NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 4 Titolo originale: La première fois, j’avais six ans… Copyright © Oh! Éditions 2008 All rights reserved Traduzione dal francese di Alessandra Di Lernia Prima edizione: settembre 2009 © 2009 Newton Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214 ISBN 978-88-541-1550-7 www.newtoncompton.com Realizzazione a cura di ¢Purple Press s.r.l., Roma Stampato nel settembre 2009 presso Puntoweb s.r.l., Ariccia (Roma) NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 5 Isabelle Aubry La prima volta avevo sei anni Newton Compton editori NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 6 . NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 7 1. Porte Dauphine, e altrove A Parigi la notte ci sono macchine che solcano, discrete, strade illuminate o deserte, a bordo coppie perbene. Uomini e donne che sorridono, eccitati in anticipo dal piacere che li attende, poco più in là. Sono tutti diretti a Porte Dauphine. Anch’io ci vado, perché l’uomo che mi porta ha deciso così. Poco fa, prima di partire, Renaud mi ha detto che mi avrebbe fatto una bella sorpresa. Bella o meno, io non posso far altro che seguirlo. Lui è un tipo irascibile, tendente al violento. Le sue mani grosse e nodose spengono le sigarette con un fare brusco, impetuoso, e allo stesso modo tirano gli schiaffi. È da molto tempo che Renaud mi fa paura, ma oggi va abbastanza bene, canticchia. Il festino che s’è apparecchiato rallegra lui ma preoccupa me. Porte Dauphine: la danza delle macchine comincia. Si inseguono, si sorpassano, girano all’impazzata intorno alla rotonda. Tra chi è al volante e il passeggero di fianco corrono sguardi di intesa, mentre si valuta la merce della macchina accanto. Abbaglianti in direzione di Renaud: quello dell’auto vicina è chiaramente interessato. Affare fatto: Renaud si mette a seguirlo nelle stradine. Parigi, banlieue, parcheggi, ascensore, corridoio: non so ancora dove sto andando, ma il nodo all’altezza dello stomaco mi avverte che siamo arrivati alla meta. La famosa sorpresa, me lo sento, non è un regalo. Entriamo nel piccolo appartamento del signor Chiunque. Un televisore, moquette marroncina, un tavolo basso, la signora Chiunque con i capelli biondo platino e un lungo divano, su cui si siede l’allegra combriccola. A quanto pare ognuno sa perché si trova lì. 7 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 8 Me lo immagino anch’io, e l’angoscia mi attanaglia ancora di più quando vengo lasciata sola, a porte chiuse, con quest’uomo. Che non mi conosce. Che comincia a spogliarmi. Che si sbottona i jeans mentre mi accarezza il seno. Vorrei fuggire subito, prima che succeda ciò che deve succedere. Resto perché Renaud, che se n’è andato nella stanza accanto con la bionda, lo esige. È una cosa lunga. Il mio sguardo si incolla al soffitto mentre il mio corpo sprofonda nei cuscini sotto il peso dell’uomo calvo, sconosciuto. I suoi su-e-giù mi danno la nausea. I minuti passano, ho sempre più caldo, il supplizio sembra non finire mai. Renaud torna con la sua conquista e bisogna ancora ammucchiarsi, a quattro, su questo logoro divano-letto, davanti alla TV spenta. Mi concentro al massimo per non provare niente. Il mio corpo diventa un pacchetto di ovatta di cui ognuno fa ciò che vuole. Quando alla fine i muggiti tacciono, io ho solo voglia di morire. Ho tredici anni e mezzo e ho appena vissuto la mia prima orgia. Ce ne saranno altre. Molte altre. Orge a quattro, a sei, a venti. Non contento di mettermi nel suo letto, Renaud farà di me, la bambina bruna e timida, una puttana redditizia e silenziosa. Mi imbratteranno, per molto tempo, spesso, Porte Dauphine e altri luoghi. Scolara di giorno, giocattolino sottomesso la notte: la mia vita. Una decina, a volte una quindicina di tizi passano sul mio corpo. Io non conto. Chiudo gli occhi, inerte. Stacco la spina. Una volta, uno dei tizi mi domanda: «Pare che questa cosa non ti piaccia…». Perspicace, il tipo. Non mi piace, è ovvio. Anzi, la odio. Preferirei, come tutte le ragazzine della mia età, passare la serata davanti alla TV, o a leggere la biografia dell’adorata Edith Piaf, o anche a fare i compiti, perché no? Sì, preferirei che non ci fosse più nessun porco a calpestarmi la vita. Mi piacerebbe non 8 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 9 funzionare più, notte dopo notte, come recipiente di sperma per decine di uomini, che si sfogano tra le mie gambe di bambina. Farei di tutto perché questo incubo finisse. Queste serate interminabili sono la mia agonia. Crepo a poco a poco, e il giorno dopo tutto ricomincia. Gli potrei buttare tutto all’aria, a questo poveraccio, mentre si riaggiusta i pantaloni. Ma non gli dico niente. Sto zitta perché sono una bambina e perché Renaud, l’uomo che ogni sera mi violenta e mi cede a chi gli pare, è mio padre. 9 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 10 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 11 2. Un oggetto È uno scoglio testardo, battuto da violente ondate ma sempre aguzzo. Uno sperone immerso nell’oceano, selvaggiamente bello, arido, e ostile nei giorni di tempesta. La punta della Torche si degna di addolcirsi solo lì, alle sue spalle, sulla terraferma, dove si scorge la rotondità di dune fiorite di tulipani arancioni… Questa penisola disturbata è il luogo che più amo al mondo. È il centro della mia regione del cuore, il Finistère. Vi ho vissuto, e quando l’ho lasciata, non è mai stato per molto tempo. Ci sono sempre tornata; in vacanza da bambina, poi da adulta con gli amori della mia vita. È in questa terra salata che affondano le mie radici. Vi si stabilirono i miei avi, di fronte al mare, in un triangolo iodato compreso tra Audierne, Bénodet e Quimper. Qui le mie bisnonne aspettavano, sole, i mariti, i fratelli o i figli partiti a pescare al largo. E le mie nonne, con le cuffie bretoni in testa, passarono la loro giovinezza con gli occhi nel blu, ad aspettare il padre marinaio. E così sarebbero seguite generazioni di pescatori se non ci fosse stata Valentine. È lei la prima a lasciare la Bretagna: la mia nonna paterna. In gioventù, Valentine è più bella di chiunque altra. Una bruna di carnagione chiara, con il portamento di una principessa. Così bella che vince, quando ha appena sedici anni, il titolo di “regina delle ricamatrici”! Negli anni Venti, questo concorso di bellezza non era cosa da niente: la coroncina porta a mia nonna una notorietà locale, proposte di matrimonio a palate, nonché un viaggio di andata e ritorno per la capitale. La miss rifiuta di legarsi ma intasca il biglietto. Da Parigi riporterà qualche bella 11 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 12 cartolina in bianco e nero, e mio nonno, René Aubry. Certo non è bretone, ma che importa! Questo giovane apprendista edile, che sorride raramente, che parla in modo asciutto, le piace. È alto, imponente, grande lavoratore. O meglio: ha le mani d’oro. È l’inizio del XX secolo, l’epoca in cui le famiglie francesi aspirano al progresso e alle comodità. Mio nonno può offrir loro tutto questo su un piatto d’argento, visto che conosce i segreti del riscaldamento centrale! Quando decide di stabilirsi nelle terre di sua moglie, quando arriva nel mio Finistère con questo gioiello moderno che è il solo nella regione a saper far funzionare, l’antico apprendista diventa re. Attrezza i dintorni, lavora senza sosta e guarda crescere l’impresa che ha fondato. Nel paese del Cavallo d’orgoglio1 mio nonno fa la parte del leone. Mia nonna, mentre il marito scalda il paese, apre un negozio di piccoli elettrodomestici che presto si fa un’ottima reputazione. Pian piano, Valentine intraprende la scalata sociale. Lei e suo marito finiscono per stabilirsi ai confini di una landa selvaggia, in un grande casolare abbandonato. Con le proprie mani, mio nonno resuscita l’imponente fabbricato, pianta l’orto sul retro, i fiori davanti. Nel grande parco niente è sopravvissuto, se non qualche arbusto scampato alle aspre folate dei venti. A parte queste piante curve, bruciate fino alla linfa dal soffio del mare, non cresce niente, dicono. Poco importa, mio nonno è combattivo, e interra scrupolosamente degli arboscelli ispidi che dopo qualche anno daranno vita a un lussureggiante viale di abeti, maestosa barriera esotica nell’arido paesaggio di granito… La storia dei miei nonni è come questo modesto giardino divenuto un parco sontuoso: a forza di lavorare divennero delle personalità. Questa passione nel lavoro non l’hanno mai perduta. E me l’hanno trasmessa. 