• 4. imprese nazionali (dello stesso mercato dell’impresa produttrice) specializzate nelle esportazioni = la vendita all’estero è affidata a un grossista/dettagliante (es. vendite oltre-confine in Friuli-Venezia Giulia affidate ad imprese import/export con sede a Trieste). A volte si creano consorzi ad hoc • 5. imprese di consulenza e di engineering = imprese di intermediazione nel settore delle grandi opere edilizie o costruzioni complesse (comprano macchinari nel paese di origine e li vendono al committente estero) Vantaggi del canale indiretto • 1 riduzione del rischio commerciale (che è affidato ad altri) • 2 Prezzi di vendita più bassi (ceteris paribus) grazie ai risparmi nei costi di gestione della rete distributiva • 3 probabilità di conquistare più ampie quote di mercato grazie all’utilizzo del network distributivo dell’intermediario • 4 l’impresa intermediaria in genere è dotata di buone capacità finanziarie e può contribuire a risolvere eventuali problemi di liquidità dell’impresa produttrice Svantaggi del canale indiretto • Mancanza di contatto diretto con il compratore finale e conseguente difficoltà di attribuire eventuali cali di domanda alla giusta causa (asimmetria informativa tra produttore e intermediario) • Assoggettamento al potere contrattuale dell’intermediario che può ottenere margini superiori rivolgendosi a più produttori in competizione; rischio per l’impresa produttrice di essere estromessa dal mercato estero • Molti intermediari si focalizzano sull’ottenimento di margini nel breve periodo spesso si rifiutano di distribuire l’intera gamma di prodotti di un’impresa straniera con potenziali danni per l’immagine di marca • Due alternative: 1) partecipazione del produttore ai costi necessari a sostenere la distribuzione dell’intera gamma di prodotti, o 2) entrata diretta nel mercato estero con propria rete per conquistare un buon livello di penetrazione commerciale e successivamente ritornare alla mediazione dell’intermediario Il canale diretto L’impresa vende a un operatore del mercato estero senza passare attraverso intermediari. L’impresa può adottare questa opzione quando voglia presentarsi sui mercati esteri con un proprio marchio e in generale quando voglia avviare una politica di presenza stabile sui mercati esteri o quando i prodotti richiedono assistenza postvendita qualificata (i.e., che necessità per l’assistenza di informazioni in esclusivo possesso del produttore). Tipologie di canali diretti • 1. Forza di vendita del produttore = viene mandata all’estero su base periodica o permanente (ufficio di rappresentanza) • 2. Agente di vendita = imprenditore legato all’impresa produttrice da un contratto di natura continuativa con pagamento a quota fissa e quota di provvigioni sul volume d’affari realizzato • - agente non esclusivo = raccoglie ordini per contro dell’impresa produttrice, ma non gestisce scorte e non assume rischi finanziari. Più agenti possono operare nello stesso paese. I costi per il produttore sono proporzionati ai volumi realizzati • - agente esclusivo = E’ l’unico a occuparsi della gamma dei prodotti dell’impresa (può costare molto e se non è efficiente si corrono rischi di perdere quota di mercato) • Broker = è pagato solo se fa concludere l’affare (configura una forma di canale diretto che si avvicina al canale indiretto) • 3. unità operativa all’estero = filiale/branch (senza personalità giuridica), consociata (con personalità giuridica) La consociata • A) ufficio di rappresentanza = mantiene i rapporti con il mercato e con i consumatori, la distribuzione è affidata a una rete di distribuzione locale • B) Importazione = importa dalla “casa madre” e distribuisce in proprio ai grossi compratori. Gestisce direttamente l’attività degli agenti che si occupano dei piccoli compratori • C) import-distribuzione-assistenza post-vendita = gestisce direttamente la distribuzione e vende sia a dettaglianti sia a utilizzatori finali. Organizza assistenza post-vendita • D) produzione-distribuzione-assistenza post-vendita = la consociata può aprire