Gruppo di Lavoro nazionale AIE-GEA n. 2 INTEGRAZIONE DI PRESTAZIONI D'INTERESSE COMUNE: LEA SANITARI E LETA AMBIENTALI Data inizio lavori: 22 novembre 2005 Data fine lavori: 31 ottobre 2006 Il presente documento è stato redatto a cura dei componenti del gruppo di lavoro AIE-GEA n. 2 costituito tra i Ministeri della Salute e dell’Ambiente, l’APAT, l’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) e il Gruppo di coordinamento delle attività di Epidemiologia Ambientale delle Agenzie per la Protezione Ambientale (GEA): Maria Teresa Quaresima Manuela Cocchi Liliana Cori Tiziana Forte Gisberto Paoloni Mauro Mariottini Massimo Menegozzo Luciana Ropolo Giorgio Assennato Luigi Salizzato Aligi Gardini Carlo A. Goldoni Bice Previtera Ministero della Salute Ministero della Salute Ministero dell’Ambiente APAT ARPA Marche ARPA Marche ARPA Campania ARPA Piemonte ARPA Puglia AUSL Cesena AUSL FO AUSL MO, DSP ASUR Marche Nel documento il gruppo ha inteso riproporre le motivazioni, le finalità e le metodologie per la realizzazione di una concreta integrazione tra le attività degli operatori sanitari ed ambientali su alcune problematiche specifiche la cui realizzazione non può prescindere da un intervento integrato. Il documento è indirizzato ai legislatori ed amministratori nazionali e locali che possono stimolare a vario livello queste forme di coordinamento e a tutti gli operatori che detta integrazione dovranno poi realizzare. Al Ministero della Salute si chiede, infine, che nella definizione dei LEA sia meglio specificata la necessità d’integrazione Ambiente e Salute per la realizzazione di alcuni Livelli Essenziali di Assistenza nel campo della prevenzione collettiva ed al Ministero dell’Ambiente ed al sistema delle Agenzie per la Protezione Ambientale che tali prestazioni, che le Agenzie già diffusamente svolgono, siano riconosciute tra i costituendi Livelli Essenziali di Tutela Ambientale (LETA). In estrema sintesi si auspica che “la medesima gestione integrata rappresenti di per sé un livello essenziale di assistenza/tutela”. Pagina 1 di 31 SOMMARIO PREMESSA.............................................................................................3 POLITICHE E STRATEGIE IN MATERIA DI AMBIENTE-SALUTE ......................................... 3 ESPERIENZE MATURATE IN AMBITO NAZIONALE ......................................................... 4 IPOTESI DI INTEGRAZIONE LEA-LETA......................................................................... 4 OGGETTO ..............................................................................................7 FINALITA’ DEL LAVORO ...........................................................................7 CRITERI GENERALI DI QUALITÀ CHE POSSONO FARE DA GUIDA ALLA INTEGRAZIONE ..... 9 FASI DEL LAVORO ED INDICAZIONI METODOLOGICHE .............................. 12 1. Raccolta di informazioni di carattere generale. ....................................................... 13 2. Frazionamento delle prestazioni assistenziali svolte. ................................................ 13 2. Definizione delle fasi in chiave LEA/LETA ed attribuzione delle specifiche competenze... 17 IMPLEMENTAZIONE DELL’INTEGRAZIONE AMBIENTE E SALUTE................... 18 • Costituzione e formazione di gruppi di lavoro....................................................... 18 • Predisposizione di contatti. ............................................................................... 18 • Elaborazione di proposte. ................................................................................. 18 • Verifica dell’applicabilità delle fasi operative. ....................................................... 18 • Determinazione dei momenti di integrazione. ...................................................... 18 BIBLIOGRAFIA ..................................................................................... 31 ALTRE INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE .................................................... 31 INDICE DEGLI ALLEGATI ALLEGATO I ......................................................................................... 19 ALLEGATO II ........................................................................................ 22 ALLEGATO III....................................................................................... 25 Pagina 2 di 31 PREMESSA POLITICHE E STRATEGIE IN MATERIA DI AMBIENTE-SALUTE Nel contesto internazionale, nazionale e locale si stanno dibattendo politiche, strategie ed interventi di crescente attenzione per la prevenzione collettiva e la protezione ambientale, ben rappresentate nel binomio ambiente e salute. L’esistenza di un chiaro consenso generale sull’importanza del rapporto ambiente-salute ha trovato la sua espressione in un quadro politico e normativo ben definito nelle realtà dell'U.E. e del nostro paese. Il VI° Programma di azione (2002) in materia di ambiente dal titolo "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta" 1 sottolinea la necessità di integrazione tra ambiente e salute e dedica il proprio articolo 7 a “obiettivi e aree di azione prioritaria per l'ambiente, la salute e la qualità della vita”. La consapevolezza di una stretta interazione tra problematiche ambientali e sanitarie ha spinto la Commissione europea, nel giugno 2003, a varare la propria strategia, denominata iniziativa SCALE 2 (Science, Children, Awareness, Legal instrument, Evaluation), incentrando la propria attenzione sulla necessità di una prevenzione primaria in campo ambientale allo scopo di proteggere le fasce di popolazione più vulnerabili. Nel 2004 la Commissione europea ha approvato un piano d'azione “The European Environment & Health Action Plan 2004-2010” 3 volto a ridurre le malattie provocate dall'inquinamento ambientale. Il piano, mirante a sviluppare un sistema comunitario che integri le informazioni sullo stato dell'ambiente, sull'ecosistema e sulla salute umana, individua 13 azioni, che prevedono iniziative per una migliore comprensione del rapporto tra ambiente e salute e per individuare le vie attraverso le quali l'esposizione ambientale provoca effetti sulla salute. Il piano d'azione ha rappresentato il principale contributo della Commissione alla quarta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) su Ambiente e Salute, tenutasi a Budapest nel giugno 2004 sul tema "Il futuro dei nostri figli". Nel piano l’azione n. 4 della prima principale area tematica indica come obiettivo strategico il: “Migliorare il coordinamento e le attività congiunte su ambiente e salute”. Il WHO Regional Office for Europe, Resolution EUR/RC54/R3, 4 , in attesa che si riunisca la V Conferenza interministeriale in Italia nel 2009, chiede che vengano rispettate e seguite le decisioni intraprese nella Conferenza di Budapest sottolineando la necessità di porre particolare attenzione allo sviluppo di sistemi informativi integrati ambiente e salute e manifestando l’esigenza di attivare azioni politiche per una maggiore tutela della salute pubblica dall’impatto dei principali pericoli ambientali. In linea con gli indirizzi europei, questi principi sull’importanza del rapporto tra la salute e l’ambiente e sulla necessità di un’integrazione a tutti i livelli, politici ed istituzionali, sono stati ripresi anche in campo nazionale. L’esigenza di un approccio olistico alla problematica ambiente-salute, infatti, già manifestata dall’art. 7 quinquies, del D.Lgs 229/99 5 , viene ripresa e sostenuta nel Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 6 . Da esso si evince la Pagina 3 di 31 necessità di sviluppare una politica meno settoriale che coordini azioni in campo ambientale e sanitario con un orientamento di tipo integrato. ESPERIENZE MATURATE IN AMBITO NAZIONALE Già da molti anni, addirittura prima della istituzione della Agenzia Nazionale Prevenzione Ambiente, in alcune regioni è in atto una sperimentazione consolidata di una modalità