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GIMMOC Vol. XI N° 3, 2007
Giornale Italiano di
Microbiologia Medica
Odontoiatrica e Clinica
Vol. XI, N° 3, 2007
p. 169 - 188
Organo ufficiale della
S.I.M.M.O.C.
34° Congresso Nazionale
Società Italiana di
Microbiologia
Copyright © 2007
Genova, 15 – 18 ottobre 2006
EMERGENZA RESISTENZE
E
ANTIBIOTICOTERAPIA
Moderatore: G. C. Schito (Genova)
Sviluppo ESBLs in ambito comunitario e ospedaliero in Italia
Antibioticoresistenza e utilizzo appropriato dei carbapenemici
M. Bassetti (Genova)
* Tratto dalla audioregistrazione del 34° Congresso Nazionale della Società Italiana di Microbiologia
Genova, 15 - 18 Ottobre 2006
CONGRESS REPORT
F. Luzzaro (Varese)
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Sviluppo ESBLs in ambito comunitario
e ospedaliero in Italia
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Microbiologia Medica
Odontoiatrica e Clinica
Vol. XI, N° 3, 2007
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F. Luzzaro1
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Le beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL)
rappresentano l’evoluzione di enzimi
plasmidici a spettro ristretto (TEM-1,
TEM-2, SHV-1) già identificati negli Enterobatteri all’inizio degli anni ’60, prima in Europa e poi negli Stati Uniti. L’introduzione nella pratica clinica delle cefalosporine a spettro allargato (anni ’80)
è comunemente considerata la causa
principale della comparsa delle ESBL.
La situazione epidemiologica relativa alla diffusione delle ESBL fra gli Enterobatteri è molto cambiata negli ultimi anni: in particolare, verso la fine degli anni ’90 la percentuale di ceppi produttori
di ESBL è decisamente aumentata in tutti i Paesi Europei, specialmente in Portogallo (15.5%) ed in Grecia (27.4%) (12). Al momento attuale, la diffusione di
Enterobatteri produttori di ESBL rappresenta un problema globale (Figura 1),
specialmente per quanto riguarda alcuni patogeni (Klebsiella pneumoniae,
Escherichia coli), per i quali in alcune
aree geografiche la percentuale di ceppi
produttori di ESBL è molto elevata (2-5).
In Italia, nel 1999 e nel 2003 sono stati
eseguiti due ampi studi di sorveglianza
a livello nazionale sulla diffusione dei
ceppi produttori di ESBL e sul tipo di
enzimi prodotti, studi che forniscono
quindi un quadro aggiornato, ampio e
dettagliato della situazione epidemiologica italiana (6-7). Complessivamente,
tra il 1999 ed il 2003 è stato osservato un
moderato aumento dei ceppi produttori
di ESBL nei pazienti ricoverati in Ospe-
1
dale (dal 6.3% al 7.4%). Per quanto riguarda i pazienti ambulatoriali (considerati solo nell’ambito della sorveglianza del 2003), la percentuale di ceppi
produttori di ESBL tra gli Enterobatteri
era pari al 3.5% (Tabella 1) (6-7).
Per quanto riguarda le specie batteriche
coinvolte, le due sorveglianze nazionali
hanno messo in evidenza notevoli differenze: nel 1999 la specie batterica che
maggiormente risultava produttore di
ESBL era K. pneumoniae con il 37.1%
(caratteristica comune nella maggior
parte delle indagini di questo tipo), seguita da Proteus mirabilis con il 25.7%
(aspetto questo peculiare della situazione italiana, poiché in altri Paesi questa
specie non è considerata tra quelle che
più frequentemente producono ESBL) e
da E. coli con il 10.8% (6). Nella sorveglianza più recente (2003), E. coli è diventato il primo patogeno produttore di
ESBL (31.9%), seguito da P. mirabilis,
che mantiene un livello elevato (26.2%),
mentre la percentuale di K. pneumoniae produttore di ESBL è risultata molto ridotta rispetto alla sorveglianza del
1999 (15.1%). In aggiunta a questi tre
patogeni, un ruolo importante ha assunto Providencia stuartii (7.1%), in cui la
produzione di ESBL era molto inferiore
nella precedente rilevazione. Nel 2003
sono stati studiati anche i ceppi provenienti da pazienti ambulatoriali: in questo ambito, la percentuale di K. pneumoniae si riduce drasticamente (6.3%),
mentre P. mirabilis diventa il primo pa-
Francesco Luzzaro, Laboratorio di Microbiologia e Virologia, Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi, Varese
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Figura 1. Le ESBL negli Enterobatteri: un problema
globale
5% K. pneumoniae
4% E. coli
3% P. mirabilis
8% K. pneumoniae
3% E. coli
5% P. mirabilis
23% K. pneumoniae
5% E. coli
11% P. mirabilis
45% K. pneumoniae
9% E. coli
22% P. mirabilis
61% K. pneumoniae
16% E. coli
27% K. pneumoniae
14% E. coli
30% K. pneumoniae
2% E. coli
0% P. mirabilis
Sviluppo ESBLs
in ambito comunitario
e ospedaliero in Italia
25% K. pneumoniae
8% E. coli
2% P. mirabilis
4 % K. pneumoniae
1 % E. coli
0% P. mirabilis
Winokur et al. CID 2001, 32(S2):S94 Bouchillon et al. IJAA 2004, 24:119 Edelstein et al. AAC 2003, 47:3724 Hirakata
et al. DMID 2005, 52:323
Tabella 1.
