ECONOMIA AZIENDALE - LEZIONE 11 Dott. Fabio Monteduro, Dott.ssa Sonia Moi, Dott.ssa Irene Salerno Pianificazione, programmazione e controllo Introduzione Nelle precedenti lezioni, abbiamo visto che l’economia aziendale, secondo Zappa, unisce la dottrina della gestione a quella dell’organizzazione economico-aziendale. Secondo tale impostazione, quindi, l’economia aziendale è composta dalla ragioneria, ossia la registrazione, la rappresentazione e l’interpretazione dei dati e dei risultati delle operazioni aziendali, dalla tecnica amministrativa (o gestione) ovvero quelle le operazioni economiche, combinate e collegate, da intraprendere o intraprese, per l’ottenimento degli scopi aziendali e dall’organizzazione aziendale che, come abbiamo avuto modo di analizzare, si occupa delle combinazioni dei fattori materiali e immateriali che operano nell’azienda, la struttura organizzativa e le relative funzioni aziendali. Secondo tale impostazione, la pianificazione, programmazione e controllo, rientrano in quella che può essere considerata la categoria della tecnica amministrativa (la gestione d’azienda). Nelle pagine che seguono, verrà illustrato il concetto di “ciclo di programmazione e controllo” e verrà analizzato il perché riveste un’importanza fondamentale per le aziende. Il ciclo di programmazione e controllo I Sistemi di Pianificazione e Controllo permettono ai manager, ai vari livelli, di accertarsi che la gestione si stia svolgendo in condizioni di efficienza ed efficacia tali da permettere il raggiungimento delle finalità istituzionali (ed il soddisfacimento dei bisogni). Pertanto, come già stato analizzato, è necessario individuare i bisogni e le necessità degli stessi e, rispetto a questi, si reperiscono le risorse necessarie e si attiva il processo produttivo. Come si evince dalla figura 1, è necessario capire se tutto quello che viene posto in essere dall’azienda, sia essa pubblica o privata, è efficiente nell’uso delle risorse ed efficace nel risultato. Avendo delle risorse a disposizione, bisogna effettuare una valutazione di efficienza, cioè capire se si sta facendo in modo che ciascuna di queste risorse sia sfruttata e valorizzata al massimo, valutando quindi il rapporto tra quanto l’azienda produce rispetto alle risorse che ha a disposizione (quantità di output/quantità di input). Un altro tipo di valutazione da fare è quella di efficacia, che permette di verificare se, attraverso la produzione di un dato bene e/o servizio, l’azienda sia riuscita a rispondere ad uno o più bisogni precedentemente individuati (obiettivi attesi/risultati ottenuti). La valutazione dell’efficacia e dell’efficienza non è però sufficiente all’azienda per capire se ha realizzato una gestione corretta della propria attività. C’è infatti un terzo elemento da tenere in considerazione, l’economicità, condizione che riguarda la capacità di un’azienda di persistere nel tempo e di perseguire le finalità per cui è nata. L’attività di programmazione e controllo è, quindi, di fondamentale importanza per un’azienda che, nel corso della gestione, può incontrare alcune condizioni di criticità (mancanza di risorse, obiettivi diversi e confliggenti, molteplicità di soggetti da gestire, numerosità di competenze richieste, ecc.) anche nel caso in cui si tratti di un contesto di successo. Fig. 1: valutazione di efficienza, efficacia ed economicità Attraverso la pianificazione (che consente di fissare gli obiettivi) ed il controllo (che consente di verificare se tali obiettivi siano stati raggiunti ed in che misura) un’azienda può comprendere l’andamento della sua attività di gestione e capire se e in che modo migliorarla. È, dunque, necessario che il sistema di programmazione e controllo sia implementato in maniera opportuna, in particolar modo, che tutte le sue componenti siano strutturate in maniera tale da permetterne il corretto funzionamento al fine di ottenere un sistema che sia effettivamente utile all’azienda per il proprio processo decisionale e di formulazione della strategia. Tutte le fasi della programmazione e controllo sono collegate; il ciclo di programmazione e controllo, come si evince anche dalla figura successiva, descrive il legame e le interazioni esistenti tra di esse. Fig. 2: il ciclo di programmazione e controllo In sintesi, è possibile individuare le seguenti fasi: Definizione delle strategie: è la prima fase, in cui l’azienda definisce le priorità strategiche di medio-lungo periodo. Programmazione: è l’attività che permette di passare dalla strategia al risultato e fissare gli obiettivi specifici; a differenza della pianificazione strategica, la programmazione operativa è di breve periodo (trimestre, semestre, anno). Budgeting: è la fase che permette di capire le risorse che l’azienda ha a disposizione rispetto ai piani e programmi predefiniti. Azione e misurazione: per azione si intende la fase in cui si realizza l’attività operativa. La fase di misurazione, invece, consiste nell’acquisizione di un’informazione organizzata relativamente a determinati fenomeni ed è fondamentale per l’azienda per misurare i risultati ottenuti e capire, dunque, cosa l’azienda fa e soprattutto in che modo. Reporting e Controllo: la rendicontazione (o reporting) è la fase ed il complesso degli strumenti con cui le informazioni di performance vengono sistematizzate, rappresentate e comunicate ai vari soggetti interessati all’attività di ciascuna organizzazione; si parla di rendicontazione interna ed esterna a seconda che i destinatari siano interni o esterni. Il controllo interno è un sistema manageriale volto a fronteggiare i rischi e a fornire una ragionevole assicurazione che, nel perseguimento della missione di una data organizzazione, siano raggiunti gli obiettivi di efficienza, efficacia, accountability1, conformità a leggi e regolamenti, salvaguardia delle risorse contro sprechi e abusi. Da quest’ultima fase, come si evince anche dalla figura, può derivare, a seconda della verifica e delle attività poste in essere, la modifica delle strategie per l’anno consecutivo, la revisione dei programmi e del budget ed eventuali azioni correttive da porre in essere. Inoltre, le componenti del sistema, che devono essere strutturate con un certo criterio per essere utili al management ai fini decisionali, possono essere individuate in: struttura organizzativa, sistema informativo, processo, rilevazioni ed informazioni di supporto alla pianificazione, alla programmazione e al controllo. Per quanto riguarda la struttura organizzativa, particolare importanza riveste la distribuzione delle responsabilità all’interno dell’organizzazione. Infatti, durante la pianificazione e la programmazione vengono individuati degli obiettivi che devono essere raggiunti dall’azienda. Poiché l’azienda è composta da un numero più o meno elevato di individui, è necessario che vengano individuati dei responsabili del raggiungimento degli stessi (i manager, dirigenti -la linea manageriale intermedia-), in grado di orientare il resto dei dipendenti al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione senza, quindi, perdere di vista da una parte l’individualità, dall’altra l’unitarietà del processo. Il sistema informativo aziendale, come abbiamo visto nella precedente lezione, consente di immagazzinare tutte le informazioni di utilità interna ed esterna all’azienda. Risulta particolarmente utile nel ciclo di programmazione e controllo perché da una parte consente di reperire in maniera immediata le informazioni di cui si necessita per realizzare il piano strategico, dall’altra consente di effettuare il controllo sul raggiungimento degli obiettivi. Il processo, invece, si riferisce a tutte quelle attività progettate per il raggiungimento degli obiettivi definiti. Per poter porre in essere un processo coerente, come precedentemente individuato, è necessario effettuare un’analisi dei vincoli interni ed esterni all’azienda, per identificare la fattibilità degli obiettivi e gli eventuali fattori ostativi. Dopo aver acquisito tali informazioni (che andranno ad alimentare il sistema informativo aziendale), è indispensabile attuare la pianificazione aziendale, attraverso l’individuazione delle strategie di lungo periodo. Infatti, pianificare, per un’azienda, significa determinare una serie di decisioni che riguardano le