Direttore: Pier Luigi Amata IL CENTRO BIOS DELLA CHIRURGIA E MEDICINA ESTETICA A ROMA • VALUTAZIONE PRE-OPERATORIA CLINICO-STRUMENTALE • SOLUZIONI FINANZIARIE PERSONALIZZATE • ASSISTENZA POST-OPERATORIA FOLLOW-UP 1, 3, 6, 12 MESI • VISITE E CONSULTAZIONI: BIOS SPA - VIA D. CHELINI 39, ROMA • MEDICINA ESTETICA • PRIMO COLLOQUIO GRATUITO www.bioscultura.it PRENOTATE SUBITO UN COLLOQUIO CON LO SPECIALISTA AL CUP BIOS - 06 809641 bIMestrALe dI InforMAzIone e AggIornAMento sCIentIfICo La qualità nelle strutture sanitarie: il vero “target” di un’azienda Il furto della succlavia: la “succlavia ladra” Cosa significa “mi piace fumare” Il testimone negato: come cambia la percezione del corpo umano Il nodulo tiroideo: agoaspirato tiroideo con ago sottile per esame citologico Una patologia polmonare fetale: malattia adenomatoide polmonare cistica congenita (MACP) Edizioni bIos S.p.A. n. 2 - 2011 SISTEMA QUALITÀ CERTIFICATO UNI EN ISO 9001:2000 CUP - CENTRO UNIFICATO DI PRENOTAZIONE - 06 809641 [email protected] www.bios-spa.it BIOS S.P.A. - STRUTTURA SANITARIA POLISPECIALISTICA FAX - 06 8082104 00197 ROMA - VIA D. CHELINI, 39 APERTO TUTTO L’ANNO. ANCHE IL MESE DI AGOSTO * • IN REGIME DI ACCREDITAMENTO PER TUTTI GLI ESAMI PREVISTI DAL SSR PER INFORMAZIONI SU TUTTI I SERVIZI E PRENOTAZIONI: INFO CUP 06 809641 DIRETTORE SANITARIO: Dott. Francesco Leone DIAGNOSTICA DI LABORATORIO Direttore Tecnico Prof. Giovanni Peruzzi • DIABETOLOGIA E MALATTIE DEL RICAMBIO • DIETOLOGIA • ENDOCRINOLOGIA * ANALISI CLINICHE ESEGUITE CON METODICHE AD ALTA TECNOLOGIA PRELIEVI DOMICILIARI • LABORATORIO DI ANALISI IN EMERGENZA (DEAL) - ATTIVO 24h su 24h - 365 GIORNI L’ANNO CON REFERTI DISPONIBILI DI NORMA ENTRO 2 ORE DAL RICEVIMENTO DEL CAMPIONE PRESSO LA STRUTTURA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI Direttore Tecnico Prof. Vincenzo Di Lella Direttore Sanitario Dott. Francesco Leone • GASTROENTEROLOGIA • GENETICA MEDICA - DIAGNOSI PRENATALE • GINECOLOGIA - OSTETRICIA • IMMUNOLOGIA CLINICA • MEDICINA DELLO SPORT • MEDICINA INTERNA • NEFROLOGIA • NEUROLOGIA • OCULISTICA • ORTOPEDIA • OSTETRICIA - GINECOLOGIA • • • • • • • DIAGNOSTICA RADIOLOGICA * RADIOLOGIA GENERALE TRADIZIONALE E DIGITALE * ORTOPANORAMICA DENTALE DIGITALE * SENOLOGIA TAC SPIRALE (T.C) (TOTAL BODY) DENTASCAN MINERALOMETRIA OSSEA COMPUTERIZZATA (M.O.C.) • DIAGNOSTICA ECOGRAFICA • ECOGRAFIA INTERNISTICA: singoli organi e addome completo • DIAGNOSTICA ECOGRAFICA CARDIOLOGICA E VASCOLARE: ecocardiogramma, ecocolordoppler • ECOGRAFIA GINECOLOGICA: sovrapubica, endovaginale • ECOGRAFIA OSTETRICO-GINECOLOGICA IN 3D E 4D DI ULTIMA GENERAZIONE: - TRANSLUCENZA NUCALE O PLICA NUCALE - ECOGRAFIA MORFOLOGICA - FLUSSIMETRIA • ECOGRAFIE PEDIATRICHE DIAGNOSTICA SPECIALISTICA Direttore Sanitario Dott. Francesco Leone • • • • • • ALLERGOLOGIA ANDROLOGIA ANGIOLOGIA AUDIOLOGIA CARDIOLOGIA DERMATOLOGIA • OTORINOLARINGOIATRIA • PNEUMOLOGIA • PSICOLOGIA CLINICA • REUMATOLOGIA • UROLOGIA CENTRI E SERVIZI MULTIDISCIPLINARI Direttore Sanitario Dott. Francesco Leone • CHECK-UP PERSONALIZZATI - MIRATI: Sui principali fattori di rischio - VELOCI: Nell’arco di una sola mattinata - Convenzioni con le aziende • SERVIZIO DIAGNOSTICA RAPIDA: con referti e diagnosi in 24-48 ore • CENTRO ANTITROMBOSI: monitoraggio e counseling del paziente in terapia antitrombotica • CENTRO PER LA DIAGNOSI E CURA DELL’IPERTENSIONE • CENTRO PER LO STUDIO, DIAGNOSI E CURA DEL DIABETE • CENTRO PER LO STUDIO DELLE CEFALEE • SERVIZIO DI MEDICINA E BIOLOGIA DELLA RIPRODUZIONE: studio dell’infertilità di coppia, fecondazione assistita di I livello • SERVIZIO DI DIAGNOSTICA PRE E POST NATALE, MONITORAGGIO DELLA GRAVIDANZA • SERVIZIO DI ANDROLOGIA E PREVENZIONE DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE • SERVIZIO VACCINAZIONI Periodico della bIos s.p.A. fondata da Maria Grazia Tambroni Patrizi L’editoriale Giuseppe Luzi 2 direttore responsabile Fernando Patrizi direzione scientifica Giuseppe Luzi La qualità nelle strutture sanitarie: il vero “target” di un’azienda Vincenzo La Barbera 3 segreteria di redazione Gloria Maimone Coordinamento editoriale Licia Marti Il furto della succlavia: la “succlavia ladra” Alessandro Ciammaichella 7 Comitato scientifico Armando Calzolari Carla Candia Vincenzo Di Lella Francesco Leone Giuseppe Luzi Gilnardo Novellli Giovanni Peruzzi Augusto Vellucci Anneo Violante Hanno collaborato a questo numero: Alessandro Ciammaichella, Elena Cagnazzo Paolo D’Alessio, Vincenzo La Barbera, Giuseppe Luzi, Giorgia Pizzuti, Massimiliano Rocchietti March, Giuditta Valorani. Cosa significa “mi piace fumare” Giorgia Pizzuti 10 La responsabilità delle affermazioni contenute negli articoli è dei singoli autori. 1 direzione, redazione, Amministrazione Bios s.p.A. Via D. Chelini, 39 00197 Roma Tel. 06 80964245 [email protected] Il testimone negato. come cambia la percezione del corpo umano Elena Cagnazzo 13 grafica e Impaginazione Vinci&Partners srl Impianti e stampa ArtColorPrinting srl via Portuense, 1555 - 00148 Roma Edizioni bIos S.p.A. Autorizzazione del Tribunale di Roma: n. 186 del 22/04/1996 Il nodulo tiroideo: agoaspirato tiroideo con ago sottile per esame citologico Massimiliano Rocchietti March 16 In merito ai diritti di riproduzione la BIOS S.p.A. si dichiara disponibile per regolare eventuali spettanze relative alle immagini delle quali non sia stato possibile reperire la fonte Pubblicazione in distribuzione gratuita. Finito di stampare nel mese di maggio 2011 Una patologia polmonare fetale: malattia adenomatoide polmonare cistica congenita (MACP) 20 Paolo D’Alessio bIos SpA Struttura Sanitaria Polispecialistica Via D. Chelini, 39 - 00197 Roma Dir. Sanitario: Dott. Francesco Leone CUP 06.809.641 Un punto di forza per la vostra salute gli utenti che, per chiarimenti o consulenza professionale, desiderano contattare gli autori degli articoli pubblicati sulla rivista diagnostica bios, possono telefonare direttamente alla sig.ra Pina buccigrossi al numero telefonico 06 809641. edItorIALe GiuseppeLuzi Direzione Scientifica - Diagnostica Bios 2 L’edItorIALe DiaGnosTica: non soLo “rIvIstA”. Lo sviluppo delle conoscenze in campo medico implica un costante aggiornamento: non esiste altra disciplina scientifica nella quale l’attenzione per i diversi settori sia per sua natura così necessariamente interconnessa. Ne deriva il terribile rischio di una sovraesposizione di notizie, problema esploso nel corso degli ultimi dieci anni con internet e con l’afflusso incontrollato di informazioni proveniente dalle più svariate fonti. Un altro problema convergente, non meno importante, riguarda il linguaggio. Sappiamo, per esempio, che con la migrazione è nata, mal definita, ma operativa e importante la figura del mediatore culturale. Figura che aiuta a inserire un messaggio tra il singolo “fragile” e una struttura consolidata. Ora ragioniamo proprio sulla “mediazione culturale”: l’incremento delle informazioni non è solo quantitativo (tante cose da leggere) ma anche qualitativo (comprendere quello che leggo). I giornali e gli strumenti noti (mass media) fanno il loro lavoro e le stesse istituzioni hanno costituito siti di interazione con il pubblico, ma si può misurare realmente la loro efficacia? A questo scenario si aggiunge l’azione, talora aggressiva ma comprensibile, di numerose organizzazioni no profit e delle associazioni di cittadini colpiti da una determinate malattia. Un’azienda sanitaria quale è la BIOS S.p.A, come più volte sottolineato in vari articoli di Diagnostica, si è inserita da oltre venti anni nel settore dell’informazione proprio per fornire un contributo di chiarezza e, quando possible, di originalità sui vari argomenti trattati. Nel corso dell’ultimo anno in particolare, al contributo di professionisti che da lungo tempo hanno fornito la loro competenza e la loro capacità di informazione, si è aggiunto un gruppo di nuovi collaboratori impegnati nella clinica e nella ricerca di base. I temi trattati sono concreti, riguardano gli aspetti pratici della diagnostica e dell’assistenza, ma non tralasciano gli aspetti scientifici più importanti (genetica, bioinformatica, ricerca di base in settori quali l’immunologia, la microbiologia etc.). è da chiederci non come sia cambiata la medicina ma cosa intendiamo oggi per medicina e per chiarirci le idee è indispensabile ricorrere all’informazione. Nell’ambito medico-sanitario esistono ben noti problemi sociali, di costo, problemi di formazione nelle università, incertezze istituzionali su scelte critiche (chiudere un ospedale, ridurre un certo tipo di assistenza, prevenzione, aiuto ai meno abbienti). Spesso le autorità preposte alla direzione di strutture complesse hanno un’origine “politica” e la professionalità non è certo il primo dei parametri presi in esame per conferire incarichi dirigenziali. Si prevede per il prossimo ventennio una crisi nel numero di medici, dopo la sbornia delle lauree esplosa attorno agli anni Settanta del XX secolo. In questa cornice quale ruolo assumerà la sanità privata? è possibile affermare che non la concorrenzialità ma una fattiva collaborazione tra strutture pubbliche e private sia una strategia del futuro? Non viene il dubbio che l’allenza tra pubblico e privato possa rappresentare una chance di miglioramenmto e non una ragione di conflitto? Riflettiamoci. Diagnostica vuole essere un contributo, piccolo ma ci auspichiamo significativo e di qualità, per la chiarezza delle conoscenze, per fornire ai lettori uno strumento di riflessione, un tentativo onesto di mediazione culturale laddove il cittadino utente ha bisogno di confrontare idee, opzioni, scelte possibili. Diagnostica non vuole essere una rivista di divulgazione, lemma un po’ rischioso sul quale bisogna intenderci. Divulgare non è chiarire e la velocità del dato informativo genera con frequenza una percezione errata della notizia. Diagnostica ha l’ambizione di essere una rivista che si può leggere in sala d’attesa, prima della visita medica, ma anche quella di essere una rivista che si può tenere sulla scrivania (non solo del medico) di fronte al computer e con il libro aperto per acquisire ulteriori elementi di conoscenza e per generare nuovi dubbi da chiarire. LA qUALItà neLLe strUttUre sAnItArIe: IL vero “tArget” dI Un’AzIendA. Vincenzo La Barbera Responsabile Ufficio Qualità Bios s.p.A. 3 Che cosa è il sistema gestione qualità? A cosa serve e soprattutto quale importanza assume nelle strutture sanitarie? Nel 1987, l’International Organization for Standardization pubblicò per la prima volta quella che ora è chiamata serie di norme ISO 9000. Nel 1994, lo standard ISO 9000 venne rivisto e venne emessa la norma UNI EN ISO 9001:1994. Nel 1997, l’ISO decise di raccogliere, a livello mondiale, le impressioni e le esigenze di moltissime aziende per evidenziare i punti di debolezza delle norme esistenti. A seguito di questa indagine, nel 2000 gli standard ISO 9000 vennero ulteriormente rivisti. Infine, nel 2008 è stata emessa la nuova versione dello standard: la UNI EN ISO 9001:2008 (UNi-Ente Nazionale italiano di Unificazione, ENComitato Europeo di Normazione, iso-organizzazione internazionale per le standardizzazioni). Oggi, le aziende e le organizzazioni in generale adottano sempre più diffusamente modelli standard di sistemi di gestione qualità (SGQ), e il concetto di qualità sconfina la competenza degli addetti ai