’attuazione dell’art. 14 della direttiva CE 05/2991 che modifica la direttiva 84/450/CEE, espungendo dalla stessa ogni riferimento alla tutela del consumatore dalla pubblicità ingannevole, limitandone lo scopo esclusivamente alla protezione degli interessi dei soli professionisti, stabilendo anche le condizioni di liceità della pubblicità comparativa92. Nell’ordinamento italiano l’advertising ingannevole era già disciplinato dal d. lgs. 25 gennaio 1992 n. 74 ("Attuazione della direttiva 84/450/CEE come modificata dalla direttiva 97/55/CE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa"), in seguito modificato dal d. lgs. 25 febbraio 2000 n. 67 ("Attuazione della direttiva 97/55/CE, che modifica la direttiva 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa") e dalla legge 6 aprile 2005 n. 49 ("Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 25 gennaio 1992 n. 74, in materia di messaggi pubblicitari ingannevoli diffusi attraverso mezzi di comunicazione", abrogata per effetto del d. lgs. 206/2005). Successivamente la normativa sulla pubblicità ingannevole e aggressiva è confluita nel Codice del Consumo (artt. 19-27) che riassetta in modo sistematico le numerose leggi a tutela del consumatore, offrendo una compilazione unitaria di tutte le disposizioni in merito. Il d. lgs. 74/92 poneva un divieto di pubblicità ingannevole assicurandone la repressione nell’interesse generale di tutte le categorie di soggetti coinvolti 91 Direttiva 2005/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali"). Per il testo dell’art. 14 si rimanda all’Appendice A.1. 92 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 231. 100 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising presenti sul mercato, sia dei consumatori che dei professionisti. La direttiva 05/29/CE ha modificato radicalmente tale prospettiva separando la tutela degli interessi economici dei consumatori dalla protezione di quelli dei professionisti, al fine di «Contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori» (art. 1 "Scopo"). «Ai fini della protezione del consumatore, la pubblicità ingannevole non forma dunque più oggetto di autonoma considerazione, e rientra nel novero delle pratiche commerciali ingannevoli. Nel sistema delineato dalla direttiva, i professionisti invece ricevono tutela solo nei confronti della pubblicità ingannevole, nonché dalla pubblicità comparativa scorretta (art. 14 e successivamente d. CE 06/114); […]. Il sistema delineato dalla direttiva ha ricevuto attuazione in Italia attraverso due distinti provvedimenti normativi: il d. lgs. 145/2007 […] e il d. lgs. 146/2007, intitolato "attuazione della direttiva 05/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/459/CEE, 98/27/CE, 02/65/CE e il Regolamento (CE) n. 06/2004"»93. Il d. lgs. 145/07 ha «lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali, nonché di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa» (art.1 "Finalità"). Tutelati sono, dunque, gli interessi dei professionisti (definiti all’art. 2 c. 1 lett. c come «qualsiasi persona fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale; e chiunque agisce in nome o per conto di un 93 Ibidem, p. 231. 101 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising professionista»), intesi sia come concorrenti dell’operatore pubblicitario94 committente di una pubblicità indirizzata al pubblico, sia come destinatari di una comunicazione business to business, ovverosia come possibili acquirenti dei beni o servizi pubblicizzati; ma anche gli interessi della collettività, o almeno del mercato nei confronti dei possibili effetti distorsivi della concorrenza conseguenti alla diffusione di messaggi ingannevoli o di pubblicità comparative scorrette e, indirettamente, anche i consumatori per la parte che riguarda le comunicazioni ad essi rivolte o suscettibili di raggiungerli. Infine, l’art. 7 tutela anche gli interessi di soggetti deboli quali bambini e adolescenti95. La pubblicità, ovverosia «Qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi» (art. 2 c. 1 lett. a), sia essa diffusa attraverso i mezzi tradizionali che Internet, deve essere palese, veritiera e corretta (art. 1 c. 2), ricalcando l’art. 1 c. 1 del Codice di Autodisciplina96 e riassumendo regole esplicitate in altre disposizioni del decreto. La pubblicità deve essere dunque palese, per cui vige l’obbligo di riconoscibilità della stessa (art. 5 c. 1) ed è vietata la pubblicità subliminale (art. 5 c. 3); veritiera, per cui il messaggio deve corrispondere al vero, pur nella consapevolezza dello scopo promozionale legato alla comunicazione; corretta, connessa alle pubblicità che, sebbene non siano ingannevoli, possono comunque essere lesive degli interessi dei concorrenti o non conformi, ad esempio, ai principi dell’ordinamento giuridico, a favore, dunque, di una comunicazione chiara e completa insuscettibile di indurre in errore il consumatore. Specifica ulteriormente la caratteristica necessariamente palese che deve possedere l’advertising, l’art. 5 "Trasparenza della pubblicità" che sancisce che essa deve sempre essere riconoscibile come tale97. 94 L’art. 2 lett. e sancisce che "operatore pubblicitario" è «il committente del messaggio pubblicitario ed il suo autore, nonché, nel caso in cui non consenta all’identificazione di costoro, il proprietario del mezzo con cui il messaggio pubblicitario è diffuso ovvero il responsabile della programmazione radiofonica o televisiva». 95 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 232. 96 Vedi supra paragrafo 2.2. Il codice discute di comunicazioni commerciali oneste, veritiere e corrette. 97 Cfr. art. 7 c.a.p. "Identificazione della comunicazione commerciale". 102 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising «La disposizione in commento non qualifica il messaggio non riconoscibile quale messaggio ingannevole. Tuttavia la non riconoscibilità viene equiparata all’ingannevolezza, nel senso che l’assenza di trasparenza integra di per sé una forma di inganno, a prescindere dal pregiudizio economico che ne derivi in capo al consumatore. […] Scopo della norma è quello di consentire ai destinatari del messaggio, o comunque ai soggetti che esso raggiunge, attraverso la riconoscibilità della sua natura promozionale e non indipendente, di attivare quella reazione critica e mantenere quella soglia di attenzione che mancherebbero qualora la comunicazione apparisse di provenienza autonoma, atteso che "la pubblicità che non si presenta come tale, in quanto nascosta dietro un’iniziativa a carattere non commerciale, è di per sé insidiosa perché aggira molte delle naturali difese che il destinatario è invece pronto a porre in essere quando sia fatto oggetto di una pressione pubblicitaria scoperta" (AG n. 3414)»98. Per capire se un messaggio pubblicitario sia "trasparente" e facilmente riconoscibile come tale, bisogna verificare innanzitutto se la comunicazione in esame costituisca pubblicità, ovvero la libera manifestazione di pensiero di chi l’ha posta in essere; successivamente, accertata tale natura promozionale, va stabilito se ciò sia percepibile. Inoltre, il c. 2 del medesimo articolo stabilisce che la pubblicità a mezzo stampa deve essere distinguibile da altre forme di comunicazione attraverso modalità grafiche atte a rendere possibile tale percezione. Pur essendo, dunque, lecito il cosiddetto "giornalismo di servizio", ovverosia la descrizione di prodotti, frutto di libere scelte redazionali volte a soddisfare l’interesse dei consumatori all’informazione99, alcuni elementi indiziali, gravi, precisi e concordanti, possono risultare un tentativo di distinzione tra esso e la pubblicità mascherata da messaggio informativo. Elementi quali la 98 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 259. Generalmente apposite rubriche hanno lo scopo precipuo di far conoscere beni o servizi disponibili sul mercato alla clientela, elencandone le caratteristiche, confrontandone i prezzi, enunciandone pro e contro. 99 103 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising sussistenza di un rapporto di committenza tra l’impresa che beneficia della citazione dei propri beni e il mezzo su cui è diffuso il messaggio; l’assenza della firma del giornalista autore della comunicazione; la presenza di pubblicità tabellare a favore del presunto inserzionista occulto nello stesso numero della testata in cui compare la comunicazione dubbia. Relativamente alla possibilità di sponsorizzazione occulta inserita in opere cinematografiche o televisive e in tutti i media che sfruttano l’immagine, il product placement (l’evidenziazione di un prodotto nel corso di spettacoli, attuata nel contesto narrativo della situazione rappresentata a fronte di un previo pagamento da parte dell’azienda i cui prodotti sono citati o mostrati) appare lecito, a seguito della promulgazione del decreto Urbani (d. m. 30 luglio 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 6 ottobre 2004 n. 235), a condizione che la rappresentazione del prodotto reclamizzato sia coerente con il contesto narrativo e ben integrata, senza interrompere la scena e che l’opera contenga, nei titoli di coda, un avvertimento che informi il pubblico della presenza di marchi e beni, con l’indicazione dell’inserzionista che ha versato un corrispettivo per tale pubblicità100. Inoltre, «È vietata ogni forma di pubblicità subliminale» (art. 5 c. 3). Questa, a differenza di quella occulta, non solo è celata, ma non è percepibile dall’utente a livello conscio e, dunque, può incidere sulle sue scelte all’insaputa del consumatore stesso. Essa è ritenuta illecita poiché non permetterebbe al soggetto passivo di innescare i normali meccanismi di difesa attivati nei riguardi di messaggi promozionali palesi. Se la pubblicità deve essere sempre riconoscibile come tale, in Internet sorgono numerose difficoltà poiché spesso, ad esempio attraverso i cookies, le aziende possono modellare la propria comunicazione rendendola più corrispondente alle esigenze del consumatore senza che questo ne sia reso edotto101. Core del decreto è la tutela contro l’advertising ingannevole che, definito come «qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione è idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che 100 Tale condizione va rispettata pena la cancellazione dall’elenco dei produttori e operatori cinematografici tenuto presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali. 101 Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa. Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, p. 326. 104 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un concorrente» (art. 2 lett. b), si ritiene illecito se è realmente idoneo a indurre in errore le persone che raggiunge e a pregiudicare il comportamento economico di tali soggetti, a causa del suo carattere ingannevole, ovvero a ledere un concorrente: due ipotesi lesive tra loro alternative onde la configurabilità di una sola di esse è sufficiente ad innescare l’infrazione. La pubblicità ingannevole è un tipico illecito di pericolo, per la sussistenza del quale è sufficiente la mera potenzialità ingannatoria del messaggio. Inoltre, è irrilevante l’intento soggettivo dell’operatore pubblicitario di raggirare i destinatari della comunicazione poiché la definizione di pubblicità ingannevole prescinde dalla sua colpa o dolo, riferendosi solo a parametri oggettivi102. Nel concetto di "ingannevolezza" rientrano altresì quelli di "reticenza" e "suggestività" delle pubblicità nell’attitudine ad indurre a compiere transazioni commerciali non volute. Nel valutare l’idoneità ad indurre in errore, il messaggio e il suo contenuto vanno analizzati nella loro globalità e individualmente, senza tener conto di altre comunicazioni precedenti o successive. Ciò nonostante, le pagine web collegate fra loro da link ipertestuali danno vita ad un unico messaggio pubblicitario e vanno valutate unitariamente103. L’art. 3 "Elementi di valutazione" sottolinea che, per stabilire se la pubblicità sia ingannevole, bisogna prestare particolare attenzione «a) alle caratteristiche dei beni o servizi reclamizzati104 quali la loro disponibilità, la natura, l’esecuzione, la composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso105, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi; b) al prezzo o al modo in cui questo è calcolato ed alle condizioni alle quali i beni o i servizi sono forniti; c) alla 102 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 236 e seg. Ibidem, p. 237. 104 L’ipotesi più diffusa è l’inganno relativo alla qualificazione giuridica dell’oggetto della pubblicità. 105 Si tratta della fattispecie di ingannevolezza più frequentemente presa in considerazione dall’AGCM, specie se relativa a scuole e istituti di insegnamento privati; maghi, amuleti e oroscopi; integratori alimentari, prodotti anticellulite, antirughe, contro la calvizie, per la risoluzione di problemi sessuali maschili; sistemi per vincere al lotto e ai concorsi a premio. 103 105 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising categoria, alle qualifiche e ai diritti dell’operatore pubblicitario, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà intellettuale e industriale, ogni altro diritto su beni immateriali relativi all’impresa ed i premi o riconoscimenti». L’art. 4 ("Condizioni di liceità della pubblicità comparativa") pone i parametri per la classificazione come legittima della pubblicità comparativa. Essa, previamente definita all’art. 2 lett. d come «Qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o i beni o servizi offerti da un concorrente», può essere dichiarata lecita se «a) non è ingannevole ai sensi del presente decreto legislativo o degli articoli 21, 22 e 23 del d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206 recante "Codice del consumo"; b) confronta beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi, c) confronta oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi; d) non ingenera confusione sul mercato tra i professionisti o tra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente106; e) non causa discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o posizione di un concorrente; f) per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisce in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione; g) non trae indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale ovvero ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti; h) non presenta un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati» (art. 4 c. 1). «Tali condizioni "devono essere cumulative e soddisfatte nella loro interezza" (così l’11° considerando della direttiva 97/55/CE), ossia devono essere interamente rispettate (ad eccezione di quelle di cui alle lettere f) e h), che riguardano casi particolari). Esse però – secondo l’orientamento ormai consolidato della Corte di Giustizia – devono 106 È ribadito il divieto di confusione di cui all’art. 2598 n. 1 del Codice Civile. 106 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising essere interpretate nel senso più favorevole alla pubblicità comparativa, data la funzione pro-concorrenziale di quest’ultima e la sua idoneità a tutelare gli interessi dei consumatori»107. Il prerequisito esposto alla lettera c rappresenta il cuore della disciplina della pubblicità comparativa: è ammesso che il confronto possa essere parziale, limitato ad «una o più caratteristiche», purché esse siano essenziali e pertinenti, dunque rilevanti per l’apprezzamento del pubblico, rappresentative, ossia significative del pregio complessivo del prodotto, e verificabili, quindi suscettibili di dimostrazione, come stabilito al c. 2 della norma in discussione. La lett. g vieta la comparazione per agganciamento, ossia la comparazione volta a sottolineare non già le caratteristiche differenziali del prodotto o servizio oggetto di pubblicità rispetto a quello del concorrente, quanto piuttosto quelle che lo rendono in parte o in toto equivalente, mentre la lett. h disciplina un’ipotesi a metà tra la concorrenza confusoria e la concorrenza per agganciamento. Il divieto di denigrazione posto alla lett. e non pone un veto alla messa in evidenza degli svantaggi del prodotto concorrente, che equivarrebbe ad un divieto di comparazione, quanto piuttosto alla diffusione di apprezzamenti negativi non giustificabili dallo scopo di mettere in evidenza i plus del bene reclamizzato108. Infine, ai sensi del c. 3 dell’art. 4, «Qualunque raffronto che fa riferimento a un’offerta speciale deve indicare in modo chiaro e non equivoco il termine finale dell’offerta, oppure, nel caso in cui l’offerta speciale non sia ancora avviata, la data di inizio del periodo nel corso del quale si applicano il prezzo speciale o altre condizioni particolari o, se del caso, che l’offerta speciale dipende dalla disponibilità dei beni e servizi». Anche il d. lgs. 145/2007, al pari del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, si occupa della pubblicità di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza (art. 6) e dei messaggi destinati a bambini e adolescenti (art. 7). È, innanzitutto, considerata ingannevole ogni comunicazione commerciale «che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza 107 108 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 256. Ibidem, p. 258. 107 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising dei soggetti che essa raggiunge, omette di darne notizia in modo da indurre tali soggetti a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza» ai sensi dell’art. 6, così come «È considerata ingannevole la pubblicità che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, abusa della loro naturale credulità o mancanza di esperienza o che, impiegando bambini ed adolescenti in messaggi pubblicitari, fermo quanto disposto dall’articolo 10 della legge 3 maggio 2004, n. 112, abusa dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani» e «la pubblicità, che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza» (art. 7 c. 1 e 2)109. È chiaro che l’art. 6 è applicabile sia quando il soggetto tratto in inganno è un professionista, sia quando, pur essendo il consumatore la vittima diretta della pubblicità, possa derivarne, in capo al concorrente del professionista che ha diffuso il messaggio, un danno configurabile come conseguenza sleale del mendacio (come lo sviamento della clientela). L’organo competente a giudicare in materia è l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (art. 8 "Tutela amministrativa e giurisdizionale")110. 109 «Nelle finalità proprie del d. lgs. 74/1992 […] destinatari della tutela prevista dalla disposizione erano i soggetti deboli e più esposti alle lusinghe pubblicitarie, come i bambini e gli adolescenti, ovvero gli adulti per il caso di pubblicità che faccia leva sui sentimenti che questi nutrono per i più piccoli. Nell’ambito del d. lgs. 145/2007, il cui scopo espresso è quello di "tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali" (art. 1 c. 1), l’art. 7 non svolge più l’originaria funzione, non fosse altro per la impossibilità di ricondurre nella nozione di "professionista" […] i bambini e gli adolescenti, o gli adulti, destinatari della pubblicità riprovata dalla norma. La tutela delle categorie di consumatori deboli individuate nella norma è oggi affidata al Codice del Consumo […]. Nel d. lgs. 145/2007 l’art. 7 svolge invece la funzione di tutelare i professionisti dalle conseguenze sleali derivanti da una pubblicità che, pur avendo quali vittime immediate bambini, adolescenti e adulti consumatori, possa danneggiare i professionisti non destinatari del messaggio, ad esempio provocando uno sviamento della loro clientela a vantaggio dell’inserzionista che abbia abusato della mancanza di esperienza dei minori. Anche in questa prospettiva, tuttavia, lascia perplessi il c. 2 della norma, che aveva una sua ragione d’essere quando – nel d. lgs. 74/1992 o nel Codice del Consumo – i destinatari della tutela erano gli stessi bambini ed adolescenti, e che oggi delinea una fattispecie per la quale è difficile immaginare un danno anche indiretto per i professionisti concorrenti dell’inserzionista» (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 270). 110 Tale articolo costituisce il riferimento dell’art. 27 "Tutela amministrativa e giurisdizionale" del Codice del Consumo (d. lgs. 206/2005). «Entrambe le norme, nonostante il diverso ambito soggettivo di tutela, prevedono ora che ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse possa presentare istanza all’Autorità, segnalando la presunta violazione, cosicché risulta identica e sovrapponibile la fase genetica del procedimento relativo agli illeciti in materia di pubblicità rispetto a quello in materia di pratiche commerciali scorrette: spetterà dunque all’Autorità individuare l’interesse leso dalla violazione, se di un concorrente oppure dei consumatori in generale». (Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 275). 108 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising «L’Autorità, d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione ed elimina gli effetti della pubblicità ingannevole e comparativa illecita», avvalendosi anche del supporto della Guardia di Finanza che interviene con i poteri ad essa attribuiti per l’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta sui redditi (art. 8 c. 1). L’AGCM può disporre, in caso di particolare urgenza e con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria della pubblicità ingannevole e comparativa illecita, comunicando l’apertura dell’istruttoria al professionista, richiedendo, se necessario, i documenti rilevanti ai fini della valutazione dell’infrazione. Se il committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del medium che ha diffuso il messaggio pubblicitario le informazioni idonee ad identificarlo (art. 8 c. 3). In caso di inottemperanza, senza giustificato motivo, da parte dell’operatore pubblicitario o del proprietario del mezzo a quanto disposto dall’AGCM ai sensi dell’art. 14 c. 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287111, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000,00 a 20.000,00 euro. Nei casi più gravi di falsità delle informazioni fornite, la sanzione varia da 4.000,00 a 40.000,00 euro (art. 8 c. 4). Inoltre, «L’Autorità può disporre che il professionista fornisca prove sull’esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità se, tenuto conto dei diritti o degli interessi legittimi del professionista e di qualsiasi altra parte nel procedimento, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico. Se tale prova è omessa o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto sono considerati inesatti» (art. 8 c. 5). L’Autorità può avvalersi anche del parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni quando il messaggio pubblicitario è stato o deve essere diffuso attraverso la stampa quotidiana o periodica, ovvero per via radiofonica, televisiva o attraverso qualunque altro mezzo di telecomunicazione (art. 8 c. 6). Nei casi di illeciti non manifestamente gravi o scorretti, l’Autorità può ottenere dal professionista responsabile della pubblicità ingannevole o comparativa illecita l’assunzione dell’impegno a porre fine all’infrazione, cessandone la diffusione o modificandola in maniera tale da eliminare la scorrettezza. L’AGCM può, inoltre, disporre che sia pubblicata, a spese del professionista, la dichiarazione di 111 Per il testo dell’art. 14 "Istruttoria" della legge 287/90 si rimanda all’appendice A.2. 109 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising assunzione dell’impegno in questione (art. 8 c. 7). La decisione con impegni è un istituto di derivazione comunitaria di natura negoziale. «La ratio dello strumento è duplice: da un lato assicurare all’AG un risparmio in termini di risorse amministrative impegnate nell’attività di enforcement della disciplina (posto che la presentazione degli impegni da parte del professionista deve necessariamente avvenire a ridosso dell’apertura del procedimento, i.e. entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di avvio); dall’altro ottenere un immediato ed efficace ri-allineamento della condotta del professionista alle disposizioni del decreto, attraverso la volontaria assunzione di un impegno vincolante a rimuovere l’illecito contestato. Il carattere obbligatorio dell’impegno e la sanzionabilità di un’eventuale inottemperanza ai sensi dell’art. 8. c. 12 sono volti ad indurre il professionista a mantenere conforme la propria condotta agli impegni assunti e ad assicurare, pro futuro, il mantenimento delle ristabilite condizioni di liceità del messaggio pubblicitario»112. Per il professionista ciò significa modificare il messaggio pubblicitario oggetto della contestazione, eliminando l’illecito nel modo meno invasivo per la propria attività di impresa, evitando, qualora gli impegni assunti sono ritenuti accettabili dall’Autorità, le conseguenze negative connesse all’accertamento di una violazione (sanzione e discredito presso il pubblico in primis). L’impegno può consistere nell’interruzione della diffusione della pubblicità scorretta o in una modifica sostanziale della stessa. L’AGCM valuta l’idoneità dell’impegno che il professionista decide di assumere per eliminare il profilo illecito del messaggio oggetto di discussione. Ciò accade, tuttavia, esclusivamente al di fuori dei casi di manifesta scorrettezza e gravità. Nelle situazioni più gravi, l’Autorità può vietare la diffusione delle comunicazioni non ancora a conoscenza del pubblico o impedirne la continuazione e disporre la pubblicazione della delibera per estratto, ancora a carico dell’impresa che ha agito 112 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 282. 110 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising scorrettamente (art. 8 c. 8), disponendo anche l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 a 500.000,00 euro a seconda della gravità dell’illecito e della durata della violazione. La sanzione si qualifica, dunque, come conseguenza automatica e necessaria del procedimento di accertamento dell’illecito svolto dall’AGCM. Inoltre, se il messaggio pubblicitario può indurre in una situazione di pericolo per la salute o la sicurezza nonché è suscettibile di raggiungere minori o adolescenti, la sanzione non può essere inferiore ai 50.000,00 euro (art. 8 c. 9). Ai sensi dell’art. 8 c. 12 «In caso di inottemperanza ai provvedimenti d’urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti di cui ai commi 3, 8 e 10113 ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti ai sensi del comma 7, l’Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000,00 a 150.000,00 euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l’Autorità può disporre la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore ai trenta giorni». Il destinatario delle sanzioni amministrative è l’operatore pubblicitario, soggetto passivo del procedimento dell’Autorità Garante, figura riconducibile al committente del messaggio, ovverosia l’impresa che produce il bene o servizio e utilizza la pubblicità per far conoscere al proprio pubblico quanto creato; all’autore della comunicazione, colui che ha realizzato il messaggio; al proprietario del mezzo pubblicitario, nei casi in cui non consenta all’identificazione del committente e dell’autore, cui è equiparato il responsabile della programmazione radiofonica o televisiva (art. 2 c. 1 lett. e). A giudicare sui ricorsi avverso le sanzioni amministrative disposte dall’AGCM è competente in via esclusiva il giudice amministrativo (art. 8 c. 13) che, ex art. 3 c. 3 della legge 1034/71 ("Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), è il TAR del Lazio con sede a Roma. Il c. 14 dell’art. 8 pone una eccezione alla competenza generale dell’Autorità, poiché stabilisce che «ove la pubblicità sia stata assentita con provvedimento amministrativo, preordinato anche alla verifica del carattere non ingannevole della stessa o di liceità del messaggio di pubblicità comparativa, la tutela dei soggetti e delle organizzazioni che vi abbiano interesse, è esperibile in via giurisdizionale 113 Art. 8 c. 10: «Nei casi riguardanti pubblicità inserite sulle confezioni di prodotti, l’Autorità, nell’adottare i provvedimenti indicati nei commi 3 e 8, assegna per la loro esecuzione un termine che tenga conto dei tempi tecnici necessari per l’adeguamento». 111 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising con ricorso al giudice amministrativo avverso il predetto provvedimento». Tali casi di esclusione sono tassativi e sono legati alle seguenti condizioni: il controllo obbligatorio da parte di un’autorità amministrativa da effettuarsi prima della diffusione della pubblicità e che porti ad un provvedimento autorizzativo della stessa; tale controllo deve essere preordinato anche alla verifica del carattere non ingannevole della pubblicità o della correttezza della pubblicità comparativa114. È fatta salva, comunque, la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale (art. 2598 c.c.), di atti compiuti in violazione della disciplina sul diritto d’autore protetto dalla legge 633/41 e successive modificazioni (per quanto concerne la pubblicità comparativa), del marchio d’impresa protetto a norma del d. lgs. 30/05 e successive modificazioni, delle denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, prodotti e servizi concorrenti (art. 8 c. 15). Infine, è previsto ai sensi dell’art. 9 del decreto ("Autodisciplina") che le parti interessate possano richiedere che venga inibita la continuazione degli atti di pubblicità ingannevole o di pubblicità comparativa illecita, ricorrendo ad organismi volontari e autonomi di Autodisciplina (c. 1), riconoscendone così la loro valenza altamente positiva. Sotto la dizione di "organismi volontari e autonomi di autodisciplina" vanno considerati non solo il Giurì dell’Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, l’organo più autorevole, ma anche gli altri sistemi che operano a livello settoriale come l’Assopiastrelle, l’ANVED, il Giurì del Design e tutti gli organismi di autodisciplina che potrebbero essere costituiti in futuro115. «Iniziata la procedura davanti ad un organismo di autodisciplina, le parti possono convenire di astenersi dall’adire l’Autorità fino alla pronuncia definitiva, ovvero possono chiedere la sospensione del procedimento innanzi all’Autorità, ove lo stesso sia stato attivato, anche da altro soggetto legittimato, in attesa di pronuncia dell’autodisciplina. L’Autorità, valutate tutte le circostanze, può disporre la sospensione del procedimento per un periodo non superiore a trenta giorni» (art. 9 c. 2). L’unico effetto pratico di tale sospensione sembra essere quello di permettere all’Autorità di considerare, nella 114 115 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", Cedam, Milano, 2008, p. 286. Ibidem, p. 288. 112 2. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "generali" riferibili all’e-advertising sua pronuncia, i dati emersi dal procedimento autodisciplinare, anche se la decisione emessa dagli organi di autodisciplina non è vincolante per l’AGCM. Va altresì ricordato che obbligati ad adempiere ai provvedimenti del Giurì sono solo le parti che convenzionalmente hanno aderito direttamente o indirettamente al sistema autodisciplinare. Inoltre, se di fronte all’Antitrust l’onere della dimostrazione incombe in capo a chi denuncia (consumatore o chiunque rilevi la falsità di una pubblicità), dinnanzi agli organi di autodisciplina vale l’inversione dell’onere della prova, per cui è l’operatore pubblicitario che deve dimostrare che le informazioni veicolate attraverso le comunicazioni commerciali sono vere e corrette. Infine, mentre l’adempimento delle decisioni del Giurì è lasciato alla correttezza professionale degli aderenti al sistema dell’Autodisciplina, senza che siano previste particolari sanzioni in caso di mancata osservanza, per l’inadempimento dei provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è prevista una sanzione di carattere amministrativo. 2.5 Conclusioni Le norme illustrate, il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il Codice del Consumo, il d. lgs. 145/07, sono state qui considerate norme "generali", non specifiche dell’e-advertising ma ad esso riferibili in quanto forma nuova di diffusione di comunicazioni commerciali equiparabile alla pubblicità sui media tradizionali. Si tratta, tuttavia, di disposizioni troppo generiche che non tengono conto delle tante peculiarità del mezzo Internet. Il prossimo capitolo sarà dedicato a regole maggiormente legate alla pubblicità online, che considerano le sue numerose caratteristiche, la "transnazionalità" del medium in primis, ma anche la difficoltà nel distinguere, in alcuni casi, tra contenuto informativo e contenuto pubblicitario sui siti web, rischiando di attrarre nella nozione di pubblicità aspetti che non le appartengono. Internet è un fenomeno globale non solo per la sua applicazione mondiale ma anche perché ormai pervade ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Come tale è necessaria una legislazione chiara, ferma, univoca, che protegga ogni user da abusi e illeciti. 113 CAPITOLO III La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising Sommario: 3.1 Introduzione – 3.2 Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n. 70, "Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico" – 3.3 La responsabilità dell’Internet Service Provider – 3.3.1 Codice di autoregolamentazione "Internet e Minori" – 3.4 L’European Advertising Standards Alliance – 3.4.1 Il cross-border complaints system e le autodiscipline nazionali – 3.4.2 I Common Principles e l’EASA Charter – 3.4.3 I Position Papers, le Best Practice Recommendations, le pubblicazioni EASA e l’Education Programme – 3.5 Guidelines on Interactive Marketing Communication - 3.6 Conclusioni. 