• 4. imprese nazionali (dello stesso mercato dell’impresa
produttrice) specializzate nelle esportazioni = la vendita
all’estero è affidata a un grossista/dettagliante (es.
vendite oltre-confine in Friuli-Venezia Giulia affidate ad
imprese import/export con sede a Trieste). A volte si
creano consorzi ad hoc
• 5. imprese di consulenza e di engineering = imprese di
intermediazione nel settore delle grandi opere edilizie o
costruzioni complesse (comprano macchinari nel paese
di origine e li vendono al committente estero)
Vantaggi del canale indiretto
• 1 riduzione del rischio commerciale (che è affidato ad
altri)
• 2 Prezzi di vendita più bassi (ceteris paribus) grazie ai
risparmi nei costi di gestione della rete distributiva
• 3 probabilità di conquistare più ampie quote di mercato
grazie all’utilizzo del network distributivo
dell’intermediario
• 4 l’impresa intermediaria in genere è dotata di buone
capacità finanziarie e può contribuire a risolvere
eventuali problemi di liquidità dell’impresa produttrice
Svantaggi del canale indiretto
• Mancanza di contatto diretto con il compratore
finale e conseguente difficoltà di attribuire
eventuali cali di domanda alla giusta causa
(asimmetria informativa tra produttore e
intermediario)
• Assoggettamento al potere contrattuale
dell’intermediario che può ottenere margini
superiori rivolgendosi a più produttori in
competizione; rischio per l’impresa produttrice di
essere estromessa dal mercato estero
• Molti intermediari si focalizzano sull’ottenimento
di margini nel breve periodo  spesso si
rifiutano di distribuire l’intera gamma di prodotti
di un’impresa straniera con potenziali danni per
l’immagine di marca
• Due alternative: 1) partecipazione del produttore
ai costi necessari a sostenere la distribuzione
dell’intera gamma di prodotti, o 2) entrata diretta
nel mercato estero con propria rete per
conquistare un buon livello di penetrazione
commerciale e successivamente ritornare alla
mediazione dell’intermediario
Il canale diretto
L’impresa vende a un operatore del mercato estero senza
passare attraverso intermediari. L’impresa può adottare
questa opzione quando voglia presentarsi sui mercati
esteri con un proprio marchio e in generale quando
voglia avviare una politica di presenza stabile sui mercati
esteri o quando i prodotti richiedono assistenza postvendita qualificata (i.e., che necessità per l’assistenza di
informazioni in esclusivo possesso del produttore).
Tipologie di canali diretti
• 1. Forza di vendita del produttore = viene mandata
all’estero su base periodica o permanente (ufficio di
rappresentanza)
• 2. Agente di vendita = imprenditore legato all’impresa
produttrice da un contratto di natura continuativa con
pagamento a quota fissa e quota di provvigioni sul
volume d’affari realizzato
• - agente non esclusivo = raccoglie ordini per contro
dell’impresa produttrice, ma non gestisce scorte e non
assume rischi finanziari. Più agenti possono operare
nello stesso paese. I costi per il produttore sono
proporzionati ai volumi realizzati
• - agente esclusivo = E’ l’unico a occuparsi della gamma
dei prodotti dell’impresa (può costare molto e se non è
efficiente si corrono rischi di perdere quota di mercato)
• Broker = è pagato solo se fa concludere l’affare
(configura una forma di canale diretto che si avvicina al
canale indiretto)
• 3. unità operativa all’estero = filiale/branch (senza
personalità giuridica), consociata (con personalità
giuridica)
La consociata
• A) ufficio di rappresentanza = mantiene i rapporti
con il mercato e con i consumatori, la
distribuzione è affidata a una rete di
distribuzione locale
• B) Importazione = importa dalla “casa madre” e
distribuisce in proprio ai grossi compratori.