valutativa collegiale nei dipartimenti di prevenzione delle AUSL (DIP): si tratta dell’esame relativo ai progetti di nuovo insediamento produttivo (NIP). Pur con successo variabile tra le differenti realtà, per tale attività si può dire che è dimostrabile una buona evidenza di efficacia pratica . Anche se l’istruttoria può essere “separata”, ovvero esperita dai servizi del DIP e da ARPA in modo preliminarmente autonomo, invece la valutazione vera e propria è effettuata mediante una Commissione che opera in seduta interprofessionale, soprattutto a riguardo dei progetti di particolare criticità e complessità. Sulla base di quella esperienza e di quello strumento collegiale più che provato, la gestione integrata tra i due sistemi (DIP ed ARPA) acquista un significato metodologico ed operativo rilevante. Ciò si avvera se tale modello viene applicato con intelligenza e appropriatezza d’uso e dedicato soprattutto a processi/prodotti di peculiare complessità e criticità; non altrettanto si potrebbe affermare se fosse proposto invece per tutte le prestazioni possibili, in particolare per quelle di grande semplicità di esecuzione. Per fare un esempio, i processi/prodotti per i quali se ne propone l’uso, sono in ordine di priorità ipotetico: • • • • • • • • PTCP e PSC (Piani territoriali di coordinamento provinciali, Piani strutturali comunali e simili); Piani provinciali e regionali di gestione qualità aria; Piani provinciali e regionali di gestione rifiuti; VIA, VAS e VIS (Valutazioni di impatto ambientale e sanitario); Analisi de rischi sui siti contaminati; AIA (Autorizzazione integrata ambientale); Conferenza Ronchi (per impianti critici, come ad es. inceneritori e termovalorizzatori; discariche rifiuti); Variazioni di alcuni percorsi autorizzativi di cui sopra, ad opera del D. Lgs. 152/06 (cosiddetto Testo Unico ambientale). IPOTESI DI INTEGRAZIONE LEA-LETA L’intersettorialità degli interventi volti alla tutela ed alla promozione dell’ambiente e della salute umana comportano necessariamente la fusione di competenze diverse che coinvolgono una pluralità di istituzioni e professionalità. Ciò accresce l'esigenza di superare l’approccio impositivo, leggi e regolamenti, a favore di una strategia che preveda l’elaborazione di una Pagina 4 di 31 proposta multidisciplinare per la formulazione di ipotesi di approfondimento o di misure protettive/preventive, per coordinare i vari programmi d'azione, per individuare ed utilizzare le possibili sinergie, evitando nel contempo inutili ripetizioni di competenze, e per indicare eventuali lacune e questioni che andrebbero altrimenti approfondite. Nel tentativo di porre la giusta attenzione a quanto diffusamente percepito in materia di sicurezza ambientale e tutela della salute, sono stati individuati nell’epidemiologia ambientale e nella comunicazione del rischio ai decisori ed ai soggetti interessati, i due tematismi prioritari su cui poter realizzare una reale integrazione tra ambiente e salute. Tali questioni trovano ampio spazio nelle definizioni e nell’ipotizzabile collegamento dei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza, e dei LETA, Livelli Essenziali di Tutela Ambientale. Sembra utile a questo punto approfondire il concetto di Livello essenziale di assistenza in riferimento mirato al DPCM 29 novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza” 7 . Una ragione (e presupposto) di tale collegamento sta innanzitutto nella individuazione, tra la prestazioni che il SSN è tenuto a garantire in modo “essenziale” in tutte le Regioni (oltre a quelle diagnostico–terapeutiche e riabilitative), di attività che concernono il rapporto ambiente e salute. Tali attività si collocano sul versante della tutela della collettività dai rischi sanitari connessi all’inquinamento ambientale (1.2) e della tutela della collettività e dei singoli dai rischi sanitari degli ambienti di vita (1.3) (Tabella 1). Tabella 1. Livelli essenziali di assistenza (LEA) della Prevenzione collettiva – Igiene pubblica PREVENZIONE COLLETTIVA 1. Igiene e sanità pubblica 1.2 Tutela della collettività dai rischi sanitari connessi all’inquinamento ambientale - Verifica degli effetti sulla salute da inquinamento atmosferico e acustico - Verifica degli effetti sulla salute da impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Verifica degli effetti sulla salute da detenzione e smaltimento dei rifiuti speciali, tossici e nocivi - Verifica degli effetti sulla salute dalla qualità delle acque destinate al consumo umano - Verifica degli effetti sulla salute dalla qualità delle piscine pubbliche o di uso pubblico - Verifica degli effetti sulla salute dalla qualità delle acque di balneazione - Verifica degli effetti sulla salute da scarichi civili, produttivi e sanitari 1.3 Tutela della collettività e dei singoli dai rischi sanitari degli ambienti di vita - Valutazione dell’impatto sulla salute umana dei fattori di nocività, pericolosità e di deterioramento negli ambienti di vita e indicazione delle misure idonee alla tutela della saluta umana - Determinazione qualitativa e quantitativa dei fattori di rischio di tipo biologico presenti negli ambienti di vita - Controllo e sicurezza di impianti negli ambienti di vita - Formulazione di mappe di rischio ambientale - Verifica della compatibilità dei piani urbanistici e dei progetti di insediamento industriali e di attività lavorative in genere con le esigenze di tutela della salute della popolazione Pagina 5 di 31 - Tutela delle condizioni igieniche e di sicurezza degli edifici in relazione alle diverse utilizzazioni con particolare riferimento agli edifici ad uso pubblico - Vigilanza e controllo delle sostanze e dei preparati pericolosi e sulla loro etichettatura - Vigilanza sulle industrie insalubri Ma oltre a questo, sussiste una esigenza di connotazione più puntuale di tali prestazioni nella convinzione che la lista data dal DPCM sia di carattere “macro” e che invece meriti una declinazione di dettaglio per prodotti in parte “storici”, in parte a carattere innovativo perché messi alla ribalta dai nuovi modelli di approccio alla qualità ambientale ed alla salute pubblica. E’ opportuno ricordare qui la definizione di LEA data dalla proponente R. Bindi (“La salute impaziente” Jaca Book - 2005) 8 …..”essenziali perché rispondono in modo uniforme e appropriato, clinicamente efficace ed economicamente conveniente, alle necessità assistenziali dei cittadini”. Il servizio pubblico in ambito di prevenzione e ambiente (DIP ed ARPA), deve garantire su tutto il territorio nazionale, “tutto ciò di cui non si può fare a meno per garantire la efficace tutela dalle malattie”. Il nuovo Piano Sanitario Nazionale per il triennio 2006-2008 riprende la tematica dei LEA ed indica obiettivi chiari di approfondimento degli stessi a carico della Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ammettendo accezioni “eccessivamente generiche e lacunose” nel testo del DPCM Novembre 2001. Inoltre ribadisce la volontà di inserire nella lista prestazioni innovative a dimostrata efficacia clinica, di contrarre la disequità distributiva dei LEA tra le Regioni, di collegare infine l’equità distributiva con la promozione di appropriatezza nelle sue varie dimensioni. Per quanto detto sono alte le attese di valorizzazione dei LEA attraverso la applicazione del Piano stesso. Ai LEA sono stati di recente affiancati i LETA secondo una proposta di fonte APAT. Per praticità si usa l’acronimo LEA per i livelli essenziali di assistenza (già del resto in uso nella comunità dei professionisti della salute) e LETA per i livelli essenziali di tutela ambientale, termine già coniato dalla rete ARPA e impiegato in ambito tecnico–ambientale. E’ pur vero che i due “ termini” sono accezioni che nascono normativamente da esigenze diverse, per i LEA sostanzialmente di equità ed universalità sanitaria e per i LETA di natura economico-finanziaria. Tuttavia, in realtà, la distanza