Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata Capitolo 10 Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata a cura di Guido Novello Loris Zamuner 189 Implantologia Pratica Progettazione e configurazione delle strutture protesiche Ci sono alcuni aspetti di ordine biodinamico oltre che tecnico da tenere presente nella progettazione di una protesi su impianti e queste sono (fig. 1): 1) Il ripristino della dimensione verticale, dove la protesi implantare deve sostituire non solo le dimensioni dell’elemento dentale, ma anche dell’osso alveolare perso, richiedendo quindi strutture metalliche di adeguato volume con relativi problemi di funzione e di peso a seconda delle leghe impiegate. Questo crea spesso una sproporzione notevole tra la profondità dell’inserzione implantare e il piano occlusale. 2) L’analisi biodinamica dei carichi, richiede una rigidità assoluta della struttura per distribuire i carichi tra gli impianti, secondo previsioni matematiche. 3) La calzata della struttura dovrà essere assolutamente passiva per non creare frizioni che si trasmetterebbero in forze torcenti (letali all’insieme). Quindi le caratteristiche da rispettare in una protesi su impianti rispecchiano due aspetti fondamentali (fig. 2): 1) Distribuzione del carico 2) Riduzione dei momenti torcenti La distribuzione del carico si basa sulla trasmissione delle forze alle strutture portanti e sulla geometria della loro conformazione spaziale. Un aspetto pratico di questo principio è la “ legge dei travi “ dove agendo sulla dimensione verticale (altezza) si ottiene un incremento propor- ripristino della dimensione verticale distribuzione del carico (geometria della configurazione) rigidità assoluta della struttura riduzione dei momenti torcenti (forme e spessori diversi) passivazione della struttura Fig. 1 Aspetti essenziali della protesi su impianti. Fig. 2 Caratteristiche della protesi su impianti. monconi di guarigione adatti a condizionare la guarigione dei tessuti molli 1)Posizionamento dell’impianto (emergenza e carichi assiali 5 mm Incisivi laterali superiori e incisivi inferiori 2)Angolazione dell’impianto (oltre i 15° moncone angolato) 6 mm Premolari e canini 3)Spazio interocclusale (almeno 2,8 mm) 4)Profondità del solco gengivale (ideale 1-2 mm) 7 mm Incisivi centrali superiori e molari Fig. 3 Diametri di emergenza consigliati per il condizionamento mucoso. Fig. 4 Criteri che regolano la scelta del moncone. 190 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata zionale della rigidità, maggiore rispetto ad incrementi in senso orizzontale o altre dimensioni. Diversi autori si sono cimentati proponendo diverse forme e spessori delle travate e ipotizzando le lunghezze massime delle estensioni, proponibili in protesi totali fisse. La riduzione dei momenti torcenti si ottiene con la passivazione della protesi mediante tecniche diverse. distanza tra l’impianto e la dentatura antagonista in massima intercuspidazione (servono almeno 2,8 mm con i monconi in commercio) 4) Il quarto è l’altezza del tessuto o profondità del solco che è la distanza dall’impianto al margine gengivale (ideale 1-2 mm). Categorie di monconi Ci sono 2 categorie di monconi (fig. 5): 1) un sistema a 2 piani nel quale il moncone fa parte della protesi che viene messa direttamente sull’impianto 2) un sistema a 3 piani dove viene messo un moncone sull’impianto e la protesi sul moncone. Questo sistema serve per fare in modo che la protesi non entri mai a contatto con l’impianto (elettrogalvanismo per materiali diversi) e perché la parte più debole, che agirà da meccanismo protettivo in caso di carichi eccessivi, sia la vite di ritenzione del moncone (in oro). In questa categoria rientrano sia le protesi avvitate che le protesi cementate. Al primo sistema di protesi avvitate direttamente sugli impianti appartengono i così detti monconi “Calcinabili” che possono essere interamente in materiale plastico (meno precisi per possibili difetti di fusione) o in oro (da sovrafusione). Questo tipo di moncone permette di sviluppare un profilo di emergenza che inizia a livello dell’impianto. Ma se il solco è più profondo di 3 mm ci sono interferenze con i tessuti molli ed è preferibile adottare altri tipi di moncone. Tra i monconi per protesi avvitata ci sono quelli cilindrici, conici preangolati da 10° a 30° con diverse altezze del collo transmucoso da 2 fino a 10 mm. Questi monconi hanno solitamente l’esagono antirotazionale e c’è la possibilità per il tecnico di modificare sul modello la spalla di chiusura in funzione delle necessità. Criteri di scelta dei monconi L’obbiettivo è quello di trovare un approccio organizzato alla scelta del moncone implantare. Sebbene la scelta dei monconi avvenga solitamente alla fase 3 (scelta e collegamento del moncone), questa sarebbe da programmare e prendere in considerazione alla fase 1 (inserimento dell’impianto). Coordinando il trattamento chirurgico-protesico alla fase 2 (quando si scopre l’impianto) si dovranno adottare monconi di guarigione adatti a condizionare la guarigione dei tessuti molli (fig. 3), con l’intento di eguagliare i contorni e le dimensioni dei denti naturali che vengono sostituiti. I monconi di guarigione corrispondono ciascuno ai denti sostituiti: il diametro 4 mm si usa per gli incisivi laterali superiori e per gli incisivi inferiori, il diametro 6 mm per i premolari e canini e il diametro 7.5 mm per gli incisivi centrali superiori e i molari. Quattro sono i criteri da prendere in considerazione quando si sceglie un moncone (fig. 4): 1) Il primo è la posizione dell’impianto in relazione alla protesi ed ai denti adiacenti (vedi errori di posizione), con problemi per contorni biologici scorretti e carico non assiale dell’impianto 2) Il secondo criterio è l’angolazione dell’impianto in relazione ai denti adiacenti o ad altri impianti (oltre i 15° si richiede un moncone angolato) 3) Il terzo è lo spazio interocclusale che corrisponde alla monconi prefabbricati sistema a 2 piani Inclinazione prestabilita Il moncone fa parte della protesi che viene messa direttamente sull’impianto Emergenza prestabilita Maggiore precisione di accoppiamento sistema a 3 piani Monometallismo Impronta diretta Viene messo un moncone sull’impianto e la protesi sul moncone (cementata o avvitata) Più economico Fig. 5 Tipologie di monconi. Fig. 6 Caratteristiche dei monconi preformati. 191 Implantologia Pratica portante avere a disposizione delle impronte ben definite, anche se rilevate con un semplice alginato10,7. Se per la costruzione della protesi viene impiegata la tecnica “diretta”, per la realizzazione del modello di studio l’impronta verrà rilevata direttamente sui monconi implantari. Se invece si impiega la tecnica “indiretta”, l’impronta per il modello di studio verrà rilevata sulle viti di guarigione. Comunque, se si desidera ottenere il modello di studio più simile all’impronta finale, non è consigliabile rilevarla sulle viti di guarigione, ma sui coping posizionati sugli impianti. Questo consentirà di ottenere un modello di studio con la reale posizione ed inclinazione dei coping, permettendo così di costruire un porta-impronta individuale che possa essere inserito agevolmente nella cavità orale. Questo passaggio è utile per centrare e ridurre l’ampiezza delle fenestrature, permettendo così la corretta fuoriuscita dei coping dalle fenestrature stesse, evitando la necessità di sostanziali correzioni della forma del porta-impronta10. Disporre di un modello di studio che riproduca i coping nella loro corretta posizione è di fondamentale importanza, soprattutto nei casi dove siano interessati denti naturali ed impianti intercalati tra loro, e sia necessario rilevare un unica impronta che comprenda gli impianti e i denti naturali preparati (fig. 8). monconi individuali Inclinazione libera Emergenza individuale Accoppiamento con discrepanze (calcinabile intero) Accoppiamento preciso con bimetallismo (calcinabile con base in oro) Più costoso Fig. 7 Caratteristiche dei monconi individuali. Tra i monconi con protesi cementata ce ne sono di varie altezze del collo, diverse lunghezze e diametri spesso con viti di serraggio torsiometriche che si deformano leggermente nella conicità garantendo la ritenzione del moncone. Ci sono anche angolati. Questi sono attualmente i più usati nei casi semplici perché (fig. 6): 1) garantiscono una precisione di chiusura fino ai 2 µm 2) permettono il rilievo diretto dell’impronta riducendo quindi il rischio di imperfezioni nei trasferimenti di impronta. 