3.1 Introduzione La nascita di Internet è generalmente fatta risalire al 1969. Il world wide web è stato creato nel 1991. Nonostante ormai il fenomeno abbia una diffusione tale per cui è effettivamente legittimo affermare che "Internet è sempre con noi", richiamando uno dei più diffusi claim adottato soprattutto dalle compagnie telefoniche per reclamizzare le ultime offerte relative alla navigazione, ad esempio su cellulari, smartphone o tablet, è pur vero che le problematiche da affrontare sono tante: la riconoscibilità dell’e-advertising, la diffusione di comunicazioni commerciali scorrette e illecite, la regolamentazione del commercio elettronico, lo spamming, la possibilità di travalicare i confini nazionali nella veicolazione di pubblicità e la relativa disciplina da applicare in tali casi. A livello europeo, la comunicazione pubblicitaria d’impresa non è mai stata oggetto principale di convenzioni internazionali anche se molte di esse hanno avuto comunque una diretta influenza sull’attuale regolamentazione, tra le quali ricordiamo la Convenzione Internazionale istitutiva dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI) siglata a Stoccolma il 14 luglio 1967, la Convenzione Universale del Diritto d’Autore, firmata a Ginevra il 6 ottobre 1952, l’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi di fabbrica o di 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising commercio riveduto a Nizza il 15 giugno 1957, la Convenzione d’Unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, firmata a Parigi il 20 marzo 1883 e riveduta a Londra il 2 giugno 1934. Di notevole interesse risulta, infine, la Convenzione di Roma per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, attraverso cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha elaborato una giurisprudenza degna di indagine sui rapporti tra l’art. 10 della Convenzione stessa e la pubblicità1. L’art. 10 c. 1 e 2 della Convenzione stabilisce che «1) Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. […] | 2) L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario». La legislazione comunitaria, nonostante abbia svolto, e continui a svolgere, un ruolo fondamentale nell’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, non ha ancora, tuttavia, risolto pienamente le criticità che il sistema dell’advertising porta con sé. La Corte di Giustizia della Comunità Europea è stata più volte interpellata dai giudici nazionali per interpretare le norme comunitarie in materia di pubblicità ed i rapporti tra queste e le normative nazionali2. Non solo. Relativamente alla diffusione di Internet, campo di applicazione precipuo del lavoro in questione, emergono anche problemi legati ai possibili abusi perpetrabili in rete da parte dei soggetti che vi operano, i providers in particolar modo. Dopo aver illustrato le disposizioni "generali" riferibili anche alla pubblicità online, sarà oggetto del presente capitolo la discussione circa la normativa applicabile nello specifico ad Internet e all’e-advertising. Attenzione sarà posta, 1 Frignani A., Carraro W., D’Amico G. (a cura di), "La comunicazione pubblicitaria d’impresa. Manuale giuridico teorico e pratico", Giuffrè, Milano, 2009, 55 e seg. 2 Ibidem, p. 58. 115 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising nel dettaglio, al d. lgs. 70/03 in materia di commercio elettronico, alla responsabilità dell’internet service provider (applicata successivamente anche ad un campo delicato quale la difesa dei minori, attraverso l’analisi del Codice Internet e minori), all’European Advertising Standards Alliance (Alleanza Europea per l’Etica in Pubblicità) e al relativo cross-border complaints system, ai Common Principles e all’EASA Charter, alle pubblicazioni dell’Alleanza e alle Guidelines on Interactive Marketing Communication. 3.2 Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n. 70 "Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico" Internet ha cambiato il mondo e con esso sono mutati gli scenari e le fondamenta stesse della nostra vita sociale ed economica. Il mercato tradizionale, inteso come luogo in cui solitamente si riuniscono compratori, venditori o intermediari per contrattare e negoziare l’acquisto, la vendita o la transazione di merci3, ha ceduto il passo al mercato virtuale, il consumatore è stato sostituito dal cyberconsumatore, la moneta "materiale" da quella digitale4. L’e-commerce, inteso come il processo di vendita e di acquisto supportato dai mezzi elettronici è diffusissimo e, non di rado, alcuni prodotti, servizi o offerte sono disponibili solo in rete. Ormai i siti delle più grandi aziende nazionali o internazionali, dispongono di una sezione appositamente dedicata allo shopping online, con la possibilità di ricevere i propri prodotti direttamente a casa o di reperirli nei più vicini punti vendita. In alcuni casi tali siti sono organizzati come veri e propri negozi in versione elettronica con tanto di scaffali, camerini e addirittura avatar per provare ad esempio l’abbigliamento scelto, verificare l’accostamento di colori, l’abbinamento di accessori. 3 Definizione di "mercato" tratta dal Dizionario della Lingua Italiana De Mauro. Nonostante tale evoluzione, rimane ancora ampio il digital divide e sono ancora molti coloro che nutrono perplessità e scarsa fiducia nei riguardi degli acquisti online, soprattutto nei casi in cui bisogna cedere dati personali, quali il numero di carta di credito. 4 116 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising Negli ultimi anni il legislatore ha mostrato il proprio interesse per i contratti conclusi in ambito telematico approfondendo importanti aspetti relativi alla società dell’informazione. «La giurisprudenza […], dopo un periodo di iniziale smarrimento, ha cominciato a muovere i primi timidi passi sul terreno della contrattualistica online mostrandosi talvolta convinta che lo strumento telematico sia inidoneo ad alterare la sostanza dei fenomeni giuridici e che, pertanto, a questi ultimi possa continuare ad essere applicato il vigente quadro normativo e, talaltra, per contro, che detta operazione incontri un limite invalicabile nelle peculiarità del nuovo medium e nel nuovo assetto dei rapporti e delle dinamiche contrattuali che, attraverso esso, vengono ad esistenza. A questa articolata e dinamica realtà va […] aggiunto il fiorire e il moltiplicarsi di sforzi e tentativi di autodisciplina da parte dei prestatori dei servizi della società dell’informazione nonché di alcuni altrettanto timidi tentativi di individuare una disciplina uniforme della materia compiuti a livello sovrannazionale attraverso leggi modello e convenzioni internazionali»5. La disciplina del commercio elettronico ha subito una prima regolamentazione a livello europeo con la direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000 "Relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno ("Direttiva sul commercio elettronico")", provvedimento recepito nel nostro paese con il d. lgs. 9 aprile 2003 n. 70, "Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico". Si tratta di una direttiva di modesto rilievo nell’ambito della disciplina contrattuale dei rapporti di consumo in Internet, poiché il legislatore comunitario 5 Scorza G., "Il diritto dei consumatori e della concorrenza in Internet. Pubblicità, privacy, contratti, concorrenza e proprietà intellettuale nel cyberspazio", Cedam, Padova, 2006, p. 88. 117 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising non ha ritenuto importante intervenire nella materia della tutela dei consumatori, limitandosi a richiamare la disciplina già vigente in relazione alla pubblicità ingannevole e comparativa, ai contratti a distanza, alla legge applicabile e al giudice competente in relazione alle controversie circa i diritti dei consumatori. La normativa in materia di contratti di commercio elettronico deve essere ricavata, dunque, non solo dalle poche disposizioni contenute nella succitata direttiva e nel relativo decreto di attuazione (d. lgs. 70/03), ma anche dalla previgente legislazione relativa ai contratti a distanza e a quelli compiuti al di fuori dei locali commerciali, contenuta nel Codice del Consumo, e nelle previsioni in tema di documento informatico e firme elettroniche inserite nel Codice 6 dell’amministrazione digitale . «Il D. Lgs. 70/2003, che recepisce la direttiva 2000/31, disciplina i servizi della società dell’informazione attuabili su Internet con il fine di promuoverne la libera circolazione; così a chiunque che svolga un’attività economica, è concessa l’opportunità di sviluppare ed esaltare il valore delle sue informazioni e di indirizzarle nei confronti 6 Ibidem, p. 105. Inoltre, circa il d. lgs 70/03 è stato notato che «Il decreto legislativo di recepimento della Direttiva 31/00 è uno specchio eloquente del degrado della tecnica legislativa a dispetto delle – evidentemente inutili – prescrizioni emanate dalla presidenza del consiglio per la redazione degli atti normativi. Il testo è sgrammaticato e pieno di grossolani errori sintattici e linguistici […]. La sciatteria linguistica è peraltro sintomatica di una più generale carenza di impostazione giuridica. Non è chiaro ai redattori del testo che le regole giuridiche scritte si fondano su convenzioni linguistiche e dunque un termine non è generalmente interscambiabile con un altro, che per questo il linguaggio del giurista si sforza di essere il più preciso possibile, e che le incertezze espressive si traducono in diatribe interpretative e controversie. Molti degli errori linguistici provengono dalla traduzione italiana della direttiva […] Si aggiunga che, mentre è normale che una Direttiva faccia riferimento ad altre Direttive, una legge dello Stato, soprattutto se deve indicare eccezioni o regole complementari, deve richiamare non quelle direttive ma le leggi dello Stato che le hanno recepite e che, è ragionevole ritenere non sono la mera riproduzione della norma comunitaria. […] Queste notazioni mirano ad evidenziare i guasti di una legislazione delegata affidata a procedure opache di una pubblica amministrazione che, anziché essere consapevole delle proprie specifiche competenze (amministrare è compito diverso dal legiferare), agisce come un apprendista stregone. Se si considera poi che alla Direttiva 31/00 erano stati dedicati numerosi commenti e volumi e nessuno dei competenti professori ordinari che li avevano curati (Vincenzo Franceschelli, Pasquale Stanzione, Salvatore Sica, Giovanni Comandè) è stato minimamente coinvolto in quel che è – da qualche secolo – la normale funzione di servizio dell’Università al legislatore, è facile comprendere come il giudizio complessivo sul decreto legislativo non possa essere che c’è del buono e del nuovo: solo che quel che è buono non è nuovo, e quel che è nuovo non è buono. Il commento al D. Lgs. 70/03 è costretto ad essere, dunque, un commento alla Direttiva 31/00 […]» (Tosi E., "Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commentario al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano, 2003, p. 36 e segg). 118 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising di una collettività indeterminata, composta da tutti i soggetti che, interconnessi tra loro, interagiscono anche all’interno dell’ambiente Internet. In questo nuovo aggregato di dati, informazioni, servizi e soggetti, sono, infatti, innumerevoli le possibilità sia di attingere che di offrire informazioni nei confronti di chiunque si affacci alla rete, così come sono incalcolabili le varianti attraverso cui questa distribuzione di informazioni avviene. In questa copiosa offerta al pubblico di dati informativi sono comprese anche le comunicazioni commerciali […]»7. Il commercio elettronico costituisce il trait d’union delle relazioni tra computer e diritto: in esso sono evidenziati gli aspetti più interessanti del diritto dell’informatica ed esaltate le tensioni tra l’ordinamento giuridico e il mercato globale ed inoltre esso apre le frontiere a nuove forme di marketing aziendale8. La direttiva 2000/31/CE non definisce il commercio elettronico e il d. lgs. 70/03 si limita esclusivamente ad indicare le finalità della disposizione stessa (art. 1), quali «la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, fra i quali il commercio elettronico» (c.1), escludendo dal campo di applicazione del decreto «a) i rapporti fra contribuente e amministrazione finanziaria connessi con l’applicazione, anche tramite concessionari, delle disposizioni in materia di tributi nonché la regolamentazione degli aspetti tributari dei servizi della società dell’informazione ed in particolare del commercio elettronico; b) le questioni relative al diritto alla riservatezza, con riguardo al trattamento dei dati personali nel settore delle telecomunicazioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e al decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171, e successive modificazioni; c) le intese restrittive della concorrenza; d) le prestazioni di servizi della società dell’informazione effettuate da soggetti stabiliti in Paesi non appartenenti allo spazio economico europeo; e) le attività, dei notai o di altre professioni, nella misura in cui implicano un nesso diretto e specifico con l’esercizio dei pubblici poteri; f) la rappresentanza e la difesa processuali; g) i giochi d’azzardo, ove 7 8 Ibidem, p. 141 e seg. Ibidem, p. 7. 119 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising ammessi, che implicano una posta pecuniaria, i giochi di fortuna, compresi il lotto, le lotterie, le scommesse i concorsi pronostici e gli altri giochi come definiti dalla normativa vigente, nonché quelli nei quali l’elemento aleatorio è prevalente» (c. 2). Una definizione esaustiva di e-commerce può essere, dunque, presa in prestito dal documento "Un’iniziativa europea in materia di Commercio elettronico" (Comunicazione della Commissione Europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni COM (97) 157) del 15 aprile 1997, che l’Italia ha fatto proprio come premessa alle sue "Linee di politica per il Commercio elettronico", pubblicato dal Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato il 30 luglio 1998. In esso si legge la seguente definizione: «Il commercio elettronico consiste nello svolgimento di attività commerciali per via elettronica. Basato sull’elaborazione e la trasmissione di dati (tra cui testo, suoni e immagini video) per via elettronica, esso comprende attività disparate quali: commercializzazione di merci e servizi per via elettronica; distribuzione online di contenuti digitali; effettuazione per via elettronica di operazioni quali trasferimenti di fondi, compravendita di azioni, emissione di polizze di carico, vendite all’asta, progettazione e ingegneria in cooperazione; online sourcing; appalti pubblici per via elettronica, vendita diretta al consumatore e servizi post-vendita. Il commercio elettronico comprende prodotti (ad es., prodotti di consumo, apparecchiature specialistiche per il settore sanitario), servizi (ad es., servizi d’informazione, servizi giuridici e finanziari), attività di tipo tradizionale (ad es. l’assistenza sanitaria e l’istruzione) e di nuovo tipo (ad es., "centri commerciali virtuali")», specificando che l’e-commerce comprende due tipi di attività: il commercio elettronico indiretto, ovverosia l’ordinazione per via elettronica di beni materiali, la cui consegna fisica è effettuata comunque tramite canali di tipo convenzionale, come la posta o i corrieri commerciali; il commercio elettronico diretto, consistente nell’ordinazione, pagamento e consegna online di beni e servizi immateriali quali software informatici, materiali di intrattenimento. Il decreto in questione definisce, invece, all’art. 2 ("Definizioni") c. 1 lett. a i "servizi della società dell’informazione" come «le attività economiche svolte in 120 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising linea – online – nonché i servizi definiti all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni9». Inerentemente al campo oggetto di indagine del presente lavoro, il decreto 70/03 si occupa anche delle comunicazioni commerciali nei delicati rapporti con la disciplina dei dati personali, comunicazioni previamente definite all’art. 2, c. 1, lett. f come «tutte le forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere beni, servizi o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di un soggetto che esercita un’attività agricola, commerciale, industriale, artigianale o una libera professione. Non sono di per sé comunicazioni commerciali: 1) le informazioni che consentono un accesso diretto all’attività dell’impresa, del soggetto o dell’organizzazione, come un nome di dominio, o un indirizzo di posta elettronica; 2) le comunicazioni relative a beni, servizi o all’immagine di tale impresa, soggetto o organizzazione, elaborate in modo indipendente, in particolare senza alcun corrispettivo». Non costituiscono comunicazione commerciale, dunque, tutte le informazioni che, benché provenienti dal soggetto cui si riferiscono, coincidono con dati che consentono di identificare l’operatore pubblicitario e di accedere ai suoi servizi, ovvero tutte quelle informazioni che, non provenienti dal soggetto cui rimandano, lo riguardano e sono state elaborate indipendentemente da un soggetto terzo in assenza di un rapporto di committenza tra il soggetto in questione ed il terzo che le ha elaborate e diffuse in rete10. Le parti attive che animano il fenomeno dell’e-advertising sono coloro che il decreto definisce come "prestatori dei servizi della società dell’informazione" (le 9 L. n 317/86 "Procedura d’informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione in attuazione della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 luglio 1998 (1)". Ai sensi dell’art. 1, c. 1 lett. b di tale legge, per "servizio" si intende «qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi. Ai fini della presente definizione si intende per "servizio a distanza" un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti; per "servizio per via elettronica" un servizio inviato all’origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento, compresa la compressione digitale e di memorizzazione di dati e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi elettromagnetici; per "servizio a richiesta individuale di un destinatario di servizi" un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale». 10 Tosi E., "Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commentario al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano, 2003, p. 103. 121 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising persone fisiche o giuridiche che prestano un servizio della società dell’informazione, art. 2 c. 1. lett. b), ovverosia le imprese inserzioniste, le agenzie pubblicitarie specializzate nel web advertising, le agenzie di media planning, le interactive media agency, le società di marketing, i provider, i titolari dei siti web, le concessionarie di pubblicità su Internet. Da sottolineare è che il tema in questione si inserisce, a pieno titolo, nell’ambio del diritto di "tranquillità individuale", in virtù del quale ciascuno ha diritto ad avere garanzia di affidabilità nell’ambito delle transazioni a distanza11, e del principio di trasparenza della pubblicità online. È in questo contesto che vanno letti gli artt. 8-10 del d. lgs. 70/03. Nello specifico l’art. 8, "Obblighi di informazione per la comunicazione commerciale", sancisce che «In aggiunta agli obblighi informativi previsti per specifici beni e servizi, le comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell’informazione o ne sono parte integrante, devono contenere, sin dal primo invio, in modo chiaro ed inequivocabile, una specifica informativa, diretta ad evidenziare: a) che si tratta di comunicazione commerciale; b) la persona fisica o giuridica per conto della quale è effettuata la comunicazione commerciale; c) che si tratta di un’offerta promozionale come sconti, premi, o omaggi e le relative condizioni di accesso; d) che si tratta di concorsi o giochi promozionali, se consentiti, e le relative condizioni di partecipazione». Tale norma ha, dunque, l’obiettivo di rendere trasparente l’e-advertising e garantire che l’inserzionista assuma ogni responsabilità conseguente alla diffusione di tale comunicazione commerciale, anche se nella norma non è indicato il modo in cui adempiere a tale obbligo. Viene sottolineato, inoltre, che deve essere indicata la natura promozionale dell’offerta in questione. Il D. P. R. 26 ottobre 2001 n. 430, "Regolamento concernente la revisione organica della disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio, nonché delle manifestazioni di sorte locali, ai sensi dell’articolo 19, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449", definisce gli "sconti" come offerte temporanee legate alla riduzione di prezzo, ovvero quantità supplementari di prodotto o servizi acquistati senza costi aggiuntivi per 11 http://www.penale.it/lecchi.pdf, Lecchi L., "La disciplina delle comunicazioni commerciali secondo il d. lgs. 70/03", 2003. 122 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising l’acquirente, oppure un tagliando o un buono sconto che autorizzano chi acquista un dato prodotto o servizio ad ottenere una riduzione di prezzo su un identico prodotto o servizio al momento di un acquisto successivo; i "premi", come l’offerta temporanea di un prodotto o servizio di tipo differente dal prodotto o servizio offerto all’acquisto; gli "omaggi", come l’offerta temporanea di un prodotto o servizio non subordinata ad un obbligo di acquisto; i "concorsi promozionali", come l’offerta temporanea di partecipare ad un concorso in cui il vincitore è designato innanzitutto in base alla propria abilità ed, eventualmente, subordinata all’obbligo di acquisto; i "giochi promozionali", quali offerta temporanea di partecipazione ad un gioco in cui il vincitore è designato dalla sorte e in cui la partecipazione può essere subordinata all’obbligo di acquisto e può anche comportare costi di partecipazione supplementare (non rientrano in tale categoria, invece, i giochi d’azzardo, nei quali un premio di valore monetario costituisce la ricompensa dei giochi di fortuna come le lotterie o le scommesse)12. Nonostante il decreto affermi all’art. 1 c. 2 lett. b che non rientrano nell’ambito di applicazione del decreto stesso le «questioni relative al diritto alla riservatezza, con riguardo al trattamento dei dati personali nel settore delle telecomunicazioni», l’art. 9 ("Comunicazione Commerciale non sollecitata") le prevede e, conseguentemente, ne integra la disciplina generale. Tale articolo sancisce che «1) […] le comunicazioni commerciali non sollecitate trasmesse da un prestatore per posta elettronica devono, in modo chiaro e inequivocabile, essere identificate come tali fin dal momento in cui il destinatario le riceve e contenere l’indicazione che il destinatario del messaggio può opporsi al ricevimento in futuro di tali comunicazioni. 2) La prova del carattere sollecitato delle comunicazioni commerciali è onere del prestatore». L’art. 9, dunque, nella diatriba tra sistema opt-in o opt-out, sancisce la legittimità dell’opt-out, secondo cui chiunque può inviare comunicazioni commerciali ad un destinatario che non ha espresso il proprio dissenso, salvo opposizione dello stesso e comunque rendendosi in ogni caso identificabile. Tuttavia, dopo solo due mesi dall’emanazione del d. lgs. 70/03, il Codice della Privacy (d. lgs. 196/03) ha sancito la liceità dell’opt-in 12 Tosi E., "Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commentario al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano, 2003, p. 114 e seg. 123 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising system, anche se, successivamente, il Codice del Consumo ha predisposto che le tecniche di comunicazione a distanza diverse dal telefono, dalla posta elettronica, dal fax e dai sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore, possono essere utilizzati per le comunicazioni individuali se il consumatore non si dichiara esplicitamente contrario13. A gettare ulteriormente caos in materia vi è la stessa direttiva sul commercio elettronico che prevede, inoltre, due categorie di meccanismi applicabili alle trasmissioni di comunicazioni non richieste: l’art. 7 ("Comunicazione commerciale non sollecitata") c. 1 sancisce che gli Stati membri che permettono l’invio di comunicazioni commerciali non sollecitate attraverso la posta elettronica devono provvedere affinché tali e-mail inoltrate da un prestatore stabilito nel loro territorio siano sempre identificabili come tali, in modo chiaro ed inequivocabile, fin dal momento in cui il destinatario le riceve. Il c. 2 dello stesso articolo prescrive, tuttavia, che gli Stati membri devono adottare i provvedimenti necessari atti a far sì che i prestatori che inviano e-mail non sollecitate consultino regolarmente e rispettino i "registri negativi" cui possono iscriversi le persone fisiche che non desiderano ricevere unsolicited e-mail. Da tale formulazione è scaturito l’ampio dibattito tra sostenitori e detrattori dei sistemi opt-in e opt-out rendendo evidente, soprattutto, la necessità di una presa di posizione che il legislatore avrebbe dovuto assumere per chiarire se la disciplina della privacy debba prevalere o meno su quella del commercio elettronico ed adottare, conseguentemente, idonei accorgimenti. Azione che è rimasta incompiuta. «L’apparente discordanza tra la normativa in materia di privacy e la normativa sul commercio elettronico non porta a rendere non applicabile la prima disciplina alle comunicazioni commerciali non sollecitate nei servizi della società dell’informazione. Lo stesso Garante, a tale proposito, si è, a suo tempo, espresso sulla necessità di porre estrema attenzione nell’interpretare e nell’armonizzare, sul piano applicativo, il complesso di regole in materia di privacy, affermando che non esistono rilevanti conflitti di tipo giuridico 13 Per un approfondimento circa le unsolicited e-mail si rimanda al paragrafo 1.6. 124 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising giacché la direttiva sul commercio elettronico non si applicherebbe ai settori disciplinati dalla normativa in materia di privacy»14. La prima formulazione dell’art. 9 del d. lgs. 70/03 prevedeva che, recependo l’art. 9 della relativa direttiva, per l’identificabilità delle comunicazioni commerciali non sollecitate, dovesse essere inserita la dicitura "comunicazione commerciale NS" nell’oggetto dell’e-mail. Era stato, inoltre, disposto che il prestatore dovesse previamente consultare il registro pubblico negativo istituito presso il Garante per la protezione dei dati personali, al quale potevano iscriversi le sole persone fisiche che non desiderassero ricevere tali comunicazioni. Il registro doveva essere adottato dal Garante entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del d. attuativo della direttiva sul commercio elettronico. La controversa questione dell’affidabilità della normativa e dell’efficacia del sistema opt-out istituito presso il Garante ha successivamente convinto il legislatore italiano ad abbandonare tale versione dell’art. 9 e ad adottare quella attualmente vigente. Resta tuttavia la discordanza tra d. lgs. 70/03 e Codice della privacy. Infine, ancora circa l’advertising, l’art. 10 del decreto, soffermandosi sull’"Uso delle comunicazioni commerciali nelle professioni regolamentate", sancisce che «L’impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell’informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata15, deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare all’indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto 14 Tosi E., "Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commentario al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano, 2003, p. 126. 15 L’art. 2 del d. lgs. 27 gennaio 1992 n. 115 ("Attuazione della direttiva (CEE) n. 48/89, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni") stabilisce che per "professioni" debbano intendersi «1) le attività per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione in albi, registri ed elenchi, tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se l’iscrizione è subordinata al possesso di una formazione professionale rispondente al requisito di cui al comma 3 dell’art. 1; 2) i rapporti di impiego pubblico o privato, se l’accesso ai medesimi è subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di una formazione professionale rispondente al requisito di cui al comma 3 dell’art. 1; 3) le attività esercitate con l’impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una formazione professionale rispondente al requisito di cui al comma 3 dell’art. 1; 4) le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una formazione professionale rispondente al requisito di cui al comma 3 dell’art. 1 è condizione determinante ai fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso». 125 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi». Il legislatore ha preso in considerazione, dunque, accanto alle notevoli possibilità comunicative permesse dalla rete, i limiti imposti dai codici deontologici propri degli ordini professionali cui appartengono i prestatori. In questo modo la disciplina del codice di condotta e delle norme inerenti ai servizi della società dell’informazione si integrano, fermo l’art. 7 del decreto che impone ai professionisti ulteriori informazioni generali obbligatorie16. Nell’organizzare la sua attività, dunque, il professionista che intende avvalersi dei servizi offerti dalla Rete dovrà affrontare una serie di adempimenti legati alla società dell’informazione che avranno riflessi giuridici connessi al commercio elettronico, quali la realizzazione di un sito web, la scelta di una denominazione da attribuire a se stesso per essere identificato e chiarire la sua presenza in rete (domain name o nome a dominio, l’indirizzo di un sito web), le decisioni circa le informazioni da pubblicare sul proprio sito, l’organizzazione di una adeguata campagna di comunicazione pubblicitaria, nonché tutti gli adempimenti legati alla conclusione dei contratti online, tenendo conto anche 16 Ai sensi dell’art. 7 "Informazioni generali obbligatorie" «1) Il prestatore, in aggiunta agli obblighi informativi previsti per specifici beni e servizi, deve rendere facilmente accessibili, in modo diretto e permanente, ai destinatari del servizio e alle Autorità competenti le seguenti informazioni: a) il nome, la denominazione o la ragione sociale; b) il domicilio o la sede legale; c) gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lo stesso, compreso l’indirizzo di posta elettronica; d) il numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche, REA, o al registro delle imprese; e) gli elementi di individuazione, nonché gli estremi della competente autorità di vigilanza qualora un’attività sia soggetta a concessione, licenza od autorizzazione; f) per quanto riguarda le professioni regolamentate: 1) l’ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il prestatore sia iscritto e il numero di iscrizione; 2) il titolo professionale e lo Stato membro in cui è stato rilasciato; 3) il riferimento alle norme professionali e agli eventuali codici di condotta vigenti nello Stato membro di stabilimento e le modalità di consultazione dei medesimi; g) il numero della partita IVA o altro numero di identificazione considerato equivalente nello Stato membro, qualora il prestatore eserciti un’attività soggetta ad imposta; h) l’indicazione in modo chiaro ed inequivocabile dei prezzi e delle tariffe dei diversi servizi della società dell’informazione forniti, evidenziando se comprendono le imposte, i costi di consegna ed altri elementi aggiuntivi da specificare; i) l’indicazione delle attività consentite al consumatore e al destinatario del servizio e gli estremi del contratto qualora un’attività sia soggetta ad autorizzazione o l’oggetto della prestazione sia fornito sulla base di un contratto di licenza d’uso. | 2) Il prestatore deve aggiornare le informazioni di cui al comma 1. | 3) La registrazione della testata editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente per le attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62». Tuttavia «Non sembra che per il professionista sussista l’obbligo di indicare in modo chiaro ed inequivoco i prezzi o le tariffe per i servizi offerti, imposizione sussistente, invece, ai sensi della lettera h del comma 1 dell’art. 7 del D. lgs. 70/2003, per i prestatori che esercitano un’attività economica non rientrante nelle professioni regolamentate; ciò perché per quanto attiene alle professioni regolamentate vigono tariffe predisposte dall’ordine od organismo analogo di appartenenza da rispettare e dal professionista e dal cliente» (Tosi E., "Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione. Le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commentario al D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70", Giuffrè, Milano, 2003, p. 146). 126 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising delle questioni relative alla protezione dei dati personali. Le conoscenze proprie dei professionisti vengono commercializzate online e le informazioni tecnicospecialistiche ad elevato valore economico di scambio, fornite da tali prestatori, assumono rilievo poiché possono essere veicolate in tempo reale ai clienti attuali o potenziali, sfruttando le innumerevoli potenzialità del medium Internet17. 