concettuale appare molto relativa e a lungo termine pare dire che gli obiettivi che essi permettono di perseguire sono confluenti: per tale ragione, sarebbe un errore metodologico severo, se si mantenesse una separazione tra gli uni e gli altri. Occorrerebbe al contrario trovare una ipotesi di somiglianza e di concordanza tale, da unificarne l’impianto e l’impiego . Pagina 6 di 31 L’elemento principale che secondo chi scrive, fa parte dei requisiti costitutivi di un LEA/LETA sta nella qualità di modalità gestionale del prodotto che viene offerto. Per questo, la ricerca di criteri e fattori condivisi di qualità (organizzativa, professionale e per gli utenti), delle forme operative della integrazione ARPADIP e della interrelazione con gli altri soggetti istituzionali (EELL, Agenzie di servizio, Associazioni, Privati ecc.), è il vero valore aggiunto che dovrebbe incrementare l’impatto dei “prodotti/processi” sull’ambiente e sulla salute delle comunità locali. OGGETTO Al fine di realizzare una concreta sinergia a livello istituzionale ed organizzativo tra strutture ambientali e sanitarie e rendere possibile un coinvolgimento propositivo-attuativo degli stessi organismi deputati alla tutela della salute ed alla protezione dell’ambiente è stato elaborato il piano operativo: “Integrazione di prestazioni d'interesse comune: LEA sanitari e LETA ambientali”. La proposta nasce dalla volontà di individuare nell’ambito delle prestazioni sanitarie ed ambientali che rientrano nel campo della “prevenzione collettiva” e che prevedono procedure di valutazione di impatto sanitario (risk assessment), di stima delle esposizioni (exposure assessment), di indagine epidemiologica e di comunicazione del rischio, competenze primarie e proposte di integrazione identificabili nei LEA (Livelli essenziali di assistenza) della Prevenzione collettiva – Igiene pubblica e nei LETA (Livelli essenziali di tutela ambientale). In alcune realtà regionali qualora si realizzino le condizioni per la loro conduzione potranno essere affrontate anche problematiche legate all’igiene negli ambienti di lavoro. FINALITA’ DEL LAVORO A fronte di un “bisogno di sviluppare uno specifico percorso nazionale, regionale e locale di erogazione integrata da parte del DIP e di ARPA e degli altri soggetti coinvolti nel raggiungimento degli obiettivi di salute”, il presupposto ispiratore di progetti di gestione integrata tra i due sistemi, nel contesto dei LEA/LETA, è che la medesima gestione integrata rappresenti di per sé un livello essenziale di assistenza/tutela. Come tale, è una modalità di intervento che in riferimento a specifici processi e prodotti, va garantita come indispensabile ed universale per tutte le realtà regionali. Dopo questa premessa, qualsiasi progetto che si ispiri al detto modello, dichiara nelle sue motivazioni la volontà di conseguire: - un’identificazione chiara dei prodotti offerti e della loro coerenza e ”importanza” rispetto alla mission del DIP e di ARPA; - l’identificazione di criteri di qualità condivisi dal sistema prevenzione/ambiente; Pagina 7 di 31 - l’individuazione di indicatori per il monitoraggio anche della qualità professionale, verso il cliente e organizzativa; l’identificazione ed eventuale riprogettazione dei relativi processi di erogazione da svolgere in modo integrato; la predisposizione di piani di azione per l’implementazione di quanto progettato. Le riflessioni sulle modalità di attivazione di un progetto di tal fatta, portano ad individuare alcune variabili che è importante considerare per definire le modalità di intervento e gli obiettivi operativi: - la peculiarità del contesto e l’autonomia delle strutture che interagiscono nei processi citati: le aziende AUSL hanno logiche di gestione autonoma e caratteristiche (culturali, di approccio gestionale e tecnico, di configurazione del territorio in cui operano) molto differenti; ARPA è certamente un’organizzazione unica a livello regionale ma ha una propria logica territoriale di cui non è possibile non tenere conto; - il diverso punto di partenza del livello di integrazione tra AUSL e ARPA a livello delle singole aree/province; - l’esistenza in alcune realtà (AUSL, ARPA, AUSL-ARPA) di protocolli e procedure sui temi in oggetto; - l’esistenza di progetti specifici di Arpa “confinanti” con i temi in oggetto (Progetto “Esposti”; Progetto “LETA”; altre esperienze sulle funzioni epidemiologia, formazione professionale, comunicazione alle popolazioni ecc.) Ciò porta a ritenere che l’obiettivo concreto effettivamente perseguibile, non possa essere la definizione di procedure operative integrate e comuni su tutto il territorio, in quanto questo si scontrerebbe con le specificità/vocazioni/disponibilità locali sia delle AUSL che di ARPA. Appare invece importante definire criteri e standard di qualità comuni tra Aziende AUSL e ARPA, in cui ogni realtà territoriale possa riconoscersi e che possano essere utilizzati come riferimento per sviluppare procedure e protocolli di ordine operativo a livello locale. Questo garantirebbe, si ritiene, l’individuazione di comuni “regole del gioco”, lasciando ai singoli territori la possibilità di sviluppare modelli operativi autonomi e ben caratterizzati sulla realtà e le possibilità del contesto, ma tuttavia rispettosi di principi e standard comuni. I temi su cui concentrare la definizione dei suddetti criteri e standard di qualità dovrebbero essere: - chiarificazione degli ambiti e delle responsabilità di competenza; - logiche e meccanismi di integrazione tra i diversi attori dei processi (AUSL, ARPA, altri Enti, ecc.); - approccio tecnico/professionale; - tempi di attivazione/intervento; - indicatori omogenei e condivisi per la valutazione ed il monitoraggio. Pagina 8 di 31 Spostare la logica del percorso da: - condividere comportamenti e regole operative a: - condividere criteri e standard di qualità, si ritiene possa garantire la definizione di un modello di riferimento che coniughi qualità e specificità dei territori. Il modello definito potrebbe rappresentare, una volta validato nelle sedi opportune, un punto di riferimento per l’autovalutazione da parte degli attori operanti nei singoli territori; la definizione di indicatori condivisi aprirebbe la possibilità di confrontare l’operato dei processi integrati sviluppati sui diversi contesti territoriali. Tale modello dovrà naturalmente essere portato, come proposta concreta, alla discussione a livello regionale e/o nazionale. Lo schema di lavoro potrà, se condiviso, essere applicato su più processi che si ritengano prioritari compatibilmente con le risorse che Regioni, Aree Vaste, singole AUSL e Agenzie ARPA partecipanti potranno mettere a disposizione. In sintesi si può ritenere che, in risposta ad esigenze locali, concrete-operative di un’integrazione tra i servizi di protezione ambientale e promozione della salute, nell’ambito delle politiche di programmazione e pianificazione delle attività preventive previste dai LEA e dai LETA nei rispettivi settori di pertinenza, il piano possa porre i seguenti obiettivi prioritari: proporre al Sistema Agenziale e tramite questo al Ministero dell’Ambiente una codifica delle prestazioni di possibile competenza ambientale (LETA) che contribuiscono al raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza (LEA); proporre al Ministero della Salute una eventuale metodologia di dettaglio degli stessi LEA; prevedere una metodologia generale per l’analisi di dettaglio delle prestazioni d’interesse definendo poi, compatibilmente alle regolamentazioni locali, competenze specifiche in relazione alle prestazioni erogate; individuazione dei punti di unione dei rispettivi campi di applicazione e dei momenti d’integrazione; indicazione di linee guida per l’implementazione di una metodologia di azione concordata e, contestualmente, predisposizione di un sistema di verifica della qualità della stessa; standardizzazione di tempi e