3) Si possono modificare nei profili di chiusura sia in bocca (con frese abbondantemente irrigate) che in laboratorio. Nei casi più complessi si adotta un moncone individuale personalizzato su misura. Questi consistono in una base esagonale in oro o titanio e una parte calcinabile da cerare in laboratorio in funzione delle necessità di emergenza o di angolazione. Questi monconi vengono avvitati sull’impianto con una vite deformabile e la protesi cementata a questi. Indubbiamente con questi, si ottengono i migliori risultati estetici e di precisione. Di contro sono più costosi e richiedono il loro trasferimento ad ogni prova (fig. 7). Sviluppo del modello di studio La costruzione di un modello di studio non necessita di particolari attenzioni rispetto a quella di un modello convenzionale; è comunque importante che il modello venga realizzato con un gesso idoneo (tipo III o IV), compatibile con il materiale da impronta utilizzato. Se l’impronta è stata rilevata con i coping per impronta posizionati sugli impianti, i coping possono essere ripoFig. 8 Posizionamento di perni in cera sul modello in gesso per simulare la posizione dei coping. LE IMPRONTE Generalità La realizzazione di un’impronta per la costruzione di una protesi su impianti solitamente richiede l’impiego di un porta-impronta individuale. Per costruire tale porta-impronta è necessario disporre di un modello preliminare, detto modello di studio o diagnostico. I modelli di studio costituiscono il primo approccio per il laboratorio, dopo le fasi chirurgiche, e forniscono una prima immagine della posizione degli impianti. Questi modelli sono indispensabili per poter costruire dei porta-impronta individuali soddisfacenti. Per realizzare tali modelli è comunque im- 192 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata sizionati con cura ed attenzione nell’impronta stessa. Si possono quindi fissare in essi gli analoghi da laboratorio nella maniera convenzionale, facendo attenzione a non modificare la loro posizione. L’impronta può anche essere sviluppata senza inserire i coping, ottenendo così un modello completamente in gesso. individuale che con quello standard si ha la possibilità di utilizzare dei componenti detti precoping, che non sono altro che dei coping con dimensioni maggiori. L’impiego dei precoping è importante per i due motivi seguenti. a) Il precoping, che come è stato detto ha una dimensione maggiore rispetto al coping finale, viene impiegato durante l’esecuzione della prima impronta con il putty e, grazie alla sua forma sovradimensionata, creerà uno spazio maggiore ed omogeneo nella prima impronta, permettendo così l’esecuzione della seconda con l’elastomero a bassa consistenza (wash) senza alcuna difficoltà di inserimento. Risulterà quindi presente uno spazio omogeneo attorno al coping, che ridurrà notevolmente l’imprecisione e aumenterà la stabilità del coping stesso durante l’esecuzione della seconda impronta, evitando fenomeni di compressione del putty. b) L’impiego del precoping elimina la necessità di scaricare la prima impronta per creare lo spazio per l’elastomero a bassa consistenza, consentendo in questo modo un risparmio di tempo (fig. 10, 11, 12). Se l’impronta per il modello di studio è stata rilevata impiegando i coping, il modello stesso riprodurrà più fedelmente l’arcata dentaria. Ciò è di notevole importanza, come già ribadito, per poter costruire un porta-impronta con le fenestrature calibrate per le viti passanti e per non creare delle aperture che aumentino l’instabilità dei coping stessi. Le fenestrature calibrate forniscono infatti la possibilità di fissare i coping al porta-impronta con della resina, senza doverne impiegare una quantità eccessiva, riducendo così le probabilità di spostamenti dovuti ai cambiamenti volumetrici che accompagnano la polimerizzazione delle resine. Se l’impronta per il modello di studio è stata rilevata senza l’impiego dei coping, ma con le viti di guarigione in Realizzazione del porta-impronta individuale Porta-impronta per la metodica diretta. Il modello di studio viene rivestito con della cera calibrata per creare uno spazio omogeneo sulla superficie interessata, che successivamente verrà riempito dal materiale da impronta. Per un corretto e ripetibile inserimento del porta-impronta, ed una sua stabilità durante l’indurimento del materiale, è necessario costruire degli appoggi occlusovestibolari sui denti naturali. Se non sono presenti denti naturali in numero e posizione adeguati, è necessario costruire degli appoggi mucosi che diano ugualmente stabilità al porta-impronta, al fine di evitare piccoli movimenti che potrebbero alterarla7,12,13. Porta-impronta per la metodica indiretta. Nella metodica indiretta si ha la possibilità di utilizzare dei coping rimovibili da riposizionare nell’impronta o dei coping che rimangono inglobati. Se si utilizzano i coping rimovibili o da riposizionare, è necessario disporre di un portaimpronta senza fori, che permetterà il riposizionamento dei coping nella stessa dopo che è stata rimossa dalla cavità orale. Se si utilizzano i coping inglobati nell’impronta, è necessario preparare un porta-impronta fenestrato, che permetta la fuoriuscita della vite di fissaggio dei coping (fig. 9). Quando viene utilizzata la tecnica della doppia impronta con un elastomero a consistenza molto alta (putty) ed uno a consistenza bassa (wash), sia con il porta-impronta Fig. 9 Porta-impronta individuale per la metodica indiretta con fori calibrati per la fuoriuscita delle viti di fissaggio dei coping. Fig. 10 Precoping da impronta. 193 Implantologia Pratica posizione, si dovrebbero realizzare con della cera dei finti coping sul modello, che simulino la posizione, l’inclinazione e lunghezza dei coping. Ciò dovrebbe essere fatto per consentire l’inserimento del porta-impronta nella cavità orale senza doverlo modificare eccessivamente, il che in alcuni casi potrebbe comportare la necessità di rifare il porta-impronta. Prima di eseguire l’impronta finale, sarebbe inoltre opportuno eseguire un’impronta di prova per valutare il corretto inserimento del porta-impronta. lizzare anche dei dischi termoplastici. Il modello viene isolato con dell’isolante da gesso e rivestito con della cera calibrata di circa 3-5 mm di spessore, lasciando degli spazi liberi per creare degli appositi appoggi. La resina viene sagomata sul modello, cercando di impartirle la forma più simile possibile al porta-impronta finale, onde ridurre al minimo la rifinitura del porta-impronta stesso. Ciò è più facilmente realizzabile con le resine fotopolimerizzabili, che presentano tempi di lavorazione molto lunghi12,13 (fig. 13, 14). È molto importante che il porta-impronta abbia un’elevata rigidità, in modo da non deformarsi durante il suo impiego. Per quanto concerne le impronte per protesi fisse, il manico del porta-impronta dovrebbe poter essere impugnato agevolmente e il porta-impronta stesso dovrebbe presentare dei supporti laterali che ne consentano una disinserzione agevole e corretta dalla cavità orale. È opportuno ricordare che il manico e supporti laterali non devono assolutamente interferire con i tessuti molli, in particolare quando si deve rilevare un’impronta per una protesi rimovibile. Inoltre essi non devono interferire con lo strumentario necessario per la disinserzione delle viti di fissaggio o di altri dispositivi; pertanto la loro posizione deve essere accuratamente valutata durante la costruzione del porta-impronta. Si ribadisce comunque l’opportunità di provare il porta-impronta prima della presa dell’impronta finale. La fase finale nella costruzione del porta-impronta consiste nella sua rifinitura, che ha principalmente lo scopo di eliminare i bordi affilati e le asperità superficiali. Durante la costruzione del porta-impronta è necessario rispettare i tempi previsti per la corretta polimerizzazione della resina impiegata, in modo che il portaimpronta stesso risulti quanto più stabile possibile. Materiali e metodi I materiali utilizzati per la costruzione del porta-impronta sono fondamentalmente resine autopolimerizzabili e fotopolimerizzabili. Si possono comunque uti- Fig. 11 Coping d’impronta. Fig. 12 Spazio uniforme creato dal precoping d’impronta. 