attività e la gestione futura della stessa. La pianificazione consiste, quindi, nell’identificare le aspettative degli stakeholder di riferimento e, successivamente, nella scelta di una strategia tale da permettere il raggiungimento di tali obiettivi. In tal senso, l’output della pianificazione è un documento strategico, in cui vengono individuati ed esplicitati obiettivi e le combinazioni scelte per il loro raggiungimento. La scelta della strategia, in particolare, avviene attraverso l’identificazione delle possibili alternative dell’azienda per competere nel mercato ed attrarre un numero sempre maggiore di clienti e la valutazione della strategia competitiva in base alle capacità e alle aspettative degli stakeholder (tutti i portatori di interesse) dell’azienda. La pianificazione, quindi, si esplica attraverso la definizione di obiettivi aziendali che sono definiti, in particolar modo da cinque categorie di stakeholder: i clienti, il personale, i fornitori, gli azionisti e la comunità. Poiché gli stakeholder sono in grado di influenzare il raggiungimento degli obiettivi dell’azienda e di decretarne il successo o il fallimento, il ruolo della pianificazione strategica è quella di definire le relazioni tra questi soggetti per fare in modo che l’azienda sia in grado di gestirle e governarle. Pertanto, la pianificazione strategica consiste nello sviluppo di un insieme di contratti correlati (impliciti o espliciti) stabiliti tra l’azienda e i suoi principali gruppi di stakeholder, affinché tutti si impegnino per il raggiungimento degli obiettivi dell’azienda. Il risultato della pianificazione, quindi, consiste nella progettazione ed implementazione di specifici processi per il perseguimento delle strategie aziendali (es. logistici, produttivi, ecc.) e nel controllo, in termini di performance, degli stessi, in termini di raggiungimento degli obiettivi dell’azienda. La pianificazione dell’azienda deve basarsi su due importanti fondamenti: La decisione sui mercati in cui competere, che definisce la natura delle relazioni tra cliente e azienda; La progettazione degli specifici processi che l’azienda utilizzerà per il soddisfacimento delle aspettative dei clienti, che definisce la natura delle relazioni tra l’azienda, il personale e i fornitori, e rispecchiano le attese di azionisti e comunità di riferimento. Questo significa che l’azienda, per poter formulare una pianificazione efficace, deve necessariamente tener conto delle attese dei clienti, della comunità in cui opera e dei propri azionisti simultaneamente. Un modo per riuscire a raccogliere le esigenze di questa pluralità di stakeholder è un’attenta analisi del contesto di riferimento (interno ed esterno) attraverso la SWOT analysis. Con il termine SWOT, acronimo di Strenghts – Weaknesses – Opportunities – Threats, ossia Forza Debolezza Opportunità Minacce, si intende un modello di analisi che permette di distinguere le competenze distintive dell’organizzazione ed i suoi fattori chiave si successo, al fine di focalizzare l’attenzione su quei fattori che possono incidere sul conseguimento degli obiettivi dell’azienda. Box 1: L’analisi SWOT dell’ENAC* L’Enac, Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, è un Ente pubblico non economico, sottoposto all’indirizzo, vigilanza e controllo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nato con l’obiettivo di razionalizzare gli organismi preposti al settore dell’aviazione civile. L’esame del contesto in cui opera l’Enac è stata effettuata attraverso una analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats) che ha permesso di identificare i principali soggetti e fattori che influenzano l’azione dell’Ente. L’applicazione di detta metodologia nell’Enac è avvenuta con il coinvolgimento di tutti i Direttori Centrali e della Direzione Generale e ha permesso, anche a valle dell’analisi e selezione degli Stakeholder, di definire al meglio il contesto operativo attuale e gli scenari futuri per il settore dell’aeronautica civile. La definizione dei principali elementi di Forza-Debolezza, Opportunità-Minaccia è stata a sua volta guida per la focalizzazione delle principali priorità strategiche su cui intervenire in termini di: - Sfruttare le Opportunità - Mitigare le Minacce - Limitare/Superare le Debolezze - Consolidare le Forze L’analisi del contesto interno ed esterno, quindi, hanno consentito all’Enac di rilevare i fattori che influenzano le attività poste in essere dall’ente al fine di predisporre una pianificazione strategica in linea con le reali esigenze dell’organizzazione e degli stakeholder di riferimento. Il risultato di tale analisi è una matrice in cui vengono elencati i punti su cui l’Enac dovrà intervenire (in termini di opportunità o presidio) nella pianificazione strategica ed operativa dell’ente. * Tratto dal Piano delle Performance 2011-2013 dell’Enac Dopo aver effettuato l’analisi del contesto interno ed esterno, l’organizzazione dovrà redigere quello che è l’output della pianificazione dell’ente, ossia il piano strategico, che deve essere coerente con la propria missione e fattibile (attraverso la verifica delle risorse già a disposizione o acquisibili). La pianificazione, pertanto, obbliga ciascuna organizzazione a “guardarsi dentro” e capire quali sono gli obiettivi desiderabili e quali quelli fattibili e, soprattutto, a quali condizioni. Le condizioni rispetto alle quali determinate cose sono possibili, rappresentano la parte più complicata di un sistema di programmazione e controllo. Il piano strategico, in particolare, individua: le finalità strategiche (a lungo termine) e gli obiettivi operativi (a breve-medio termine); gli strumenti operativi; i soggetti erogatori e beneficiari; i processi di erogazione di un servizio; i fattori di rischio e delle relative misure di prevenzione e gestione; gli output attesi; Inoltre, il piano copre diverse dimensioni di analisi. Tipicamente queste sono: Strategia Organizzazione Economia e finanza Assetti giuridici Relazioni istituzionali Poiché coinvolge le dimensioni della struttura produttiva e l’immagine aziendale la programmazione deve essere di lungo periodo, in quanto riguarda aspetti che difficilmente possono essere modificati nel breve periodo. Fare un piano consiste soprattutto nel saper declinare gli obiettivi. È l’unico modo che un’organizzazione ha a disposizione per scegliere correttamente gli strumenti ed avere delle misure di riferimento (target) per verificare se si sta muovendo nella giusta direzione (controllo). La prassi, tuttavia, dimostra che non sempre gli obiettivi vengono declinati in maniera coerente con la propria struttura organizzativa, mission e vision, e non sempre vengono individuate delle misure che permettono, in maniera univoca, di valutare il raggiungimento o meno dell’obiettivo. Box 2. Il Piano strategico di sviluppo culturale della Reggia di Monza. Il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza è stato costituito nel 2009 al fine di valorizzare la Villa Reale ed il Parco di Monza, attraverso la realizzazione del restauro e garantendone la conservazione ed il miglioramento con lo scopo di garantire, migliorare ed aumentare la fruizione pubblica del Parco e della Villa e la realizzazione, al suo interno, di eventi culturali. Assumendo come presupposti il vincolo di una gestione economicamente sostenibile e gli obblighi inerenti la tutela, valorizzando l’unitarietà storica finalmente ricostituita del complesso monumentale della Villa, dei suoi Giardini e del Parco, il Consorzio - in coerenza con il suo statuto e con il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio - ha predisposto il presente Piano strategico di sviluppo culturale, che, in questa sua prima versione, mira essenzialmente a legare le priorità di start up al complesso di finalità e di attività contemplate all’articolo 2 dello statuto. Il piano, prevede una serie di attività volte al recupero, valorizzazione e gestione oculata della Villa e del Parco, al fine di promuovere il turismo culturale all’interno dell’area del Consorzio Box 3. Il Museo OTAGO Nel gennaio del 2010, Chris Farry, Chief Financial Officer del Museo Otago, è stato incaricato dal ceo per progettare un processo di Balanced Scorecard (BSC) per il museo. Prima di poter introdurre la Balanced scorecard, è necessario