Umberto Franciosi
Segretario Generale della FLAI CGIL di Modena, Emilia Romagna
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Dimensioni degli allevamenti
Marginalità di guadagno sempre più
compromesse
◦ In particolare nelle fasi di mercato in cui il prezzo
delle materie prime cresce
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Normative ambientali sul territorio
italiano
◦ Diverse nelle varie Regioni, così come nel resto
d’Europa
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Organizzazione della filiera
◦ Estremamente frammentata, con capacità di
allevamento e di macellazione molto limitata
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Organizzazione del lavoro
◦ Outsourcing, appalti, somministrazioni illegali di
manodopera possono compromettere un settore
strategico dell’economia italiana
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Distribuzione del valore lungo la filiera
◦ Ruolo della GDO e delle centrali d’acquisto
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Oltre 13 milioni di suini all’anno macellati (Germania
oltre 50 milioni di capi/anno)
Occupati nelle industrie di macellazione e
trasformazione delle carni suine italiane 41.000 di cui
almeno 9.000 di aziende esterne (stima)
Solo nella macellazione suinicola 6000 dipendenti, di
cui almeno 2500 di imprese esterne (stima), in
costante aumento
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Il più grande macello suino italiano macella
800.000 capi/anno - ITALCARNI di Carpi
(MO)
Nord Europa macelli da 2 milioni di capi/anno
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Il 2009 confrontato con il 2008 ha registrato
un - 0,2%
Il 2010 confrontato con il 2009 ha registrato
un – 1,3% (nonostante l’aumento di produzione
di capi suini nazionali dell’1,8%)
Circuito macellazione DOP, 2009/2008
(destinato alla produzione dei prosciutti di Parma,
S.Daniele, Modena…) – 4,5% (passa da 9,32 a
8,68 milioni di capi)
◦ nel 2010, circuito DOP, si mantiene stabile
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nel 2009 è stato di poco superiore al 60%,
nel 2010 è stato del 59%
Continuano quindi ad aumentare le importazioni
Importazione di animali vivi nel 2009 è di
478.000 capi (60% suinetti e magroni), dato in
aumento anche sul 2010
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2009 Importazione di carni fresche 842.000 t. (61% di
cosce suine, 14% suini in mezzene)
2010 Importazione di carni fresche 955.000 t., + 13%
importazioni dal 2009 (63% di cosce suine estere,+17%
rispetto al 2009)
2009 Totale importazioni di carni in valore: 1,7 miliardi di
euro
2010 Totale importazione di carni in valore: 1,95 miliardi
di euro
◦ incremento 14%
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2009 Totale esportazioni di carni e salumi: 0,97
miliardi di euro
2010 Totale esportazioni di carni e salumi 1,1
miliardi di euro
◦ incremento 13%
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Nel 2009 la produzione di cosce suine destinate
alla produzione di DOP è diminuita del - 4,5%,
confrontato sul 2008
◦ Nel 2010 la produzione di cosce DOP rimane stabile
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Negli ultimi anni si incrementano le importazioni di
cosce suine estere
◦ Cosce DOP perdono quote di mercato, mentre quelle
estere crescono
◦ Carne suina proveniente dall’estero costa il 20% in meno
rispetto il “suino pesante” italiano
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Costi di produzione, nella fase d’ingrasso nel 2010, è di
1,36 €/kg, + 4,6% rispetto al 2009
Alimentazione incide al 60%, il costo del lavoro
al 13,5%. Da notare che allevatori nel 2010
hanno venduto a 1,22 €/kg!!!!!!