lavori e diviene parte della conoscenza per gli utenti. Purtroppo, spesso, la conoscenza di queste procedure è solo parziale o distorta da pregiudizi. Un errato atteggiamento mentale condanna o idealizza il Sistema Gestione Qualità che può essere percepito con scetticismo o disfattismo, sia dagli utenti sia dalle organizzazioni stesse, alimentando fantasie e dubbi come: “la qualità è un concetto astratto, hanno il certificato di qualità per i loro interessi, il nostro è già un prodotto/servizio di qualità, è un discorso troppo difficile da far recepire ai nostri collaboratori”. Talora, al contrario, il Sistema Gestione Qualità è idealizzato e accettato acriticamente: “...se sono certificati i loro prodotti/servizi sono sicuramente di qualità, o, se adottiamo il Sistema Gestione Qualità non facciamo errori…”. Al di là delle perplessità e i timori che si possono avere di fronte al sistema Gestione Qualità, questo altro non è che, uno strumento di organizzazione, una raccolta di regole, di linee guida da seguire per rivedere il nostro modo di lavorare per agire in modo corretto. In questo senso, la qualità è uno strumento e contemporaneamente un obbiettivo delle organizzazioni, per affrontare meglio le nuove sfide del mercato. La Qualità è una sorta di spazio comune tra le organizzazioni che offrono un prodotto/servizio e il cliente sempre più evoluto nelle aspettative e competenze. La Qualità si declina in un ventaglio di possibilità tra l’organizzazione e il cliente che convergono in un unico punto, il prodotto/servizio offerto e la percezione dello stesso da parte del cliente. Un gruppo di professionisti del settore che hanno costituito il primo portale italiano dedicato alle tematiche della qualità e della certificazione in generale, QualitiAmo, individuano diversi tipi di Qualità. Analizziamoli. 4 qualità attesa è la qualità che fa riferimento agli standard qualitativi che il cliente ritiene adeguati. Si aspetta di riceverla quale prestazione minima del prodotto/servizio. Le esigenze legate alla qualità attesa possono essere espresse o meno (in questo caso si definiscono implicite). Le organizzazioni devono essere molto efficaci nella fase di rilevazione della qualità attesa perché è sulle necessità e sui desideri del cliente che dovranno progettare il tipo di qualità che vogliono erogare. qualità progettata è la qualità che l’organizzazione si propone di raggiungere, cercando di tradurre le esigenze del cliente in requisiti da soddisfare. Per progettare la qualità occorre darsi degli obiettivi di performance e svilupparli al meglio nelle fasi del processo di progettazione/produzione o in quelle di erogazione del servizio. Il divario tra quello che si attende il cliente (la qualità attesa) e ciò che l’organizzazione progetta di fornirgli (la qualità progettata) è un gap che può essere definito come gap di comprensione. Questa mancanza di comprensione crea inevitabilmente seri problemi che si ripercuotono sul prodotto/servizio a valle. qualità erogata è la qualità associata ad un prodotto/servizio al termine del processo produttivo o di erogazione del servizio. Fa riferimento ai livelli qualitativi che sono stati realmente raggiunti e che possono differire da quelli progettati. Il divario tra ciò che l’organizzazione ritiene che il cliente debba ricevere (la qualità progettata) e ciò che l’organizzazione realmente fornisce (la qualità erogata) è un gap definibile come gap di realizzazione. qualità percepita è la qualità che il cliente riscontra nel prodotto/servizio che viene fornito e che esprime il relativo grado di soddisfazione. Questa qualità si rivolge alla sfera dell’irrazionale, al mondo delle sensazioni e dell’emotività del cliente. è una fase molto importante perché può fidelizzare o meno un cliente. è essenziale che l’organizzazione si attivi per conoscere il giudizio della clientela (tramite interviste telefoniche, con l’invio di questionari per rilevare la soddisfazione, ecc). Il divario tra la qualità effettivamente fornita dall’organizzazione (la qualità erogata) e la percezione che di essa ha il cliente (la qualità percepita) è un gap che può essere definito come gap di comunicazione. qualità paragonata è la qualità che il cliente confronta riferendosi a esperienze precedenti, al mercato e, soprattutto, alla concorrenza. Dunque, nel Sistema Gestione Qualità il cliente e le sue aspettative sono un aspetto centrale per il conseguimento di tutti gli obiettivi organizzativi. Se questo è vero per tutte le organizzazioni in generale, acquista particolare pregnanza nelle organizzazioni sanitarie legate alla peculiarità dei prodotti/servizi offerti. Nell’ambito di queste organizzazioni le aspettative del cliente sono profon- damente alterate dal mettere a “disposizione” il proprio corpo per arrivare a una diagnosi. Il corpo viene materialmente toccato, radiografato, trafitto ,” violato”: il tutto alimenta una spinta irrazionale e inconscia legata all’emergere dei propri fantasmi e fantasie arcaiche di varia natura, (sessuale, la paura della sofferenza, della malattia, ecc). Erogare una prestazione sanitaria percepita di Qualità implica anche accogliere e confinare questi vissuti proponendosi con servizio a dimensione umana efficace ed efficiente, sicuro e controllato. In questi casi, la Qualità percepita dai cittadini utenti e l’acquisizione di nuovi clienti testimoniano la Qualità dell’organizzazione sanitaria, la capacità di quest’ultima di trasmettere fiducia ai propri clienti, grazie a tre punti che ritengo fondamentali: conoscere, far sapere e saper essere. Conoscere la qualità. La qualità è uno degli strumenti principe per la gestione di un’organizzazione, l’applicazione dei punti della norma ISO 9001 rappresenta una gestione strategica e integrata, di pianificazione e di controllo, permette una conoscenza dello stato di tutti i processi coinvolti nella realizzazione ed erogazione dei prodotti/servizi e dei bisogni del cliente. Nell’ambito della Qualità in strutture sanitarie, particolare rilievo acquista l’integrazione tra il mondo manageriale e quello tecnico/clinico, legato all’erogazione dei servizi. In questo senso l’applicazione del Sistema Gestione Qualità rappresenta un punto d’incontro tra questi due mondi in grado di fornire un prodotto/servizio continuo, in conformità a procedure e protocolli diagnostici e terapeutici condivisi e con processi ottimizzati, standardizzati e monitorati, in grado di adattarsi alle richieste esplicite e implicite dei clienti per migliorare la percezione della Qualità da parte degli stessi. far sapere Il diritto del cliente/paziente alla dignità umana, all’informazione, al coinvolgimento nelle scel- te, all’appropriatezza delle cure, alla sicurezza, alla tutela della privacy ecc. si concretizzano in doveri e strategie delle organizzazioni sanitarie che intendono erogare un prodotto/servizio di Qualità. Questo dovere-strategia (tutela dei diritti del paziente) dell’organizzazione sanitaria verso il proprio cliente si esercita principalmente incrementando nelle persone la consapevolezza ad appropriate misure preventive, mettendo a disposizione tutte le informazioni, con un linguaggio semplice, sia relativamente alla conoscenza scientifica, sia per quanto concerne le procedure innovative incluse quelle diagnostiche. è importante informare il cittadino/utente sul proprio stato di salute e farlo partecipare attivamente alle decisioni in merito, riguardo ai servizi sanitari offerti, a come utilizzarli e farlo scegliere liberamente tra differenti procedure. Inoltre, ogni cliente deve poter essere messo nelle condizioni di conoscere gli standard di qualità forniti della struttura e il rispetto di tali standard. In conclusione, ma non in ultima istanza, l’utente deve poter reclamare ogni qual volta ritenga di aver sofferto un danno. e ricevere una risposta adeguata entro un breve lasso di tempo. saper essere Quest’ultimo aspetto si riferisce al clima aziendale e al tipo di relazione che intercorre tra il cliente e la struttura. Riguarda principalmente la capacità del personale, medico e non, di accogliere e gestire la relazione con il cliente, ovvero la capacità di trasmettere a quest’ultimo, attraverso un atteggiamento di disponibilità umana e competenza professionale, tutto il valore e la Qualità della struttura, della quale egli stesso si sente parte integrante e ne condivide l’orgoglio del servizio fornito. Questo approccio facilita il bisogno del paziente di fidarsi e affidarsi e infonde la percezione del proprio beneficio anche in presenza di un rischio, elemento sempre presente nella prestazione medica olisticamente considerata. 5 6 A tUtto CAMPo sHocK sETTico: Un sinGoLaRE caso cLinico Paziente femmina di 71 a. anticoagulata a seguito di intervento di protesi valvolare per stenosi mitralica reumatica. Buon compenso cardiovascolare. Reintervento per fistola coccigea ascessualizzata: ampia incisione chirurgica con ottimo decorso postoperatorio. Dopo un mese, un giorno, in posizione eretta e in pieno benessere, la pz. all’improvviso emette un grido, sbarra gli occhi e cade pesantemente a terra battendo il capo. Da quel giorno - pur non presentando alcun deficit motorio - è diventata psicologicamente molto rallentata: non ha più letto i giornali né visto la TV, non ha più sorriso. Angio-TAC cerebrale: ematoma frontale diam. cm 3,8, fratture del cranio. Subentrò incontinenza fecale con continua contaminazione dell’incisione chirurgica. Dopo 3 settimane: torpore ingravescente, rifiuto del cibo, polsi quasi impercettibili, netta ipotensione arteriosa, cute umida e fredda: shock settico. Ricovero in ospedale: dopo 3 giorni l’exitus. Commento: non è stata chiarita la causa dell’emorragia cerebrale. Solo l’effetto dell’ anticoagulazione (peraltro ben controllata con Inr) o la rottura di un microaneurisma sfuggito alI’ angio-TAC ? inFLUEnZa aViaRia in iTaLia I virus influenzali hanno la caratteristica di continue variazioni, dato che comporta una “mancanza di esperienza immunologica” della popolazione: ne consegue il diffondersi della malattia. La viremia influenzale è rara e poco importante. Le complicanze dell’ apparato respiratorio sono dovute agli stessi virus influenzali o a batteri sovrapposti. Tra le pandemie influenzali la più grave - per la mancanza di antibiotici - è stata la “spagnola” del 1918-19 che ha causato 20 milioni di decessi. A questo riguardo, il prof. Angelo Capparoni, Presidente dell’Accademia di Storia dell’ Arte sanitaria fino a 2 anni or sono, ha ipotizzato che sia stata una influenza aviaria. Sui monti del fronte di guerra austriaco, d’inverno ricoperti di neve per la stasi delle operazioni belliche i nostri soldati cacciavano gli uccelli provenienti dall’est Europa, per poi mangiarli (la dieta era insufficiente). Capparoni sostiene che questi uccelli, portatori del virus influenzale, sono stati i responsabili della pandemia che ha dilagato in molti stati europei. Sarebbe stata questa la prima forma nota di influenza aviaria. ViTaMinE in GinEcoLoGia Pubertà, gravidanza, allattamento e menopausa possono essere “momenti a rischio” per il fabbisogno vitaminico, con possibilità di ipovitaminosi. Tale fabbisogno aumenta del 20 % in gravidanza e durante l’allattamento. L’ acido folico è utile per il turnover dell’ endometrio, per la maturazione dell’ epitelio uterino e per lo sviluppo del feto: il neonato è