3.3 La responsabilità dell’Internet Service Provider Gli operatori del diritto, a seguito della diffusione su scala planetaria di Internet, hanno sentito fortemente l’esigenza di definire regole di condotta da osservare in Rete e il regime di responsabilità da applicare in caso di inosservanza di tali norme: la responsabilità del provider rappresenta di certo una delle questioni più complesse di tale realtà. L’Internet Service Provider (ISP) è il fornitore dei servizi Internet e si rivolge agli utenti offrendo loro un’ampia gamma di prestazioni. Inerentemente a tale figura risulta importante riuscire a stabilire le responsabilità degli illeciti compiuti in Rete sia da parte dei providers stessi che dagli utenti. Illeciti quali, a titolo esemplificativo, la violazione delle norme sul diritto d’autore, sulla protezione dei marchi, sul buon costume, sul diritto alla riservatezza, sull’ordine pubblico o relativi alla diffamazione, alla concorrenza sleale. Il panorama italiano in merito, nella sua evoluzione non lineare, ha lambito le sponde della responsabilità oggettiva ma anche della completa irresponsabilità fino alle pronunce sulla protezione dell’anonimato e sull’assimilabilità del provider all’editore, con la conseguente applicabilità della normativa sulla stampa18. A livello europeo è stata emanata la direttiva 2000/31/CE, recepita in 17 Ibidem, p. 145 e segg. De Cata M., "La responsabilità civile dell’Internet Service provider", Giuffrè, Milano, 2010, p. XIV. «La responsabilità del provider per il fatto illecito degli utenti ha visto, con varietà di sfumature e argomentazioni, diverse posizioni, da quella favorevole all’irresponsabilità dell’intermediario di servizi telematici a quella opposta, incline ad accollare all’ISP l’obbligo risarcitorio in base a criteri d’imputazione oggettivi, passando da quella ancorata, in modo più o meno rigoroso, al criterio della colpa. La scelta di un criterio d’imputazione piuttosto che di un altro appare motivata anche da ragioni di tipo economico: da un lato vi è chi privilegia l’interesse a dare il massimo impulso possibile alla Rete non gravando i providers, soggetti fondamentali per il funzionamento di Internet e per lo sviluppo del commercio elettronico, dei costi derivanti dagli obblighi risarcitori; dal lato opposto vi è chi, a causa della potenzialità offensiva del nuovo 18 127 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising Italia attraverso il d. lgs. 70/03, normativa in generale favorevole al provider e propensa a contraddistinguere, ai fini dell’attribuzione delle responsabilità e degli obblighi di prevenzione, controllo e repressione, le diverse attività di tale soggetto, distinguendo tra la "mera conduzione" (mere conduit), lo stoccaggio di informazioni (catching), la "memorizzazione durevole" (hosting), la fornitura dei contenuti (content), arrivando, di conseguenza ad una modifica della categoria stessa degli internet provider, portando ad una scissione di tale figura in access provider, content provider e host provider. Nello specifico l’access provider, il fornitore dell’accesso alla rete, è colui che mette gli user nella condizione di accedere ad Internet, dotandoli anche di una casella di posta elettronica. Il contratto di accesso ad Internet è stato qualificato in dottrina come contratto di appalto di servizi (ex art. 1677 c. c., "Prestazione periodica o continuativa di servizi") con la conseguente applicabilità delle norme in materia di appalto19. Egli fornisce un servizio continuativo all’utente, permettendogli di navigare in Rete in qualsivoglia momento, con la possibilità di ricevere e spedire posta elettronica, gravando su di lui l’obbligo di proteggere i fruitori dallo spamming, le unsolicited e-mail. Inoltre, le particolari caratteristiche della prestazione fornita all’utente da parte del provider fanno sì che il rapporto intercorrente tra questi due soggetti non possa essere inquadrato come contratto di opera intellettuale o contratto di somministrazione stante l’assenza di una "cosa" (ex art. 1559 c.c., "Nozione"20) quale oggetto del contratto21. medium, si manifesta incline a non lasciare il danneggiato privo di ristoro anche in assenza di colpa dell’intermediario o a prescindere da questa. […] Da un punto di vista più generale, secondo una prima tesi, la scelta di un criterio di responsabilità poco severo non sarebbe efficiente, producendo un effetto di "underdeterrence": i providers, certi della loro impunità, non adopererebbero alcuno sforzo di diligenza nel controllo dell’attività degli users, né sarebbero indotti ad investire risorse nell’adozione o nella ricerca di sistemi idonei a prevenire gli illeciti in Internet. Secondo la tesi opposta, l’adozione di un regime di responsabilità eccessivamente severo, produrrebbe effetti di "overdeterrence". I providers meno solidi dal punto di vista economico e pertanto non idonei a sopportare i costi derivanti dalla scelta di un criterio di responsabilità eccessivamente severo abbandonerebbero il mercato, con l’effetto di determinare una concentrazione oligopolistica degli operatori», ibidem p. 75-76. 19 Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche", Cedam, 2009, p. 512. 20 Ai sensi dell’art. 1559 c. c., "Nozione", «La somministrazione è un contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose». 21 Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche", Cedam, 2009, p. 512. 128 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising Il content provider, il fornitore di contenuto, è colui che diffonde nuove informazioni in rete, selezionando i dati che devono essere portati a conoscenza. L’host provider, il fornitore di ospitalità, è colui che accoglie i content provider, mettendo loro a disposizione una porzione del proprio disco rigido attraverso cui veicolare le informazioni in rete. Tale aspetto ha fatto sì che in molti sostenessero la tesi secondo cui ci si trovi innanzi un contratto di locazione di uno spazio telematico, anche se resta preferibile l’inquadramento di tale rapporto come contratto di appalto di servizi, alla luce della prevalenza del servizio reso rispetto allo spazio occupato22. Per gli Internet Provider, come in ogni altro settore, sono previsti due tipi di responsabilità: civile e penale. Insorge responsabilità civile quando un soggetto, attraverso un comportamento illecito, provoca danno ingiusto ad altrui soggetto. Se sono provati il danno, il comportamento illecito e il rapporto di causa-effetto tra il comportamento e il danno, il giudice dispone il risarcimento (ex art. 2043 c. c. "Risarcimento per fatto illecito"23). D’altro canto, la responsabilità penale esiste solo se una norma di legge prevede che un dato comportamento sia classificabile come reato. L’art. 27 c. 1 della Costituzione sancisce che la responsabilità penale è personale. Tali tipi di responsabilità possono configurarsi in primo luogo tutte le volte che vi sia una violazione diretta di una norma di legge, sia questa penale o civile. Tuttavia, mentre l’illecito aquiliano può configurarsi ogni volta che l’attività del provider integri la fattispecie generale di cui all’art. 2043 c. c., l’illecito penale deve necessariamente confrontarsi con la riserva di legge e la determinatezza della fattispecie di reato, che non possono essere integrate applicando l’analogia o l’interpretazione estensiva. Ciò spiega perché la casistica penale è di minor rilievo non essendo sempre possibile stabilire la responsabilità penale del provider24. È possibile individuare tre figure di responsabilità per gli Internet Provider25: l’ISP può essere l’autore del fatto illecito; l’ISP può avere una responsabilità di 22 Ibidem, p. 512. L’art. 2043 c. c. "Risarcimento per fatto illecito" dispone che «Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno». 24 Cultrera S., "Diffamazione, Internet e libertà di stampa", Halley editrice, Matelica, 2006, p. 60. 25 www.gianluigizarantonello.it: Zarantonello G., "La responsabilità degli Internet Service Provider (ISP)", p. 3. 23 129 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising tipo concorsuale nell’illecito; l’ISP può avere una responsabilità dovuta a negligenza, non avendo attuato gli opportuni controlli che avrebbero potuto scongiurare l’illecito. In dottrina è ormai consolidata la tripartizione in illecito di Internet, contro Internet e per mezzo di Internet26. Nel primo caso rientrano gli illeciti commessi da soggetti che, a vario titolo, regolano l’accesso alla Rete, ne definiscono i protocolli, attribuiscono gli indirizzi IP. Sono ricondotti a tale categoria, a titolo esemplificativo, il rifiuto, da parte dei network operator, di assegnare un indirizzo IP ai provider, o i comportamenti abusivi dei provider stessi che fissano tariffe eccessive e discriminatorie a utenti diversi27. Gli illeciti contro Internet, specifici del web, sono quelli che danneggiano la Rete ed i suoi operatori, come le violazioni perpetuate attraverso la propagazione di virus informatici, atti di pirateria informatica quali la distruzione di dati digitali custoditi in banche dati. Infine, gli illeciti per mezzo di Internet sono quelli che sussistono anche al di fuori della Rete, quali la violazione di diritti della personalità come l’onore, la privacy, oppure la violazione della proprietà industriale. Pur essendo compiuti anche al di fuori della Rete tali atti si manifestano in Internet con caratteristiche peculiari. Altri autori28, infine, affrontano l’istituto della responsabilità civile dell’Internet provider seguendo la tradizionale bipartizione in responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. La prima ipotesi deriva dalla violazione degli obblighi contrattuali assunti dai provider. In questo caso, andranno, dunque, inizialmente identificate le clausole inserite nei contratti di accesso ad Internet. Generalmente l’internet provider è incaricato della fornitura dell’accesso alla rete, dà la possibilità di navigare, di usufruire del servizio di posta elettronica, di accedere ai programmi e ai documenti messi a disposizione dal provider stesso con l’opportunità di scaricarli direttamente sul computer dell’utente, rende disponibile uno spazio del proprio disco rigido per ciascuna casella di posta elettronica, realizza le pagine web, garantendo anche la gestione ed il 26 De Cata M., "La responsabilità civile dell’Internet Service provider", Giuffrè, Milano, 2010, p. 29. 27 Tali illeciti sono riconducibili alla normativa antitrust e sulla concorrenza sleale. 28 Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche", Cedam, 2009, p. 512. 130 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising mantenimento delle stesse in rete29. È chiaro che qualora il provider risulti inadempiente ad uno di tali obblighi assunti con il contratto di accesso ad Internet, lo stesso incorrerà in responsabilità contrattuale con conseguente insorgere in capo allo stesso di un’obbligazione risarcitoria. In tale ipotesi troveranno applicazione le norme di cui agli artt. 1667 e 1668 c. c. in merito alla difformità e ai vizi dell’opera e al contenuto della garanzia per difetti dell’opera, oltre ai principi generali in tema di inadempimento contrattuale e all’art. 1564 c. c. in tema di risoluzione per inadempimento del contratto di somministrazione30. «(Inoltre), sulla scorta del disposto di cui all’art. 1337 c. c., che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento e nella formazione del contratto, la dottrina fa discendere in capo al provider un obbligo informativo nei confronti dell’utente»31. 29 Ibidem, p. 513. Le clausole elencate sono quelle che più frequentemente vengono inserite nei contratti di accesso ad Internet. Il provider è responsabile, ad esempio, nei casi di impossibilità prolungata dell’utente di connettersi alla rete o di accedere alla propria casella di posta elettronica; l’access provider lo è se, obbligatosi a gestire direttamente delle banche dati, immetta in rete informazioni inesatte o incomplete; insorgerà responsabilità in capo all’host provider nel caso di manipolazione delle informazioni diffuse in rete o di condizionamento della loro libera circolazione online. 30 L’art. 1667 c. c. "Difformità e vizi dell'opera" sancisce che «L’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in malafede taciuti dall’appaltatore. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati. L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna». Ai sensi dell’art. 1668 c. c., "Contenuto della garanzia per difetti dell’opera", «Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore. Se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto». L’art. 1564 c. c., "Risoluzione del contratto", prevede che «In caso d’inadempimento di una delle parti relativo a singole prestazioni, l’altra può chiedere la risoluzione del contratto, se l’inadempimento ha una notevole importanza ed è tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti». 31 Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche", Cedam, 2009, p. 514. Art. 1337 c. c. "Trattative e responsabilità precontrattuale": «Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede». 131 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising Il surfer deve, dunque, essere edotto, ad esempio, dei rischi connessi all’utilizzo di internet da parte dei minori, i quali potrebbero fare incontri virtuali dannosi per il loro sviluppo psico-fisico, secondo quanto stabilito all’art. 13 "Contenuti illegali e nocivi" del Codice di Deontologia e di buona condotta per i servizi telematici (entrato in vigore il 1° gennaio 1998): «i fornitori di accesso: a) informano gli abbonati riguardo alla possibile presenza in rete di contenuti potenzialmente illegali, lesivi della dignità umana o dannosi in relazione all’età, alla sensibilità morale, alla fede religiosa degli utenti; b) segnalano agli abbonati la possibilità di adottare procedure di filtratura idonee a limitare l’accesso ai contenuti selezionati dall’abbonato o classificati, sotto la responsabilità dell’autore e secondo standard internazionalmente accettati come non potenzialmente dannosi […]». Inoltre, ancora a salvaguardia dei minori, è previsto che il content provider, ex art. 13 c. 3 del Codice di Deontologia, segnali la presenza di contenuti potenzialmente nocivi per i minori attraverso appositi avvisi. In caso di inadempimento agli obblighi informativi su di sé gravanti, il provider è tenuto al risarcimento del danno insorto (ex art. 2043 c. c.). L’access provider deve informare l’utente delle modalità di utilizzo dei programmi scaricati da internet, programmi per i quali sarà comunque applicabile la normativa sul diritto d’autore, essendo essi il risultato dell’ingegno dei loro creatori, pena la responsabilità contrattuale del provider nei confronti dello user per violazione degli obblighi informativi. L’esonero di responsabilità del provider avrà ragion d’essere solo per i programmi scaricati da internet che l’utente avrà rinvenuto su siti non direttamente riferibili al fornitore dell’accesso32. Vige l’obbligo informativo anche in relazione ad eventuali virus informatici che potrebbero essere scaricati durante la navigazione. Generalmente il provider è fornito anche dei sistemi di protezione quali antivirus o firewall idonei a tutelare anche i propri utenti, ma non sempre tali sistemi si rivelano infallibili. «È fatto pertanto obbligo ai gestori dell’accesso alla rete di informare gli utenti sulla necessità di utilizzare sempre un programma antivirus 32 Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche", Cedam, 2009, p. 515. 132 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising al fine di evitare lo scaricamento di files che potrebbero irrimediabilmente danneggiare il proprio sistema operativo. È fuor di dubbio che un’eventuale responsabilità del provider potrà essere configurata soltanto in relazione a virus che siano stati "scaricati" dal sito gestito direttamente dal fornitore dell’accesso, quando lo stesso non abbia adottato idonei programmi antivirus, ovvero pur avendoli adottati, non abbia comunque assolto l’obbligo informativo su di sé gravante»33. Spesso, comunque, nei contratti di accesso ad internet sono rinvenibili anche clausole di esonero o limitazione della responsabilità del provider: esse ne escludono la responsabilità in caso di inadempimento o la limitano ad una certa somma, ovvero clausole che permettono di variare discrezionalmente l’oggetto del contratto, oppure di clausole che impediscono all’utente di far valere alcunché in caso di inadempimento del contratto. Circa la validità di tale esonero, andranno distinti i contratti che il provider stipulerà con il consumatore, per i quali saranno applicabili le norme del Codice del Consumo (artt. 33 e segg.), ovvero con un professionista, per i quali saranno adottabili le ordinarie norme codicistiche. «[…] Il contratto di accesso ad Internet, che preveda, quantunque oggetto di trattativa, una clausola di esclusione o di limitazione delle azioni o dei diritti del consumatore nei confronti del professionista in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista, sarà parzialmente nullo proprio in relazione a detta clausola, la quale, in virtù del combinato disposto degli artt. 33 e 36 comma 2 del Cod. Cons. sarà da ritenere a tutti gli effetti come vessatoria. Un tale contratto, quindi, privato della clausola nulla, esplicherà tutti i propri effetti ulteriori, che potranno, in ipotesi, risultare anche particolarmente vantaggiosi per l’utente. Per i contratti di accesso ad internet conclusi con un professionista, troverà invece 33 Ibidem, p. 515. 133 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising applicazione la disciplina contenuta negli artt. 1341 comma 2 e 1229 c. c.34. Di conseguenza, la clausola che, sebbene sia stata specificatamente approvata per iscritto, preveda l’esonero o la limitazione di responsabilità del provider per dolo o colpa grave dovrà essere considerata radicalmente nulla. Nel caso, invece, in cui sia esclusa o limitata a priori la responsabilità del provider in caso di inadempimento dovuto a colpa lieve di quest’ultimo, la clausola, laddove specificatamente approvata per iscritto, sarà da ritenere a tutti gli effetti valida ed efficace. Ad ogni modo, nei casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico, le clausole preventive di esonero o di limitazione di responsabilità del provider non hanno alcun effetto, neppure in caso di colpa lieve del fornitore dell’accesso (art. 1229, comma 2 c. c.)»35. Relativamente alla responsabilità extracontrattuale del provider, la disciplina in materia è quella delineata dagli artt. 14-17 del d. lgs. 70/03 che ha recepito la direttiva 2000/31/CE che prevede che, negando ogni tesi colpevolista secondo cui i provider erano soggetti ad un obbligo di sorveglianza su ogni singola operazione dei propri clienti (ex art. 17), disciplina la responsabilità del prestatore dei servizi in relazione a tre fattispecie, già precedentemente elencate: il semplice trasporto di informazioni (mere conduit), la memorizzazione temporanea ed automatica di informazioni (catching), la memorizzazione di informazioni fornite dal destinatario del servizio (hosting). 34 Art 1341 c. c., "Condizioni generali di contratto", c. 2 «In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria». Ai sensi dell’art. 1229 c. c. "Clausole di esonero di responsabilità" «È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico». 35 Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche", Cedam, 2009, p. 515-516. 134 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising «Il principio generale che anima gli artt. 14-17 può essere così riassunto: il provider non è responsabile, a condizione che il suo ruolo sia circoscritto alla mera intermediazione tecnica e che non vi sia una partecipazione alla commissione dell’illecito»36. Il provider è responsabile allorché non sia riuscito a dimostrare la propria estraneità ai fatti nonché il proprio adoperarsi per la cessazione della condotta illecita, accedendo ad una sorta di colpa presunta. Ex art. 14 del d. lgs. 70/03, "Responsabilità nell’attività di semplice trasporto – Mere conduit", «1) Nella prestazione di un servizio della società dell’informazione consistente, nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, il prestatore non è responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che: a) non dia origine alla trasmissione; b) non selezioni il destinatario della trasmissione; c) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse. | 2) Le attività di trasmissione e di fornitura di accesso di cui al comma 1 includono la memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmesse, a condizione che questa serva solo alla trasmissione sulla rete di comunicazione e che la sua durata non ecceda il tempo ragionevolmente necessario a tale scopo». È, dunque, "irresponsabile" il mero fornitore dell’accesso alla rete così come il mero trasportatore delle informazioni (common carrier), a patto che essi non interferiscano nelle attività di accesso e trasporto. Inoltre, il c. 3 del presente articolo specifica ciò che il legislatore comunitario aveva lasciato aperto alla discrezionalità degli Stati membri, ovverosia di prevedere che un’autorità giurisdizionale o amministrativa imponga al provider di impedire o porre fine alla violazione. Nel caso italiano «l’autorità giudiziaria o quella amministrativa, avente funzioni di vigilanza, può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al comma 2, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse». 36 Ibidem, p. 517. 135 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising Relativamente alle attività di caching, di memorizzazione automatica, intermedia e temporanea del provider, l’art. 15 del d. lgs. 70/03, "Responsabilità nell’attività di memorizzazione temporanea – caching" sancisce che «1) Nella prestazione di un servizio della società dell’informazione, consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta, a condizione che: a) non modifichi le informazioni; b) si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni; c) si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni, indicate in un modo ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore; d) non interferisca con l’uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta e utilizzata nel settore per ottenere dati sull’impiego delle informazioni; e) agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare l’accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l’accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione. 2) L’autorità giudiziaria o quella amministrativa aventi funzioni di vigilanza può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse». Mentre, dunque, l’art. 14 definisce la memorizzazione come automatica, intermedia e transitoria, nel secondo tale aggettivo è sostituito da temporanea: temporaneo è un lasso di tempo maggiore rispetto a quello transitorio, in riferimento alla memorizzazione. Anche in questo caso il provider è esonerato da responsabilità solo qualora dimostri la propria estraneità e neutralità ai fatti. Necessaria risulta la prova di prontezza dell’intervento37. L’art. 16 del decreto sul commercio elettronico, "Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni – hosting", disciplina la responsabilità aquiliana dell’host provider. La norma prevede che «Nella prestazione di un servizio della 37 Ibidem, p. 522 136 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising società dell’informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso». L’attività di hosting, consistendo in una forma di memorizzazione a carattere duraturo, è di per sé maggiormente pericolosa. «La prima condizione (lett. a) fissa un discrimen tra la responsabilità penale e la responsabilità civile del provider, a dimostrazione della stretta connessione esistente in subiecta materia tra i due diversi ambiti dell’ordinamento giuridico. La linea di confine è tutta incentrata sulla diversa soglia di conoscenza richiesta al prestatore dei servizi in ordine alla illiceità dell’attività o dell’informazione, sulla scorta della quale possa dirsi operante la responsabilità del provider. Difatti, affinché possa discorrersi di responsabilità penale del prestatore di servizi, si richiede l’effettiva conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione sia illecita, mentre, ai fini della responsabilità aquiliana dell’operatore telematico, si esige un grado di conoscenza della illiceità delle informazioni "ospitate" meno rigoroso, richiedendosi che il provider sia al corrente di fatti o di circostanze che rendano manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione. Si è osservato che il legislatore discorre di conoscenza («essere al corrente di») e non fa riferimento ad un criterio di astratta conoscibilità: il parametro della verifica deve, pertanto, aver riguardo non alle circostanze alla stregua delle quali il prestatore avrebbe potuto 137 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising conoscere, bensì a quelle in base alle quali "ha conosciuto" l’attività illecita»38. L’onere di provare illiceità delle informazioni o delle attività veicolate e svolte sul web ricade sul soggetto che si ritiene leso da tali comportamenti tenuti dal prestatore di servizi. Inoltre, il c. 2 dell’art. 16 prevede che «Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il controllo del prestatore». Il prestatore di servizi dovrà, dunque, rispondere del fatto illecito altrui così come già previsto all’art. 2049 c. c., "Responsabilità dei padroni e dei committenti"39. Infine, come negli altri casi, «L’autorità giudiziaria o quella amministrativa competente può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse». Il provider, stando all’art. 17 del d. lgs. 70/03 "Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza", nello svolgimento delle attività di mere conduit, caching e hosting «non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite» (c. 1), anche se «Fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 14, 15 e 16, il prestatore è comunque tenuto: a) ad informare senza indugio l’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società dell’informazione; b) a fornire senza indugio, a richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l’identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite». 38 Ibidem, p. 524. Art. 2049 c. c. "Responsabilità dei padroni e dei committenti": «I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti». 39 138 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising La responsabilità del provider nel sistema or ora delineato attraverso gli artt. 1417 del d. lgs. 70/03 è fondato sul criterio della colpa e non già su quello della responsabilità oggettiva del provider40. Se l’ISP non rispetta gli obblighi di legge previsti nel decreto incorre in responsabilità penale ex art. 40 c. 2 e art. 110 c. p.41, nella misura in cui, attraverso la sua attività di intermediario, apporta un contributo causale alla realizzazione dell’offesa a determinati beni giuridici tutelati dal nostro ordinamento42. Nel giugno 1985 è nata l’AIIP, l’Associazione Italiana Internet Provider con sede a Milano43, allo scopo di promuovere e diffondere in Italia, così come sancito all’art. 1 dello Statuto dell’AIIP, «l’accesso al mercato delle reti e/o dei servizi di comunicazioni elettronica, ivi compreso l’accesso ad Internet, realizzati con ogni tecnologia secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione, proporzionalità e non distorsione della concorrenza, anche attraverso la eliminazione delle barriere che ne ostacolano la crescita; l’accesso al mercato dei contenuti multimediali (news, eventi sportivi, opere cinematografiche, opere protette dal diritto d’autore, etc.) e, più in generale, dei contenuti e servizi che possono essere forniti per il tramite di reti e/o servizi di comunicazione elettronica e della relativa fornitura al pubblico secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e non distorsione della concorrenza; l’accesso al mercato di contenuti e servizi fruibili tramite le reti di telecomunicazione, secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e non distorsione della concorrenza; lo sviluppo in regime di concorrenza di reti e/o servizi di comunicazione elettronica, ivi compresi quelli fissi, mobili e nomadici nonché la banda larga; l’accesso e l’interconnessione tra le reti di comunicazione elettronica, avendo riguardo alle singole tipologie di servizio, in modo evitare distorsioni della concorrenza; la convergenza ed interoperabilità tra reti e servizi di comunicazione 40 Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche", Cedam, Padova, 2009 p. 526. 41 Art. 40 c. p. "Rapporto di causalità": «Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». Art. 110 c. p., "Pena per coloro che concorrono nel reato": «Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita […]». 42 Cultrera S., "Diffamazione, Internet e libertà di stampa", Halley, Matelica, 2006, p. 56-57. 43 www.aiip.it. 139 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising elettronica; il rispetto del principio di neutralità tecnologica, inteso come non discriminazione tra particolari tecnologie, contenuti, applicazioni e servizi e non imposizione dell’uso di una particolare tecnologia rispetto alle altre; la definizione di regole di comportamento etico nell’erogazione e nella gestione dei servizi; la trasparenza dei rapporti tecnici ed economici tra Operatori». L’associazione conta, attualmente, tra i propri associati, 44 Operatori di telecomunicazioni44 e soggiace alle regole di un proprio Statuto. 3.3.1 Codice di autoregolamentazione "Internet e Minori" Internet, al di là delle innumerevoli opportunità che offre a ciascuno user, sta mostrando anche i suoi numerosi lati oscuri che, in molti casi, rappresentano una insidia soprattutto per gli utenti più sprovveduti o con meno esperienza sia di informatica che di vita. I minori sono i soggetti più esposti a tali minacce e diventa fondamentale, conseguentemente, il ruolo degli Internet Provider, che hanno la facoltà di intervenire nei casi di diffusione di contenuti illeciti in Rete. «La maggior parte degli ISP collabora pienamente con le autorità statuali nelle attività di prevenzione e controllo relative alla pubblicazione nei propri server Internet di siti pedofili o di materiale illecito, aderendo o partecipando alla predisposizione degli strumenti in grado di assicurare un bilanciamento tra la piena libertà di accesso all’informazione e all’utilizzo della rete con l’esigenza di tutela dell’integrità e dello sviluppo psico-fisico del minore, miranti a prevenire la perpetrazione degli illeciti online, nonché ad individuare 44 Sono attualmente iscritti all’AIIP gli operatori Aconet, Alternatyva, Ampersand, Aruba, Brain Tech, Brennercom, CDLAN, ClioCom, Clusit, CWNET, E4A, Enter, Estracom, Fastnet, Gostec, Intercom, Italia On Line, ITnet, KPNQwest, Leonet, LT Telecom, Maxfone, McLink, Messagenet, Metrolink, Mynet-MNet, NGI, Panservice, Promotion Digitale, Raiffeisen OnLine, Seeweb, SMS.it, Spin, Teleunit, TELIGO, Telnet, The Brainwork, Tiscali, ULI, Umbrianet, Unidata, Verizon Business, Viatek, VISIANT Outsourcing. L’AIIP è un’associazione senza scopo di lucro, a cui possono aderire società o enti che commercializzano servizi di accesso ad Internet e forniscono tali servizi in Italia senza imporre alcun vincolo a priori sugli usi ammissibili o sulla tipologia degli utenti, fatto salvo, ovviamente, che i servizi e gli usi devono essere in accordo con le leggi vigenti. 140 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising gli attori responsabili del contenuto delle informazioni trasmesse in rete»45. Il 19 novembre 2003, l’ex Ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, e l’ex Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca, hanno firmato il Codice di Autoregolamentazione "Internet e Minori", sottoscritto anche dalle più importanti associazioni di provider ovverosia AIIP, ANFoV (Associazione per la convergenza nei servizi di comunicazione), Assoprovider (Associazione Provider Indipendenti) e Federcomin (Federazione delle imprese delle Comunicazioni e dell’informatica), basato sul principio di co-regolamentazione: gli associati fissano delle regole e si impegnano a rispettarle, un organismo di controllo pubblico vigila sulla loro attuazione. Si tratta di un Codice composto da sette articoli che, innanzitutto, riconosce che «la funzione educativa (del minore), che compete innanzitutto alla famiglia, può essere agevolata da un corretto utilizzo delle risorse presenti sulla rete telematica al fine di aiutare i minori a conoscere progressivamente la vita e ad affrontarne i problemi ed i pericoli» (considerando 3° del Codice) e che «appare necessario provvedere alla tutela generalizzata del minore nell’ambito dell’uso sicuro delle tecnologie della società dell’informazione e delle comunicazioni elettroniche» (considerando 6°) poiché «la presenza dei contenuti illeciti o nocivi per i minori che accedono alla rete telematica è divenuta sempre più pervasiva» (considerando 1°). Il Codice, dunque, si pone come fine riuscire ad aiutare gli adulti, i minori e le famiglie affinché usino consapevolmente la Rete, riconosciute le esigenze del minore. Inoltre, ha come scopo la predisposizione di azioni adatte a scongiurare il pericolo che il minore venga in contatto con contenuti illeciti o dannosi per la sua crescita; la promozione di un accesso sicuro per il minore alle risorse di rete; la tutela del diritto del minore alla riservatezza ed al corretto trattamento dei propri dati personali; la garanzia di una collaborazione piena con le autorità competenti nella prevenzione, nel contrasto e nella repressione della criminalità informatica ed in particolare nella lotta contro lo sfruttamento della prostituzione, la pornografia ed 45 Crisafi M., Trunfio E., Bellissimo L., "Pedofilia. Disciplina, tutele e strategie di contrasto", Giuffrè, Milano, 2010, p. 197. 141 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising il turismo sessuale in danno ai minori, attuati tramite l’utilizzo della rete telematica; l’agevolazione della tutela del minore nei confronti delle informazioni commerciali non sollecitate o che sfruttino la debolezza del minore, ovvero, secondo quanto previsto all’art. 130 del d. lgs. 196/03, nei confronti delle comunicazioni indesiderate. «Il Codice raccoglie l’impegno dei provider a fornire strumenti per distinguere la navigazione degli adulti dalla navigazione dei minori. Si vuole in questo modo fornire le famiglie delle dotazioni necessarie a programmare un percorso educativo per i più piccoli, tale da salvaguardare la loro crescita da servizi e contenuti non adatti alla loro età. Questa iniziativa, […] va sotto il nome di navigazione differenziata […]. La corretta formazione dei minori non può prescindere dalla guida costante e presente degli adulti. Tuttavia, sono mancati in precedenza strumenti informatici che agevolassero il ruolo di genitore, e in questo modo il Codice di autoregolamentazione vuole colmare una lacuna preesistente»46. Purtroppo, però, molte delle disposizioni previste nel presente Codice hanno trovato difficile applicazione e sono tante le questioni lasciate incompiute. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’art. 3 "Strumenti per la tutela del minore" del Codice. Ai commi 1 e 2 è stabilito che «1) Informazione alle Famiglie e agli Educatori. L’Aderente47 pubblica nella pagina Internet iniziale (home page) dei propri servizi un riferimento "TUTELA DEI MINORI", chiaramente visibile, che rimanda ad apposite pagine web con le quali fornire informazioni sulle corrette modalità per un utilizzo sicuro della rete Internet, sull’esistenza degli strumenti più utilizzati per la tutela dei minori e sulle modalità di segnalazione, al Comitato di Garanzia di cui all’art. 6, delle violazioni del Codice. Il contenuto minimo delle 46 www.osservatoriominori.org: "Internet e minori. Codice di autoregolamentazione", Ministero delle Comunicazioni, Commissione per l’assetto del sistema radiotelevisivo, Fondazione Ugo Bordoni. 47 L’"aderente" è definito all’art. 1, "Definizioni", c. 1 come «Il soggetto che svolge attività imprenditoriale su Internet, anche a titolo non direttamente oneroso per Clienti ed Utenti, e che aderisce al Codice direttamente o per il tramite delle Associazioni firmatarie». 142 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising pagine web verrà definito dal Comitato di Garanzia. 2) Servizi di navigazione differenziata. L’Aderente offrirà, secondo le tecnologie disponibili, alle Famiglie, agli Educatori, alle Scuole, alle Biblioteche e alle Aggregazioni giovanili, Servizi di navigazione differenziata48 che dovranno essere chiaramente identificabili come tali, ovvero indirizzerà il Cliente e gli Utenti49 verso altri fornitori di Servizi di navigazione differenziata. Nel rispetto del principio di non discriminazione, tali servizi non potranno impedire l’accesso ai contenuti sicuri offerti dai Content provider aderenti». Una navigazione en passant in Rete dimostrerà quanto la dicitura "TUTELA DEI MINORI" e le relative informazioni, così come la navigazione differenziata, sono quasi sempre assenti. L’utilizzo dei cosiddetti "filtri salva-famiglie"50 che impediscono l’accesso a siti non desiderati sembra una soluzione adeguata ma ad oggi il pericolo non è scampato e il Codice stesso andrebbe aggiornato. Inoltre, l’art. 3 c. 4 sancisce che «Identificatori d’età. L’Aderente potrà utilizzare Sistemi di individuazione dell’età dell’Utente, a condizione che, nel rispetto delle norme sul trattamento dei dati personali, ne venga tutelata e garantita la massima riservatezza, sicurezza e dignità. In particolare, tali sistemi non dovranno consentire di risalire all’identità, al domicilio, all’indirizzo di posta elettronica, all’eventuale pseudonimo ("alias" o "nick name"), all’indirizzo Internet (numero IP) del minore e non dovranno comunque permettere a terzi di raggiungerlo direttamente o indirettamente». Ancora una volta una norma che, se considerata in riferimento a quanto accade oggi soprattutto con i social network, dimostra, in alcuni casi, la sua distanza dalla realtà e l’inefficacia stessa di tali disposizioni. Il fenomeno Facebook può risultare chiarificatore: al momento della registrazione bisogna inserire la data di nascita (che può comunque rimanere invisibile agli "amici", i contatti facebook) per «favorire una maggiore autenticità e consentire 48 L’art. 1 c. 8 stabilisce che per "servizi di navigazione differenziata" debbano intendersi i «Servizi di accesso ad Internet che, sulla base di criteri indicati dall’Aderente […], circoscrivono o escludono l’accesso a determinati contenuti». 49 "Cliente" è «Il soggetto giuridico che stipula un contratto con l’Aderente» (art. 1, c. 2), mentre l’"utente" è definito come «Il soggetto, anche diverso dal Cliente, che utilizza i servizi forniti dall’Aderente» (art. 1 c. 3). 50 www.osservatoriominori.org "Internet e minori. Codice di autoregolamentazione", Ministero delle Comunicazioni, Commissione per l’assetto del sistema radiotelevisivo, Fondazione Ugo Bordoni. 143 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising l’accesso ai vari contenuti in base all’età»51 e sono state predisposte speciali misure di salvaguardia (ad esempio ponendo delle limitazioni sulla possibilità di condivisione e connessione con i minorenni da parte degli adulti) a tutela dei più piccoli. Tuttavia, basta inserire una data di nascita fasulla, e l’ostacolo risulta superato. Stando comunque alle disposizioni del Codice il provider dovrebbe, per tutelare i minori, adottare una serie di misure, quali le già citate navigazione differenziata, il marchio di identificazione e garanzia INTERNET@MINORI52 e i sistemi di individuazione dell’età dell’utente, la classificazione dei contenuti (art. 3 c. 3), la custodia delle password di accesso (c. 6), la protezione dell’anonimato (c. 7). Ciascun internet provider coinvolto sarà responsabile nei casi di illecito. L’art. 4 definisce le responsabilità. L’access provider, classificato all’art. 1 c. 4 come «Il soggetto che offre al pubblico e nell’ambito della propria attività imprenditoriale servizi di accesso ad Internet», ha il dovere, ai sensi dell’art. 4 c. 1, di «verificare direttamente (p.e. tramite l’avvenuta sottoscrizione di un contratto) o indirettamente (almeno tramite CLI - Calling Line Identifier - o metodi analoghi) l’accesso alla rete», inserendo nei contratti di accesso ad Internet clausole che responsabilizzino il Cliente anche per l’uso di servizi concessi a terzi. L’housing o hosting provider, ovverosia «Il soggetto che offre al pubblico spazi raggiungibili dall’esterno (shared/dedicated hosting provider) o la possibilità di collegare computer di proprietà del Cliente alla rete Internet (housing provider)» (art. 1 c. 5), deve «identificare con ragionevole certezza il proprio Cliente che ha il controllo degli apparati oggetto di tali servizi» (art. 4 c. 2). Il content provider, ossia «Il soggetto che, direttamente o indirettamente, mette a disposizione del pubblico, con qualsiasi mezzo o protocollo tecnico, dati, informazioni e programmi» (art. 1 c. 6), ha l’obbligo di «identificare in modo chiaro […] la natura e i contenuti della comunicazione stessa, adoperandosi per adeguare o rimuovere il contenuto su segnalazione del Comitato di Garanzia, di cui al successivo art. 6, e comunque delle Autorità competenti». Infine il gestore 51 www.facebook.com. Ai sensi dell’art. 1 c. 10, il marchio "Internet e Minori" consiste nel «Logotipo che testimonia l’adesione al Codice del soggetto che svolge attività imprenditoriale su Internet e ne attesta la conformità dei comportamenti agli impegni assunti. Il marchio verrà prescelto dal Comitato di Garanzia di cui al successivo art. 6». 52 144 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising dell’Internet Point, «Il soggetto che mette a disposizione del pubblico locali e strumenti, non ad uso esclusivo, che consentono l’accesso ai servizi della rete Internet» (art. 1 c. 7), deve «fornire strumenti adeguati per la navigazione dei minori ed identificare, direttamente o indirettamente, l’utilizzatore dei servizi medesimi». Ai sensi dell’art 5, la vigilanza sulla corretta, imparziale e trasparente applicazione del Codice medesimo è affidata al Comitato di Garanzia, composto da undici membri esperti in materia, nominati con Decreto del Ministro delle Comunicazioni, adottato di concerto con il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, cui si aggiungono undici componenti supplenti (art. 6 c. 1, "Costituzione"). I membri del Comitato durano in carica 3 anni. «Il Comitato controlla che l’Aderente possieda tutti i requisiti e abbia assunto tutti i comportamenti previsti dal Codice, segnalando agli interessati eventuali inottemperanze al Codice medesimo. Nel caso di accertate inottemperanze da parte degli Aderenti si applicheranno le sanzioni di cui al successivo art. 7» (art. 6 c. 3, "Poteri"). Tali sanzioni consistono innanzitutto in un "Richiamo" (art. 7 c. 2 n. 1), per cui il Comitato, al termine del procedimento per l’irrogazione dei provvedimenti disciplinari (art. 7 c. 1), se accerta la violazione di una delle disposizioni previste all’art. 3, può inviare una comunicazione di richiamo all’aderente invitandolo ad ottemperare entro 15 giorni agli impegni sottoscritti con l’adesione al Codice. Nei casi in cui l’aderente non si allinei alla condotta suggerita nel richiamo ovvero nell’ipotesi in cui la violazione sia particolarmente grave per quantità o rilevanza degli inadempimenti al Codice, il Comitato può inviare all’interessato, una comunicazione di censura invitandolo ad ottemperare entro 15 giorni a quanto previsto nel provvedimento adottato (art. 7 c. 2 n. 2 "Censura"). L’art. 7 c. 2. n 3, "Revoca dell’autorizzazione all’uso del marchio «Internet e Minori»", prevede che il Comitato possa revocare l’autorizzazione all’uso del marchio "Internet e Minori" se l’Aderente non si adegua a quanto previsto attraverso la comunicazione di censura. Tuttavia, l’uso di tale marchio è nuovamente autorizzato dal Comitato una volta accertato, su richiesta dell’aderente, l’adeguamento dei suoi comportamenti agli impegni assunti. Tale revoca "temporanea" può diventare "prolungata": ex art. 7 c. 2 n. 3.2 «Nel caso in 145 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising cui, dopo un primo provvedimento di revoca temporanea, intervengano le condizioni per un secondo provvedimento di revoca, l’Aderente non potrà avanzare richiesta di riammissione all’uso del marchio "Internet e Minori" prima di un anno». Inoltre, ai sensi dell’art. 7 c. 2 n. 4, «L’Aderente al quale sia stato revocato l’uso del marchio "Internet e Minori" non potrà più utilizzare il marchio medesimo fino a che non sia stato nuovamente autorizzato o riammesso all’uso. Tutti i provvedimenti di revoca saranno raccolti ed oggetto di pubblicazione». 3.4 L’European Advertising Standards Alliance Il problema della mancanza di una normativa specifica che possa disciplinare correttamente e fermamente il fenomeno dell’e-advertising ad esempio nei casi di illeciti "transfrontalieri", sembra ancora non aver trovato soluzione definitiva, segno della scarsa attenzione che i legislatori hanno finora posto ad un settore in notevole espansione anzi l’unico, in questo momento di profonda crisi economica mondiale, non in ribasso, come dimostrano i dati forniti dall’Interactive Advertisng Bureau Italia53. Non è sufficiente, infatti, l’applicazione delle disposizioni italiane sulla pubblicità in generale per risolvere la questione e prevenire o punire gli illeciti che si possono perpetuare attraverso la Rete. Internet presenta peculiarità specifiche, tali per cui le disposizioni esistenti si dimostrano inefficaci per scongiurare gli inganni online. Non è, comunque, in questo caso in discussione la diffusione di comunicazioni commerciali in Italia attraverso server di provider italiani: in tale circostanza è indubbia la validità della normativa italiana sulla pubblicità ingannevole o comparativa illecita o le regole del Codice di Autodisciplina delle Comunicazioni Commerciali. A causa del carattere "transnazionale" del mezzo Internet, tuttavia, provider italiani potrebbero diffondere advertising italiano in paesi esteri, e viceversa, e incontrate culture ed ideologie differenti che potrebbero mettere in dubbio la correttezza della comunicazione ritenuta, all’origine, lecita. Il problema dello sconfinamento territoriale potrebbe essere risolto grazie all’EASA, l’European Advertising Standards Alliance (Alleanza Europea per 53 Per un approfondimento si rimanda al paragrafo 1.5. 146 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising l’Etica in Pubblicità), un’organizzazione non-profit con sede a Bruxelles che riunisce gli organismi autodisciplinari nazionali (SROs, Self-Regulation Organisations) e le organizzazioni che rappresentano l’industria dell’advertising in Europa e oltre. L’EASA costituisce l’unica authoritative voice sulle problematiche legate all’autodisciplina pubblicitaria a livello europeo, e promuove elevati standard etici nel campo delle comunicazioni commerciali proprio attraverso l’uso dell’autoregolamentazione, riconoscendo comunque le differenze culturali, giuridiche e commerciali che caratterizzano i diversi Stati. Nel giugno 1991 Sir Leon Brittan, allora vice-presidente della Commissione Europea e Commissario Responsabile per la Politica di Concorrenza, lanciò una sfida all’industria pubblicitaria (comprendente inserzionisti, agenzie pubblicitarie, media, associazioni di categoria), volta a dimostrare come le questioni legate alle comunicazioni commerciali nel mercato unico potessero essere affrontate e risolte con successo grazie alla cooperazione, piuttosto che sulla base di singole legislazioni specifiche, tesi cui si opponeva strenuamente l’industria dell’advertising. Nello stesso anno, riunitisi presso il Corsendonk Priory, gli stessi membri del settore, provenienti da tutta Europa, decisero di attribuire una identità indipendente e formale a quel gruppo cui facevano parte tutte le organizzazioni di autoregolamentazione nazionale che fino a quel momento aveva avuto natura di riunione informale finalizzata alla discussione di problematiche comuni. In tal modo prese vita l’EASA, operativa dal 1992, alleanza che dal quel momento sarebbe diventata tenace sostenitrice dell’autodisciplina contro la legislazione "tradizionale". Uno dei primi atti compiuti dall’EASA è stata la costituzione di un sistema per la gestione dei reclami transfrontalieri riguardanti la pubblicità, il cross-border complaints system. È del 1998 il resoconto di Sir Brittan secondo cui il suo lavoro «had reduced the perceived need for legislative intervention». Nel 2002 è stata realizzata una partnership tra le SRO nazionali, fino a quel momento le sole a far parte dell’EASA, e i rappresentanti delle associazioni del settore dell’advertising. Attualmente sono trentaquattro le organizzazioni di autodisciplina appartenenti 147 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising all’EASA, di cui ventisei appartenenti a ventiquattro paesi europei54. L’EASA è diretta da un Presidente, due Vice-Presidenti e un Tesoriere. Il Comitato Esecutivo sovrintende alla gestione dell’Alleanza tra le riunioni del Consiglio di Amministrazione e può assumere decisioni d’urgenza. Metà dei suoi membri appartengono ad organismi di autodisciplina, l’altra metà ad associazioni di settore. Il Consiglio di amministrazione è composto dai rappresentanti delle associazioni parte dell’EASA e si riunisce tre volte all’anno. Gli organismi nazionali di autodisciplina55 e l’industria pubblicitaria europea hanno subito dimostrato il loro interesse e la loro disponibilità per una iniziativa di tal portata, reagendo attraverso una effettiva ed efficiente autoregolamentazione 54 Appartengono all’EASA Austria, Belgio, Bulgaria, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Germania (due sedi, una a Berlino e l’altra a Bad Homburg), Grecia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito (due sedi entrambe a Londra), Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria. Tra i paesi non europei rientrano l’Australia, il Brasile, il Canada, il Cile, l’India, la Nuova Zelanda, il Perù e il Sud Africa. Gli Stati Uniti, pur servendosi di organizzazioni di autodisciplina non appartengono all’EASA. Inoltre, nell’Alleanza troviamo sedici rappresentanti tra inserzionisti, advertiser, media e altre organizzazioni: la World Federation of Advertisers (WFA, advertiser), l’European Association of Communications Agencies (EACA, agencies), l’Association of Commercial Television in Europe (ACT), l’European Newspaper Publisher’s Association (ENPA), l’European Publisher Council (EPC), l’Association Européenne des Radios (AER), l’European Association of Directory and Database Publishers (EADP), l’European Magazine Media Association (EMMA), l’Interactive Advertising Bureau Europe (IAB – Europe), l’Association of television and radio sales houses (EGTA), la Federation of European Direct and Interactive Marketing (FEDMA), l’Electronic Retailing Association, JCDecaux (media), l’European Sponsorship Association (ESA, sponsorship), e le Advertising Information Group e l’International Advertising Association (IAA). Attualmente (l’ultimo aggiornamento risale a Febbraio 2011) cinque paesi stanno collaborando con l’EASA per creare un sistema di autodisciplina. Si tratta di Cipro, Croazia, Serbia, Russia, Ucraina. 55 «(A self-regulatory system) consists of three parts: first the code-making body, which writes the code and is responsible for amending it and making sure that it stays up-to-date. The code-making body represents the constituent parts of the advertising industry, because it is the advertising industry’s code and the whole industry agrees voluntarily to be bound by it. Secondly, the codeapplying body (usually called the complaints committee or jury), which is responsible for interpreting the code, applying it in specific cases and deciding on the appropriate action to take. Very often the chairman and some of the members of the complaints committee are independent of the advertising industry - they might, for example, include academics, members of the medical profession or representatives of consumer organisations. Thirdly, the permanent secretariat - the professional staff responsible for the day-to-day running of the SRO. The secretariat is headed by a chief executive, who usually also acts as secretary to the code-making and code-applying bodies. (A self-regulatory organisation) it is an independent body, i.e. independent of government and of specific interest groups, and has its own decision-making function; it is a body set up and funded by the advertising industry; it has practical responsibility for regulating advertising; it has the power to enforce its decisions, i.e. the moral and practical support of the advertising industry; it can rely on sufficient support from the constituent parts of the advertising industry (or, in the case of a sectorial SRO, enough of the sector for which it is responsible) to ensure its credibility; it is impartial; it deals with consumer complaints on a cost-free basis; its decision-making processes and adjudications are transparent» (http://www.easa-alliance.org/page.aspx/302). Per il sistema di autodisciplina italiano si rimanda al paragrafo 2.2. 148 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising quale strumento per promuovere elevati standard nell’advertising in Europa e la tutela degli interessi dei consumatori. L’EASA, infatti, sostiene la creazione e la diffusione di advertising "responsabile", fornendo indicazioni dettagliate su come lavorare alle autodiscipline pubblicitarie nel Mercato Unico per non danneggiare né i consumatori, né le imprese. La comunicazione commerciale gioca un ruolo essenziale nell’economia mondiale: essa stimola la crescita e l’innovazione, favorisce la concorrenza e permette ai consumatori di compiere scelte consapevoli. Può contribuire all’aumento delle quote di mercato delle imprese ed è l’unico modo per far conoscere al grande pubblico un nuovo prodotto o i miglioramenti apportati ad uno già esistente. Per poter fare tutto ciò l’advertising deve però godere di un elevato livello di fiducia presso i consumatori che, qualora raggiunti da comunicazioni ingannevoli, potrebbero esprimere il loro disagio e l’intero mondo pubblicitario potrebbe risentirne. È per tale motivo che questo settore necessita di opportune regole, siano esse legate alle leggi "canoniche" che all’autoregolamentazione56. Ciò nonostante, quest’ultima, a differenza delle leggi nazionali, offre ai consumatori la possibilità di evitare i ritardi di un processo giudiziario, garantendo loro soluzioni rapide ed efficaci, spesso a costo zero. Inoltre, essa cambia repentinamente in funzione dell’evoluzione sociale e tecnologica. È chiaro che se l’industria pubblicitaria appoggia l’autodisciplina, si impegna a diffondere comunicazioni lecite, stringendo conseguentemente un patto solido e duraturo con il consumatore. Tuttavia, legislazione e autodisciplina rimangono indissolubilmente legate e si completano a vicenda come il telaio e le corde di una racchetta da tennis57. Col passare degli anni l’EASA ha contribuito alla creazione di diversi sistemi di autodisciplina in Europa, soprattutto attraverso dettagliate informazioni alle Istituzioni circa i vantaggi propri della self-regulation in ambito pubblicitario. L’EASA lavora a tutto ciò poiché crede nell’advertising legale, decente, onesto, veritiero, socialmente responsabile e rispettoso delle regole della concorrenza leale. La pubblicità non deve solo informare il consumatore sui prodotti e i servizi 56 57 http://www.easa-alliance.org/page.aspx/165. http://www.easa-alliance.org/page.aspx/166. 149 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising esistenti. Deve anche divertirlo, portando «more colour to life»58, cercando di guadagnare la sua fiducia. Per raggiungere tali scopi l’EASA non solo tenta di migliorare la propria awareness sia in ambito nazionale che europeo, ma coordina anche attività di monitoraggio delle comunicazioni commerciali e gestisce il cross-border complaints system. Fin dal 1992, anno della sua istituzione, l’EASA ha costantemente sostenuto la tutela dei consumatori nel settore dell’advertising attraverso l’autodisciplina sulla base di quattro passi: una soddisfacente risposta alle lamentele dei consumatori; un efficace uso degli strumenti a disposizione per l’autoregolamentazione nazionale (attraverso campagne di sensibilizzazione del consumatore, coinvolgimento dei media per assicurare effettivamente le sanzioni, sistemi di consulenza); meccanismi di risoluzione delle controversie come il cross-border complaints system e sistemi di gestione dei reclami a livello nazionale; sostegno ai codici nazionali, quale ultimo passo per risolvere le controversie. La stessa commissione europea ha, infatti, dichiarato l’autodisciplina mezzo utile ed efficace per la trasposizione e, conseguente attuazione, delle direttive europee. «Three good reasons for self-regulation: One: The whole market of advertising is based on consumer trust. Generally speaking once consumers are convinced that marketing communications are a waste of their time, ads will no longer have the desired impact. Ultimately zero consumer trust in ads would mean the end of the advertising industry, so it is in the interest of the advertising industry to adhere to the Code. Two: It is in the advertising industry’s self-interest to produce good marketing communications. It also knows its own advertising market best and therefore knows best how to restrict itself and respond to issues efficiently without distorting the market. Three: Having an ethical code for advertising in place and adhering to it is a prominent way of setting and attaining corporate social responsibility 58 http://www.easa-alliance.org/page.aspx/229. 150 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising goals. It also ensures a level playing field for business operators in terms of fair competition»59. Riconosciuto il carattere internazionale che la comunicazione commerciale sta sempre più, negli anni, assumendo come conseguenza della globalizzazione, l’EASA ha istituito l’International Council on Advertising Self-Regulation (ICAS), riunitosi per la prima volta nel maggio 2008, il cui compito principale consiste nel consolidare l’autoregolamentazione a livello globale. Il Consiglio, infatti, rappresenta uno strumento per facilitare lo scambio di informazioni e suggerimenti circa le best practices da adottare, migliorando la comunicazione tra le organizzazioni coinvolte in tutto il mondo. Componenti del Consiglio sono tutti i membri dell’EASA, cui si affiancano esponenti delle organizzazioni del settore. Nel dettaglio, il Consiglio aiuta i membri del gruppo stesso a potenziare i propri sistemi di autodisciplina attraverso la promozione di tali EASA best practices; fornisce aiuto e assistenza a fine di agevolare ulteriormente lo sviluppo di sistemi di autodisciplina lì dove non esistono ancora; costruisce un profilo rappresentativo per l’autoregolamentazione della pubblicità a livello mondiale. Le succitate Best Practices Recommendations interessano la redazione e la consultazione del codice, la comunicazione e l’awareness, il trattamento dei reclami, la riservatezza, la copy advice, la digital marketing communication, la composizione del Giurì, il monitoraggio della pubblicità, le comunicazioni e il finanziamento delle SRO. Ogni anno, per premiare gli organismi di autodisciplina che hanno dimostrato un comportamento notevole, l’EASA organizza l’EASA Best Practice Awards60. L’Alleanza promuove elevati standard pubblicitari anche fornendo gli istituti di educazione di moduli educativi sull’autoregolamentazione. Inoltre, l’EASA opera anche attraverso gruppi di lavoro, commissioni specializzate, task force: innanzitutto, vi è il Comitato di Autoregolamentazione, che funge da forum di discussione per le SRO nazionali inerentemente ad aspetti tecnici relativi agli standard pubblicitari e allo sviluppo delle best practices; e 59 http://www.easa-alliance.org/page.aspx/212 Nel 2007 allo IAP Italia è stata riconosciuta una speciale menzione della giuria per la creatività e produttività mostrata dal Giurì nelle sue decisioni (http://www.easa-alliance.org/AboutEASA/EASA-projects/Best-Practice-Awards/page.aspx/163). 60 151 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising ancora, il Comitato Media, che fronteggia le sfide poste dalle nuove tecnologie, dalle nuove tecniche pubblicitarie e dai nuovi media; la Sustainability Task Force, che fornisce una piattaforma di discussione dove i membri del settore della pubblicità e i rappresentanti degli organismi di autodisciplina possono discutere delle questioni di sostenibilità all’interno dei contenuti pubblicitari; il Gruppo di lavoro dell’Europa Centrale e Orientale che assiste le SRO provenienti da tali Stati nella gestione dei loro problemi e delle questioni tipiche dei loro paesi; l’Education Action Group, che offre gli input sulla base della propria esperienza tecnica e di "moduli educativi"; la Promotion and Communications Task Force, responsabile della crescente presenza a livello nazionale ed europeo dell’EASA; la Rogue Trader Prevention Taskforce (Taskforce di Prevenzione della Concorrenza Sleale), che assume le decisioni sulla politica contro le azioni di concorrenza sleale. Infine, la Segreteria dell’EASA si occupa delle attività di ordinaria amministrazione. I suoi compiti consistono nel mettere in collegamento i membri dell’EASA, le istituzioni europee, le associazioni dell’industria pubblicitaria e delle altre parti interessate (quali, exempli gratia, docenti universitari); nel tenere informati i membri dell’EASA e coordinare le risposte e i suggerimenti provenienti dalle SRO; nell’organizzare gli incontri e gli eventi per incentivare la conoscenza tra soci e incoraggiare lo sviluppo delle best practices; nel coordinare il cross-border complaints system; nel formare ed informare l’Europa sul sistema di autodisciplina; nell’effettuare ricerche e indagini e pubblicarne i risultati; nel curare i rapporti con la stampa (l’EASA, infatti, invia comunicati stampa e organizza conferenze stampa). 3.4.1 Il cross-border complaints system e le autodiscipline nazionali Internet, quale mezzo di comunicazione, come è già stato più volte ribadito, rappresenta un medium con caratteristiche proprie, peculiari, diverse per molti aspetti da quelle dei media "tradizionali". Tra queste la più importante e al contempo la più problematica risulta essere, senza dubbio, la sua "transnazionalità", intesa come la possibilità per i contenuti diffusi dall’Italia, o da 152 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising qualsiasi altra nazione, di raggiungere qualsivoglia paese del mondo, anche il più remoto, travalicando i confini geografici. Nel caso oggetto di analisi, una comunicazione commerciale diffusa da un’inserzionista italiano attraverso un server di un provider, più essere fruita ovunque nel pianeta, così come comunicazioni straniere possono giungere anche nella penisola italiana. Si tratta di una opportunità incredibile e fino a poco tempo fa impensabile, che spalanca alle imprese le porte del mondo potendo raggiungere, anche solo potenzialmente, i consumatori di tutto il pianeta. Contemporaneamente, tuttavia, possono presentarsi problemi di compatibilità di tali comunicazioni con le legislazioni e i codici vigenti nei paesi raggiunti da tale e-advertising. Può accadere, infatti, che comunicazioni ritenute lecite in Italia giungano in paesi in cui, a causa di politiche, culture, ideologie differenti, possono essere dichiarate ingannevoli, scorrette, disoneste, e viceversa. In tali casi il Giurì italiano non può intervenire, in quanto è competente ad applicare solo il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale italiano, non essendo rilevante, ai fini del giudizio, la conformità o la contrarietà di tali messaggi alla normativa di sistemi di autoregolamentazione straneri. Allo stesso modo gli organi delle altre autodiscipline non possono applicare le norme del Codice italiano. Per risolvere tale incresciosa quanto attuale e frequente questione, dal 1992 l’EASA si avvale del cross-border complaints system61, attraverso il quale è possibile estendere anche all’estero le decisioni degli organismi di autocontrollo nazionali. Grazie a tale meccanismo chiunque può presentare un reclamo al proprio sistema di autodisciplina contro una comunicazione ritenuta lesiva, proveniente da una nazione diversa da quella in cui è stata diffusa. Due sono i tipi di reclami transfrontalieri oggetti di intervento del cross-border complaints system: innanzitutto, la denuncia può essere presentata da un consumatore dello stesso paese in cui è stata diffusa la comunicazione ritenuta illecita che però è stata veicolata attraverso media originari di paesi stranieri (a titolo esemplificativo, un consumatore italiano che guarda una trasmissione televisiva francese in Italia, può esporre una lamentela su tali contenuti pubblicitari. In questo caso invierà il reclamo all’organismo competente in Italia e 61 http://www.easa-alliance.org/Complaints-compliance/Cross-Border-Complaints/page.aspx/247. 153 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising questo provvederà ad inoltrare la segnalazione in Francia); oppure può accadere che la pubblicità transfrontaliera sia diretta esclusivamente ai consumatori del paese in cui è diffusa ma essere comunque ritenuta illecita, nel caso ad esempio di una denuncia presentata da una persona italiana su un annuncio che ha visto quando si è trovato in vacanza in Francia, annuncio redatto in lingua italiana. In questo caso il soggetto che si ritiene danneggiato da tale comunicazione deve inviare la denuncia all’organismo di autodisciplina italiano che provvederà a trasmetterlo all’organismo corrispondente in Francia. Oppure il consumatore può anche inviare il reclamo direttamente all’EASA che trasmette poi il reclamo al paese di origine. Se, infatti, non si sa a chi inviare il proprio reclamo, ovvero il proprio paese non ha un organo di autodisciplina competente, l’EASA sul suo sito (www.easa-alliance.org), alla sezione complaints/compliance, mette a disposizione un form da compilare in cui inserire i dati di colui che denuncia l’illecito, i dettagli dell’advertising ritenuto ingannevole, cui bisogna allegare una copia dell’annuncio oggetto di discussione (come una foto o una scansione dello stesso). L’EASA provvederà ad inviare la segnalazione all’organo competente. È possibile inviare la segnalazione anche tramite posta tradizionale o fax. Due sono, dunque, i principi base che regolano il funzionamento del cross-border complaints (CBC) system: il primo è relativo al "paese di origine", secondo cui un messaggio pubblicitario deve rispettare le regole del paese sede dei mezzi di comunicazione che lo veicolano ovvero, nel caso di direct mail advertising, del paese sede dell’inserzionista; il secondo è definito come di "mutuo riconoscimento", nel senso che i membri dell’EASA si accordano nell’accettare comunicazioni che sono conformi alle norme di autodisciplina del paese di origine dei media, anche se queste non sono identiche alle proprie. Per inviare una lamentela, dunque, ciascun consumatore può compilare il modulo che ogni organo competente mette a disposizione sul proprio sito web (in Italia disponibile all’indirizzo www.iap.it, nella sezione "Segnalazioni dei consumatori al Comitato di Controllo", da cui è possibile accedere al modulo in linea62), anche nel caso di reclami transfrontalieri, in cui risulta necessario indicare dove si è 62 http://www.iap.it/it/modulo.htm. 154 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising visto o sentito l’annuncio, quando è stato trasmesso63, quali aspetti della comunicazione si ritengono illeciti, copia dell’annuncio in allegato. L’organismo nazionale (o l’EASA nel caso in cui ci si rivolga direttamente ad essa), innanzitutto, valuterà se la denuncia e il relativo messaggio hanno natura transfrontaliera e in seguito invierà la lamentela all’organo appropriato che indagherà sulla base della propria normativa. Esso trasmetterà, in seguito, l’esito della propria indagine all’organismo da cui è partita la segnalazione. Anche se l’autoregolamentazione ha l’appoggio e il sostegno del settore pubblicitario (da cui trae i finanziamenti), non sempre si è d’accordo con le decisioni prese e, se si decide di non rispettarle, è possibile incorrere in serie e gravi sanzioni. Tra queste vi sono la pubblicazione della decisione dell’organo di autodisciplina, l’espulsione dalle associazioni di categoria e il profilarsi del diritto stesso dei mezzi di comunicazione di rifiutare di veicolare messaggi a loro dire illeciti o non rispettosi dei propri regolamenti interni. In rare occasioni, quando ci si trova di fronte a concorrenti sleali, la SRO competente può rimettere tutto nelle mani degli organi giudiziari che hanno il potere di perseguire l’inserzionista. Accade spesso, però, che risulta difficile individuare il responsabile della comunicazione ritenuta illecita, nel qual caso l’EASA invia ai suoi membri, alle agenzie pubblicitarie, alle organizzazioni dei consumatori e alla Commissione Europea un Euro Advertising Alert, ovverosia un fax che contiene menzione del messaggio ingannevole e dei provvedimenti intrapresi. Dal 1992 al 2011 si sono avute oltre 2400 segnalazioni transfrontaliere. Generalmente, i risultati del cross-border complaints system sono pubblicati dall’EASA sul proprio sito ogni tre mesi e inseriti nella relazione annuale sui traguardi raggiunti. Un codice generale "pan-europeo" non esiste, ma da novembre 2009 è attivo un servizio "online one-stop shop" che permette ai professionisti dell’advertising di ottenere una consulenza circa la conformità della propria comunicazione alle regole nazionali esistenti ovvero vigenti negli altri ventuno Stati che appartengono 63 Se l’annuncio pubblicitario ritenuto illecito è apparso su giornali o quotidiani, il consumatore dovrà indicare il nome della rivista, il numero, il periodo in cui è stata diffusa e allegare copia della pubblicità. Nel caso di advertising trasmesso su radio o televisione è necessario indicare il canale, il giorno e l’ora in cui è stato trasmesso. 