194 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata Il portaimpronta dovrebbe essere consegnato in tempi tali da permettere la prova generale prima della presa dell’impronta finale, e per permettere una sua adeguata disinfezione prima dell’utilizzo. plicare quindi sugli impianti i corrispondenti coping per impronta, che verranno scelti in base al diametro ed al tipo di impianti presenti. Oltre ai coping standard, è importante avere a disposizione anche dei coping con una altezza ridotta per agevolarne la disinserzione nei settori della cavità orale con ridotto spazio a disposizione. Una volta posizionati, è opportuno controllare che ci sia un combaciamento ottimale tra coping e impianti; questo è il primo controllo che deve essere eseguito per garantire una buona precisione dell’impronta. Quando questo controllo non è possibile visivamente (localizzazione sottogengivale della connessione tra coping e impianto) è necessario effettuare una radiografia di controllo, che visualizzi l’ottimale connessione delle componenti tra loro. Esecuzione dell’impronta Tecnica diretta. L’impronta viene rilevata direttamente sui monconi fissati sugli impianti, previa modifica o meno dei monconi stessi nella cavità orale del paziente. In questo caso l’esecuzione dell’impronta è analoga a quella relativa alla realizzazione delle normali protesi fisse su denti naturali. Tecnica indiretta. La prima fase consiste nel rimuovere le viti di guarigione o eventuali monconi provvisori, e ap- Fig. 13 Visione interna di un porta-impronta, in resina autopolimerizzante con i fori calibrati, bordo di ritenzione ed appoggi stabilizzanti. Fig. 14 Visione esterna di un porta-impronta in resina fotopolimerizzabile con chiusura in cera dei fori e presenza di ancoraggi laterali per la disinserzione dal cavo orale. Dopo aver avvitato tutti i coping, per avere un’ulteriore garanzia di stabilità durante le fasi di disinserzione dell’impronta e del suo successivo sviluppo, è consigliabile fissare i coping tra loro con della resina o con del gesso da impronta. In alcuni casi è opportuno eseguire un ulteriore fissaggio dei coping al porta-impronta, fissando con della resina le parti dei coping che fuoriescono dai fori del porta-impronta; questo ulteriore fissaggio garantirà una posizione stabile dei coping all’interno del porta-impronta stesso8,2 (fig. 15, 16, 17). Si precisa che tutti questi fissaggi stabilizzano rigidamente i coping tra loro, ma in mancanza di parallelismo, specialmente in presenza di riabilitazioni molto estese, non permettono il facile disinserimento dei coping dagli impianti e quindi la disinserzione dell’impronta dalla cavità orale. Per evitare tale eventualità è consigliabile provare il disinserimento dei coping fissati tra loro prima della presa dell’impronta. Se sarà possibile eseguire disinserzione senza sforzi o movimenti che possano alterare la posizione dei coping, si proseguirà con la presa dell’im- Fig. 15 Controllo del corretto inserimento del porta-impronta nella cavità orale. 195 Implantologia Pratica pronta. In caso contrario, sarà necessario sezionare le parti fissate tra loro che, a causa di inclinazioni diverse, non permettono la disinserzione in un unico blocco. Questa prova consente inoltre di valutare se a seguito di un secondo inserimento dei coping non sono presenti basculamenti o imprecisioni nell’accoppiamento con gli impianti: per tale valutazione è consigliabile effettuare la cosiddetta “prova di Scheffild”. Questa verifica fornirà anche una indicazione preliminare sul tipo di progetto protesico e sulle componenti da utilizzare (strutture dirette o sottostrutture)10. Se si desidera accertarsi che la posizione dei coping è corretta, dopo aver rilevato l’impronta si può eseguire un’ulteriore valutazione inserendo sugli impianti un’altra serie di coping, fissandoli tra loro con della resina o con gesso da impronta, e togliendoli quindi dalla cavità orale senza inglobarli in una impronta (fig. 18, 19). Viene quindi costruito un modello di posizione degli impianti senza alcun riferimento dell’anatomia dei tessuti molli. Questo modello di posizione consentirà di verificare la posizione degli impianti. Dopo aver sviluppato l’impronta ed aver costruito il modello di posizione, se vi sarà una soddisfacente corrispondenza delle posizioni degli impianti tra i due modelli, si sarà sicuri che la posizione degli impianti nel modello di lavoro corrisponde a quella nella bocca del paziente. Se non esiste tale corrispondenza, sarà necessario prendere una nuova impronta o decidere di accettare eventuali rifacimenti o saldature. Fig. 16 Coping con dimensioni diverse posizionati nella cavità orale. Fig. 17 Coping fissati tra loro con della resina autopolimerizzante. Fig. 18 Posizionamento degli analoghi da laboratorio sui relativi coping inglobati nell’impronta. Fig. 19 Coping per la verifica della posizione degli impianti. 196 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata Si ricorda che è possibile realizzare più modelli di posizione per avere una maggiore garanzia per quanto riguarda la precisione. Le dimensioni ridotte di questi modelli di posizione consentono che essi siano meglio controllati durante il loro sviluppo, grazie al quantitativo ridotto di gesso o di resina utilizzati per la loro costruzione. Prima della presa dell’impronta è necessario chiudere i fori del porta-impronta con della cera, per evitare la fuoriuscita del materiale da impronta con una conseguente deformazione dell’impronta stessa. Inoltre è di fondamentale importanza creare uno stabile collegamento tra il materiale da impronta e il porta-impronta. A tale scopo viene creata una ritenzione di tipo meccanico fornita da un solco realizzato lungo tutto il bordo del porta-im- pronta e da alcuni fori eseguiti nel porta-impronta stesso. Inoltre per garantire un intimo contatto tra il materiale da impronta ed il porta-impronta è necessario applicare su quest’ultimo un adesivo che sia compatibile con il materiale da impronta impiegato (fig. 20). Per un’agevole individuazione delle teste delle viti di fissaggio dei coping, sono stati realizzati degli appositi tappi di individuazione che impediscono al materiale da impronta di ostruire tali zone (fig. 21). Vengono quindi svitate le viti di fissaggio dei coping e l’impronta viene disinserita. Nei casi molto estesi ci possono essere delle difficoltà nella disinserzione dell’impronta, dovuta a impianti non sufficientemente paralleli tra loro. Come si è detto, questa valutazione dovrebbe essere fatta Fig. 20 Porta-impronta individuale con adesivo per la ritenzione del materiale d’impronta. 197 Implantologia Pratica prima di prendere l’impronta, considerando il fatto che le differenze di inclinazione consentite variano a seconda del tipo di impianto (in particolare a seconda del tipo di connessione tra impianto e coping). Per gli impianti tipo Oralplant è consentita una differenza di inclinazione non maggiore di 25° circa. A volte, pertanto sarà necessario realizzare più impronte settoriali. Un altro tipo di coping (detto anche transfert) è il cosiddetto transfert avvitato (fig. 22). Esso si distingue dal coping precedente perché non viene tolto assieme all’impronta rimanendo inglobato in essa, ma bensì rimane bloccato in posizione sull’impianto e solamente dopo aver disinserito l’impronta viene svitato e riposizionato all’interno dell’impronta stessa. La sua forma presenta delle sfaccettature che permettono di individuare la posizione corretta di reinserimento all’interno dell’impronta. Anche in questo caso è consigliabile utilizzare un portaimpronta individuale ma si possono impiegare anche dei porta-impronta standard poiché il porta-impronta non deve essere forato. Quando si impiegano questi transfert è preferibile bloccare direttamente in essi l’analogo da gesso prima di reinserirli nell’impronta. Ciò garantirà un maggiore controllo dell’accoppiamento tra transfert e analogo da gesso, riducendo il pericolo di spostamenti del transfert stesso nell’impronta, in quanto esso non è fissato con resina ma solamente trattenuto nell’impronta stessa. Fig. 21 Tappo di individuazione della testa della vite di fissaggio dei coping. Fig. 22 Transfer per impronta, per la tecnica del riposizionamento del transfer nell’impronta stessa. Fig. 23 Monconi preparati per la presa d’impronta diretta. Fig. 24 Impronta rilevata direttamente su monconi fissati sugli impianti nella cavità orale. 