individuare chiaramente l'obiettivo strategico del museo, i temi strategici di business che supportano l'obiettivo, e le relazioni causa-effetto che legano le dimensioni della BSC con i temi e gli obiettivi strategici dell’organizzazione. IL BACKGROUND Il Museo di Otago in Nuova Zelanda ha iniziato ad operare il 15 settembre 1868. Si trattava di una organizzazione nonprofit la cui missione era quella di fornire "assistenza e sviluppo" alla sua comunità di riferimento. Il museo si vantava della sua capacità "di acquisire, registrare, ricercare, conservare, comunicare ed esporre le testimonianze materiali dell'umanità, la conoscenza e l'ambiente per l’educazione, l’intrattenimento e l’ispirazione delle comunità locali e dei visitatori”. L’IDENTIFICAZIONE DELLA VISION La vision del Museo, come dichiarato dalla relazione annuale dell’ente, può essere identificata nell’affermazione “Essere un museo ispiratore di cui il popolo di Otago e della Nuova Zelanda possano essere orgogliosi", completata dalla seguente affermazione: “Ispirare e arricchire le nostre comunità, e migliorare la comprensione del mondo attraverso la nostra collezione, il nostro popolo e le storie che condividiamo". REALIZZARE LA MISSION E LA VISION: GLI OBIETTIVI STRATEGICI Per la realizzazione della mission e della vision dell’ente, il museo Otago si focalizzava su tre aree: cultura, natura e scienza, completati dai seguenti obiettivi strategici: 1. Sviluppare la nostra cultura e le capacità; 2. Evoluzione e crescita continue; 3. Aumentare costantemente il coinvolgimento e la qualità dell’esperienza per le nostre comunità attraverso l'accesso al museo e la divulgazione; 4. Avere attivamente cura, proteggere, e sviluppare le nostre collezioni e l'ambiente fisico circostante; 5. Aumentare le nostre risorse e usarle con saggezza; 6. Costruire e contribuire alla partnership produttive e alleanze strategiche Gli obiettivi strategici, ed in particolare la capacità del museo di raggiungere gli obiettivi, sono stati sostenuti da tre principi chiave: 1. il museo deve essere visto come un leader della comunità nell'offerta di conoscenza , opportunità di apprendimento ed esperienze che sono rilevanti, contemporanee, ampiamente accessibili e di elevata qualità; 2. il personale ed il management devono lavorare insieme per ottenere una gestione positiva e per migliorare le risorse e le competenze di ciascun individuo; 3. il museo deve garantire una cultura positiva ed in continua evoluzione,dove ognuno si assume la responsabilità dei comportamenti individuali e collettivi dimostrando valori concordati, e correggere quelli inaccettabili, secondo quanto stabilito collettivamente e individualmente anche attraverso l'auto valutazione e la valutazione tra pari. L’ANALISI INTERNA ED ESTERNA E LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA ED OPERATIVA Attraverso un’accurata analisi interna ed esterna, sfociata in una matrice swot, il Museo di Otago ha individuato i suoi punti di forza e debolezza, minacce e opportunità, al fine di realizzare una programmazione strategica ed operativa mirata. Per poter competere in un ambiente altamente competitivo, il Museo, formulando una pianificazione strategica intelligente, il museo ha operato ciò che chiama “Risorse, Operazioni e priorità (ROP) del sistema. Ogni anno il sistema ROP ha prodotto un dettagliato piano annuale e un piano triennale ed un piano quinquennale di sviluppo. Questi piani, insieme, formano ciò che il museo definisce la sua "Dichiarazione di intenti". In particolare, i piani annuale e triennale contengono gli obiettivi prioritari del museo e le risorse necessarie (umane e finanziarie) per il raggiungimento degli obiettivi per ciascuno dei due periodi di tempo specifici. Fonte: Richard Ivey School of Business Foundation Box 4. Pianificazione strategica: l’Auckland Museum Auckland War Memorial Museum è il primo museo Neozelandese. Fondato nel 1852 in un cottage nel quartiere centrale di Grafton, l’Auckland Museum è conosciuto per le sue collezioni di rilevanza internazionale. Il Museo racconta la storia della Nuova Zelanda e la sua gente. Possiede importanti collezioni Maori e del Pacifico, significative risorse di storia naturale e collezioni di storia sociale e militare, così come arti decorative e collezioni pittoriche. Il Museo è sede di milioni di oggetti, fornisce servizi di formazione a più di 60.000 bambini in età scolare ogni anno ed è uno dei più popolari attrazioni turistiche Neozelandesi che conta circa mezzo milione di visitatori ogni anno. Nel suo Annual Plan, il Museo prevede degli obiettivi strategici di medio periodo, delle attività e delle misure di performance al fine di misurare il grado di raggiungimento degli obiettivi. Fonte: http://www.aucklandmuseum.com/ Successivamente la pianificazione viene trasformata in programmazione operativa, attraverso l’individuazione di obiettivi di breve periodo e di attività che rendono possibile il raggiungimento degli obiettivi di lungo periodo in relazione ai mezzi (finanziari, ecc.) a disposizione. Pertanto, è possibile individuare nella dimensione della pianificazione, la definizione della strategia di medio lungo periodo dell’azienda, mentre la programmazione si riferisce ad un arco temporale di più breve periodo. È in questo momento che vengono individuate le diverse responsabilità in capo ai soggetti aziendali e le azioni per risolvere i problemi della gestione corrente. Box 5. Pianificazione strategica e programmazione operativa: l’albero della Performance dell’ACI L'Automobile Club d'Italia è un Ente pubblico non economico senza scopo di lucro, a base associativa, che istituzionalmente rappresenta e tutela gli interessi generali dell'automobilismo italiano, del quale promuove e favorisce lo sviluppo. E’ una delle più grandi Associazioni italiane e conta oggi n.1.098.470 di associati. Ricompreso - ai sensi della legge 20 marzo 1975, n. 70 (cd. legge del parastato) - tra gli “enti preposti a servizi di pubblico interesse”, l’ACI è la Federazione che associa 106 Automobile Club provinciali e locali, anch’essi Enti pubblici non economici con propria autonomia, a base associativa e senza scopo di lucro. L’albero della performance è uno strumento che permette di rilevare e sistematizzare in maniera semplice il collegamento tra gli indirizzi del top management, gli obiettivi strategici e gli obiettivi operativi e, quindi, il loro stretto collegamento. La figura sotto dimostra, infatti, in che modo le priorità politiche vengono declinate in strategie e come, per ogni obiettivo strategico, vengano individuati degli obiettivi operativi (di breve periodo). Inoltre, per ogni obiettivo operativo dovranno essere declinate delle attività da porre in essere al fine di raggiungere gli obiettivi prestabiliti. Alla programmazione operativa, seguono tutte le attività poste in essere dai soggetti aziendali per la realizzazione degli obiettivi individuati, che saranno, poi, oggetto di controllo (di cui si parlerà nel dettaglio nel prossimo paragrafo). Questo deve essere attuato durante lo svolgimento delle attività aziendale (orientata al raggiungimento degli obiettivi), perché permette, eventualmente, di intraprendere le azioni correttive per reindirizzare la gestione sulla scorta di quanto previsto nella programmazione e/o modificare la stessa programmazione al variare delle condizioni ambientali (interne ed esterne) che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi inizialmente programmati. In particolare, è possibile identificare due cause principali di scostamento: interna, consistente in una serie di inefficienze verificatesi in qualche reparto aziendale; tali inefficienze possono essere eliminate attraverso opportune azioni correttive, intervenendo sulla fase operativa, per evitare che in futuro si ripeta il motivo che ha generato lo scostamento; esterna, e quindi non controllabile dall’azienda, che possono essere eliminate attraverso la modifica dei programmi precedentemente stabiliti, al fine di evitare il mantenimento di obiettivi irrealizzabili. Infine, tra le rilevazioni ed informazioni di supporto alla pianificazione, alla programmazione e al controllo, acquisiscono una certa importanza le informazioni che derivano dall’analisi dei costi. Come stato già precedentemente analizzato, costituiscono