Gestisce direttamente l’attività degli agenti che si
occupano dei piccoli compratori
• C) import-distribuzione-assistenza post-vendita =
gestisce direttamente la distribuzione e vende sia a
dettaglianti sia a utilizzatori finali. Organizza assistenza
post-vendita
• D) produzione-distribuzione-assistenza post-vendita = la
consociata può aprire propri stabilimenti di produzione
con i quali alimenta la rete di distribuzione
• E) acquisto di un’impresa di distribuzione locale
Utilizzatore finale = l’impresa vende direttamente
all’acquirente finale (molto utilizzata nel settore dei beni
strumentali). L’assenza di intermediazione è conveniente
per entrambe le parti
I vantaggi del canale diretto
• Possibilità di sviluppare un’ottica di lungo termine =
spesso gli intermediari sono interessati a massimizzare
le vendite nel breve periodo a scapito della costruzione
di buoni rapporti con la clientela; questo può far sì che
molti clienti non siano spinti a un secondo acquisto
• Impiego di personale = il personale impiegato nella
distribuzione dipende direttamente dall’impresa 
maggiore conoscenza delle caratteristiche del prodotto e
creazione di un canale informativo diretto tra impresa
produttrice e mercato finale
I vantaggi del canale diretto (continua…)
• Maggiore libertà di agire su tutti gli elementi del marketing mix in
risposta ai segnali provenienti dal mercato
• Il canale diretto spesso è l’unica alternativa praticabile in alcuni
mercati, a causa dell’assenza di intermediari locali affidabili
• Maggiore stabilità alle politiche di penetrazione commerciale, quindi
ai flussi di vendita e di produzione (assenza del rischio che
l’intermediario passi alla concorrenza)
• Immagine di maggiore affidabilità presso il cliente finale (la presenza
in loco con proprie agenzie rassicura l’acquirente finale, specie nel
caso di beni strumentali che necessitano assistenza e disponibilità
di pezzi di ricambio)
I vantaggi del canale diretto (continua…)
• Possibilità di adottare una politica selettiva nei confronti
dei dettaglianti per rafforzare l’immagine di marca
• Possibilità di gestire al meglio la distribuzione di ampie
gamme di prodotti ciascuno dei quali richiede tecniche di
distribuzione differenti
• Risparmio sui margini di guadagno degli intermediari che
in alcuni casi sono molto elevati (e.g., trading
companies)
Principali svantaggi
• Maggiore investimento iniziale e maggiori costi
d’esercizio
• Maggiore necessità di personale altamente qualificato da
mandare sul posto
• Maggiore rigidità nei piani di produzione (l’impresa deve
collocare una quota di produzione nel mercato estero
per recuperare i costi fissi iniziali)
• Presenza di barriere all’uscita (possibilità di oneri
connessi alla chiusura di filiali e al licenziamento di
personale che opera in loco)
• Maggiore rischio di ostilità da parte dell’opinione
pubblica locale
Il canale concertato
L’impresa produttrice prende accordi per
gestire insieme ad altre imprese o altre
organizzazioni l’importazione sul mercato
estero e la distribuzione
Forme principali:
1. piggyback. Pratica con cui si utilizza il know-how, i
capitali, il marchio o altri asset di un’impresa per entrare
in un mercato estero. La forma di collaborazione del
piggyback è usata per ridurre i rischi di entrata.
• Franchising
• Consorzi tra imprese con l’obiettivo di: 1) assicurare
alle imprese del consorzio la commercializzazione dei
prodotti nel mercato estero, 2) assicurare una campagna
coordinata di promozione, 3) assistenza post-vendita
congiunta
• Joint venture nella vendita
Come si sceglie tra i vari canali
• Obiettivi dell’impresa = penetrazione stabile nel lungo
termine vs. esportazione sporadica. Nel primo caso è
consigliabile il canale diretto
• Natura del prodotto = prodotti che richiedono assistenza
qualificata o di alto valore unitario o che richiedono
tempestività nella consegna privilegiano il canale diretto
• Compratori = numero, rilevanza e comportamento
d’acquisto (preferenza verso l’acquisto presso la rete
distributiva del produttore)
Come si sceglie tra i vari canali
(continua…)
• Concorrenza = in alcuni mercati può essere necessario
entrare con le stesse modalità della concorrenza
• Efficienza ed affidabilità degli intermediari disponibili
• Rapporto tra costi, utili investimenti e rischi
Tipologie di costi da considerare
• Tipologie di costi: 1) costi iniziali (analisi domanda e
concorrenza, ricerca partner locali, selezione del
personale, ricerca e valutazione di agenti e intermediari)
2) costi di gestione del canale (diretto = organizzazione,
gestione del personale, promozione; indiretto =
spartizione dei margini con intermediari) 3) costi di
logistica = trasporti, gestione dei magazzini, gestione di
procedure doganali
Come si sceglie tra i vari canali
(continua…)
• Stadio di sviluppo del mercato = i mercati di paesi in via
di sviluppo si caratterizzano per avere numerosi punti
vendita di piccole dimensioni. In questi casi può essere
inevitabile il ricorso a un grossista/intermediario
• Copertura geografica = è importante valutare il rapporto
tra margine richiesto dall’intermediario e grado di
copertura del territorio
Capitolo 15
La scelta dei canali di
distribuzione nei mercati esteri
Il canale di distribuzione
Per canale di distribuzione si intende la successione di
passaggi che avviene tra l’impresa produttrice e il
consumatore o utilizzatore finale.