198 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata Materiali da impronta I materiali consigliati sono i siliconi di addizione (polivinilsilossani) e i polieteri. Non si ritiene opportuno fornire informazioni dettagliate su tali materiali in quanto si presuppone che le loro caratteristiche siano ben conosciute. Si sottolinea comunque l’opportunità di impiegare materiali dotati di un’elevata rigidità e la necessità di rispettare accuratamente le relative procedure7,14,12,13. Modello per la tecnica diretta Il modello che viene realizzato con la tecnica diretta è un modello convenzionale in quanto è un modello che viene ottenuto tramite un’impronta eseguita su monconi fissati su impianti, analogamente a quanto viene fatto su denti naturali. Esistono comunque delle difficoltà operative, dovute principalmente alla forma dei monconi che molte volte sono stati modificati e quindi possono presentare delle forme e delle superfici con delle irregolarità che non sempre sono perfettamente riproducibili (per esempio superfici non perfettamente lucide, cavità, angoli acuti ecc.). Pertanto si dovrà avere molta cura nel modificare la forma dei monconi e nella loro rifinitura, al fine di ottenere un’impronta soddisfacente. Si tenga inoltre Procedure di laboratorio La prima fase consiste nella disinfezione di quanto inviato dallo studio (impronte, componenti, registrazioni ecc.). Viene quindi valutata l’impronta e se essa viene considerata soddisfacente si esegue la costruzione del modello. Fig. 25 Particolare di un moncone in resina epossidica. Fig. 26 Particolare di un impronta con la tecnica diretta. Fig. 27 Modello costruito in resina epossidica. 199 Implantologia Pratica presente che anche nei monconi standard non modificati sono presenti delle zone difficilmente riproducibili. Questi fattori condizionano la scelta del materiale per la realizzazione del modello (gesso o resina). Si consiglia l’uso di resine epossidiche in quanto esse garantiscono una maggiore resistenza ed il mantenimento dei dettagli durante le varie fasi di laboratorio (fig. 23, 24, 25, 26, 27). Modello per la tecnica indiretta. Il modello viene realizzato sviluppando un’impronta recante dei coping inglobati in essa. Nei coping vengono inseriti degli analoghi da gesso, che sono delle repliche degli impianti, i quali permettono di simulare la situazione presente nella cavità orale (fig. 28). Dopo aver disinfettato le impronte e le componenti ac- cessorie, vengono scelti i corrispondenti analoghi da gesso ed essi vengono fissati nei coping tramite le viti passanti. Questa è una fase molto delicata durante la quale è necessario porre un’attenzione scrupolosa nella valutazione del combaciamento delle componenti tra loro. Durante la fase di serraggio della vite passante si deve fare attenzione a non creare microrotazioni o spostamenti del coping inglobato nell’impronta. Questo problema viene notevolmente ridotto o praticamente eliminato se i coping sono bloccati con della resina o con del gesso come descritto in precedenza. Possono manifestarsi complicazioni se si impiegano componenti imprecise o alterate durante le lavorazioni precedenti. Ciò potrebbe generare delle imprecisioni di posizione nelle ricostruzioni protesiche. Inoltre Fig. 28 Impronta con analoghi fissati in posizione sui coping inglobati nell’impronta. 200 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata si potrebbero generare delle tensioni tra le componenti della riabilitazione protesica. Per evitare questo, le aziende hanno migliorato notevolmente la precisione del combaciamento tra le componenti prefabbricate8. Pertanto è importante rispettare tale precisione senza alterarla durante le fasi di lavorazione (fig. 29, 30). É quindi opportuno costruire un modello con una finta gengiva per riprodurre una situazione simile a quella presente nella cavità e per proteggere gli analoghi ed i coping da infiltrazioni e adesioni di gesso o resina (fig. 31, 32). Prima di avvitare le componenti è pertanto necessario verificare l’integrità degli analoghi, per evitare che eventuali sbavature incidano o deformino i coping o viceversa. Il non perfetto combaciamento delle componenti può creare delle problematiche quali svitamenti e rotture delle viti, ed una distribuzione non omogenea dei carichi occlusali sulle superfici stesse di combaciamento. È comunque inevitabile che durante le varie fasi, sia cliniche che tecniche, possano generarsi delle deformazioni delle componenti ed è perciò necessario controllare l’integrità delle componenti stesse ed eventualmente sostituirle con altre nuove (fig. 33). La resina morbida per la riproduzione della gengiva viene posizionata in modo tale da lasciare un’adeguata superficie dell’analogo libera, in modo da garantire una sufficiente ritenzione e stabilità dell’analogo stesso nel modello in gesso. La forma esile di alcuni analoghi può compromettere questa stabilità: perciò nella scelta della Fig. 29 Precisione ottimale delle componenti prefabbricate. 201 Implantologia Pratica componentistica è necessario valutare questo particolare, in quanto le fasi di lavorazione potrebbero richiedere delle resistenze elevate da parte di questi analoghi, ad esempio durante la fresatura e la rifinitura dei monconi. Per un controllo accurato dell’espansione del gesso è consigliabile eseguire la colata del gesso stesso in due tempi, bloccando dapprima gli analoghi tra loro con una quantità minima di gesso e, ad indurimento avvenuto, colando la seconda parte a completamento del modello (fig. 34, 35). Esistono anche degli analoghi da gesso che permettono la loro rimozione dal modello durante le fasi di costruzione della protesi. Essi sono degli analoghi conici, privi di ritenzione, e si comportano come i perni sfilabili convenzionali. Il loro utilizzo può facilitare la realizzazione della protesi ma questa metodica può ridurre la precisione della posizione degli analoghi nel modello e l’affidabilità del procedimento. Quando vengono impiegati i coping avvitati, dopo la presa del gesso si allentano le viti passanti e si separa l’impronta dal modello. Se invece vengono impiegati i coping da reinserimento, si può separare direttamente l’impronta dal modello. Nel primo caso infatti, i coping rimangono bloccati nell’impronta, mentre nel secondo rimangono sul modello e verranno sfilati successivamente7. Si ricorda che le impronte possono essere sviluppate varie volte per costruire più modelli di lavoro, tenendo come riferimento finale il primo modello realizzato. Fig. 30 Incongruenze tra le componenti dopo le fasi di lavorazione. 202 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata La Passivazione Il termine “passivazione” è stato introdotto in implantologia per indicare i procedimenti che vengono eseguiti per ridurre il più possibile la formazione di tensioni sugli impianti, quando ad essi vengono collegate le strutture protesiche. È necessario, infatti, che a seguito di tale collegamento non si generino eccessive tensioni che, scaricandosi sull’osso periimplantare, comportino il pericolo di riassorbimenti e perdita successiva degli impianti. Si ricorda infatti che si possono generare tensioni eccessive quando sugli impianti vengono fissate strutture che non si collegano “passivamente” ad essi. È noto che le tensioni nelle strutture, i carichi prematuri, i sovraccarichi e la distribuzione non omogenea dei carichi occlusali sono i principali fattori di rischio per quanto ri- guarda la perdita d’impianti. L’ottenimento di una corretta occlusione è sicuramente il risultato di una progettazione implanto-protesica che tiene in considerazione molteplici fattori quali: la previsualizzazione della riabilitazione per un corretto posizionamento degli impianti, la scelta del numero e della posizione degli impianti in relazione al numero ed alla posizione dei denti naturali residui presenti nell’arcata, le relazioni con l’arcata antagonista e con i denti adiacenti, il rapporto interocclusale che si desidera ottenere, gli specifici rapporti tra corone e impianti e tutti quei concetti gnatologici ben noti che dovrebbero portare ad ottenere un soddisfacente equilibrio neuromuscolare e occlusale della riabilitazione10,14,3,11. Si può quindi affermare che sono molteplici i fattori da tenere in considerazione per ottenere una occlusione ideale. Esistono comunque diverse scuole di pensiero per quanto riguarda lo schema occlusale ed il materiale da utilizzare (ceramica o lega o resina composita) per la realizzazione delle superfici occlusali delle protesi su impianti. Le decisioni al riguardo dovrebbero tenere in considerazione anche i principi igienico-funzionali e la biocompatibilità dei materiali e delle loro combinazioni. In particolare si dovrebbero considerare anche i potenziali fenomeni elettrochimici che potrebbero manifestarsi a causa dell’impiego di materiali metallici diversi per la realizzazione delle varie componenti, cercando di utilizzare materiali il più possibile compatibili tra loro. Pertanto anche la scelta delle leghe va valutata dando la giusta importanza alle loro caratteristiche chimiche, fisiche e meccaniche sulle quali non ci si sofferma in questa sede. Si ricorda, comunque, che sarebbe importante conoscere anche questi dati per evitare eventuali problematiche legate a fenomeni corrosivi (per esempio a carico delle sovrafusioni realizzate su componenti implantari) e per Fig. 31 Modello con finta gengiva per la simulazione dei tessuti molli e per preservare l’integrità delle componenti. Fig. 32 Particolare della riproduzione dell’anatomia dei tessuti molli sul modello. Fig. 33 Posizionamento della finta gengiva nell’impronta mantenendo libera una superficie di analogo tale da garantire una ritenzione dell’analogo stesso nel gesso. 