propri stabilimenti di produzione con i quali alimenta la rete di distribuzione • E) acquisto di un’impresa di distribuzione locale Utilizzatore finale = l’impresa vende direttamente all’acquirente finale (molto utilizzata nel settore dei beni strumentali). L’assenza di intermediazione è conveniente per entrambe le parti I vantaggi del canale diretto • Possibilità di sviluppare un’ottica di lungo termine = spesso gli intermediari sono interessati a massimizzare le vendite nel breve periodo a scapito della costruzione di buoni rapporti con la clientela; questo può far sì che molti clienti non siano spinti a un secondo acquisto • Impiego di personale = il personale impiegato nella distribuzione dipende direttamente dall’impresa maggiore conoscenza delle caratteristiche del prodotto e creazione di un canale informativo diretto tra impresa produttrice e mercato finale I vantaggi del canale diretto (continua…) • Maggiore libertà di agire su tutti gli elementi del marketing mix in risposta ai segnali provenienti dal mercato • Il canale diretto spesso è l’unica alternativa praticabile in alcuni mercati, a causa dell’assenza di intermediari locali affidabili • Maggiore stabilità alle politiche di penetrazione commerciale, quindi ai flussi di vendita e di produzione (assenza del rischio che l’intermediario passi alla concorrenza) • Immagine di maggiore affidabilità presso il cliente finale (la presenza in loco con proprie agenzie rassicura l’acquirente finale, specie nel caso di beni strumentali che necessitano assistenza e disponibilità di pezzi di ricambio) I vantaggi del canale diretto (continua…) • Possibilità di adottare una politica selettiva nei confronti dei dettaglianti per rafforzare l’immagine di marca • Possibilità di gestire al meglio la distribuzione di ampie gamme di prodotti ciascuno dei quali richiede tecniche di distribuzione differenti • Risparmio sui margini di guadagno degli intermediari che in alcuni casi sono molto elevati (e.g., trading companies) Principali svantaggi • Maggiore investimento iniziale e maggiori costi d’esercizio • Maggiore necessità di personale altamente qualificato da mandare sul posto • Maggiore rigidità nei piani di produzione (l’impresa deve collocare una quota di produzione nel mercato estero per recuperare i costi fissi iniziali) • Presenza di barriere all’uscita (possibilità di oneri connessi alla chiusura di filiali e al licenziamento di personale che opera in loco) • Maggiore rischio di ostilità da parte dell’opinione pubblica locale Il canale concertato L’impresa produttrice prende accordi per gestire insieme ad altre imprese o altre organizzazioni l’importazione sul mercato estero e la distribuzione Forme principali: 1. piggyback. Pratica con cui si utilizza il know-how, i capitali, il marchio o altri asset di un’impresa per entrare in un mercato estero. La forma di collaborazione del piggyback è usata per ridurre i rischi di entrata. • Franchising • Consorzi tra imprese con l’obiettivo di: 1) assicurare alle imprese del consorzio la commercializzazione dei prodotti nel mercato estero, 2) assicurare una campagna coordinata di promozione, 3) assistenza post-vendita congiunta • Joint venture nella vendita Come si sceglie tra i vari canali • Obiettivi dell’impresa = penetrazione stabile nel lungo termine vs. esportazione sporadica. Nel primo caso è consigliabile il canale diretto • Natura del prodotto = prodotti che richiedono assistenza qualificata o di alto valore unitario o che richiedono tempestività nella consegna privilegiano il canale diretto • Compratori = numero, rilevanza e comportamento d’acquisto (preferenza verso l’acquisto presso la rete distributiva del produttore) Come si sceglie tra i vari canali (continua…) • Concorrenza = in alcuni mercati può essere necessario entrare con le stesse modalità della concorrenza • Efficienza ed affidabilità degli intermediari disponibili • Rapporto tra costi, utili investimenti e rischi Tipologie di costi da considerare • Tipologie di costi: 1) costi iniziali (analisi domanda e concorrenza, ricerca