Enterobatteri produttori di ESBL in Italia
Isolati
ESBL
No.
No. (%)
_______________________________________
Ricoverati (1999)
8.015
509 (6.3)
Ricoverati (2003)
6.609
489 (7.4)
Ambulatoriali (2003) 2.072
74 (3.5)
_______________________________________
Spanu et al., AAC 2002, 46:196
Luzzaro et al., JCM 2006, 44:1659
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Pazienti
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Luzzaro
presumibilmente come conseguenza
del ridotto isolamento di ceppi produttori da pazienti ricoverati in reparti di
Terapia Intensiva, mentre sono aumentati gli isolamenti da pazienti con infezioni delle vie urinarie (che rappresentano le infezioni più frequenti nei reparti di Medicina Interna). A livello ambulatoriale, più dell’85% dei ceppi produttori di ESBL sono stati isolati da pazienti
con infezione delle vie urinarie (7).
togeno produttore di ESBL (39.2%), seguito da E. coli (34.2%) e da P. stuartii
(10.1%) (7).
Un notevole cambiamento è stato osservato nei due studi nazionali anche in relazione al reparto in cui sono stati isolati i ceppi produttori di ESBL. Nella sorveglianza del 2003 più del 50% di questi
ceppi è stato isolato da campioni di pazienti ricoverati in reparti di Medicina
Interna, mentre solo una limitata quota
di ceppi era riferibile a reparti di Terapia
Intensiva. In questo contesto trova anche una spiegazione la ridotta prevalenza di ceppi di K. pneumoniae, agente
eziologico spesso responsabile di episodi epidemici in Terapia Intensiva (7).
L’analisi della sensibilità agli antibiotici dei ceppi produttori di ESBL effettuata nelle due sorveglianza è risultata
molto simile, dimostrando la piena attività dei carbapenemi (imipenem e
meropenem), mentre la contemporanea resistenza a più classi di antimicrobici era spesso associata alla produzione di ESBL, interessando in modo particolare aminoglicosidi e fluorochinoloni (Figura 2).
Nel caso di K. pneumoniae, la resistenza associata a gentamicina, amikacina e
ciprofloxacina coinvolgeva circa il 50%
dei ceppi (7).
Infine, sono stati considerati i materiali
da cui sono stati isolati i ceppi produttori di ESBL. Nel 1999 più del 50% degli
isolati provenivano dalle urine, mentre
le emocolture erano la seconda fonte di
isolamento (16.5%), seguite da ferite
chirurgiche (14.5%) e basse vie respiratorie (10.4%) (6). Nel 2003 la quota delle emocolture si è ridotta (circa il 6%),
Figura 2. Sorveglianza ESBL in Italia (2003):
sensibilità a farmaci potenzialmente attivi (n=583)
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Meropenem
100
Imipenem
99.3
Cefoxitina
83.9
Pipera-tazo
84.4
Amikacina
84.7
Amoxi-clav
64.2
Amp-sulb
49.1
Gentamicina
Ciprofloxacina
0
20
48.0
32.8
40
60
%sensibilità
80
100
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Nell’ambito delle due sorveglianze sono state analizzate anche le varianti di
ESBL presenti. Come già osservato per i
reparti ed i materiali di isolamento, la
differenza tra i due studi è stata notevole. Nel 1999 le varianti di tipo TEM erano le più rappresentate (46.8%), seguite
da SHV (34.6%) e da ceppi che presentavano entrambe le varianti TEM e SHV
(11%); una piccola quota di Enterobatteri produceva ESBL di tipo non-TEM e
non-SHV (7.6%) (6). La seconda sorveglianza, a soli 4 anni di distanza, ha mostrato una situazione molto cambiata:
anche se le varianti di tipo TEM rimangono le più diffuse (45.5%), è diventata
rilevante la quota di enzimi di tipo CTXM (19.7%). In aggiunta, sono stati isolati anche Enterobatteri produttori di enzimi di tipo PER, mentre si è marcatamente ridotta la quota di enzimi di tipo
SHV (7).
Questa modificata situazione epidemiologica ha un significato rilevante dal
punto di vista diagnostico. Le prime segnalazioni di batteri produttori di ESBL
di tipo CTX-M risalgono ai primi anni
‘80 e sono state effettuate in Europa,
Giappone, e Sud America (8-10). Attualmente esiste una disseminazione pandemica di ceppi produttori di enzimi di
tipo CTX-M, con particolare riguardo a
E. coli e K. pneumoniae, che in alcune
aree geografiche sono caratterizzate da
percentuali che spesso superano il 50%.