203 Implantologia Pratica realizzare strutture con caratteristiche meccaniche adeguate1 (fig. 36). La conoscenza delle proprietà meccaniche delle leghe, in particolare, è utile per poter progettare una struttura che grazie alla sua forma e alle sue dimensioni sia adeguatamente rigida al fine di garantire una distribuzione omogenea dei carichi occlusali sugli elementi di sostegno (impianti e denti naturali). Ciò è particolarmente importante quando tali elementi sono presenti in numero limitato; per esempio nelle riabilitazioni con ridotto numero d’impianti o con presenza di estensioni (Toronto bridge, overdenture, ecc.). In presenza di una struttura “non passiva”, si possono generare eccessive concentrazioni di tensioni in diverse posizioni della riabilitazione protesica, per esempio tra corone e monconi, componenti e impianti e tra i vari dispositivi di connessione. In letteratura si è concordi nel sostenere che un adattamento “passivo” è importante per il successo ed il mantenimento nel tempo dell’osteointegrazione. Una particolare attenzione va posta nei confronti degli accoppiamenti tra le varie componenti durante la loro realizzazione (fusioni, sovrafusioni, saldature ecc.), sia durante varie lavorazioni successive quali fresature, rifiniture e lucidature. Eccessive imprecisioni causerebbero la formazione di tensioni, che si manifesterebbero in particolare durante il serraggio delle viti e che, nella migliore della ipotesi, potrebbero provocare l’allentamento delle viti stesse e in alcuni casi la loro rottura (fig. 37, 38). La presenza di eccessive tensioni e di imprecisioni di Fig. 34 Posizionamento degli analoghi nella placca in resina, utilizzata per l’impronta di controllo della posizione. 204 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata accoppiamento, congiuntamente all’azione dei carichi occlusali, potrebbe creare abrasioni e deformazioni in corrispondenza delle interfacce di accoppiamento tra gli impianti ed i monconi. Inoltre, in presenza di strutture che collegano più impianti, tali tensioni si trasmetterebbero agli impianti stessi ed al tessuto osseo circostante. In particolare, in presenza di estensioni delle strutture, tutto ciò potrebbe comportare, a lungo andare, anche la rottura di impianti. Perciò le varie componenti devono presentare una precisione tale da garantire l’omogenea distribuzione carichi occlusali. Ciò si può conseguire operando in laboratorio su un modello accurato e sul quale le strutture si adattino in modo passivo, come già illustrato in precedenza, e controllando la precisione nella cavità orale tramite le metodiche più opportune (prova di Sheffield, verifica degli adattamenti interni, valutazione tattile ecc.)5,10,8,6,9. Questi risultati si possono conseguire rispettando le indicazioni seguenti: - impiego di componenti dotati di elevata precisione; - congruenza delle viti di serraggio con le rispettive filettature; - forma corretta e precisione delle strutture con un loro inserimento passivo; - realizzazione di un idoneo schema occlusale; - distribuzione omogenea dei carichi; - corretta scelta della lega da utilizzare in base alle sue caratteristiche specifiche; - scelta di materiali estetici che presentino caratteristiche Fig. 35 Bloccaggio degli analoghi e delle viti di posizione per i denti naturali, con un ridotto quantitativo di gesso. 205 Implantologia Pratica Fig. 36 Sezione di una sovrafusione esaminata al microscopio metallografico. Fig. 37 Esame radiografico di controllo della precisione d’accoppiamento tra impianti e sovrastrutture (sovrastruttura imprecisa). Fig. 38 Dettaglio dell’imprecisione tra impianti e sovrastrutture. tali da garantire il mantenimento nel tempo della funzione e dell’estetica, senza subire eccessive alterazioni. Si può concludere affermando che una riabilitazione implanto-protesica soddisfacente rappresenta il frutto di vari fattori. Tali fattori comprendono: a) l’esperienza implantologica e la conoscenza del sistema implantare prescelto, in tutta la sua componentistica, da parte dell’odontoiatria, b) la scelta di un idoneo sistema implantare, in grado di garantire uno standard qualitativo di elevata precisione e costante nel tempo, c) la cura del- l’odontotecnico nell’esecuzione nelle ricostruzioni protesiche e nella manipolazione delle componenti dando il giusto valore a tutte le fasi di lavorazione. La componentistica Uno dei fattori di successo in implantologia è rappresentato dal tipo di componentistica che viene messo a disposizione degli operatori da parte dell’azienda produttrice del sistema implantare. Il mercato offre una serie di soluzioni implanto-protesiche molto vasta che 206 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata dà la possibilità di poter costruire svariati tipi di protesi tenendo in considerazione le varie esigenze e preferenze dell’équipe odontoiatrica. Tra i vari dispositivi disponibili si ricordano i seguenti: - transfer e coping da impronta per la tecnica con portaimpronta forato e non forato; - pre-coping (coping sovradimensionato) da utilizzare per la tecnica d’impronta in due fasi; - analoghi da gesso sfilabili e fissi con una forma che garantisce stabilità e mantenimento della posizione anche nelle fasi di lavorazione che comportano sollecitazioni elevate quali la fresatura; - serie di monconi provvisori metallici e calcinabili, dotati o meno di dispositivi anti-rotazione; - una vastissima gamma di monconi standard fresabili e per sovrafusione; - monconi con varie inclinazioni per ancoraggio di protesi rimovibili e per la costruzione di barre o altri analoghi dispositivi; - una serie di monconi da impiegare con la metodica delle protesi cementate; - una serie di componenti ausiliarie quali cilindri e sfere calcinabili, che facilitano considerevolmente le fasi di laboratorio, semplificando le procedure e aumentando la precisione. Tra le soluzioni innovative del momento si può considerare la metodica Op-System (Oralplant) (fig. 39) che, mediante un accoppiamento conometrico, consente di orientare e Fig. 39 Moncone Op-System Preangolato Orientabile nei 360° a Spalla. Fig. 40 Esploso del Moncone Op-System. Fig. 41 Moncone Op-System assemblato. Fig. 42 Sistema di sigillatura dei monconi con Lock-System. Si inserisce nella testa della vite di fissaggio del moncone stabilizzandone il bloccaggio come fosse inserito permanentemente lo strumento di avvitamento. 207 Implantologia Pratica bloccare il moncone protesico preangolato (10, 20 e 30 gradi) in ogni posizione desiderata nei 360°, in impianti ad esagono interno. Il fissaggio viene eseguito tramite un apposito strumento che permette, grazie a precisi riferimenti, di ottenere una stabilità tale da sopportare carichi assiali fino a 500 N. Ciò amplia la possibilità di utilizzare monconi standard su un sistema antirotazionale. Per ridurre il pericolo di allentamento della vite è stato inoltre ideato un sistema di bloccaggio della vite stessa denominato Lock–System, in grado di stabilizzare la vite di fissaggio (fig. 40-42). Un utile supporto per le fasi di disinserzione della componentistica protesica è l’Estrattore per Monconi della Oralplant. Tale strumento ha l’obiettivo di facilitare le operazioni di estrazione dei monconi sia nella cavità orale che in laboratorio, permettendo di mantenere intatte le caratteristiche di accoppiamento impianto-moncone ed evitando il generarsi di difetti superficiali con conseguente aumento della rugosità delle componenti stesse (fig. 43, 44, 45). Fig. 43 Estrattore per monconi non rotanti Oralplant, prima di essere avvitato. Fig. 44 Estrattore in fase di estrazione mediante avvitamento. Cementato o avvitato La prima motivazione per cui si è sempre adottata in implantoprotesi la soluzione avvitata era la possibilita di smontare la protesi e di poter ispezionare l’impianto. Qual’era il prezzo che si pagava per smontaggio ed ispezione: 1) accesso alle viti di fissazione della protesi sul piano occlusale (quando andava bene) con relativa compromis- Fig. 45 Moncone estratto senza alterare le caratteristiche di accoppiamento e di finitura. Fig. 46 Protesi avvitata. 