155 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising al sistema "European Copy Advice/Pre-Clearance Facility"64. Dopo essersi iscritti al servizio online, gli inserzionisti e le agenzie possono presentare una richiesta di consulenza per una o più comunicazioni commerciali agli organismi di autodisciplina di uno dei paesi che appartiene al gruppo. L’esito non è vincolante e dipende dalle diverse culture proprie di ogni nazione. Attualmente usufruiscono di tale servizio Austria, Belgio, Canada, Francia, Germania, Grecia, India, Irlanda, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Regno Unito, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Turchia, Ungheria65. Un copy advice consiste in un "consiglio", un parere, fornito da un organismo di autodisciplina, circa la conformità al codice di una comunicazione commerciale. È disponibile su richiesta degli inserzionisti, degli advertiser, dei media, non è vincolante e contiene anche suggerimenti sul modo in cui modificare il messaggio se ritenuto ingannevole. Ciò permette, a coloro che ne fanno richiesta, di sapere in anteprima se una comunicazione è lecita, evitando così inutili sprechi di tempo e di denaro, nelle ipotesi di lamentele che possono minare la propria brand image. Nel caso di denuncia, l’organo di autodisciplina non è vincolato alla precedente copy advice; d’altronde, il soggetto che ha richiesto il parere preventivo che non ha rispettato, producendo pubblicità illecita, è obbligato a fornire motivazioni convincenti che spieghino il perché del suo comportamento. Il copy advice non corrisponde al pre-clearance, anche se entrambe le procedure hanno luogo prima della diffusione della comunicazione. Il pre-clearance (pre-autorizzazione) corrisponde ad una analisi della comunicazione compiuta da un organismo di autodisciplina prima della sua veicolazione, quale precondizione obbligatoria alla trasmissione stessa. Come il copy advice, l’indagine preliminare riduce il rischio di lamentele, ma non lo esclude. Richiedono tale studio preliminare solo alcune nazioni e solo per alcune specifiche categorie merceologiche: l’Italia per le pubblicità dei farmaci da banco (per tutti i supporti tranne la TV); l’Irlanda per pubblicità di bevande alcoliche; la Francia per tutti gli spot televisivi; i Paesi Bassi per la pubblicità di alcolici (in TV e radio), di medicinali, di trattamenti e prodotti per la salute; il Regno Unito per 64 65 www.ad-advice.org: European Copy Advice/Pre-Clearance Facility. http://european.clearcast.co.uk/. 156 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising tutte le pubblicità televisive e radiofoniche; il Canada per le comunicazioni commerciali destinate ai bambini, per il cibo, per le bevande analcoliche, per i cosmetici, per i farmaci da banco, per i prodotti sanitari; la Nuova Zelanda per i liquori, i medicinali e l’advertising televisivo. 3.4.2 I Common Principles e l’EASA Charter Dal 13 giugno 2002 sono entrati in vigore i "Common Principles" dell’autodisciplina66, una serie di principi operativi standard sui quali i singoli paesi aderenti all’EASA devono basare i propri sistemi di autodisciplina dell’advertising. Il successo dell’autoregolamentazione dipende anche dall’applicazione e dal rispetto di tali regole. Si tratta di otto principi cardine riscontrabili anche nell’autodisciplina pubblicitaria italiana67. 1. I benefici del consumatore: lo scopo di un codice di autoregolamentazione è di mantenere elevati livelli di fiducia dei consumatori nei riguardi dell’istituto della pubblicità, offrendo rapide soluzioni ai loro problemi. Il sistema facilita la tutela del consumer e permette alle aziende di competere tra di loro in condizioni di parità; 2. indipendenza: l’autoregolamentazione deve essere e deve essere considerata imparziale. La credibilità degli organi giudicanti deriva dalla loro terzietà rispetto ai soggetti giudicati; 3. trasparenza e accessibilità: l’accesso al procedimento di gestione dei reclami deve essere facile e senza costi per il consumatore, così come le informazioni concernenti le regole autodisciplinari, i dati dell’attività e gli esiti del procedimento devono essere sempre disponibili; 4. efficacia: l’autodisciplina deve essere rapida, attuale, flessibile ed esercitata senza burocratismi; 5. gestione dei reclami: i reclami devono essere gestiti senza condizionamenti esterni; inoltre, devono essere garantite adeguate sanzioni; 66 http://www.easa-alliance.org/About-SR/Charter-Validation/page.aspx/237: EASA Statement of Common Principles and Operating Standards of Best Practice. 67 Ubertazzi L.C., "Concorrenza sleale e pubblicità", CEDAM, Milano, 2008, p. 100. 157 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising 6. legalità: l’autoregolamentazione deve sempre essere conforme alla legge e, inoltre, è lasciata aperta la via del ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria e garantito lo svolgimento dell’autocontrollo nel rispetto della legge; 7. cooperazione: i sistemi di autoregolamentazione e tutti i membri dell’EASA hanno il dovere di collaborare tra loro al fine di gestire i reclami in modo efficace e trovare un accordo sulle best practice; 8. risorse: i sistemi di autodisciplina devono avere i finanziamenti sufficienti per realizzare i propri obiettivi; gli operatori del settore devono assicurare adeguato sostegno morale e finanziario all’autoregolamentazione dell’advertising. Gli organismi di autodisciplina, inoltre, si impegnano a rispettare anche i Recommended Standards for Operating Best Practice in Self-Regulation. 1. Costituzione e appartenenza: la costituzione e l’appartenenza di tutte le SRO deve essere esaminata regolarmente; 2. termini di riferimento per gli organismi di autodisciplina: a. responsabilità per l’elaborazione e l’attuazione dei codici che contribuirà a mantenere la fiducia dei consumatori; b. responsabilità per la regolazione degli standard pubblicitari; c. promozione dell’autodisciplina pubblicitaria e dimostrazione della sua efficacia nella tutela dei consumatori; 3. fondi e altre risorse: per garantire efficacia e credibilità è necessario che i membri dell’industria pubblicitaria assicurino un adeguato sostegno; 4. codici, il loro sviluppo, la loro revisione: a. i codici di autoregolamentazione si basano sui seguenti principi fondamentali sanciti nel General Code of Advertising Practice of the International Chamber of Commerce (ICC): «Il contenuto delle comunicazioni commerciali deve essere legale, decente, onesto e veritiero, responsabile socialmente e rispettoso delle regole della concorrenza leale»; b. i codici devono essere applicati rigidamente; c. i codici devono riflettere la cultura, la legge e le pratiche commerciali nazionali; 158 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising d. gli organismi di autodisciplina devono garantire che i propri principi siano applicati anche alle comunicazioni commerciali veicolate attraverso i new media; e. le regole dell’autodisciplina devono essere periodicamente riviste alla luce degli sviluppi tecnologici, normativi e sociali; 5. funzionamento del sistema di autoregolamentazione: a. indipendenza: le decisioni adottate dagli organi di autodisciplina devono essere indipendenti e imparziali e ciò dovrebbe riflettersi anche sul modo in cui vengono gestiti i reclami; b. trasparenza: i codici, le norme e le regole di autodisciplina devono essere sempre facilmente accessibili; c. principio del contraddittorio: le parti devono essere messe in grado di esercitare il proprio diritto alla difesa; d. efficacia: i reclami devono essere trattati rapidamente ed efficacemente; l’autodisciplina deve essere rapida, attuale, flessibile ed esercitata senza burocratismi; e. libertà di rappresentanza: le parti di un procedimento autodisciplinare sono libere di farsi assistere e rappresentare da legali e/o da terzi; f. autoregolamentazione e legge: il consumatore può ricorrere all’autorità giudiziaria ordinaria; g. applicazione: le sanzioni devono essere efficaci per prevenire gli illeciti; 6. consultazione con gli stakeholder: gli organismi di autodisciplina devono garantire che tutti gli operatori pubblicitari, così come i consumatori e le istituzioni, siano consapevoli dell’esistenza del sistema stesso, fornendo anche programmi di istruzione e formazione; 7. efficiente cross-border complaints system a tutela dei consumatori: la Segreteria dell’EASA è responsabile del coordinamento del sistema transfrontaliero di gestione dei reclami, collegando gli organismi di autodisciplina competenti per garantire la rapida risoluzione dei problemi, pubblicando anche report periodici sulla questione; 159 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising 8. best practice: i membri dell’EASA devono lavorare in vista della convergenza dei sistemi di autodisciplina; l’EASA deve aiutare i suoi partecipanti a migliorare i sistemi già esistenti ed introdurne di nuovi lì dove ancora non vi sono. Il 25 giugno 2004 l’EASA ha riunito oltre 130 rappresentanti appartenenti a tutti i settori dell’industria pubblicitaria durante il summit sull’autodisciplina. Durante tale vertice, alla presenza dei membri della Commissione Europea, è stata sottoscritta la Self-regulatory Charter. Tale Carta, creata sulla base dell’EASA Statement of Common Principles and Operating Standards of Best Practice e dell’EASA Best Practice Self-Regulatory Model, vincola i firmatari ad un maggiore impegno etico ed economico a supporto dei sistemi di autodisciplina in tutta Europa. Da qui, la necessità di continuare ad incoraggiare la creazione di solidi codici di autodisciplina della comunicazione commerciale. Scopo ultimo di tale carta è di promuovere lo sviluppo di una rete di autoregolamentazione pubblicitaria trasparente, efficiente, indipendente e ben finanziata. Nel testo della Carta si legge che due devono essere i fattori sui quali ergere il sistema di autodisciplina in ciascuno stato: la tradizione, legata alla cultura di ogni paese, ai suoi usi, alle sue leggi; l’"opportunità", intesa come la disponibilità di un rapporto di complementarità con la legislazione nazionale. Nel testo di tale documento si possono leggere i dieci impegni assunti da coloro che lo hanno approvato68: 68 A questi, nel 2009, a seguito dell’EASA Board meeting di Praga e del Executive Commitee meeting, si sono aggiunti ulteriori dieci impegni per migliorare l’intero sistema, che sarebbero dovuti essere raggiunti entro il 2010: 1. Completare l’organizzazione del sistema di autodisciplina della Bulgaria entro la fine del 2009; 2. completare l’organizzazione del sistema di autodisciplina del Lussemburgo entro la fine del 2009; 3. eliminare tutti gli ostacoli che impediscono la creazione di un sistema di autodisciplina a Cipro ed iniziare le sperimentazioni entro aprile 2010; 4. creare una ulteriore SRO in uno dei quattro restanti paesi dell’Unione Europea non ancora associati (Estonia, Lettonia, Malta, Danimarca) o nei paesi candidati (Croazia, Serbia), a partire da aprile 2010; 5. circa l’EASA’s Digital Marketing Communication best Practice: a) assicurarsi che sia discusso e adottato nell’80% dei programmi operativi di autoregolamentazione di tutta Europa da aprile 2010; b) ulteriori indicazioni vengono fornite in riferimento ai settori incaricati della gestione dei chiarimenti e alla sua applicazione entro la fine del 2009; c) da aprile 2010 sarà identificato il finanziamento supplementare necessario alle SRO per estendere il proprio mandato; 6. rendere compatibile il Giurì con quanto disposto con le EASA Recommended Best Practice, secondo cui i membri devono essere indipendenti (il 60% entro aprile 2010); 7. consultazione sui codici (non vincolante) con i soggetti interessati appartenenti al settore pubblicitario (60% del target entro aprile 2010); 8. espandere le capacità delle SRO affinché effettuino un lavoro di monitoraggio nazionale, ideando un modello funzionale e conveniente di best practice, a partire da 160 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising 1. Considerazione, all’interno dei codici di autodisciplina nazionale, di tutti i formati pubblicitari e dei professionisti coinvolti; 2. finanziamenti adeguati a sostegno dell’advertising, sostenuti dall’industria pubblicitaria; 3. codici esaustivi ed efficienti disciplinanti ogni pratica pubblicitaria e redatti sulla base del Code of Marketing and Advertising Practice adottato dalla Camera di Commercio Internazionale; 4. ampia consultazione delle parti interessate durante la stesura del codice; 5. coinvolgimento di esperti indipendenti e non appartenenti ad organizzazioni governative durante il processo di gestione dei reclami; 6. gestione efficiente del codice e del sistema dei reclami operata dagli organi di autodisciplina competenti, che garantiscono un lavoro imparziale ed indipendente; 7. trattamento dei reclami rapido ed efficiente senza alcun costo a carico del consumatore; 8. fornitura di consulenza e possibilità di formazione per gli operatori del settore, in modo tale da elevare gli standard qualitativi del sistema stesso; 9. sanzioni efficaci; 10. conoscenza reale del sistema di autodisciplina da parte dell’industria e dei consumatori. Dopo la firma di tale Carta, l’EASA ha lanciato il Get-Fit Programme69 con l’obiettivo di migliorare gli attuali sistemi di autodisciplina, attraverso l’introduzione di best practice e l’estensione dell’autoregolamentazione anche a nuovi stati. Questi impegni sono stati presentati nel 2005 alla Commissione Europea attraverso un White paper con l’impegno a riferire in merito nel 2007. In tale anno è emerso che, anche se non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti, sono stati fatti, e continuano ad essere compiuti, grandi progressi. aprile 2010; 9. creare un progetto operativo pilota per facilitare le numerose richieste di copy advice nei paesi europei da aprile 2010; 10. garantire, entro aprile 2010, la stesura di un progetto pilota di educazione all’etica in pubblicità da svolgere nelle università. 69 http://www.easa-alliance.org/About-SR/Charter-Validation/page.aspx/237#principles. 161 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising 3.4.3 I Position Papers, le Best Practice Recommendations, le pubblicazioni EASA e l’Education Programme Nel corso degli anni l’Alleanza Europea per l’Etica in Pubblicità ha pubblicato numerosi documenti che hanno espresso la posizione dell’organizzazione su questioni rilevanti in campo pubblicitario. Tali position papers assumono una importanza notevole se si tiene in considerazione il ruolo di guida che l’Alleanza tenta di assumere per i paesi che rientrano nel gruppo stesso e per quelli che ne faranno parte e, dunque, rappresentano delle informazioni preziose per tutti coloro che, a titolo diverso e in modi differenti, lavorano per e all’advertising. Nell’ottobre 2008 è stato redatto il documento Digital Marketing Communications (aggiornato nel dicembre 2010), uno scritto sulle best practice in ambito interattivo e digitale, che offre consulenza e supporto alle SRO appartenenti all’EASA e agli esponenti del settore sull’applicazione dell’autodisciplina alle Digital Marketing Communications (DMC). Tale documento70 costituisce il risultato delle intense discussioni che l’EASA ha tenuto con i media, le agenzie, gli inserzionisti e gli organismi di autodisciplina nazionali dal 2007, dopo aver creato una apposita piattaforma di discussione all’interno del Communications Comitato Taskforce. Media Esso EASA, illustra chiamata il Digital pensiero Marketing dell’Alleanza sull’applicazione dell’autoregolamentazione nello spazio digitale, sviluppando, a tal fine, una serie di raccomandazioni (best practice) sulla base dei principi elaborati dalla Camera di Commercio Internazionale e il relativo Testo Unico sull’Advertising and Marketing Communication Practice71. Tali "buone condotte" 70 www.easa-alliance.org/page.aspx/97: Digital Marketing Communications Best Practice (2008). A seguito dell’accorpamento, avvenuto nel 2006, dei precedenti orientamenti sulle ICC Guidelines on Advertising and Marketing Communication using electronic media and telephone (2004), confluite nell’ICC Consolidated Code of Advertising and Marketing Communication Practice, sono state fornite linee guida ai marketer, aggiuntesi ai principi generali già enunciati inerenti alla legalità, decenza, onestà e veridicità delle comunicazioni commerciali rispettose dei principi di concorrenza leale. Il Testo Unico, dopo aver ribadito l’importanza di comunicazioni trasparenti, facilmente distinguibili da altre forme di informazione, riguardose della privacy individuale e della dignità di ogni persona, specie dei bambini e degli adolescenti, circa l’eadvertising afferma che, anche in questo caso, le comunicazioni elettroniche diffuse a scopo commerciale devono essere chiaramente identificabili; tali comunicazioni non devono assolutamente interferire con le altre attività che uno user può svolgere online; nel caso di unsolicited messages, bisogna garantire la tutela degli interessi dei consumatori; va rispettata la dignità della persona; la responsabilità legata alla diffusione di comunicazioni commerciali deve 71 162 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising confermano l’impegno dell’industria pubblicitaria europea nel voler estendere l’autoregolamentazione anche all’e-advertising, riconoscendo la natura "globale" dei media digitali e la necessità di sviluppare una disciplina uniforme e coordinata attraverso l’appartenenza all’EASA anche per i media digitali. Le EASA Best Practice Recommendations (BPR) offrono un sostegno e tanti utili consigli agli organismi nazionali di autodisciplina e a tutti gli appartenenti al settore. Tali BPR svolgono una funzione di stimolo e, contemporaneamente, di assistenza per tutti coloro che discutono dell’applicazione dell’autoregolamentazione, potendo seguire, in tal modo, proprio il modello fornito dalle Best Practice EASA72. «This Best Practice Recommendation offers advice and support to EASA’s national SRO and industry members on the application of self-regulation (SR) to Digital Marketing Communications (DMCs). More specifically it explains in what ways SROs can extend the remit of their advertising codes, if they have not already done so, to include DMCs. The text of a BPR is commonly agreed upon by the advertising industry and SROs at European level. This enables each country to adopt the approach best suited to local circumstances, based on the principles outlined in the BPR, thus helping to ensure consistency of remit and application throughout Europe»73. È chiaro che le BPR non sono vincolanti; piuttosto sono sviluppate tenendo conto delle esigenze sia delle SRO che dell’industria pubblicitaria in generale. In questo modo ciascun paese può adottare l’approccio maggiormente adatto alle esigenze locali sulla base dei principi unici e comuni enunciati nelle BPR, contribuendo in tal modo a garantire la coerenza alle prescrizioni e l’applicazione in tutta Europa. essere commisurata al ruolo di ciascun partecipante in tale processo. L’EASA ha contribuito alla stesura di tali linee guida e ha, inoltre, redatto e pubblicato, nell’ottobre 2008, le best practice che gli organismi di autoregolamentazione devono adottare in ambito digitale. Quando furono pubblicate, solo otto dei venti paesi con un’autorità di autodisciplina avevano approfondito l’interessante e attuale tematica delle comunicazioni commerciali online. Dopo due anni questo numero si è esteso a diciannove su ventidue. 72 Per la consultazione del testo dell’EASA Best Practice Model si rimanda all’appendice A.4. 73 www.easa-alliance.org/page.aspx/97: "Digital Marketing Communications Best Practice", 2008. 163 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising Tutte le raccomandazioni EASA si basano sui Common Principles and Operating Standards of Best Practice e il Best Practice Self-Regulation Model. Nel 2005 la DG SANCO (Health and Consumer Protection) ha organizzato la EU Advertising Round Table da cui è emersa la necessità di applicare i criteri dell’autoregolamentazione, già sperimentati sui media tradizionali, anche ai new media. Secondo tale gruppo, non c’è bisogno di un nuovo codice, quanto piuttosto di estendere i principi e le regole già esistenti, integrandoli con le linee guida sulla loro applicazione, specifiche dei mezzi di comunicazione digitali. Nonostante sia evidente che tali media comunque presentano peculiarità nuove e diverse e che il loro sviluppo segue, nei vari paesi, percorsi differenti, anche in linea con le politiche e le culture vigenti, l’EASA crede nell’importanza di una collaborazione tra tutti i membri per garantire elevati standard alla Digital Marketing Communication (come dimostra, a titolo esemplificativo, la presenza del crossborder complaints system) nell’ottica dell’unity through diversity. Il settore dell’advertising si è impegnato a raggiungere gli scopi di un’autoregolamentazione comune attraverso la firma dell’EASA’s Advertising Self-Regulation Charter, che sancisce l’impegno dell’Alleanza per il corretto funzionamento degli organi di autodisciplina nazionali. Tale Carta contiene dieci principi fondamentali per le comunicazioni commerciali. I più rilevanti per il marketing digitale consistono nella necessaria considerazione, all’interno di ciascun sistema di autodisciplina, di tutti i formati pubblicitari veicolabili, e nella stesura di codici completi ed efficaci. Innanzitutto, nell’elaborare le BPR sulle comunicazioni digitali, l’EASA ha considerato tutte le varie tecniche utilizzabili sui mezzi digitali, analizzando anche il viral marketing, il social media marketing, il mobile marketing. È stata, tuttavia, riconosciuta la continua e veloce evoluzione di queste marketing communications74, per cui si è riconosciuto che ogni indagine non può che rivelarsi un freeze-frame, un fermo immagine, del momento. 74 All’interno del documento in discussione è contenuta una definizione di "marketing communication", estrapolata dal Consolidated ICC Code of Advertising and Marketing Communication Practice (agosto 2006) secondo cui «A "marketing communication" is an advertisement or other technique such as a promotion, sponsorship or direct marketing. The term should be interpreted broadly to mean any form of communication produced directly by or on behalf of marketers intended primarily to promote products or to influence consumer behaviour. 164 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising Rientrano sotto il controllo delle SRO tutte le forme di comunicazione commerciale digitale, ovverosia la display advertising, la text advertising, la paid search, l’advertising contenuto nei giochi, su CD o DVD, l’email advertising, le comunicazioni commerciali inviate tramite SMS o MMS. Inoltre, sono considerati anche gli user generated content, i contenuti prodotti direttamente dagli utenti e successivamente immessi in Rete (ad esempio un video su Youtube, una recensione su Wikipedia) che possono essere fonte di diffusione di comunicazione commerciale ma che, tuttavia, destano molte perplessità, circa la loro origine. Questi sono da considerare DMC e, conseguentemente, rientranti nell’ambito di regolamentazione delle SRO, nei casi in cui i marketer, coloro che diffondono comunicazioni commerciali sui propri prodotti o servizi, creano o distribuiscono UGC o materiale virale, ovvero approvano gli UGC creati da terzi. In tali ipotesi responsabili di quanto diffuso sono proprio i marketer, e nel caso di violazioni dei codici di autodisciplina, l’inserzionista deve adottare tutte le misure necessarie atte a rimuovere l’illecito. I contenuti di un sito che costituiscono e-advertising sono i claim (sia scritti, che i jingle o i video) relativi a prodotti o servizi non contenuti in report aziendali, elaborati editoriali; gli UGC prodotti o approvati dai marketer; le pratiche commerciali riferite alle comunicazioni di marketing, oggetto della disciplina delle pratiche commerciali sleali; le comunicazioni a carattere pubblicitario precedentemente apparse su altre piattaforme multimediali. Non costituiscono marketing communication e, dunque, esulano dal campo di applicazione delle norme in questione i contenuti editoriali, i report d’azienda, i blog, i contenuti che costituiscono il prodotto stesso, gli UGC o il viral marketing generati da terzi e non distribuiti o approvati dai marketer. Inoltre, all’interno dello stesso documento, l’EASA si è occupata anche della privacy e della protezione dei dati personali. Il Codice emanato dalla Camera di Commercio Internazionale già prescrive che i marketer, nello svolgere il loro lavoro e nel raccogliere dati sui consumatori, debbano rispettare la privacy di ciascun individuo, ed è chiaro che tale previsione vada estesa anche alle digital This includes content under the influence or control of marketers that is intended primarily to promote products or to influence consumer behaviour, irrespective of its creative origin» (www.easa-alliance.org/page.aspx/97"Digital Marketing Communications Best Practice", 2008). 165 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising marketing communications. Spesso le SRO sono le uniche a garantire il rispetto di tali regole legate al contenuto delle comunicazioni commerciali, anche se si sono sviluppate comunque iniziative in tal senso. È ciò che è accaduto, exempli gratia, con la FEDMA (Federation of European Direct and Interactive Marketing) che ha concordato, con le Autorità di Protezione dei dati personali di ciascun Stato membro, un codice sulle pratiche per l’uso dei dati personali in Europa. Da un punto di vista operativo sarebbe auspicabile che, per raggiungere gli obiettivi dell’EASA inerenti alla comunicazione digitale, gli organismi di autodisciplina nazionale si facessero affiancare, nel loro lavoro, dagli operatori dei media digitali. «Any policy can be implemented properly only if all the parties involved are in general agreement about the steps to be taken and committed to providing the necessary support and resources»75. Risulta essenziale, affinché i consumatori stessi denuncino eventuali problemi o illeciti, che le autorità competenti siano sempre facilmente raggiungibili online e ciò anche grazie a campagne promozionali, un buon posizionamento sui motori di ricerca, un efficiente sito che offra tutte le informazioni necessarie e un sistema di segnalazione delle lamentele collegato ad altri siti sulla materia. Le SRO dispongono anche dei mezzi sanzionatori per punire gli illeciti. Esse possono pubblicare la decisione dell’organo di autodisciplina, creando in questo modo "pubblicità negativa" (naming & shaming), interrompere l’attività dell’azienda incriminata per periodi stabiliti, incoraggiare i media ad avvalersi della facoltà di non diffondere comunicazioni commerciali non ritenute in linea con i propri principi (il cosiddetto "diritto di rifiuto"). Nel caso in cui tale intervento non risulti adeguato, le SRO possono rimettere tutto nelle mani delle autorità statuali competenti (come accade in caso di concorrenza sleale). Anche se le decisioni prese dagli organi autodisciplinari non hanno forza di legge, se vi è un procedimento giudiziario successivo a quanto disposto dalla SRO competente, molto probabilmente sarà preso comunque in considerazione tale provvedimento. 75 www.easa-alliance.org/page.aspx/97: "Digital Marketing Communications Best Practice", 2008. 166 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising Ciò risulta valido per l’advertising veicolato su media tradizionali quanto sui media digitali. Inoltre, l’EASA ha prodotto ulteriori Best Practice Recommendations relative alla copy advice, alla pubblicazione delle decisioni, alle richieste di risarcimento, alla riservatezza dell’identità del denunciante, alla composizione del Giurì, alla gestione dei reclami, al monitoraggio dell’advertising, alla stesura del Codice, al finanziamento delle SRO, alle comunicazioni delle SRO, alla pubblicità online e il relativo comportamento da adottare76. L’EASA pubblica periodicamente riviste, report e statistiche che tengono aggiornati i membri dell’alleanza stessa e tutti i cultori della materia. Innanzitutto, vi è l’EASA Blue Book, giunto alla sua sesta edizione, pubblicato ogni tre anni e che costituisce una guida sull’autoregolamentazione in pubblicità fornendo una panoramica esaustiva su quanto accade in Europa in tale settore. Prestando attenzione ai professionisti pubblicitari, offre informazioni utili e preziose ai responsabili politici, ai consulenti, ai ricercatori, agli accademici ma anche ai neofiti e a questi ultimi garantisce una visione d’insieme sul modo in cui l’advertising è regolato in Europa. In esso, dunque, è possibile trovare un resoconto dettagliato sui sistemi di autodisciplina, ma anche una valutazione sulle attuali questioni chiave inerenti al settore pubblicitario, statistiche sui reclami sia nazionali che transfrontalieri, una checklist per le agenzie con consigli pratici riguardanti il modo in cui garantire il rispetto dei codici sulla pubblicità, l’analisi dettagliata di tutte le legislazioni UE in materia di advertising, comunicazione e marketing. L’EASA Blue Book è stato definito come «essential regarding for communications agencies» e «clear guide for advertising practitioners»77. È stato poi pubblicato il Compliance Monitoring Reports (2010), rapporto sul monitoraggio delle pubblicità di prodotti alimentari e bevande analcoliche sui siti web, dati forniti dagli organi di autodisciplina degli otto paesi selezionati (Austria, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Svezia e Ungheria), per un totale di 352 siti web analizzati. Di questi, 309 non sono stati soggetti ad ulteriori controlli, 2 violavano in alcune parti i codici, 37 avrebbero dovuto fornire ulteriori 76 77 Consultabili all’indirizzo http://www.easa-alliance.org/page.aspx/310#1. http://www.easa-alliance.org/page.aspx/266. 167 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising informazioni, gli altri 4 non rispettavano disposizioni particolari proprie del paese di appartenenza (in quel caso i Paesi Bassi). Sono state pubblicate, ancora a cura dell’EASA, quattro guide sull’autodisciplina: "Advertising self-regulation: The Essentials – A Layman’s guide to selfregulation", "International guide to developing a self-regulatory organization. Practical advice on setting up and consolidating an advertising self-regulatory system", "Advertising self-regulation: The Guide on how to set up an SRO", "What self-regulatory advertising standards ensure". Inoltre, l’EASA annualmente pubblica le statistiche relative alle lamentele giunte agli organi di autodisciplina sia in ambito europeo che non, e l’EASA Annual Review, sulle attività dell’autoregolamentazione. e i nuovi traguardi raggiunti nell’ambito D’altronde, mensilmente è attivo il sistema di newsletter "Focus" con tutte le notizie relative all’autodisciplina. L’EASA Education (EDU) Programme "Ethics and Advertising Standards for Professionals in the Digital Age" (The 3E Model, Easa, Ethics and Education), il cui ultimo aggiornamento risale ad aprile 2011, redatto a seguito del meeting EDU AG tenutosi a Vienna l’8 aprile 2011, rappresenta il tentativo di tradurre la creatività tipica di ogni realizzazione pubblicitaria in advertising legale, decente, onesto e veritiero, in grado di sviluppare fiducia nei consumatori e credibilità del brand. Lo scopo del 3E Model è di diffondere l’etica in pubblicità, anche nel campo delle comunicazioni sui media digitali, e formare professionisti attuali e futuri responsabili. Esso è stato concepito per essere messo a disposizione degli studenti di marketing, media, giornalismo, diritto e comunicazione e degli istituti di formazione attivi nel campo dell’advertising, allo scopo di formare persone in grado di realizzare pubblicità lecita, consapevoli che un comportamento coscienzioso migliora la brand reputation, mentre comunicazioni commerciali illecite portano alla disaffezione del target. L’Education programme dovrebbe svilupparsi in due fasi: inerentemente alla prima, il "3E Project", l’EASA ha creato il 3E Modul Paradigm, articolato in 10 lezioni, così come stabilito dal Gruppo d’Azione Istruzione (EDU AG) a Vienna che, mostrando particolare attenzione ai media digitali, affronta argomenti quali la necessità di elevati standard nell’advertising; i codici, gli strumenti e le tecnologie da adottare; il 168 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising modo in cui lavora il settore pubblicitario; le politiche e le procedure da implementare nel futuro. La seconda fase, "The database", consiste nella consultazione di un’ampia bibliografia che fornisca una panoramica sulle iniziative a scopo educativo che considerano i problemi relativi agli standard pubblicitari da applicare in Europa e nel mondo. «Stimulating improved thinking builds the ethical base for responsible advertising and future business growth»78. Per sviluppare senso di appartenenza e incentivare l’impegno nei diversi Stati, l’EASA, infine, organizza anche i "Roadshows", programmi di conferenze "itineranti" allo scopo di coinvolgere maggiormente l’intera Europa sulla tematica di cui è promotrice. 