Istituzioni di Economia prof. Leonardo Ditta Efficienza e Concorrenza Esternalità, Beni pubblici e monopolio : i fallimenti del mercato Presentazione tratta da materiali del prof. Rodano .Nnc Psc SMT .Psc Pnc Efficienza e concorrenza Efficienza del consumo: uguaglianza, per ogni coppia di beni,tra i SMS e i prezzi relativi Efficienza della produzione: uguaglianza dei SMST e dei prezzi relativi dei fattori (per tutte le coppie dei fattori, per tutte le imprese) Efficienza generale: SMT= SMS. Surplus del consumatore Consideriamo una curva di domanda (individuale). Definiamo prezzo di riserva, e lo indichiamo con pd, il prezzo massimo che il consumatore è disposto a pagare per acquistare una determinata quantità. Per esempio, per acquistare la prima unità del bene il prezzo di riserva è appena inferiore a pm; per acquistare la quantità qa il prezzo di riserva è pa. Se il prezzo di mercato è pa, il consumatore paga tutte le unità acquistate, tranne l’ultima, meno del loro prezzo di riserva (perciò ci guadagna). p Definiamo surplus del consumatore pm (Sc) la somma di tutti questi guadagni. Per ogni singola unità venduta è A a d a p data dalla differenza p p . Può essere calcolato come l’area D(p) colorata del grafico: Sc = (pm pa)qa/2. y 0 qa Surplus del produttore Consideriamo una curva di offerta (individuale). Definiamo prezzo di riserva dell’impresa, e lo indichiamo con ps, il prezzo minimo che essa è disposta ad accettare per vendere una determinata quantità. Di fatto il prezzo di riserva coincide col costo marginale; per vendere la quantità q* il prezzo di riserva è p*, ma per venderne di meno è inferiore (ps = Cm). Se il prezzo di mercato è p*, l’impresa incassa su tutte le unità vendute, tranne l’ultima, più del loro prezzo di riserva (perciò ci guadagna). p Definiamo surplus del produttore S(p) (Sp) la somma di tutti questi guadagni. Per ogni singola unità venduta è A p* data dalla differenza p* Cm. Può essere calcolato come l’area colorata del grafico: Sp = p*q*/2. q* y 0 Il mercato concorrenziale e i due surplus I due concetti di surplus valgono anche a livello di domanda e offerta di mercato (ne parleremo al plurale invece che al singolare). I due surplus sono sempre visualizzati dalle aree sotto la curva di domanda (quello dei consumatori) e sopra la curva di offerta (quello dei produttori). È facile verificare che il mercato concorrenziale, in equilibrio parziale, ha l’effetto di rendere massima la somma dei due surplus. Questo significa allora che l’allocap zione realizzata dall’equilibrio S(p) parziale concorrenziale è ottimale? E Per rispondere dobbiamo prima p* vedere come può essere identificata un’allocazione ottimale in un singolo D(p) mercato. q* y 0 Prezzo ombra Beneficio marginale sociale (Bms): è l’incremento di benessere che la “società” ottiene da una unità in più del bene y. Costo marginale sociale (Cms): è l’ammontare di risorse che la “società” deve spendere se vuole disporre di una unità in più del bene y. Se si ha Bms > Cms, alla “società” conviene che la produzione del bene y venga accresciuta. Se invece si ha Bms < Cms, alla “società” conviene che la produzione del bene y venga ridotta. La quantità prodotta del bene y è perciò ottimale quando si ha Bms = Cms Prezzo ombra del bene y è il prezzo che, se realizzato dal mercato, garantisce la produzione della quantità ottimale del bene y . Corrisponde, in valore, a Bms = Cms. Equilibrio del mercato e allocazioni ottimali Sia il bene y prodotto in un mercato perfettamente concorrenziale. Quanto costa alla società produrne una unità in più? Ovvero qual è il suo Cms? Risposta: quel che costa alle imprese che lo producono, ossia Cmg. Dunque, in concorrenza si ha Cms = Cmg. Perciò il Cms coincide con la curva di offerta. Quanto è disposta a pagare la società per una unità in più del bene y? Risposta: il prezzo(misurato sulla curva di domanda). Perciò il Bms coincide con la p curva di domanda. S = Cms Dunque il prezzo di equilibrio E coincide col prezzo ombra p* e l’allocazione realizzata dal D = Bms mercato (concorrenziale) è q* y 0 ottimale. Fallimento del mercato Con l’espressione “fallimento del mercato” (market failure) si intende una situazione in cui l’allocazione realizzata dal mercato non è Pareto-ottimale PRINCIPALI CASI DI FALLIMENTO DEL MERCATO: 1. Concorrenza imperfetta. 