Da anni gli allevamenti non registrano guadagni
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Nel 2010 i macelli hanno acquistato i maiali a 1,22
€/kg (media annua), stesso prezzo anche nel 2009
ma, allora, favorevole la congiuntura dei prezzi dei
cereali per buona parte dell’anno
gli allevamenti sono in sofferenza, aumenti
dei cereali non faranno che peggiorare la
situazione
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Il costo del lavoro è omogeneo in quasi tutti i paesi
considerati, per l’Italia, l’incidenza maggiore è data
dalla voce “Alimentazione”
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Costo del lavoro in un macello suino è in media
pari al 4,6% dei costi totali
Oltre l’80% dei costi è determinato dalle materie
prime
La competitività dei macelli si “gioca” quasi tutta sul
costo del lavoro causando:
aumento dei ritmi e delle velocità di lavoro
(sicurezza sul lavoro)
Incremento dei processi di outsourcing non
regolare
evasioni fiscali e contributive, lavoro nero,
sfruttamento dei lavoratori e caporalato.
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I ritmi e le velocità sempre più spinti
◦ aumentando le malattie muscolo scheletriche al sistema
mano/braccio, creando dei veri e propri danni
permanenti
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A 40 anni non saranno più in grado di tenere
in mano un coltello
◦ Inevitabile aumento dei costi a carico dello stato per
inabilità, infortuni e malattie
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Costo medio per ogni ora lavorata per un
dipendente diretto di un impresa di
macellazione, con media specializzazione, non
può essere inferiore ai 22 euro/ora
Corrispettivo pagato, dal macello, per un
dipendente di un’impresa appaltatrice (in
outsourcing), costa dai 12 ai 15 euro/ora
◦ Outsourcing non regolare può far risparmiare
anche il 40% sul costo del lavoro
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Sfruttamento di immigrati
◦ Non esistono orari di lavoro
◦ Non c’è un orario giornaliero
◦ Le pause non vengono retribuite
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Violenze e minacce
Non integrazione
Condizione di precarietà a tempo
indeterminato
Impossibilità di vivere una vita dignitosa per
se e per la famiglia
Paura di cadere nella clandestinità
Trattenute arbitrarie per ‘servizi”
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Senza la necessaria formazione professionale,
igienica e sanitaria
Organizzati prevalentemente in false
cooperative (bogus self-employed)
Divisi in etnie con pericoli di coesione sociale
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Non applicano il contratto di lavoro della
macellazione
Anche quando è applicato deregolamentano
quasi tutti gli istituti contrattuali
Pagano regolarmente solo una parte delle ore
lavorate, causando:
◦ Lavoro nero, evasioni, elusioni fiscali e
contributive
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 Affitto
di ramo d’azienda
 Appalto di servizi
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Criteri per legittimo outsourcing (vero appalto
esterno): “capitale proprio” e “autonomia
imprenditoriale”
◦ I lavoratori in outsourcing, spesso, sono diretti e
organizzati dai responsabili del macello
Quindi una vera e propria “somministrazione
irregolare di manodopera”
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Concorrenza sleale tra imprese
Coesione sociale, all’interno delle aziende e
nella società
Caporalato (gangmasters)
Infiltrazioni mafiose
Sicurezza alimentare e agropirateria
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Lavoro regolare e integrità del “ciclo produttivo” è
garanzia per la sicurezza alimentare
Lavoro e outsourcing irregolare e selvaggio,
possono favorire l’agropirateria e dumping
sociale
◦ Contraffazioni di prodotti di qualità
◦ Frodi commerciali (provenienze delle carni)
◦ Non garanzia della tracciabilità delle carni
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Condizionamento della filiera alimentare in Italia,
ma anche in Europa,
Condizionamento nella distribuzione del valore
lungo la filiera
Peso della GDO e delle “Centrali di acquisto”
Sviluppo delle “Private leable”
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Macello acquista a 1,22 euro/kg
Macello vende allo stagionatore a 3,4 €/kg
coscia suina italiana stagionata può essere
venduta a 25 euro al kg presso GDO (50 euro/kg
affettato nelle buste)
13% del valore va al macello
4,8% del valore va all’allevatore
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Gestiscono il 69% del mercato della
distribuzione alimentare
Si rapportano con 75.000 imprese con più di
9 dipendenti
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Commissione agricoltura del Parlamento europeo aveva
già messo in evidenza, nel 2009, che la concentrazione
della distribuzione alimentare aveva generato:
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abuso di potere per “acquisto dominante”
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pratiche contrattuali sleali,
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restrizioni d’accesso al mercato,
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assenza di informazioni sulla formazione dei
prezzi e la ripartizione dei margini di profitto nel
corso della filiera alimentare
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In Italia la centrale di acquisto dominante si
chiama “Centrale Italiana”, formata nel
2005 da: COOP ITALIA, SPAR, Il Gigante e
Supermercati SIGMA
La centrale d’acquisto ha, come scopo
prioritario, la gestione del contratto con il
fornitore
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I fornitori per vendere le loro merci sono costretti ad
infilarsi in un collo d’imbuto. In Europa milioni di piccoli
produttori si devono confrontare con colossi della
distribuzione.