partner locali, selezione del personale, ricerca e valutazione di agenti e intermediari) 2) costi di gestione del canale (diretto = organizzazione, gestione del personale, promozione; indiretto = spartizione dei margini con intermediari) 3) costi di logistica = trasporti, gestione dei magazzini, gestione di procedure doganali Come si sceglie tra i vari canali (continua…) • Stadio di sviluppo del mercato = i mercati di paesi in via di sviluppo si caratterizzano per avere numerosi punti vendita di piccole dimensioni. In questi casi può essere inevitabile il ricorso a un grossista/intermediario • Copertura geografica = è importante valutare il rapporto tra margine richiesto dall’intermediario e grado di copertura del territorio Capitolo 15 La scelta dei canali di distribuzione nei mercati esteri Il canale di distribuzione Per canale di distribuzione si intende la successione di passaggi che avviene tra l’impresa produttrice e il consumatore o utilizzatore finale. I tipi di imprese intermediarie sono due: 1) grossista 2) dettagliante Canale lungo (due intermediari) Impresa di produzione grossista dettagliante acquirente finale L’impresa produttrice non ha alcun contatto con il compratore finale. Non sostiene In proprio i costi di distribuzione ma al contempo non ha alcuna possibilità di sviluppare un contatto con il compratore finale Chi lo utilizza: piccole imprese che vendono all’estero o grandi imprese su mercati meno importanti dal punto di vista strategico Canale medio (un intermediario) Impresa di produzione dettagliante acquirente finale Rispetto al canale lungo, l’impresa si avvicina maggiormente all’acquirente finale, potendo quindi ottenere più informazioni. Inoltre la fornitura al cliente finale è più rapida. L’impresa però sostiene costi legati al mantenimento di scorte e al mantenimento del rapporto con i dettaglianti Canale corto Impresa di produzione acquirente finale L’impresa prende contatto con il compratore finale attraverso una propria rete di distribuzione. È una forma di distribuzione molto costosa, adottabile da imprese che vendono prodotti di largo consumo in forti volumi o beni che richiedono assistenza post-vendita. Per ridurre l’incidenza dei costi fissi della rete di distribuzione le imprese Possono decidere di distribuire anche prodotti complementari ai propri. Evoluzione dei canali di distribuzione I tre attori principali del canale di distribuzione tendono ad esercitare pressioni per ampliare i proprio margini di guadagno a scapito degli altri attori della catena: 1. 2. Impresa di produzione=nel caso in cui sia di grande dimensione può richiedere margini più elevati minacciando l’integrazione verticale a valle Impresa grossista=può integrarsi sia a valle sia a monte 3. Impresa al dettaglio=con lo sviluppo del mercato tende a crescere di dimensione (processo di concentrazione progressiva) 1. Acquirente finale = tendono a costituirsi in cooperative per negoziare condizioni di maggior vantaggio nei confronti di dettaglianti o grossisti Tipologie di punti vendita al dettaglio • Grande dettaglio (grandi magazzini, ipermercati) • Catene di piccoli dettaglianti che si riuniscono in associazioni per gestire alcuni servizi in comune (alimentari, elettrodomestici, abbigliamento) L’obiettivo è quello di escludere il grossista e trattare direttamente con il produttore estero Tipologie di beni e canali di distribuzione • Beni di consumo = il ruolo strategico chiave è svolto dal dettagliante, che ha il potere di influenzare l’acquisto del consumatore finale. Per i beni durevoli è importante l’assistenza post-vendita e la visibilità della marca • Beni industriali che vengono incorporati nel prodotto finale = l’importatore vende direttamente all’utilizzatore finale oppure a un grossista • Beni strumentali (macchinari) = 1) maggiore avvicinamento tra produttore e utilizzatore finale (soprattutto in caso di investimenti specializzati del produttore), oppure 2) ruolo strategico dell’importatore se l’impresa produttrice estera è di piccole dimensioni I fattori che