modalità di risposta; individuazione e condivisione di strumenti operativi e conoscitivi di gestione delle informazioni atti ad avviare e sostenere competenze locali. CRITERI GENERALI DI QUALITÀ CHE POSSONO FARE DA GUIDA ALLA INTEGRAZIONE Il primo criterio che si tende a proporre in una ottica di Livelli essenziali di assistenza (LEA e LETA) nel contesto di un modello di gestione integrata, è il Pagina 9 di 31 criterio dell’interesse pubblico, in cui è iscritta la tutela dell’ambiente, così come della salute relativa alla comunità territoriale. Non appare rientrare in una ottica di LEA/LETA, affrontare domande di intervento, che riguardano la sfera del privato o del rapporto tra privati. Infatti, la soluzione di tali casi è delegabile di solito a strumenti di regolamentazione e di gestione differenti rispetto a quelli utilizzati dai servizi di prevenzione sanitaria ed ambientale (regolamenti condominiali, codice civile, contenzioso privato, ecc.). Appare importante a tale fine, allora, supportare le Amministrazioni Comunali nel perseguire il superamento, nel testo dei Regolamenti di igiene, veterinari e tutela ambientale, delle parti in cui si tenta ancora di “normare“ la sfera dei comportamenti privati e dei rapporti tra privati. Sempre in ambito di adeguato impiego del regolamento comunale di igiene e tutela ambientale (RCITA), si sottolinea poi che nella gestione delle constatazioni di violazione al RCITA, quando queste siano semplici, cioè esclusivamente riconducibili al Regolamento e quindi non tali da implicare una valutazione di impatto igienico – sanitario – ambientale da parte dei servizi di ARPA e AUSL, appare appropriatamente essere il Comune o l’Ente territoriale competente, ad intervenire senza coinvolgere di norma il sistema prevenzione e ambiente. Ma il criterio predominante cui fare riferimento, è quello del sistema a rete. Innanzitutto tra ARPA e DIP è auspicabile una intesa stretta, per cui anche al di là della schematica “ripartizione” tra i due sistemi delle competenze, la rete diventa lo strumento fondamentale per prevedere le sostanziali “aree” tematiche da condividere nella valutazione degli impatti su ambiente e salute e le modalità più adeguate per affrontarle. Il sistema a rete comporta però efficaci alleanze pure con le istituzioni pubbliche e le agenzie di servizio ( Comuni, Provincia, Ditte erogatrici di servizi ambientali, ecc.). Tale sistema di rete fa sì che la “circolazione“ delle informazioni e delle decisioni sempre secondo i protocolli concordati, consenta di mettere il sistema “ARPA - DIP” in rete anche con tali soggetti istituzionali . Un ulteriore criterio da proporre riguarda la unicità dell’“output” della valutazione/intervento tecnico, fornito nei casi di approccio integrato. Invece in riferimento alle forme più adeguate della integrazione ARPA-DSP, dovrebbe valere la regola del gioco dell’efficienza circa i casi a maggiore complessità e criticità per l’impatto su matrici ambientali e per la esposizione a rischi sanitari della popolazione. L’integrazione dovrebbe condurre ad un effetto finale, non determinato dalla semplice somma dei singoli contributi professionali, ma derivante da uno scambio di esperienze, competenze e punti di osservazione, il cui esito è decisamente di qualità diversa dalla semplice somma. Pagina 10 di 31 Nei casi di minore rilevanza, invece, lo strumento della integrazione può essere dato da un protocollo operativo che l’Ente con responsabilità di risposta, utilizza coerentemente anche a nome e per conto dell’altro Ente. Terzo ed ultimo caso, infine, può essere quello (dovrebbe essere raro!) delle responsabilità concomitanti ed anche in questa situazione, si fa valere il principio del risparmio di risorsa nel processo, concordando prima quale Ente interviene a nome anche dell’altro. Ancora, tra i criteri generali, va ricordato un principio di “ponderazione” del rischio ambientale e sanitario in due sensi: il primo per decidere una linea prioritaria di intervento (emergenza o meno, applicabile ad es. per valutazioni di stati “acuti” di rischio) ed il secondo per decidere oltre ai tempi di intervento e risposta, anche una differente e selettiva attenzione in termini di precauzione e di provvedimenti pianificati (es. piano mirato di prevenzione). Come ultimo, non per importanza, si ricorda il criterio delle “funzioni sentinella” di integrazione (nel senso che se presenti e presidiate con la dovuta attenzione, favoriscono e facilitano processi e prodotti integrati come pareri, valutazioni, interventi vari). Tali funzioni sentinella, imprescindibilmente loro stesse ad alto grado di integrazione, sono: a) il sistema informativo che riguarda i determinanti ambientali di malattie e di effetti sanitari sulla popolazione esposta (dialogo e messa in rete tra banche dati, archivi di esercizio e di governo); b) l’epidemiologia ambientale, ovvero l’osservazione e la sorveglianza epidemiologica degli stessi determinanti ambientali e delle loro associazioni con gli eventi sanitari della comunità territoriale, le relative distribuzioni, gli eccessi e le evidenze di malattie, ecc.; c) la formazione professionale che è volano formidabile ai percorsi ed alle modalità della integrazione tra professioni e professionisti dei due sistemi; d) la comunicazione alla comunità relativamente a rischi e conseguenti effetti, compresi i percorsi finalizzati alla analisi, alla conoscenza ed alla modifica della percezione del rischio ambientale da parte dei cittadini e dei loro rappresentanti. L’ approfondimento successivo, che potrà arricchirsi dell’esperienza applicativa nei contesti locali e sarà finalizzato ad un impiego adeguato delle regole di integrazione, tenta di conseguire questi obiettivi operativi: 1. identificare prima di tutto il “soggetto/Ente” titolare competente della risposta e della azione conseguente (es. ARPA, DIP, Comune, Pagina 11 di 31 Privato, ecc. ): la titolarità di risposta ed intervento delle possibili azioni integrate; e la mappa 2. indicare le opportunità di intervento integrato e le possibili modalità operative con cui tale integrazione si esprime sul campo; 3. descrivere i criteri qualitativi di un sistema di (informatizzabile) che faccia dialogare ARPA e DIP. archiviazione Per quanto riguarda la lettura delle fasi dei processi destinati alla gestione integrata, questa si rifà ai modelli della analisi organizzativa e valutativa (modello Delphi; modello Framework CDC di Atlanta). I detti modelli permettono di: - elencare le fasi di intervento ( fasi del processo/prodotto); - per ogni fase, individuare i principali fattori di qualità secondo le tre dimensioni della qualità organizzativa, professionale e di relazione con i cittadini/utenti; - per ognuno dei fattori di qualità, declinare le modalità proprie di presidio che sono sostanzialmente: ° la redazione di protocolli, linee-guida, istruzioni operative, che consentano appunto di mantenere l’attenzione operativa e comportamentale degli operatori sul fattore da presidiare e garantire; ° la predisposizione di indicatori di monitoraggio per il governo della qualità del processo e della integrazione raggiunta. La proposta non intende spingersi oltre: condividere criteri di qualità rappresenta l’obiettivo vero della strategia di fondo. Saranno discrezionalmente i “singoli territori” a darsi linee operative dettagliate aderenti alle differenti vocazioni ed esigenze, sempre tuttavia “nel solco” omogeneo di una strategia gestionale condivisa in ambito di area vasta e proponibile ai livelli sovraordinati, a seconda dei progetti (regionale, nazionale). Una ultima considerazione: la proposta in quanto tale, prima dello sviluppo di protocolli, linee guida e istruzioni operative “territoriali”, va ulteriormente tarata e condivisa entro il sistema prevenzione – ambiente (si pensi ad es. alle aree dipartimentali dei DIP ed alla articolazioni analoghe in ambito ARPA), ma va soprattutto presentata alle Amministrazioni locali, principale soggetto istituzionale chiamato ad assumere opzioni e provvedimenti, anche allo scopo di aggiustarla e condividerla con tali soggetti istituzionali. FASI DEL LAVORO ED INDICAZIONI METODOLOGICHE Le fasi sviluppate per la realizzazione degli obiettivi preposti nel presente lavoro sono state: 1. raccolta di informazioni di carattere generale; Pagina 12 di 31 2. frazionamento delle prestazioni assistenziali svolte; 3. definizione delle fasi in chiave LEA/LETA ed attribuzione delle specifiche competenze. 