I tipi di imprese intermediarie sono due: 1) grossista 2)
dettagliante
Canale lungo (due intermediari)
Impresa
di produzione
grossista
dettagliante
acquirente
finale
L’impresa produttrice non ha alcun contatto con il compratore finale. Non sostiene
In proprio i costi di distribuzione ma al contempo non ha alcuna possibilità di
sviluppare un contatto con il compratore finale
Chi lo utilizza: piccole imprese che vendono all’estero o grandi imprese su
mercati meno importanti dal punto di vista strategico
Canale medio (un intermediario)
Impresa
di
produzione
dettagliante
acquirente
finale
Rispetto al canale lungo, l’impresa si avvicina maggiormente all’acquirente finale,
potendo quindi ottenere più informazioni. Inoltre la fornitura al cliente finale è
più rapida. L’impresa però sostiene costi legati al mantenimento di scorte e al
mantenimento del rapporto con i dettaglianti
Canale corto
Impresa
di produzione
acquirente
finale
L’impresa prende contatto con il compratore finale attraverso una propria
rete di distribuzione. È una forma di distribuzione molto costosa, adottabile
da imprese che vendono prodotti di largo consumo in forti volumi o
beni che richiedono assistenza post-vendita.
Per ridurre l’incidenza dei costi fissi della rete di distribuzione le imprese
Possono decidere di distribuire anche prodotti complementari ai propri.
Evoluzione dei canali di
distribuzione
I tre attori principali del canale di distribuzione tendono ad esercitare
pressioni per ampliare i proprio margini di guadagno a scapito
degli altri attori della catena:
1.
2.
Impresa di produzione=nel caso in cui sia di grande dimensione
può richiedere margini più elevati minacciando l’integrazione
verticale a valle
Impresa grossista=può integrarsi sia a valle sia a monte
3.
Impresa al dettaglio=con lo sviluppo del mercato tende a crescere
di dimensione (processo di concentrazione progressiva)
1.
Acquirente finale = tendono a costituirsi in cooperative per
negoziare condizioni di maggior vantaggio nei confronti di
dettaglianti o grossisti
Tipologie di punti vendita al
dettaglio
• Grande dettaglio (grandi magazzini, ipermercati)
• Catene di piccoli dettaglianti che si riuniscono in
associazioni per gestire alcuni servizi in comune
(alimentari, elettrodomestici, abbigliamento)
L’obiettivo è quello di escludere il grossista e
trattare direttamente con il produttore estero
Tipologie di beni e canali di
distribuzione
• Beni di consumo = il ruolo strategico chiave è svolto dal dettagliante,
che ha il potere di influenzare l’acquisto del consumatore finale. Per
i beni durevoli è importante l’assistenza post-vendita e la visibilità
della marca
• Beni industriali che vengono incorporati nel prodotto finale =
l’importatore vende direttamente all’utilizzatore finale oppure a un
grossista
• Beni strumentali (macchinari) = 1) maggiore avvicinamento tra
produttore e utilizzatore finale (soprattutto in caso di investimenti
specializzati del produttore), oppure 2) ruolo strategico
dell’importatore se l’impresa produttrice estera è di piccole
dimensioni
I fattori che influenzano la scelta
del canale di distribuzione
• 1) strategia di lungo termine dell’impresa = quanto più
l’obiettivo di lungo termine è la conquista di una quota di
mercato stabile nel mercato target, tanto più converrà
avvicinarsi al compratore finale (canale medio/corto)
• 2) modelli di comportamento d’acquisto = i modelli di
comportamento d’acquisto variano a seconda del paese
(es. abbigliamento di lusso in Italia e USA)
• 3) segmentazione del mercato = la scelta del canale
cambia a seconda del segmento di potenziali compratori
che viene prescelto come target
Strategie fondamentali di
rapporti con i rivenditori
• Intensiva
– Massima copertura
• Selettiva
– Definizione di standard particolari,
limitazione dei numero di punti vendita
Strategia competitiva e scelta del
canale di distribuzione
1)
Difesa di una posizione di “nicchia” (bassa quota di mercato):
selezione di un insieme ristretto di distributori sulla base di
parametri relativi al posizionamento del prodotto (es. caso Smart)
2)
Conquista di una elevata quota di mercato: l’impresa seleziona i
grossisti più rilevanti e stringe con loro accordi strategici per
convincere i dettaglianti a distribuire e promuovere il prodotto.