influenzano la scelta del canale di distribuzione • 1) strategia di lungo termine dell’impresa = quanto più l’obiettivo di lungo termine è la conquista di una quota di mercato stabile nel mercato target, tanto più converrà avvicinarsi al compratore finale (canale medio/corto) • 2) modelli di comportamento d’acquisto = i modelli di comportamento d’acquisto variano a seconda del paese (es. abbigliamento di lusso in Italia e USA) • 3) segmentazione del mercato = la scelta del canale cambia a seconda del segmento di potenziali compratori che viene prescelto come target Strategie fondamentali di rapporti con i rivenditori • Intensiva – Massima copertura • Selettiva – Definizione di standard particolari, limitazione dei numero di punti vendita Strategia competitiva e scelta del canale di distribuzione 1) Difesa di una posizione di “nicchia” (bassa quota di mercato): selezione di un insieme ristretto di distributori sulla base di parametri relativi al posizionamento del prodotto (es. caso Smart) 2) Conquista di una elevata quota di mercato: l’impresa seleziona i grossisti più rilevanti e stringe con loro accordi strategici per convincere i dettaglianti a distribuire e promuovere il prodotto. Oppure accordi diretti con i dettaglianti più importanti 1) Difesa di una elevata quota di mercato: avvicinamento ulteriore al consumatore finale attraverso contratti in franchising o forme di distribuzione innovative (direct marketing); creazione di barriere all’entrata tramite accordi di tipo esclusivo con i dettaglianti L’evoluzione dei canali di distribuzione • La componente fissa dei costi di distribuzione tende a crescere nel tempo (maggiore pressione alla vendita e alla razionalizzazione delle superfici espositive) • Concorrenza di nuove forme di distribuzione che consentono di “saltare” l’intermediazione tradizionale (es. Amazon,com, DELL computers, E-bay, settore servizi, televendite, Fresh Direct, il mercato della musica digitale e ITunes); Possibili evoluzioni: i musicisti possono “saltare” i distributori rendendo disponibili agli utenti finali il loro prodotto tramite internet. La distribuzione via Internet si sta spostando da prodotti standardizzati (libri e CD) a prodotti non standardizzati Nuovi formati distributivi con enfasi sul prezzo • Ipermercati e supercenter • Category Dominant Wal-mart, Tesco, Carrefour – Ampio assortimento su determinati prodotti • Club di acquisto Toys’r’us, Circuit City, Ikea – Intermedi tra dettagl. e grossisti • Value format Price Costco, Sams – Assortimenti limitati, prezzi contenuti 99c Only Stores, Lidl L’evoluzione dei canali di distribuzione (continua…) • Il potere d’acquisto tende a concentrarsi in poche aree densamente popolate (es. Manhattan, Los Angeles) • Polarizzazione crescente tra tecniche di distribuzione multipurpose (basso valore aggiunto) e vendite nei negozi specializzati (alto valore aggiunto) • Crescente uniformità nelle modalità di distribuzione nei paesi avanzati (esistenza di aree dedicate all’abbigliamento esclusivo in tutte le maggiori città europee, USA e asiatiche (es. , Fifth Ave., Via Condotti, Ginza) Capitolo 16 Cross-border retailing Cross-border retailing La grandi imprese della distribuzione al dettaglio si espandono sempre più nei mercati internazionali Fattori push cause di difficoltà nei mercati di origine Fattori pull particolare attrattività dei mercati esteri Fattori push • 1) saturazione dei mercati interni= molte imprese si trovano ad operare in condizioni di eccesso di offerta sulla domanda e con elevati costi fissi convenienza ad entrare in mercati esteri dove la pressione concorrenziale è minore; • 2) forte competizione sul prezzo nelle fasi finali del ciclo di vita del prodotto nei mercati interni (prevalenza di innovazione di processo tesa all’efficienza sull’innovazione di prodotto) Fattori push (continua..) • 3) incremento della base di azionisti (evoluzione da imprese a proprietà ristretta a public companies) maggiore pressione verso una maggiore reditività del capitale investito che spinge a ricercare