3.5 Guidelines on Interactive Marketing Communication Alla base dell’autodisciplina di tutta Europa vi è l’ICC Consolidated Code of advertising and Marketing Communication Practice, che promuove, attraverso i suoi principi, elevati standard etici nel marketing e nell’ambito della comunicazione. La Camera di Commercio Internazionale rappresenta la voce del mondo imprenditoriale79 e fonda il proprio lavoro sulla convinzione che la liberalizzazione degli scambi e degli investimenti sia determinante per la crescita globale dell’economia in condizioni di stabilità e di pace80. Ad essa appartengono migliaia di aziende di ogni dimensione in oltre 120 paesi in tutto il mondo. Nel 1996, la Camera di Commercio Internazionale ha pubblicato la prima edizione delle ICC Guidelines on Marketing and Advertising using Electronic Media, poi riviste nel 1998 e la cui ultima modifica risale al dicembre 2004, redatte dalla Commissione Marketing e Pubblicità, allo scopo di fornire principi di 78 www.easa-alliance.org/About-EASA/EASA-projects/Educations-programme/page.aspx/372: Pober A., Direttore dell’EASA Education Programme. 79 http://www.iccwbo.org/id93/index.html. 80 http://www.cciitalia.org/presentazione.htm. 169 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising marketing e advertising attraverso Internet, servizi online, reti di comunicazione elettronica, incluso il telefono. Esse sono redatte sulla base dell’ICC International Code of Advertising Practice e l’ICC International Code of Direct marketing, ad esse complementari, e fissano gli standard che i professionisti del settore (inserzionisti, pubblicitari, agenzie, media) devono rispettare. A seguito dell’accorpamento, avvenuto nel 2006, dei precedenti orientamenti sulle ICC Guidelines on Advertising and Marketing Communication using electronic media and telephone (2004), esse sono confluite nell’ICC Consolidated Code of Advertising and Marketing Communication Practice81. Tali guidelines, conformandosi alla ormai consolidata politica della CCI, sono volte a promuovere elevati standard etici nel marketing anche attraverso il sistema dell’autodisciplina. Esse sono state progettate principalmente quale base del sistema di autoregolamentazione ma possono anche essere utilizzate dai giudici come documento di riferimento nell’applicazione delle leggi. Consapevoli di quanto la comunicazione si stia evolvendo in relazione all’avvento di nuove tecnologie, la CCI consiglia l’adozione di tali Linee guida per rafforzare la fiducia dei consumatori nell’advertising realizzato mediante mezzi di comunicazione elettronici (cui si applicano tali guidelines); per garantire elevati livelli di privacy ad ogni individuo; per assicurare libertà di espressione agli inserzionisti e ai pubblicitari; per ridurre al minimo l’intervento della legislazione governativa. È l’art. 1 ("Basic Principles") delle Guidelines che sancisce che le comunicazioni commerciali devono essere legali, decenti, oneste e veritiere ed è l’art. 4 ("Identification") che sostiene che, nei casi in cui le comunicazioni elettroniche perseguano scopi commerciali, questi dovrebbero sempre risultare evidenti nell’oggetto e nel contesto. La natura commerciale non deve essere oscurata e il campo contenente l’identificazione del mittente (nelle e-mail) non deve trarre in inganno. Ogni comunicazione deve, in ogni caso, risultare chiara e trasparente e l’art. 5 ("Clarity") dispone che qualsiasi fattore suscettibile di influenzare le decisioni del consumatore, come ad esempio il prezzo di un determinato bene ovvero le altre condizioni di vendita, deve essere comunicato con modalità tali da essere riconosciute dal consumatore prima che egli accetti l’offerta o qualsiasi 81 http://www.easa-alliance.org/page.aspx/97. 170 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising altro impegno. Inoltre, ex art. 7 ("Respect for public group"), gli advertiser devono rispettare i termini e le condizioni di ciascun mezzo di comunicazione elettronico (ad esempio dei newsgroup, dei forum). All’interno delle guidelines, all’art. 8 ("Data and privacy rules") è ribadita l’obbligatorietà del rispetto della privacy individuale, anche nei paesi in cui non esistono leggi in materia, in qual caso saranno attuati i principi elaborati nell’ICC Privacy Toolkit. I pubblicitari devono sempre fornire una esplicita dichiarazione della raccolta dati, rendendo disponibile, ad esempio, un link di collegamento alla privacy policy adottata, così come i consumatori devono in ogni caso essere in grado di accettare, rifiutare o cancellare tali metodi di raccolta di dati in base alle proprie preferenze circa le impostazioni di privacy o, comunque, essere a conoscenza di tali opzioni. Inoltre, l’art. 9 ("Unsolicited messages") afferma che i pubblicitari che inviano messaggi di posta non richiesti a scopo commerciale, dovrebbero avere fondati motivi per ritenere che i consumatori che ricevono tali messaggi siano interessati a tali comunicazioni, e ciascuna e-mail deve sempre contenere meccanismi che permettano allo user di dichiarare di non voler ricevere sollecitazioni future. Bisogna, in ogni caso, rispettare le scelte e le preferenze del consumatore (ai sensi dell’art. 10, "Honouring consumer preferences"). L’art. 12 delle linee guida, riconoscendo il carattere "globale" delle comunicazioni trasmesse tramite internet e la varietà e la diversità dei pubblici destinatari, sancisce che i messaggi pubblicitari non dovrebbero arrecare offesa ai consumer o essere in contrasto con i principi generali di responsabilità sociale, e dovrebbe sempre essere identificato chiaramente il materiale destinato solo agli adulti82. L’art. 13 definisce le responsabilità: tutte le comunicazioni commerciali veicolate tramite media elettronici devono rispettare tali linee guida. La responsabilità è condivisa tra le parti coinvolte in maniera proporzionale al ruolo da essi svolto nel processo. Le parti interessate sono invitate ad includere nei propri contratti relativi al marketing e all’e-advertising, informazioni sul loro impegno ad aderire al sistema di autodisciplina e a rispettare gli organi di controllo competenti. 82 Ricordiamo che l’art. 11, "Advertising to children", disciplina le comunicazioni destinate ai bambini, le quali devono evitare di sfruttare la loro maggiore vulnerabilità e mancanza di esperienza. 171 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising 3.6 Conclusioni Gli organi di autodisciplina nazionali rappresentano dei watchdog83, dei cani da guardia, che vigilano sulla corretta applicazione del Codice, affinché nessuno ne violi le norme, tentando di assicurare sempre e comunque la tutela del consumatore e il rispetto della sua dignità. Come già evidenziato, non esiste un codice di autoregolamentazione o una legge "pan-europea", che inglobi le singole autodiscipline nazionali e fornisca una regola unica da applicare universalmente al settore dell’e-advertising. Il tentativo di giungere ad un’armonizzazione in tale ambito è evidente, attraverso il lavoro svolto dall’EASA, ma il cammino da percorrere è ancora lungo. Nonostante ciò, quanto compiuto dall’Alleanza, anche attraverso il cross-border complaints system, sembra l’unica soluzione attualmente esistente alla gestione dei reclami transfrontalieri, così da arrivare a punire gli illeciti compiuti attraverso la rete Internet perfino nel caso di comunicazioni che, oltrepassando i confini geografici nazionali "canonici", giungono in paesi stranieri in cui il potere degli organismi competenti non potrebbe, invece, essere esercitato. In Internet sono diffuse anche le cosiddette netiquette, regole di buon comportamento, accolte tra gli utenti dei servizi telematici. Il termine nasce dalla sincrasi del vocabolo inglese "net", rete, con il francese "étiquette", buona educazione: si tratta di principi che disciplinano il comportamento degli user in rete quando utilizzano i newsgroup, l’e-mail, i forum, i blog. Naturalmente, il provider, che fornisce l’accesso alla rete, può pretendere anche il rispetto di regole più rigide ma, in ogni caso, esse non sono vincolanti e possono anche essere violate. Una sorta di galateo che prescrive, tra l’altro, anche di non inviare tramite posta elettronica messaggi pubblicitari o comunicazioni che non siano state sollecitate in modo esplicito. Internet ha aperto agli advertiser e alle aziende inserzioniste le porte di un mondo dorato, dalle infinite possibilità comunicative. È necessario, tuttavia, saper gestire tale enorme potere. Il capitolo IV conclude l’analisi della disciplina relativa alle comunicazioni commerciali online con un’indagine condotta direttamente sul campo. Attraverso 83 http://www.easa-alliance.org/For-consumers/What-is-an-SRO-/page.aspx/323. 172 3. La normativa applicabile alle comunicazioni commerciali online: le disposizioni "specifiche" riferibili ad Internet e all’e-advertising una dettagliata analisi dei recenti interventi di Giurì e Comitato di Controllo, EASA e AGCM si cercherà di comprendere come gli organi di controllo si muovano in tale realtà, anche quando, come nel caso dell’e-advertising mancano regole univoche e precise. Un attento studio della normativa esistente sull’advertising e le comunicazioni commerciali online non può prescindere dalla discussione circa i problemi con i quali gli organismi competenti sono quotidianamente costretti a confrontarsi. 173 CAPITOLO IV Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Sommario: 4.1 Introduzione – 4.2 E-advertising: gli interventi e le disposizioni in merito – 4.2.1 Le Decisioni del Giurì e del Comitato di Controllo – 4.2.2 Gli Interventi dell’EASA – 4.2.3 I provvedimenti dell’AGCM – 4.3 Conclusioni. 4.1 Introduzione «1) All marketing communication should be prepared with a due sense of social and professional responsibility and should conform to the principles of fair competition, as generally accepted in business […]. 2) Marketing communication should not contain statements or audio or visual treatments which offend standards of decency currently prevailing in the country and culture concerned»1. I due articoli del Consolidated Code of Advertising and Marketing Communications Practice della Camera di Commercio Internazionale riassumono brevemente e lapidariamente il fondamento su cui dovrebbe poggiarsi il lavoro di ogni advertiser. Essi già rappresentano il punto di partenza fondamentale di ogni regola che disciplina il diritto della pubblicità ed è ciò verso cui si tende anche attraverso il ricorso a sistemi di gestione delle lamentele: far sì che il mondo dell’advertising sia scevro da inganni e illeciti cosicché i suoi operatori possano tenere fede a quel patto implicito che quotidianamente i consumatori sottoscrivono con le imprese, riponendo fiducia nei consigli per gli acquisti dispensati da pubblicitari e inserzionisti. D’altronde il consumatore non è stolto e sa bene che le aziende nelle loro comunicazioni sono per nulla disinteressati, per cui non fruisce passivamente gli annunci che gli vengono proposti, ma è critico e pronto a segnalare ogni messaggio che risulti offensivo, ingannatore, lesivo dei 1 Art. 1 e 2 dell’ICC Consolidated Code of Advertising and Marketing Communications Practice. 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising propri interessi o della propria dignità. Gli organi preposti al controllo del rispetto delle norme esistenti nel campo dell’advertising possono agire su propria iniziativa ma anche a seguito delle segnalazioni di consumatori o delle loro associazioni, ovvero di imprese concorrenti. Nel giudicare le comunicazioni presunte scorrette, andrà preso in considerazione ogni aspetto del contesto relativo alla diffusione della comunicazione commerciale, quali il target di riferimento, i consumatori che potrebbero in ogni caso visualizzarlo, il medium scelto, lo spazio (reale o virtuale) in cui esso è inserito. Un messaggio ritenuto offensivo se posto in una strada pubblica e molto trafficata, può non esserlo se inserito in una rivista specializzata destinata ad un pubblico determinato e ristretto. Attualmente una parte sostanziale della nostra società e del nostro mondo poggia sulla comunicazione, soprattutto di natura commerciale, ed è necessario che accanto al diritto alla libertà di pensiero e di parola di ciascuno venga altresì difesa la dignità della persona. Inerentemente al settore pubblicitario, benché attualmente esistano norme che possano disciplinarlo, siano essi codici di autoregolamentazione o leggi e decreti nazionali, va comunque compiuto un costante tentativo di mantenere aggiornate tali regole in relazione alla veloce evoluzione sociale e tecnologica cui assistiamo quotidianamente, e sostenuto un grande sforzo affinché risultino sempre adeguate alle peculiarità che caratterizzano i diversi mezzi di comunicazione. Nel prosieguo della trattazione si cercherà di capire se gli organi incaricati della tutela dell’istituto dell’advertising, dei consumatori e della concorrenza leale svolgano adeguatamente il proprio dovere, in che modo essi lavorano e quali sono le difficoltà che essi incontrano, soprattutto in relazione ad internet e alle comunicazioni commerciali online. Si procederà, dunque, con un’analisi delle decisioni assunte dal Comitato di Controllo e dal Giurì, degli interventi dell’EASA e dei provvedimenti dell’AGCM. Dopo aver, infatti, illustrato le norme generali e specifiche che disciplinano il campo dell’advertising e, nel dettaglio, di Internet e della pubblicità online è necessario capire qual è la realtà con la quale si è costretti a confrontarsi e se la guerra tra advertiser, inserzionisti e competitor vari possa risolversi in una pacifica convivenza, ancora una volta, nel rispetto del consumatore, giudice 175 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising attento, severo e imprescindibile, che può decretare, attraverso il proprio comportamento d’acquisto e le proprie scelte, vita e morte delle aziende che tanto si affannano per stupirlo, sedurlo, conquistarlo. 4.2 E-advertising: gli interventi e le disposizioni in merito Il Giurì e il Comitato di Controllo sono gli organi competenti in sede di attuazione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale2. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, meglio nota come Antitrust, garantisce il rispetto delle regole che vietano le intese anticoncorrenziali tra imprese, gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni in grado di creare o rafforzare posizioni dominanti dannose per la concorrenza, con l’obiettivo di migliorare il benessere dei cittadini, e dal 2007 è impegnata anche nella lotta alle pratiche commerciali scorrette, alla pubblicità ingannevole e comparativa illecita3. L’EASA, l’European Advertising Standards Alliance, riunendo gli organismi di autodisciplina nazionali e i rappresentanti del settore pubblicitario, promuove elevati standard etici nel campo delle comunicazioni commerciali risolvendo i problemi che potrebbero da tale mondo scaturire, attraverso la cooperazione tra gli stati e l’autoregolamentazione, tentando di giungere all’emanazione di un codice paneuropeo4. Quattro organi al servizio dei consumatori e delle imprese. Di seguito si prenderanno in considerazione le più recenti decisioni da essi assunte per meglio indagare l’e-advertising system. Si procederà, dunque, con l’analisi degli interventi relativi al biennio 2010-2011, scelta effettuata secondo il criterio della vicinanza temporale dei provvedimenti adottati e ci si soffermerà, nello specifico, sulle decisioni concernenti le comunicazioni diffuse in Rete. Se è vero che Internet, quale mezzo di comunicazione, presenta caratteristiche proprie, peculiari, particolari, è necessario dunque capire, innanzitutto, se effettivamente ci sia uno sviluppo di tale medium, ma soprattutto, partendo dal basso, dalla realtà, dalle lamentele e dalle segnalazioni di chi fruisce tali comunicazioni, comprendere 2 Per un’analisi dettagliata del Codice e degli organi competenti si rinvia al paragrafo 2.2. Per un’approfondita analisi dei compiti dell’AGCM si rinvia ai paragrafi 2.3 e 2.4. 4 Per un’analisi del lavoro e degli interventi dell’EASA si rinvia al paragrafo 3.4. 3 176 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising come muoversi in questo mondo virtuale per sfruttare ogni opportunità e risolvere tutti i problemi, anche di diritto, che esso porta con sé e che inevitabilmente si riverberano sull’intero settore dell’advertising. 4.2.1 Le Decisioni del Giurì e del Comitato di Controllo Il Giurì e il Comitato di Controllo, come già ampiamente illustrato, sono gli organi competenti in sede di attuazione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale. Sono loro che hanno il compito di intervenire nel merito delle controversie insorte per presunta violazione del Codice. Il Giurì è l’organo collegiale giudicante l’Autodisciplina, deputato a pronunciarsi sul caso concreto o su richiesta del Comitato di Controllo ovvero di chiunque ne abbia interesse; il Comitato è l’organo garante degli interessi generali dei consumatori. L’iniziativa nei riguardi di comunicazioni commerciali ritenute non conformi al Codice può essere assunta d’ufficio dallo stesso Comitato o dai singoli consumatori ovvero da associazioni rappresentative di interessi collettivi. Per segnalare una presunta violazione del Codice è sufficiente inviare una e-mail alla casella di posta elettronica dell’Istituto di Autodisciplina. L’intero procedimento e le attività del Comitato di Controllo sono chiariti grazie alla figura 4.1. Chiunque ritenga di subire pregiudizio da un’attività di comunicazione commerciale contraria al Codice può richiedere l’intervento del Giurì nei confronti di chi, avendo accettato il Codice stesso, abbia compiuto le attività ritenute illecite. La parte interessata deve presentare una istanza scritta indicando la comunicazione commerciale che intende sottoporre al vaglio del Giurì, esponendo le proprie ragioni e allegando la relativa documentazione. Il procedimento è illustrato nella figura 4.25. 5 Sia il procedimento innanzi al Comitato di Controllo che al Giurì sono illustrati nel paragrafo 2.2 cui si rimanda. 177 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Segnalazione da parte di - singoli-cittadini consumatori - organizzazioni di consumatori - membri del Comitato di Controllo - segreteria dello IAP Esame del Comitato di Controllo Archiviazione Istruttoria Richiesta di - dimostrazione della veridicità del messaggio - modifica del messaggio Archiviazione dopo positivi contatti con l’inserzionista Delibera di procedimento abbreviato ordinario Manifesto contrasto Ingiunzione di desistenza Inoltro istanza al Giurì Esame richieste pareri preventivi su comunicazione non ancora diffusa Parere favorevole Parere favorevole con riserva Parere sfavorevole Fig. 4.1: Le attività del Comitato di Controllo (fonte: www.iap.it). 178 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Istanza Ordinaria dal Comitato di Controllo Opposizione all’ingiunzione di desistenza Ricorso di parte per lo più di concorrenti Giurì (minimo 3 membri) - Nomina di un relatore tra i membri del Giurì - Comunicazioni alle parti per presentazione deduzioni - Convocazione delle parti all’udienza Udienza con dibattito Camera di Consiglio e decisione Conformità al C.A. Immediata comunicazione dispositivo pronuncia Successivo deposito della pronuncia motivata Contrasto con il C.A.: blocco della pubblicità Possibile pubblicazione di un estratto della decisione Fig. 4.2: Le attività del Giurì (fonte: www.iap.it). Tutte le decisioni assunte sono pubblicate, a cura della Segreteria dell’Istituto di Autodisciplina, sul suo sito Internet (www.iap.it) e contenute nel suo database. 179 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Nel 2010 sono state emesse 154 decisioni tra ingiunzioni di desistenza del Comitato di Controllo e pronunce del Giurì6. La figura 4.3 riassume il numero di provvedimenti presi, suddivisi per mezzo di comunicazione utilizzato, essendo possibile presentare una segnalazione per un messaggio pubblicitario veicolato anche su media diversi. 100 Tv 90 Radio 80 70 70 60 Numero decisioni Stampa Affissioni 53 50 Cinema 40 30 18 20 10 0 Punto Vendita Packaging 26 8 1 1 4 2 Internet Mezzi di comunicazione Fig. 4.3: Numero totale delle decisioni assunte dal Giurì e dal Comitato di Controllo nell’anno 2010 suddiviso per mezzo di comunicazione utilizzato. 53 decisioni hanno interessato la tv; 8 la radio; 70 la stampa; 18 le affissioni, sia fisse che semi-fisse o mobili; 1 il cinema, 1 l’advertising sul punto vendita; 4 il packaging, inteso sia come l’intera confezione del prodotto che esclusivamente l’etichetta su di esso apposta; 26 Internet, e quindi sia l’e-advertising proposto attraverso banner, e-mail, motori di ricerca che sul sito stesso; 2 hanno riguardato altri mezzi (Altro), quali folder o leaflet. La tabella 4.1 riassume questi dati. In più in essa è possibile trovare anche il totale dei provvedimenti assunti cui sono state scorporate le decisioni che hanno dichiarato una mancata violazione del Codice. I livelli si abbassano di poco: 44 per la tv, 6 per la radio, 68 per la stampa, 16 per le affissioni, 1 per il cinema, 1 per la pubblicità sul punto vendita, 2 per il 6 Delle 156 decisioni prese, 21 non sono attualmente disponibili sul sito dello IAP e, pertanto, non sono state analizzate. 180 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising packaging, 22 per internet e 2 per gli altri mezzi. In più, per permettere un facile confronto tra queste informazioni, sono state inserite anche le percentuali delle decisioni per ciascun mezzo sul totale degli interventi. Tv Radio Stam. Affis. Cine. P. V. Pack. Intern. Altro Numero decisioni totali 53 28,9% 8 4,4% 70 38,2% 18 9,9% 1 0,5% 1 0,5% 4 2,2% 26 14,2% 2 1,1% Numero decisioni parere contrario 44 27,2% 6 3,7% 68 41,9% 16 9,9% 1 0,6% 1 0,6% 2 1,2% 22 13,4% 2 1,2% Tab. 4.1: Totale delle decisioni assunte dal Giurì e dal Comitato di Controllo nell’anno 2010 e totale delle decisioni che hanno accertato una violazione del c.a.p., entrambi suddivisi per mezzo di comunicazione utilizzato. Risulta evidente che il numero maggiore di segnalazioni interessa il mezzo stampa in primis (38,2% del totale), seguito dalla tv (28,9%) e Internet (14,2%). Televisione e stampa si confermano, dunque, i mezzi di comunicazione più esposti alle lamentele del pubblico, evidentemente anche perché sono i più diffusi e i più "generalisti". La posizione occupata da Internet è conseguenza altresì del suo recente sviluppo quale mezzo pubblicitario. Di certo si tratta di un medium non ancora pienamente alla portata di tutte le imprese, principalmente in relazione ai costi degli spazi, spesso superiori alle disposizioni economiche degli inserzionisti stessi, soprattutto nelle piccole realtà locali, ma che è comunque in espansione, così come dimostrano i dati dello IAB Italia per il 2010. Le segnalazioni di comunicazioni commerciali veicolate in Rete nel 2010 sono state 26, di cui 3 giudicate conformi al Codice di Autodisciplina e 1 per cui il Giurì ha dichiarato la sua impossibilità nel pronunciarsi7. 7 Si tratta della pronuncia n. 22 del 30/3/2010 che ha coinvolto l’Unione Nazionale Industria Conciaria contro Kao srl per alcuni prodotti a marchio Morellato spa; la pronuncia n. 38 bis del 24/04/2010 legata alla segnalazione di Wind Telecomunicazioni spa contro Telecom Italia spa; la pronuncia n. 141 del 14/12/2010 della Max Company spa contro Tessilform spa. Inoltre, il Giurì ha dichiarato di non poter pronunciare la cessazione della pubblicità della Wind citata da Vodafone, in quanto la diffusione del messaggio in oggetto non era attribuibile alla Wind, ma a 181 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Le altre 22 decisioni hanno coinvolto il Comitato di Controllo contro la Direct Marketing Company sa (pronuncia n. 2 del 13/1/2010, artt. violati 2, 3, 24); Comitato di Controllo contro la Direct Marketing Company sa (pronuncia n. 3 del 13/1/2010, artt. 2, 23 bis, 24); Comitato di Controllo contro la Phytolabel (pronuncia n. 4 del 13/1/2010, artt. 2, 24); Comitato di Controllo contro la HWB International bvba (pronuncia n. 5 del 13/1/2010, artt. 2, 24); Fastweb spa, Vodafone Omnitel nv e Opitel spa (già Tele2 spa) contro Telecom Italia spa (pronuncia n. 9 del 12/2/2010, art. 2); Telecom Italia spa contro Fastweb spa (pronuncia n. 9 bis del 3/3/2010, art. 2); BSH Elettrodomestici spa conto Whirpool Europe spa (pronuncia n. 20 del 9/3/2010, artt. 2, 15); Mineracqua (Federazione Italiana delle Industrie delle Acque Minerali Naturali, delle Acque di Sorgente e delle Bevande Analcoliche), Acqua Minerale San Benedetto spa, CO.GE.DI. (Compagnia Generale Distribuzione), Ferrarelle spa, Sanpellegrino spa contro Fonti di Vinadio spa (pronuncia n. 24 del 18/3/2010, artt. 2, 11); Vodafone Omnitel nv contro Wind Telecomunicazioni spa (pronuncia n. 31 del 19/3/2010, artt. 2, 20); Comitato di Controllo contro Gruppo Biagini Italia srl (ingiunzione n. 59 del 3/5/2010, artt. 9, 10); Comitato di Controllo contro EuroHealth Italia srl (ingiunzione n. 61 del 4/5/2010, artt. 2, 23 bis); Vodafone Omnitel nv contro ITTM International Top Tronic sarl (pronuncia n. 77 del 5/7/2010, art. 13); Wind Telecomunicazioni spa contro Vodafone Omnitel nv (pronuncia n. 84 del 13/7/2010, art. 2); Fater spa contro SCA Hygiene Products spa (pronuncia n. 99 del 28/9/2010, artt. 2, 3, 6); Comitato di Controllo nei confronti di CESD srl (pronuncia n. 104 del 26/10/2010, art. 2); Vodafone Omnitel nv contro Wind Telecomunicazioni spa (pronuncia n. 119 del 26/10/2010, art. 2); Procter & Gamble contro Henkel Italia spa (pronuncia n. 121 del 9/11/2010, artt. 2, 20); "Vascabella" di Rullo Pasquale citata dal Comitato di Controllo (ingiunzione n. 122 del 26/10/2010, artt. 9, 10); RTI Reti Televisive Italiane spa contro SKY Italia srl (pronuncia n. 124 del 15/11/2010, art. 14); Pirelli Tyre contro Michelin Italiana spa (pronuncia n. 137 del 30/11/2010, art. 2); la Hausbrandt Trieste spa (citata dal Comitato di Controllo, ingiunzione n. 145 del terzi, non potendosi pronunciare il Giurì nei confronti di chi non ha compiuto le attività ritenute pregiudizievoli (ex art. 36 c.a.). 182 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising 1/12/2010, art. 22); la Pozzoli srl, Bresaole del Zoppo srl, Salumificio Bordoni srl, Salumificio Panzeri srl, Salumificio Gianoncelli srl, Lazzeri Alessandro srl, PE Coop sas di P. Pedranzini & C., Salumificio Menatti srl, Robustinelli srl, Bresaole Pini srl e Salumificio Mottolini srl contro Rigamonti Salumificio (pronuncia 147 del 21/12/2010, artt. 14, 15). Nella maggioranza dei casi è stata riscontrata la violazione dell’art. 2 del Codice ("Comunicazione Commerciale Ingannevole") per cui, attraverso omissioni, ambiguità, esagerazioni non palesemente iperboliche, si è tratto in inganno il consumatore. Inoltre, in molti casi, accanto alla violazione dell’art. 2, è stata riscontrata anche l’inosservanza degli art. 23 bis ("Integratori alimentari e prodotti dietetici"), o 24 ("Trattamenti fisici ed estetici"). È ciò che è accaduto, ad esempio, con l’ingiunzione di desistenza n. 3/2010 emessa dal Comitato di Controllo, che ha condannato la Direct Marketing Company alla cessazione della diffusione del messaggio di e-advertising relativo alla linea di prodotti "Perdi Peso Linea", rilevato sulle pagine web del sito www.lineaperdipeso.com il quale, attraverso espressioni ingannevoli, ha creato la falsa speranza nel consumatore, particolarmente sensibile nei riguardi di tali comunicazioni, di poter risolvere facilmente e in breve tempo i propri problemi di peso senza i normali sacrifici comunemente richiesti in termini di adozione di uno stile di vita sano (ritenute ingannevoli solo state le affermazioni "Perdi Peso Cerotto riduce, rimodella, rassoda in 60 minuti", "Bastano due cerotti, due volte alla settimana…agisce in modo efficace e sicuro"). Ancora, è stata riscontrata denigrazione (art. 14) associata alla comparazione (art. 15), nel caso della segnalazione n. 147/2010 giunta da alcuni salumifici della Valtellina contro il salumificio Rigamonti, per l’espressione "Non accettare bresaola dagli sconosciuti. Chiedi solo di Rigamonti che da cent’anni fa la bresaola con la cura e la passione di chi si dedica ad una cosa sola...e lo fa al meglio" accompagnato dal visual che mostrava un uomo, nelle vesti di un pusher, che offriva fette di bresaola dall’aspetto poco allettante ai passanti. Il messaggio risultava così denigratorio nei confronti delle imprese consorziante che vantano il nome "Bresaola della Valtellina", per il parallelismo tra le sostanze stupefacenti e la bresaola della concorrenza, e trasgressore dei vincoli di solidarietà nei riguardi 183 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising degli altri consorziati attraverso l’indebita comparazione di bresaole identiche per provenienza geografica e qualità. Illeciti contro la dignità della donna sono perpetuati anche attraverso il web. L’ingiunzione del Comitato di Controllo n. 122/2010 ha ordinato la cessazione di un messaggio di e-advertising relativo ai prodotti "Vascabella", rilevato sulla pagina Internet www.vascabella.eu, in quanto mostrando una ragazza nuda, in atteggiamenti provocanti, non solo ha violato l’art. 9 c.a. ("Violenza, volgarità, indecenza") ma, strumentalizzando il corpo della donna, ne ha determinato altresì una lesione della dignità (art. 10, "Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona"). La figura 4.4 riassume le violazioni del c.a.p. riscontrate nell’anno 2010 sul mezzo Internet, suddivise in base agli articoli violati. 20 Art. 2 Art. 3 16 16 Art. 6 Art. 9 Art. 10 12 Art. 11 numero violazioni Art. 13 Art. 14 8 Art. 15 Art 20 4 4 2 1 2 2 1 1 2 2 2 1 2 Art. 22 Art. 23 bis Art. 24 0 Articoli violati Fig. 4.4: Le violazioni del c.a.p. riscontrate sul mezzo Internet nell’anno 2010, suddivise sulla base degli art. non rispettati (è riportato anche il numero delle violazioni per ciascun articolo). Nel 2011 si sono avute 156 tra pronunce del Giurì e ingiunzioni del Comitato di Controllo8 e, come risulta dalla figura 4.5, la situazione non risulta cambiata di molto rispetto al 2010. 8 Delle 156 decisioni prese, sono qui considerate solo 136 in quanto 20 delle stesse non risultano ad oggi pubblicate sul sito dello IAP. 184 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Tv 100 90 Radio 80 Stampa 70 Affissioni 58 60 Cinema Numero 50 decisioni 40 36 Punto Vendita Packaging 32 30 21 20 10 0 Internet 10 3 0 4 4 Altro Mezzi di comunicazione Fig. 4.5: Numero totale delle decisioni assunte dal Giurì e dal Comitato di Controllo nell’anno 2011 suddiviso sulla base del mezzo di comunicazione utilizzato. Anche nel 2011 Giurì e Comitato hanno dovuto esprimersi soprattutto in relazione a messaggi pubblicitari veicolati su stampa (58, 34,5%), tv (36, 21,4%), affissioni (32, 19%). Segue Internet che per l’anno in discussione è stato oggetto di un numero minore di segnalazioni: esse sono state 21 (12,5%) di cui 3 giudicate conformi al codice9; e, ancora, advertising sul packaging (10, 5,9%), sul punto vendita (4, 2,4%), su altri mezzi (4, 2,4%), in radio (3, 1,8%) e, relativamente al mezzo cinema, alcuna segnalazione. La tabella 4.2 riassume tutti i dati, riportando anche il numero di segnalazioni per cui è stata accertata la violazione del Codice e i valori percentuali delle decisioni relative a ciascun mezzo sul totale dei provvedimenti assunti. 9 Si tratta della pronuncia n. 2 del 14/1/2011 legata alla richiesta di intervento del Giurì espressa da Nestlè Italia spa contro Ferrero spa; della pronuncia n. 17 del 18/2/2011, Inspop.com Italy Ltd contro Assicurazione.it spa, Cercassicurazioni.it spa e Google Italy srl; della pronuncia n. 68 del 24/5/2011, Wind telecomunicazioni spa contro Telecom Italia spa. 185 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Tv Radio Stam. Affis. Cine. P. V. Pack. Intern. Altro Numero decisioni totali 36 21,4% 3 1,8% 58 34,5% 32 19% 0 0% 4 2,4% 10 5,9% 21 12,5% 4 2,4% Numero decisioni parere contrario 34 21,2% 3 1,9% 56 35% 31 19,4% 0 0% 4 2,5% 10 6,2% 18 11,2% 4 2,5% Tab. 4.2: Totale delle decisioni assunte dal Giurì e dal Comitato di Controllo nell’anno 2011 e totale delle decisioni che hanno accertato una violazione del c.a.p., entrambi suddivisi per mezzo di comunicazione utilizzato. Nello specifico gli interventi hanno coinvolto il Comitato di Controllo nei confronti di Flyer srl, già Futura srl (pronuncia n. 4 del 25/2/2011, art. violato 10); Telecom Italia spa contro Wind telecomunicazioni spa (pronuncia n. 10 del 8/2/2011, art. 2); L’Orèal Italia spa contro Beiersdorf spa (pronuncia n. 28 del 15/3/2011, artt. 2, 15); Comitato di Controllo nei confronti di Estée Lauder srl (ingiunzione n. 33 del 9/3/2011, artt. 2, 23); Wind telecomunicazioni spa contro Telecom Italia spa (pronuncia n. 38 del 5/4/2011, art. 2); Telecom Italia spa contro Wind telecomunicazioni spa (pronuncia n. 41 del 15/4/2011, art. 42); Comitato di Controllo nei confronti di Cisa srl (ingiunzione n. 48 del 4/4/2011, art. 10); Wind telecomunicazioni spa contro Telecom Italia spa (pronuncia n. 56 del 24/5/2011, art. 42); L’Orèal Italia spa contro Henkel Italia spa (pronuncia n. 88 del 12/7/2011, art. 2); Comitato di Controllo contro The Body Cover Group (ingiunzione n. 97 del 14/7/2011, artt. 10, 11); Wind Telecomunicazioni spa contro Vodafone Omnitel nv (pronuncia n. 118 del 18/10/2011, art. 2); Assografici – Associazione Nazionale Italiana Industrie Grafiche Cartotecniche e Trasformatrici contro Danone spa (pronuncia n. 119 del 25/10/2011, art. 2); Comitato di Controllo nei confronti di Dipros srl (ingiunzione n. 133 del 2/11/2011, artt. 2, 23); Comitato di Controllo nei confronti di Procter & Gamble Holding srl (ingiunzione n. 135 del 4/11/2011 – 19/12/2011, artt. 2, 23); Wind Telecomunicazioni spa contro Vodafone Omnitel nv (pronuncia n. 136 del 2/1272011, art. 42); Vodafone Omnitel nv contro Telecom Italia spa (pronuncia n. 186 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising 143 del 2/12/2011, art. 2); Barilla G. e R. F.lli spa contro Plasmon Dietetici Alimentari srl e Heinz Italia spa e, attraverso istanza riconvenzionale, Plasmon Dietetici Alimentari srl e Heinz Italia spa contro Barilla G. e R. F.lli spa (pronuncia n. 148 del 20/12/2011, nel primo caso risultano violati gli artt. 2, 14 e nel secondo l’art. 2). La figura 4.6 chiarisce quali sono stati gli articoli del Codice violati attraverso le comunicazioni commerciali oggetto di discussione. 