Università degli Studi di Perugia Facoltà di Ingegneria Corso di Impatto Ambientale Modulo A: Pianificazione Energetica Ing. Giorgio Baldinelli a.a. 2012-13 “Cambiamenti climatici, Protocollo di Kyoto Burden Sharing” Lo scenario dell’IPCC Lo scenario individuato dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel terzo Rapporto sul cambiamento climatico (2001) indica: • un aumento medio della temperatura globale di 0,6°C nel ventesimo secolo • una diminuzione dell’estensione di nevai e ghiacciai • un aumento medio del livello globale del mare compreso tra 10 e 20 cm 2 La conclusione dell’IPCC “There is new and stronger evidence that most of the warming observed over the last 50 years is attributable to human activities” 3 La posizione dell’US National Academy La posizione dell’IPCC è stata messa in discussione da una parte della comunità scientifica; la US National Academy of Science sottolinea, per esempio, come: • non bisogna sottovalutare la variabilità naturale del clima; • non tutti i gas serra sono in aumento; • le irregolarità nell’andamento delle temperature non sono state sufficientemente spiegate. 4 Il dibattito scientifico sul cambiamento climatico Le principali incertezze della comunità scientifica riguardano: • entità della variabilità naturale dei sistemi climatici; • capacità previsiva e l’accuratezza dei modelli climatici; • affidabilità dei dati utilizzati nei modelli e nelle previsioni. 5 Il Protocollo di Kyoto Gli elementi chiave del Protocollo di Kyoto, sottoscritto da 121 Paesi nel dicembre 1997, sono: • la definizione degli obiettivi di riduzione delle emissioni; • la previsione di una scadenza temporale per la verifica del raggiungimento degli obiettivi; • il ricorso a strumenti di mercato per garantire il raggiungimento degli obiettivi. 6 Gas considerati • • • • • • biossido di carbonio, CO2 metano, CH4 protossido di azoto, N2O idrofluorocarburi, HFC perfluorocarburi, PFC esafluoruro di zolfo, SF6 7 Il Protocollo di Kyoto mld di t di CO2 eq. - 5% L’ACCORDO DI BURDEN SHARING EUROPEO Per la ripartizione fra gli Stati membri della quota di riduzione assegata all’UE (-8%) 22,5 1990 21,4 2008 -2012 PT GR ES 27 IE SE FI FR 4 -6 -6,5 -7,5 -12,5 -13 -21 -28 27 25 15 27 13 0 NL IT BE GB AT DE DK LU I target di riduzione L’Unione Europea ha sottoscritto un target di riduzione complessivo dell’8% rispetto alle emissioni del 1990 e ha poi suddiviso l’onere della riduzione tra i paesi membri con un Accordo di Burden Sharing. La quota previste sono, in particolare : • -6,5% per l’Italia; • -21% per la Germania; • 0 per la Francia; • +15% per la Spagna. 9 Le prospettive di ratifica Affinché il Protocollo di Kyoto entrasse in vigore occorreva che venissero soddisfatte due condizioni: -la ratifica da parte di almeno 55 paesi firmatari della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici; -una quota di almeno il 55% emissioni di CO2 relativa ai paesi dell’allegato I (industrializzati e con economie in transizione). Lprima condizione risultava soddisfatta (il Protocollo e’ stato ratificato da 110 Paesi), ma la quota di emissioni di CO2 complessivamente raggiunta era di 43,9%. Importanza dell’adesione della Russia. 10 I meccanismi flessibili • Joint Implementation: consente a Paesi dell’All. I di raggiungere obiettivi di riduzione implementando progetti in altri Paesi dell’All. I • Clean Development Mechanism: consente a Paesi dell’All. I di raggiungere obiettivi di riduzione implementando progetti in Paesi non appartenenti all’All. I • Emissions Trading: scambio di quote di emissioni (oltre ai carbon sink: pozzi di assorbimento di carbonio) 11 Obiettivi dei meccanismi flessibili • facilitare il raggiungimento degli obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni di gas serra contenuti nel Protocollo di Kyoto • minimizzare i costi di conformità connessi all’applicazione del Protocollo di Kyoto il loro inserimento nel Protocollo di Kyoto era stato particolarmente sollecitato da USA, Giappone e Canada per tre motivi... 