sottopeso per la sua carenza. La sua richiesta è quasi tutta coperta dalla dieta, purché sia senza cottura. La scarsità di ac. folico determina anemia, leucocitopenia e piastrinopenia per la disfunzione midollare; glossite e diarrea per l’alterato ricambio della mucosa; aborto per mancato annidamento dell’ uovo fecondato, secondario all’ alterazione dell’ endometrio. In gravidanza l’escrezione urinaria di folati aumenta fino a quattro volte quella basale. Il supplemento di folati è indispensabile se vi è iperemesi, nelle gravidanze gemellari e ravvicinate, nelle gravidanze delle adolescenti quando la richiesta aumenta trattandosi di organismo ancora in fase di sviluppo. vitamina A: nel primo trimestre di gravidanza va data solo se necessaria e a bassa dose, per il possibile effetto teratogeno. vitamina d: in menopausa va data con il calcio, per prevenire e curare l’ osteoporosi. a. c. IL fUrto deLLA sUCCLAvIA: LA “sUCCLAvIA LAdrA” alessandro ciammaichella Medico internista L’infermiera, non più giovane, cercò di mettere seduto sul letto il paziente, gravemente obeso ed emiplegico, per cui dovette compiere un discreto sforzo, ma ebbe un improvviso e intenso capogiro per cui dovette rinunciare. Un nostro assistente le misurò subito la pressione: al braccio sinistro, quello che si era maggiormente sforzato, trovò la pressione sistolica più bassa di 25 m Hg rispetto al braccio contro laterale. Ma che era successo ? e quale la causa ? Si era trattato di un fugace episodio di diminuito apporto di sangue arterioso al cervello (quello che comunemente chiamiamo TIA, da insufficienza cerebro-vascolare) dovuto a un restringimento (stenosi) del tratto prossimale della succlavia, quella arteria così chiamata perché posta al di sotto della clavicola. La stenosi della succlavia abitualmente è collocata a monte dell’origine dell’arteria vertebrale, che decorre dentro le vertebre cervicali: è la stenosi tipo l. Meno frequente è la localizzazione della stenosi subito sotto la vertebrale: stenosi tipo 2. Per ben comprendere la dinamica dell’ evento è opportuno riferirci a una figura illustrativa. La stenosi è in genere di natura aterosclerotica, e quindi colpisce in età avanzata. Tener presente che l’aterosclerosi è una malattia “sistemica”, per cui tende a colpire il cuore e tutto l’ albero arterioso. Non ci meraviglierebbe pertanto che il portatore della “succlavia ladra” sia anche un cardiopatico o un arteriopatico degli arti inferiori. Una variante meno frequente di questa affezione, ma che nei giovani va sempre tenuta presente, è una stenosi della succlavia dovuta a malformazione congenita. Esaminando il paziente, alla palpazione si può apprezzare un fremito nella fossa sopracla- 7 veare e, all’ auscultazione, un soffio sistolico. Nel furto delle succlavia la sintomatologia è quella di un TIA con la peculiarità - preziosa per la diagnosi- che essa è scatenata da un notevole sforzo muscolare di un arto superiore. L’iperafflusso di sangue al braccio, richiesto da questo sforzo, non può essere soddisfatto completamente attraverso la via naturale della succlavia, in quanto ristretta. Avviene allora, a scopo compensatorio, una inversione della direzione del sangue nell’ arteria vertebrale dello stesso lato. Conseguenza finale una sottrazione di sangue al cervello: è la sindrome della “succlavia ladra”. L’attacco ischemico transitorio interessa soprattutto la parte posteriore del cervello, compreso il cervelletto, l’organo principe nel controllare l’equilibrio. Il paziente avverte instabilità nello stare in piedi (è l’ “atassia”: dal greco “mancanza di coordinamento” motorio) e/o vertigini (dal latino “vertere”: girare); vi è la sensazione che la testa giri (vertigine soggettiva) o che girino le pareti della stanza (vertigine oggettiva). Il fenomeno, che insorge sempre durante uno sforzo importante con l’arto superiore è favorito se concomita una ipoplasia (cioè arteria congenitamente più piccola della norma) della vertebrale. Analogo al furto della succlavia è il furto dell’ arteria anonima (“anonima ladra”), con una differenza: mentre la stenosi della succlavia può interessare sia quella destra sia quella sinistra, l’impegno dell’ anonima compromette solo il lato destro del circolo braccio-cefalico: qui il momento scatenante è lo sforzo dell’ arto superiore destro. Nella diagnosi differenziale è sempre bene considerare le sindromi cardiocerebrali, quel vastissimo campo di patologia a un tempo cardiologica e neurologica che - anche da una ricerca del nostro gruppo di studio dell’Ospedale San Giovanni - è risultata essere una frequente causa di ricoveri ospedalieri. Si tratta dei più svariati disturbi neurologici, spesso simili a quelli propri del furto della succlavia (vertigini, atassia, formicoli, fugace compromissione della vista o della parola ecc..), tutti riportabili ad una imperfetta funzione di “pompa” del ventricolo sinistro. La diagnosi clinica è facile e poggia su tre dati: a) iposfigmia, cioè debole pulsazione arteriosa nel braccio interessato; b) soffio ascoltato al di sopra della clavicola, e talora anche un “fremito” alla palpazione; c) sintomi indotti dallo sforzo muscolare del braccio. Essa può essere confermata dall’ arteriografia: il mezzo di contrasto iodato, opaco ai raggi x, precisa bene l’entità e la sede del restringimento dell’ arteria. La correzione chirurgica, di rado necessaria, è limitata a quei casi caratterizzati da questa discrepanza: tenuità dello sforzo scatenante, importanza dei fastidi accusati dal paziente. attualità in diagnostica vascolare 8 Le patologie vascolari sono una forma di malattia cardiovascolare che colpisce principalmente i vasi sanguigni con alterazioni delle cellule endoteliali per l’azione di agenti patogeni, accumulo di particelle LDL ossidanti e stimoli infiammatori. le patologie vascolari sono in aumento nei paesi industrializzati per l’incidenza dei fattori ambientali e risultano essere la prima causa di disabilità dopo i 50 anni di vita e la terza causa di morte dopo le patologie cardiache e neoplastiche. L’incidenza aumenta con l’aumentare dell’età. Pertanto, risulta sempre più opportuno identificare le alterazioni vascolari a rischio così da prevenire gli accidenti cerebro-vascolari. La Bios s.p.a. di via D. Chelini 39, sempre attenta alle innovazioni tecnologiche, grazie alle apparecchiature ecocolor doppler di ultima generazione di cui è dotata e alla elevata professionalità dei propri specialisti, è in grado di identificare le lesioni iniziali nell’ipertensione arteriosa, nei fumatori e nelle sindromi metaboliche attraverso l’esecuzione dell’ecocolordoppler dei vasi sopraortici arterioso e transcranico arterioso. Inoltre, con l’ecocolordoppler dei vasi sopraortici arterioso e venoso e transcranico arterioso e venoso, che permette di evidenziare oltre al circolo arterioso anche il circolo venoso cerebrale, è possibile identificare cause vascolari per le vertigini, le cefalee, gli acufeni, la senilità precoce, l’amnesia globale e transitoria. Tali metodiche seguono le linee guida dell’OMS, della ANMCO e della SIIA. Il medico responsabile del servizio è il prof. Gilnardo Novelli, specialista in chirurgia vascolare e cardioangiochirurgia. Per informazioni e appuntamenti contattare il cuP - 06 809641. FiBRaTi non soLo nELLE DisLiPiDEMiE Questi farmaci, oltre che nelle dislipidemie miste, sono utili anche nel ridurre le malattie circolatorie, specie gli eventi coronarici. sinDRoME Di BaRTTER Rara, è caratterizzata da iperplasia dell’apparato iuxtaglomerulare, con aumentata secrezione di renina, iperaldosteronismo con perdita e normotensione arteriosa. EXTRasisToLi non TUTTE UGUaLi. Benigne quelle sopraventricolari. Quelle venticolari invece, anche se talora sospette per una cardiopatia severa, anche mortale, sono spesso “innocenti” se causate da un’ eccitazione da ipertensione, da farmaci o da cibi. quando? Qualora intervengano improvvise variazioni nella velocità e/o nella direzione del flusso. iPERcoLEsTERoLEMia E DiETa Il colesterolo per l’ 80 % è sintetizzato dall’organismo, prevalentemente dal fegato, per il 20 % è di origine alimentare. Questo rapporto 80 / 20 dimostra con chiarezza come sia molto più utile ridurne la sintesi con i farmaci rispetto alla restrizione dietetica. “inciPE, PaRVE PUER, RisU coGnoscERE MaTREM”. L’indissolubile legame madre-feto iniziato con la gravidanza si rafforza poi nell’ infante che comincia a riconoscere la madre dal suo sorriso (Virgilio). REnE PoLicisTico. L’ingrossamento dell’organo è enorme, potendo arrivare da 120 g. fino a 17 chili. Causa ipertensione arteriosa e dolore cronico. cUoRE D’aTLETa coME EDUcaRE i GioVani Devono usare al massimo la neocorteccia cerebrale con la connessa capacità raziocinante: essa deve prevalere sulla paleocorteccia del sistema limbico, propria dell’ uomo della preistoria. aTERoMi. DoVE? Si formano soprattutto nelle zone di irregolarità geometrica, come nelle ramificazioni delle arterie, nelle curve e dove cambia il diametro. è un cuore giovane fisiologicamente ingrossato in risposta a maggiori richieste energetiche di ossigeno e di irrorazione sanguigna secondarie allo sport praticato. Consente di vincere più gare degli altri. a cura di alessandro ciammaichella MIxIng sinDEnaFiL a 80 anni ? Il farmaco è anche utile per le coronarie e l’ipertensione polmonare. Ma è l’orgasmo in se stesso, da esso provocato, che risulta pericoloso per i rischi cardiovascolari. 9 CosA sIgnIfICA “MI PIACe fUMAre” Giorgia Pizzuti Psicologa, psicoterapeuta 10 In Italia ci sono 11 milioni di fumatori, 5,9 maschi e 5,2 milioni di femmine, mai così numerose come in questi ultimi anni. A fronte di 33 milioni di non fumatori ben 6,5 sono quelli che hanno smesso, soprattutto uomini1. Elemento interessante, su cui peraltro torneremo, è la motivazione principale addotta per spiegare la propria ‘incapacità’ a smettere. Al terzo posto, infatti, poco dopo il classico timore di ‘perdere qualcosa’ o di rimanere mentalmente schiavi del fumo, il 65% dei soggetti dichiara di continuare a fumare per paura di non riuscire a fare a meno delle sigarette. Questo dato ci permette di definire già un primo punto interessante e cioè che molti fumatori almeno il 65% -, nonostante dichiarino di trarre piacere dal fumo, di fatto affermano di continuare a fumare non tanto per questa ragione bensì per il timore di fallire nel proposito di smettere. 