1. Raccolta di informazioni di carattere generale. L’attivazione di un piano di lavoro che comporti l’erogazione integrata di servizi a tutela dell’ambiente e della salute da parte delle relative strutture competenti porta inevitabilmente ad alcune riflessioni di carattere tecnico circa le modalità di intervento e gli obiettivi attuativi che sono essenziali rilevare, definire e risolvere in fase preliminare. Occorre preventivamente valutare il contesto organizzativo/operativo locale perché l’obiettivo concreto perseguibile possa essere la definizione di procedure integrate ed omogenee su tutto il territorio. A tal fine la prima fase ha previsto la richiesta di informazioni in merito: - - - alla presenza di richieste ed allo svolgimento (routinario, ad hoc, su richiesta di enti pubblici o di privati, ecc) sul territorio regionale di prestazioni sanitarie ed ambientali che rientrano nel campo della prevenzione collettiva; alla iterativa e regolamentata compartecipazione dei servizi sanitari ed ambientali alle istruttorie sulle pratiche di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e Analisi del rischio; all’esistenza in sede locale (almeno regionale) di protocolli, procedure o norme che disciplinino le fasi e le competenze di svolgimento di dette prestazioni. Le fonti informative da utilizzare quali referenti per la raccolta dei dati necessari sono individuabili in: - il Sistema delle Agenzie ed eventualmente gli Assessorati all’Ambiente regionali per le informazioni di carattere ambientale; le Agenzie Regionali Sanitarie (qualora presenti) e agli Assessorati alla Sanità per le informazioni di carattere sanitario. E’ stata a tal fine effettuata una indagine presso tutte le Agenzie Regionali/Provinciali di Protezione Ambientale in merito all’esistenza a livello locale di accordi o progetti di integrazione tra le attività ambientali e sanitarie; hanno risposto alle richieste solo le Agenzie della Toscana, del Piemonte e delle Marche che pur avendo protocolli concordati, risultati spesso insufficienti o disattesi, sono ancora in procinto di regolamentare in modo più esaustivo ed efficace la materia. 2. Frazionamento delle prestazioni assistenziali svolte. Pagina 13 di 31 La gran parte dei LEA in esame sono espressione di valutazioni di rischio e effetto di fattori di pressione ambientale. Partendo quindi dalle metodologie Valutazione di Impatto Sanitario (VIS in senso lato) e di Risk assessment parcellizzano le prestazioni in momenti a diversa valenza organizzativa professionale. di di si e A titolo esplicativo, si riporta di seguito (figura 1) la rappresentazione dell’analisi e della gestione del rischio tratta da WHO/SDE/OEH/99.7. Risk Assessement Risk Management 5. Valutazione del rischio (quanto sono comparabili i rischi con gli standard ed i valori guida?) 1. Identificazione del rischio (quale sono gli effetti sanitari che l’agente può causare?) 2. Stima dose-risposta (quale è la relazione tra la dose e la comparsa degli effetti nell’uomo?) 4. Caratterizzazione del rischio (quale è la frequenza stimata degli effetti avversi in una determinata popolazione?) 3. Stima esposizione (quali esposizioni sono correntemente provate o prevedibili in diverse condizioni?) 6. Percezione e comunicazione del rischio (quale è la percezione ed accettazione del rischio nella comunità?) 7. Controllo dell’esposizione (quali metodi per il controllo del rischio e dell’esposizione sono fattibili?) 8. Monitoraggio del rischio Figura 1. Analisi e gestione del rischio. Fonte: WHO/SDE/OEH/99.7 Pagina 14 di 31 Nello schema sono indicate alcune fasi fondamentali presenti negli studi di Risk Assessment e di Risk Management: II Risk Assessment, quale insieme di procedure tecnico-scientifiche che consente la stima quantitativa del rischio per la salute umana derivante dall'esposizione a sostanze tossiche e/o cancerogene ambientali, 9 convenzionalmente si articola in 4 fasi : a. identificazione del rischio; b. valutazione della relazione dose-risposta; c. valutazione dell'esposizione; d. caratterizzazione del rischio. a. Identificazione del rischio. In questa fase vengono identificate le sostanze presenti in un dato contesto ritenute pericolose per la salute umana, vengono individuati gli effetti avversi potenzialmente associabili all’esposizione a dette sostanze e viene effettuata la rilevazione delle evidenze di una relazione causale valutando la plausibilità biologica della manifestazione dell’evento sanitario in relazione alla presenza del contaminante ambientale. b. Valutazione della relazione dose-risposta. Dai risultati di studi sperimentali ed epidemiologici si acquisiscono informazioni “quantitative” sulla tossicità e/o cancerogenicità dei contaminanti e si definisce le curva dose-risposta. Questa indica la relazione esistente tra la dose assorbita e l’incidenza dell’effetto sanitario avverso che si manifesta nella popolazione esposta per i diversi livelli di concentrazione degli inquinanti. Tale fase permette anche di fissare un valore soglia di accettabilità del rischio. c. Valutazione dell'esposizione. Viene eseguita allo scopo di stimare la rilevanza dell’esposizione corrente e/o potenziale dei recettori umani quali bersaglio del contaminante identificato, la concentrazione della sostanza nelle matrici ambientali, la modalità di esposizione e la dose assorbita dall’organismo. d. Caratterizzazione del rischio. In questa fase si quantifica il rischio, come probabilità incrementale della frequenza di effetti avversi per l’ecosistema e per la salute in una popolazione, integrando gli esiti delle valutazioni precedenti sull’identificazione quantitativa e qualitativa dell’agente tossico con l’entità delle esposizioni. Il Risk Management, che fa seguito alla caratterizzazione del rischio, consta di ulteriori 4 fasi: a. valutazione del rischio; b. percezione e comunicazione del rischio; c. controllo dell’esposizione; d. monitoraggio del rischio. Pagina 15 di 31 a. Valutazione del rischio. Il dato risultante dalla caratterizzazione del rischio che esprime la probabilità che si verifichi un effetto avverso per l’ecosistema e la salute umana è essenziale per evidenziare l’opportunità di interventi decisionali successivi che necessariamente comportano implicazioni sociali, politiche ed economiche. Durante la fase di valutazione del rischio si provvede ad un’analisi dei rischi nell’ottica di stabilire un’accettabilità o tollerabilità del rischio stesso sulla base delle conoscenze, esperienze, standard e valori guida al momento disponibili. b. Percezione e comunicazione del rischio. La valutazione del rischio non è da intendersi come una questione esclusivamente tecnico-razionale ma implica anche scelte di carattere etico, politico e culturale sulla rilevanza da attribuire alla probabilità che si verifichi un avvenimento. L'obiettivo principale della comunicazione del rischio è quello di ridurre il senso di incertezza che sempre si accompagna al difetto di conoscenza e di stabilire un clima di collaborazione e di fiducia nella popolazione. A tal fine occorre instaurare una collaborazione integrata tra tutti gli operatori coinvolti ed è opportuno che le evidenze scientifiche disponibili siano condivise con i decisori e gli stakeholder. Inoltre, perché la comunicazione raggiunga il suo obiettivo è fondamentale che la valutazione e la stima del rischio si rapportino