1 Il Cavallo d’orgoglio è un libro di P-J. Hélias pubblicato nel 1975. Descrive la dura vita contadina bretone alla vigilia della prima guerra mondiale. Del 1980 l’omonimo film di C. Chabrol (n.d.t.). 12 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 13 Da bambina, trascorro molto tempo con loro, e la parola d’ordine è “vietato poltrire”. «Isabelle, vieni qui, ti mostro qualcosa». Ed eccomi tutta orecchi, ad ascoltare nonno disquisire sulla filatelia, sull’arte di riprodurre un salice per talea o sulla tecnica per scolpire la gamba di una sedia… Nell’enorme laboratorio di mio nonno troneggia infatti un tornio meccanico che mi affascina. Chino sul suo banco da lavoro, strizzando un po’ gli occhi, mio nonno si mette all’opera, e io osservo trasformarsi come per miracolo fra le sue dita il tronco di pino in gamba del letto o in un’altra meraviglia. Per giorni, io lo vedrò così occupato a fabbricare, per me, magnifici cubi, tagliati e levigati in un bel legno color caramello… «Isabelle, puoi dirmi che significa il termine “presellare” per piacere?». Io ho diritto a tre risposte, ma faccio scena muta. Con René Aubry, anche i giochi insegnano: afferra un vocabolario, pesca una parola a caso e me ne lascia indovinare la definizione per poi rivelarmela se non riesco a trovarla. Per lui le parolacce peggiori sono “dilettantismo” e “ozio”. Quando mio nonno non ha niente da insegnarmi, raggiungo mia nonna per il test gastronomico. Lecco il cucchiaio di astice all’armoricana, mescolo le marmellate ancora fumanti, e poi, nell’attesa del banchetto, corro al parco a catturare qualche animaletto. Una volta riporto in un secchio, all’ora dell’aperitivo, un serpente che ho acchiappato, magnifico, lucente. «Guarda che bella biscia che ho trovato, nonno, che ne dici? È bella, no?». René Aubry, con il suo solito atteggiamento stoico, mi chiede prontamente di allontanarmi, va nel suo laboratorio a cercare il tosaerba e passa freneticamente più e più volte sopra il mio magnifico trofeo di caccia. Quel giorno mi meritai, oltre a tante coccole consolatrici, una lezione sugli animali pericolosi. Saper distinguere una biscia innocua da una vipera velenosa, 13 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 14 cucinare, cucire, fare lavori manuali o curare le piante, giocare a croquet… con i miei nonni Valentine e René, ho imparato tantissime cose. Con Augustine, ho imparato a essere amata. Augustine è l’altra mia nonna, la madre di mamma. Nonna, insomma. Mi si stringe il cuore solo al ricordo: questa piccola donnina che in tutta la sua vita non s’è mai tolta la sua alta cuffia bretone. Le sue dolci parole in bretone ancora mi risuonano nelle orecchie, e tra le dita, sento la consistenza del pettine, impigliato tra i suoi capelli grigi, che amo toccare quando sono tra le sue braccia… Mia nonna. L’amo più di ogni altro in famiglia. E lei mi contraccambia completamente. In più la sua casetta è a due passi dalla spiaggia, e io adoro la spiaggia. Non appena posso, corro lì, mi precipito. Tutta sola, mi butto tra le onde, batto i piedi, sguazzo tra i potenti cavalloni increspati! Qui il tempo vola: a volte esco al mattino per tornare a casa la sera, piena di fango, sporca come un maiale, con le guance rosa, e i polpacci pieni di graffi. Felice! Sulla soglia c’è Augustine che mi aspetta, preoccupata e furiosa. «Isabelle, ha visto l’ora?». Mia nonna spesso fa confusione con le lingue: bretone, francese, ci si perde un po’ e allora mi dà del lei, segno di affetto nella sua lingua madre. Comunque è furiosa. Perché mi sono dimenticata di fare merenda, o mi sono rotolata tra le ortiche. O ancora perché ho preso la sua bici nera, troppo grande per le mie gambette di bambina, e sono caduta e il vicino ha dovuto riportarmi a casa perché da sola non riuscivo a camminare. Nonnina mi vieta formalmente di prenderle di nuovo la bici. «Mai più, capito?». Poco male! Non mi mancano le idee per divertirmi, e trovo un altro gioco, ancora più piacevole: un grillo da acchiappare o una lunga spilla da inserire nella presa elettrica. Augustine non ne può più e allora c’è il frustino che mi aspetta. Nonna lo 14 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 15 tira fuori quando vuole farmi capire qualcosa. Giochiamo a chi è più furbo: non appena si mette di schiena, strappo di nascosto una stringa del frustino. Giorno dopo giorno, il povero aggeggio si spelacchia e, quando Augustine lo vuole usare, ormai è maledettamente meno efficace. Me la rido di nascosto per lo scherzo che le tiro. Capisce il trucchetto? Certo, ma fa finta di non vedere. Tenera, Augustine… A volte la esaspero proprio con le mie stupidaggini. La sua cuffia si mette a tremare quando torno a casa con due ore di ritardo, con i pantaloncini tutti strappati perché ho voluto cogliere le more tra i rovi. Ma è un osso duro, ne ha viste di peggio. Suo marito, mio nonno, era un pescatore. All’alba, lasciava la moglie per il mare, dicendo a gran voce, come per scongiurare il destino: «Stavolta non torno sicuro». E la moglie gli rispondeva – anche lei in bretone – di non preoccuparsi, visto che diceva questo ogni volta. Il destino finì per dargli ragione: morì in mare. Non annegato, no. Morto stecchito sul ponte del peschereccio, stroncato da un aneurisma. All’epoca, quando accadeva un dramma del genere, l’equipaggio non si perdeva in smancerie: i compagni del bastimento attaccavano il corpo a una corda e lo trainavano nell’Atlantico, per una o due ore, simulando l’annegamento. L’accaduto veniva dichiarato come un incidente sul lavoro, così che la vedova potesse percepire la pensione. Troppo cuore o mancanza di fegato, i colleghi del nonno non si sacrificarono alla tradizione: il cadavere restò sul ponte e Augustine ha dovuto rimboccarsi le maniche. Sola, con cinque figli, senza entrate, la mia bretone si fece assumere in fabbrica. Anno dopo anno, dalla mattina alla sera, ha messo sardine in conserva, occupandosi dei suoi ragazzini con le forze residue. Un tempo madre coraggio, oberata di impegni, ora nonna affettuosa. A volte mi sembra ancora di ricordare la sensazione delle mie piccolissime mani tra le sue, quando mi portava sulle dune piene di rosmarino per insegnarmi a camminare. E il suo odore sul 15 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 16 cuscino, quando la sera mi rannicchiavo accanto a lei, per addormentarmi con il naso nel suo collo. Al suo fianco ho trascorso i momenti più belli della mia infanzia, se non della mia vita. Lei mi protegge, mi consola, mi ama e mi diverte. Con Augustine, io esisto. Con i miei genitori, è tutta un’altra storia. Dal matrimonio tra Augustine e il marinaio nascerà Marie, mia madre, ultima di cinque figli, alla quale sicuramente mancò la propria madre. In seguito, sognò di diplomarsi, ma purtroppo dovette mettersi presto a lavorare. René e Valentine diedero alla luce mio padre, Renaud, bambino viziato che ricevette tutto quel che era mancato ai genitori. Si sistemò come