Yokoo e Perrault tra i vincitori del «Praemium Imperiale» A Pisa «Anima Mundi», musica sacra con Haenchen e Bahrami Il giapponese Tadanori Yokoo per la pittura, il tedesco Wolfgang Laib per la scultura, l’inglese Mitsuko Uchida per la musica e i francesi Dominique Perrault e Sylvie Guillem per l’architettura e il teatro/cinema. Sono i vincitori del Praemium Imperiale 2015, il più importante premio d’arte esistente, assegnato dalla Japan Art Association. Ciascuno dei vincitori riceverà 15 milioni di yen (circa 111mila euro) durante la cerimonia di premiazione che si svolgerà a Tokyo il 21 ottobre. Si terrà a Pisa da domani al 24 settembre la XV edizione di «Anima Mundi», rassegna internazionale di musica sacra a cura di Sir John Eliot Gardiner. In programma sette concerti nella cornice della Cattedrale e del Camposanto Monumentale. Tra i protagonisti Hartmut Haenchen, che alla testa di orchestra e coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia interpreta La creazione di Haydn, e il pianista iraniano Ramin Bahrami. Info: www.opapisa.it. Da oggi la prima edizione La pazza idea di fare un festival della follia Convocati a Teramo gli stati generali del delirio sulle orme di Platone ed Erasmo. Perché una volta all’anno è lecito uscire fuori di testa. Tra i protagonisti Sgarbi, Crepet, Nori e il regista Pupi Avati Un particolare de «La nave dei folli» (1494 circa) del pittore olandese Hieronymus Bosch, con vari personaggi a bordo di una piccola barca, intenti a sprecare la vita nei vizi ::: segue dalla prima MARCELLO VENEZIANI (...) alla pazzia. C’entra, è inutile dirlo, il genius loci. Per uno come me che è nato a Bisceglie, città dei pazzi perché ospitava il manicomio più grande del sud, la follia è di casa. Ma la pazzia è anche una tara ereditaria,e infatti, l’idea di dedicare un festival alla follia è stata contagiata di padre in figlia e di zio in nipote. Così ci ritroviamo imbarcati in una folle impresa a conduzione familiare, una ditta ambulante di export della follia. Da oggi a lunedì a Teramo ci sarà il primo Festival della Follia (www.festivaldellafollia.it) e ci saranno anche Paolo Crepet e Vittorio Sgarbi, Paolo Nori e Pupi Avati. La scelta di Teramo per il festival pazzesco non è casuale, perché anche Teramo ha avuto un suo famoso manicomio. Ha avuto pure i suoi personaggi folli, ciascuno a suo modo: penso a Marco Pannella, profeta allucinato di una società radicalmente libertaria; e penso al suo opposto, Giacinto Auriti, economista e filosofo, acuto fino alla follia, delirante fino alla lucidità, che a Teramo costruì la sua teoria della sovranità monetaria che piacque tanto a Beppe Grillo. A Teramo sarà un antifestival, visto che di festival ce ne sono troppi in giro. Del resto,la pazzia è versatile e si può imbastire sulla sua mania un percorso a tappe estrose, dalla medicina alla poesia, dalla psichiatria alla profezia, dall’arte alla filosofia, dalla comicità alla tragedia, allestendo mostre, convegni,musei della follia, murales deliranti,archivi della demenza, musiche pazzesche, monologhi, film e spettacoli dedicati alla pazzia, cantastorie per raccontare in strada casi di pazzia... Un ricco catalogo della follia, quasi un’enciclopedia che convoca gli stati generalidella pazzia. Immaginavo una giornata della pazzia in cui i folli prendono simbolicamente le chiavi della città e come avviene a Pamplona si libera la pazzia nelle strade come i tori a san Firmino, a rischio di farsi incornare. Semel in anno licet insanire una volta all'anno è permesso impazzire - dicevano gli antichi. Ma si può compiere pure un percorso tragico sulla storia sociale della pazzia, un museo degli orrori dei manicomi, una rassegna di opere d’arte di malati di mente e degli arnesi di contenzione della follia. Letti, camicie di forze, strumenti di cura e di tortura, macchine per sedarla,inebetirla, esorcizzarla. A Teramo ci sarà un primo assaggio di questo tour nella follia. C’è poi la pazzia presunta, usata dalla società, dalle famiglie e dalle comunità per interdire e reprimere i comportamenti difformi e politically uncorrect come si direbbe oggi. Anziani internati per soffiare loro i patrimoni, poeti ingabbiati perché avevano idee scandalose, ragazze ricoverate per frenare le lo- ro voglie sessuali e seppellire i loro atti impuri o i loro aborti forzati... Per non dire della pazzia di abolire per legge la malattia mentale, co- di PAOLO NORI Come la coda del maiale ■■■ Domenica scorsa c’è stato, a Marina di Pietrasanta, alla festa del Fatto, un dibattito intitolato «Pagano i ladri o gli onesti?», che era un dibattito su tasse ed evasione al quale partecipava,oltre a Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle Entrate, e a due magistrati, anche Peter Gomez, direttore de ilfattoquotdiano.it. A un certo punto Gomez ha detto che la mamma di suo figlio, che è un’imprenditrice, che ha un’impresa, se non ho capito male, di moda, che