Per quanto riguarda l’Italia, uno studio
effettuato su una collezione di ceppi
produttori di ESBL conservati presso il
Laboratorio di Microbiologia Clinica
dell’Ospedale di Varese, ha analizzato il
trend di evoluzione delle CTX-M nel periodo compreso tra le due indagini di
sorveglianza (11). Lo studio ha messo in
evidenza che i ceppi produttori di CTXM sono comparsi nella nostra area geografica alla fine del 1999 e che la loro
frequenza di isolamento è progressivamente aumentata nel tempo fino ad arrivare nel 2003 ad una quota pari al 38%
di tutti i ceppi produttori di ESBL (11).
Sviluppo ESBLs
in ambito comunitario
e ospedaliero in Italia
A livello nazionale, la sorveglianza epidemiologica del 2003 ha evidenziato
Figura 3. Sorveglianza ESBL in Italia (1999 - 2003):
aumento di E. coli produttore di CTX-M
6.3%
7.4%
80%
Prevalenza (%) per specie
altre
P. stuartii
Enterobacter
E. coli
P. mirabilis
K. pneumoniae
60%
40%
20%
0%
1999
2003
Produttori di CTX-M
Spanu et al., AAC 2002, 46:196
Luzzaro et al., JCM 2006, 44:1659
CONGRESS REPORT
100%
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Luzzaro
che la presenza di enzimi di tipo CTX-M
è ubiquitaria ed estremamente diffusa,
anche se con percentuali molto diverse
da regione a regione: in alcune zone la
quota di ceppi produttori si avvicina al
50%. Come già osservato, la percentuale
di E. coli produttore di ESBL è aumentata notevolmente nel 2003 (Figura 3); all’interno di questo gruppo, inoltre, la
quota di ceppi produttori di CTX-M è risultata prevalente rispetto a TEM e SHV
(7), rappresentando complessivamente
il 60% degli enzimi di tipo ESBL isolati
in E. coli. La prevalenza di ceppi di E.
coli produttori di enzimi di tipo CTX-M
è diventata molto rilevante in alcune zone geografiche nazionali, raggiungendo
percentuali pari all’80% (12).
La maggior parte degli enzimi di tipo
CTX-M è stata identificata come CTX-M1, anche se le varianti CTX-M-15, e
CTX-M-32 (peraltro appartenenti allo
stesso gruppo) sono state identificate
sia in E. coli che in K. pneumoniae. Al
contrario, solo la variante CTX-M-1 è
stata ritrovata in Morganella morganii
e in Citrobacter amalonaticus.
La diffusione di ceppi produttori di enzimi di tipo CTX-M-1 è molto importante dal punto di vista della diagnostica
microbiologica, poiché in questi ceppi
il valore di MIC per il ceftazidime varia
da 1 a 2 µg/ml, mentre il suo alone di
inibizione è di circa 30 mm: se si utilizza solo questa cefalosporina come test
di screening, quindi, non è sempre possibile evidenziare la sospetta produzione di ESBL da parte del ceppo batterico
(e non ci sono i presupposti per procedere alla conferma con metodo di approssimazione mediante doppio disco
o utilizzando dischi di combinazione).
Inoltre, in questo caso il ceftazidime
non è indicato nemmeno come test di
conferma, poiché l’alone di inibizione è
molto esteso e rende difficile valutare il
recupero dell’attività antibatterica operato dagli inibitori delle beta-lattamasi
(Figura 4).
Il secondo fenomeno di tipo evolutivo
è rappresentato dalla produzione di en-
Figura 4. Escherichia coli produttore di CTX-M-1
Diffusione in agar di Mueller-Hinton:
test di sinergia con acido clavulanico (distanza centro-centro 25 mm)
Aztreonam
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Cefotaxime
Ceftazidime
Ceftriaxone
Diametro aloni:
ceftazidime, 26 mm; cefotaxime, 14 mm; ceftriaxone, 12 mm; aztreonam, 20 mm
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zima PER-1, anche se la sorveglianza
del 2003 dimostra che la sua quota percentuale è ancora ridotta (7). Questo
enzima, identificato per la prima volta
in P. aeruginosa da un paziente turco,
e successivamente in Italia alla fine degli anni ’90, idrolizza cefalosporine a
spettro esteso e aztreonam ma non i
carbapenemi (Figura 5). In Italia, dopo
la prima rilevazione effettuata a Varese
nel corso di un episodio epidemico
causato da P. aeruginosa, l’enzima è
stato dimostrato in numerosi ceppi di P.
aeruginosa isolati in diversi Ospedali
della Lombardia (13). Nella sorveglianza nazionale del 2003, l’enzima PER-1 è
stato identificato anche in P. mirabilis,
P. stuartii, Providencia rettgeri ed E.
coli (7), indicando un possibile trasferimento genetico non solo all’interno del
gruppo degli Enterobatteri, ma anche
da batteri Gram-negativi non fermentanti (come P. aeruginosa) verso gli Enterobatteri.
Da un punto di vista diagnostico, la
produzione di PER-1 da parte degli Enterobatteri non crea particolari proble-
Imipenem
mi: l’espressione dell’enzima viene ben
evidenziata sia nei comuni test di screening con ceftazidime, sia con il classico
test di conferma con dischi di combinazione o mediante approssimazione con
metodo del doppio disco (Figura 6).