L’imbuto è stretto, non c’è modo di negoziare prezzi e
condizioni di fornitura, si soccombe
◦ alle logiche scontistiche
◦ Al ritardo nei pagamenti
◦ Alle vendite sottocosto
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Rabobank, un’istituzione finanziaria olandese,
specializzata nel settore agroindustriale, ha
previsto una impressionante crescita dei cosiddetti
marchi commerciali, la cui quota di mercato
salirà dall’attuale 25% sino al 50% entro il
2025
Conseguenze:
◦ Grandi marchi delle multinazionali, molto pubblicizzati,
potranno continuare a vendere con il loro marchio
◦ I marchi secondari saranno, probabilmente, costretti a
scomparire progressivamente o, nel migliore dei casi, ad
aggregarsi o adattarsi alle richieste della GDO
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L’allevamento, la macellazione e lavorazione delle carni:
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Già ora risentono del “peso” della GDO nell’attuale situazione,
possiamo immaginare le ulteriori conseguenze in un contesto
come quello del 2025!
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La carne non è valorizzata per il potere nutritivo che ha (costa
di più una scatoletta di carne per gatti o cani che una bistecca);
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La carne è venduta come prodotto “civetta”;
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La carne è oggetto di continue scontistiche, vendite
“sottocosto” e offerte speciali
PREVEDIBILI, IN QUESTO QUADRO, ALTRI DEVASTANTI
RIPERCUSSIONI SULLA FILIERA:
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Logoramento, sfruttamento dei lavoratori, irregolarità
retributive e sicurezza alimentare
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Promuovere il rispetto degli accordi collettivi e
il dialogo sociale tra rappresentanze sindacali
e padronali (Responsabilità sociale ed etica)
Estendere gli stessi diritti a tutti i lavoratori
impiegati nello stesso sito produttivo nella
lavorazione della carne senza distinzione di
forme contrattuali (contrattazione di sito)
Limitare e sanzionare l’abuso dei processi di
outsourcing (appalti, affitti di rami d’azienda,
staff leasing) – revisione legislazione europea
Definire il “core businees” dell’azienda e non
consentirne l’outsourcing
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Analisi economica della filiera. Riflessione e
analisi del ruolo della GDO, nella posizione
dominante delle sue centrali di acquisto e
nella iniqua ripartizione dei profitti
Contrastare e sanzionare l’agropirateria
sempre presente dove c’è lavoro irregolare
Promuovere l’informazione ai consumatori
per conoscere anche le condizioni
lavorative, sociali e ambientali della
produzione – tracciabilita’ delle carni suine
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Valorizzazione delle carni, con corretta e chiara
informazione
Sostegno a chi produce in qualità
◦ Sostenere le produzioni biologiche e OGM free
Incentivare e sostenere le aggregazioni d’impresa e le
integrazioni di filiera
Sostenere gli allevamenti e i macelli che investono nel
rispetto ambientale (Biogas)
Necessario intervenire sulla posizione dominante
delle poche centrali di acquisto presenti in Europa
anche introducendo dei codici di buone prassi
commerciali
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carne suina in italia