dei parametri importanti per l’individuazione di scelte e decisioni ritenute più opportune dal management. Le decisioni che il management prende, dipendono anche dalle risorse umane e finanziarie che devono essere impiegate per il loro raggiungimento, pertanto l’analisi dei costi diviene di fondamentale importanza nel processo di pianificazione, programmazione e controllo. Nel primo caso, basti pensare al confronto tra i risultati a consuntivo e quelli previsti a budget. Nel secondo caso, invece, si fa riferimento alle scelte di make or buy. BOX 6. Le decisioni aziendali: make or buy? Il caso della Kentucky Motors Inc In anni recenti, molti manager si sono trovati davanti al problema di ridurre i costi e aumentare la competitività dei propri prodotti per poter continuare a stare sul mercato. Una di queste decisioni si sostanzia nel make or buy, ossia quella particolare decisione relativa alla convenienza a realizzare internamente il prodotto o acquistare all’esterno (da un subfornitore) una parte o un componente del prodotto. Il settore automobilistico, in particolare, è quello che, per le sue peculiarità, più spesso si è trovato ad affrontare problemi di make or buy (si pensi a tutto l’indotto Fiat). Verrà di seguito, brevemente analizzata la decisione di make or buy della Kentucky Motors, Inc. La società fabbricava nel proprio impianto circa il 15% delle lampadine richieste per le proprie automobili. Nell’ambito di una serie di decisioni volte alla riduzione dei costi, il manager della produzione voleva valutare la possibilità di acquistare in outsourcing (da un fornitore esterno anziché produrle direttamente in azienda) tutte le lampadine. Chiese, quindi, i preventivi delle lampadine fabbricate da altre imprese, per capire se vi era o meno la convenienza di acquistare da produttori esterni piuttosto che continuare a produrre una quantità di lampadine all’interno. Le lampadine delle aziende in questione presentavano dei costi inferiori ai costi totali di produzione interna. Posta tale premessa, il manager della produzione dovrebbe accettare l’offerta dei fornitori esterni? In che modo dovrà essere presa la decisione? Quali i parametri da considerare? Per rispondere a tali domande è necessario analizzare quali costi sono rilevanti per poter prendere la suddetta decisone. In particolare esistono dei costi (detti evitabili), che sono quei costi che sono eliminati quando un prodotto, una linea di prodotto o un segmento produttivo sono eliminati. In particolare, acquistando dall’esterno la Kentucky Motors ridurrebbe: Costi per i materiali diretti; Costi legati alla manodopera diretta; Costi indiretti legati all’unità di prodotto; Costi indiretti di supporto al prodotto; È, inoltre, necessario considerare i costi connessi ai macchinari (restano inutilizzati? Possono essere utilizzati per altre produzioni?) che rappresentano i costi fissi. La messa in relazione di tali costi con quelli che l’azienda dovrebbe sostenere per l’acquisto dal fornitore esterno, indica la convenienza della decisione di make or buy, in particolare: Se costi evitabili > costo della subfornitura esterna = BUY Se costi evitabili < costo della subfornitura esterna = MAKE BOX 7. La Pianificazione Strategica: Il Parco della Maalga e dei Porti Punici.* Il Parco della Maalga e dei Porti Punici di Tunisi, si collocano nella più ampia area del Parco Nazionale di “CartagineSidi Bou Said”, un’area che si estende per circa 150 ettari, che presenta diversi siti culturali di grande rilievo (di cui due iscritti nel patrimonio UNESCO). Il primo passo nella definizione della Pianificazione Strategica è stata l’analisi del contesto territoriale di riferimento, attraverso la quale sono stati identificati i punti di forza e i punti di debolezza del sistema, le minacce e le opportunità. In particolare, è stato rilevato che “il sistema nazionale della Tunisia si caratterizzava, da più di un decennio, per elevati tassi di crescita degli indicatori economici e sociali, sia in relazione alla media delle economie africane in generale”. Si era rilevato inoltre, che il turismo della Tunisia, era perlopiù di tipo balneare, lasciando prevedere ampi margini di miglioramento nel settore del turismo culturale. “Una caratteristica interessante del mercato tunisino era l’elevata incidenza della domanda intermediata dagli operatori turistici organizzati, cioè facenti parte di gruppi che acquistavano pacchetti di viaggio presso un tour operator”. Questo poteva permettere di indirizzare ed orientare i flussi agendo sui soggetti intermediari, visto che dall’analisi effettuata risultava che l’offerta culturale non era abbastanza valorizzata. Inoltre, l’area, sebbene interessante dal punto di vista storico e culturale, soffriva di una carenza di servizi aggiuntivi (es. servizi di prenotazione visite guidate, audio guide, ecc.), che si riflettevano nella bassa capacità di generare flussi economici dalla fruizione del patrimonio culturale. Tra i punti di forza, in particolare, del sistema parco della Maalga e dei Porti Punici, vi era la grande valenza storica e archeologica dell’area e della molteplicità di valori presenti nel territorio (valore archeologico, ambientale, naturalistico, ecc.). Inoltre, si era rilevata la presenza di ulteriori edifici che potevano essere sfruttate al fine di valorizzare il sito. Quanto alla potenziale domanda, le opportunità da sfruttare riguardavano: Il posizionamento del parco nelle vicinanze di Cartagine; La vicinanza a mete di turismo balneare; La vicinanza di tre parchi naturalistici nazionali (per la fruizione integrata); La presenza di due hub turistici (porto e aeroporto); Dopo aver effettuato l’analisi del contesto territoriale, era stata realizzata un’analisi di benchmarking, al fine di individuare delle best practices a cui fare riferimento nello sviluppo della strategia del Parco. Era, così, possibile formulare il piano strategico di gestione della Maalga. “Lo schema di piano si basò su un sistema che, partendo dai valori fondanti del bene culturale in oggetto, perveniva ad un’analisi integrata dello stato dei luoghi individuando le forze di modificazione in atto, valutava gli scenari futuri raggiungibili attraverso obiettivi-opzioni di intervento, ne stimava gli impatti probabili sul sistema locale, sceglieva i progetti strategici per conseguire i traguardi fissati ”. Inoltre, il Piano di gestione, forniva gli strumenti per consentire una valutazione periodica sull’efficacia degli stessi, al fine di individuare eventuali azioni correttive. “Il piano di gestione così concepito era quindi un metodo di pianificazione strategica, integrato e iterativo nel tempo, in cui erano chiamati a intervenire, nelle varie fasi, i decisori politici, i rappresentanti dell’interesse sociali, culturali ed economici, i tecnici che progettavano e attuavano gli interventi, operatori pubblici e privati”. È stata, poi, individuata la missione del sistema, attraverso l’esplicitazione dei valori e le idee a cui ispirare la propria strategia. Successivamente sono stati individuati gli obiettivi strategici che discendono dall’obiettivo generale del sistema: Creare valore per difendere le aree oggetto di tutela, definite in coerenza con le indicazioni UNESCO, dalla crescente pressione urbanistica, trasformando la presenza del patrimonio culturale e ambientale da vincolo a opportunità di sviluppo socio culturale ed economico Tutelare e valorizzare i valori storici e ambientali dell’area, favorendone anche la visibilità, l’accessibilità fisica e le loro comunicazione e divulgazione Creare attività per il tempo libero rivolte alla popolazione residente, in un’area che si presenta ormai in via di urbanizzazione Incrementare il turismo culturale, facendo leva anche sulla prossimità di Cartagine con le spiagge di Ghammarth e la zona turistica di Raouad, in via di sviluppo La seconda fase di analisi, è stata necessaria per la definizione delle strategie mediante la quale realizzare la missione del sistema. Erano stati, così individuati tre assi di sviluppo: l’Asse dei Beni culturali e del Patrimonio ambientale e naturale , l’Asse della Cultura Immateriale e l’Asse dello Sviluppo Economico. Successivamente, venivano sviluppati due possibili scenari, di lungo o breve periodo, che non rappresentavano delle alternative, ma momenti