1 Indagine doxA-Iss 2010 sul fumo. A questo punto vale la pena fare una precisazione importante. Come esseri umani noi agiamo, pensiamo, decidiamo in funzione del raggiungimento di un ipotetico piacere e/o fuga dal dolore. Negli ultimi cent’anni, si è passati dalla definizione del principio di piacere e di realtà di Freud alla scala dei bisogni di Maslow, per giungere nuovamente alle cosiddette leve motivazionali della ricerca del piacere-fuga dal dolore della programmazione neurolinguistica. Le stesse teorie economiche che agli inizi del secolo introdussero il concetto di ‘utilità attesa’ si sono poi ritrovate, a partire dagli anni ‘70, con la necessità di introdurre una dimensione soggettiva di ‘benessere’ non chiaramente definibile. Ma perché accennare alla storia della psicologia, alle teorie economiche, al PNL quando l’argomento è il piacere di fumare? Il punto è che se vogliamo capire le ragioni del fumo dobbiamo cer- care di capire innanzitutto la forza di ciò che è alla base di questo come di molti altri comportamenti. Anche quando un fumatore, peraltro assai raramente, afferma che non gli piace fumare sta di fatto negando la presenza di un’associazione nascosta tra l’accendersi una sigaretta e una qualche forma di ‘piacere’, sia pur inconsapevole o comunque in apparente contraddizione con il senso comune. Magari sostiene che fumare lo rilassa quando è ormai scientificamente dimostrato che la nicotina, agendo sui recettori dell’acetilcolina e stimolandone l’attività, tende a favorire un aumento piuttosto che una riduzione dello stress. Vi siete mai chiesti poi come mai i fumatori, soprattutto quelli accaniti, tendano ad accendersi una sigaretta ogni 30-60 minuti? Perché dopo mezz’ora dall’ultima sigaretta i livelli di nicotina nel sangue si dimezzano riducendosi ad un quarto dopo un’ora e aprendo così la strada alla cosiddetta crisi d’astinenza. Non dimentichiamoci che la nicotina impiega appena sette secondi per arrivare al cervello dove, una volta attraversata la barriera ematoencefalica, agisce sui centri dopaminergici, i cosiddetti “centri del piacere”, modificando il complesso sistema di rilascio-assorbimento della dopamina, la sostanza del piacere. La nicotina, infatti, inibisce la monoammina ossidasi a sua volta responsabile della degradazione della dopamina aumentando così, sia pur temporaneamente, il livello di quest’ultima. Questo significa che nel momento in cui l’effetto ‘piacevole’ sparisce o diminuisce, il nostro organismo comincia ad inviarci una serie di segnali volti a ristabilire la sensazione di piacere precedente…spingendoci così verso un’altra sigaretta. R. Montague, famoso neuroscienziato del Baylor College of Medicine di Houston, ha elaborato un modello delle scelte comportamentali, e non solo, molto interessante e in linea con quanto finora accennato. L’autore, forte di una serie di dati sperimentali raccolti anche attraverso l’uso della Risonanza Ma- gnetica Funzionale, sostiene che il nostro cervello è una sorta di ‘macchina valore’. In altre parole attraverso l’ausilio del sistema dopaminergico, e più precisamente del meccanismo di rilascio di dopamina, il cervello orienta le nostre scelte, le nostre decisioni, preferisce compiere un’azione piuttosto che un’altra. In tal senso il tiro di una sigaretta o, come direbbe lo stesso Montague, anche solo l’ ‘idea’ di fare un tiro, provocherebbe un burst di dopamina segnalando al cervello che stiamo per ottenere un ‘valore’, una sorta di ricompensa tradotta, a livello neurobiologico, da un rilascio di dopamina. Se a ciò andiamo ad aggiungere l’effetto precedentemente descritto della nicotina sulla monoammina ossidasi, come rinunciare al ‘piacere’ di una sigaretta?! Eccoci così di nuovo all’importante quesito iniziale e alla complessa definizione di ciò che è o provoca piacere. Per il nostro cervello fumare può essere un piacere così come il praticare uno sport, l’andare al cinema, il raggiungere un obiettivo etc. E quand’anche il soggetto negasse un simile “piacere” dovremmo comunque andarne alla ricerca. Per smettere di fumare occorre, infatti, partire innanzitutto da questo elemento, dal riconoscimento di questa associazione fumare-piacere che sia pur estremamente soggettiva, idiosincratica, risulta comunque una potente leva motivazionale. D’altra parte se non tutti gli essere umani fumano, se da piccoli non fumiamo, se anche i fumatori più accaniti quando dormono o prendono l’aereo non fumano per ore senza alcuno stravolgimento fisico ciò significa che il rapporto, il ‘piacere di fumare’ si sviluppa a partire da una base primariamente psicologica che lentamente, nel corso del tempo, ciascun fumatore ‘traduce a livello neurobiologico’. Se il piacere di fumare non fosse anche e soprattutto il frutto di una costruzione mentale, se fosse soltanto piacere fisico allo stato puro, come spiegare i colpi di tosse, la sensazione di disgusto che tutti, indistintamente, abbiamo provato la prima volta che abbiamo fatto un tiro? 11 Nell’ultimo rapporto sul fumo della DOXASSN solo il 16,8% dei soggetti dichiara di aver iniziato a fumare ‘perché ho provato e mi piaceva’; ed anche qui sarebbe interessante approfondire il significato di questa risposta, la definizione di questo ‘piacere’. Non è un caso che ben il 60% dichiari di aver cominciato ‘perché influenzato dagli amici, dai compagni di scuola’ e che l’età media in cui ciò accade sia compresa proprio tra i 15-17 anni (85%), una fase in cui, quella dell’adolescenza, le implicazioni psicologiche degli atteggiamenti e dei comportamenti individuali rappresentano una delle principali spinte motivazionali. ‘altruistica’ o per semplice ‘spirito democratico’? Quando l’84% degli italiani afferma che non smette perché gli mancherebbe la ‘compagnia delle sigarette’ di cosa stiamo parlando? Della nicotina? No di certo… Se a distanza di 3 settimane dall’ultima sigaretta l’organismo si libera di quasi il 90% di essa, dopo circa un mese i cosiddetti sintomi d’astinenza non hanno più ragion d’essere…o almeno non dovrebbero. Ciò significa che la famosa ‘astinenza’ provata da molti fumatori a distanza di tempo dall’ultima sigaretta non è più fisica bensì psicologica. Smettere di fumare non significa cancellare questo comportamento. Non si tratta di magia. Piuttosto occorre partire innanzitutto da una giusta comprensione e ridefinizione del significato, del rapporto che il soggetto ha costruito con le sigarette, con il fumo. Per far tale passo occorre capire come il fumo abbia progressivamente acquisito per quel dato individuo una connotazione primariamente ‘positiva’, ‘piacevole’, che nessuna pubblicità progresso potrà mai scalfire. Perché per modificare un atteggiamento, un comportamento ‘negativo’, qualsiasi esso sia, occorre sempre riconoscerne innanzitutto l’intenzione ‘positiva’, il ‘valore’ che esso ha per quella persona, quella forma di ‘piacere’ che in maniera più o meno consapevole risulta ad esso legato. 12 E ancora, se fumare fosse sempre piacevole, allora perché il 54% dei fumatori è favorevole ai divieti nei luoghi pubblici? Forse per una spinta Come diceva Freud quasi cent’anni or sono, possiamo combattere solo ciò di cui siamo consapevoli. Presso la BIOS S.p.A. di via D. Chelini 39 - Roma, nell’ambito dei Servizi di Cardiologia, è attivo il centro per la diagnosi e il Monitoraggio dell’ipertensione arteriosa. La responsabile è la dottoressa alessandra Fabretto. Per prenotazioni: info cuP 06 809641 IL testIMone negAto coME caMBia La PERcEZionE DEL coRPo nELLa MaLaTTia Elena cagnazzo Psicologa, psicoterapeuta 13 Non ho il minimo dubbio che la maggior parte delle persone viva, a livello fisico, intellettuale o morale, in una cerchia molto ristretta del proprio essere potenziale. Esse usano una parte molto piccola della propria coscienza potenziale… come un uomo che, di tutto il proprio sistema corporeo, impieghi e muova abitualmente soltanto il dito mignolo… Tutti noi possediamo serbatoi di vita a cui potremmo attingere, ma non ne conosciamo neppure l’esistenza. William James Le prime esperienze dell’essere umano si verificano ai confini tra l’organismo e il suo ambiente e il primo confine percepito è proprio quello tra il corpo ed il mondo esterno. Il corpo è dunque la struttura fisica della nostra esistenza, è sede di bisogni e canale di espressione delle emozioni. è l’aspetto più ‘visibile’ di noi e come tale raccoglie la proiezione dell’immagine di sé e “riceve tutte le scariche narcisistiche del nostro bisogno di autoaffermazione, del nostro senso di onnipotenza o del nostro masochismo” (F. Rametta). Di fronte ad una malattia grave il rapporto con la propria fisicità e la struttura stessa del corpo possono subire un profondo mutamento e tutto ciò, naturalmente, si ripercuote anche nei rapporti in- terpersonali; ma a volte accade che il corpo divenga un terreno rassicurante dove muovere i primi passi di un percorso che porta a contattare angosce profonde, come la paura della morte, o sentimenti di colpa, vergogna, rabbia ai quali è negato l’accesso alla coscienza. In questi casi, durante una psicoterapia, è utile partire dall’aspetto corporeo per arrivare a contattare e a integrare altri livelli di esperienza. Franco è rannicchiato nel letto, con gli occhi socchiusi. oggi non mi guarda. Non si lava e non si cambia da giorni, la notte non dorme perché passa il tempo a cercare una posizione che gli permetta di “non sentirlo”; si riferisce in questi termini 14 al tumore che ha attaccato i suoi polmoni e che non riesce neanche a nominare. Gli chiedo se è consapevole della posizione che assume, rannicchiata e storta, con il braccio sinistro completamente schiacciato sotto il peso del corpo, i lineamenti del viso tirati. Mi risponde che è l’unico modo per non pensare alla malattia, che la posizione gli costa fatica ma preferisce non appoggiare la schiena al materasso così “può far finta che non ci sia”. Mi confessa che cerca di muoversi il meno possibile e che, addirittura, è spaventato anche all’idea di doversi lavare le mani. Poi improvvisamente scoppia a piangere. Gli chiedo cosa succede quando si lava le mani, cosa sente. Risponde che la sensazione dell’acqua fresca sulla pelle gli piace molto ma ha paura che questo possa rendere più forte il tumore. Anche piangere non va bene ed è preoccupato perché in mia presenza piange spesso; ogni sensazione fisica e ogni emozione, mi conferma, risvegliano anche la malattia. Questo è il suo pensiero fisso, è disperato e crede di impazzire perché non sa trovare una soluzione né una tregua. osservo che il tumore è composto da cellule che si sono differenziate dal normale sviluppo, che hanno perso le caratteristiche dell’organo cui appartengono. il suo corpo non è il tumore come il tumore non è il suo corpo, non è necessario annullare l’uno per sconfiggere l’altro e, proseguo, può provare a sentire come il suo braccio sinistro sia molto costretto in quella posizione oppure come sia piacevole lavarsi le mani e osservare cosa succede, fare attenzione alle sensazioni che emergono. Franco resta in silenzio. Gli propongo allora di sperimentare un rilassamento guidato che gli consenta di controllare e diminuire il dolore. Gli spiego che per ottenere questo risultato deve però essere disposto a compiere un passo: a ‘sentire’ il suo corpo, a riscoprirne le sensazioni, ad essere consapevole delle tensioni e delle contratture. Dopo qualche secondo di esitazione Franco accetta. Lo invito a chiudere gli occhi, a respirare profondamente e lo guido nel contatto con le va- rie parti del corpo, dai piedi al cuoio capelluto; gli chiedo di visualizzare l’organo, di concentrarsi sulle sensazioni che prova, poi di rilassare ogni muscolo ed eliminare ogni tensione. Al termine dell’esercizio Franco appare più disteso e comunica una sensazione di sollievo. il dolore è diminuito, si sente più ‘compatto’ e, soprattutto, meno spaventato; riferisce di aver avuto più difficoltà a visualizzare la parte destra di schiena e torace - punto in cui è posizionato il tumore - ma di aver comunque tratto beneficio dal rilassamento. Di fronte a una malattia terminale il mondo crolla, tutto diviene incerto e precario, sfuggente e frammentato; recuperare elementi concreti e reali, sentire il corpo come il testimone dell’essere ancora in vita diventa una forma di ‘contenimento’ importante, un punto fermo che riconduce, in quel