Oppure accordi diretti con i dettaglianti più importanti
1)
Difesa di una elevata quota di mercato: avvicinamento ulteriore al
consumatore finale attraverso contratti in franchising o forme di
distribuzione innovative (direct marketing); creazione di barriere
all’entrata tramite accordi di tipo esclusivo con i dettaglianti
L’evoluzione dei canali di
distribuzione
• La componente fissa dei costi di distribuzione tende a crescere nel
tempo (maggiore pressione alla vendita e alla razionalizzazione
delle superfici espositive)
• Concorrenza di nuove forme di distribuzione che consentono di
“saltare” l’intermediazione tradizionale (es. Amazon,com, DELL
computers, E-bay, settore servizi, televendite, Fresh Direct, il
mercato della musica digitale e ITunes);
Possibili evoluzioni: i musicisti possono “saltare” i distributori rendendo
disponibili agli utenti finali il loro prodotto tramite internet.
La distribuzione via Internet si sta spostando da prodotti standardizzati
(libri e CD) a prodotti non standardizzati
Nuovi formati distributivi
con enfasi sul prezzo
• Ipermercati e supercenter
• Category Dominant
Wal-mart, Tesco, Carrefour
– Ampio assortimento su determinati prodotti
• Club di acquisto
Toys’r’us, Circuit City, Ikea
– Intermedi tra dettagl. e grossisti
• Value format
Price Costco, Sams
– Assortimenti limitati, prezzi contenuti
99c Only Stores, Lidl
L’evoluzione dei canali di
distribuzione (continua…)
• Il potere d’acquisto tende a concentrarsi in poche aree
densamente popolate (es. Manhattan, Los Angeles)
• Polarizzazione crescente tra tecniche di distribuzione
multipurpose (basso valore aggiunto) e vendite nei
negozi specializzati (alto valore aggiunto)
• Crescente uniformità nelle modalità di distribuzione nei
paesi avanzati (esistenza di aree dedicate
all’abbigliamento esclusivo in tutte le maggiori città
europee, USA e asiatiche (es. , Fifth Ave., Via Condotti,
Ginza)
Capitolo 16
Cross-border retailing
Cross-border retailing
La grandi imprese della distribuzione al
dettaglio si espandono sempre più nei
mercati internazionali
Fattori push  cause di difficoltà nei mercati di origine
Fattori pull  particolare attrattività dei mercati esteri
Fattori push
• 1) saturazione dei mercati interni= molte
imprese si trovano ad operare in condizioni di
eccesso di offerta sulla domanda e con elevati
costi fissi  convenienza ad entrare in mercati
esteri dove la pressione concorrenziale è
minore;
• 2) forte competizione sul prezzo nelle fasi finali
del ciclo di vita del prodotto nei mercati interni
(prevalenza di innovazione di processo tesa
all’efficienza sull’innovazione di prodotto)
Fattori push (continua..)