successivi nell’attuazione del piano strategico. Per ogni scenario, erano stati individuati, dei progetti specifici che rientravano nell’ambito degli assi strategici precedentemente delineati e che, se realizzati con successo, avrebbero contribuito al raggiungimento degli obiettivi specifici di progetto. L’ipotesi di breve periodo prevedeva un investimento iniziale inferiore rispetto allo scenario di lungo periodo, una gestione più semplice, con un focus sulla valorizzazione del patrimonio culturale piuttosto che sullo sviluppo economico. La gestione del Piano era così articolata: Piano di Gestione Asse dei Beni culturali e del Patrimonio ambientale e naturale Tutela e recupero del patrimonio Valorizzazione del patrimonio Asse della cultura immateriale Asse dello sviluppo economico Eventi e manifestazioni Servizi commerciali Valorizzazione saperi locali e tradizioni storiche Coinvolgimento imprenditori locali Integrazione con i beni del territorio Coinvolgimento della popolazione Miglioramento dell’accessibilità Formazione Coinvolgimento tour operator Servizi di accoglienza Gli elementi che caratterizzavano i due scenari, di breve e lungo periodo, possono essere riassunte nella seguente tabella: IPOTESI Investimento iniziale Equilibrio finanziario Potenziale di sviluppo economico Potenziale culturale Potenziale infrastrutturale Autonomia soggetto gestore Breve periodo Basso Non realizzabile Basso Basso Basso Non necessaria Lungo periodo Alto Complesso Alto Alto Medio Raccomandabile IPOTESI DI BREVE PERIODO Tale scenario prevedeva interventi volti alla fruizione immediata del sito attraverso un progetto minimo di riqualificazione. La missione, nell’ipotesi di breve periodo era stata così definita: “Il parco della Maalga e dei Porti Punici tutela e conserva i beni presenti nell’area, in una logica di sostenibilità verso le esigenze della cittadinanza e della tradizionale difesa del patrimonio per le generazioni future, attraverso il recupero dei beni, gli interventi sul verde, il miglioramento dell’accessibilità e fruibilità da parte dei cittadini”. Per l’asse dei beni culturali e del patrimonio ambientale e naturale, erano state previste attività relative a: Tutela del patrimonio; Miglioramento e accessibilità; Servizi di accoglienza; all’interno delle quali erano stati individuati 17 progetti (suddivisi in: grandi progetti, progetti di grande dimensione, progetti di rilevanza, piccoli progetti), tutti ad elevata incidenza finanziaria. Era necessario, quindi, realizzare per primi quei progetti utili ad attivare un flusso di cassa positivo (es. costruzione di aree di sosta). IPOTESI DI LUNGO PERIODO Tale scenario, invece, prevedeva interventi tecnici e funzionali al fine di sviluppare il Parco archeologico, potenziandone le funzioni sulla base di una logica di creazione di valore. La missione era stata così definita: “il Parco della Maalga e dei porti Punici tutela e conserva i beni presenti nei luoghi e ne sviluppa e diffonde il sistema della conoscenza. Valorizza, anche nella logica economica, le risorse culturali, sia attraverso la messa a sistema dei suoi beni, sia attraverso l’integrazione con l’offerta culturale della città (orizzontale) e con la filiera economica e produttiva allargata (verticale), per i cittadini e turisti. La strategia del Parco assumeva, in tal senso, due valenze. Da una parte, le funzioni già previste nell’ipotesi di breve periodo di tutela del patrimonio culturale e della conoscenza, venivano rafforzate ed integrate con quelle funzioni di sviluppo scientifico della conoscenza e della formazione professionale. Dall’altra, puntava alla valorizzazione degli aspetti materiali ed immateriali, al fine di migliorare la fruizione del patrimonio puntando su aspetti quali gli eventi e manifestazioni culturali. In tal senso, erano stati sviluppati dei progetti con una incidenza finanziaria positiva. Ad esempio, in un primo periodo sarebbe stato necessario prevedere la realizzazione di servizi aggiuntivi che avrebbero potuto generare dei flussi di cassa positivi (es. caffetteria), per poi organizzare in un secondo momento, eventi, convegni e seminari utilizzando tali flussi di cassa. Infine, si sarebbero dovuti realizzare i progetti ad alto valore culturale (con incidenza negativa sulla gestione finanziaria, come i centri di formazione). Il modello presentato, rappresenta l’impianto strategico utilizzato per la progettazione del Parco della Maalga e dei Porti Punici. È importante, infine, sottolineare che il piano strategico delineato, è realmente scaturito dalle esigenze e dalle caratteristiche distintive del territorio. * Il case study è stato tratto da: HINNA A., MINUTI M., Progettazione e sviluppo di aziende e reti culturali, HOEPLI, Milano, 2009 Il controllo Finora si è parlato di pianificazione e programmazione, degli strumenti e degli output che, per la loro implementazione, vengono realizzati. Si è accennato, rispetto alle fasi del ciclo di programmazione e controllo, alla fase di reporting e di controllo senza, tuttavia, entrare nel dettaglio di che cosa è ed in che cosa consiste. Per riepilogare, prima di entrare nel merito del controllo, possiamo affermare che nella fase della pianificazione, viene effettuata la definizione della strategia di medio - lungo periodo dell’azienda, nella fase della programmazione, che si riferisce ad un arco temporale di più breve periodo, vengono tramutate le strategie in programmi operativi, mentre il controllo, che è la fase conclusiva di tale processo, e consiste nella verifica del raggiungimento degli obiettivi individuati nelle precedenti fasi. Inoltre, alla base deve esistere un sistema di misurazione delle performance chiaro, che si concentri sui risultati di processo e su come essi contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi. La pianificazione e la programmazione strategica hanno un senso, quindi, solo se i processi (ed i risultati degli stessi) in questione vengono costantemente monitorati al fine di migliorare le performance dell’organizzazione. Questo concetto può essere sintetizzato nella figura sottostante. Fig. 3: la focalizzazione delle misure di performance Fonte: Atkinson A.A. e al, 1998, p. 318 In particolare, viene evidenziato che esistono due gruppi di stakeholder: quelli che definiscono l’ambiente e quelli che definiscono i processi. In particolare, i primi contribuiscono alla progettazione dei processi attraverso l’identificazione delle aspettative esterne che questi devono soddisfare; i secondi, invece, contribuiscono alla strutturazione dei processi attraverso la definizione di motivazioni, conoscenze e capacità volte alla progettazione e gestione dei processi utilizzati dall’azienda per lo sviluppo, la fabbricazione, la consegna e il servizio post vendita dei prodotti. L’ambito cui si riferisce il sistema della misurazione della performance include quanto i portatori di interessi cedono all’azienda e quanto da essa ricevono in cambio. Il contributo di ciascuno stakeholder deve essere calcolato in relazione a quanto esso contribuisce al raggiungimento degli obiettivi nazionali primari. Ciò che ogni soggetto riceve in cambio deve essere determinato tenendo conto di come esso influenza il livello di soddisfacimento attuale e il contributo futuro del soggetto all’azienda. Il successo (o l’insuccesso) delle relazioni tra le diverse categorie di stakeholder influenzano e determinano la performance dell’azienda. In tal senso, il controllo organizzativo rappresenta l’insieme di strumenti e sistemi utilizzati dall’azienda per mantenere la rotta tracciata verso il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Inoltre, il controllo, in generale, è costituito dall’insieme di strumenti e metodologie che vengono utilizzati dall’azienda per consentire il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Per riepilogare quanto detto finora, il ciclo di programmazione e controllo si esplica attraverso diverse fasi, delineate nella figura 4. Fig. 4: Il ciclo di programmazione e controllo Fonte: Atkinson A.A. e al, 1998, p. 320 In particolare: pianificazione (di cui si è parlato in precedenza); esecuzione, ossia l’implementazione dei piani; controllo, cioè la misurazione della performance aziendale; valutazione, ossia la comparazione tra i livelli di performance effettiva e