Tra le diverse varianti di ESBL, gli enzimi di tipo TEM sono clinicamente importanti e possono creare problemi diagnostici, come nel caso dell’enzima
TEM-26 che inibisce specificamente
l’attività di ceftazidime: testando altre
cefalosporine (come ceftriaxone, cefotaxime o aztreonam), il ceppo produttore di TEM-26 può essere erroneamente classificato come negativo per la produzione di ESBL. Anche l’enzima TEM92, frequentemente riscontrato in Italia
in P. mirabilis, può creare problemi
diagnostici in quanto idrolizza preferibilmente il cefotaxime (e non il ceftazidime). Dall’insieme dei dati sopra descritti risulta evidente che un efficace
screening per la produzione di ESBL richiede almeno due molecole di cefalosporine di terza generazione: ceftazidime e cefotaxime.
Sviluppo ESBLs
in ambito comunitario
e ospedaliero in Italia
Cefepime
Figura 5.
produttore
di ESBL PER-1
Sinergia
con acido
clavulanico
valutata
con test del
doppio disco
Aztreonam
Ceftazidime
CONGRESS REPORT
P. aeruginosa
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Luzzaro
Figura 6. Providencia stuartii produttore di PER-1
Diffusione in agar di Mueller-Hinton:
test di sinergia con acido clavulanico (distanza centro-centro 25 mm)
Aztreonam
Cefotaxime
Ceftazidime
Ceftriaxone
Diametro aloni:
ceftazidime, 12 mm; cefotaxime, 18 mm; ceftriaxone, 18 mm; aztreonam, 20 mm
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Da un punto di vista epidemiologico, va
considerato il recente isolamento clinico di un ceppo di Acinetobacter baumannii produttore di ESBL TEM-92. Tale riscontro suggerisce che gli scambi
genetici possono essere a doppia direzione: se da un lato P. aeruginosa può
trasmettere agli Enterobatteri l’informazione genetica per la produzione di
ESBL (come nel caso dell’enzima PER1), il passaggio può essere anche in senso inverso (dagli Enterobatteri ad Acinetobacter baumannii).
Una problematica non molto considerata e non abbastanza studiata è la situazione delle strutture di lungodegenza.
In alcune di queste strutture, i ceppi
produttori di ESBL sono molto diffusi.
Inizialmente, le infezioni causate da batteri resistenti sono comparse negli ospedali, dove maggiore era l’uso degli antibiotici, poi i continui interscambi di pazienti hanno diffuso questi ceppi anche
nelle residenze protette. Oggi, la diffusione di ceppi resistenti rappresenta un
allarmante problema di sanità pubblica
in tutto il mondo (14). Le poche rileva-
zioni effettuate in Centri per Lungodegenti dimostrano che la produzione di
ESBL ha una netta prevalenza nei ceppi
di E. coli (20 – 28%), P. mirabilis (29 –
67%) e K. pneumoniae (10 – 20%), percentuali di gran lunga superiori a quelle
rilevate in comunità e anche in molti
Ospedali.
Un ultimo aspetto riguarda altri tipi di
enzimi che si stanno diffondendo negli
Enterobatteri: gli enzimi AmpC, rilevati
in diverse realtà ospedaliere italiane in
ceppi di P. mirabilis, K. pneumoniae, E.
coli, E. cloacae e K. oxytoca. Gli isolati
produttori di questi enzimi creano problemi dal punto di vista diagnostico. Il
risultato di un test di sensibilità eseguito
mediante diffusione in agar su un ceppo
di P. mirabilis produttore di TEM-92 o
di CMY-16 non differisce di molto.
Quando però si esegue un metodo di
conferma per la produzione di ESBL, nel
primo caso (TEM-92) si osserva la presenza di una notevole attività sinergica,
mentre nel secondo caso (CMY-16) questa risulta del tutto assente. Un classico
esempio di questo differente comporta-
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mento è riportato in Figura 7, utilizzando il metodo di approssimazione con
doppio disco per testare la sinergia tra
cefalosporine a spettro esteso ed acido
clavulanico.
Un valido mezzo per identificare con
maggiore certezza la presenza di enzimi
di tipo AmpC è rappresentato dal test di
sensibilità con cefoxitina e cefepime: i
ceppi produttori sono resistenti alla
cefoxitina, mentre il cefepime mantiene
la sua attività (così come i carbapenemi,
attivi sia nei confronti di Enterobatteri
produttori di AmpC sia sugli Enterobatteri produttori di ESBL).
In conclusione, la diffusione di beta-lattamasi a spettro esteso appare in aumento in ambito ospedaliero, con tendenza a diffondere anche in comunità,
particolarmente nelle strutture per lungodegenti. Le specie coinvolte e le differenti varianti prodotte evolvono e richiedono al microbiologo un continuo
aggiornamento delle tecniche diagnostiche. L’evidenza di scambi genetici fra
Enterobatteri e Gram-negativi non fermentanti rappresenta un ulteriore problema che complica l’interpretazione
dei fenotipi di resistenza e rende essenziale un continuo monitoraggio epidemiologico.