opportunità di profitto in mercati esteri • 4) fattori macroeconomici (es. recessione a calo dei consumi) e demografici (es. invecchiamento della popolazione) Fattori pull • 1) lo sviluppo delle tecnologie ICT maggiore controllo a distanza sulla logistica e sul sistema di approvvigionamento • 2) possibilità di sfruttare economie di scala nella distribuzione grazie alla crescente globalizzazione dei gusti in alcuni settori (scarsa necessità di adattamento della distribuzione ai contesti locali) • 3) prossimità geografica e “culturale” (es. Germania dell’Ovest verso Germania Est e verso paesi dell’Est Europa) Capitolo 17 Le forme di promozione nei mercati esteri Promozione Promozione = tutto quanto può informare il potenziale compratore riguardo al prodotto e tutto quanto può indurlo ad acquistarlo Perché investire in promozione? - Perché la promozione serve ad informare il consumatore dell’esistenza di nuovi prodotti Perché il consumatore deve essere “persuaso” (non sceglie secondo criteri razionali) Perché l’investimento di risorse in attività di promozione è un segnale di credibilità e solidità Perché il crescente potere della distribuzione (concentrata) costringe i produttori a pubblicizzare i prodotti per assicurare ai distributori vendite adeguate Perché in mercati “saturi” o in contrazione, l’aumento o il mantenimento di quota di mercato si può ottenere solo a spese dei concorrenti la pressione promozionale si intensifica La principali forme di promozione nei mercati esteri • • • • • 1) pubblicità 2) personale di vendita 3) incentivi all’acquisto 4) comunicazioni dirette 5) fiere nazionali e internazionali La pubblicità Comunicazione inviata al potenziale compratore attraverso mezzi diversi dalla persona fisica L’impresa ha convenienza a investire in pubblicità se: 1) Ha una strategia di lungo termine 2) il mercato target è sufficientemente ampio da consentire il recupero dei costi fissi/affondati, 3) il messaggio pubblicitario va a buon fine PIL e investimenti in pubblicità Esiste una documentata correlazione positiva tra spese pubblicitarie e andamento del PIL. Ragioni: 1) le imprese sono più selettive nell’impostare i programmi di promozione in fase recessiva (perché i consumatori sono più selettivi nell’acquisto); 2) c’è maggiore competizione sul prezzo che spinge le imprese a tagliare i costi (ma i tagli alla pubblicità accentuano la contrazione della domanda), 3) il tasso di innovazione di prodotto è minore in fase recessiva Principali passi della creazione di una campagna pubblicitaria • 1. capire il mercato, l’uso probabile del prodotto e le aspettative dei consumatori (importante l’appoggio di agenzie locali) • 2. fissare gli obiettivi (creazione di un’immagine di marca e raggiungimento di una certa quota di mercato) e stabilire il livello di spesa per ciascun mercato • 3. definire il target del messaggio pubblicitario: consumatore finale, rivenditore o entrambi? Nel caso del consumatore finale, definire il segmento • 4. scegliere i canali di comunicazione: TV, radio, quotidiani, riviste “generaliste” e riviste specializzate, cartelloni pubblicitari, cinema Problemi principali La scelta dei canali di comunicazione: bisogna individuare il canale più adatto al segmento di mercato target, ma la disponibilità e l’efficienza dei canali di comunicazione dipendono dallo stadio di sviluppo socio-economicopolitico di un paese. Inoltre i costi di utilizzo di uno stesso canale possono variare molto da paese a paese La percezione e comprensione del messaggio dipende molto dalla cultura, dal linguaggio, dalle tradizioni locali La scelta tra standardizzazione e adattamento del messaggio pubblicitario La scelta di standardizzare il messaggio pubblicitario è rischiosa per una serie di ragioni: • I consumatori “globali” sono in aumento ma sono ancora una percentuale molto esigua della popolazione mondiale • Le abitudini alimentari sono molto diverse da un paese all’altro e sono molto consolidate • Esistono pochi e selezionati canali di comunicazione “sovranazionali” (alcuni grandi quotidiani