elettricista, invidioso del fratello che invece era ingegnere. Io sono il risultato dell’unione tra questa frustrazione e questa acredine. Frutto concepito per disattenzione: i miei genitori abitavano a pochi chilometri di distanza. La loro vicinanza si è probabilmente trasformata in amicizia, poi evoluta in una storiella, e così sono stata concepita senza essere desiderata. Mia madre infatti resta incinta quando non ha ancora diciotto anni e si vede promessa a un futuro radioso, in città, con un buon lavoro. Ultima figlia, la gravidanza rappresenta per lei una catastrofe per i suoi progetti dorati. Fine degli studi! Per Marie un biglietto di sola andata per il municipio. Vi si mette in posa per il fotografo, bella sposa ricoperta di tulle e gigli bianchi, al braccio di mio padre. Innamorati? Forse, ma soprattutto costretti. «Quando ho saputo di essere incinta, mi sono sentita in trappola». Sin dai primi momenti della mia esistenza, sono quindi un frutto del caso, che nessuno vuole. Anni dopo, mia madre non mi risparmia nessun dettaglio: vengo a sapere dalla sua stessa bocca che ha tentato il possibile per abortire. Per nove mesi, versa disperata fiumi di lacrime, salta sugli scogli per cercare di 16 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 17 staccare il vigoroso feto che sono. Niente da fare, non mollo. Già allora sono tenace. Nonostante tutto, io nasco in piena salute l’11 aprile 1965, all’ospedale di Pont-l’Abbé. Mia madre mi allatta, per un po’, fin quando un bel mattino i suoi seni si mettono in sciopero. Troppe contrarietà, più nulla da dare al neonato affamato. «Ho litigato con tuo padre, e il latte è finito », mi dice. Già allora, quindi, i miei genitori litigano. Bisogna dire che Renaud Aubry è un campione in questo: irascibile, egoista, imprevedibile. Da bambino non trovava niente di più divertente che spintonare la piccola vicina, che portava un pentolone di latte. Quando il latte si versava, mio padre rideva del suo scherzo crudele. Da adulto coltiva il suo lato leggermente sadico. In macchina, non appena vede uno straniero su un motorino, sterza un po’ di lato, roba da farli slittare giù nel fossato, straniero e motorino insieme… Mio padre ha l’odio facile: gli arabi, i neri, i più giovani, i più vecchi. In sostanza, ama solo se stesso. Convinto di essere un uomo fuori dal comune, litiga regolarmente con suo padre, a cui rimprovera di non considerarlo per il suo giusto e immenso valore. Lui, il piccolo elettricista, ha una rivincita da prendersi, dalla vita, dal fratello ingegnere, e questa ambizione lo consuma. Monta in collera per un nonnulla, convinto che il mondo intero lo invidi e lo derubi. Fierissimo della sua cintura nera di judo, sport che ha praticato in marina, non esita a fare a pugni. Le armi, i fucili, i coltelli: adora tutto ciò. E fare a botte, ancora di più. Un giorno si arrabbia con mio nonno: urla, sbraita. Il giorno dopo è il turno di suo cognato, nella casetta di Augustine. Per una cosa da niente, il tono si alza, partono i pugni, un po’ d’olio si rovescia sul gas e le fiamme lambiscono il soffitto. Ho tre anni, l’angoscia della situazione mi paralizza. Così è mio padre, questo padre che amo più di ogni cosa e che mi fa tanta paura. Ovviamente lo amo perché è forte, intelligente, e perché è il mio papà. E anche lui mi ama, a suo modo. Male. Io sono carne della sua carne, sangue del suo sangue, e 17 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 18 dal momento che lui ama se stesso enormemente, ama un po’ anche me di riflesso. In quanto degna figlia di suo padre, vuole che io sia la più bella, la più sveglia, la più educata. Di quel che sono veramente, di quello che penso, delle mie gioie e dei miei dolori se ne infischia non poco. Di fatto, io esisto per valorizzare lui. Gli piacerebbe essere al centro del mondo anche agli occhi della moglie. Gli piacerebbe tanto che Marie lo ammirasse, che lo accompagnasse ovunque. Ma con lei funziona meno. Mia madre, sposata a un egocentrico purosangue, a volte non ne può più del suo carattere e degli eccessi d’ira. Le loro liti scandiscono il mio quotidiano nell’appartamento della banlieue parigina in cui ci siamo stabiliti. Mio padre ha trovato un lavoretto come riparatore di elettrodomestici, mia madre è impiegata come segretaria e mi appioppa a una tata del quartiere. Una volta, tornata in anticipo dal lavoro, mia madre sorprende il marito della tata che urla e si dimena come un pazzo: lui mi tira dei gran ceffoni, io grido, è il panico generale! La mamma mi porta via immediatamente da questa strana casa e chiama in aiuto sua madre. La mia cara nonna, Augustine, sbarca quindi a Carrières-sur-Seine con cuffia e valigia per occuparsi di me. Tanto lavoro, pochi soldi, un bambino, la suocera a casa… I motivi di attrito non mancano tra i miei genitori e i posacenere volano nella stanza più spesso di quanto dovrebbero. Una sera, non ho ancora tre anni, mia madre addirittura si prende madre e figlia sotto braccio, e tutte e tre ce ne scappiamo con la metro… Io non capisco niente, una dopo l’altra vedo passare le fermate, e in testa ho un’accozzaglia di domande: perché ho dovuto lasciare i miei giocattoli? E mio padre, a casa da solo, come sta? Così è andata la mia prima infanzia, tra litigate e tensioni. Sono stata privata di quel senso di sicurezza che è necessario a questa età per crescere sereni. Mai mi sono sentita protetta accanto ai miei genitori. È sufficiente una lite perché uno dei due sbatta la porta, perché io mi ritrovi dai miei nonni o altro18 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 19 ve. Temo costantemente il conflitto. Mi domando spesso se questa sera dormirò nel mio letto. Non so come sarà il domani. I miei genitori mi fanno crescere irrequieta. Quando non vanno d’accordo è orribile. Quando vanno d’accordo, non va molto meglio: si vogliono divertire, andare a cavallo, ballare, bere e fare l’amore visto che non si stanno facendo guerra. In questi casi, è come se io non esistessi. All’età in cui sto per entrare alla scuola materna, i miei genitori tornano nella natale Bretagna. I miei nonni, Valentine e René, sono andati in pensione e hanno deciso di spartire i loro beni, oramai sostanziosi, tra i due figli. A ognuno va un immobile, con un negozio al pianterreno. A mio padre spetta quello di elettrodomestici: lui aggiusta, installa e ripara in giro per le case dei clienti. Mia madre si occupa del negozio. Tutti e tre andiamo a vivere proprio sopra, in un appartamento che mio padre si mette a ristrutturare a modo suo, nello spirito del “loft”. All’epoca va già di moda e non c’è niente di meglio per mio padre che un ambiente unico, senza pareti divisorie: può vedere tutto, ed esser visto da tutte. Dirigista, invasato, manipolatore: mio padre aveva il profilo perfetto per diventare il guru di una setta, una sorta di hippy perverso… Aveva degli amici fricchettoni, che chiamava gli “yè-yè” con un po’ di sufficienza. Ma, vedete, Renaud Aubry è un piccolo-borghese, figlio del presidente dell’Unione dei commercianti, imprenditore di un’azienda che si trova pure in una zona commerciale periferica. Allora la sua piccola comunità, la costruirà con molta discrezione a casa. Per prima cosa abbatte i muri del nostro appartamento. A che servono, d’altronde? Mio padre è allergico all’intimità degli altri. E della sua tutti devono approfittare. Appena può, gira per casa nudo, e quando va in bagno o a farsi la doccia, lascia sistematicamente la porta aperta. Come se niente fosse, mio padre costruisce un appartamento senza barriere, senza confini. Uno spazio senza limiti. Piazza il letto matrimoniale nella stanza principale. Salone e camera da letto fanno tut19 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 20 t’uno. I