Sviluppo ESBLs
in ambito comunitario
e ospedaliero in Italia
Figura 7. Test fenotipici di conferma
Test di sinergia con acido clavulanico
P. mirabilis produttore di TEM-92 P. mirabilis produttore di CMY-16
Test
negativo
ATM
ATM
CTX
CTX
CAZ
CAZ
CRO
CRO
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Test
positivo
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1
- le tetracicline sono inattive sulla
maggior parte di patogeni respiratori;
- le aminopenicilline vengono inattivate dalla produzione di vari tipi di beta-lattamasi (semplici o ad ampio
spettro);
- la resistenza ai macrolidi di S. pneumoniae in Italia supera il 40%;
- i fluorochinoloni, oltre che essere
scarsamente attivi nei confronti di
MRSA e MRSE, oggi risentono delle
resistenze createsi in P. aeruginosa
ma soprattutto in E. coli;
- le cefalosporine di terza generazione,
classe di antibiotici molto importante
in passato sia a livello ospedaliero
che ambulatoriale, hanno problemi
di resistenza soprattutto sui patogeni
Gram negativi difficili (Pseudomonas
e produttori di ESBL);
- in generale, tutti i beta-lattamici sono
inattivi non solo nei confronti dei
ceppi di MRSA, ma anche di quelli
VRE (che sono spesso anche ampicillino resistenti)
- VRE e VRSA, anche se di numero ancora limitato, hanno ridotto l’efficacia
terapeutica dei glicopeptidi, che hanno rappresentato a lungo l’ultimo baluardo verso i patogeni Gram positivi
multiresistenti;
- anche i carbapenemi tradizionali (imipenem e meropenem) risentono dei
meccanismi di resistenza prodotti da
P. aeruginosa e da Acinetobacter spp.
Clinica Malattie infettive, Università di Genova, A.O.Universitaria San Martino di Genova
M. Bassetti1
CONGRESS REPORT
Nel corso degli anni, l’antibioticoterapia
ha avuto un impatto notevole sull’insorgenza e sulla diffusione della resistenze
batteriche, tanto che la situazione attuale può essere definita di “emergenza”,
poiché le armi a disposizione del medico sono sempre meno efficaci. Infatti negli anni ’60 - 70, con l’avvento delle molteplici e innovative classi di antibiotici,
si riteneva che il problema del trattamento delle malattie infettive fosse definitivamente risolto. La situazione attuale
è notevolmente diversa: non solo la resistenza sta interessando la maggior parte
dei batteri patogeni per l’uomo, ma sta
anche coinvolgendo le principali classi
di antibiotici, creando i cosiddetti “superbugs” (Enterobatteri produttori di
ESBL; P. aeruginosa, Acinetobacter spp.
e S. malthophilia multiresistenti; S.
pneumoniae multiresistente – MDRSP;
Enterococchi vancomicino resistenti –
VRE; S. aureus ed epidermidis meticillino resistenti – MRSA e MRSE; S. aureus
vancomicino intermedio o resistente –
VISA o VRSA; M. tuberculosis multiresistente – MDRMT), che interessano soprattutto la realtà ospedaliera e rendono
problematica la gestione terapeutica delle infezioni da essi provocate.
La ricaduta pratica delle resistenze batteriche è che molte classi di antibiotici
hanno perso l’efficacia nei confronti di
determinati patogeni ed in varie situazioni cliniche:
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Dal punto di vista clinico, le risposte ai
problemi batteriologici possono essere
molteplici: l’introduzione nella pratica
medica di nuovi antibiotici, la rivalutazione di vecchi antibiotici (ad esempio,
la colistina, se maneggiata in maniera attenta, riduce la sua tossicità ed è attiva su
alcuni ceppi Gram negativi multiresistenti), la conoscenza dei meccanismi di resistenza per scegliere l’antibiotico più adeguato, la limitazione dell’utilizzo di alcuni antibiotici (in particolare quelli che selezionano più facilmente resistenze, come le cefalosporine ed i carbapenemi attualmente in uso), l’identificazione di
nuove emergenze cliniche (ad esempio,
la comparsa di MRSA di comunità, che
negli USA è diventata un problema rilevante), l’uso di terapie di combinazione
(sfruttare il potere battericida di tipo sinergico di due molecole attive); in generale, occorre che il medico, nell’impostare una corretta terapia antibiotica, utilizzi
in maniera più razionale (quando necessario, su base epidemiologica) ed appro-
priata (posologia ed intervallo di somministrazione adeguati) questi farmaci.