• 3) incremento della base di azionisti (evoluzione da
imprese a proprietà ristretta a public companies)
maggiore pressione verso una maggiore reditività del
capitale investito che spinge a ricercare opportunità di
profitto in mercati esteri
• 4) fattori macroeconomici (es. recessione a calo dei
consumi) e demografici (es. invecchiamento della
popolazione)
Fattori pull
• 1) lo sviluppo delle tecnologie ICT  maggiore controllo
a distanza sulla logistica e sul sistema di
approvvigionamento
• 2) possibilità di sfruttare economie di scala nella
distribuzione grazie alla crescente globalizzazione dei
gusti in alcuni settori (scarsa necessità di adattamento
della distribuzione ai contesti locali)
• 3) prossimità geografica e “culturale” (es. Germania
dell’Ovest verso Germania Est e verso paesi dell’Est
Europa)
Capitolo 17
Le forme di promozione nei
mercati esteri
Promozione
Promozione = tutto quanto può informare il potenziale compratore
riguardo al prodotto e tutto quanto può indurlo ad acquistarlo
Perché investire in promozione?
-
Perché la promozione serve ad informare il consumatore
dell’esistenza di nuovi prodotti
Perché il consumatore deve essere “persuaso” (non sceglie
secondo criteri razionali)
Perché l’investimento di risorse in attività di promozione è un
segnale di credibilità e solidità
Perché il crescente potere della distribuzione (concentrata)
costringe i produttori a pubblicizzare i prodotti per assicurare ai
distributori vendite adeguate
Perché in mercati “saturi” o in contrazione, l’aumento o il
mantenimento di quota di mercato si può ottenere solo a spese dei
concorrenti  la pressione promozionale si intensifica
La principali forme di
promozione nei mercati esteri
•
•
•
•
•
1) pubblicità
2) personale di vendita
3) incentivi all’acquisto
4) comunicazioni dirette
5) fiere nazionali e internazionali
La pubblicità
Comunicazione inviata al potenziale compratore attraverso
mezzi diversi dalla persona fisica
L’impresa ha convenienza a investire in pubblicità se:
1) Ha una strategia di lungo termine 2) il mercato target è
sufficientemente ampio da consentire il recupero dei
costi fissi/affondati, 3) il messaggio pubblicitario va a
buon fine
PIL e investimenti in pubblicità
Esiste una documentata correlazione positiva tra
spese pubblicitarie e andamento del PIL.
Ragioni: 1) le imprese sono più selettive
nell’impostare i programmi di promozione in fase
recessiva (perché i consumatori sono più
selettivi nell’acquisto); 2) c’è maggiore
competizione sul prezzo che spinge le imprese a
tagliare i costi (ma i tagli alla pubblicità
accentuano la contrazione della domanda), 3) il
tasso di innovazione di prodotto è minore in fase
recessiva
Principali passi della creazione
di una campagna pubblicitaria
• 1. capire il mercato, l’uso probabile del prodotto e le
aspettative dei consumatori (importante l’appoggio di
agenzie locali)
• 2. fissare gli obiettivi (creazione di un’immagine di marca
e raggiungimento di una certa quota di mercato) e
stabilire il livello di spesa per ciascun mercato
• 3. definire il target del messaggio pubblicitario:
consumatore finale, rivenditore o entrambi? Nel caso del
consumatore finale, definire il segmento
• 4. scegliere i canali di comunicazione: TV, radio,
quotidiani, riviste “generaliste” e riviste specializzate,
cartelloni pubblicitari, cinema
Problemi principali
La scelta dei canali di comunicazione: bisogna individuare
il canale più adatto al segmento di mercato target, ma la
disponibilità e l’efficienza dei canali di comunicazione
dipendono dallo stadio di sviluppo socio-economicopolitico di un paese. Inoltre i costi di utilizzo di uno
stesso canale possono variare molto da paese a paese
La percezione e comprensione del messaggio dipende
molto dalla cultura, dal linguaggio, dalle tradizioni locali
La scelta tra standardizzazione e
adattamento del messaggio pubblicitario
La scelta di standardizzare il messaggio pubblicitario è rischiosa per una serie
di ragioni:
•
I consumatori “globali” sono in aumento ma sono ancora una percentuale
molto esigua della popolazione mondiale
•
Le abitudini alimentari sono molto diverse da un paese all’altro e sono molto
consolidate
•
Esistono pochi e selezionati canali di comunicazione “sovranazionali”
(alcuni grandi quotidiani e la TV via cavo), ma lo sviluppo di Internet sta
cambiando le cose
•
Le norme a tutela del consumatore variano molto da paese a paese (va si