muri di camera mia e quelli del bagno ancora resistono. Ma a casa nostra, le porte chiuse sono sconsigliate. E così un tardo pomeriggio, di ritorno da scuola, salgo le scale che portano al nostro appartamento e trovo i miei genitori sul letto, nudi come vermi, che si toccano. Hanno sentito i miei passi. Sanno che sono lì, vicinissima, eppure continuano. Non capisco molto ciò che sta succedendo, ma ho l’impressione di essere nel posto sbagliato. Scappo in camera mia per l’imbarazzo. Questa è la prima volta che i miei genitori fanno l’amore davanti a me, ma non l’ultima. A seconda delle loro voglie, si saltano addosso, e basta che in quel momento io passi davanti a loro per assistere allo spettacolo. A volte, durante la passeggiata domenicale nel bosco, la libidine di mio padre scatta improvvisamente: afferra all’improvviso mia madre per il braccio, e si infratta con lei. Io resto sul sentiero a fare il palo, ubbidendo ai loro ordini, e canticchio per non sentire i gemiti. Forse il fatto che io sia vicinissima li eccita. Oppure sono così poco importante per loro che non li turbo affatto. Di quello che provo io, nessuno si preoccupa. È così per i loro bagordi come per altri ambiti della vita: conto come il due di picche. Mia madre gestisce il negozio, mio padre si occupa dei clienti e quanto a me, io vengo dopo, cercando malgrado tutto di farmi spazio nei buchi dei loro impegni. Non è facile. A pranzo, il compito di farmi mangiare è dato a Suzanne, la collaboratrice domestica dei nonni. La vedo ancora, in lacrime, risentita del mio rifiuto. Non mi va la marmellata, non mi va la buona e cara Suzanne, voglio mamma, punto e basta. Quando piomba mia nonna in fretta e furia, quantomeno accetto di spiluccare qualcosa. Dopo la scuola, ciondolo per strada con le mie amiche fino alla chiusura del negozio, oppure mi rintano per ore nella cuccia della mia cagnetta, Dolly. Ecco l’unico ricordo felice che ho con mia madre: il giorno in cui siamo andate a prendere questo adorabile bassotto. Un colpo di fulmine: non appena ho visto il suo musetto, l’ho presa in braccio e non ci siamo più lasciate. Di pomeriggio vado a dormire sui 20 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 21 suoi cartoni, mi rannicchio su di lei, gioco di continuo a lanciarle la palla, adoro stare con lei e lei con me. Non come mia madre, che sembra avere ben altre cose a cui pensare. La sera, dopo cena, mi piacerebbe tanto che si occupasse di me! E allora faccio di tutto per attirare l’attenzione: le chiedo un bacio, di farmi le trecce perché non mi vengano i nodi ai capelli durante la notte, le mostro il pigiama facendo finta che non lo so infilare. «Questo è il davanti o il di dietro? Non ci riesco, mamma, aiutami!». Tutte le sere, sempre lo stesso teatrino: io che infastidisco mia madre. Io la tormento, lei sospira, io chiedo qualcosa, lei si innervosisce. Vorrei che mi dedicasse del tempo, che mi accarezzasse i capelli lunghi, vorrei che ci scambiassimo coccole in continuazione. Ma lei si limita al minimo sindacale. Ho quattro anni, poi cinque, poi sei, ma la mia esistenza di bambina non interessa a nessuno. Una sera che i miei genitori vanno al ristorante resto da sola a casa, come sempre, con la mia Dolly che è incinta. Sembra che voglia partorire proprio questa notte, vedo la mia cagnetta spingere, spingere, soffrire, e un sacco uscirle dalla pancia. Assisto, sconvolta, alla nascita di minuscoli bassotti bagnati. Che fare? Come aiutarla? Cerco invano di rintracciare per telefono i miei genitori. Che ritornano tranquillamente nel cuore della notte. Che accennano solo un sorriso per le mie emozioni della veglia. I miei primi anni di vita sono un misto di solitudine e noia. Ricordo perfettamente la sensazione di vuoto che mi assale quando i miei genitori mi abbandonano per andare a divertirsi in giro. In un giorno del genere, in uno dei loro periodi buoni, decidono di andare a fare una passeggiata in spiaggia, dopo il pranzo domenicale dai nonni. Mi lasciano a casa, con Diane, il cane, e nonno. Che, con l’aiuto della digestione, si addormenta subito. Ma mi annoio, io. Allora, cerco di passare il tempo come posso: una caramella per me, una per Diane. Svuoto 21 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 22 tutta la scatola, fino all’ultima leccornia: e ora? Vado all’assalto della camera di nonna. Nel suo portagioie, mi metto a pescare e a provare tutti i gioielli che mi passano sotto mano, e li sparpaglio per tutta casa, finendo per perdere un braccialetto che non si ritroverà mai più. Dopo aver mangiato tutta la confezione di caramelle alla vitamina C, decido che è arrivato il momento di fare un po’ di giardinaggio. Nonno è lì che russa, immerso nel sonno: mi introduco di soppiatto nel suo laboratorio e mi impossesso delle sue belle cesoie di legno. All’entrata della proprietà un arbusto di fusaggine di diversi metri d’altezza accoglie i visitatori. La sua forma allungata, a uovo, è l’orgoglio di mio nonno, è la sua pianta preferita. Per potarlo, faccio un bel buco di un metro di diametro, profondo cinquanta centimetri. Tornati dalla passeggiata, i miei genitori constatano l’opera: «Perché l’hai fatto?» «Non lo so». Lo so benissimo: voglio attirare la loro attenzione. Ecco quello che potrei dire. E invece vomito tutta la sera. Ma essere malati non rende i miei genitori più attenti. Un giorno, ho sei anni, torno da scuola con le gambe tremanti e le orecchie che ronzano. Forse ho l’influenza, ma a negozio c’è gente. Allora mia madre mi infila cinquanta franchi in tasca e da sola vado dal medico. Verdetto: morbillo. Devo ancora correre in farmacia, prima di sprofondare a letto, dove mi annoio di brutto per qualche giorno, fino a che i miei genitori decidono che è arrivato il momento di farmi tornare a scuola. Ma io sono ancora malata! La maestra mi rispedisce immediatamente a casa, e sarà necessario che Valentine decida di prendermi con sé perché possa fare la convalescenza vicino a chi mi vuole bene. Un’altra volta torno a casa con il ginocchio sanguinante, risultato di una bella caduta in bici. «Sali su e pulisciti», mi grida mia madre. La ferita avrebbe meritato qualche punto. Ma non me li metteranno, e questa cicatrice sulla gamba ancora oggi mi ricorda 22 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 23 il dramma della mia infanzia: per me, mia madre, non ha mai avuto tempo. Per anni non ci sono stata che io a occuparmi di me. Dentista, dottore, parrucchiere: andrò sola ovunque e sempre. Già all’età di sei anni, ho la netta sensazione di non esistere ai loro occhi. Il seguito mi proverà che ho ragione. Sono un oggetto: ingombrante per mia madre, di desiderio per mio padre. 