L’infinito
Secondo autografo de
« L'infinito » ( Visso,
Archivio Comunale )
Leopardi
e il suo tempo
Leopardi e l'immaginario paesaggistico della poesia
contemporanea
•
Il più autorevole rappresentante della nuova coscienza fu Leopardi, il
teorizzatore del concetto della natura matrigna, ovvero dell'avvenuto e
irreversibile divorzio tra l'uomo e l'entità creatrice. La natura intesa
come ambiente circostante, non cessa di interessare il poeta, ma è
inesorabilmente messa in discussione la naturalità della vita umana, la
conseguenzialità tra i bisogni dell'uomo e la possibilità che essi siano
soddisfatti dalla natura. Egli rinnovò completamente il senso della
definizione bucolica di “idillio”: se, infatti, conserva lo sfondo
paesaggistico e gli elementi della natura, propri del genere idillico, non
li impiega in funzione descrittiva, ma li fonde agli altri aspetti della
propria ispirazione poetica. Ed è proprio al Leopardi, e al suo Infinito,
che affidiamo il compito di introdurre il discorso sulla rappresentazione
del paesaggio nella poesia contemporanea. Sembra, infatti, di poter
rilevare che la famosa "siepe" leopardiana, assuma un valore
emblematico informatore anche di esperienze poetiche molto più
recenti.
Manoscritto
L’infinito
Leopardi
e il suo tempo
Vita di Leopardi
Opere di Leopardi
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GIOVANNI PASCOLI, Nebbia, da I canti di
Castelvecchio
Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l'alba,
da' lampi notturni e da' crolli
d'aeree frane!
Nascondi le cose lontane,
nascondimi ch'è morto!
ch'io veda soltanto la siepe dell'orto,
le mura ch'ha piene le crepe
di valeriane.
Nascondi le cose lontane :
le cose son ebbre di pianto!
ch'io veda i due peschi, i due meli,
soltanto ,
che danno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.
Nascondi le cose lontane
che vogliono ch'ami e che vada!
ch'io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane...
Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch'io veda il cipresso
là, solo,
qui, solo quest'otto, cui presso
sonnecchia il mio cane.
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EUGENIO MONTALE,
da Ossi di Seppia
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
scricchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora si intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
L’infinito
Analisi del testo
Leopardi
e il suo tempo
Vita di Leopardi
Opere di Leopardi
Conclusioni
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non mi spaura. E come il vento
odo stormir fra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio;
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Realtà e Nulla
mondo della realtà
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura.
Il poeta è legato alla realtà contingente, che
rappresenta la sua esistenza quotidiana, ma immagin
una realtà diversa col pensiero, nel quale si allargano
a dismisura gli orizzonti tanto che il il cuore per poco
non resta impaurito di fornte all’infinito che si
spalanca davanti alla mente
mondo dell’ultrarealtà: il Nulla
E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare
Scambio tra le due realtà: il mondo reale diventa
lontano e quello ultrareale e immenso diventa vicino, e
in questa immensità la mente si può serenamente
perdersi ritrovando quel piacere e quella felicità negata
nel mondo reale ed esistenziale che si trova al di qua
della siepe.
In entrambi i mondi l’uomo è il centro di se stesso: potremmo parlare di solitudine, intendendo con questo il
semplice senso di esclusione di Leopardi dal mondo sociale vissuto insieme ad altri uomini; ma potremmo parlare
anche di fusione con un mondo divino in cui l’individuo si realizza indipendentemente dall’esistenza di un mondo
sociale: il "paesaggio" interminato ed eterno potrebbe rappresentare nell’immaginario poetico la divinità universale
che è madre benigna della immensità nella quale ogni elemento vivente naufraga in modo dolce.
ELEMENTI REALI
Gli unici elementi del reale sono il colle, la siepe e lo
stormire delle foglie (la voce del vento), ed è da questi
elementi che nasce la contemplazione dell'infinito che
porta agli infiniti silenzi e alla profondissima quiete; di
fronte all'immensità non esiste più limite e gli ostacoli
come la siepe sono superati dal pensiero. Come dalla
siepe nasce l'infinito dello spazio, così dalla voce del
tempo nasce quello del tempo, che lo spirito cerca di
raccogliere
Analisi del testo
•Creazione: Composto a Recanati forse nella primavera del 1820.
•Metro: endecasillabi sciolti.
•È un idillio che nasce "dalla rinuncia a pensare e a riflettere", che con poche immagini esprime da un lato la
solitudine mista a una infelicità ancora inconsapevole, e dall’altro il superamento della stessa attraverso un
lasciarsi andare alla contemplazione della natura e della sua bellezza.
•Dividiamo la poesia in quattro segmenti, facilmente individuabili attraverso gli elementi: 1) Sempre, 2) 3) E
come, 4) Così. Già attarverso la successione di queste quattro parole possiamo individuare la struttura
globale della poesia formata da un’idea di partenza (Sempre) che trova subito un’idea oppositiva (Ma),
seguita da una similitudine (E come) che conserva le sue opposizioni precedenti (Così).
CONCLUSIONI
Quanto c'entra il fallimento della fuga orchestrata nel 1819 e miseramente
fallita con il tema dell’Infinito? Sta di fatto che dal settembre 1819 Leopardi
esce sempre meno di casa e dirada sempre più le sue già scarse visite, mentre
la salute in generale non migliora; anzi, sul piano della vista e della
respirazione si verificano leggeri peggioramenti. In questo clima di
smarrimento e sotto il peso del fallimento della fuga da un mondo chiuso e per
lui portatore di morte verso un mondo aperto e portatore di vita nasce il
bisogno di chiudersi in se stesso per cercare e trovare quegli spazi nei quali
liberare lo spirito. È il senso dell'infinito contrapposto allo spazio materiale e
spirituale limitato e chiuso. E se questo senso dell'infinito non può essere
trovato fuggendo da Recanati, allora viene trovato richiudendosi in se stesso.