momento come non mai, al valore di esistere qui e ora; quando Franco si consente di nuovo di ‘vivere’ e ‘far vivere’ il suo corpo sperimenta immediatamente un effetto anche a livello emotivo, sentendosi infatti meno spaventato. Per un malato grave la diagnosi non cambia solo il rapporto con il proprio corpo ma anche la percezione e il valore del tempo. Gli antichi greci per designare il tempo utilizzavano due termini distinti, riferiti a concetti differenti; kronos era la parola utilizzata per indicare il tempo che passa, che scorre, mentre kairos, che i latini traducevano come opportunitas esprime il concetto di ‘momento giusto’, opportuno. Nella malattia, o in altri momenti critici dell’esistenza, il tempo può acquisire il valore di occasione per elaborare, per fare bilanci, per completare delle “Gestalten” incompiute e il terapeuta può stimolare e sostenere questo tipo di rielaborazione focalizzando l’attenzione del paziente sul senso e sull’importanza dell’esserci qui e ora. Il recupero del corpo, del suo linguaggio, dei suoi ritmi e delle sue sensazioni è tanto importante in un’epoca, la nostra, in cui essere malati è per molti aspetti più solitario, più meccanico, più disumanizzato; viviamo in una società in cui si tiene in vita un numero sempre maggiore di perso- ne con macchine che sostituiscono organi vitali, una società nella quale un paziente seriamente malato sovente è trattato come una persona che non ha alcun diritto ad avere un’opinione. Spesso è qualcun altro che decide se, quando e dove questi dovrebbe essere ricoverato in ospedale. Scrive Elisabeth Kubler-Ross: “… il malato sarà circondato da infermiere affaccendate, da inservienti, studenti, assistenti… sentirà pareri sulla sua condizione, discussioni e domande rivolte ai membri della sua famiglia. A poco a poco, ma inesorabilmente, si comincia a trattarlo come una cosa… spesso si prendono decisioni senza il suo parere e se tenterà di ribellarsi, verrà trattato a base di sedativi… Egli può ben invocare il riposo, la pace e la dignità, ma avrà medicine, trasfusioni, un cuore artificiale o la tracheotomia, se necessario… Avrebbe voglia di combattere contro questo modo di fare, ma sarebbe una lotta inutile poiché questo rientra nella battaglia per la sua vita e se si può salvare, si prenderà in considerazione la sua persona in un secondo tempo.” Fritz Perls fu tra i primi a preoccuparsi di combattere l’alienazione del suo corpo. “Denunciò quel parlare in terza persona che usiamo per riferirci al nostro corpo o alle sue parti: la testa, lo stomaco, il fegato… invece di dire la mia testa, il mio stomaco, il mio fegato. A partire dal linguaggio ci obbligò a riprendere possesso di noi stessi, a non metterci nelle mani di un altro come un pacco di cui non conosciamo il contenuto”. (A. Schnake) Nella nostra cultura le espressioni del corpo e delle emozioni sono censurate o rigidamente filtrate; così fin dall’infanzia ci viene proibito di manifestare il nostro stato d’animo con l’intensità e le sfumature che lo caratterizzano. Il grado di alienazione al quale abbiamo sottoposto il nostro corpo raggiunge forme paradossali: neanche dopo aver avuto la diagnosi di una malattia grave la per- sona ritiene opportuno informarsi da sé in merito a ciò che le sta accadendo. Tutto è demandato al medico, ritenuto l’unico in grado di capire e il malato affida passivamente il suo corpo, come un oggetto separato da sé, all’ascolto di qualcun altro. Si è perso il contatto profondo con il nostro organismo che, nonostante il progresso, continua a chiedere nel linguaggio di sempre, attenzione e cura. Una particolare modalità di lavoro con e sul corpo, con e sulla malattia, è quella utilizzata dalla psichiatra cilena Adriana Schnake. L’approccio clinico di questa terapeuta, di formazione psicoanalitica e gestaltica, è un contributo concreto di promozione della salute dell’individuo; la Schnake attraverso la tecnica di ‘personificazione dell’organo’ consente al paziente di incontrare la parte di sé disconosciuta - la sua Ombra quella parte che per i più svariati motivi la persona ha riposto nell’organo sofferente, sopravvalutando o, viceversa, sottovalutando le naturali funzioni di quest’ultimo. Partendo dai sintomi o dalla malattia già strutturata ella mette in contatto i suoi pazienti con tutta la loro persona portando in evidenza gli atteggiamenti di accettazione o di negazione di aspetti di sè impliciti nel simbolismo stesso della malattia. Partire dal livello corporeo, a maggior ragione in presenza di sintomi fisici, aumentando la capacità del paziente di identificare correttamente le sue sensazioni oppure lavorare utilizzando la dimensione immaginativa consente di esplorare, nell’ambiente protetto della stanza di terapia, le fantasie, le angosce, i nodi conflittuali frequenti nella persona malata; iniziare dal linguaggio del corpo sofferente è un buon modo per attivare il livello metaforico portando alla luce tematiche centrali del paziente intorno alle quali costruire la relazione terapeutica: un percorso dal corpo al pensiero alle emozioni. Uno dei percorsi possibili. bIbLIogrAfIA Clarkson Petruska, La relazione psicoterapeutica integrata, sovera Multimedia, Roma 1997. Ginger Serge, La Gestalt. Terapia del “con-tatto” emotivo, Edizioni Mediterranee, Roma 1990. Kubler-Ross Elisabeth, La morte e il morire, Cittadella Editrice, Assisi X ediz. 1998. Perls Fritz, L’approccio della Gestalt. Testimone oculare della terapia, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma 1997. Rametta Filippo, i livelli dell’esperienza, in Caleidoscopio Schnake Adriana, i dialoghi del corpo, Edizioni Borla, Roma 1998. 15 IL nodULo tIroIdeo: AgoAsPIrAto tIroIdeo Con Ago sottILe Per esAMe CItoLogICo 16 IL PUnto Massimiliano Rocchietti March Endocrinologo, andrologo La patologia nodulare tiroidea rappresenta l’endocrinopatia di più frequente riscontro nella pratica clinica, con prevalenza del 5 % nelle zone non endemiche e del 20-65 % nelle aree di endemia gozzigena. Nelle indagini ecografiche di popolazione la prevalenza di noduli clinicamente silenti giunge fino al 50 % ed è pari a quella riscontrata nelle casistiche degli studi autoptici. Le più frequenti patologie alla base del nodulo tiroideo sono riassunte nella tabella 1. La patologia nodulare tiroidea non porta generalmente a disturbi importanti, ma la sua corretta gestione e inquadramento clinico sono fondamentali poiché nel 5 % circa dei casi essa è espressione di neoplasia, spesso a lenta evoluzione e curabile ma talora aggressiva con necessità di un trat- tAbeLLA 1 CAUse dI nodULo tIroIdeo benIgne MALIgne gozzo multinodulare Carcinoma papillifero tiroidite di Hashimoto Carcinoma follicolare Cisti semplice o emorragica Carcinoma a cellule di Hurthle Adenoma follicolare Carcinoma midollare tiroidite subacuta Carcinoma anaplastico Linfoma primitivo della tiroide tumori secondari tamento tempestivo. Un corretto iter diagnostico deve perciò essere in grado di individuare nella popolazione i soggetti con noduli a rischio di malignità, che andranno sottoposti all’intervento chirurgico. In pazienti in età avanzata occorre prestare particolare attenzione, poiché spesso è presente una neoplasia, soprattutto nei gozzi di grandi dimensioni. dIAgnosI I fattori da considerare ai fini del sospetto di malignità sono clinici (età, sesso, storia clinica e familiare, obiettività e comportamento nel tempo) e strumentali (tecniche di immagine e citologiche). Tra queste ultime l’agoaspirato tiroideo con ago sottile (fine needle aspiration, FNA) costituisce l’esame di scelta nella diagnostica differenziale del nodulo tiroideo ed è in grado di orientare la condotta clinico-terapeutica da seguire. Tuttavia, l’elevata prevalenza della patologia nodulare nella popolazione e la frequenza con cui i noduli tiroidei vengono diagnosticati incidentalmente impongono di seguire precisi criteri per la selezione delle lesioni da sottoporre all’indagine. L’agoaspirato deve essere eseguito, di regola sotto guida ecografica: • su tutte le lesioni palpabili e sui noduli in accrescimento; • sulle lesioni piccole (con diametro < 10 mm) che presentino uno o più caratteri ecografici di sospetto. Le lesioni di piccole dimensioni prive di caratteri di sospetto possono essere rinviate al controllo clinico ed ecografico a 12 mesi; • in tutti i soggetti ad alto rischio: familiarità per MEN (neoplasia endocrine multiple) o carcinoma midollare familiare, carcinoma papillare familiare, precedente irradiazione tiroidea, anamnesi personale di neoplasia della tiroide, età infantile. In linea di massima l’ FNA non è richiesto nei casi di gozzo con noduli isoecogeni confluenti e interessanti diffusamente il parenchima tiroideo, che possono essere avviati al follow-up clinico ed ecografico. Predittività e tecnica Il valore predittivo dell’ FNA è elevato: i falsi negativi e i falsi positivi non superano l’1-3% ed il 4-7%, rispettivamente. La sensibilità media è pari all’83% (65-98%), la specificità media al 92% (72-100%) e l’accuratezza diagnostica al 95%. Le ampie oscillazioni riportate sono funzione della qualità dell’intero processo dell’indagine, i cui aspetti fondamentali sono rappresentati dalla esecuzione del prelievo sotto guida ecografica, dalla esperienza dell’operatore, dalla accuratezza nell’allestimento degli strisci su vetrino, dalla tecnica di fissazione e colorazione, dalla completezza delle informazioni di accompagnamento e dalla specifica competenza del citopatologo. Lo striscio diretto su vetrino rappresenta tuttora la tecnica più diffusa, perché rapida, poco costosa e ampiamente codificata. Classi diagnostiche Lo scopo principale della FNA è distinguere i pazienti che devono essere sottoposti a trattamento chirurgico per il loro alto rischio di malignità, da quelli che possono essere seguiti nel tempo perché a rischio molto basso. Pertanto, il referto citologico dovrebbe essere descrittivo ma anche concludersi con l’attribuzione del paziente a una categoria diagnostica ben definita e identificabile con un codice numerico. Tali categorie devono raggruppare lesioni omogenee riguardo al rischio di malignità e correlarsi a specifiche opzioni terapeutiche. Sulla base di una Consensus svoltasi a Pisa nel 2007, viene al momento raccomandato ai citopatologi e agli endocrinologi 17 18 italiani l’impiego della Classificazione della Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopato- gli agoaspirati: sono caratterizzati dalla scarsità di tireociti, provocata da errori di prelie- logia Diagnostica (SIAPEC). vo (inesperienza dell’operatore, contaminazione Quest’ultima, in sostanziale accordo con le Linee Guida della British Thyroid Association 2007 e quelle AACE/AME/ETA , prevede le cinque categorie che seguono. ematica, campionamento inadeguato) o di processazione del campione (striscio mal eseguito, ritardata o inadeguata fissazione, difetti di colorazione). Viene considerato adeguato un campione correttamente strisciato, fissato e colorato che contenga almeno sei gruppi costituiti da 10 cellule epiteliali ben conservate. Sono spesso inadeguati i campioni derivanti da noduli cistici, che contengono liquido e cellule schiumose in degenerazione. In caso di prelievo inadeguato è opportuno ripetere l’ FNA sotto guida ecografica, prelevando il materiale dalle aree solide delle lesioni complesse e dalla parete delle lesioni cistiche