alla percezione del rischio collettivo. c. Controllo dell’esposizione - d. Monitoraggio del rischio. L’iter fisiologico del Risk management prevede il reiterarsi della fase di valutazione delle esposizioni dei possibili recettori. L’importanza della sorveglianza sanitaria-ambientale risiede nello svolgere un controllo dell’efficacia delle decisioni intraprese attraverso la verifica di indicatori opportunamente individuati e nel mantenimento di una condizione di tutela della salute umana e dell’ecosistema. Le prestazioni elencate vengono talora svolte solo parzialmente dai sistemi sanitari o ambientali e talvolta, nell’espletamento delle stesse, si verifica la sovrapposizione delle rispettive competenze. Occorre precisare inoltre la necessità della determinazione del fine per il quale si svolge un’attività; è completamente diverso, infatti, l’approccio all’erogazione di prestazioni di misura e di laboratorio piuttosto che a prestazioni di valutazione e gestione del rischio. A scopo esemplificativo, raccogliere dati sull’inquinamento atmosferico e/o validarli per monitorare il rispetto dei limiti normativi è differente dallo svolgere le stesse mansioni con il proposito di valutare gli effetti dei contaminanti ambientali sulla salute umana (scelta delle centraline, degli analiti, controlli di completezza dei dati e stime di medie ponderate, calcolo statistico dei dati mancanti, raccolta dei dati meteo e calcolo degli indici derivati a valenza sanitaria, ecc.). Pagina 16 di 31 2. Definizione delle fasi in chiave LEA/LETA ed attribuzione delle specifiche competenze. Dopo la scomposizione delle prestazioni assistenziali citate al punto precedente sarà necessario analizzare le varie fasi del processo di valutazione di impatto sanitario e provare ad adattare ed applicare le stesse ad alcuni livelli essenziali di prestazioni assistenziali (LEA) della prevenzione collettiva. Successivamente, tenendo conto dell’indirizzo più diffuso di attribuzione delle singole fasi ai due comparti in campo nazionale e di eventuali ipotesi di attribuzione da parte del GDL sulla base dell’attuale organizzazione sanitariaambientale nelle specifiche realtà regionali, si procederà alla individuazione dei momenti di rispettiva competenza e quindi alla verifica di integrazione tra i sistemi ambientale e sanitario. Nell’evenienza di una sovrapposizione di competenze o di una specifica richiesta di collaborazione operativa tra i due sistemi nello svolgimento delle prestazioni, si procederà alla definizione del LETA o del sotto-LEA per la parte sanitaria. Per concludere, al fine di perseguire obiettivi prioritari di salute, nonché l’identificazione, il controllo ed il monitoraggio dei fattori ambientali nocivi alla salute stessa, si prevede la costituzione in sede locale di gruppi di lavoro interdisciplinari tali da realizzare opportune sinergie tra sistema sanitario e sistema agenziale. Tali gruppi dovranno essere costituiti da operatori dei diversi enti interessati, ARPA-ASL-Enti Locali, con competenze specifiche sulla valutazione degli impatti sanitari delle componenti ambientali in modo da poter fornire agli organi decisionali ed alla popolazione una risposta competente in merito a valutazioni epidemiologiche del rischio ambientale ed alla prevenzione degli effetti avversi ad esso conseguenti. Le diverse figure professionali dovranno essere adeguatamente formate al fine di essere di supporto alle strutture ambientali e sanitarie locali chiamate ad affrontare le problematiche ambiente e salute sul territorio. Pagina 17 di 31 IMPLEMENTAZIONE DELL’INTEGRAZIONE AMBIENTE E SALUTE A LIVELLO LOCALE PER LE PRESTAZIONI DI EPIDEMIOLOGIA AMBIENTALE E DI “VIS” Costituzione e formazione di gruppi di lavoro locali di operatori interdisciplinari che possano essere di riferimento per le attività di epidemiologia ambientale e di “VIS” che si svolgono nel territorio; Predisposizione di contatti nel contesto regionale con i soggetti istituzionali per il reperimento e la gestione delle informazioni di carattere ambientale e sanitario. Elaborazione di proposte di carattere generale o dipendenti da specifici fattori di rischio discretizzando i dettagli delle singole prestazioni in materia di tutela ambientale. A titolo esemplificativo si riporta un’ipotesi di LETA sulla valutazione d’impatto sulla salute di un fattore ambientale (Allegato I) e, sulla base dell’esperienza di tre Agenzie ambientali che svolgono attività epidemiologiche e di “VIS”, una quantificazione delle prestazioni già erogate sul territorio regionale e del relativo valore economico (Allegato II). E’ necessario precisare che la quantificazione totale delle prestazioni svolte è verosimilmente sottostimata di circa un 10% in quanto spesso le Aziende Sanitarie provvedono autonomamente all’espletamento delle prestazioni stesse, specie di quelle a bassa complessità. Stesso dicasi per i costi totali che necessariamente dovranno considerare le prestazioni svolte in modo autonomo dalle ASL. Si propone di adottare un modello simile a quello presentato negli allegati adeguandolo ad ogni contesto di richiesta del LETA (es. istruttoria in corso di VIA/VAS, competenze istituzionali o leggi speciali, richiesta da parte di amministrazioni pubbliche o di privati, ecc.). Verifica a livello locale dell’applicabilità delle varie fasi individuate nel processo di valutazione di impatto sanitario del fattore ambientale (LETA) a specifici livelli essenziali di prestazioni assistenziali (LEA). Determinazione dei momenti di integrazione tra i Sistemi di Prevenzione Collettiva e di Protezione Ambientale, a seconda delle locali realtà organizzative e professionali, codifica delle eventuali specificità ed attribuzione delle competenze. Sempre a scopo esemplificativo si riporta una scheda (Allegato III – Panel A e B) che sinteticamente rappresenta un’ipotesi di lavoro per l'individuazione di momenti d'integrazione per prestazioni d'interesse comune sanitario ed ambientale. Pagina 18 di 31 Attraverso la disposizione in una griglia delle varie fasi di un modello di prestazioni di possibile competenza ambientale (LETA), in riga, e delle attività dettagliate dei livelli essenziali di prestazioni assistenziali (LEA), in colonna, si definiscono le specifiche competenze ed i momenti d’integrazione tra prevenzione collettiva e protezione ambientale. Definizione di protocolli e linee guida per la gestione operativa delle attività che definiscano con precisione il campo di azione, i flussi informativi, le responsabilità ed i percorsi operativi, i momenti d’integrazione, i criteri per la valutazione della qualità delle prestazioni e della soddisfazione dell’utente. Realizzazione di programmi di formazione permanente sulle attività in oggetto rivolte unitariamente agli operatori sanitari, ambientali e degli enti locali. Pagina 19 di 31 ALLEGATO I Valutazione d’impatto sulla salute di un fattore ambientale (LETA) – Scomposizione del LETA in sotto-attività. (es. valutazione degli effetti dell’inquinamento atmosferico) a) Valutazione di fattibilità: 1. verifica superamenti dei limiti dei contaminanti nell’area in esame; 2. valutazione “tossicologica” e di rischio del contaminante; 3. verifica degli eccessi di patologia (se possibile); 4. verifica della disponibilità dei dati; 5. verifica della rappresentatività (esposizione-effetto) degli stessi; 6. verifica della potenza statistica degli eventuali test statistici da effettuare; 7. verifica della congruità delle risorse disponibili. b) Stesura del programma di lavoro definitivo; 1. confronto e coordinamento tra gli operatori del Sistema Ambientale e Sanitario da programmarsi in ogni fase del lavoro. c) Eventuale sottomissione del programma per approvazione e/o per proposte di integrazione e modifiche a: 1. comitato etico (anche per eventuali conflitti d’interesse); 2. ufficio interno all’ente / garante per il controllo del rispetto delle norme sulla tutela dei