quelli programmati al fine di individuare gli scostamenti e le cause degli stessi; correzione, che riguarda l’individuazione e la realizzazione di azioni correttive. La fase della valutazione e correzione, dunque, risultano fondamentali in quanto permettono all’azienda di identificare e correggere in tempi utili gli scostamenti dai risultati attesi. Si procederà, di seguito, nella definizione delle peculiarità del controllo, a partire dalla definizione dei suoi aspetti generali. La tempistica del controllo Riguarda la relazione temporale che intercorre tra il sistema oggetto del controllo e l’applicazione del meccanismo di controllo. In particolare, è possibile distinguere tra: Controllo a posteriori (controllo reattivo), che prevede il confronto tra i dati preventivi e quelli, invece, previsionali, al fine di verificare la conformità degli obiettivi raggiunti con quelli definiti a monte del processo programmatorio e decisionale; ESEMPIO Il controllo dei comportamenti criminosi (1 di 3). Diversi dibattiti sul comportamento criminoso, individuano diversi approcci al controllo. Il primo approccio consiste nella definizione di modalità di punizione degli individui al fine di disincentivarne il comportamento criminoso. È un controllo a posteriori, poiché verifica il comportamento adottato e punisce quei comportamenti specifici che si discostano da quelli accettati dalla società. Controllo concomitante, che prevede dei meccanismi di controllo da porre in essere durante l’esecuzione dell’attività richiesta. ESEMPIO Il controllo dei comportamenti criminosi (2 di 3). Un altro approccio consiste nel controllare i movimenti degli individui definiti “a rischio”, o le situazioni in cui possono verificarsi potenziali comportamenti criminosi, come le banche, attraverso l’installazione di telecamere, ecc. Il controllo concomitante in azienda. Si consideri un’azienda che produce cibo. Un controllo concomitante avviene nel momento in cui questo viene inscatolato. Durante questa operazione, viene verificato che ogni scatola abbia la stessa quantità (in termini di peso) di prodotto. Controllo preventivo, cioè quell’approccio al controllo che si focalizza sulla prevenzione di un risultato indesiderato, poiché anticipa l’esecuzione dell’attività. ESEMPIO Il controllo dei comportamenti criminosi (3 di 3). L’ultimo approccio consiste nello scoraggiare comportamenti criminosi attraverso campagne di sensibilizzazione del territorio di riferimento, di promozione di un ambiente sociale e di creazione di adeguate opportunità di lavoro. Il sistema di misurazione della performance, in qualità di strumento che permette di definire ed esplicitare in maniera chiara gli indicatori critici di performance (le misure di performance) che considerano ogni attività e la stessa organizzazione da una prospettiva del cliente, valutano le attività con misure di performance verificate attraverso il cliente, considerano tutti gli aspetti delle prestazioni delle attività che coinvolgono i clienti, forniscono un feedback per aiutare i membri dell’organizzazione a identificare problemi ed opportunità di miglioramento, è uno strumento che, basandosi su osservazioni registrate, attua un controllo di tipo “a posteriori”. Le tipologie dei sistemi di controllo È possibile identificare due macro categorie del controllo: i sistemi di controllo sui compiti assegnati (strumenti di comando e controllo) e sistemi di controllo sui risultati. Per poter individuare la tipologia più adeguata alla propria struttura, è indispensabile fare riferimento alla strategia dell’organizzazione, poiché questi devono necessariamente essere coerenti l’uno con l’altro. Il controllo sui compiti assegnati, è un processo che deve garantire che i compiti assegnati al personale vengano svolti in un determinato modo. Un approccio diffuso a questo sistema è il controllo di tipo preventivo, in cui i manager progettano ed implementano un sistema che può essere fatto funzionare esclusivamente sulla base di regole prestabilite. ESEMPIO Il controllo preventivo sui compiti assegnati. Si consideri un’azienda che produce un bene per cui è richiesta la foratura di un foglio di alluminio. Attraverso dei controlli a posteriori, l’azienda aveva scoperto numerosi casi di errore nella foratura, che avevano causato ingenti perdite alla stessa. Per eliminare in via preventiva i potenziali errori di foratura il management, con l’aiuto dei dipendenti, formalizzò una procedura in grado di eliminare totalmente il rischio di errore. Tale procedura è considerata come un controllo sui compiti assegnati. Un altro approccio al controllo sui compiti assegnati è il controllo a campione. In questo caso il management individua delle procedure standard per lo svolgimento delle attività e predispone dei controlli a campione per verificare il rispetto delle procedure. ESEMPIO Il controllo a campione sui compiti assegnati. Le aziende che, tipicamente, svolgono dei controlli a campione sui compiti assegnati sono i call center. Tale attività consiste nell’ascolto, a campione, delle conversazioni degli operatori con i clienti, al fine di verificare la rispondenza della chiamata con i requisiti richiesti dall’azienda (es. rispetto di determinato un format predisposto dal management). Tali controlli, perché siano realmente efficaci, devono essere effettuati di nascosto, motivo per cui sono poco graditi tra i dipendenti. Il controllo sui risultati, invece, riguarda quei sistemi che si focalizzano sulla motivazione del personale, al fine di incentivare dei comportamenti finalizzati al perseguimento degli obiettivi aziendali. Perché questo sia possibile, l’azienda deve definire in maniera chiara, e comunicare alla struttura, i propri obiettivi. Il controllo sui compiti, in genere, definisce delle penalità a coloro che non seguono le regole definite dal management. Il controllo sui risultati, invece, definisce delle ricompense ai dipendenti sulla base del contribuito al raggiungimento degli obiettivi stabiliti. Il sistema di controllo e la misurazione delle performance aziendali, sono necessari per determinare quello che abbiamo precedentemente descritto come apprendimento organizzativo. Infatti, perché un sistema di controllo sia efficace, è necessario che implichi la possibilità, per un’azienda, di adattarsi ai cambiamenti che possono rendersi necessari nel tempo. Le finalità di tale sistema possono essere sintetizzati in due punti: Miglioramento continuo, al fine di ottenere una sempre maggiore efficacia ed efficienza delle performance aziendali; Re-engineering, inteso come lo sviluppo di nuovi processi in sostituzione di quelli vecchi al fine di migliorare le performance aziendali. In tal senso, il sistema di misurazione delle performance guida il processo di apprendimento organizzativo, in quanto da una parte è in grado di identificare quando un’organizzazione non sta raggiungendo i propri obiettivi e dall’altra, perché è in grado di identificare le cause di tali scostamenti al fine di individuare delle azioni correttive e/o di miglioramento. Perché tutto questo sia possibile, è indispensabile che vi sia uno stretto collegamento tra pianificazione e controllo che, da una parte sviluppano gli indirizzi e le strategie dell’organizzazione, dall’altra guidano l’azienda al raggiungimento degli obiettivi programmati. FOCUS Il ciclo di gestione della performance nelle amministrazioni pubbliche. Il Decreto 150/2009, conosciuto come “Decreto Brunetta”, ha introdotto anche nelle pubbliche amministrazioni, il concetto di misurazione delle performance dell’organizzazione. Si vuole sottolineare che, tale necessità non era nuova nel panorama della pubblica Amministrazione italiana; tuttavia, le riforme che hanno preceduto l’introduzione del D.Lgs. n. 150/2009, non hanno ottenuto risultati significativi. Il merito della recente riforma, è sicuramente quello di voler adottare una visione sistemica, propria dell’economia aziendale, capace di dare coerenza alla svolta manageriale della pubblica amministrazione italiana. La recente riforma della pubblica amministrazione risponde alla frammentarietà e mancanza di integrazione degli interventi legislativi precedenti attraverso l’introduzione del concetto di performance, e il suo inserimento in un processo articolato in più fasi, il ciclo di gestione