20 Art. 2 Art. 10 16 Art. 11 12 12 Art. 14 Numero violazioni Art. 15 8 Art 20 4 3 3 1 1 1 3 1 Art. 23 Art. 42 0 Articoli violati Fig. 4.6: Le violazioni del c.a.p. riscontrate sul mezzo Internet nell’anno 2011, suddivise sulla base degli art. violati (è riportato anche il numero delle violazioni per ciascun articolo). Come nel 2010, risulta che anche attraverso il web si è diffusa pubblicità ingannevole, trasgredendo l’art. 2 c.a., come nel caso della pronuncia n. 88/2011 che ha disposto non solo la cessazione della comunicazione illecita, ma anche la sua pubblicazione sul "Corriere della Sera", ritenendo molto grave l’ingannevolezza realizzata su un tema relativo alla salute: L’Oréal Italia spa ha chiesto l’intervento del Giurì nei confronti della Henkel Italia spa in relazione ai messaggi diffusi attraverso stampa, poster sul punto vendita, confezione e internet riportanti l’headline "Anteprima Mondiale: la prima colorazione permanente raccomandata dai dermatologi" e "La colorazione raccomandata dai dermatologi", relativi alla linea di colorazione per capelli destinata a parrucchieri denominata "Igora Senea" della Henkel. L’advertising si è rivelato ingannevole per il 187 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising consumatore10 in quanto non era vero che tutti i dermatologi consigliavano il prodotto, ma solo un istituto privato che certamente non può definirsi indipendente. Tra gli altri, è stato violato anche l’art. 42 c.a. ("Inosservanza delle decisioni"), come nel caso della pronuncia 136/2011: il Giurì, accertata l’inosservanza della Vodafone della decisione 118/201111, ha reiterato l’ordine di cessazione della diffusione del messaggio illecito, disponendo che di tale inottemperanza si desse notizia al pubblico attraverso la pubblicazione della decisione per estratto sul "Corriere della Sera". Il messaggio "Boobs & Bloomers" di "The Body Cover Group", rilevato sul sito internet www.boobs-bloomers.com e su affissioni a Riccione nel mese di giugno 2011, è risultato invece manifestamente contrario agli art. 10 ("Convinzioni morali, civili, religiose, e dignità della persona") e 11 ("Bambini e adolescenti") così come dichiarato dal Presidente del Comitato di Controllo attraverso la decisione n. 97/2011. La comunicazione, nel promuovere lingerie per ragazzine, completi dal nome evocativo quale "Tette", mostrava nel visual una modellabambina che indossava il completino, molto truccata e in atteggiamento ammiccante e seducente. Secondo l’organo di controllo, tale rappresentazione, diretta ai minori, avrebbe potuto danneggiare psicologicamente i più giovani, anche inducendoli ad imitare tali comportamenti innaturali per la loro età ed inopportuni sul piano educativo. Inoltre, l’advertising attribuiva artificiosamente una "maschera" da adulta ad una bambina, enfatizzandone una non spontanea sessualità, rendendola nel contempo possibile "oggetto" sessuale e offendendo così le convinzioni morali e civili dei cittadini, violando la dignità della persona. 10 Il consumatore che in questo caso è preso come riferimento non è solo il parrucchiere cui la campagna è rivolta, ma anche il suo cliente che può comunque leggere tali messaggi e preferire questa colorazione piuttosto che un’altra. 11 La pronuncia 118/2011 del Giurì (Wind telecomunicazioni spa contro Telecom Italia spa) ha dichiarato il contrasto con l’art. 2 c.a. dell’advertising diffuso in tv e in Internet relativo al "Pacchetto Vodafone +" di Vodafone Omnitel nv. Ad avviso del Giurì, l’espressione "Vodafone ti regala le chiamate alla persona a cui tieni di più. Scegli uno dei pacchetti Vodafone +" genera nel consumatore un’aspettativa di gratuità di un servizio che le condizioni alle quali il messaggio promozionale rinvia, invece, deludono. Il corrispettivo del servizio offerto e oggetto del messaggio contestato è fisso e indipendente dalla sua fruizione o non fruizione. Il Giurì ha ritenuto che la comunicazione pubblicitaria fosse ingannevole anche nella misura in cui taceva sulla limitata valenza dell’offerta sulle chiamate (solo per utenti Vodafone) e sulla tariffazione anticipata. 188 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising In alcuni casi Internet è stato l’unico mezzo attraverso cui sono state veicolare le proprie comunicazioni, sul quale si è puntato tutto, in linea con l’evoluzione della società e dello sviluppo di tale tecnologia; in altri, invece, è stato utilizzato in associazione ad altri media, offrendo un supporto ulteriore e un modo alternativo per raggiungere la fetta di consumatori che predilige l’online. In ogni caso anche la Rete non è risultata scevra da comunicazioni commerciali illecite pur non essendo, ad oggi, in Italia, il mezzo maggiormente fonte di inganni. 4.2.2 Gli Interventi dell’EASA L’EASA, l’European Advertising Standards Alliance è l’alleanza che riunisce gli organismi autodisciplinari nazionali e le organizzazioni che rappresentano l’industria dell’e-advertising in Europa e oltre. Attualmente fanno parte di essa 34 organizzazioni di autodisciplina, di cui 26 appartenenti a 24 paesi europei, e 16 tra inserzionisti, advertiser, media e altre organizzazioni. Tra le prime azioni dell’EASA, nata nel 1992, c’è stata la costituzione di un sistema transfrontaliero di gestione di reclami relativi alla pubblicità, il cross-border complaints system. Attraverso tale struttura è possibile estendere all’estero le decisioni degli organi di autocontrollo nazionali: grazie ad esso chiunque può presentare un reclamo al proprio sistema di autodisciplina (o direttamente all’EASA) contro una presunta comunicazione illecita proveniente da una nazione diversa da quella in cui ha avuto diffusione. La figura 4.7 illustra il funzionamento del sistema12. Dal 1992 al 2011 si sono avute oltre 2400 segnalazioni transfrontaliere. L’EASA pubblica sul proprio sito tali risultati ogni tre mesi e, successivamente, in un report annuale. Secondo l’ultimo report pubblicato, "2010 EASA Annual Cross-Border Complaints report", nell’anno in discussione sono giunte all’EASA 200 segnalazioni, di cui 193 risolte nello stesso anno. Di queste ben 138 sono state rivolte contro il sito web "easy-download.info" di proprietà tedesca (la Euro Content Ltd) ma indirizzato principalmente a consumatori italiani, i quali dovevano lasciare i propri dati personali per poter usufruire gratuitamente dei 12 Per un approfondimento si rinvia al paragrafo 3.4.1. 189 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Pubblicità proveniente dal paese "A" e apparsa nel paese "B" Un consumatore del paese "B" inoltra il reclamo al proprio sistema autodisciplinare che lo trasferisce al sistema autodisciplinare del paese "A" L’autodisciplina del paese "A" decide di dar seguito oppure no Caso da non perseguire Caso da perseguire Il sistema autodisciplinare del paese "A" applica al reclamo il proprio codice e le proprie procedure L’inserzionista rifiuta di conformarsi alla decisione L’inserzionista decide di adeguarsi Sanzioni Il caso si conclude - Il paese "A" applica le proprie sanzioni L’EASA pubblica la decisione Vengono informati: - l’inserzionista - l’autodisciplina che ha inoltrato il reclamo (che provvede a informare il segnalatore) - l’EASA Fig. 4.7: Il controllo della pubblicità transnazionale (fonte www.iap.it). software scaricabili dal sito stesso, ma che dopo pochi giorni venivano contattati per il pagamento di una quota annuale. Trattandosi di annunci ingannevoli, 190 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising l’EASA ha, conseguentemente, inviato le segnalazioni alla SRO tedesca. In Germania le pratiche commerciali sleali rientrano nel campo di applicazione della Legge sulla concorrenza sleale (Gesetz gegen unlauteren Wettbewerb), nell’ambito del diritto civile. Tuttavia, il sito citato si rivolgeva esclusivamente al mercato italiano, per cui l’organo di autodisciplina tedesco ha ritenuto il caso oggetto di diritto privato internazionale e competenti le autorità italiane, in questo caso l’Antitrust. Nel mese di luglio 2010, l’AGCM ha avviato una indagine nei riguardi dei provider tedeschi, riconoscendo due tipi di pratiche commerciali sleali: innanzitutto, i consumatori sono stati ingannati per mezzo di dichiarazioni fuorvianti che lasciavano intendere che i software fossero gratuiti per cui, rilasciando i propri dati, hanno firmato un contratto che in condizioni diverse non avrebbero sottoscritto. Inoltre, è stata esercitata una indebita pressione psicologica sui consumatori che si rifiutavano di pagare la quota, mediante minaccia di azioni legali contro coloro che non avrebbero versato quanto dovuto. Per entrambe queste pratiche sleali l’AGCM ha inflitto un’ammenda alla società. Nel 2010 la maggior parte delle segnalazioni, dunque, sono giunte dall’Italia contro un advertiser tedesco e hanno interessato il medium Internet, così come risulta evidente anche dalla figura 4.8. Direct mail; 20; 10% Stampa; 2; 1% Tv; 18; 9% Direct mail Stampa Tv Internet Altro Internet; 153; 80% Altro; 0; 0% Fig. 4.8: Segnalazioni suddivise per mezzo di diffusione. Anno 2010 (fonte: www.easaalliance.org). 191 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Rispetto agli anni precedenti è evidente un calo delle segnalazioni riferite a stampa, tv e posta tradizionale e un incremento delle lamentele contro messaggi diffusi in Rete (tabella 4.3): con lo sviluppo di Internet come medium pubblicitario, è possibile incorrere maggiormente in illeciti e, dato il suo carattere transnazionale molto più spiccato che per gli altri mezzi di comunicazione, tale inganno può raggiungere anche paesi diversi da quello di origine dell’advertising. Le segnalazioni del 2010 hanno lamentato soprattutto la diffusione di pubblicità ingannevole (89% dei casi), ma non sono mancati anche reclami inerenti alla salute degli animali o dell’uomo, ovvero alla rappresentazione della donna. 2007 2008 2009 2010 POSTA TRADIZ. 69 65 35 20 INTERNET 3 4 5 153 STAMPA 3 12 19 2 TV 8 10 3 18 ALTRO 0 5 0 0 TOTALE 83 96 62 193 Tab. 4.3: Numero di segnalazioni transfrontaliere suddivise per mezzo di diffusione. Anni 20072010 (fonte: www.easa-alliance.org). Inerentemente ai dati relativi all’anno 2011, attraverso l’analisi condotta (l’indagine interessa 49 lamentele transfrontaliere, tutte conclusesi nel breve termine) è stato confermato quanto riscontrato per il 2010: aumentano le segnalazioni di e-advertising, diminuiscono quelle relative alla pubblicità "tradizionale" (figura 4.9). 41 segnalazioni (83% dei casi) hanno lamentato una presunta ingannevolezza della comunicazione. Le altre ipotesi di illecito hanno, invece, interessato advertising offensivo e lesivo della dignità della persona, specie della donna e degli omosessuali. 192 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Direct mail; 5; 10% Stampa; 0; 0% Direct mail Stampa Tv Internet Altro Tv; 9; 18% Internet; 35; 72% Altro; 0; 0% Fig. 4.9: Segnalazioni suddivise www.easa-alliance.org). per mezzo di diffusione. Anno 2011 (fonte: L’ingannevolezza è stata perpetuata attraverso false promesse (come, exempli gratia, la lamentela n. 2220 in cui un sito spagnolo pubblicizzava un hotel affermando che esso disponeva di una piscina per gli ospiti, servizio che il consumatore francese che ha segnalato l’annuncio non ha trovato), omissioni (come nel caso della denuncia n. 2359 proveniente da un consumatore britannico contro una società spagnola per una e-mail in cui veniva promossa la vendita di biglietti da visita attraverso l’headline "250 biglietti da visita a soli £2,50". La comunicazione è risultata ingannevole in quanto il consumatore si è accorto di un supplemento di prezzo derivante da procedure amministrative e da spese postali solo dopo aver ordinato il materiale, mentre i costi aggiuntivi non erano indicati nell’e-mail), o espressioni ambigue (è accaduto con la segnalazione n. 2358, denuncia partita da un consumatore britannico contro una compagnia aerea portoghese. La Tap Portugal metteva a disposizione un servizio di prenotazione di voli online che però veniva disattivato a 24 ore dalla partenza. Ciò però non veniva chiarito se non al momento del pagamento. Lo sfortunato consumatore ha, dunque, dovuto effettuare la prenotazione telefonicamente sottostando ad una maggiorazione di prezzo. Il reclamo è stato accolto). Attraverso il cross-border complaints system, la segnalazione, partita dal paese di residenza del consumatore segnalante, è giunta ed è stata risolta nel paese di origine del mezzo di comunicazione (ovvero della nazione sede dell’inserzionista 193 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising per il direct mail, e-mail o web advertising)13. D’altronde, però, non per tutte le segnalazioni viene sempre accertata l’infrazione. Ciò è conseguenza della diversa cultura e dei differenti sistemi di autodisciplina nazionali, per cui messaggi illeciti nel paese di diffusione possono non esserlo in quelli di origine e in questo caso l’inganno non viene riconosciuto. È questo uno dei limiti legati alla mancanza di codici uguali per l’intera Europa, ma è anche segno dell’impossibilità di giungere ad una unificazione delle discipline, in quanto ciò comporterebbe necessariamente l’attribuzione di carattere lecito a comportamenti normalmente ritenuti illeciti in una nazione, mentre azioni permesse e il lecite potrebbero diventare "fuori legge". Totale lamentele (origine advertiser/ medium) 2010 Totale lamentele (origine segnalaz.) 2010 Totale lamentele (origine advertiser/ medium) 2011 Totale lamentele (origine segnalaz.) 2011 BELGIO 1 2 2 1 CANADA 1 0 2 0 FINLANDIA 0 7 0 0 FRANCIA 1 0 3 1 GERMANIA 138 1 3 3 IRLANDA 6 30 12 6 ITALIA 1 136 1 3 OLANDA 3 0 9 0 PORTOGALLO 1 0 1 0 27 14 6 35 2 1 0 0 SPAGNA 4 2 6 0 ALTRO 8 0 4 0 TOTALE 193 193 49 49 REGNO UNITO ROMANIA Tab. 4.4: Numero tot. di lamentele suddivise in base all’origine dell’advertiser e alla provenienza della segnalazione. Anno 2010-2011. (fonte: www.easa-alliance.org). 13 Quanto affermato risulta valido per i paesi membri dell’UE. Se è coinvolta la Svizzera, non parte dell’UE, vale la regola del "paese di destinazione", per cui gli annunci svizzeri dovranno essere conformi alle regole vigenti nel paese straniero in cui vengono diffusi. Conseguentemente, l’organo autodisciplinare del paese denunciante, valuta la segnalazione sulla base delle proprie norme nazionali prima di rivolgersi all’organismo di autoregolamentazione svizzero che comunica la decisione all’inserzionista. 194 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising La tabella 4.4 riassume e raccoglie i dati qui oggetto di discussione relativi alle segnalazioni transfrontaliere nel biennio 2010-2011. Essa mostra il numero totale di lamentele suddivise in base all’origine dell’advertiser e alla provenienza della segnalazione nei due anni considerati. 4.2.3 I provvedimenti dell’AGCM L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, inerentemente all’oggetto di discussione del presente lavoro, veglia sul rispetto del Codice del Consumo e del d. lgs. 145/07. Essa, d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione ed elimina gli effetti della pubblicità ingannevole e comparativa illecita e delle pratiche commerciali scorrette. Non solo può vietare la diffusione di tali comunicazioni e la pubblicazione della delibera per estratto, ma può anche irrogare, nei casi di illeciti molto gravi, una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 a 500.000,00 euro a seconda della gravità dell’illecito e della durata della violazione14, a carico dell’inserzionista. In caso di inottemperanza ai provvedimenti assunti, l’Autorità può applicare una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000,00 a 150.000,00 euro e, nelle ipotesi di reiterata inottemperanza, ordinare la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore a trenta giorni. Inoltre, essa può disporre una sanzione del valore compreso tra 2.000,00 e 20.000,00 euro per il proprietario del mezzo che rifiuta di fornire le informazioni richieste, ovvero, nei casi più gravi di falsità delle informazioni fornite, da 4.000,00 a 40.000,00 euro. L’Autorità può avvalersi anche del parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni quando il messaggio pubblicitario è stato o deve essere diffuso attraverso la stampa quotidiana o periodica, ovvero per via radiofonica, televisiva o attraverso qualunque altro mezzo di telecomunicazione. Risulta evidente che mentre non sono previste particolari sanzioni pecuniarie per la mancata osservanza di quanto disposto dal Comitato di Controllo e dal Giurì 14 Se il messaggio pubblicitario può indurre in una situazione di pericolo per la salute o la sicurezza nonché è suscettibile di raggiungere minori o adolescenti, la sanzione non può essere inferiore ai 50.000,00 euro. 195 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising dell’Autodisciplina, per l’inadempimento dei provvedimenti dell’AGCM, è applicabile una sanzione pecuniaria di carattere amministrativo. Relativamente ai provvedimenti assunti nell’anno 2010 dall’AGCM, si è scelto di soffermarsi non sulla totalità degli stessi, quanto solo su quelli che hanno comportato anche l’applicazione di una sanzione pecuniaria. Non si vuole, infatti, capire quante volte l’Antitrust sia intervenuto, ma in che modo lo abbia fatto e con quale forza. Sul sito internet www.agcm.it, nella sezione "Consumatori Delibere", è stata effettuata una ricerca per "Sanzioni" e, a seguito della comparsa di 197 provvedimenti, si è tentata una investigazione per "Mezzo di diffusione: Internet". 44 sono stati i risultati ottenuti (22,3%). Analizzandoli nel dettaglio, però, solo 31 avevano realmente ad oggetto comunicazioni commerciali online. Attraverso i provvedimenti in discussione sono state applicate sanzioni da un minimo di 5.000,00 ad un massimo di 960.000,00 euro. Generalmente la somma è stabilita considerando la gravità della violazione, l’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, la personalità dell’agente, nonché le condizioni economiche dell’impresa stessa. La fig. 4.10 raggruppa sinteticamente le decisioni assunte sulla base del valore delle sanzioni applicate a tali comunicazioni commerciali illecite diffuse in Rete. 20 Da 5.000 a 50.000 € 16 Da 50.001 a 100.000 € 13 12 Quantità provvedimenti Da 100.001 a 150.000 10 Da 150.001 a 200.000 € 8 Da 200.001 a 250.000 € 4 3 1 0 3 0 1 Da 250.001 a 300.000 € Oltre 300.001 € Valore sanzioni Fig. 4.10: Decisioni assunte suddivise in base al valore delle sanzioni applicate (Anno 2010). 196 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Le delibere che hanno predisposto il pagamento di una sanzione relativamente bassa, dai 5.000,00 ai 50.000,00 euro, hanno interessato casi di ingannevolezza quali, exempli gratia, comunicazioni commerciali riferite ad un albergo, descritto attraverso frasi e materiale fotografico, come tranquillo e immerso nella natura, mentre in realtà esso sorgeva a 50 metri da una strada statale (provvedimento n. 21177, riferimento PS1913 – sanzione 5.000,00 €); ovvero messaggi di eadvertising volti a promuovere servizi di parcheggio non ad 1,00 € al giorno, così come annunciato nell’headline, ma ad 1,00 € al giorno più un costo fisso di 20,00 € da pagare al primo giorno (provvedimento n. 21305, rif. PS5545, sanzione 6.000,00 €). Molto più interessanti risultano essere, d’altro canto, i casi condannati con sanzioni pecuniarie oltre i 300.000,00 €. 960.000,00 € sono stati versati dalla già citata Euro Content Limited per un caso di illecito transfrontaliero: sono stati diffusi annunci pubblicizzanti la possibilità di scaricare software gratuiti, cui seguiva, tuttavia, la richiesta di un pagamento dopo due settimane dal download, una volta quindi decorso il termine per l’esercizio del diritto di recesso. Per tali gravi motivi la società ha dovuto 480.000,00 € per aver messo in atto pratiche commerciali scorrette contrarie alla diligenza professionale e comunicazioni commerciali ingannevoli idonee ad indurre in errore il consumatore (violando gli artt. 20, "Divieto delle pratiche commerciali scorrette", e 21 "Azioni ingannevoli" del Codice del Consumo) e 450,000.00 € per le pratiche commerciali aggressive poste in essere violando gli artt. 24 ("Pratiche commerciali aggressive") e 25 ("Ricorso a molestie, coercizione o indebito condizionamento") del Codice in questione. Attraverso il provvedimento 21956 (rif. PS6307), l’Antitrust si è espressa contro la Power Balance Italy S.r.l. che, mediante messaggi diffusi in Internet, a mezzo stampa, brochure e confezione del prodotto, ha promosso la vendita di bracciali in silicone e neoprene e di collane attribuendo a tali oggetti qualità ed effetti sull’equilibrio, la forza e la resistenza fisica, vantando anche presunti pareri medici positivi, messaggi che però si sono dimostrati non rispondenti al vero. A seguito del parere dell’AGCOM, l’AGCM ha dichiarato tale pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 21 e 22 ("Omissioni ingannevoli") del Codice del 197 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Consumo e ne ha ordinato la cessazione, cui è stata aggiunta una sanzione di 300.000,00 €15. Il provvedimento n. 21112 (rif. PS5192) ha coinvolto la Neomobile spa, Telecom Italia spa, Vodafone Omnitel nv, Wind telecomunicazioni spa, H3G spa, Register.it spa, segnalati dall’Associazione Altroconsumo per uno dei diffusissimi banner recitanti "Questo non è uno scherzo! Che fortuna sei l’utente numero… Hai vinto una hit in regalo", veicolato attraverso il sito www.giocagratis.net. Cliccando su di esso il consumatore poteva accedere alla pagina www.dindo.it in cui era riportata in evidenza la dicitura "Puoi vincere 10.000 euro e una Wii a settimana. Partecipa al superconcorso e con l’attivazione entri nella community" e in calce alla pagina, a caratteri microscopici, vi era la scritta: "Servizio in abbonamento, riservato ai maggiorenni. I servizi 48288 sono offerti da Neomobile S.p.A. in collaborazione con TIM, Vodafone, WIND e 3. Canzoni: costo del servizio 5 euro/sett. iva inclusa + eventuale traffico wap, ricevi ogni settimana 1 suoneria + 1 mono + 2 SMS (clienti Vodafone e WIND) o 1 suoneria + 2 SMS (clienti Tim e 3) […]. Costo degli SMS inviati al 48288: TIM 12,4 centesimi, WIND 12,4 centesimi dall’Italia e 50 centesimi dall’estero, per Vodafone e 3 secondo il piano tariffario del cliente. PROMOZIONE: chi attiva per la prima volta il servizio in abbonamento riceverà in regalo il primo contenuto (escluso eventuale traffico wap) in aggiunta al contenuto in abbonamento […]. Trattasi di card prepagata da 10.000 euro. Concorso valido fino al 28 giugno 2009. Per partecipare al concorso è necessario rimanere attivi per almeno una settimana". Il banner era stato ideato, realizzato e diffuso da Register.it per conto di Neomobile, società impegnata nel settore internazionale dei servizi interattivi e di intrattenimento per gli utenti di telefonia mobile in partnership con le compagnie telefoniche attive in questo ambiente (in questo caso Tim, Vodafone, Telecom e 3). Il messaggio pubblicitario diffuso online collegato al banner reclamizzava la partecipazione ad un concorso a premi subordinato alla sottoscrizione di un abbonamento, il quale si sostanziava nella fornitura di contenuti fruibili dal cellulare. Dagli elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria è emerso che i gestori 15 Condannato al pagamento di 50.000,00 € risulta, invece, la Sport Town S.r.l. che ha diffuso tali comunicazioni sul proprio sito internet, www.sportownonline.com. 198 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising telefonici avevano contribuito alla realizzazione della pratica commerciale scorretta in quanto, da un lato, erano stati coinvolti nella predisposizione delle comunicazioni commerciali, e dall’altro, avevano consentito e legittimato la presenza, nel messaggio contestato, dei rispettivi "loghi commerciali". La condotta perpetuata attraverso il banner è risultata così contraria all’art. 26 lett. h del Codice del Consumo ("Pratiche commerciali considerate in ogni caso aggressive") in quanto ha lasciato intendere, contrariamente al vero, che il consumatore avesse già vinto un premio. Con riferimento al secondo messaggio, è stato ritenuto che Neomobile – in collaborazione con Telecom, Vodafone, Wind e H3G – aveva messo in atto una pratica commerciale scorretta ai sensi dell’articolo 22 del Codice ("Omissioni ingannevoli") poiché aveva omesso di fornire, attraverso modalità grafiche adeguate, le informazioni necessarie affinché vi fosse una immediata e corretta percezione della natura commerciale e delle reali caratteristiche dell’offerta, rappresentata, in questo caso, da una proposta di abbonamento con il proprio gestore di telefonia mobile con effetto immediato e automatico. Inoltre, la comunicazione è stata dichiarata contraria all’art. 20 c. 3 del Codice ("Divieto delle pratiche commerciali scorrette") nella misura in cui è risultata suscettibile di raggiungere e, attraverso informazioni poco chiare, trarre in inganno gli adolescenti, maggiormente interessati alla partecipazione a giochi e concorsi. Per tale motivo è stata disposta per Neomobile una sanzione di 75.000,00 €, per Telecom Italia 65.000,00 €, per Vodafone Omnitel 55.000,00 €, per Wind 40.000,00 €, per H3G 30.000,00 €16. A Register.it non è stata irrogata alcuna sanzione in quanto, anche se la società aveva realizzato il banner, dello stesso risultava soggetto responsabile Neomobile, committente del messaggio e diretto beneficiario dei corrispondenti vantaggi economici e commerciali. La circostanza che Register avesse dato esecuzione in modo non corretto all’incarico ricevuto atteneva, infatti, ai rapporti contrattuali intercorrenti tra i due professionisti. 16 La sanzione irrogata agli operatori telefonici è stata stabilita sulla base della gravità dell’illecito (considerando il ruolo di tali operatori nel realizzarlo che, nonostante vi fosse corresponsabilità, si è dimostrato non uguale per tutti) della durata della violazione, del mezzo di diffusione scelto (in questo caso il web), suscettibile di raggiungere un elevato numero di consumatori e la relativa possibilità di attrarre adolescenti. 199 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising Nel 2011, su 156 provvedimenti emersi dalla ricerca seguendo i collegamenti "Consumatore – Delibere – Sanzioni", il 23,7% (37 casi) ha interessato comunicazioni commerciali diffuse online. Ancora una volta è stata condotta un’analisi sul valore delle sanzioni applicate agli operatori pubblicitari macchiatisi di illeciti. La fig. 4.11 suddivide i provvedimenti considerati sulla base del valore della sanzione irrogata. 24 Da 5.000 a 50.000 € 22 20 Da 50.001 a 100.000 € 16 Da 100.001 a 150.000 Quantità provvedimenti 12 Da 150.001 a 200.000 € 9 8 4 0 Da 200.001 a 250.000 € 2 3 1 0 0 Da 250.001 a 300.000 € Oltre 300.001 € Valore sanzioni Fig. 4.11: Decisioni prese suddivise in base al valore delle sanzioni applicate. Anno 2011 (fonte www.agcm.it). I provvedimenti hanno avuto ad oggetto l’applicazione di sanzioni ad operatori pubblicitari per i motivi più disparati: a titolo semplificativo, 5.000,00 € sono stati dovuti dalla World Wide srl17, per l’aver diffuso sia attraverso telemarketing, che in Internet, messaggi ingannevoli che ingeneravano nei destinatari il falso convincimento di poter frequentare gratuitamente un corso di lingua inglese, mentre invece era richiesta una quota di iscrizione di 28 euro e 1.200 euro per la frequenza del corso, annunci, dunque, non conformi alla diligenza professionale 17 In realtà in ragione della gravità e della durata della violazione, era stata irrogata alla società una sanzione pecuniaria pari a 20.000,00 €. Tuttavia, considerato che la società era in liquidazione, si è ritenuto congruo ridurre la sanzione a 5.000,00 €. 200 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising ragionevolmente esigibile da un’azienda. La pratica commerciale in esame è stata pertanto ritenuta scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lett. b e d e 22 del Codice del Consumo (provvedimento n. 22396, rif. PS1129). 100.000,00 € sono stati richiesti a Giuliani spa, azienda farmaceutica con sede a Milano che produce prodotti per la salute ed il benessere, per la diffusione di messaggi di advertising tramite stampa, TV e internet, volti a promuovere l’efficacia del prodotto "Bioscalin con Cronobiogenina" nel contrastare e ridurre la caduta dei capelli. Poiché dagli accertamenti istruttori è emerso che il prodotto poteva risolvere solo una delle forme più lievi di alopecia, in quanto riferibile ad uno stato patologico temporaneo e reversibile, si è ritenuto, con riguardo alla gravità della violazione (perpetuata attraverso affermazioni e omissioni particolarmente ingannevoli proprio in un settore in cui è richiesto un particolare livello di cautela, essendo il prodotto diretto a consumatori particolarmente vulnerabili) e all’importanza e alla dimensione economica del professionista, di irrogare alla società Giuliani S.p.A. una sanzione amministrativa pecuniaria di 100.000,00 €. La pratica commerciale è risultata, dunque, scorretta ai sensi degli artt. 20, 21 c. 1 lett. b, e 22 del Codice del Consumo (provvedimento n. 22935, rif. PS6227). Particolarmente significativo risulta, comunque, il provvedimento n. 23107 (rif. PS7444), attraverso il quale l’AGCM ha disposto una sanzione amministrativa pecuniaria di 1.500.000,00 € alla Estesa Limited Global Gateway, società impegnata nella vendita online di software, con sede legale nella Repubblica delle Seychelles ma attiva nei confronti di consumatori italiani, per tre comportamenti ritenuti scorretti (ciascuno punito con una sanzione di 500.000,00 €). La società ha, innanzitutto, pubblicizzato i propri prodotti software come scaricabili gratuitamente, mentre invece dopo la registrazione i consumatori si sono ritrovati inconsapevolmente vincolati ad un contratto di abbonamento della durata di 24 mesi per la fornitura online di prodotti software, nonché al pagamento di un canone mensile di 8 euro da corrispondere anticipatamente per la prima annualità (96 euro). Inoltre, è stato opposto rifiuto, ai consumatori dalla Estesa, all’esercizio del diritto di recesso, perfino a coloro che si erano attivati nei 10 giorni lavorativi dalla compilazione del form. Infine, era stata inviata tramite e-mail ai 201 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising consumatori, a circa due settimane dall’avvenuta registrazione sul sito, e quindi, una volta decorso il termine per l’esercizio del diritto di recesso, una richiesta di pagamento seguita, a breve distanza di tempo, da numerosi altri solleciti, attraverso cui venivano comunicate maggiorazioni pecuniarie di importo crescente, utilizzando toni progressivamente più minacciosi riguardo alle conseguenze del mancato pagamento. L’Antitrust, in conformità al parere dell’AGCOM, ha ritenuto la prima pratica commerciale scorretta, poiché contraria agli artt. 20 e 22 del Codice del Consumo, e le altre due aggressive ai sensi degli artt. 20, 24 e 25 del Codice e, in ragione anche dell’ingente numero di consumatori che avevano presentato denuncia all’Autorità in pochi mesi, è stata disposta una sanzione amministrativa pecuniaria di 500.000,00 € per ciascuna delle tre pratiche attuate. 