e la TV via cavo), ma lo sviluppo di Internet sta cambiando le cose • Le norme a tutela del consumatore variano molto da paese a paese (va si va verso una standardizzazione delle norme): la pubblicità comparativa non è permessa in alcuni paesi • I principi etico/religiosi variano a paese a paese e impongono restrizioni La scelta del nome del prodotto come strumento di comunicazione • Nomi geografici = possono funzionare quando l‘evocazione dell’origine geografica fa parte della strategia di posizionamento del prodotto sui mercati internazionali (Made in Italy per abbigliamento e design, la Francia per formaggi e vini) • Nomi di famiglia = evoca il potere e il glamour della tradizione • Nomi provocatori = Apple, Ipod, Itunes, I… La scelta tra accentramento e decentramento della campagna pubblicitaria L’impresa può accentrare tutte le decisioni relative all’impostazione della campagna nella casa madre oppure decentrarle a consociate o agenti/intermediari che operano in mercati esteri Accentramento - Quando l’impresa è di grandi dimensioni e può affidare la campagna a una grossa agenzia pubblicitaria con filiali nei paesi target oppure quando è piccola ma opera in pochi mercati (esigenza di sfruttare economie di scala) - Quando il prodotto è molto standardizzato - Quando le motivazioni all’acquisto sono simili nei vari paesi Decentramento - Quando prevale l’esigenza di adattare il messaggio alle caratteristiche del mercato locale - Quando esistono buone agenzie pubblicitarie locali che conoscono le caratteristiche del mercato nonché la cultura e le abitudini dei potenziali compratori Personale di vendita La comunicazione tra produttore e potenziale compratore può anche avvenire tramite l’impiego di personale specializzato - Spesso è indispensabile nel caso di beni strumentali e industriali - Ha il vantaggio di rendere la comunicazione interattiva (esistenza di feedback immediato dal compratore all’addetto alle vendite) - In molti paesi la scarsità di canali di comunicazione tradizionali (TV, radio, giornali) rende questa forma di comunicazione l’unica praticabile Personale di vendita (continua…) Sviluppa contatti in tre direzioni principali: - grossisti/intermediari al fine di favorire la promozione del prodotto presso i dettaglianti - Compratori finali con lo scopo di fidelizzazione - Potenziali utilizzatori scarsamente informati Incentivi all’acquisto e altri strumenti del marketing mix usati per fare promozione • Incentivi all’acquisto = premi, sconti o dilazioni di pagamento nei confronti dell’acquirente finale o dell’intermediario • Direct marketing = comunicazioni via posta (poco costose rispetto alla pubblicità) • Uso del prezzo come strumento di promozione = entro certi limiti e per certi tipi di prodotti un prezzo più alto della concorrenza può essere interpretato come segnale di qualità superiore del prodotto rispetto a quello dei concorrenti Partecipazione a fiere, mostre, esposizioni internazionali Strumento molto utilizzato da imprese di piccole dimensioni che non hanno altri mezzi per rendersi visibili (es. piccola e media editoria), o da imprese che vendono beni strumentali o beni di consumo durevoli che sono acquistati da un numero limitato di grandi compratori specializzati. Vantaggi: 1. La presentazione del prodotto è molto più efficace ed esaustiva rispetto agli altri metodi 2. Dà la possibilità all’impresa di testare le reazioni di fronte a un prodotto nuovo (prototipo) prima del lancio sul mercato 3. Offre importanti occasioni di contatto diretto con potenziali intermediari, grossisti, rappresentanti. Dà inoltre la possibilità di valutare approfonditamente le caratteristiche dei prodotti offerti dalla concorrenza Sponsorhip • Forma di promozione molto utilizzata dalle multinazionali • Risponde alla necessità di molte imprese di acquistare legittimità sociale presso l’opinione pubblica • Risponde all’esigenza di responsabilizzare le imprese dal punto di vista della promozione del benessere socio-culturale Trend recenti nel commercio mondiale Mercato Unico Europeo