della performance. in particolare, la performance è definita come il contributo – risultato e modalità di raggiungimento del risultato – che un soggetto – sistema, organizzazione, unità organizzativa, team, singolo individuo – apporta attraverso la propria azione al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi ed, in ultima istanza, alla soddisfazione dei bisogni per i quali l’organizzazione è stata costituita. La performance è un concetto complesso e multidimensionale. La complessità deriva innanzitutto dal suo essere un concetto dinamico. Performance non è sinonimo di risultato ottenuto, concetto statico, ma comprende anche le modalità e i processi organizzativi messi in atto per il raggiungimento di quel risultato. La performance non è un concetto a sé stante ma va inserito all’interno di un processo: il ciclo di gestione della performance. In base al comma 2 dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 150/2009 le fasi del ciclo di gestione della performance sono: – definizione e assegnazione degli obiettivi che si intendono raggiungere, dei valori attesi di risultato e dei rispettivi indicatori; – collegamento tra gli obiettivi e l’allocazione delle risorse; – monitoraggio in corso di esercizio e attivazione di eventuali interventi correttivi; – misurazione e valutazione della performance, organizzativa e individuale; – utilizzo dei sistemi premianti, secondo criteri di valorizzazione del merito; – rendicontazione dei risultati agli organi di indirizzo politico-amministrativo, ai vertici delle amministrazioni nonché ai competenti organi esterni, ai cittadini, ai soggetti interessati, agli utenti e ai destinatari dei servizi. Come è facile intuire, il ciclo di gestione della performance non è altro che un classico processo di programmazione e controllo in grado di mettere a sistema tutte le attività svolte dalle amministrazioni pubbliche per il soddisfacimento dei bisogni della collettività. Gli strumenti del ciclo di gestione della performance. Tra gli strumenti di gestione introdotti dal D.Lgs. n. 150/2009 rivestono un ruolo cruciale: il Piano della performance, il sistema di misurazione e valutazione, la Relazione sulla performance, il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità. Il Piano della Performance Il Piano della performance è un documento di programmazione triennale nel quale, in base alla disponibilità di risorse, vengono stabiliti gli obiettivi da perseguire ed esplicitati gli indicatori e i target necessari per la successiva misurazione e valutazione della performance. Il decreto indica le finalità perseguite attraverso la realizzazione del Piano della Performance: la qualità, comprensibilità ed attendibilità dei documenti di rappresentazione della performance. La qualità dei documenti di rappresentazione della performance viene assicurata dalla esplicitazione del processo attraverso il quale è stato costruito il sistema di obiettivi. Va rilevato che lo stesso decreto indica una serie di requisiti che gli indicatori devono rispettare. In particolare gli obiettivi devono essere SMART (Specific, Measurable, Achievable, Relevant, Time-based, ossia specifici, misurabili, raggiungibili e definiti temporalmente). Per comprensibilità dei documenti di rappresentazione della performance si intende la possibilità per gli stakeholder di comprendere il legame che esiste tra i bisogni della collettività e l’agire dell’amministrazione pubblica grazie all’utilizzo di un linguaggio adatto, di un adeguato livello di sintesi e di una immediata strutturazione delle informazioni che renda accessibile il Piano non solo a tecnici e specialisti. L’attendibilità della rappresentazione della performance è garantita dalla possibilità di verificare ex post i principi che hanno guidato la redazione del Piano, le fasi attraverso le quali si è articolato il processo, i tempi impiegati, i soggetti coinvolti, gli obiettivi definiti e gli indicatori e target per la misurazione. In sintesi, quindi, il Piano della performance è lo strumento che si utilizza per implementare le prime due fasi del ciclo di gestione della performance: la definizione degli obiettivi e l’assegnazione delle risorse. Il sistema di misurazione e valutazione Nelle fasi successive il ciclo della performance prevede che vengano acquisite in maniera costante informazioni sull’andamento gestionale. Lo strumento che le amministrazioni pubbliche devono usare per acquisire, analizzare e rappresentare tali informazioni è il sistema di misurazione e valutazione. Per sistema di misurazione e valutazione della performance si intende l’insieme di tre elementi: indicatori (strumenti che rendono possibile l’attività di acquisizione delle informazioni); target (risultato che un soggetto si prefigge di ottenere, ovvero il valore desiderato in corrispondenza di un’attività o processo); infrastruttura di supporto e processi (soggetti responsabili dei processi di acquisizione, confronto, selezione, analisi, interpretazione e diffusione dei dati; sistemi manuali per la raccolta dei dati; sistemi informativi; sistemi gestionali). L’adozione di un sistema di misurazione e valutazione delle performance consente alle amministrazioni pubbliche di: migliorare, una volta a regime, il sistema di individuazione e comunicazione dei propri obiettivi; verificare che gli obiettivi siano stati conseguiti; informare e guidare i processi decisionali; gestire più efficacemente sia le risorse che i processi organizzativi; influenzare e valutare i comportamenti di gruppi e individui; rafforzare l’accountability e le responsabilità a diversi livelli gerarchici; incoraggiare il miglioramento continuo e l’apprendimento organizzativo1. A tal fine il D.Lgs. n. 150/2009 prevede che tutte le amministrazioni pubbliche valutino annualmente le performance organizzativa e individuale e che lo facciano attraverso un sistema di misurazione e valutazione, conosciuto all’interno e all’esterno dell’amministrazione stessa. Relazione sulla performance Il ciclo di gestione della performance, dopo la misurazione e valutazione delle performance e l’assegnazione di premi secondo logiche meritocratiche, si chiude con la rendicontazione dei risultati agli stakeholder interni ed esterni. Lo strumento utilizzato in questa ultima fase è la Relazione sulle performance, report da adottare entro il 30 giugno di ciascun anno che evidenzia a consuntivo i risultati raggiunti, sia a livello individuale che organizzativo, e rileva gli eventuali scostamenti. Il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità Si tratta di un nuovo strumento per gestire la trasparenza trasversale a tutte le fasi del ciclo di gestione della performance, che racchiude al suo interno tutte le iniziative previste per garantire un adeguato livello di trasparenza e legalità e per favorire lo sviluppo della cultura dell’integrità all’interno dell’organizzazione pubblica. In particolare il Programma contiene: l’elenco dei dati che saranno inseriti all’interno del sito ufficiale dell’amministrazione pubblica in un’apposita sezione denominata “Trasparenza, valutazione e merito” e le modalità di pubblicazione online degli stessi; l’indicazione delle iniziative che si intende intraprendere per sviluppare la cultura dell’integrità e della trasparenza; gli obiettivi strategici e operativi relativi alla dimensione della trasparenza. Il budgeting: allocazione delle risorse per il raggiungimento degli obiettivi Il budget è un piano dettagliato per acquisire e usare le risorse finanziarie, economiche, strumentali ed umane in uno specifico periodo di tempo. Il processo di preparazione di un budget è detto budgeting mentre l’uso del budget per controllare le attività di un’azienda è detto controllo budgetario (budgetary control). Quindi, in prima istanza, possiamo affermate che il budget è uno strumento di supporto delle funzioni manageriali di programmazione e controllo. Il budget è innanzitutto l’espressione di un piano di azione, ossia della necessità di specificare obiettivi (cosa fare), tempistica (quando fare) e risorse (umane, strumentali, finanziarie). Il budget, pur essendo un programma di azione espresso in termini quantitativi e monetari non va interpretato come un semplice strumento di traduzione meccanica delle strategie in termini economici finanziari, in quanto la