e - nel caso di lesioni ipervascolari, ove è alto il rischio di contaminazione ematica - utilizzando aghi di calibro ridotto e minimizzando la suzione e il traumatismo della manovra. La diagnosi citologica di benignità (TIR 2) rappresenta il 60-75% dei risultati: corrisponde, sul piano istologico, a noduli colloidi o iperplastici, tiroidite linfocitaria, tiroidite granulomatosa e cisti benigne. è consigliato il follow-up clinico-ecografico. Ripetere l’ FNA solo in caso di lesioni con caratteri di sospetto alla ecografia, in caso di accrescimento del nodulo o qualora si voglia minimizzare il rischio di falsi negativi. La diagnosi di lesione follicolare (TIR 3) corrisponde al 15-20% degli FNA: gli strisci sono caratterizzati da colloide poco rappresentata o assente, cellule tiroidee spesso riunite in microfollicoli, talora cellule di Hürthle. Questa categoria comprende noduli iperplastici benigni, adenomi follicolari, carcinomi papillari varietà follicolare e carcinomi follicolari. In considerazione della non trascurabile probabilità di neoplasia (15-25%) è indicato l’intervento chirurgico. In una minoranza dei casi i pazienti sen- Categoria diagnostica e azioni consigliate tir 1. Non diagnostico. Ripetere la manovra, a meno che la lesione non sia rappresentata da una cisti pura. Ove possibile, attendere almeno un mese. tir 2. Benigno. Follow-up clinico-ecografico. Ripetere FNA in caso di lesioni sospette all’ecografia, in accrescimento dimensionale o a giudizio del clinico e del citopatologo. tir 3. Lesione follicolare. Exeresi chirurgica nella maggioranza dei casi. Considerare il follow-up solo nelle lesioni di piccole dimensioni prive di caratteri di sospetto ad una valutazione multidisciplinare. tir 4. Sospetto. Exeresi chirurgica. Ripetere FNA solo se necessario ulteriore materiale per tecniche ancillari. Esame estemporaneo raccomandato. tir 5. Maligno. Chirurgia nel carcinoma differenziato. Ulteriori accertamenti in caso di linfoma, lesioni metastatiche o carcinoma anaplastico. gestione clinica L’acquisizione di una modalità standard di refertazione dell’esame citologico tiroideo consente maggiore sistematicità e riproducibilità nella diagnosi e l’adozione di provvedimenti terapeutici o di follow-up specifici per ciascuna categoria diagnostica. • Gli strisci non diagnostici (TIR 1) rappresentano nelle varie casistiche circa il 10-20% de- • • za caratteri clinici ed ecografici di sospetto possono essere strettamente seguiti nel tempo. L’esame istologico estemporaneo non è raccomandato. • La diagnosi di sospetto (TIR 4) comprende lesioni con caratteri citologici che suggeriscono ma non mostrano in modo decisivo caratteri di malignità. Comprende inoltre campioni con caratteri fortemente indicativi di malignità ma con cellularità insufficiente. L’indicazione è chirurgica, preceduta dalla ripetizione della FNA solo se occorre ulteriore materiale per una più adeguata definizione diagnostica (quale l’immunocitochimica o la citometria a flusso). L’esame estemporaneo intraoperatorio è raccomandato. • La diagnosi di malignità (TIR 5) rappresenta circa il 5% degli agoaspirati: comprende carcinoma papillare, carcinoma midollare, carcinoma anaplastico, linfomi e metastasi. è raccomandata l’exeresi chirurgica per i carcinomi differenziati, pianificata sulla base dei dati clinici e strumentali. Il carcinoma anaplastico, il linfoma e le lesioni metastatiche necessitano di un ulteriore inquadramento prima della eventuale opzione chirurgica. Lo studio citologico può essere integrato dal- l’impiego di marcatori immunocitochimici e/o genetico-molecolari. Calcitonina, cromogranina A e CEA sono impiegati nel sospetto di carcinoma midollare, mentre il PTH può identificare una lesione di pertinenza paratiroidea. PTH e calcitonina possono anche essere misurati nel liquido di lavaggio dell’ago con buona attendibilità, seppur in assenza di studi controllati. Nel caso di lesioni neoplastiche di non agevole attribuzione diagnostica sono utilizzati marcatori specifici di tessuto epiteliale (es. citocheratina) o linfocitario. In circostanze di difficile diagnosi morfologica il marcatore è rappresentato da indici di de-differenziazione neoplastica o proliferazione cellulare (perossidasi tiroidea, galectina 3, ricombinazioni del gene RET, mutazioni B-RAF). L’impiego di queste tecniche ha un valido ruolo orientativo ma, in virtù della limitata riproducibilità dei risultati, non è attuamente raccomandato nella routine diagnostica. In conclusione l’agoaspirato rappresenta oggi una tecnica di riferimento nella diagnostica del nodulo tiroideo, data la sua elevata sensibilità e specificità. Essa consente infatti di diagnosticare l’esatta natura dei noduli tiroidei, consentendo quindi di distinguere i noduli benigni da quelli maligni, selezionando così i pazienti da avviare alla chirurgia. bIbLIogrAfIA essenzIALe 1. Frasoldati A, Guglielmi R. Patologia nodulare della tiroide. In: Manuale di Endocrinologia Clinica (Roberto Attanasio, Giorgio Borretta, Enrico Papini, Vincenzo Toscano Eds) Torino, Edizioni Medico Scientifiche, 2010, 104-121. 2. Gharib H. Changing concepts in the diagnosis and management of thyroid nodules. Endocrinol Metab Clin North Am 1997, 26: 777-800. 3. Hegedus I. The thyroid nodule. N Engl J Med 2004: 351: 1764-71. 4. Nguyen G, Lee MW, Ginsberg J, et al. Fine-needle aspiration of the thyroid: an overview. Cytojournal 2005, 2: 12. 5. Wang HH. Reporting thyroid fine-needle aspiration: literature review and a proposal. Diagn Cytopathol 2006, 34: 67-76. 6. Baloch ZW, Cibas ES, Clark DP, et al. The National Cancer institute thyroid fine needle aspiration state of the science conference: a summation. Cytojournal 2008, 5: 6-23. 7. Graziano F, Guglielmi R, Rinaldi R et al. La patologia nodulare tiroidea. In: Endocrinologia Geriatrica (Paolo Zuppi Ed) Roma, Casa Editrice Scientifica Internazionale, 2006, 97-118. Presso la BIOS S.p.A. di via D. Chelini 39 - Roma, l’ago aspirato della tiroide e la valutazione citologica sono effettuati dal prof. Mustafà Amini in collaborazione con il Dott. Enrico Di Lella. Per prenotazioni: info cuP 06 809641 19 UnA PAtoLogIA PoLMonAre fetALe: MALAttIA AdenoMAtoIde PoLMonAre CIstICA CongenItA (MACP) 20 IMPArAre dALLA CLInICA Paolo D’alessio Ginecologo, ostetrico IntrodUzIone Lo sviluppo del polmone fetale si verifica durante l’ottava settimana di gestazione del periodo embriogenetico e più precisamente con l’inizio della comparsa dell’abbozzo polmonare, proiezione mediana del solco laringotracheale, a partire dalla quarta settimana. La vascolarizzazione incomincia già alla quinta settimana. La segmentazione polmonare procede nel corso della sesta e settima settimana con la comparsa dei bronchi segmen-tali della prima generazione. Il periodo compreso tra l’ottava e la sedicesima settimana, detto pseudoghiandolare, è caratterizzato dallo sviluppo dell’albero bronchiale di origine mesenchimale. La ramificazione sequenziale a partire dalla sedicesima settimana conduce a 16 - 25 generazioni di vie aree presuntive, le quali conducono ai bronchi terminali. Da questi si formano tre o quattro ordini di bronchioli respiratori che terminano in sacche dalle quali in seguito si svilupperanno i dotti alveolari. Lo sviluppo della superficie di scambio gassoso degli acini si compie nel periodo canalicolare, dalla sedicesima alla ventiquattresima settimana. L’acino è l’unità respiratoria polmonare connessa tramite i bronchioli termi-nali. Alla ventiquattresima settimana i dotti transitori uniscono molte generazioni di sacchi primitivi con i bronchioli terminali. La vascolarizzazione segue la ramificazione bronchiale nel corso dello sviluppo e continua con l’invasione dei capillari dal centro verso la periferia. Anche l’epitelio si differenzia progressivamente dal centro alla periferia delle vie aeree, in modo tale che quando le cellule epiteliali della trachea e dei bronchi di primo ordine sono completamente mature, le vie aeree distali sono coperte da un epitelio cubico indifferenziato. Tra la ventesima e la ventiduesima settimana, i sacchi primitivi sono ricoperti con precursori delle cellule epiteliali di II tipo che contengono ampie quantità di glicogeno citoplasmatico. Tali cellule si differenziano progressivamente tra la ventiduesima e la ventiquattresima settimana in modo da contenere i corpi lamellari, riserve dei granuli tensioattivi intracellulari. Il periodo sacculare terminale dalla ventiquattresima settimana alla fine è dedicato al rimodellamento degli acini verso le strutture caratteristiche del polmone dell’adulto. Le vie aeree definitive, maggiormente vascolarizzate, permettono una migliore identificazione dei pneumociti di II tipo e alcune di queste dopo un’ulteriore differenziazione si appiattiscono e diradano per divenire pneumociti di I tipo. L’assottigliamento dell’epitelio alveolare e la progressiva vascolarizzazione segnano lo sviluppo dei polmoni a un livello in cui è possibile lo scambio gassoso. I pneumociti di I tipo alla fine copriranno la maggior parte dell’area di superficie degli alveoli. La fase alveolare inizia dalla ventiquattresima settimana fino al termine ed è caratterizzata oltre che, come detto, dallo sviluppo dei pneumociti di I e II ordine anche dalla produzione del surfactante, dall’assottigliamento della barriera alveolo capillare e dall’ulteriore divisione dell’albero bronchiale. Ecograficamente i polmoni si configurano come due strutture paracardiache, omogenee, la cui ecogenicità ed elasticità variano secondo le varie fasi della gestazione, senza che questi cambiamenti siano riconducibili a espressioni della funzionalità respiratoria. Come la maggior parte degli organi fetali, i polmoni possono anche es- sere misurati. Ulteriori informazioni, sui polmoni e lo stato di benessere del feto, si possono ottenere dallo studio della funzionalità respiratoria quantificabile, durante la vita intrauterina, attraverso la valutazione dinamica dei movimenti respiratori fetali. Malattia adenomatoide cistica polmonare congenita (MACP). è una malformazione benigna del polmone caratterizzata da iperproliferazione dei bronchioli terminali con riduzione del numero degli alveoli. Secondo i dati riportati in letteratura la MACP è una patologia rara con un’incidenza che va da 1:10.000 a 1:35.000 nati vivi e una lieve prevalenza per il sesso maschile. La prognosi è estremamente variabile, dalla regressione spontanea in utero con assenza di morbilità neonatale, al decesso del neonato subito dopo il parto. La patologia si sviluppa nel periodo pseudoghiandolare (7-16 settimane), caratterizzato dall’espansione delle vie aeree di conduzione e dalla ramificazione dei tubuli polmonari periferici con formazione di gemme che portano alla comparsa dei tubuli acinari. Alla fine degli anni ‘70, Stocker et al classificarono la MACP in tre tipi che, dal punto di vista ecografico, presentano peculiari caratteristiche. Nel tipo I si rileva la presenza di una o più cisti di dimensioni comprese tra 2 e 10 cm, a contenuto transonico e con un orletto di tessuto polmonare iperecogeno; nelle cisti di grosse dimensioni è talvolta possibile osservare piccole raccolte fluide intracistiche o la presenza di vegetazioni polipoidi aggettanti nel lume della cisti. Nel tipo II si ha la presenza di numerose cisti di piccole dimensioni (inferiori a 2 cm) che possono occupare qualsiasi porzione del tessuto polmonare. Sia nel tipo I che nel II la vascolarizzazione polmonare è abbastanza regolare. Nel tipo III si osserva l’aumentata dimensio- 21 22 ne in toto di uno o di entrambi i polmoni (talvolta nella scansione trasversa del tratto toraco-addominale si osserva lo spostamento del diaframma verso gli organi addominali), con aspetto tipicamente iperecogeno del parenchima. Le cisti sono molto piccole (al di sotto del potere di risoluzione degli apparecchi eco-grafici). Nelle forme monolaterali risulta molto evidente la differente ecogenicità tra il polmone sano e quello interessato dalla patologia. è possibile riscontrare uno shift mediastinico e comparsa di ascite fino all’idrope fetale. La diagnosi ecografica viene posta generalmente nel tardivo secondo trimestre. Le anomalie associate, presenti nel 26% dei casi, sono: anomalie della quantità di liquido amniotico, polidramnios nel 30% dei casi, oligoidramnios nel 6%, shift mediastinico, idrope fetale non immune, anomalie renali (agenesia renale o displasie), responsabili dell’eventuale riduzione del liquido amniotico, ernia diaframmatica, onfalocele, fistola tracheo-esofagea, atresia intestinale, cardiopatie (truncus; Fallot; DIV). Il polidramnios, che si verifica nel III trimestre, può essere determinato dalla ridotta deglutizione fetale per compressione sull’esofago, dalla ridotta capacità di riassorbimento dei fluidi da parte dei polmoni ipoplasici. La storia naturale della MACP è imprevedibile, in quanto questa malformazione può crescere o regredire (15% dei casi). 