23 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 24 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 25 3. Il nostro piccolo segreto È nel bagno che sono morta la prima volta. Ho sei anni e sguazzo nella vasca con mio padre. Mi guarda fisso mentre gioco a fare ciaf-ciaf nell’acqua calda, divertendomi a mandare gli schizzi fino a terra. Lui ha tutt’altro gioco in mente: senza dire una parola, mi prende la mano e la mette tra le sue gambe, indicandomi il ritmo da seguire. Dopo lunghi minuti, mio padre si ferma. Il bagno è finito, mi dice, è tempo di mettersi a quattro zampe sul pavimento. Obbedisco senza capire: non è come al solito, è inquietante, strano. Ho paura, ma perché ho così paura? Sono completamente bagnata e dai miei capelli l’acqua sgocciola in piccoli rivoli che seguo con lo sguardo. Sento mio padre inginocchiarsi dietro di me e qualcosa di duro sfregare il fondo della mia schiena. Ho voglia di piangere. E di andarmene via correndo, subito, velocemente, per raggiungere la cuccia della mia Dolly. Ma resto lì, sul pavimento di piastrelle. Il mio corpo è un blocco di cemento, la testa ronza. Qualcosa di grave, di anormale, sta accadendo. Lo percepisco dal silenzio che regna mentre papà si infila l’accappatoio, dall’aria seria che assume, dopo. D’altronde mi dice che sono carina ad aver giocato con lui, ma questo gioco appartiene solo a noi, e soprattutto non bisogna spiegarlo alla mamma. «Non una parola, intesi? Gli altri non capirebbero». Il tono si fa secco. Riconosco la sua aria cattiva che non ammette repliche, la mano indugia sulla maniglia della porta. Acconsento: sarà il nostro piccolo segreto. Di parlare non ho diritto, ma di gemere sì. Quando mia madre è assente, mio padre mi insegna a gemere, perché questo gli pia25 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 26 ce ancora di più. A volte, è dopo il bagno. Altre volte, mio padre approfitta di un momento di buco tra i vari impegni di lavoro e dell’assenza di mia madre, uscita a fare la spesa o impegnata al negozio, per venire ad accarezzare la sua Isa cara. In questi casi, la cosa avviene nel letto, il mio, o il suo. Dopo, posso tornare a giocare. Detesto le sue mani sul mio corpo. Ho paura di questi momenti luridi, e ancora di più di chiedergli di fermarsi. Allora non dico niente. Talvolta, qualche lacrima mi scende sulle guance: tutto preso dal suo piacere, lui non si rende conto di niente. Io sono sua figlia e la sua bambolina, docile, silenziosa. «Tu sei muta come una tomba!», fa notare, con gli occhi fissi su di me. Ne è contento, pare. A sentir lui, una dote simile non è da tutti. In ogni modo, non ha di che preoccuparsi, ho capito bene: se racconto a chicchessia la minima cosa, un mare di guai si abbatterà su di noi. Voglio essere separata da lui? È questo che voglio? Voglio che si faccia del male al mio adorato papà? Voglio, per caso, che la polizia piombi a casa e lo porti lontano da me? Certo che no! Se racconto la minima cosa, la nostra vita sarà fottuta, e per colpa mia. Quindi sto zitta, le sue parole mi incatenano. «Tu sei l’unica che amo veramente». Me lo ripete per tutta l’infanzia. Su un punto ha pienamente ragione: io l’adoro, tanto quanto lo temo. Né le sue carezze disgustose né le sculacciate a mutande abbassate che mi dà quando faccio qualche scemenza me lo fanno amare meno. Ho sette anni e un giorno mio padre, appena rientrato dal lavoro, è colto da un malore e crolla davanti a me. Ho la sensazione che il cuore mi stia per scoppiare. Mia madre si precipita su di lui, lo prende per il busto, e zoppicando andiamo di corsa all’ospedale che si trova non lontano da casa nostra. Meningite. I medici ordinano il trasferimento immediato a Nantes. Vivo momenti di profonda angoscia: mio padre sta per morire e io non sono con lui. Non muore. Quando vado a trovarlo 26 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 27 all’ospedale, se ne sta costretto a letto, circondato dai suoi parenti. Dopo un’ora di chiacchiere, quelli che sono venuti a fargli visita decidono di andare a mangiare nel ristorante vicino, lasciando il malato là sdraiato. Quanto a me, neanche a parlarne: «Io resto con papà». Da quel giorno, Renaud Aubry non smetterà di dirmi che sono l’unica che lo capisce. Sono, dice, la più carina, la più intelligente. Ed è un profluvio di belle parole per questo amore filiale, che calpesta nell’intimità ma che descrive abbondantemente. Da me esige il massimo. Vuole che io sia la prima della classe, la più obbediente a casa, e soprattutto che io riempia i vuoti della sua vita. Ha sempre bisogno che ci si prenda cura di lui, e ovviamente sua moglie non gli basta, dato che i rapporti tra loro, come il cielo delle isole, volgono rapidamente da sereni a burrascosi. E io devo rivestire tutti i ruoli: amico, confidente, domestico, giocattolo sessuale. Mi racconta nel dettaglio i suoi problemi di coppia, persino i particolari erotici, quello che a mia madre piace e quello che non le piace. Mi vuole al suo fianco quando fa i lavoretti di casa, e in questo caso io devo stargli vicinissima per passargli gli attrezzi. Gli viene voglia di andare a correre sulla spiaggia, di fare una partita a scacchi? Considerando che mia madre detesta entrambe le cose, sono io che devo sostituirla. Mi fa sorbire infinite partite a scacchi che mi fanno venire il mal di testa; in bici, percorro chilometri sotto la pioggia e sulla sabbia dietro di lui che procede spedito a piccole falcate. Dopo un’ora di corsa, il martirio: le cosce in fiamme, lui neanche se ne accorge. All’improvviso gli viene voglia di andare al cinema? Mi porta con lui a vedere quello che gli gira. Il primo film della mia vita sarà quindi Lo sciacallo, una storia di un sicario ingaggiato per uccidere De Gaulle, insomma, non proprio il genere di distrazione adatto a una bambina di otto anni. Ma l’importante è che mio padre abbia sempre un po’ di compagnia e che possa soddisfare le sue voglie, di qualsiasi tipo esse siano. La moglie gli dà 27 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 28 buca: lui ripiega su di me. Lei e io, tutto sommato, siamo quasi uguali: tutti me lo ripetono, e mio padre per primo, sono il ritratto sputato di mia madre. D’altronde le piace vestirmi come lei: incinta di mia sorella, si fa cucire un giorno una bella tunica blu marino, molto ampia, per nascondere le sue rotondità. Avanza del tessuto, ed eccomi vestita con un abito pre-maman identico al suo, taglia XS! Sono quindi una Marie in miniatura, in meglio, perché più sottomessa e sempre disponibile. È così che piaccio a mio padre, o quantomeno è quel che credo io. Si masturba su di me e ruba la mia infanzia, perché mi vuole bene. Lui me lo dice e io ne sono convinta. «Darei la vita per te, tanto mi sei cara», mi dice. Ma a me non piace che mi si voglia bene così! Allora un giorno mia madre mi ha dato dei soldi per andare dal parrucchiere, io filo dritta al negozio, con un’idea ben chiara in testa: «Molto corti, per favore». «Sei sicura, Isabella? Non preferisci tenere i capelli lunghi?» No, non voglio. Non ne posso più di questa zazzera, voglio veder cadere ai miei piedi le lunghe ciocche brune. Voglio essere un ragazzo. Così, forse, mio padre mi amerà di meno e mi lascerà in pace. Il parrucchiere esegue, ma il misero stratagemma non funziona. Mio padre mi ama ancora, malgrado il taglio alla paggetto. Mi ama nel bagno e nel suo letto. Mi ama di giorno quando mia madre è fuori, o di sera quando lei esce. Non so quanto sia durato questo inferno. Oggi, non mi resta che qualche flash: l’asciugamano che mio padre stende sul lenzuolo per evitare ogni traccia sospetta. Il pene che fuoriesce dall’acqua piena di schiuma del bagno. E la sua cosa sul mio sedere. È tutto ed è abbastanza per farmi venire ancora voglia di vomitare, trentasette anni dopo. Mia madre, lei, in questi tre anni, non si è accorta di niente. O quasi. Mamma è il fantasma della mia prima infanzia. È assente, anche quando c’è. Impegnata al negozio per lunghe giornate, preoccupata il resto del tempo, pare che non si interessi vera28 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 29 mente a me. Mi gestisce. L’importante è che le apparenze siano salve: che il negozio sia tenuto bene, che io sia carina e ben vestita, che i vicini vedano in noi una famiglia come le altre. A me non manca niente quindi. Tranne: affetto, complicità, coccole, dialogo. Tutto questo “superfluo”, tutto ciò che tesse quel legame così dolce tra un bambino e sua madre, da noi finisce nel dimenticatoio. Mia madre era troppo distante da me per rendersi conto del calvario che pativo a causa di suo marito. Un giorno, comunque, deve aver sospettato qualcosa. Siamo tutt’e due sole a casa, il negozio è chiuso. Ho sette, forse otto anni e vedo venire mia madre verso di me, con l’aria seria e le sopracciglia inarcate: «Isabelle, spogliati e allungati sul letto, per favore». Obbedisco. Lei mi scruta in silenzio, dalla testa ai piedi, osservandomi attentamente anche la vagina, sicura di trovarci i segni di qualcosa. Dura per qualche lungo minuto. Non capisco niente di quel che mi sta capitando. Sospetta qualcosa? Ha sorpreso mio padre in un atteggiamento equivoco con me? In ogni caso, non mi fa nessuna domanda. E la vita continua come se niente fosse accaduto. O quasi. Perché, anche se io non dico niente a mia madre, i miei comportamenti sostituiscono le mie parole. Inizio a distruggere il bel quadretto familiare. Ricomincio a fare pipì a letto, ma non ottenendo alcuna reazione le rubo anche i soldi dal portafoglio. Prima ogni tanto, poi spesso. Niente. Allora vado direttamente a spillare denaro dalla cassa del negozio: intasco una bella moneta da cinque franchi e corro a comprare una cassetta per gli attrezzi che regalo a mio cugino. E qui, quantomeno, la famiglia reagisce: «Come, cinque franchi? Isabelle, non si fanno queste cose, i soldi si guadagnano a fatica. Va’ a giocare ora». Fine della storia. Allora, visto che devo prendere il posto di mia madre senza che nessuno se ne accorga, tanto vale che lo faccia fino in fondo. Vicino al letto dei miei, c’è un armadio pieno dell’odore di mia madre e dei suoi abiti. Vi sono riposte, 29 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 30 ben piegate, le camicie con i bottoncini dorati, le belle maglie di cotone, e sull’appendiabiti i vestiti scollati che le cadono benissimo sul suo corpo snello. So che non è una buona cosa, non è buona per niente, ma allungo comunque la mano verso i suoi travestimenti colorati. È necessario che io lo faccia. È necessario che io abbottoni il suo corpetto sul mio torace di bambina. È necessario che io infili le sue scarpe di vernice, troppo grandi per i miei piedi minuti. La sua gonna corta mi si rigonfia all’altezza delle caviglie, e allora faccio un risvolto con l’aiuto di una molletta per capelli per non inciampare. È una cosa che non mi piace, ma una sorta di forza mi spinge a farlo. Sul ripiano del comò sono esposte in bella mostra una miriade di scatolette profumate. Prendo il portacipria e stendo la polvere bianca sul mio viso. Lo stesso per il fard sulle guance e il rossetto sulle labbra. Sono pronta, esco acconciata in questo modo. Ho paura di quello che faccio, mi vergogno del mio abbigliamento ridicolo, ma è come una sfida che lancio a me stessa. È necessario che mi si veda così e che non fallisca. Alcuni vicini mi incrociano vestita come un pagliaccio, truccata come un camion rubato. Vedo i loro occhi pieni di rimprovero posarsi su di me e provo una tremenda vergogna. Certo, in qualche modo, voglio che raccontino l’aneddoto a chi voglia ascoltarlo. Ma nessuno lo vuole, oppure i vicini discreti si tengono bene in caldo questa chicca. Nessuno viene a parlarmene. Lo scandalo non ha luogo e io rincaro la dose. A scuola divento prepotente. Riesco a essere una brava alunna senza fare troppi sforzi, ma quanto a comportamento, va di male in peggio. E a ragione! Patisco abbastanza a casa e allora, quando non sto sotto il giogo di mio padre, mi sfogo, senza aver paura di niente e di nessuno. E poi a me piace fare di testa mia. Abbandonata a me stessa ho imparato a essere indipendente, e adoro esserlo… La boss della scuola, dunque, sono io. Ho la mia banda, una decina di ragazzini e ragazzine coetanei che comando a bacchetta. Durante la ricreazione ci azzuffiamo. 30 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 31 Organizzo e prendo parte alle risse piuttosto attivamente! Le insegnanti mi fanno delle lavate di capo di tanto in tanto, ma per la brava allieva quale sono le rimostranze non durano a lungo. A mensa sto a capotavola, una posizione strategica per imporre i miei diktat. Vado ben oltre il mio ruolo, proibendo a uno di mangiare, costringendo un altro a finire gli spinaci che odia. Mia cugina ancora se lo ricorda: per lei in questo periodo sono un vero e proprio tiranno. Bisogna dire che ho un buon esempio: l’aria cattiva di mio padre io la imito, e funziona. Con me, i miei compagni rigano dritto. In parrocchia, il giovedì, mi sono fatta qualche amica che addestro a un particolare tipo di raid. Ci introduciamo di soppiatto in chiesa quando il prete è tutto preso dai suoi affari, e svuotiamo a dovere la cassetta delle elemosine piena di monete. A tasche piene, corriamo a spendere il nostro bottino dal fornaio del quartiere. Coca cola e liquirizia fino a star male! Il prete non ci ha mai pizzicato. Né lui né nessun altro. Certe malefatte passano facilmente inosservate… Quando mio padre comincia a fare quelle cose con me mia madre è incinta di mia sorella, almeno così mi sembra di ricordare. Già poco materna, lo è ancora meno via via che le cresce la pancia. Ma il peggio deve ancora arrivare. Il giorno in cui mia sorella nasce, mio padre apre la porta per annunciarmi la grande notizia. È mattina, io dormo ancora profondamente, borbotto qualcosa tra i denti e mi riaddormento di colpo. Che mi lascino approfittare di una mattinata tranquilla! Ancora non lo so, ma non ne restano molte… Mia madre torna dall’ospedale con un bel poppante bianco bianco e con i capelli scuri. È Camille, la mia sorellina adorata, sul letto davanti a me. Sono affascinata dai suoi capelli fini e dalle pieghette della sua pelle rosa. Allora è questo un neonato? Ha l’aria fragile, è più piccolo di quanto avessi immaginato. Mia madre toglie il pannolino di tessuto, spilla dopo spilla, dandomi una spiegazione sbrigativa: 31 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 32 «Allora, queste sono le fasce, le pieghi a T e poi rimetti le spille da balia sui lati facendo attenzione a non pungerla. Ora devo andare a comprare il pesce, finisci tu». Finisci tu… Ero già la seconda moglie di mio padre, divento all’età di sei anni e quattro mesi la madre di mia sorella. La porto a fare le passeggiate, in una vecchia carrozzina blu che spingo con tutte le mie forze e che è grande quasi quanto me. Dopo la passeggiata, la nanna: fino a che mia sorella non dorme, io non ho il diritto di uscire. Resto quindi accanto a lei mentre fa i versi, pregando con tutta me stessa che il sonno la stordisca. «Fa’ la ninna, ti prego, dormi, su, fammi il piacere…». Cerco di ipnotizzarla, ma niente da fare! Non appena smette di piangere, quando ha gli occhi a mezz’asta, io me la svigno fuori dalla stanza in punta di piedi per raggiungere le mie amiche che sono sotto ad aspettarmi per una gara di corda o una rissa… Cammino piano piano sulla moquette, ma Camille deve avere l’orecchio fino, ed ecco che ricomincia, urla fino a farsi scoppiare i polmoni. Allora, con la morte nel cuore, torno vicino alla culla, canticchiandole qualcosa all’orecchio perché si addormenti… È così carina, con il ditino in bocca… Mia sorella è il mio amore e il mio incubo. Pannolino, passeggiata, biberon, di nuovo pannolino, ninna e ri-biberon: sono inchiodata a casa, per colpa di questo neonato. I suoi strilli mi perforano i timpani e i suoi bisogni mi sfiniscono. Non ho né l’età né la voglia di essere mamma. E poi non capisco: perché devo occuparmi io di lei? Perché sono la madre di mia sorella, perché mia madre non mi ama come madre? E perché mio padre mi ama come moglie? Vedo che per gli altri le cose funzionano in tutt’altro modo… Più passa il tempo, meno mi sembra di essere normale. Questa angoscia che mi rode dentro, io la uso contro di me. Verso i sette o gli otto anni mi metto a fumare. Rubo soldi ai miei e senza nascondermi trotterello fino al tabacchi a comprare le sigarette. Puzzo di portacenere freddo. Conseguenza o coincidenza, le mie bronchiti feroci compaiono nello stesso 32 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 