dati personali e sensibili; 3. amministrazione finanziatrice del progetto. d) Raccolta e validazione dei dati ambientali: 1. individuazione delle fonti e raccolta dati; 2. ricerca di esperienze di modellistica di ricaduta dei contaminanti e delle validazioni delle stesse; 3. verifica della consistenza quali-quantitativa dei dati. e) Raccolta e validazione dei dati demografici; 1. individuazione delle fonti e raccolta dati; 2. descrizione ed analisi della popolazione esposta; 3. definizione della popolazione di riferimento; 4. ricerca di gruppi sensibili/suscettibili. f) Raccolta e validazione dei dati sanitari: 1. individuazione delle fonti e degli archivi disponibili e raccolta dati; 2. verifica della consistenza quali-quantitativa dei dati. g) Valutazioni ed analisi epidemiologiche e di risk assessment: 1. con kit preconfezionati (es. AirQ, atlanti di mortalità, ecc.); 2. con studi epidemiologici geografici ad hoc; 3. con studi analitici utilizzando solo dati correnti; 4. con studi analitici che prevedono la somministrazione di questionari e il reperimento di informazioni ad hoc. h) Comunicazione dei risultati: 1. agli amministratori e stakeholder con relazione e/o incontro; 2. alla stampa attraverso comunicati stampa o conferenze stampa; Pagina 20 di 31 al pubblico attraverso il WEB; 4. al pubblico mediante incontri pubblici; 5. al pubblico attraverso interviste ai media. i) Progettazione di un sistema di sorveglianza: 1. studio di fattibilità e valutazione risorse necessarie; 2. costituzione di un sistema di raccolta con garanzia di continuità e qualità; 3. progetto esecutivo. 3. Pagina 21 di 31 ALLEGATO II IPOTESI DI QUANTIFICAZIONE E VALORIZZAZIONE DELLE PRESTAZIONI DI "VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO" AI FINI DELLA PROPOSIZIONE DI UN NUOVO LETA Valutazioni su dati storici in tre ARPA (Triennio 2003-2005) Popolazione regionale: Prestazioni "VIS" medie annue Valutazioni di epidemiologia geografica descrittiva: stato di salute in piccoli comuni in relazione a esposizione ad inquinanti ambientali Valutazioni di epidemiologia geografica descrittiva: descrizione dello stato di salute della popolazione a livello subcomunale: Supporto di tipo tossicologico e valutazioni di rischio (contaminazione in falda superficiale, tossicità di sostanze Studi di epidemiologia analitica e/o survey di popolazione in relazione a contaminazione chimica da sito industriale comprendente: Ø somministrazione di questionari individuali, Ø esami clinici o individuazione casi/controlli, Ø valutazione dell’esposizione nell’area soggetta a studio Valutazioni di distribuzione del rischio per presenza ambientale anche naturale di contaminanti con mappatura degli stessi (es. mappatura a livello regionale dei siti contaminati da amianto) Grado di complessità ARPA PIEMONTE ARPA EMILIA E ROMAGNA ARPA MARCHE 4.330.000 4.187.544 1.470.000 N. anno N. anno MEDIA PER 1.000.000 DI ABITANTI N. anno 1 11 4 1,5 1,65 2 3 2 1,5 0,65 2 21 4 2 2,70 3 1 4 1 0,60 2/3 1 3 1 0,50 Media prestazioni "VIS" per 106 abitanti Pagina 22 di 31 6,11 Professionalità richieste e disponibili: N. N. N. Epidemiologo 2 3 1 0,60 Tossicologo 1 1 1 0,30 Biostatistico 2 2 1 0,50 Personale di supporto e amministativo 2 1 0,3 0,33 Necessità e disponibilità materiale documentale e software: software specifici, per elaborazioni statistiche, tossicologiche, epidemiologiche, grafiche e geografiche Ø Riviste, libri ed accessi a biblioteche on-line Ø software - costo prima implementazione (SAS, GIS, office, database cartografici e mappe stradali) con ammortamento in 5 anni Ø software - licenze annuali e aggiornamenti Costo Costo Costo MEDIA € 1.200,00 € 2.000,00 € 1.600,00 € 20.000,00 € 15.000,00 € 17.500,00 € 5.000,00 € 5.000,00 € 5.000,00 Impegno orario e costi stimati per anno per 1 procedura di VIS per grado di complessità MEDIA N. giorni / Costo Grado di complessità 1 N. giorni / Costo N. giorni / Costo lavoro di personale epidemiologo/statistico/tossicologo (giorni) 4 2 3 3 revisione (giorni) 1 1 1 1 confronti ASL ed enti locali, collaborazioni e comunicazione risultati (in varie forme) (giorni) 2 2 2 2 Totale giorni 7 5 6 6 Costo medio per 1 procedura di VIS* € 1.540,00 € 1.100,00 € 1.320,00 € 1.320,00 lavoro di personale epidemiologo/statistico/tossicologo (giorni) 15 14 21 17 revisione (giorni) 2 3 3 3 confronti ASL ed enti locali, collaborazioni e comunicazione risultati (in varie forme) (giorni) 2 3 3 3 Grado di complessità 2 Pagina 23 di 31 Totale giorni 19 20 27 22 Costo medio per 1 procedura di VIS* € 4.180,00 € 4.400,00 € 5.940,00 € 4.840,00 lavoro di personale epidemiologo/statistico/tossicologo (giorni) 350 350 350 350 revisione (giorni) 20 10 20 17 confronti ASL ed enti locali, collaborazioni e comunicazione risultati (in varie forme) (giorni) 10 15 12 12 Totale giorni Costo medio per 1 procedura di VIS* 380 € 83.600,00 375 € 82.500,00 382 € 84.040,00 379 € 83.380,00 Grado di complessità 3 * Il costo unitario giornaliero viene approssimato a € 220 come media del costo del personale dipendente e collaboratore a cui si aggiunge una piccola quota per spese generali ed ammortamenti Pagina 24 di 31 ALLEGATO III IPOTESI DI LAVORO PER L'INDIVIDUAZIONE DI MOMENTI D'INTEGRAZIONE PER PRESTAZIONI D'INTERESSE COMUNE SANITARIO ED AMBIENTALE (Panel A) LETA LEA 1.2 Tutela della collettività dai rischi sanitari connessi all’inquinamento ambientale Valutazione d’impatto sulla salute di un fattore ambientale Verifica degli effetti sulla salute da inquinamento atmosferico e acustico da impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani da detenzione e dalla qualità delle dalla qualità delle smaltimento dei acque destinate al piscine pubbliche rifiuti speciali, consumo umano o di uso pubblico tossici e nocivi dalla qualità delle acque di balneazione da scarichi civili, produttivi e sanitari X X X X X X X (1) verifica superamenti dei limiti dei contaminanti nell’area in esame; X X X X X X X (2) valutazione “tossicologica” e di rischio del contaminante; X X X X X X X 1 (3) verifica degli eccessi di patologia (se possibile) ; (4) verifica della disponibilità dei dati; X X X X X X X X X X X X X X (5) verifica della rappresentatività (esposizioneeffetto) degli stessi; X X X X X X X (6) verifica della potenza statistica degli eventuali test statistici da effettuare; X X X X X X X (7) verifica della congruità delle risorse disponibili. ii) stesura del programma di lavoro definitivo; X X X X X X X X X X X X X X (1) confronto e coordinamento con gli operatori dell’altro sistema (incontri da programmare per tutte le fasi del lavoro); iii) eventuale sottomissione del programma per approvazione e/o per proposte di integrazione e X X X X X X X X X X X X X X i) valutazione di fattibilità: 1 In generale la verifica degli eccessi di patologie è competenza primaria dei servizi sanitari. In alcune realtà regionali tale competenza è stata affidata, limitatamente agli studi di epidemiologia ambientale, anche alle Agenzie per la protezione ambientale. Pagina 25 di 31 modifiche a: (1) comitato etico (anche per eventuali conflitti d’interesse); X X X X X X X (2) ufficio interno all’ente per il controllo del rispetto delle norme sulla tutela dei dati personali e sensibili; X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X (1) individuazioni delle fonti migliori e raccolta dati; X X X X X X X (2) ricerca di esperienze di modellistica di ricaduta dei contaminanti e delle validazioni delle stesse; X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X (2) con studi epidemiologici geografici ad hoc; X X X X X X X X X X X X X X (3) con studi analitici con il solo utilizzo di dati correnti; X X X X X X X (3) amministrazione finanziatrice del progetto; iv) raccolta e validazione dei dati ambientali; (3) verifica della consistenza quali-quantitativa dei dati; v) raccolta e validazione dei dati demografici; (1) Individuazione fonti migliori e raccolta