La situazione che riguarda lo sviluppo
di nuovi antibiotici è abbastanza preoccupante, poiché sempre meno molecole
vengono messe a disposizione del medico: infatti, nel quinquennio 1998 –
2002, sono stati registrati solo 6 nuovi
antibiotici, confermando un trend di riduzione iniziato nel decennio precedente (1). Tra le nuove molecole, la
maggior parte di esse ha uno spettro focalizzato verso le specie batteriche
Gram positive multiresistenti (cefalosporine di quinta generazione, linezolid, nuovi glicopeptidi e daptomicina),
che rappresentavano l’emergenza principale degli anni ’80 – ’90. Altri antibiotici hanno uno spettro di attività molto
interessante e promettente, come tigeciclina, attiva nei confronti di tutti i patogeni multiresistenti tranne P. aeruginosa, o i nuovi carbapenemi come ertapenem (tabella 1).
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Esistono diverse strategie per migliorare
l’uso degli antibiotici: le Linee Guida, le
richieste motivate in ambito ospedaliero, la restrizione dell’uso di antibiotici
particolarmente dannosi (ad esempio,le
cefalosporine o i vecchi carbapenemi)
ed il cycling antibiotico (sperimentato
in alcuni reparti particolari come le Terapia Intensive, anche se non sempre si
è rivelato efficace).
I patogeni produttori di beta-lattamasi a
spettro esteso (ESBL) rappresentano un
problema attuale, e sono stati identificati diversi fattori di rischio per la loro selezione, presenti sia in ospedale che in
ambito extraospedaliero: durata della
degenza, gravità della patologia, tempo
di degenza in Terapia Intensiva, intubazione e ventilazione meccanica, cateteri
urinari o vascolari e precedente esposizione a terapie antibiotiche (2-3). Riguardo a quest’ultimo aspetto, uno studio clinico ha dimostrato che alcuni antibiotici selezionavano con maggiore facilità ceppi produttori di ESBL rispetto
ad altri, come ad esempio le cefalosporine di terza generazione, molto utilizzate in Italia a livello ospedaliero (oltre
il 50% di tutti gli antibiotici) (4). Di conseguenza, il trattamento di infezioni da
ceppi ESBL positivi richiede l’impiego
di particolari antibiotici, come i carba-
penemi in uso (imipenem e meropenem), che possono favorire l’emergenza
di altri patogeni resistenti (Acinetobacter spp.) o di sovrainfezioni fungine. La
mancata copertura da parte delle cefalosporine di terza generazione nei confronti di Enterococcus spp. ha portato
all’uso estensivo di vancomicina, responsabile della selezione di ceppi VRE
(5), in continua crescita anche in ambito
italiano. In Italia, la frequenza di isolamento di ceppi produttori di ESBL nell’ambito degli Enterobatteri (in particolare in E. coli, K. pneumoniae e Proteus
spp.) è molto aumentata (6).
Antibioticoresistenza
e utilizzo appropriato
dei carbapenemici
Un’esperienza clinica, effettuata alla fine degli anni ’90 in un ospedale con
problematiche legate alla presenza di
un’elevata percentuale di ceppi MRSA e
di K. pneumoniae resistenti a ceftazidime (probabilmente ESBL positivi), ha
dimostrato che la riduzione dell’uso di
alcuni antibiotici, ed in particolare di cefalosporine, di imipenem, di clindamicina e di vancomicina e l’aumento di altri
(beta-lattamico + inibitore delle betalattamasi) ha provocato, dopo un anno
dall’implementazione di questa strategia, la diminuzione della frequenza di
isolamento sia dei ceppi MRSA che di K.
pneumoniae (Figura 1) (7).
Le scelte terapeutiche per il trattamento
di un’infezione causata da un ceppo
produttore di ESBL sono limitate. Le cefalosporine iniettive di terza generazione, il cefepime, i fluorochinoloni e piperacilina/tazobactam non sono attive nei
confronti di questi patogeni e non dovrebbero essere utilizzate in clinica, anche se esistono segnalazioni di casi trattati con successo con queste molecole
(8-9). I carbapenemi sono sicuramente i
farmaci di scelta in questo ambito: uno
studio clinico ha dimostrato una notevole riduzione della mortalità a 14 giorni
rispetto ad altre classi di antibiotici (5 vs
27%, p = 0.012) in pazienti trattati con
un antibiotico carbapenemico (figura 2)
(10).
Quale carbapenemico deve essere utilizzato per la terapia delle infezioni pro-
CONGRESS REPORT
Dal punto di vista pratico, un modo
semplice per controllare l’insorgenza di
nuove resistenze potrebbe essere la diminuzione dell’uso delle terapie antibiotiche, riducendo in tal modo la pressione selettiva, ma non sempre è possibile, poiché i pazienti con infezione devono essere trattati in maniera adeguata. Di più facile realizzazione è invece
l’aumento dell’efficacia delle terapie,
adeguando la posologia del farmaco alle caratteristiche del paziente e della
malattia, utilizzando le associazioni di
antibiotici e garantendo al paziente la
miglior terapia ragionata possibile. Un
altro sistema consiste nel massimizzare
l’effetto dell’antibiotico, impedendo l’esposizione del batterio a concentrazioni
sub-ottimali di antibiotico, fattore favorente l’insorgenza di resistenza.