1 - Cisti polmonari 2 - sequestro polmonare 3 - Cisti polmonari dUe CAsI CLInICI Presentiamo due casi clinici di sospetta malattia adenomatoide cistica polmonare giunti alla nostra osservazione nel corso dell’ecografia ostetrico-morfologica eseguita in due gestanti rispettivamente alla 22° (I caso) e 24° (II caso) settimana di gravidanza. Nel primo caso (sesso maschile) all’esame ecografico entrambi i polmoni risultavano iperecogeni, nel secondo caso (sesso femminile) il polmone destro risultava sede di alcune cisti di dimensioni comprese tra 4 e 6 mm. In entrambi i casi la morfologia fetale non evidenziava altre anomalie strutturali, i feti presentavano un regolare accrescimento, il liquido amniotico risultava nella norma. Il management intrapreso programmava controlli ecografici accurati ogni due-tre settimane per escludere la comparsa di anomalie fetali, valutare il regolare accrescimento, studiare l’evolutività della lesione e l’eventuale comparsa di polidramnios e/o idrope. è stato consigliato alla coppia di eseguire una ecocardiografia fetale per lo studio dell’anatomia cardiaca e della sua “compliance”, in caso di compressione da parte del tessuto polmonare anomalo, che in entrambi i feti risultava nella norma. Nel primo caso, al controllo ecografico eseguito alla 38° settimana, abbiamo assistito ad una totale scomparsa dell’iperecogenicità polmonare, parto spontaneo a termine, Apgar al 1°min. 10, Apgar al 5°min. 10, peso alla nascita 3.680 Kg. In IV giornata è stata eseguita una radiografia del torace che risultava negativa. Nel secondo caso al controllo ecografico eseguito alla 37° settimana abbiamo constatato la persistenza di una piccola cisti a carico del polmone destro di 3 mm, parto spontaneo a termine, Apgar al 1°min. 9, Apgar al 5° min. 10, peso alla nascita 3200 Kg. L’esame radiografico eseguito in terza giornata confermata la presenza di una cisti di circa 3 mm nel polmone destro. Entrambi i neonati eseguivano controllo con un esame TC del torace che risultava negativo. dIsCUssIone Diverse sono le possibili evoluzioni della MACP in gravidanza: • l’iperecogenicità del polmone (o le cisti) si riduce durante la gravidanza, fino a scomparire; • le cisti sembrano scomparire e non sono più visibili al controllo ecografico; • le cisti diventano meno visibili all’ecografia, ma si riducono solo apparentemente perché in realtà sono poi visibili alla nascita con un esame TC del torace; • le cisti crescono di volume fino a determinare una sofferenza fetale (raro). è importante seguire lo sviluppo fetale per tutto il corso della gravidanza con controlli periodici (ogni 2-3 settimane) con lo scopo di valutare l’evoluzione della MACP e soprattutto il benessere fetale. In genere le cisti possono crescere progressivamente fino alla 28° settimana. Pertanto in questa prima fase della gravidanza i controlli debbono essere eventualmente più frequenti. Durante la consulenza prenatale viene classificato il tipo di MACP e successivamente a ciò si programmano: • • • • le date dei controlli (ogni 2 settimane circa, specie nelle fasi iniziali della gravidanza); la data del parto (38°- 40° settimane); il tipo di parto (se possibile spontaneo); la sede del parto: generalmente si preferisce una struttura dotata di terapia intensiva neonatale (3° livello), in grado di poter assistere il neonato; infatti forme con interessamento massivo del polmone meritano di nascere vicino al centro di chirurgia neonatale di riferimento. Il compito dell’equipe medica, a seguito della diagnosi, è quello di fornire ai genitori tutte le informazioni necessarie per prendere una decisione consapevole e definire insieme un percorso di cura condiviso, accompagnandoli nelle varie fasi da quella prenatale a quella postnatale. è bene che il bambino nasca a termine di gravidanza per garantire il completo sviluppo polmonare e da parto spontaneo, se possibile. Per quanto riguarda la sede del parto è consigliabile partorire in un centro attrezzato (3° livello) in grado di accudire il neonato, nel caso in cui eventualmente si presentasse un distress respiratorio. quadro di sequestro polmonare Il distress respiratorio può essere la conseguenza di una MACP di dimensioni importanti o può dipendere dalla presenza di un versamento pleurico consensuale che impedisce alla parte di polmone sano di ventilare. Secondo i dati presenti in letteratura, nei 2/3 dei casi il bambino nasce e non ha alcun sintomo respiratorio. Si consiglia di 23 eseguire una semplice radiografia. Qualora questa non consenta di visualizzare alcuna lesione polmonare, il programma è quello di ricorrere alla TC entro i tre mesi di vita, allo scopo di: • confermare la diagnosi (anche di scomparsa della lesione); • definire con precisione la sede delle cisti e le dimensioni delle cisti; • procedere all’eventuale intervento chirurgico. Se alla nascita il bambino respira bene e spontaneamente, ma la radiografia del torace è positiva, verrà subito effettuata la TC per stabilire entità e volume della lesione e la necessità di un intervento chirurgico a più breve termine. In caso di distress respiratorio grave alla nascita, il bambino viene intubato per assicurare un adeguato scambio gassoso e solo quando è stato raggiunto un buon equilibrio respiratorio, potrà essere sottoposto a intervento chirurgico di asportazione del tessuto polmonare anomalo. I pazienti che richiedono l’intervento chirurgico alla nascita, rappresentano, il 15% di tutti i bambini con diagnosi prenatale di MACP. Nel nostro caso abbiamo assistito a una regressione totale della patologia: nel primo caso la risoluzione si e verificata prima della nascita; nel secondo caso la TC toracica a tre mesi dal parto ha dato esito negativo. Attualmente i neonati godono di buona salute. bIbLIogrAfIA 24 1. Laberge JM, et al.: Outcome of the prenatally diagnosed congenitalcystic adenomatoid lung malformation: A Canadian experience. Fetal Diagn Ther 2001, 16:178-186; 2. Aziz D, et al. Perinatally diagnosed asymptomatic congenital cystic adenomatoid malformation: to resect or not? J Pediatr surg 2004;39:329-34 (discussion 329–334); 3. Lujan M, et al: Late-onset congenital cystic adenomatoid malformation of the lung. Respiration 2002, 69:148-154; 4. Davenport M, et al: Current outcome of antenally diagnosed cystic lung disease. J Pediatr surg 2004, 39:549-556. Van Raemdonck D, De Boeck K, Devlieger H. 5. Winters W, et al: Congenital masses of the lung: prenatal and postnatal imaging evaluation. J Thorac imaging 2001;16:196-206; 6. Laberge JM, et al: Outcome of the prenatally diagnosed congenitalcystic adenomatoid lung malformation: A Canadian experience. Fetal Diagn Ther 2001, 16:178-186; 7. Aziz D, et al:Perinatally diagnosed asymptomatic congenital cystic adenomatoid mal-formation:to resect or not? J Pediatr surg 2004;39:329–34 (discussion 329–334); 8. Lujan M, et al.: Late-onset congenital cystic adenomatoid malformation of the lung. Respiration 2002, 69:148-154; 9. Davenport M, et al: Current outcome of antenally diagnosed cystic lung disease. J Pedi-atr surg 2004, 39:549-556. 10. Winters W, et al: Congenital masses of the lung: prenatal and postnatal imaging evalua-tion. J Thorac imaging 2001;16:196-206; Il dott. Paolo D'Alessio, specialista in ostericia e ginecologia, esegue presso la Bios S.p.A. di Via Domenico Chelini 39 - Roma, i seguenti esami diagnostici strumentali: ecografia morfologica, doppler sovrapubico, monitoraggio follicolare, ecografia ostetrica e morfologica gemellare. Per prenotazioni: info cuP 06 809641 creare sangue umano a partire da cellule della pelle http://www.nature.com/nature/journal/v468/n732 3/pdf/nature09591.pdf Un gruppo di scienziati canadesi diretti dal Prof. Mickie Bhatia, specializzati nella ricerca sulle staminali, dell’Istituto McMaster di ricerca della Scuola di Medicina Michael G. De Groote a Hamilton, nell’Ontario, è riuscito a creare cellule del sangue a partire da fibroblasti (cellule adulte della pelle), senza passare dallo stadio intermedio di cellule pluripotenti. è la prima volta che un tipo di cellula umana matura viene convertito in un altro, senza passare per lo stadio intermedio di staminali pluripotenti (in grado di differenziarsi in altri tipi di cellule umane). Questo nuovo metodo permetterebbe, secondo i ricercatori, di evitare il terreno eticamente controverso delle cellule staminali embrionali, di semplificare l’intero processo e di evitare il rischio che le cellule possano sviluppare forme tumorali. I risultati di questo lavoro pubblicato su la rivista Nature, concretizzano l’importante possibilità di garantire la sostituzione di cellule malate del sangue con altre sane tramite l’autotrapianto. Con questa tecnica di “riprogrammazione diretta” le cellule della cute, opportunamente rielaborate, potranno essere utilizzate per sostituire cellule malate presenti nel sangue, senza, ad esempio, dover ricorrere al trapianto del midollo osseo. La prospettiva di poter effettuare trasfusioni con sangue ottenuto dalla propria pelle ridurrebbe la dipendenza dalle banche del sangue e un altro vantaggio significativo potrebbe riguardare i pazienti in chemioterapia, che sarebbero in grado di sostenere trattamenti più lunghi senza le interruzioni comuni oggi, per permettere al fisico di rigenerarsi. In un futuro non lontano si potrebbero quindi eseguire trasfusioni con sangue prodotto da campioni di cellule raccolte dalla propria pelle. Prima però bisogna assicurarsi della sicurezza di queste cellule ematiche nei primati e si prevedono sperimentazioni cliniche sull’uomo a partire dal 2012. organi artificiali: cellule staminali per realizzare il primo intestino umano in provetta http://www.nature.com/nature/journal/vaop/ncur rent/pdf/nature09691.pdf Pubblicato nella rivista Nature un interessante lavoro effettuato dal gruppo di ricerca