33 periodo. Per evitare complicazioni vengo spedita in colonia in montagna a prendere una bella boccata d’aria pura, per un mese. L’orrore! Di notte fa talmente freddo che mi battono i denti nel sacco a pelo verdastro che risale al servizio militare di mio padre. Senza rendermene conto, certe notti mi rannicchio accanto alla mia vicina, e la mattina ci ritroviamo appiccicate l’una all’altra. Verdetto: sonnambulismo. Ma il problema è altrove: vorrei che qualcuno mi scaldasse e calmasse quel groviglio orribile di pensieri che ho in testa. Io mi sento diversa, strana: capisco bene che quel succede a casa non è normale, ma non oso dirlo a nessuno. «Gli altri non capirebbero». Questa frase di mio padre mi soffoca. Il nostro piccolo segreto e tutti gli altri, mia sorella che mi sfianca, mia madre che mi ignora, tutto questo forma una bolla fetida che resta incastrata in fondo alla gola e mi fa sentire estranea al resto dei bambini. Io che, a scuola, dirigo le mie truppe come una star della ricreazione, mi scopro intimidita e schiva quando sono in mezzo a sconosciuti. Vedo gli altri divertirsi e resto nel mio angoletto, incapace di farmi degli amici. Niente mi tocca. Allora, un pomeriggio, decido di andarmene. Dato che nessuno si preoccupa di me, prendo coraggio, scappo dalla colonia e mi arrampico sulle alture vicine. Mi siedo su una roccia, con la testa tra le mani, e aspetto. Che mi trovino, che mi vengano a pescare Qualcuno noterà la mia assenza? La risposta è sì. Nel giro di qualche ora, comincio a vedere l’agitazione salire tra i sorveglianti della colonia. Dal mio nido d’aquila, intravedo le formichine che si muovono vorticose alla ricerca di Isabelle. Alla fine mi trovano e il loro sollievo mi procura un sottile piacere: con calma raggiungo gli altri ragazzi per la cena. Sarà la prima fuga della mia vita, e non sarà l’ultima. I furti, le sigarette, le risse, i travestimenti e la pipì a letto… Senza averne coscienza, mando SOS che nessuno recepisce. A casa mia madre è oberata. Non solo deve stare dietro al negozio, ma 33 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 34 anche preoccuparsi del nuovo capriccio di mio padre. Si chiama Martine, una ragazza carinissima, e lui se ne è invaghito. Martine vive in una camera del castello dove a volte i miei vanno a cavallo. Qui mio padre la incrocia, la corteggia e da bravo manipolatore qual è, finisce per sedurla. Ma il signor Aubry non si limita a un banale adulterio: ha ben altre ambizioni. Lui non è uno qualsiasi, è convinto di meritare il meglio. Due donne che si occupano di lui non sono sufficienti. Allora quando mia madre un bel mattino sorprende a gambe all’aria il marito e Martine, mio padre le annuncia tranquillamente, senza neanche pensarci troppo, che è necessario che lei se ne faccia una ragione: Martine verrà a vivere con noi. Che le piaccia o no. Che altro può fare? Mia madre ha due bambine da crescere e se perde il marito, perde pure il reddito, dato che il negozio è di mio padre. In sintesi, Marie è incastrata. E poi forse spera in cuor suo di avere meno addosso il marito, se lui se la spassa con Martine. Comunque sia, mi ritrovo un bel giorno con due mamme sotto lo stesso tetto. Non me ne lamento, al contrario. Martine mi offre tutto ciò che mia madre non mi dà: tempo, affetto, coccole. Quando siamo insieme parliamo a lungo, ci facciamo il solletico, giochiamo e a volte la mattina lei mi fa certe acconciature da far crepare di invidia le mie compagne di classe. Il fine settimana, di solito, cerco di scomparire: i miei si ritrovano insieme, e per un nonnulla la conversazione si infiamma e litigano. Di sicuro è in questo periodo che nasce il mio odio profondo per la domenica. Ma da quando Martine vive da noi, questa maledetta giornata vola. Facciamo i picnic nel bosco, le passeggiate a cavallo! A volte accendiamo la radio e ci mettiamo a ballare come due pazze il charleston! In questo strano periodo mia madre sembra fare buon viso a cattivo gioco. Quando lavora al negozio può contare su Martine perché si occupi delle mocciose, a lei fa comodo, a me fa felice. Agli occhi della gente, dei clienti, di chi le sta intorno salva la faccia e mente spudoratamente: Martine è una dipendente che ospitiamo, niente di più. In privato 34 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 35 la sposa e l’amante se la intendono. O quantomeno abbastanza da poter andare a letto con mio padre a ogni ora del giorno e della notte… Una sera le due donne si mettono in testa di andare a ballare e di spassarsela un po’, lasciando come al solito le ragazzine sole a casa. Ma Renaud, l’unico che decide a casa nostra, non ne vuole sapere. Lui preferirebbe starsene a casa con il suo harem. I toni salgono, le signore non si lasciano intimidire, finiscono per uscire, piantando in asso mio padre. È notte fonda, circa le quattro del mattino, quando le urla violente di mio padre mi svegliano. Mio padre aveva aspettato le sue donne buona parte della notte, fremendo di rabbia. Una bestia! Quando tornano, furioso, le rincorre per tutta casa. Io me ne sto rintanata sotto le coperte, aspettando che la tempesta finisca. Invano. Dopo le grida, le botte; e poi i botti. Alla fine mi riaddormento all’alba dopo una notte passata a tremare… L’indomani, a colazione, sorprendo le sopravvissute, mia madre e Martine, con in mano una sega di metallo, tutte prese a segare il fucile da caccia del caro papino. Mia madre, con il viso tumefatto, rimane a casa. Marie, preoccupata dei pettegolezzi della gente, preferisce tenere segreti i vari rischi della sua vita coniugale. Non mi ricordo se mio padre, durante l’episodio Martine, abbia tentato di toccarmi. Forse l’ha fatto, forse no. In ogni caso, quel periodo resta una parentesi incantata della mia vita. Purtroppo finisce presto. Mia madre, sottomessa ma non idiota, si stanca presto del marito sadico, violento e bigamo. Nel giro di pochi mesi, quindi, fa stabilire una constatazione di adulterio, e durante un picnic al fiume Odet, Martine mi annuncia la sua partenza. «Quando sarai più grande, capirai», mi dice. Quel giorno ho pianto tutte le lacrime che avevo. Volevo bene a Martine, e poi senza di lei mi sarei di nuovo ritrovata sola con i miei genitori… E alla mercé di mio padre. O almeno così pensavo, perché invece alla fine è andato a vivere con Martine, abbandonando moglie, bambine e negozio, che al tempo 35 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 36 vantava ottocentomila franchi di debiti. Una mattina, mia madre fa lo stesso, sicuramente in fuga dai creditori e dall’umiliazione pubblica del tradimento e dell’abbandono. Sono in quarta elementare. Mia madre mi viene a prendere in macchina, con le valige nel cofano. Così, in un minuto, perdo casa, scuola e amici. È a Brest che ci sistemiamo: mia madre in un quartiere tranquillo, mio padre e Martine accanto al porto. Gestiscono un bar, il quartier generale degli scaricatori di porto. L’ambiente è perfetto per mio padre, che qui può soddisfare la sua sete di risse. Con l’aiuto della birra tutte le serate finiscono in sbevazzate con botte e ferite, o addirittura peggio, probabilmente. In una serata particolarmente animata, mio padre spara un colpo di lacrimogeno in mezzo agli occhi di un cliente. Non so se il tipo è diventato cieco o se se l’è cavata. Una cosa è certa: mio padre non si è mai preoccupato per questo crimine. La notte stessa se l’è svignata a Parigi e ci si è trasferito. Ciao ciao Brest, Martine e il bar degli scaricatori… Dopo questo episodio rocambolesco, i miei finiscono per riappacificarsi, e il mio incubo ricomincia. Io che avevo provato un immenso sollievo all’idea che i miei non si sarebbero più ritrovati nella stessa stanza a insultarsi e a tirarsi