208 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata sione della modellazione cuspidale sia dal punto di vista estetico ma soprattutto funzionale (anche se gli accessi venivano chiusi con materiali compositi non sempre compatibili ai materiali protesici) (fig. 46, 47). 2) Profili di emergenza convenzionali dettati dalla disponibilità dei monconi in commercio e quindi risultato estetico discutibile. 3) Possibile contaminazione e compromissione dell’impianto per correnti elettrogalvaniche tra il materiale dell’impianto e quello della protesi, spesso a diretto contatto (Calcinabili). Vantaggi: migliore possibilità di pulizia e igiene, ispezionabilità dell’impianto sulla cui protesi fino a pochi anni fa potevano sorgere dubbi e incognite (fig. 48). Oggi, che i protocolli chirurgici hanno raggiunto uno standard elevato di predicibilità dove quindi l’impianto se ben posizionato è diventato molto più affidabile, viene meno quel criterio di ispezionabilità che per anni aveva sostenuto la protesi avvitata. I mezzi diagnostici per verificare lo stato di salute di un impianto sono gli stessi per i denti naturali protesizzati, quindi perché smontare la protesi. Un ponte cementato se non ha problemi perché deve essere tolto (fig. 49)? Se i dubbi sorgono sull’affidabilità in senso igienico del paziente il lavoro deve essere svolto e valutato preventivamente. Oggi la pretesa estetica del paziente è cambiata molto. Se vogliamo ottenere buoni risultati estetici spesso dobprotesi avvitata = smontaggio e ispezione svantaggi vantaggi Accesso alle viti sul piano occlusale Migliore igiene Profili di emergenza convenzionali Controllo diretto dell’impianto Bimetallismo Fig. 47 Protesi cementata. Fig. 48 Vantaggi e svantaggi della protesi avvitata. progettazione protocolli chirurgici con elevato standard di predicibilità analisi estetica Esame strutturale (classe scheletrica biotipo) diagnostica strumentale per immagini Esame biodinamico 1/3 inferiore del volto (tessuti molli muscolatura) elevata pretesa estetica del paziente Estetica del sorriso problemi morfologici dei mascellari (atrofie, difetti ossei) Fig. 49 Evoluzione della protesi cementata. Fig. 50 Progettazione diagnostica della protesi estetica. 209 Implantologia Pratica biamo ricorrere a protesi cementate che ci consentono di utilizzare monconi individuali personalizzati. durante la fase 2 di monconi di guarigione di diametri diversi e forme diverse in funzione del dente da protesizzare con lo scopo di condizionare la guarigione dei tessuti molli verso margini di chiusura ideali. Il traguardo più ambito in questo senso è quello di riuscire a ricreare una papilla interdentale simile a quella dei denti naturali. A questo scopo, oltre ad avere spessori di mucosa ideali 1-2 mm, la posizione dell’impianto dovrà essere non superiore a 23 mm di profondità oltre la giunzione amelo-cementizio dei denti limitrofi. Molte tecniche chirurgiche, derivate da principi di chirurgia plastica, sono state proposte per migliorare i profili estetici e molto si può fare in questo senso. Per quanto riguarda la scelta dei monconi, abbiamo visto che la funzione del moncone individuale personalizzato permette oltre che un emergenza migliore, di posizionare la chiusura della protesi nel solco, nascondendo qualsiasi profilo antiestetico. A tal fine sono in commercio dei monconi bianchi in allumina o zirconio modificabili a piacere che possono essere protesizzati con ceramiche integrali senza lasciar trasparire ombre metalliche. Finalità estetiche in implantoprotesi Partendo dalla progettazione dell’implantoprotesi, dove abbiamo visto che nell’esecuzione del preprotesico non si può prescindere dall’analisi estetica oltre che funzionale non solo della bocca, ma dell’insieme biodinamico di 1/3 inferiore del volto, vediamo come l’estetica del sorriso abbia impegnato non poco nel soddisfare problematiche anche di tipo morfologico (fig. 50). È noto a tutti che all’avulsione di un dente succeda un riassorbimento dell’alveolo che, se accompagnato da traumi di natura accidentale o iatrogena, o ancora a malattie parodontali gravi, porta ad un abbassamento dei profili ossei fino ai diversi gradi di atrofia. Questo dal punto di vista funzionale l’abbiamo visto concretizzarsi in una notevole perdita di altezza verticale, ma dal punto di vista estetico comporta oltre che una perdita di supporto per i tessuti molli (labbro, guance) un allungamento innaturale della dentatura. Quindi in primis, il chirurgo oltre a fare opera preventiva cercando di contenere i riassorbimenti alveolari conseguenti ad estrazioni, compensando con innesti omologhi o eterologhi gli alveoli bonificati, dovrà occuparsi di recuperare quei profili morfologici anatomici disomogenei, con le tecniche accrescitive o di osteoplastica di cui abbiamo già trattato. Il principio dell’implantologia guidata protesicamente, rispecchia perfettamente le finalità estetiche che ci proponiamo anche a livello di tessuti molli. Quindi i principi che regolano le finalità estetiche sono (fig. 51): 1) adattamenti morfologici strutturali 2) posizione dell’impianto 3) adattamento dei tessuti molli 4) scelta del moncone adeguato Per quanto riguarda i tessuti molli abbiamo visto l’utilizzo Monconi anatomici Da un’attenta lettura delle esigenze dell’implantologia contemporanea, si può notare l’importanza assunta dall’ottenimento di un risultato protesico il più possibile estetico e funzionale. I Monconi Anatomici sono dotati di un’anatomia d’emergenza simile a quella del dente naturale, la quale rispetta i principi igienico-funzionali delle riabilitazioni protesiche. L’obiettivo del Moncone Anatomico è di ricreare le condizioni ottimali, in termini di condizionamento e rigenerazione dei tessuti molli, per un restauro protesico altamente estetico. Una novità importante nel campo della protesica implantare è il nuovo Moncone Op-System Anatomico ZM1 (a cura dell’odontotecnico Loris Zamuner e del progettista biomedicale Sergio Moro). Per la progettazione di questo moncone sono state utilizzate delle misure dentali medie estrapolate dagli studi del dr. Green Vardimam Black15 e da numerose misurazioni effettuate su denti naturali estratti. Come riferimento per la progettazione sono stati utilizzati i valori medi della larghezza massima in senso buccolinguale e mesio-distale al colletto, nonché la lunghezza della radice e dimensioni della corona (tab. 1). Il processo di studio alla base della realizzazione di questi monconi si è articolato per passi logici successivi: - valutazione degli spessori ossei di ogni posizione dentale, nelle regioni mandibolari e mascellari; - identificazione dei diametri implantari utilizzabili nei singoli distretti; - scelta del diametro della base del moncone in funzione delle misure implantari precedenti; - analisi della morfologia del dente e raccolta dati sulle misure dentali naturali, al fine di attribuire caratteristiche “morfo-mimetiche” ai monconi anatomici; principi che regolano le finalità estetiche Adattamenti morfologici e strutturali (tecniche accrescitive o osteoplastiche) Posizione dell’impianto Adattamento dei tessuti molli Scelta del moncone adeguato Fig. 51 Principi estetici. 