va verso una standardizzazione delle norme): la pubblicità comparativa non
è permessa in alcuni paesi
•
I principi etico/religiosi variano a paese a paese e impongono restrizioni
La scelta del nome del prodotto
come strumento di comunicazione
• Nomi geografici = possono funzionare quando
l‘evocazione dell’origine geografica fa parte della
strategia di posizionamento del prodotto sui mercati
internazionali (Made in Italy per abbigliamento e design,
la Francia per formaggi e vini)
• Nomi di famiglia = evoca il potere e il glamour della
tradizione
• Nomi provocatori = Apple, Ipod, Itunes, I…
La scelta tra accentramento e
decentramento della campagna
pubblicitaria
L’impresa può accentrare tutte le decisioni
relative all’impostazione della campagna
nella casa madre oppure decentrarle a
consociate o agenti/intermediari che
operano in mercati esteri
Accentramento
-
Quando l’impresa è di grandi
dimensioni e può affidare la
campagna a una grossa
agenzia pubblicitaria con filiali
nei paesi target oppure
quando è piccola ma opera in
pochi mercati (esigenza di
sfruttare economie di scala)
-
Quando il prodotto è molto
standardizzato
-
Quando le motivazioni
all’acquisto sono simili nei vari
paesi
Decentramento
-
Quando prevale l’esigenza di
adattare il messaggio alle
caratteristiche del mercato
locale
-
Quando esistono buone
agenzie pubblicitarie locali che
conoscono le caratteristiche
del mercato nonché la cultura
e le abitudini dei potenziali
compratori
Personale di vendita
La comunicazione tra produttore e potenziale compratore
può anche avvenire tramite l’impiego di personale
specializzato
- Spesso è indispensabile nel caso di beni strumentali e
industriali
- Ha il vantaggio di rendere la comunicazione interattiva
(esistenza di feedback immediato dal compratore
all’addetto alle vendite)
- In molti paesi la scarsità di canali di comunicazione
tradizionali (TV, radio, giornali) rende questa forma di
comunicazione l’unica praticabile
Personale di vendita (continua…)
Sviluppa contatti in tre direzioni principali:
- grossisti/intermediari al fine di favorire la
promozione del prodotto presso i
dettaglianti
- Compratori finali con lo scopo di
fidelizzazione
- Potenziali utilizzatori scarsamente
informati
Incentivi all’acquisto e altri strumenti del
marketing mix usati per fare promozione
• Incentivi all’acquisto = premi, sconti o dilazioni di
pagamento nei confronti dell’acquirente finale o
dell’intermediario
• Direct marketing = comunicazioni via posta
(poco costose rispetto alla pubblicità)
• Uso del prezzo come strumento di promozione =
entro certi limiti e per certi tipi di prodotti un
prezzo più alto della concorrenza può essere
interpretato come segnale di qualità superiore
del prodotto rispetto a quello dei concorrenti
Partecipazione a fiere, mostre,
esposizioni internazionali
Strumento molto utilizzato da imprese di piccole dimensioni che non
hanno altri mezzi per rendersi visibili (es. piccola e media
editoria), o da imprese che vendono beni strumentali o beni di
consumo durevoli che sono acquistati da un numero limitato di
grandi compratori specializzati.
Vantaggi:
1.
La presentazione del prodotto è molto più efficace ed esaustiva
rispetto agli altri metodi
2.
Dà la possibilità all’impresa di testare le reazioni di fronte a un
prodotto nuovo (prototipo) prima del lancio sul mercato
3.
Offre importanti occasioni di contatto diretto con potenziali
intermediari, grossisti, rappresentanti. Dà inoltre la possibilità di
valutare approfonditamente le caratteristiche dei prodotti offerti
dalla concorrenza
Sponsorhip
• Forma di promozione molto utilizzata dalle
multinazionali
• Risponde alla necessità di molte imprese di
acquistare legittimità sociale presso l’opinione
pubblica
• Risponde all’esigenza di responsabilizzare le
imprese dal punto di vista della promozione del
benessere socio-culturale
Trend recenti nel commercio
mondiale
Mercato Unico Europeo
Ricerca di ACNielsen evidenzia un trend di convergenza di prezzo
dall’introduzione dell’Euro
Ricerca sul costo di 160 prodotti di marca internazionali in vendita in 15 paesi
europei. Nello studio sono inclusi più di 25.000 supermercati e ipermercati
Nel 2002, la differenza di prezzo per uno stesso prodotto nei diversi paesi
europei presi in esame era pari al 71%. Oggi il divario si è ridotto al 50%
Le principali cause sono: stagnazione dei consumi, domanda piatta unita ad
uno scenario distributivo sempre più competitivo (Martell, CEO ACNielsen
Europe).