Ricerca di ACNielsen evidenzia un trend di convergenza di prezzo dall’introduzione dell’Euro Ricerca sul costo di 160 prodotti di marca internazionali in vendita in 15 paesi europei. Nello studio sono inclusi più di 25.000 supermercati e ipermercati Nel 2002, la differenza di prezzo per uno stesso prodotto nei diversi paesi europei presi in esame era pari al 71%. Oggi il divario si è ridotto al 50% Le principali cause sono: stagnazione dei consumi, domanda piatta unita ad uno scenario distributivo sempre più competitivo (Martell, CEO ACNielsen Europe). Fattori che impediscono il livellamento: differenze nei regimi di tassazione, nei costi di trasporto, differenze di ubicazione geografica, costi di distribuzione Principali differenze tra paesi • Norvegia paese più caro per prodotti di marca internazionali, seguito da Danimarca. Germania paese più conveniente • L’Italia presenta un’elevata variabilità di prezzo. Nella fascia bassa è tra i paesi più convenienti d’Europa, in linea con il mercato tedesco. • Il primato della variabilità interna (44%) spetta alla Svezia, sebbene la percentuale sia in calo grazie alla crescente concorrenza interna tra distributori • UK (15%) e Francia (12%) mostrano i più bassi livelli di variabilità interna di prezzo. In UK il motivo è stata una crescente concorrenza tra distributori sul prezzo di vendita; in Francia la variabilità è bassa grazie a una forte concentrazione nel mercato della distribuzione L’Europa e il comportamento d’acquisto dei consumatori • Studio di ACNielsen sul comportamento d’acquisto di 6.000 acquirenti in 8 mercati europei. • L’elemento chiave che determina la scelta del punto vendita varia da paese a paese: per gli inglese è importante il concetto di “one stop shopping”, per gli italiani l’orario di apertura, per gli spagnoli la convenienza e per gli olandesi la vicinanza a casa. • Il 60% degli europei fa più acquisti piccoli durante la settimana e quindi apprezza la disponibilità di piccoli supermercati con ampia possibilità di scelta e vicini a casa Il mercato del largo consumo in Cina • Mercato cinese=1,3 mld di consumatori, aumento del reddito procapite pari al 7,7% nei centri urbani nel 2004 e un tasso di crescita del 30% nella grande distribuzione • Settore del largo consumo nel 2004 = giro d’affari di 13 miliardi di Yuan/RMB. • La maggiore disponibilità di reddito pro capite nei centri urbani ha portato un incremento pari al 7% della spesa media mensile per prodotti alimentari, beni di consumo e prodotti per la cura personale Il mercato del largo consumo in Cina • Diventa cruciale identificare i settori ancora sottodimensionati e ad elevato potenziale (es. consumo pro-capite di birra è di molto inferiore alla media mondiale) • Distribuzione: crescita del 35% (come # di punti vendita) nella grande distribuzione e calo equivalente dei tradizionali empori/chioschi a conduzione familiare Il mercato del largo consumo in Cina Permangono forti differenze regionali in un mercato molto frammentato: -reddito pro-capite nei centri urbani supera i $1.000, mentre nelle zone rurali (70% della popolazione totale) è di soli $353. - 2.000 marchi diversi prodotti da 180 aziende nel solo settore del tabacco; consumo di latte a Shangai di 20 volte superiore a quello dei centri urbani secondari; differenze nell’importanza dei media (a Shangai dominano le emittenti locali e i cantonesi guardano i programmi provenienti da Hong Kong) Il mercato del largo consumo in Cina • La parcellizzazione implica l’adozione di strategie di marketing localizzate e l’adattamento alle preferenze locali in termini di packaging, canali distributivi, sviluppo della marca e strategie promozionali. • Ostacoli nella logistica creano problemi per il mantenimento di scorte adeguate, con la conseguente perdita di terreno competitivo. • Necessità per le imprese di adattare il marketing mix alle realtà locali al tempo stesso perseguendo strategie di business globali • Elevata competizione con i marchi nazionali cinesi, che detengono la leadership in molti contesti locali