12 Potenzialità dei meccanismi flessibili 1) la realizzazione di progetti industriali (es.: fonti rinnovabili) in Pvs comporta costi inferiori rispetto a quelli realizzati in Paesi avanzati 2) il trasferimento di tecnologie avanzate può ridurre il rischio di dumping ambientale 3) JI e CDM possono costituire un potente fattore trainante di cooperazione economica e rafforzare il posizionamento competitivo di alcuni Paesi 13 Joint Implementation e Clean Development Mechanism JI e CDM sono caratterizzati dal principio secondo cui il Paese investitore attua un progetto che, generando crediti di emissione in un Paese diverso da quello di origine, contribuisce al soddisfacimento dell’obiettivo di riduzione nazionale Le emissioni di gas serra costituiscono un’esternalità globale e le riduzioni sono efficaci indipendentemente dal luogo in cui originano 14 Clean Development Mechanism Il CDM consente a Paesi dell’All. I di ottenere riduzioni di emissione attraverso l’implementazione di progetti in Paesi non appartenenti all’All. I. Un comitato esecutivo e enti operativi, da questo accreditati, controllano la rispondenza dei progetti ai requisiti previsti e certificano le riduzioni di emissione da essi generate 15 Carbon sink I carbon sink sono pozzi di assorbimento del carbonio e permettono alle Parti di conteggiare, ai fini della verifica del raggiungimento degli obiettivi di riduzione, la quota di carbonio “catturata” dall’atmosfera grazie alle attività di silvicoltura e di uso del suolo 16 Emissions Trading L’ET consiste nello scambio di permessi di emissione di gas serra in cui un’entità che emette gas serra in quantità inferiore a quella consentita dai permessi che detiene, può vendere l’eccedenza sul mercato ottenendone un profitto. 17 Strategia di intervento sul ciclo del carbonio • upstream: interviene sulla fase di produzione delle sostanze che generano emissioni • downstream: è basato sulle emissioni reali e interviene sulla fase di consumo di prodotti inquinanti • ibrido: combina l’intervento sui grandi emettitori con quello sui principali settori consumatori di combustibili 18 Fasi di attuazione • prima fase: gennaio 2005 - dicembre 2007 • seconda fase: gennaio 2008 - dicembre 2012 in seguito, a regime, è prevista la revisione del sistema ogni cinque anni 19 Settori interessati (all. I) • attività energetiche (combustione > 20 MW, raffinerie, cokerie) • produzione e trasformazione metalli ferrosi • industria dei prodotti minerali (es.: cementifici > 500 t/g, vetrerie > 20 t/g) • prodotti ceramici > 75 t/g • cartiere > 20 t/g numero di impianti stimato: 4-5.000 20 Ambiente: Kyoto, Italia in linea con gli obiettivi 2020 con un calo di emissioni del 6,4% L’Italia è in linea con gli obiettivi 2020 del protocollo di Kyoto, avendo registrato nel 2010 una riduzione di emissioni gas serra del 6-6,4 per cento rispetto al 1990. In particolare, si è passati da 516,9 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 del 1990 a 483,8 nello scenario minimo e a 485,8 in quello massimo del 2010. Secondo le stime, questi risultati sono stati ottenuti grazie - all'aumento dell'energia prodotta da fonti rinnovabili, - alla diminuzione del 2,7% - rispetto al 2009 - dei consumi di petrolio (diminuzione della benzina, leggera flessione del diesel e forte diminuzione negli usi elettrici), - all’aumento molto contenuto - rispetto ai minimi del 2009 - dei consumi di combustibili solidi e a un ricorso maggiore al gas. (VERO???? ATTESA DI FONTE UFFICIALE ISPRA) 21 Va ricordato che l’obiettivo assegnato all'Italia come media nel periodo 2008-2012, è di 485 Mt CO2 eq, cioè il -6,5% rispetto alle 519 Mt del 1990. Nel 2008 le emissioni climalteranti erano arrivate a 542 Mt, mentre una prima stima sui valori del 2011 indica emissioni per 486 Mt 22 PACCHETTO CLIMA-ENERGIA DIRETTIVA 2009/29/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 In cui i paesi industrializzati dovrebbero impegnarsi a ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra almeno del 30 % entro il 2020 e dal 60 all’80 % entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990.. DIRETTIVA 2009/30/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 in cui si prende atto che il 20 % circa delle emissioni di gas a effetto serra della Comunità è prodotto dalla combustione dei carburanti utilizzati nei trasporti su strada. Una possibile soluzione per diminuire tali emissioni è rappresentata dall’abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita dei combustibili. DIRETTIVA 2009/31/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio (CCS) quale una tecnologia ponte che contribuirà a mitigare i cambiamenti climatici. Il biossido di carbonio (CO2) è catturato dagli impianti industriali, trasportato in un sito di stoccaggio e successivamente iniettato in una formazione geologica sotterranea adatta per lo stoccaggio definitivo. Tale tecnologia non dovrebbe servire da incentivo per aumentare la quota di centrali a combustibili fossili. Il suo sviluppo non dovrebbe portare ad una riduzione degli sforzi volti a