fattura qualche milione dieuro l’anno, è vittima diuna pressione fiscale incredibile. «Oh», ha detto Gomez, «le paga, le tasse, non evade, ha convissuto con me per 16 anni, figuriamoci se evade, però fa molta fatica». Io Gomez lo conosco personalmente; mi è simpatico, mi sembra una persona ragionevole, e infatti quello che ha detto, che gli imprenditori fanno fatica, è una cosa che io credo sia vera, e credo sia vero anche il fatto che la mamma del figlio di Gomez paghi le tasse, mi vengon dei dubbi sul fatto che l’aver convissuto per 16 anni con Gomez (o forse gli anni eran 18, non mi ricordo), sia una garanzia del fatto di essere dei corretti contribuenti. Se assumessimo questo fatto come indiscutibile, e lo portassimo alle estreme conseguenze, potremmo forse concludere che gli evasori, quelli conclamati, condannati con sentenza passata in giudicato, basterebbe mandarli ad abitare con Gomez per qualche mese e loro, dopo qualche mese di convivenza obbligata con Gomez, sarebbero, come dire, recuperati alla società civile, forse. Ma forse, mi viene in mente, la cosa vale solo tra innamorati; allora, se usciamo dal caso personale di Gomez, che è interessante, per carità, ma se traiamo da questa esperienza di Gomez una regola generale, abbiamo un mondo dove si innamorano e vanno a convivere solo quelli che hanno gli stessi comportamenti contribuitivi. Cioè un mondo dove un contribuente corretto che si innamorasse di una ragazza, prima di chiederle se vuol diventare la sua fidanzata dovrebbe cercare di capire qual è l’atteggiamento contributivo, di questa ragazza, di avere per esempio una copia del suo modello unico oppure di prendere informazioni sul suo commercialista, che sarebbe un mondo un po’ più complicato del nostro ma altrettanto interessante, mi viene da dire. Un mondo del genere mi sembra sia stato descritto dallo scrittore polacco Jan Potocki nel suo Diario dell’Asia, scritto alla fine del ’700, nella parte in cui Potocki racconta l’incontro con una principessa cecena: «In questi giorni ho incontrato una principessa cecena. È molto bella e ben educata; non riesce tuttavia a liberarsi dai pregiudizi del suo popolo. Ritiene che un paese in cui non si ruba per strada abbia sempre qualche cosa di monotono e di noioso e un fazzoletto rubato le fa più piacere che se le venisse comperata una collana di perle. Dice che sin dall’inizio dei tempi i principi della sua casa hanno sempre rubato sulla strada per Tiflis o su quella per Tarku e che per nulla al mondo vorrebbe che i suoi parenti e i suoi amici sapessero che lei ha sposato un uomo che non vive di rapine» (traduzione di Paolo Fontana). me fu con la Legge Basaglia e chiudere i manicomi senza gestire il dopo-manicomio,aprendo la voragine della follia in casa o per strada. La pazzia è l’emisfero in ombra dell’umanità, il vero lato B che percorre come una trama a rovescio la storia della civiltà e dei rapporti umani. Si può sprigionare la follia, liberarla dalla camicia di Nesso della realtà e riconvertirla in creatività, o rivivere in farsa quel che fu tragedia.Il sogno, in fondo, è la dose giornaliera di pazzia dei “savi”; la mente in libera uscita che vaneggia, gioca, si tormenta tra insensatezze oniriche e profezie notturne, stabilendo relazioni assurde tra tempi e persone. Perché il pazzo, spiegava G. K. Chesterton, non è colui che ha perso la ragione ma chi ha perso tutto tranne la ragione: il folle perde la relazione tra i suoi pensieri e la realtà, perde il rapporto tra la mente e il mondo. E poi la pazzia letteraria e poetica, la pazzia filosofica ed etica, la pazzia musicale e pittorica o al cinema, la pazzia come invasamento profetico o mania astrologica, come gioco e comicità, la pazzia come malattia e come terapia. Una forma di revisionismo extravagante che trasforma il delirio in farmaco. Osate esser pazzi, esortava Giovanni Papini, in certi momenti di svolta occorre un granello di follia per fondare le cose o cambiarne radicalmente il corso. Nel delirio della follia, scorrono come in una pulp fiction filosofica, artistica e letteraria, la divina pazzia di cui parlava Platone e le tragedie greche di Eschilo, Sofocle ed Euripide, e poi la pazzia vissuta o narrata: di Tasso ed Erasmo, Cervantes e Shakespeare, don Chisciotte ed Enrico IV, Holderlin e Nietzsche, van Gogh e Ligabue, Campana e Pound, Pirandello, Bukowskj e Foucault, Tobino e la Merini... In fondo, diceva Samuel Beckett, nasciamo tutti pazzi, alcuni poi lo restano. O magari vi ritornano, con la demenza senile. La vita è un intervallo di lucidità tra due pazzie, quella dell’infanzia e quella della vecchiaia. Se la saggezza è misura e la follia è smisuratezza, allora la prima è contenuta nella seconda, come un insieme piccolo dentro un insieme grande: l’isola della ragione è dispersa nell’oceano della pazzia. E comunque, il contrario della pazzia non è la saggezza ma la stupidità. Ricordatelo ai cretini.