Fattori che impediscono il livellamento: differenze nei regimi di tassazione, nei
costi di trasporto, differenze di ubicazione geografica, costi di distribuzione
Principali differenze tra paesi
• Norvegia paese più caro per prodotti di marca internazionali, seguito
da Danimarca. Germania paese più conveniente
• L’Italia presenta un’elevata variabilità di prezzo. Nella fascia bassa è
tra i paesi più convenienti d’Europa, in linea con il mercato tedesco.
• Il primato della variabilità interna (44%) spetta alla Svezia, sebbene
la percentuale sia in calo grazie alla crescente concorrenza interna
tra distributori
• UK (15%) e Francia (12%) mostrano i più bassi livelli di variabilità
interna di prezzo. In UK il motivo è stata una crescente concorrenza
tra distributori sul prezzo di vendita; in Francia la variabilità è bassa
grazie a una forte concentrazione nel mercato della distribuzione
L’Europa e il comportamento d’acquisto
dei consumatori
• Studio di ACNielsen sul comportamento d’acquisto di
6.000 acquirenti in 8 mercati europei.
• L’elemento chiave che determina la scelta del punto
vendita varia da paese a paese: per gli inglese è
importante il concetto di “one stop shopping”, per gli
italiani l’orario di apertura, per gli spagnoli la
convenienza e per gli olandesi la vicinanza a casa.
• Il 60% degli europei fa più acquisti piccoli durante la
settimana e quindi apprezza la disponibilità di piccoli
supermercati con ampia possibilità di scelta e vicini a
casa
Il mercato del largo consumo in
Cina
• Mercato cinese=1,3 mld di consumatori, aumento del reddito procapite pari al 7,7% nei centri urbani nel 2004 e un tasso di crescita
del 30% nella grande distribuzione
• Settore del largo consumo nel 2004 = giro d’affari di 13 miliardi di
Yuan/RMB.
• La maggiore disponibilità di reddito pro capite nei centri urbani ha
portato un incremento pari al 7% della spesa media mensile per
prodotti alimentari, beni di consumo e prodotti per la cura personale
Il mercato del largo consumo in
Cina
• Diventa cruciale identificare i settori
ancora sottodimensionati e ad elevato
potenziale (es. consumo pro-capite di birra
è di molto inferiore alla media mondiale)
• Distribuzione: crescita del 35% (come # di
punti vendita) nella grande distribuzione e
calo equivalente dei tradizionali
empori/chioschi a conduzione familiare
Il mercato del largo consumo in
Cina
Permangono forti differenze regionali in un mercato molto
frammentato:
-reddito pro-capite nei centri urbani supera i $1.000, mentre
nelle zone rurali (70% della popolazione totale) è di soli
$353.
- 2.000 marchi diversi prodotti da 180 aziende nel solo
settore del tabacco; consumo di latte a Shangai di 20
volte superiore a quello dei centri urbani secondari;
differenze nell’importanza dei media (a Shangai
dominano le emittenti locali e i cantonesi guardano i
programmi provenienti da Hong Kong)
Il mercato del largo consumo in
Cina
• La parcellizzazione implica l’adozione di strategie di marketing
localizzate e l’adattamento alle preferenze locali in termini di
packaging, canali distributivi, sviluppo della marca e strategie
promozionali.
• Ostacoli nella logistica creano problemi per il mantenimento di
scorte adeguate, con la conseguente perdita di terreno competitivo.
• Necessità per le imprese di adattare il marketing mix alle realtà
locali al tempo stesso perseguendo strategie di business globali
• Elevata competizione con i marchi nazionali cinesi, che detengono
la leadership in molti contesti locali
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I vantaggi del canale diretto (continua…)