sua elaborazione presuppone un processo complesso che coinvolge tutta l’organizzazione e che può portare alla revisione delle stesse strategie. Allo stesso tempo il budget svolge un ruolo essenziale per l’esplicitazione della funzione di controllo, sia in itinere (identificazione degli scostamenti dagli andamenti previsti e implementazione delle azioni correttive) che ex-post (apprendimento: identificazione, sviluppo e scelta delle alternative). In seconda istanza potremmo interpretare il budget, e il suo processo di realizzazione, come un mezzo di comunicazione degli obiettivi di breve termine ai membri dell’organizzazione. Infatti, va rilevato che le attività di budgeting di ciascuna unità organizzativa rispecchiano l’interpretazione dei manager di ciascuna unità degli obiettivi dell’impresa. Ad esempio se tra gli obiettivi dell’azienda c’è quello di migliorare la qualità dei servizi offerti, i budget di ciascuna unità organizzativa dovrebbero prevedere delle risorse finanziarie da assegnare a corsi di formazione e aggiornamento. Qualora ciò non avvenga i controller di livello superiore hanno l’opportunità di rimediare ad una comunicazione avvenuta in maniera non corretta. Infine, il processo di formazione del budget può essere interpretato come uno strumento per anticipare i problemi, in quanto consente di identificare in via preventiva situazione future che dovranno essere affrontate. Box 7: la formazione del budget nel Repertory Theatre di St. Louis Il Repertory Theatre di St. Louis è un teatro professionistico non a scopo di lucro, supportato dai contributi dei donatori e dalla vendita dei biglietti. Da un punto di vista finanziario, il teatro sembrava andare bene. Tuttavia un budget quinquennale rivelò che, nel giro di pochi anni, le spese avrebbero superato il fatturato, e che il teatro avrebbe dovuto affrontare una crisi finanziaria. Realisticamente, ulteriori contributi dei donatori non avrebbero colmato il divario. Tagliare i costi non avrebbe funzionato, perché le operazioni del teatro erano già snelle; anzi, tagliare i costi avrebbe addirittura minato la qualità delle produzioni del teatro. L’aumento dei prezzi del biglietto fu escluso a causa delle pressioni della concorrenza e della convinzione che molti donatori non l’avrebbero gradito. La soluzione fu di costruire un secondo palcoscenico che avrebbe consentito al teatro di mettere in scena più spettacoli e vendere più biglietti. Sviluppando un budget di lungo periodo, il management è stato in grado di individuare in anticipo una crisi finanziaria incombente e di sviluppare una soluzione per evitare in tempo questa crisi. Fonte: GARRISON R.H., NOREEN E.W, BREWER P.C., Programmazione e controllo, McGraw-Hill, Milano, 2008. Il processo di budgeting condurrà alla realizzazione di un master budget, ossia ad un riepilogo dei piani dell’azienda, che fissa specifici obiettivi per le attività di vendita, produzione, distribuzione e finanziarie. Il master budget rappresenta un insieme coerente e coordinato di due tipologie di budget: budget operativi: frutto della definizione dei programmi di gestione caratteristica. Definiscono in termini economici i flussi di materiali, componenti, prodotti finiti e servizi. Utili per fissare gli obiettivi reddituali, la pianificazione delle attività di produzione, l’allocazione delle risorse; budget finanziari: destinati a valutare l’impatto sulla dinamica finanziaria (entrate/uscite di cassa) delle politiche di investimento/disinvestimento e dei programmi di gestione caratteristica (budget operativi). I budget operativi comprendono i piani e i programmi che il personale operativo impiega per guidare e coordinare le attività durante il periodo di programmazione. In particolare, tra i budget operativi si annoverano: il piano delle vendite – Identifica il livello delle vendite, espresso sia in unità fisiche che monetarie, programmato per ogni prodotto. Il piano delle vendite assume una rilevanza cruciale in quanto condiziona tutto il processo di budgeting e dalla sua qualità ed accuratezza dipende quella di tutti gli altri documenti che vanno a completare il master budget. La sua formazione consiste nel determinare il binomio quantità-prezzo necessario per conseguire il raggiungimento degli operbiettivi di redditività stabiliti dall’azienda. Per determinare il binomio quantità-prezzo, l’impresa deve effettuare delle previsioni di vendita. A tal fine vengono utilizzate diverse metodologie previsionali: statistiche di vendita aziendali (suddivise per prodotti, mercati, clienti), analisi della redditività dei prodotti, statistiche di prodotti simili o succedanei, analisi della concorrenza, statistiche della popolazione, indicatori economici nazionali, andamento degli scambi con l’estero. il piano degli investimenti – Specifica gli investimenti a lungo termine che devono essere affrontati per raggiungere gli obiettivi operativi (impianti, macchinari, immobili etc.); il piano di produzione – Identifica la produzione richiesta per il raggiungimento degli obiettivi. Il programma di produzione è dato dal programma di vendita al quale vanno aggiunte le variazioni positive delle scorte dei prodotti finiti e in corso di lavorazione e sottratte le variazioni negative delle scorte di prodotti finiti e in corso di lavorazione. il piano di acquisto dei materiali – Definisce tutte le attività di acquisto richieste. Per determinarlo va innanzitutto stabilito il programma dei consumi di materie il quale si ottiene moltiplicando il programma di produzione per il consumo unitario di materie. Anche in questo caso vanno considerate le scorte di magazzino e quindi aggiunte le variazioni positive di scorte di materie prime e sottratte le variazione negative di scorte di magazzino. A questo punto otteniamo il livello di acquisti di materie prime il quale va moltiplicato per il costo o prezzo standard delle stesse. il piano di assunzioni e addestramento del personale – Evidenzia il numero di risorse umane da impiegare e formare per il conseguimento degli obiettivi. Con riferimento al solo impiego di risorse umane, va rilevato che bisogna innanzitutto definire il programma per la manodopera diretta attraverso la moltiplicazione del programma della produzione per le ore di impiego di manodopera per prodotto. Infine il programma per la manodopera diretta va moltiplicato per il costo standard unitario della manodopera. il piano delle spese amministrative e discrezionali - Include le attività di amministrazione, ricerca e sviluppo, comunicazione e altre attività di staff. L’attribuzione in budget di tali attività può seguire diverse metodologie, più o meno sofisticate, la cui illustrazione esula dagli obiettivi di questa lezione. I budget economico finanziari, invece, riassumono i risultati economico-finanziari dei piani operativi prescelti. Quindi essi mostrano, in maniera preventiva le conseguenze economicofinanziarie delle decisioni prese. I budget economico-finanziari in genere si presentano in tre forme: un prospetto dei flussi di cassa; una stato patrimoniale previsionale; un conto economico previsionale. Il prospetto dei flussi di cassa metterà in evidenza come si verificheranno le variazioni finanziare (cassa, e banche) nel periodo di riferimento del budget. Lo stato patrimoniale previsionale e il conto economico previsionale andranno a comporre il bilancio previsionale, ossia una proiezione della situazione patrimoniale ed economica dell’impresa nel periodo di riferimento del budget. I risultati previsionali dei budget economico-finanziari vengono confrontati con le finalità aziendali e quindi con gli obiettivi economico-finanziari che l’organizzazione si è prefissata. Se i budget operativi iniziali si rivelano non fattibili o non in grado di garantire gli obiettivi economicofinanziari previsti, il ciclo di budget viene rieseguito attraverso la presa di decisioni differenti finché si giunge alla determinazione di risultati economico-finanziari soddisfacenti e coerenti con le finalità aziendali. Fonte: Atkinson A.A. e al, 1998, p. 239 Bibliografia ATKINSON A.A., BANKER R.D., KAPLAN R.S., YOUNG S.M., Management Accounting, ISEDI, Torino 1998. CARLESI G., Programmazione e controllo, CEDAM, Padova 1997. GARRISON R.H., NOREEN E.W, BREWER P.C., Programmazione e controllo, McGraw-Hill, Milano, 2008.