210 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata - valutazione degli spessori mucosi naturali per determinare le altezze e le dimensioni della spalla dell’abutment in questione; quest’ultima è disponibile infatti con partenza a circa 0 mm nella parte vestibolare (a livello della base del moncone) ed arrivo a 2 mm nella parte buccale e con partenza ad 1 mm ed arrivo a 3 mm. Le dimensioni del moncone rispettano quelle naturali tranne che per le misure interprossimali che risultano leggermente sottodimensionate al fine di lasciare lo spazio idoneo per il mantenimento della papilla. Con l’utilizzo di sei diversi monconi anatomici è possibile effettuare il restauro protesico delle intere arcate (fig. 52-54). Per ogni tipo di moncone sono disponibili una Vite di Guarigione Anatomica, un Transfer di Impronta Anatomico, una “cappetta” di trasferimento in materiale plastico ed analoghi da laboratorio anatomici. Lo svolgimento della fase protesica può essere effettuato mediante due tecniche: - una tecnica tradizionale (indiretta); Denti Mascellari - una tecnica “one step” (diretta). Nella tecnica tradizionale, dopo la scopertura dell’impianto, inseriamo la Vite di Guarigione Secondaria Anatomica ZM1 per condizionare la mucosa. Successivamente verrà rilevata l’impronta con un Coping Anatomico Telescopico ZM1 che trasferirà l’anatomia tessutale modificata; per l’elaborazione del manufatto protesico il laboratorio utilizzerà analoghi da laboratorio convenzionali. In seguito verrà applicato il moncone anatomico. Nella tecnica “one step” invece, effettuata la scopertura dell’impianto, inseriamo il moncone con il relativo provvisorio; attendiamo la guarigione dei tessuti circostanti ed effettuiamo la presa d’impronta diretta, utilizzando la “cappetta” di trasferimento in materiale plastico che ha il vantaggio di mantenere i profili di emergenza e di rimanere inglobata nel materiale da impronta. La fase di lavorazione in laboratorio sarà eseguita utilizzando un analogo da laboratorio anatomico oppure un moncone anatomico nuovo. Il grosso vantaggio fornito dalla tecnica “one step” è di Diametro Mesio-distale al colletto (misure medie in mm) Diametro Bucco-linguale (misure medie in mm) Lunghezza della corona (misure medie in mm) Incisivo centrale 6,1 7,1 10 Incisivo laterale 4,5 6,2 8,6 Canino 5 8 9,5 I° premolare 4,8 9,1 8 II° premolare 5,1 8,6 7,6 I° molare 7,3 11,7 7,9 II° molare 6,8 11,6 7,2 III° molare 6,3 10,5 6,2 Denti Mandibolari Diametro Mesio-distale al colletto (misure medie in mm) Diametro Bucco-linguale (misure medie in mm) Lunghezza della corona (misure medie in mm) Incisivo centrale 3,6 6,2 8,9 Incisivo laterale 3,7 6,3 9,6 Canino 5,2 7,7 10,1 I° premolare 4,5 7,7 7,8 II° premolare 4,6 8,1 7,9 I° molare 8,3 10,2 7,6 II° molare 8,1 10,3 6,8 III° molare 8,5 9,6 6,7 Tab. 1 Misure medie dentali. 211 Implantologia Pratica Fig. 52 Visione interprossimale del Moncone Op-System Anatomico ZM1. evitare di smontare il moncone anatomico, lasciando i tessuti condizionati nella loro posizione originaria. Questi monconi possono sostituire la vite di guarigione secondaria, fornendo una conformazione anatomica alla gengiva circostante. Essi fungono da vite di guarigione dopo che è stata loro aggiunta la componente “elementi provvisori” che li trasforma in vite di guarigione. Ciò consente di non rimuovere il moncone in tutte le fasi successive, riducendo le problematiche che si possono creare quando i monconi vengono continuamente rimossi. Questi monconi sono inoltre indicati nei casi che prevedono un “Carico Immediato”, fornendo delle anatomie molto simili a quelle dei denti naturali. I monconi vengono forniti con vari accessori quali: a) una cappetta che permette l’impiego diretto di una corona provvisoria prefabbricata con margini di chiusura ottimali; b) una cappetta da laboratorio calcinabile che viene inglobata nella modellazione in cera e che fornisce una precisione marginale ottimale. Per l’avvitamento del Moncone Op-System Anatomico ZM1 è stato studiato un sistema che permette di blocca- re il moncone nella posizione desiderata e neutralizzare gli sforzi torsionali, generantisi nella fase di chiusura, che possono gravare sull’osteointegrazione dell’impianto. Riassumendo, i vantaggi principali del Moncone Op-System Anatomico ZM1 sono: - avere in prima seduta un moncone anatomico “morfomimetico”; - avere una vite di guarigione delle stesse dimensioni; - avere un coping delle stesse dimensioni; - avere una cappetta con i margini di chiusura precisi da acconsentire la ribasatura dei provvisori sia in studio che in laboratorio senza inficiare la precisione marginale del moncone; - avere un transfer da impronta direttamente sopra il moncone anatomico e con la possibilità di riposizionare il corrispondente analogo da laboratorio; - possibilità di utilizzare procedure convenzionali (con tutta la componentistica anatomica: vite di guarigione e coping) o procedure “one step”. Per conseguire migliori risultati estetici, sono disponibili anche monconi predi- 212 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata Fig. 53 Visione palatale del Moncone Op-System Anatomico ZM1, in cui si possono evidenziare le altezze mucose differenziate. È inoltre visibile il sistema di avvitamento per evitare sforzi torsionali gravanti sull’impianto. sposti per accogliere strutture in ceramica integrale. Tali monconi sono dotati di una base metallica sulla quale si può inserire una componente in ossido di zirconio (zirconia). L’impiego contemporaneo di questi due materiali, dotati di elevate caratteristiche meccaniche, è particolarmente indicato per la realizzazione di restauri singoli in ceramica (corone a giacca). Viti di Guarigione Secondaria Anatomiche ZM1 Le Viti di Guarigione Anatomiche ZM1 sono utilizzate per il condizionamento dei tessuti molli, in modo da ottenere un’emergenza gengivale adatta e in conformità con la morfologia del moncone anatomico che verrà poi inserito al loro posto. Sono composte dal corpo principale della Vite di forma anatomica e da una vite di fissaggio con apposito elemento conico esagonale, mediante il Sistema Op-System, per il fissaggio su impianti ad esagono interno (fig. 55, 56). Questa particolarità è di fondamentale importanza in quanto non condiziona il posizionamento della Vite di Guarigione in funzione dell’esagono ma Fig. 54 Visione vestibolare del Moncone Op-System Anatomico ZM1. 213 Implantologia Pratica consente di scegliere liberamente il suo orientamento in base alla morfologia tissutale e alla successiva ricostruzione protesica. Con sole sei forme anatomiche della Vite di Guarigione Secondaria è possibile trattare tutti gli elementi dentari (fig. 57); questo risultato è stato ottenuto grazie ad uno studio razionale sulle somiglianze delle morfologie dentali naturali e in funzione alle dimensioni degli impianti ed alle loro corrette distanze interprossimali (fig. 58). Di seguito riportiamo l’elenco delle forme e la loro locazione nelle arcate dentarie: - Forma dell’incisivo centrale superiore adatta per i due centrali superiori; - Forma dell’incisivo laterale superiore adatta per i due laterali superiori; - Forma del canino superiore adatta per i due canini superiori; - Forma del premolare superiore adatta per i quattro pre- Fig. 55 La vite è composta dal corpo principale e dal sistema di fissaggio per impianti ad esagono interno. Fig. 56 Visione della vite di Guarigione Anatomica Secondaria ZM1 assemblata. Fig. 57 Le sei forme delle Viti di Guarigione Anatomiche ZM1. Fig. 58 Vite di guarigione Anatomica ZM1 montata su impianto Tuber-Bi. Fig. 59 Vite di Guarigione Anatomica in sede. 214 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata molari superiori, per i quattro premolari inferiori e per i canini inferiori; - Forma del molare superiore adatta per i quattro molari superiori e per i quattro molari inferiori; - Forma dell’incisivo inferiore adatta per i quattro incisivi inferiori. La corrispondenza tra forma della Vite di Guarigione e posizione non è in ogni caso vincolante; infatti una particolare forma può essere utilizzata anche in un sito diverso da quello per cui è stata predisposta, solo se strettamente richiesto dalla condizione sotto trattamento; tenendo conto delle problematiche che la pratica quotidiana riserva in funzione della cavità orale e delle molteplici conformazioni dentali questo aspetto è di notevole vantaggio ed utilità. L’utilizzo della Vite Anatomica ZM1 e dell’adeguato Moncone Anatomico Op-System ZM1, nella tecnica tradizionale o indiretta, offre il vantaggio di ottenere un risultato ad elevato contenuto estetico, con un condizionamento dei tessuti molli che rispecchia in modo preciso la naturale morfologia della mucosa gengivale (fig. 59). Fig. 60 Coping d’Impronta Anatomico Telescopico ZM1. Fig. 61 Visione delle singole parti del Coping d’Impronta Anatomico Telescopico ZM1. Fig. 62 Coping d’Impronta Anatomici Telescopici ZM1 inseriti sul modello in gesso. Fig. 63 Vista dell’esagono uscente dal corpo del coping con il primo piano la componente per la presa d’impronta anatomica. Coping d’Impronta Anatomici Telescopici ZM1 La prima peculiarità riscontrabile è la funzione anatomica. Dopo aver rimosso la Vite di Guarigione Anatomica ZM1, per poter rilevare un’impronta