4.3 Conclusioni Attraverso l’analisi dei provvedimenti assunti dagli organi di controllo e autocontrollo circa il rispetto delle norme sull’advertising, è stato possibile fare un quadro generale della situazione attuale, di certo non pienamente esaustivo ma di sicuro altamente rappresentativo della stessa. Risulta evidente che in Italia si sta assistendo ad un aumento delle segnalazioni inerenti a comunicazioni illecite di e-advertising e ciò potrebbe essere anche conseguenza della diffusione della rete come medium pubblicitario. Comparando i dati risultanti del lavoro di Giurì e Comitato di Controllo e dell’opera dell’EASA, inerentemente alla gestione delle lamentele transfrontaliere, non può non risultare evidente la notevole differenza tra la percentuale di segnalazioni relative a comunicazioni commerciali online giunte agli organismi autodisciplinari nazionali e le lamentele pervenute all’EASA. L’elevato numero di e-advertising complaints esaminate dall’Alleanza può essere letto alla luce della natura stessa dell’EASA e delle peculiarità del mezzo internet. Entrambi si caratterizzano per la loro intrinseca transnazionalità, il primo raggruppando gli organismi di autodisciplina nazionali, il secondo permettendo la diffusione dei propri contenuti ovunque nel mondo. Dunque, è molto più probabile che i consumatori si rivolgano ad esso per 202 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising comunicazioni ingannevoli diffuse online piuttosto che attraverso una rivista la quale, a meno che non sia prodotta per cittadini di paesi diversi da quello di origine della stessa o si caratterizzi per una tiratura internazionale, difficilmente potrà uscire fuori dai propri confini geografici di riferimento. Molto più frequentemente che in altri luoghi reali, nel mondo virtuale di Internet per poter accedere a determinati contenuti, siano essi a pagamento o gratuiti, bisogna procedere con l’atto della registrazione, inserendo i propri dati personali (come accade, a titolo esemplificativo, nel caso di download di software). Essi rappresentano informazioni rilevanti e delicate per ciascuno user e spesso, se si è restii nel rilasciarli, si finisce col piegarsi ad un frequente "ricatto" per cui se non li si cede, non si può affatto beneficiare degli stessi. Probabilmente a ciò consegue, molto più facilmente che in altre occasioni, il ritrovarsi tratti in inganno da annunci illeciti a carattere altamente persuasivo. Inoltre, Internet permette la creazione di rapporti stretti tra consumatori e aziende inserzioniste, per cui per queste ultime diventa molto più semplice raggiungere i propri clienti attuali e potenziali, conoscerne i gusti e le preferenze e, ad esempio, tramite l’invio di e-mail, illustrare le novità della propria offerta, l’apertura di nuovi punti vendita, gli sconti in programma; ma diventa semplice altresì minacciarli potendo contare proprio sulla mole di dati personali che le imprese hanno a disposizione. Stando a quanto emerso attraverso l’analisi dei provvedimenti dell’AGCM, questi comportamenti scorretti non rimangono impuniti e in molti casi le sanzioni irrogate sono davvero ingenti. Frequentemente, comunque, Internet rappresenta solo un mezzo di comunicazione a disposizione aggiuntivo tra i quali scegliere, per cui un annuncio veicolato attraverso media tradizionali, lo si ritrova identico sul web. I consumatori, generalmente, utilizzano la rete per avere ulteriori informazioni sull’offerta oggetto di attenzione ovvero sulle caratteristiche dell’impresa inserzionista. È il caso dei numerosi forum di discussione frequentati dagli user per ricevere suggerimenti da persone maggiormente esperte o che hanno già avuto esperienze con il bene o servizio reclamizzato e desiderato, e che spesso si rivelano, dunque, efficaci sistemi per non essere tratti in inganno. La grande quantità di dati che è 203 4. Uno sguardo alla realtà: interventi e pronunce in materia di e-advertising possibile trovare in rete può, però, paradossalmente rivelarsi una trappola proprio per gli inserzionisti, i quali potrebbero essere oggetto di grandi critiche che, partite da un solo consumatore insoddisfatto, si amplificano a dismisura, siano esse veritiere o solo falsamente diffuse da maligni competitor. Attraverso le pagine del presente capitolo è emerso un forte senso di responsabilità degli organi di controllo garanti dell’attuazione delle norme poste a tutela di consumatori, di concorrenti e dell’istituto pubblicitario stesso contro gli illeciti perpetuabili attraverso l’advertising, anche a seguito dello sviluppo di Internet quale mezzo di comunicazione. Purtroppo, tuttavia, dalla lettura dei precedenti capitoli non può non risultare chiaro un forte vuoto normativo inerentemente alle comunicazioni commerciali diffuse in rete, mancanza che dovrebbe essere colmata attraverso un’attenta legislazione volta a definire e chiarire, in modo univoco, norme che si interessino fermamente della pubblicità online e dei relativi inganni veicolabili in Internet. Suggerimenti potrebbero giungere proprio dai provvedimenti già assunti: chi intende cimentarsi nella stesura di una normativa comprensiva di tutte le opportunità e problematiche del web, non può non partire dalla realtà e dai precedenti interventi, dagli errori commessi e dai risultati raggiunti. Solo in questo modo si può capire dove intervenire, cosa cambiare e come migliorare. 204 CONCLUSIONI Grazie allo studio condotto è stato possibile comprendere approfonditamente quale ruolo Internet svolge nel mondo dell’advertising e quali sono le norme attualmente esistenti a tutela di consumatori e concorrenti contro gli illeciti perpetuati attraverso la comunicazione commerciale in Rete. La pubblicità è nata con l’uomo, o quasi, ma il web, quale veicolo di eadvertising, si è sviluppato solo negli ultimi anni, per cui le norme che disciplinano il settore sono ancora poche e poco "mature". La definizione di comunicazione commerciale include a tutti gli effetti anche la pubblicità online e, conseguentemente, le disposizioni che pongono una regola al settore sono perfettamente estensibili anche al web advertising. Tuttavia, ci si rende conto che internet possiede delle peculiarità tali da non poter essere associato tout court agli altri mezzi di comunicazione, per cui, in sede legislativa, non tutte le disposizioni valide per le comunicazioni commerciali veicolate su mezzi di comunicazione "tradizionali" possono essere applicate anche all’e-advertising, ovvero potrebbero risultare troppo blande. Per dare vita a norme che possano realmente e concretamente tutelare chi fruisce di tali comunicazioni, i competitor o gli operatori pubblicitari stessi, è necessario valutare tutti i plus e gli inconvenienti la rete porta con sé. Internet mette a disposizione di chi intende promuovere i propri beni o servizi, ovvero la propria organizzazione, un’ampia offerta di formati, dal banner al popup, dal keyword advertising all’e-mail advertising, all’advertising sui social network e, inoltre, permette comunicazioni sia one-to-one che many-to-many. Chi si serve di tale medium può, potenzialmente, raggiungere i cyberconsumatori di qualsivoglia parte del mondo: la transnazionalità è una delle caratteristiche principali del web, cosicché non ci sono più barriere a dividere i consumatori e gli advertiser, ovunque essi si trovino. In Italia il 62,3% delle famiglie dispone di Internet e sono circa 10,7 milioni le persone connesse almeno una volta al giorno. Internet è sempre con noi: a casa, sul cellulare, nel luogo di lavoro o di studio, nei centri commerciali, negli alberghi, invadendo letteralmente la nostra quotidianità. Conclusioni L’e-advertising è l’unico settore pubblicitario in questo momento di crisi in espansione: il web è ormai un mezzo di massa a tutti gli effetti e offre una possibilità di segmentazione del proprio target così minuziosa da non avere eguali nella storia. È chiaro che anche la rete ha i propri lati oscuri come, ad esempio, l’intrusività e l’invadenza di molte comunicazioni commerciali attraverso tale mezzo diffuse, oppure il fastidioso fenomeno dello spamming. Queste unsolicited e-mail possono innervosire il consumatore rendendolo insofferente nei riguardi di qualsiasi annuncio, anche il più creativo ed interessante. Inoltre, Internet, più che qualsiasi altro mezzo, per la fruizione dei propri contenuti, impone, spesso, il rilascio di dati personali e ogni azione di uno user è costantemente e pedissequamente controllata e registrata. Se è indubbio che la transnazionalità della Rete offre possibilità prima impensabili, è pur vero che c’è il rischio, per advertiser ed inserzionisti, di incorrere maggiormente in illeciti, soprattutto nei casi di comunicazioni commerciali lecite nel paese di origine, ma ritenute scorrette negli stati che essa raggiunge. Per prevenire o perseguire gli illeciti compiuti attraverso la diffusione di messaggi pubblicitari scorretti in Rete, si può ricorrere, innanzitutto, alle norme "generali" applicabili anche all’e-advertising. A tale proposito utili riferimenti sono il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il Codice del Consumo (il d. lgs. 206/2005; nello specifico dell’oggetto della discussione, di rilievo risultano gli art. 18-27 quater) e il d. lgs. 145/07 relativo alla pubblicità ingannevole e alle condizioni di liceità della pubblicità comparativa. Gli organi deputati al controllo circa il rispetto di tali norme sono il Giurì e il Comitato di Controllo, limitatamente al Codice di Autodisciplina, ovvero l’AGCM negli altri casi. L’analisi dei provvedimenti da essi assunti negli ultimi anni inerentemente all’advertising online può essere letta come un’utile rappresentazione della realtà odierna e un valido punto di riferimento per gli interventi futuri. 206 Conclusioni Norma maggiormente "specifica", più vicina alla Rete e all’e-advertising è il d. lgs. 70/2003 sul commercio elettronico, che si occupa anche della responsabilità dell’Internet Service Provider. In questo evidente vuoto normativo, tuttavia, la soluzione a molte delle problematiche sorte con l’avvento di Internet sembra essere fornita dall’EASA, l’European Advertising Standards Alliance, l’Alleanza nata allo scopo di garantire elevati standard etici in pubblicità. Soprattutto essa riesce a gestire le lamentele transfrontaliere grazie al cross-border complaints system raccogliendo le segnalazioni e rinviandole agli organi di autodisciplina del paese di origine delle stesse che hanno il dovere di giudicarle. Ad oggi, questa sembra l’unica soluzione al problema-vantaggio della transnazionalità del mezzo Internet poiché è solo in questo modo che possono risolversi casi di illeciti che interessano paesi diversi, estendendo i poteri degli organi di autodisciplina che non possono lavorare al di là dei confini nazionali di appartenenza, ma che così possono intervenire anche quando i messaggi prodotti nel proprio paese vengono diffusi oltre lo stesso. Purtroppo, non ogni questione sembra risolta. Non tutte le comunicazioni commerciali ritenute illecite nel paese di diffusione sono condannate, se ritenute, invece, lecite nel paese di origine, così come può risultare complicato individuare il responsabile della comunicazione scorretta, anche se in tali casi l’EASA può intervenire con un Euro Advertising Alert, un fax contenente menzione del messaggio in discussione che l’Alleanza invia a tutti i suoi membri. L’EASA non può abbattere le barriere culturali ad oggi esistenti emanando un unico codice di autodisciplina che valga per l’intera Europa, ma solo provvedere a diffondere delle guidelines cui tutti dovrebbero attenersi durante la stesura o la modifica dei propri codici. La strada dell’autocontrollo può rappresentare una soluzione alla gestione dei problemi inerenti all’e-advertising, ma è necessario che si dedichi una normativa esclusiva e puntuale alla comunicazione commerciale online attenta a tutto ciò che attiene a tale settore. In molti casi basterebbe attuare realmente le regole già esistenti. Al di là di quanto previsto per i messaggi diffusi attraverso i media tradizionali, occorre considerare ogni caratteristica di Internet. Innanzitutto, sarebbe 207 Conclusioni auspicabile, per tentare di risolvere il problema dello spamming, rafforzare e adottare in tutte le situazioni il sistema del double opt-in, come già accade in alcuni casi: il consumatore non solo afferma di voler ricevere comunicazioni commerciali online ma, attraverso un’azione successiva, quale la risposta ad una e-mail, ulteriormente conferma la propria scelta, cosicché si possa essere pienamente convinti di quanto fatto, sia dal lato del consumatore che accetta la somministrazione di contenuti commerciali, sia dal lato dell’inserzionista che li diffonde. Andrebbe adottato un efficace sistema di navigazione differenziata per la tutela dei minori, così come potrebbe preferirsi, accanto al rilascio di tutti i dati personali di un utente, semplicemente un indirizzo e-mail e una password che andrebbero associati ad un codice identificativo dello user. Nonostante ogni passo compiuto in rete sia costantemente registrato, potrebbe risultare un sollievo per il consumatore fruire di tutti i contenuti senza dover rilasciare neppure il proprio nome, se non nei casi strettamente necessari. Non è corretto, infatti, e può risultare anche controproducente, pretendere, in cambio della possibilità di beneficiare di alcune informazioni, di conoscere ogni aspetto della vita di un consumatore, anche se ciò potrebbe rivelarsi molto utile nella diffusione di annunci in linea con i suoi interessi. Per il consumatore ricevere comunicazioni su misura può essere sì vantaggioso, ma in tanti casi apparire come l’ulteriore invadenza da parte di quel big brother onnipresente e onnisciente che conosce tutto di tutti. Le aziende inserzioniste, attraverso Internet, possono raggiungere una fetta importante dei propri consumatori ed in più offrire loro una quantità di informazioni maggiore rispetto a quanto accade con gli altri mezzi di comunicazione. Chi sente l’esigenza di comunicare non può non tenere in considerazione la Rete durante la scelta del media mix attraverso cui veicolare i propri messaggi, né tantomeno sentirsi libero di trarre in inganno il consumatore solo perché di esso conosce bene gusti e preferenze. In fondo, la storia insegna che una chiara comunicazione può essere d’aiuto per risolvere anche le più gravi crisi, poiché il consumatore, da "consum-attore", non è più un soggetto passivo, ma si prodiga egli stesso in consigli a consum-attori come lui circa i beni migliori, informazioni dispensate sulla base della propria 208 Conclusioni esperienza. Egli, stanco della finzione e degli inganni, interviene affermando il proprio parere e smascherando i comunicatori malfattori; sceglie, si esprime, dice anche no. È lui che decide e può anche non perdonare. Internet ha amplificato e in molti casi aggregato le potenzialità espresse dagli altri mezzi di comunicazione. Un comportamento scorretto e non perseguitato può indurre il fruitore a non fidarsi più di questo ulteriore mezzo di diffusione di annunci. Tuttavia, è necessario che gli stessi organi di controllo si attivino per far conoscere ai consumatori i propri diritti, le regole esistenti in loro favore, le modalità per denunciare gli illeciti. Ad un aumento del potere del consumer paradossalmente spesso corrisponde proprio una mancata consapevolezza dello stesso cosicché risulta più facile essere tratti in inganno. La solidarietà espressa in rete tra gli utenti anche grazie al word of mouth dovrebbe ricordare maggiormente ad inserzionisti ed advertiser che «Il consumatore non è uno stupido. Il consumatore è tua moglie»1. 1 Ogilvy D. M. 209 Appendice A.1 Direttiva 2005/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali") – Art. 14. (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 149 del 11/06/2005 pag. 0022 - 0039 Articolo 14 – Modifiche della direttiva 84/450/CEE La direttiva 84/450/CEE è così modificata: 1) l’articolo 1 è sostituito dal seguente: «Articolo 1 La presente direttiva ha lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa.»; 2) all’articolo 2, - il punto 3) è sostituito dal seguente: «3) "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale; e chiunque agisca in nome o per conto di un professionista»; - è aggiunto il punto seguente: «4) "responsabile del codice": qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e della revisione di un Appendice codice di condotta e/o del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si sono impegnati a rispettarlo.»; 3) l’articolo 3 bis è sostituito dal seguente: «Articolo 3 bis 1) Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: che essa a) non sia ingannevole ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, e degli articoli 3 e 7, paragrafo 1 della presente direttiva o degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno1; b) confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi; c) confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi; d) non causi discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente; e) per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisca in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione; f) non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale o ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti; g) non rappresenti un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati; h) non ingeneri confusione tra i professionisti, tra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni 1 GU L 149 del 11.06.2005, p. 22. 211 Appendice distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente. 4) l’articolo 4, paragrafo 1, è sostituito dal seguente: «1) Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere la pubblicità ingannevole e garantire l’osservanza delle disposizioni in materia di pubblicità comparativa nell’interesse sia dei professionisti sia dei concorrenti. Tali mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali persone od organizzazioni che secondo la legislazione nazionale hanno un legittimo interesse contrastare la pubblicità ingannevole o la regolamentazione della pubblicità comparativa possano: a) promuovere un’azione giudiziaria contro tale pubblicità o b) sottoporre tale pubblicità al giudizio di un’autorità amministrativa competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un’adeguata azione giudiziaria. Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali di questi mezzi si debba ricorrere e se sia opportuno che l’organo giurisdizionale o amministrativo sia autorizzato ad esigere che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie, compresi quelli di cui all’articolo 5. Spetta a ciascuno Stato membro decidere: a) se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o congiuntamente contro più professionisti dello stesso settore economico e b) se possano essere promosse nei confronti del responsabile del codice allorché il codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di legge.» 5) l’articolo 7, paragrafo 1, è sostituito dal seguente: 212 Appendice «1) La presente direttiva non si oppone al mantenimento o all’adozione da parte degli Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela, in materia di pubblicità ingannevole, dei professionisti e dei concorrenti.». A.2 Legge 10 ottobre 1990 n. 287 "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato" – Artt. 2-3-14. Art. 2. - Intese restrittive della libertà di concorrenza 1) Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari. 2) Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico; c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l’oggetto dei contratti stessi. 3) Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto. Art. 3. - Abuso di posizione dominante 1) È vietato l’abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato: 213 Appendice a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori; c) applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; d) subordinare la conclusione dei contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l’oggetto dei contratti stessi. Art 14. - Istruttoria 1) L’Autorità, nei casi di presunta infrazione agli articoli 2 o 3, notifica l’apertura dell’istruttoria alle imprese e agli enti interessati. I titolari o legali rappresentanti delle imprese ed enti hanno diritto di essere sentiti, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nel termine fissato contestualmente alla notifica ed hanno facoltà di presentare deduzioni e pareri in ogni stadio dell’istruttoria, nonché di essere nuovamente sentiti prima della chiusura di questa. 2) L’Autorità può in ogni momento dell’istruttoria richiedere alle imprese, enti o persone che ne siano in possesso, di fornire informazioni e di esibire documenti utili ai fini dell’istruttoria; disporre ispezioni al fine di controllare i documenti aziendali e di prenderne copia, anche avvalendosi della collaborazione di altri organi dello Stato; disporre perizie e analisi economiche e statistiche nonché la consultazione di esperti in ordine a qualsiasi elemento rilevante ai fini dell’istruttoria. 3) Tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le imprese oggetto di istruttoria da parte dell’Autorità sono tutelati dal segreto d’ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni. 4) I funzionari dell’Autorità nell’esercizio delle loro funzioni sono pubblici ufficiali. Essi sono vincolati dal segreto d’ufficio. 5) Con provvedimento dell’Autorità, i soggetti richiesti di fornire gli elementi di cui al comma 2 sono sottoposti alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a 214 Appendice cinquanta milioni di lire se rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti ovvero alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a cento milioni di lire se forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri. Sono salve le diverse sanzioni previste dall’ordinamento vigente. A.3 D. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, Codice del Consumo Art. 130 Art. 130. Diritti del consumatore 1) Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene. 2) In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9. 3) Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro. 4) Ai fini di cui al comma 3 è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto: a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità; b) dell’entità del difetto di conformità; c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore. 5) Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene. 215 Appendice 6) Le spese di cui ai commi 2 e 3 si riferiscono ai costi indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d’opera e per i materiali. 7) Il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni: a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5; c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore. 8) Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene. 9) Dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti: a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto; b) qualora il consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo. 10) Un difetto di conformità di lieve entità per il quale non è stato possibile o è eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non dà diritto alla risoluzione del contratto. A.4. L’EASA Best Practice Self-Regulatory Model Aprile 2004 This document sets out the European Advertising Standards Alliance’s (EASA) recommendation for advertising self-regulatory systems as adopted by the EASA’s Board on April 1 2004. It is based on the EASA’s Statement of Common 216 Appendice Principles and Operating Standards of Best Practice, as well as the EASA Best Practice Action Programme. This document describes the various component parts of the model self-regulatory systems which the EASA wishes to see in place in all existing EU member states and in Accession countries. It is designed to help the EASA and its members to evaluate, initiate and develop effective and efficient systems across Europe. It will also help identify areas where investment is needed to develop existing national arrangements in order to improve the provision and operation of self-regulation with regard to EASA’s Best Practice Self-Regulatory Model. 1. Universality of the Self-Regulatory System An effective advertising self-regulatory system should apply without exception to all practitioners – advertisers, agencies and media. To achieve this, there needs to be a general consensus on the need for a self-regulatory system and the practical, active support of all three parts of the industry. Additionally, a self-regulatory organisation (SRO) must be able to depend on the moral support of a large majority of the industry, to lend credibility to its decisions and ensure that they can be applied even to unco-operative advertisers. This can be achieved only if the system covers all significant forms of advertising and has the active participation of practitioners in all areas of commercial communications, including Direct Marketing and new forms of advertising e.g. the so-called New Media, where traditional enforcement mechanisms may not be available. 2. Sustained and Effective Funding Effective self-regulation is the best means of maintaining the freedom to advertise and freedom has a price. Self-regulation is not a cut-price option: it can function effectively only if it is properly funded. A self-regulatory system requires a robust method of funding involving the commitment of all the parties involved in the various sectors of commercial communications. It is important that such a method is sustainable, i.e. affordable and not extravagant, but it should also be buoyant, i.e. so designed that it cannot be placed in jeopardy by the unilateral action of any company or industry sector. Finally, the funding method should be indexed to 217 Appendice ensure that it keeps pace with increased costs and reflects changes in the advertising market. A levy system based on a small percentage of all advertising expenditure has been found to be a very satisfactory way of fulfilling all these criteria. 3. Efficient and Resourced Administration SROs should be managed in a cost-efficient and business-like manner with defined standards of service. To maintain public confidence in the system, an SRO must be – and be seen to be – independent of the industry which funds it. To achieve this, it requires a dedicated secretariat within a structure that provides the necessary independence and external credibility. The number of staff will depend to some extent on the size of the country, but it must be adequate to ensure the efficient functioning of the SRO. Even the smallest SRO is unlikely to be able to function properly with fewer than two full-time staff and most will need substantially more. Staff numbers should be reviewed regularly to ensure that they are appropriate to the workload and the SRO’s budget should be reviewed each year and kept at a level adequate to meet its needs. To maintain impetus, the SRO is encouraged to have a strategic action plan, put in place at its inception and updated on an annual basis. To establish and maintain awareness of its activities, it is also advisable to have a communications plan, conducted on the same basis. 4. Universal and Effective Codes A key element of any self-regulatory system is an overall code of advertising practice. This should be based on the universally-accepted ICC Codes of Marketing and Advertising Practice; it may subsequently be extended and developed in response to national requirements. It is important that the code should apply to all forms of advertising. It is equally important to establish a procedure for the regular review and updating of the code, ensuring that it keeps abreast of developments in the market place, changes in public concerns and consumer sensitivity, and the advent of new forms of advertising. Finally, the code must be made widely available and advertisers, agencies and media must be familiar with its contents. 218 Appendice 5. Advice and Information One of self-regulation’s key roles is to prevent problems before they happen by providing advice to advertising practitioners. The advice provided by an SRO takes several forms: first, copy advice, i.e. confidential, non-binding advice about a specific advertisement or campaign, supplied on request before publication. Secondly, the SRO offers general advice on code interpretation; this advice will also draw on "case law", i.e. precedents established in previous adjudications. General advice of this kind can also be made available in the form of published guidance notes, which supplement the code and indicate best practice, for example in high-profile or problem areas. Like the code itself, guidance notes can be updated as necessary. 6. Prompt and Efficient Complaint Handling The public perception of a self-regulatory system will depend to a very large extent on how efficiently it is seen to deal with complaints. One of selfregulation’s principal advantages over the judicial process is, precisely, its speed. Consequently it is essential that complaints are seen to be handled promptly. The amount of time required to investigate a complaint will depend on its complexity. Business to business complaints typically may take longer to resolve. SROs however should manage their activities particularly in this area against defined standards of service, including complaint handling targets. The same principle applies in the case of cross-border complaints, with the added consideration that a large number of cross-border cases concern marginal or "rogue" advertisers; in such cases, it is important not to spend too long waiting for a response from the advertiser, which is unlikely to materialize. In cases alleging misleadingness, a fundamental principle of self-regulation is that the advertiser must bear the burden of appropriately substantiating his claims. The SRO should ensure that it has the means to evaluate technical evidence produced by advertisers to support their claims, including access to independent, specialist experts. Competitive complainants should be able to show prima facie evidence of a code breach in order to avoid abuse of the system. 219 Appendice 7. Independent and impartial adjudication A self-regulatory system must be able to demonstrate that it can judge cases brought before it efficiently, professionally and above all impartially. The complaints handling process itself, the complaints committee and its adjudications, must be conducted in an independent manner. They must be subject neither to the influence of the advertising industry or any particular industry sector or company, nor of government, NGOs or other interest groups. The complaints committee should have a majority of independent members and its chairman should be an independent person. Where an individual member of a complaints committee is drawn from the industry or from a consumer organisation, for example, it must be clearly understood that they serve in a personal capacity and not as a representative or delegate of any interest group. The adjudication process is incomplete without some provision for the review of decisions in case of appeal. The review process should be thorough but need not be elaborate; it should be so designed that it cannot be used merely as a delaying tactic to postpone the implementation of a decision. 8. Effective Sanctions Although in most cases self-regulatory systems can count on voluntary compliance (however reluctant) with their decisions, their credibility depends in no small measure on an ability to enforce them. The so-called "name and shame" principle, involving routine publication of adjudications, with full details of the complaint and the name of the brand and the advertiser, has proved to be a powerful deterrent. It can, where necessary, be reinforced by deliberately publicising a case where voluntary compliance with a decision is not forthcoming. However, perhaps the most effective means of enforcing a disputed decision is media refusal of the offending advertisement. This requires a commitment on the part of the media as a whole to uphold the decisions of the SRO and is likely to depend on the adoption of a standard "responsibility clause" in all advertising contracts, by which both parties agree to be bound by such decisions. 220 Appendice 9. Efficient Compliance and Monitoring To be truly effective, an SRO cannot afford to restrict its activities to responding to complaints: if it does so, its interventions will inevitably be haphazard and lack consistency or thoroughness. To proceed effectively against violations of the code, it will need to put in place a planned programme of systematic monitoring, based on specific product sectors or problem areas. This allows the SRO both to institute cases on its own initiative and to evaluate levels of code compliance. This, in its turn, enables potential problems to be discussed with the industry and eliminated before they become too serious; regular dialogue with the industry should be a routine part of the SRO’s activities. Monitoring and compliance surveys will also indicate areas where the code may need to be strengthened or changed. 10. Effective Industry and Consumer Awareness An effective self-regulatory system should maintain a high profile: consumers should be aware of where and how to complain and the industry should be aware of the codes and procedures by which it regulates itself. To achieve this, the SRO will need to undertake regular publicity campaigns to create and maintain awareness of the system among consumers. It can be assisted by the provision of free media space, both in traditional media and the increasingly important electronic media. It should be simple and straightforward for consumers to complain, both on and offline. Simultaneously, an ongoing programme of promoting its codes and procedures to the advertising industry – paying particular attention to those joining the business – will enable the SRO to establish practical awareness at working level. Finally, the SRO will need to be able to produce information and evidence of its activities, in the form of published surveys, case histories and statistics (for example, numbers of complaints handled or copy advice requests). Information of this kind is essential, at European as well as at national level, to demonstrate the effectiveness of self-regulation. 221 BIBLIOGRAFIA Abruzzese A., Colombo F., "Dizionario della pubblicità", Zanichelli, Bologna, 1994. Cassano G., Cimino I. P. (a cura di), "Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche", Cedam, Padova, 2009. Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, 53a edizione (21 novembre 2011). Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (80/934/CEE). Cossutta M., "Sull’utilizzo fuorviante d’un termine. Il caso dei vizi della pubblicità" in "Tigor: rivista di Scienze della Comunicazione", 2010. Crisafi M., Trunfio E., Bellissimo L., "Pedofilia. Disciplina, tutele e strategie di contrasto", Giuffrè, Milano, 2010. Cuffaro V. (a cura di), "Codice del Consumo", II ed., Giuffrè, Milano, 2008. Cultrera S., "Diffamazione, Internet e libertà di stampa", Halley, Matelica, 2006. 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