dati demografici; (2) descrizione ed analisi della popolazione esposta; (3) definizione della popolazione di riferimento (4) ricerca di gruppi sensibili/suscettibili; vi) raccolta e validazione dei dati sanitari; (1) individuazione degli archivi più facilmente 2 accessibili e delle fonti migliori, raccolta dati ; (2) verifica della consistenza quali-quantitativa dei dati2; vii) valutazioni e analisi epidemiologiche e di risk assessment: (1) con kit preconfezionati (es. con AirQ, atlanti di mortalità, ecc.) 2 In particolari situazioni normative o di impossibilità dell’organizzazione sanitaria, non prontamente sanabile, di effettuare la raccolta dei dati sanitari il sistema ambientale potrà concorrere o supplire a tale attività. L’accesso ai dati comunque raccolti sarà garantita ad entrambi i sistemi. Pagina 26 di 31 (4) con studi analitici che prevedono la somministrazione di questionari e il reperimento di informazioni ad hoc, ecc); viii) comunicazione dei risultati: X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X (2) alla stampa attraverso comunicati stampa o conferenze stampa; (3) al pubblico attraverso il WEB; (4) al pubblico mediante incontri pubblici; (5) al pubblico attraverso interviste ai media. ix) progettazione di un sistema di sorveglianza: X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X (1) studio di fattibilità e valutazione risorse necessarie; X X X X X X X (2) costituzione di un sistema di raccolta dati con garanzia di continuità e qualità; (3) progetto esecutivo. X X X X X X X X X X X X X X (1) agli amministratori e stakeholder con relazione e/o incontro; Di competenza primaria ambientale Di competenza primaria sanitaria Di competenza integrata ambientale e sanitaria NOTA: In alcune realtà regionali le attività di Epidemiolologia Ambientale sono attribuite in via esclusiva alle Agenzie per la Prevenzione Ambientale. L'art. 7 quinquies del D. Legs. 229/99 prevede che i principali campi di integrazione tra le ARPA e le ASL debbano essere l'Epidemiologia Ambientale e la Comunicazione del rischio. Le competenze e le responsabilità delle attività sono attribuite altrimenti dagli accordi e dalle regolamentazioni esistenti a livello locale. Pagina 27 di 31 IPOTESI DI LAVORO PER L'INDIVIDUAZIONE DI MOMENTI D'INTEGRAZIONE PER PRESTAZIONI D'INTERESSE COMUNE SANITARIO ED AMBIENTALE (Panel B) LETA LEA 1.3 Tutela della collettività e dei singoli dai rischi sanitari degli ambienti di vita Valutazione d’impatto sulla salute di un fattore ambientale Valutazione dell’impatto sulla salute umana dei fattori di nocività, pericolosità e di deterioramento negli ambienti di vita e indicazione delle misure idonee alla tutela della salute umana Controllo e sicurezza Determinazione qualitativa e di impianti negli quantitativa dei ambienti di vita fattori di rischio di tipo biologico presenti negli ambienti di vita NB. Dipende NB. dall'organizzazione Contaminazione a livello locale ambientale da Legionella, muffe Formulazione Verifica di mappe di della compatibilità rischio dei piani urbanistici e ambientale dei progetti di insediamento industriali e di attività lavorative in genere con le esigenze di tutela della salute della popolazione NB. Se devono intendersi anche le prestazioni "VIS" in corso di VIA, VAS Tutela delle condizioni igieniche e di sicurezza degli edifici in relazione alle diverse utilizzazioni con particolare riferimento agli edifici ad uso pubblico NB. Es. Sindromi da edificio insano: BRI, SBS, MCS Vigilanza e controllo delle sostanze e dei preparati pericolosi e sulla loro etichettatura Vigilanza sulle industrie insalubri NB. Es. Impiego fitofarmaci, insetticidi, ecc. X X X X X X X (1) verifica superamenti dei limiti dei contaminanti nell’area in esame; X X X X X X X (2) valutazione “tossicologica” e di rischio del contaminante; X X X X X X X (3) verifica degli eccessi di patologia 1 (se possibile) ; (4) verifica della disponibilità dei dati; X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X i) valutazione di fattibilità: (5) verifica della rappresentatività (esposizione-effetto) degli stessi; (6) verifica della potenza statistica degli eventuali test statistici da effettuare; (7) verifica della congruità delle risorse disponibili. ii) stesura del programma di lavoro definitivo; (1) confronto e coordinamento con gli operatori dell’altro sistema (incontri da programmare per tutte le fasi del Pagina 28 di 31 lavoro); iii) eventuale sottomissione del programma per approvazione e/o per proposte di integrazione e modifiche a: (1) comitato etico (anche per eventuali conflitti d’interesse); (2) ufficio interno all’ente per il controllo del rispetto delle norme sulla tutela dei dati personali e sensibili; (3) amministrazione finanziatrice del progetto; iv) raccolta e validazione dei dati ambientali; (1) individuazioni delle fonti migliori e raccolta dati; (2) ricerca di esperienze di modellistica di ricaduta dei contaminanti e delle validazioni delle stesse; (3) verifica della consistenza qualiquantitativa dei dati; v) raccolta e validazione dei dati demografici; (1) Individuazione fonti migliori e raccolta dati demografici; (2) descrizione ed analisi della popolazione esposta; (3) definizione della popolazione di riferimento (4) ricerca di gruppi sensibili/suscettibili; vi) raccolta e validazione dei dati sanitari; (1) individuazione degli archivi più facilmente accessibili e delle fonti 2 migliori, raccolta dati ; (2) verifica della consistenza quali2 quantitativa dei dati ; vii) valutazioni e analisi epidemiologiche e di risk assessment: (1) con kit preconfezionati (es. con AirQ, atlanti di mortalità, ecc.) X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Pagina 29 di 31 (2) con studi epidemiologici geografici ad hoc; (3) con studi analitici con il solo utilizzo di dati correnti; (4) con studi analitici che prevedono la somministrazione di questionari e il reperimento di informazioni ad hoc, ecc); viii) comunicazione dei risultati: (1) agli amministratori e stakeholder con relazione e/o incontro; (2) alla stampa attraverso comunicati stampa o conferenze stampa; (3) al pubblico attraverso il WEB; (4) al pubblico mediante incontri pubblici; (5) al pubblico attraverso interviste ai media. ix) progettazione di un sistema di sorveglianza: (1) studio di fattibilità e valutazione risorse necessarie; (2) costituzione di un sistema di raccolta dati con garanzia di continuità e qualità; (3) progetto esecutivo. X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Di competenza primaria ambientale Di competenza primaria sanitaria Di competenza integrata ambientale e sanitaria NOTA: In alcune realtà regionali le attività di Epidemiolologia Ambientale sono attribuite in via esclusiva alle Agenzie per la Prevenzione Ambientale. L'art. 7 quinquies del D. Legs. 229/99 prevede che i principali campi di integrazione tra le ARPA e le ASL debbano essere l'Epidemiologia Ambientale e la Comunicazione del rischio. Le competenze e le responsabilità delle attività sono attribuite altrimenti dagli accordi e dalle regolamentazioni esistenti a livello locale. Pagina 30 di 31 BIBLIOGRAFIA 1 Sesto programma di azione per l'ambiente 2002/2010. 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Atti Seminario Nazionale formativo per i Dipartimenti di Prevenzione e le Sezioni ARPA sulle Integrazioni possibili ed il lavoro di rete conseguente, dal 17 al 19 Ottobre 2001, a Cesenatico. 3. Atti Seminario formativo (SNOP sezione ER; A.USL Forlì ed il patrocinio della Regione ER Assessorato Sanità) sul tema: “ Livelli essenziali di prestazione nel Sistema Prevenzione della Regione Emilia – Romagna: razionamento o equita’?”, Bologna 3 Dicembre 2002; Aula Magna RER. 4. (a cura di) P. C. R. Gray, R. M. Stern e M. Biocca - "La comunicazione dei rischi ambientali e per la salute in Europa” - O.M.S. ufficio regionale Europeo - F Angeli. 5. 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