che rispetti e non modifichi la conformazione ottenuta con la vite stessa, è necessario utilizzare una componente con anatomia identica. La risoluzione di questa problematica è stata ottenuta grazie alla progettazione del Coping d’Impronta Anatomico ZM1, il quale ci permette di rilevare un’impronta con la tecnica indiretta convenzionale. La differenza sostanziale consiste nella morfologia del Coping che possiede nella zona di connessione con l’impianto la stessa forma ana- 215 Implantologia Pratica tomica della precedente Vite di Guarigione utilizzata, permettendoci così di ottenere un’impronta ed un successivo modello che riproducono fedelmente il condizionamento creato nella cavità orale (fig. 60, 61, 62). La seconda caratteristica è la funzione telescopica. Infatti una delle difficoltà nella presa d’impronta con i Coping è il loro disinserimento, dovuto a svariati fattori quali il numero di impianti, la loro reciproca posizione, la tipologia di connessione tra impianto e coping e gli eventuali malposizionamenti degli impianti. Il Coping d’Impronta Anatomico Telescopico ZM1 è composto da un sistema telescopico a scomparsa; tale meccanismo consente all’esagono stabilizzante di rientrare completamente all’interno del Coping permettendo un’agevole disinserzione anche in presenza di disparallelismi fino a 45°. I vantaggi che si possono riscontrare sono nella semplicità esecutiva e nella precisione; la prima dovuta a non dover rilevare Fig. 64 Inserimento del tappo in materiale plastico sui coping, che consente di preservare la vite dal materiale d’impronta e di facilitare l’individuazione del Coping nella fenestratura del porta impronta. Fig. 65 Coping d’Impronta Anatomici Telescopici ZM1, in bocca con applicati i tappi in materiale plastico. 216 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata più impronte nel caso di impianti disparalleli tra loro per un’unica arcata e la successiva costruzione di un unico modello di lavoro; la seconda dovuta ad un’agevole disinserzione dell’impronta dalla cavità orale senza azioni di strappo e forzatura che possono modificare la posizione dei Coping all’interno dell’impronta con conseguente condizionamento della precisione della ricostruzione protesica. Nella pratica quotidiana una delle difficoltà durante la presa d’impronta con i Coping è rappresentata dal fatto che la vite di fissaggio del Coping rimane sommersa dal materiale d’impronta, creando a volte delle difficoltà di localizzazione e di inserimento dell’apposito cacciavite per la disinserzione della vite stessa. Per agevolare l’operatore durante la presa d’impronta sono stati previsti dei tappi in materiale plastico di individuazione della vite di fissaggio del Coping, da applicare sul foro di passaggio della vite di chiusura permettendo una facile individuazione e svitamento (fig. 64, 65). L’innovazione principale introdotta da questo strumento è dunque la possibilità di ottenere un’impronta anatomica in funzione della caratterizzazione gengivale apportata in precedenza e di ottenere un modello in gesso con profili estremamente precisi. La prerogativa essenziale per ottenere un risultato caratterizzato da elevata qualità e precisione è la pulizia sia del campo in cui si opera sia dei particolari utilizzati. Questo aspetto assume un’importanza ancor maggiore se trasferito e riportato nella realtà delle fasi operative di laboratorio; ad esempio è essenziale che i margini di chiusura ed appoggio tra analogo da laboratorio e moncone protesico non presentino danneggiamenti, in modo da riuscire a ricreare e rispettare una condizione di idealità da trasferire poi nella bocca del paziente. Se la base dell’analogo da laboratorio viene riempita di materiale in seguito alla colata del gesso è poi necessario nella fase successiva andare a scoprirla e pulirla mediante l’utilizzo di frese o altri strumenti che possono danneggiare la superficie ed inficiare la precisione di connessione con il moncone sovrastante. Per risolvere questa problematica di non poco peso il Coping d’Impronta Anatomico ZM1 è provvisto di un O-ring da applicare sulla base del Coping stesso che andrà ad appoggiare sulla base dell’analogo (fig. 66). Dopo la colata del gesso e la rimozione del Coping la base dell’analogo da laboratorio rimane pulita e non è dunque necessario intervenire con altri strumenti per la sua pulizia. Fig. 66 Visione dell’O-ring posizionato sulla base del Coping d’Impronta Anatomico Telescopico ZM1, atto a mantenere pulita la base dell’Analogo da Laboratorio durante la colata del gesso per la creazione del modello. Fig. 67 Il Transfer d’Impronta Anatomico ZM1 è composto dal corpo centrale di forma anatomica e dalla vite con sistema di fissaggio Op-System per impianti ad esagono interno. Fig. 68 Transfer d’Impronta Anatomico ZM1 avvitato su Analogo da Laboratorio. Transfer d’Impronta Anatomico ZM1 Per effettuare la presa d’impronta con la tecnica indiretta o tradizionale, oltre ai Coping, si possono utilizzare anche i Transfer d’Impronta Anatomici ZM1, i quali presentano delle caratteristiche che li rendono particolarmente innovativi. La prima particolarità che possiamo riscontrare è la funzione anatomica. Il Transfer d’Impronta Anatomico ZM1 va utilizzato con gli stessi 217 Implantologia Pratica Fig. 70 Transfer di Impronta Anatomico ZM1 in sede, con applicate le cappette di trasferimento, preparato per la presa d’impronta. Fig. 69 Transfer d’Impronta Anatomico ZM1 con applicata la cappetta di trasferimento. Fig. 72 Rimozione del Transfer Anatomico ZM1 dal modello in gesso mediante l’uso dell’Estrattore per Monconi. Fig. 71 Transfer d’Impronta Anatomico ZM1 sul modello in gesso. accorgimenti già illustrati per il Coping Anatomico, ovvero è necessario utilizzare la forma adeguata in funzione della precedente Vite di Guarigione e del Moncone Anatomico che si andrà ad inserire. La zona di appoggio sulla base dell’impianto presenta dunque una particolare morfologia anatomica, in grado di riprodurre nell’impronta la medesima condizione presente in bocca, mentre la restante parte del corpo del Transfer è provvista di adeguate sfaccettature per la rilevazione dei profili da parte del materiale d’impronta, per il successivo riposizionamento nell’impronta stessa; anche il Transfer d’Impronta Anatomico ZM1 è dotato del sistema di chiusura conico-esagonale Op-System (fig. 67). Dopo aver effettuato l’impronta è necessario svitare il Transfer d’Impronta dall’impianto, avvitarlo su un Analogo da Laboratorio (fig. 68) e riposizionare nuovamente il tutto nell’impronta mantenendo la posizione originaria. Ai fini di un corretto risultato protesico è necessario che questa operazione venga effettuata con molta precisio- ne ma, a livello pratico, il perfetto riposizionamento nell’impronta non sempre è di semplice fattibilità, a causa anche dell’elasticità del materiale, che può deformarsi e stirarsi in funzione delle sollecitazioni che riceve. È per questo motivo che il Transfer d’Impronta Anatomico ZM1 prevede l’utilizzo di una “cappetta di trasferimento” in materiale plastico (fig. 69, 70). Tale accessorio viene applicato sul Transfer mediante un accoppiamento di tipo ritentivo, prima di effettuare l’impronta. Effettuata l’impronta la cappetta di trasferimento rimane inglobata all’interno di essa, staccandosi dal Transfer. La cappetta crea uno “stop occlusale” rigido che fornisce la stabilità e la precisione nella fase di riposizionamento del transfer nell’impronta e durante le successive fasi della preparazione del modello, senza la possibilità di condizionamenti da parte dell’elasticità del materiale (fig. 71, 72). Se confrontata con i risultati ottenibili mediante l’utilizzo di Transfer d’Impronta tradizionale, la presa d’Impronta con Transfer Anatomico ZM1 unisce i 218 Capitolo 10 - Linee guida per l’utilizzo di una componentistica anatomica prefabbricata Fig. 73 Moncone Op-System Anatomico ZM1. Fig. 74 Corona ceramica su Moncone Op-System Anatomico ZM1. vantaggi di semplicità di attuazione con la possibilità di ottenere un’elevato grado di precisione; inoltre la realizzazione di manufatti protesici sarà agevolata dal fatto che la situazione del cavo orale è riprodotta fedelmente sul modello, senza generare modifiche morfologiche dei tessuti molli durante la presa d’impronta. Ne consegue un rispetto totale dei profili d’emmergenza (fig. 73) e l’ottenimento di un risultato finale ad alto contenuto estetico (fig. 74, 75). Fig. 75 Visione estetica finale. 219 Implantologia Pratica 220