organizzato da James M. Wells e Jason Spence della Division of Developmental Biology del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, in Ohio (USA). è stato realizzato il primo intestino umano in provetta con l’ausilio di staminali ottenute riprogrammando cellule adulte, chiamate staminali pluripotenti indotte. “è il primo studio che dimostra che le cellule staminali umane pluripotenti possono essere indirizzate in laboratorio a formare in modo efficiente un tessuto umano con un’architettura tridimensionale ed una composizione cellulare assolutamente simile a quella del tessuto intestinale”, sostiene il Dr Wells, autore della ricerca. I ricercatori hanno individuato un infallibile cocktail di fattori di crescita “capace di riprodurre froM benCH to bedsIde I benefICI CLInICI deLLA rICerCA: seLezIone dALLA LetterAtUrA sCIentIfICA 25 26 l’ambiente nel quale l’intestino si sviluppa a livello embrionale”, e poi hanno coltivato le cellule staminali in questo medium di differenziazione “finche’ non sono diventate cellule del tessuto intestinale”. Due i passi fondamentali della trasformazione delle staminali avvenuta in provetta: prima le cellule immature sono state spinte a diventare endoderma, poi le cellule dell’endoderma hanno ricevuto le istruzioni per diventare cellule progenitrici dell’intestino. Così, in ventotto giorni di differenziazione le cellule hanno formato un tessuto simile all’intestino fetale, che “ha continuato a svilupparsi in modo regolare e completo”. Dunque, questo e’ stato un ulteriore obiettivo raggiunto dalla scienza medica nel campo degli organi artificiali dopo il polmone in provetta, lavoro presentato nel giugno di questo anno nella rivista science da ricercatori del Dipartimento di Bioingegneria dell’Universita’ di Yale e la creazione di un fegato avvenuta in laboratorio ad opera di ricercatori del Wake Forest University’s Institute for Regenerative Medicine di Winston Salem in North Carolina. Due i passi fondamentali della trasformazione delle staminali avvenuta in provetta: prima le cel- lule immature sono state spinte a diventare endoderma, poi le cellule dell’endoderma hanno ricevuto le istruzioni per diventare cellule progenitrici dell’intestino. Così, in ventotto giorni di differenziazione le cellule hanno formato un tessuto simile all’intestino fetale, che “ha continuato a svilupparsi in modo regolare e completo”. Dunque, questo è stato un ulteriore obiettivo raggiunto dalla scienza medica nel campo degli organi artificiali dopo il polmone in provetta, lavoro presentato nel giugno di questo anno nella rivista science da ricercatori del Dipartimento di Bioingegneria dell’Università di Yale e la creazione di un fegato avvenuta in laboratorio ad opera di ricercatori del Wake Forest University’s Institute for Regenerative Medicine di Winston Salem in North Carolina. Dalla Rivista “science” la classifica delle 10 scoperte scientifiche più importanti dell’anno 2010 http://www.sciencemag.org/site/special/insights2010/-http://www.aaas.org/news/releases/2010/1216sp_boy.shtml La scoperta scientifica più importante dell’anno 2010, secondo i responsabili editoriali della rivista science, è stata effettuata da due ricercatori del- la University of California a Santa Barbara (USA) che hanno progettato una macchina che produce un movimento descrivibile solamente attraverso la meccanica quantistica (l’insieme di regole che governa il comportamento di piccole entità come le molecole e gli atomi). La macchina non obbedisce alle leggi della fisica classica. L’invenzione è stata presentata a marzo 2010 sulle pagine della rivista Nature. Il secondo posto è spettato alla Biologia di sintesi con la prima cellula creata in laboratorio dal pioniere della “vita artificiale”, il prof Craig Venter. A maggio ha annunciato su science di essere riuscito a trasferire in una cellula batterica, privata del proprio DNA, un intero patrimonio genetico sintetizzato completamente in laboratorio. Le potenzialità di questa impresa sono infinite. Al terzo posto lo studio, riportato su science, del prof Svante Pääbo del Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia: il primo sequenziamento del DNA nucleare di tre differenti esemplari di Homo neanderthalensis, ottenuto grazie ai resti ossei di tre fossili rinvenuti in Croazia e vissuti circa 40.000 anni fa. Il genoma sarà ora confrontato con quello degli esseri umani dei nostri giorni per rilevare le differenze causate dall’evoluzione. A seguire, la rivista science ha messo in evidenza gli avanzamenti nella prevenzione per contrastare il virus dell’AIDS. Due diversi studi hanno dimostrato come alcuni sistemi per la prevenzione, oltre all’uso dei profilattici, possano ridurre la possibilità di contrarre il virus HIV. Un gel vaginale contenente il principio attivo “tenofovir” ha ridotto del 39% le probabilità di contagio in un test condotto su circa 900 donne volontarie. L’altro studio, il primo mai condotto su una profilassi orale pre-esposizione, ha dato risultati anche più incoraggianti. L’assunzione del “Truvada”, farmaco appunto per la profilassi pre-esposizione, ha dimostrato di essere molto efficace: testato su 2.499 uomini e donne transessuali provenienti da sei diversi Paesi, in un tempo di poco più di un anno, ha ridotto il rischio di contagio del 44%. Ancora, per science sono degne di nota le scoperte di mutazioni genetiche alla base di una dozzina di malattie rare. I ricercatori hanno messo a punto un nuovo sistema per studiare i geni, che consente di concentrarsi sugli esoni, le porzioni del DNA che contengono le informazioni per la sintesi delle proteine, e che rappresentano solo una piccola parte dell’intero genoma. Alcune malattie genetiche molto rare sono a volte causate da una sola minuscola mutazione in un gene. Il sistema ha consentito di affinare le ricerche e di individuare così le mutazioni alla base di alcune malattie rare. Conoscendo le cause, i ricercatori potranno ora elaborare nuove terapie. Inoltre, altre scoperte di rilievo sono state quelle delle tecniche di simulazione molecolare dinamica e quella di un simulatore quantistico che potrà risolvere misteri come la superconduttività. Altro studio importante evidenziato è stato effettuato con l’ausilio della genomica, ramo della biologia molecolare che si occupa dello studio del corredo genetico degli esseri viventi. Passi avanti importanti sono stati fatti nello studio denominato “1000 Genomes Project “ nell’individuazione di geni che rendono la specie umana unica, rispetto alle altre specie viventi. Infine, per la rivista science sono stati importanti studi di riprogrammazione cellulare: riportare le cellule indietro nel tempo fino al momento in cui erano ancora indifferenziate. In questa ricerca, cellule umane adulte normali sono state riportate indietro nel tempo, fino allo stadio di cellule staminali pluripotenti, utilizzando RNA di sintesi. 27 Per ultimo, è stato citato uno studio nel quale si mette in evidenza il ritorno del ratto come animale da laboratorio numero uno per arrivare ad importanti scoperte a favore della salute umana. arriva in italia il primo stent, dispositivo per il trattamento di coronaropatie ostruttive, completamente bioriassorbibile e potenzialmente in grado di ripristinare la fisiologica funzionalità vascolare http://www.abbott.com/PressRelease/2011Jan10. htm 28 Ha ottenuto la conformità alle norme europee, con l’apposizione del marchio CE, la tecnologia BVs-Bioresorbable Vascular scaffold, il primo e unico dispositivo completamente bioriassorbibile per il trattamento delle coronaropatie che si dissolve nel tempo. Il materiale utilizzato, contrariamente agli altri stent di tipo metallico, è l’acido polilattico, usato per i punti delle suture in chirurgia. “Il dispositivo, che somiglia ad una piccola gabbia cilindrica e che viene usato per tenere aperte le coronarie”, si legge in una nota dell’Azienda Ab- bott, “ripristina il flusso sanguigno riaprendo i vasi ostruiti e, sostenendone le pareti per poi dissolversi nel giro di due anni, evita al paziente la presenza di una protesi metallica permanente”. ‘’La concessione del marchio CE in Europa per il BVS rappresenta un significativo successo che premia gli eccellenti risultati osservati con l’uso di questo dispositivo” afferma il prof Antonio Bartorelli, responsabile dell’Unita’ di Cardiologia interventistica del Centro Cardiologico Monzino di Milano. “La tecnologia BVS, che stiamo valutando per la prima volta in Italia, ha dimostrato di rivoluzionare il trattamento dei pazienti affetti da coronaropatia ostruttiva, poiché fa quello che nessuno altro dispositivo coronarico medicato è capace di fare, dissolversi in maniera completa e potenzialmente ripristinare la funzione fisiologica del vaso”. a cura della dott.ssa Maria Giuditta Valorani Postdoctoral Research Assistant HAnno CoLLAborAto In qUesto nUMero Prof. alessandro ciammaichella già Primario Medico Ospedaliero Medico Internista Dott.ssa Elena cagnazzo Psicologa, psicoterapeuta Prof. Massimiliano Rocchietti March Dirigente medico Endocrinologo - Andrologo Dott. Vincenzo La Barbera Psicologo, psicoterapeuta Dott.ssa Giorgia Pizzuti Psicologa, psicoterapeuta www.giorgiapizzuti.com Dott. Paolo D’alessio Ginecologo Ostetrico - Ecografia - Diagnosi Prenatale Consulente Reparto di Ecografia Ostetrica Ginecologica Bios S.p.A. Prof. Giuseppe Luzi Specialista in Immunologia Clinica e Allergologia Professore associato di Medicina Interna (f. r.) Docente “La Sapienza” Università di Roma Dott.ssa Maria Giuditta Valorani Postdoctoral Research Assistant Blizard Institute of Cell and Molecular Science, “Queen Mary” University of London - GB I Fattori di Crescita In Medicina e Chirurgia Estetica ❱❱ I FATTORI DI CRESCITA PIASTRINICI, DEFINIZIONE E APPLICAZIONI. ❱❱ INDICAZIONI Sono le componenti normalmente presenti nel nostro sangue contenuti nel siero e soprattutto nelle piastrine che servono a riparare i tessuti e a favorire il loro naturale rinnovamento. cop3 Attualmente, proprio per le sue caratteristiche rigenerative cellulari e riparatorie delle lesioni, viene usata nell’area della Medicina Estetica e nella Chirurgia Plastica. Il punto di forza di questa terapia rigenerativa consiste nell’assoluta mancanza di controindicazioni, in quanto è completamente naturale grazie all’uso esclusivo di sangue autologo, senza l’uso di sostanze additive di alcun tipo. Inoltre i fattori di crescita possono essere associati con qualsiasi trattamento medico estetico. La metodica, che consiste nel prelievo di una piccola quantità di sangue del paziente, permette di ricavare plasma arricchito di piastrine. Le piastrine, cellule ricche di fattori di crescita contribuiscono attivamente alla riparazione delle lesioni attraverso la rigenerazione cellulare. ❱❱ Il trattamento è dedicato alla prevenzione e cura dell’invecchiamento cutaneo. Sono previste da 1 a 4/5 sedute distanziate nel tempo in rapporto al singolo caso clinico. Infatti, una volta iniettate nelle aree che presentano un invecchiamento della cute (viso e corpo) innescano un processo di riparazione, rigenerazione e quindi di ringiovanimento. www.bioscultura.it La ristrutturazione del derma, il miglioramento dell’elasticità contribuiscono in maniera determinante nel donare alla cute un aspetto luminoso, sano e giovane. NUMERO DI SEDUTE [email protected] INFO: CUP BIOS S.P.A. 06 809641