sostenere le politiche di risparmio energetico, le energie rinnovabili e altre tecnologie sicure e sostenibili a basse emissioni di carbonio, in termini sia di ricerca sia finanziari. DIRETTIVA 2009/28/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. Questa direttiva rappresenta la parte prettamente energetica del Pacchetto Clima-Energia ed impone obiettivi obbligatori per ogni Stato membro della Comunità Europea riguardo allo sviluppo dell’uso delle fonti rinnovabili.. La riduzione di emissioni serra nella Roadmap 2050 dell’UE rispetto allo scenario “politiche attuali” Fonte: Commissione Europea Roadmap 2050 Il contenimento dell’aumento della temperatura terrestre entro il 2 °C richiede politiche più ambiziose rispetto a quelle attuali, per arrivare a un abbassamento delle emissioni di almeno l’80% entro il 2050. Le attuali politiche non sono sufficienti a raggiungere una economia di tipo lowcarbon e possono portare solo al raggiungimento di circa metà dell’obiettivo finale. 25 PAN 2010 26 MW Installazioni di impianti a fonti rinnovabili in Italia: prima stima 2011 20000 18000 16000 14000 12000 10000 8000 6000 4000 2000 0 300% +0,4% 250% +267,4% 200% 150% +18,0% 100% +28,4% 0% Idroelettrico Fonte: GSE 50% 0% Eolico 2008 2009 Geotermia 2010 2011 Bioenergie Solare var.2010-2011 (%) Nel 2011 l’Italia è il quarto paese al mondo per investimenti nei settori verdi con 28 mld $ (+38,4%). Nel 2011 la potenza installata è arrivata 41,3 GW pari a una crescita di oltre il 36% rispetto al 2010. L’aumento maggiore appartiene alle “nuove” rinnovabili, soprattutto il fotovoltaico (+267%). Nel 2011 la produzione verde è arrivata a coprire quasi il 25% dei consumi elettrici nazionali (332 GWh, +0,6% rispetto al 2010). Il 55% della produzione di energia verde proviene dall’idroelettrico, ma l’incremento maggiore della produzione spetta al fotovoltaico che è arrivato nel 2011 a coprire oltre il 3% del fabbisogno elettrico nazionale, al pari dell’eolico e delle bioenergie. Distribuzione regionale della potenza installata su impianti a fonti rinnovabili in Italia (2010) UMBRIA 2,5% Tot. Italia 30,3 GW nel 2010 Fonte: GSE Produzione elettrica da fonti rinnovabili (2010) Italia Geotermica 7% Bioenergie 12% Solare 2% Eolica 12% Idraulica 66% Fonte: GSE Burden Sharing: quote di energia rinnovabile sui consumi finali (elettricità+calore) 20% 18% 16% 14,3% 14% 12,2% 12% 10% 8% 6% 10,6% 9,3% Italia 8,2% 5,3% 4% 2% 0% anno rif. 2012 2014 2016 2018 2020 Obiettivo (%) Anno iniziale di riferimento 2012 2014 2016 2018 2020 UMBRIA 6,2 8,7 9,5 10,6 11,9 13,7 ITALIA 5,3 8,2 9,3 10,6 12,2 14,3* Burden Sharing: incremento dei consumi da FER elettriche e termiche dal 2012 al 2020 (%) s Fonte: MiSE Italia +75% La Sardegna risulta la terza regione (+114%), dopo Sicilia (+131%) e Marche (+130%), a dover compiere lo sforzo maggiore per incrementare i propri consumi da fonti rinnovabili nei settori elettrico e termico entro fine decennio. 32 Costo degli strumenti di incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili Fonte: AEEG Il costo complessivo dell’incentivazione dell’energia elettrica verde è salito a 7 mld € nel 2011 e dovrebbe crescere fino a 9,5 mld € nel 2012 di cui 8,7 mld attraverso la componente A3 della bolletta elettrica. Il FV riguarda oltre la metà del costo totale (4 mld €) e già l’anno prossimo il costo totale dovrebbe arrivare, con tre anni d’anticipo, al limite stabilito dal quarto conto energia (6-7 mld € annui con 23 GW al 2016). Ad oggi la potenza cumulata fotovoltaica è di 13 GW. L’importanza di una normativa stabile per le rinnovabili Fonte: Progetto RE-Shaping L’Italia denota una tendenza a cambiare o modificare la normativa più frequentemente rispetto agli altri paesi europei e una maggiore frammentazione della stessa. Presenza delle imprese italiane lungo la filiera fotovoltaica e margine di guadagno medio (%) nel 2010 100% 90% 6% 6% 80% Note: margine guadagno = EBITDA Fonte: Energy & Strategy Group 2011 25% 43% 70% 70% 60% 38% 50% 40% Impresa italiana 88% Impresa estera-filiale italiana 30% 30% Impresa estera 20% 27% 10% 37% 27% 3% 0% Silicio e wafer Celle e moduli Inverter Distribuz. e install. Le imprese italiane tendono a concentrarsi nelle fasi finali (installazione) delle filiere dei settori delle rinnovabili, risultando poco presenti nella parte alta dove i margini di guadagno per le imprese sono maggiori. Questo ha comportato una elevata e crescente dipendenza tecnologica dell’Italia verso le imprese straniere, in particolare nel settore fotovoltaico.