addosso i piatti, casco dalle nuvole alla notizia del loro ricongiungimento. Peggio: mio padre non è cambiato per niente. Autoritario e irascibile, continua pure a interessarsi da molto vicino alla sua figlia prediletta: io. Quando gira intorno alla mia personcina, mi metto in modalità silenziosa, e cerco di farmi invisibile. Provo a non farlo arrabbiare né incuriosire. Non funziona tanto. Devo avere nove anni, e siamo in vacanza sulla costa spagnola. Fa caldo, e sono in spiaggia con lui. Lo vedo che cerca di appiccicarsi a me, vorrà toccarmi. Ma che mi lasci in pace! Allora mi butto tra le onde per evitarlo, ma lui mi segue, mi prende in giro, cerca di farmi tornare da lui. Nuoto più veloce che posso, senza fiato ma determinata, con mio padre alle calcagna. Non si calmerà mai, quindi? Un’ira fortissima, scono36 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 37 sciuta, mi monta dentro. Perché mi infastidisce così tanto? L’ho forse meritato? Non ne posso più delle sue carezze continue! Nuoterò chilometri, annegherò se serve, ma questa volta non mi toccherà. Anche se muoio di paura, le dighe che egli aveva pazientemente costruito hanno ceduto, e dentro di me l’odio emerge facilmente: «Se continui, racconto tutto a mamma». Ecco cosa gli urlo, rossa di rabbia, nuotando dritta verso il largo. Anche se questo gli fa male, anche se questo uccide la nostra famiglia, come mi ha promesso, io sono pronta a spifferare tutto. Sono pronta a qualsiasi cosa, piuttosto che vederlo ricominciare. A ripensarci, quel giorno devo averlo spaventato a morte; quelle parole mi hanno offerto una tregua inattesa. Mio padre si è visto, in un batter d’occhio, respinto dalla moglie e con le manette ai polsi? Probabilmente. Mi ricordo ancora la sua faccia confusa e la rapidità con cui ha fatto marcia indietro per nuotare fino alla spiaggia. Grazie a questa rabbia venuta non si sa da dove mi ha lasciato in pace, almeno per un po’. Il ricordo delle sue carezze viziose si è nascosto in qualche angolo recondito della mia memoria, l’amore che provavo per il mio papà ha avuto la meglio e io mi sono affrettata a dimenticare tutto. Sucy-en-Brie, Alfortville… Cambio città, appartamento e scuola, a seconda dei traslochi dei miei genitori. La nostra situazione economica non è proprio rose e fiori, e tutta la famiglia si trova presto stipata in un miniappartamento. I rapporti tra i miei genitori non tardano a deteriorarsi. Un bel giorno, li sorprendo in cucina a massacrarsi. Piovono botte, mia madre afferra un coltello… Mio padre sbatte la porta, è saltato tutto. Alla fine papà e mamma si separano; definitivamente, questa volta. Mentre mio padre si trasferisce a Fontenay-sous-Bois, mia sorella, mia madre e io traslochiamo a Maisons-Alfort. E la mia vita diventa un vero inferno. 37 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 38 Mia madre di giorno lavora in un negozio di elettrodomestici. E la sera se ne va spesso da qualche parte, probabilmente a incontrare il fidanzatino di turno. Di conseguenza, ho mia sorella in braccio dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina. Adoro Camille, sì, i suoi sorrisi mi incantano, le sue faccette mi fanno ridere, ma che peso sulle spalle! La vado a prendere a scuola, le faccio fare i compiti, la lavo, le do da mangiare, faccio la spesa. Alcune sere, mia madre mi lascia cinquanta franchi sul tavolo della cucina e un piccolo appunto: «Per mangiare. Torno dopodomani». Queste parole mi fanno sprofondare nello sconforto. Mia madre mi manca, non ne posso più di giocare a fare la donna delle pulizie e la babysitter. Dopo un po’ sono stufa della mia sorellina. E poi gioco a fare la mamma senza avere mai avuto un modello affidabile. Allora la mia Camille ne paga lo scotto. A volte mi innervosisce così tanto che le allungo dei gran ceffoni. Bisogna dire che anche io non me la passo bene: la solitudine mi pesa. Non mi attrae più niente, poche amiche nella nuova scuola, nessun adulto a vegliare su di me, e a nove anni questo incesto che nascondo ha già cominciato a logorarmi. Capisco nettamente che non sono più come prima, che piano piano sto diventando una piccola donna. Il mio corpo mi fa schifo. Troppo grosso, troppo alto, troppo tutto. Allora dopo scuola, lascio mia sorella di tre anni sola a casa e vado a fare il giro dell’isolato correndo a perdifiato, per buttare giù qualche chilo. Mentre lei cena io mi accontento di una banana o di una mela. È il mio debutto nella cerchia degli anoressici. A mio padre, invece, va piuttosto bene. S’è rifatto la vita con una certa Monique, e vive con lei e suoi due figli a Fontenay-sous-Bois. Ha diritto di venire a trovarci, e quindi lo vedo di tanto in tanto. Ancora oggi mi stupisco nel constatare la capacità che avevo di occultare i capitoli più neri di quella nostra storia. A nove o dieci anni, ho fatto zapping sulle sue carezze schifose. So ormai che questo gioco di prestigio ha un nome: rimozione. L’incesto è l’incubo, l’indicibile, 38 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 39 l’impossibile che diviene realtà. È papino caro che vi violenta una sera, e vi coccola il giorno dopo. Suicidarsi o dimenticare: il bambino massacrato non ha alternative. Io ficco l’incesto sotto il tappeto e poi si vedrà! Il mio corpo si spezza, il mio umore cede, ma sopravvivo comunque grazie alla rimozione del crimine che ho subito. Tra me e l’orrore ho alzato un muro. Questo buco nero mi protegge: l’ombra è sempre là, ma la tengo a distanza. Anche se mio padre mi fa sempre paura, trovo la sua nuova casa meno sgradevole della mia. Nel suo appartamento c’è vita, giocattoli, compagni con cui a poco a poco faccio amicizia: Romain e Jérôme, i figli di Monique. Sono un po’ più grandi di me, e noi tre insieme ci lanciamo in lunghe partite a carte, facciamo i compiti fianco a fianco. La vita a casa di mio padre ricorda quella di una vera famiglia. Non come da mia madre, dove sono la domestica tuttofare. A Monique confido la mia solitudine, e il peso che mia sorella rappresenta per me. Immagino che sia colpita dalla ragazzina allo sbando che sono, dato che finisce per proporre a mio padre di accogliermi a casa con loro. Lui accetta, chiaramente. La sua cocchina adorata ai suoi piedi, diventerà il patriarca di una famiglia ricomposta, o di ben altro probabilmente. Questa nuova tana, l’appartamento di mio padre e della sua compagna, mi fa gola. Credo che mi ci troverò bene in questa piccola tribù. Ma mia madre non ne vuole sapere. Ha per me altri progetti: dato che non ne posso più di essere sola con mia sorella, mi propone un’alternativa: «Un anno in collegio, Isabelle, penso ti farà bene, avrai delle amiche, degli adulti che ti seguiranno…». Neanche a parlarne. Voglio che ci si prenda cura di me, voglio una vera famiglia, io, non che mi si ficchi in prigione. M’immagino già catapultata in una nuova scuola, con bidelli ovunque che controllano ogni mio passo, senza le mie compagne di classe… Un incubo. Il giorno in cui mamma viene a cercarmi per portarmi al convitto, scappo e trovo rifugio al commissariato. Mia madre mi raggiunge, e il giudice chiamato dai 39 NNN La prima volta avevo sei anni_OK:Layout 1 01/09/09 15:07 Pagina 40 poliziotti conferma che è lei a decidere della mia vita. Direzione collegio, quindi. Arrivata al cancello dell’istituto, approfitto del fatto che mia madre è di schiena e me la do a gambe. Mi recuperano a forza prima che io svanisca nel nulla. Alla fine, davanti alla mia testardaggine, mia madre e il giudice cedono: viene aperta un’inchiesta sociale e mio padre ottiene l’affidamento. Ho appena iniziato le medie, e faccio le valigie per trasferirmi da lui e dalla sua nuova compagna. Senza rendermene minimamente conto, mi getto di nuovo nelle fauci del lupo. 40