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Figura 1. Impatto di una strategia di sostituzione di
antibiotici su MRSA e K. pneumoniae resistente a
ceftazidime
No. di nuovi pazienti
per 1.000 dimissioni
25
20
15
10
5
P = 0.03
0
MRSA
Periodo basale
P = 0.02
K. pneumoniae
resistente a ceftazidime
Periodo postpost-intervento
Landman D et al. Clin Infect Dis. 1999;28:10621999;28:1062-1066.
Figura 2. Implicazioni della produzione di ESBL da
parte di K. pneumoniae sulla mortalità in funzione
del trattamento antibiotico
30
25
14-day mortality (%)
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20
p = .012
15
10
5
0
Carbapenem
Other active antibiotics
Paterson D. et al. Clin Infect Dis. 2004; 39: 3131-7.
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vocate da un ceppo ESBL produttore?
Sulla base dei risultati di uno studio di
sorveglianza italiano, entrambi i carbapenemi attualmente in uso (imipenem e
meropenem) sono pienamente attivi
(100% dei ceppi sono sensibili ai carbapenemi). Ertapenem, già disponibile
per l’uso clinico da un paio di anni, possiede un’ottima attività nei confronti di
questi patogeni, simile a quelle degli altri due composti della stessa classe (tabella 2) (11-13). Inoltre, i valori di Minima Concentrazione Inibente (MIC) di
ertapenem nei confronti di ceppi di K.
pneumoniae produttore di beta-lattamasi a spettro esteso e di AmpC sono
estremamente bassi (tabella 3) (14).
Nel caso di episodi epidemici causati da
ceppi produttori di ESBL occorre prestare la massima attenzione. Uno studio ha
dimostrato come la riduzione dell’utilizzo di cefalosporine di terza generazione
ed il conseguente aumento dell’impiego
di imipenem abbia risolto l’emergenza
legata ai ceppi ESBL positivi, ma selezionato nello stesso momento ceppi di
P. aeruginosa resistenti ai carbapenemi
(15).
Antibioticoresistenza
e utilizzo appropriato
dei carbapenemici
La produzione di beta-lattamasi può interessare anche Pseudomonas aeruginosa. In un Reparto di Terapia Intensiva
di un importante Ospedale del Nord Italia si è verificata un’epidemia causata da
ceppi di P. aeruginosa produttori di
ESBL tipo PER-1 con iperproduzione di
AmpC. I 108 ceppi isolati di P. aeruginosa erano resistenti sia a diversi antibiotici ad ampio spettro (piperacillina,
ceftazidime,
cefepime,
aztreonam,
amikacina, gentamicina, tobramicina e
ciprofloxacina) sia a disinfettanti (clorexidina, iodio povidone) (16). Da una
parte sono state implementate alcune
misure igieniche, mentre la disinfezione
delle ulcere è stata attuata mediante
mercurocromo e nitrato d’argento; dall’altra parte è stata adottata una terapia
antibiotica con carbapenemi. L’episodio
epidemico è stato controllato, ma in seguito alla terapia antibiotica sono stati
selezionati ceppi di P. aeruginosa e di P.
putida resistenti ai carbapenemici (16).
Farmaco
Imipenem
Meropenem
Ertapenem
Amikacina
Gentamicina
Ciprofloxacina
% sensibilità
100
100
100
90 – 95
42 – 56
52 – 66
Mulvey et al. AAC 2004; 48:1204: Hernandez et al.
AAC 2005; 49:2122; Samaha-Kfoury et al. AJIC 2005; 33:134
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Tabella 2. Enterobacteriaceae produttori di ESBL.
Sensibilità a farmaci potenzialmente attivi
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Tabella 3. Attività microbiologica in vitro:
Ertapenem vs. farmaci di confronto
Enterobacteriaceae con potenti betalattamasi*–MIC 90 (µg/ml)
Beta-lattamasi
Ertapenem
Imipenem
ESBL-producing
Klebsiella
0.06
0.5
AmpC-hyperproducing 0.015–0.5
Enterobacteriaceae
Piperacillin/
Cefepime Ceftazidime tazobactam
8
0.25–1.0 0.5–4.0
>128
>128
>128
>128
*181 ceppi di Klebsiella produttori di ESBL (raccolti da pazienti ricoverati in ICU nel Sud e Nord Europa)
Livermore DM et al Antimicrob Agents Chemother 2001;45:2831–2837
Una review recente ha valutato i fattori
di rischio per la selezione di ceppi di P.
aeruginosa multiresistenti.
L’analisi multivariata ha mostrato che
l’esposizione ai carbapenemi era associata allo sviluppo di ceppi di P. aeruginosa sensibili solamente alla polimixina
(P = 0.001) (17).
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La correlazione diretta tra impiego clinico di imipenem e aumento di ceppi resistenti è evidente da tempo: all’aumentare del consumo di farmaco, si verifica
un aumento parallelo e concomitante
della resistenza in P. aeruginosa (rischio 44 volte maggiore rispetto a ceftazidime) (18-19).
Acinetobacter baumanii, isolato sempre più frequentemente in pazienti ricoverati in Terapia Intensiva, è un patogeno multiresistente, sensibile in alcuni
casi solo alla polimixina. Anche Stenotrophomonas maltophilia, nuovo patogeno emergente in pazienti immunodepressi in Terapia Intensiva, presenta
problemi di gestione terapeutica.