Vita di Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi nacque a Recanati il 29 giugno 1798, primogenito della più illustre casata del piccolo centro marchigiano. Il padre,
austero e politicamente reazionario, fu, insieme con i precettori ecclesiastici, il suo primo insegnante.Ma l'ingegno precocissimo del
giovane Giacomo e la sua estrema sensibilità, frustrati dalla freddezza parentale, lo indussero ben presto a riversare tutta la sua passione sui
libri della biblioteca paterna (sette anni di studio "matto e disperatissimo") e ne fecero un fenomenale autodidatta, esperto in lingue
classiche, ebraico, lingue moderne, storia, filosofia e filologia (nonché scienze naturali e astronomia).Divenne saggista e traduttore,
specialmente di classici. Del 1816 fu il suo passaggio 'dall'erudizione al bello', ossia dallo studio alla produzione poetica, e nello stesso
anno è da datare la sua missiva alla 'Biblioteca Italiana', con la quale il Leopardi difendeva le posizioni dei classicisti in risposta alla de
Stäel. L'anno dopo avviò una fitta corrispondenza con Pietro Giordani ed iniziò la stesura dello Zibaldone; sempre in questo periodo si
innamorò di Geltrude Cassi, alla quale dedicò la poesia Il primo amore.Il suo corpo, ormai minato dai molti anni di studio e di semivolontaria reclusione, aveva già cominciato a mostrare i segni di quella deformazione alla colonna vertebrale che farà così soffrire il poeta,
anche se la malattia, per il Leopardi, non rimase mai un motivo di lamento individuale ma si trasformò in uno straordinario mezzo di
conoscenza. Del '18 sono le canzoni All'Italia e Sopra il monumento di Dante, nonché lo scritto Discorso di un italiano intorno alla poesia
romantica.L'anno seguente, il 1819, segnò un periodo di profonda crisi per il poeta: esasperato dall'ambiente familiare e dalla chiusura,
soprattutto culturale, delle Marche, governate dal retrivo Stato Pontificio, il Leopardi tentò di fuggire da casa, ma il progetto venne
sventato dal padre. A questo stesso periodo appartengono la composizione degli idilli L'infinito, Alla luna ed altri e la sua conversione 'dal
bello al vero', con il conseguente intensificarsi delle sue elaborazioni filosofiche, tra cui la teoria del piacere.Nel 1822 il padre gli concesse
un soggiorno al di fuori di Recanati e fu così che il poeta poté andare a Roma, ospite di uno zio. La città si rivelò estremamente deludente
e, dopo aver invano tentato di trovarvi una sistemazione, il Leopardi nel 1823 fece ritorno nelle Marche, dove iniziò a comporre le
Operette morali. Proprio le Operette segnarono la piena formulazione del 'pessimismo storico', che vedeva nell'uomo e nella ragione le
vere cause dell'infelicità, e del 'pessimismo cosmico', che al contrario accusava la Natura di essere la fonte delle sventure umane, in quanto
instilla nelle persone un continuo desiderio di felicità destinato ad essere sistematicamente frustrato.Nel 1825 riuscì a lasciare Recanati
grazie all'avvio di una collaborazione con l'editore Stella che gli garantì una certa indipendenza economica: fu a Milano, Bologna (dove
conobbe il conte Carlo Pepoli e pubblicò un'edizione di Versi), Firenze (dove incontrò il Manzoni e scrisse altre due operette morali) e Pisa
(dove compose Il Risorgimento e A Silvia). Costretto a tornare a Recanati nel 1828, proseguì nella produzione lirica che aveva iniziata a
Pisa con l'approfondimento delle tematiche della 'natura matrigna' e della caduta delle illusioni.Nel '30 uno stipendio mensile messogli a
disposizione da alcuni amici gli permise di lasciare nuovamente Recanati e di stabilirsi a Firenze. Qui s'innamorò di Fanny Targioni
Tozzetti (la delusione scaturita dall'amore per lei gli ispirerà il ciclo di Aspasia) e strinse amicizia col Ranieri. Del '36 sono La Ginestra, Il
tramonto della luna e probabilmente I nuovi credenti.Morì a Napoli il 14 giugno del 1837.
L’Infinito
Opere di Leopardi
Conclusioni
Opere di Leopardi
•Epistolario (1810 - 37)
•Storia dell’astronomia (1813)
•Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815)
•Saggio di traduzione dell’Odissea (1816)
•Traduzione del libro secondo della Eneide (1817)
•Zibaldone (1817 - 32)
•Operette morali (1827, prima ed.)
•Paralipòmeni della Batracomiomachia (dal 1830)
•Canti (1831, ed. Piatti, Firenze; molte poesie erano già state
pubblicate anteriormente a partire del 1818)
•Operette morali (1834, seconda ed.; 1835, terza ed.)
•Canti (1835, ed. Starita, Napoli; edizione accresciuta)
•Canti (ed. postuma curata da Antonio Ranieri a Firenze 1845)
•Pensieri (postumi, 1845)
L’Infinito
Vita di Leopardi
Conclusioni
Composizione poetica multimediale a cura di:
Alberta Achilli (parte grafica)
Silvia Dallavalle (reperimento e inserimento testi)
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A spasso tra le parole