In entrambi i casi, è stato dimostrato che
l’uso dei carbapenemi di vecchia generazione (imipenem e meropenem) rappresenta un fattore di rischio per l’aumento delle resistenza in questi patogeni (20-21).
I carbapenemi attualmente disponibili
in Italia sono tre, e appartengono al
gruppo 1: l’ertapenem (con attività limitata nei confronti di bacilli gram-negativi non fermentanti) e al gruppo 2: imipenem, meropenem e altri in fase di studio (attivi anche nei confronti di P. aeruginosa e Acinetobacter spp). Al gruppo 3 appartengono molecole sperimentali ad attività anti-MRSA (tabella 4) (2224). Nel corso dello sviluppo clinico, ertapenem ha dimostrato di causare una
minima selezione di resistenza in P. aeruginosa (lo svantaggio dell’inattività
nei confronti di questo patogeno si traduce nel vantaggio di non selezionare la
resistenza in vivo). Inoltre, i carbapenemi (compreso ertapenem, come dimostrato da recenti studi in vitro), non
avendo selezionato resistenze nei ceppi
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Tabella 4. Classificazione dei carbapenemi
Carbapenemi di
GRUPPO 1
(infezioni su base
ospedaliera - attività
limitata nei confronti di
bacilli gram-negativi
non fermentanti)
Ertapenem
Carbapenemi di
GRUPPO 2
(infezioni nosocomiali attività su Pseudomonas e
Acinetobacter)
Imipenem
Meropenem
Panipenem
Biapenem
Doripenem *
(sperimentale)
Aspetti
microbiologici
Carbapenemi di
GRUPPO 3
(Attività su MRSA)
CS-023 *
(sperimentale)
* prodotti non in commercio in Italia
MRSA=methicillin-resistant S. aureus
Adattata da Shah PM, Isaacs RD J Antimicrob Chemother 2003;52:538–542; Thomson KS, Smith
Moland E J Antimicrob Chemother 2004;54:557–562; Mouton JW et al Clin Pharmacokinet
2000;39:185–201.
moniti acquisite in comunità, infezioni
complicate delle vie urinarie, infezioni
complicate della cute e dei tessuti molli
ed infezioni del piede diabetico senza
osteomielite.
Dai dati esposti si possono trarre alcune
importanti considerazioni.
La prevalenza di ceppi di Enterobatteri
produttori di ESBL è in continua crescita
a livello nazionale, sia in ospedale che
in comunità;
la resistenza in P. aeruginosa e Acinetobacter spp. è ormai giunta a livelli
preoccupanti, ed è correlata al notevole
ed indiscriminato utilizzo dei “vecchi”
carbapenemici (imipenem e meropenem);
alcune molecole attualmente a disposizione del medico, come il nuovo carbapenemico ertapenem, o ancora in fase
di sviluppo clinico possiedono notevoli
potenzialità nel trattamento di infezioni
ospedaliere da Gram-negativi multiresistenti non fermentanti.
CONGRESS REPORT
di Enterobacteriaceae nonostante l’uso
ventennale, rimangono totalmente attivi
nei loro confronti ed i farmaci di scelta
per il trattamento di infezioni da questi
patogeni, compresi i ceppi produttori di
ESBL (25-30). L’attività in vitro di ertapenem è di tipo battericida rapido nei
confronti di Enterobacteriaceae ESBL
positive, come dimostrato da un recente
studio che ha valutato le curve di batteriocidia di ertapenem, ceftriaxone e di
piperacillina/tazobactam su E. coli. Già
dopo 4 ore è stata ottenuta la completa
eradicazione batterica dei ceppi di E.
coli dopo esposizione a ertapenem (figura 3) (31). Un altro aspetto importante riguarda lo sviluppo di resistenze:
uno studio clinico ha dimostrato che in
pazienti con infezione intra-addominale, il trattamento con ertapenem ha provocato una minore selezione di resistenze rispetto alla terapia di associazione
ceftriaxone + metronidazolo (figura 4)
(26). Sul piano clinico, ertapenem ha dimostrato un’ottima efficacia nel trattamento di infezioni complicate intra-addominali, infezioni pelviche acute, pol-
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Figura 3. Attività battericida in vitro di Ertapenem
nei confronti di E. coli ESBL-produttore
101
Kill rate vs. ESBL+ E. coli CL 12082
0
Ertapenem 10 µg/ml
Ceftriaxone 28 µg/ml
Piperacillin/tazobactam 11.5/1.4 µg/ml
Growth control
CFU/ml
108
106
104
100
1 0 2
24
4
6
8
10 12 14 16 18 20 22
Tempo (ore)
Riduzione di CFU/ml (log10)
6 ore
24 ore
Ertapenem
5.30
5.30
Ceftriaxone
2.10
4.25
Crescita
Crescita
Piperacillin/tazobactam
Dorso K et al. Presented at the American Society for Microbiology, Salt Lake City, UT, USA, May
19–24, 2002 (Poster A-156).
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