2. Esternalità. 3. Beni pubblici. Esternalità DEFINIZIONE: ogni volta che una decisione economica di un soggetto influenza l’utilità o il profitto di un altro soggetto per una via diversa da quelle del mercato si crea una esternalità Le esternalità possono essere positive (accrescono l’utilità o il profitto) o negative (li riducono); possono essere anche reciproche. Le esternalità provocano fallimento del mercato perché rendono diverso il costo marginale sociale da quello privato e/o il beneficio marginale sociale da quello privato. p Cms ESEMPIO: una produzione che inquina. S Si ha Cms > Cmg. Il prezzo rispecchia E Cmg e non Cms. Il prezzo di mercato e p m) è minore del prezzo ombra (pe) e m (p M p la quantità prodotta (qm) è maggiore D di quella efficiente (qe). C’è una perdita sociale (area colorata). qe qm y 0 Effetti delle esternalità L’esempio precedente ha un significato generale: quando l’esternalità è negativa il mercato produce una quantità maggiore di quella ottimale (perché il mercato mette nel conto solo una parte dei costi: quelli privati e non quelli sociali). Vale anche il risultato reciproco: quando l’esternalità è positiva il mercato produce una quantità minore di quella ottimale (perché il mercato mette nel conto solo una parte dei benefici: quelli privati e non quelli sociali). p ESEMPIO: produzione di tecnologia. S Si ha Bms > D. Il prezzo rispecchia D E e non Bms. Il prezzo di mercato (pm) è pe Bms e) e la m M minore del prezzo ombra (p p quantità prodotta (qm) è minore di D quella efficiente (qe). C’è una perdita qm qe sociale (area colorata). q 0 Beni pubblici i beni pubblici sono identificati da due proprietà: (1) indivisibilità del beneficio : più soggetti possono consumare simultaneamente la stessa unità del bene senza che ciò riduca l’utilità che che ciascuno di loro trae dal consumo; (2) non escludibilità dal beneficio : se un bene viene offerto a un soggetto, non è possibile (o conveniente) escludere altri soggetti dal consumo dello stesso bene. Il Bms di un bene pubblico messo a disposizione di n soggetti è pari a n volte la sua domanda (basta che un solo soggetto lo compri ed esso è disponibile per tutti). Perciò il bene pubblico è una specie di super-esternalità positiva. Di solito il mercato non è in grado di produrre i beni pubblici (costano troppo rispetto a quel che il singolo è disposto a pagare) Per questo vengono prodotti (non sempre) dallo Stato (e finanziati col prelievo fiscale). DEFINIZIONE: Concorrenza imperfetta La concorrenza perfetta è una forma di mercato identificata dalla presenza dei sei requisiti elencati nei LUCIDI 151 e 152. Quando manca anche uno solo di quei requisiti il mercato acquista caratteristiche di concorrenza imperfetta. Principali esempi di concorrenza imperfetta: 1. Monopolio - una sola (grande) impresa e barriere che impediscono l’ingresso di altre imprese nel mercato. 2. Concorrenza monopolistica - come la concorrenza perfetta ma prodotto non omogeneo (differenziato). 3. Oligopolio - poche grandi imprese (ci possono essere o non essere barriere; il prodotto può non essere omogeneo). Monopolio Ci possono essere monopoli difesi da vari tipi di barriere (non legate alle economie di scala), come, per esempio, le barriere legali (licenze, brevetti, ecc.), o merceologiche (acqua minerale) o naturali. Essendo l’unica a vendere il bene, l’impresa monopolista fronteggia l’intera curva di domanda del mercato. La curva di domanda rappresenta per l’impresa l’insieme delle sue possibilità di scelta : può decidere qualsiasi coppia di quantità e prezzo, purché, appunto, sulla curva di domanda. Ma, quanto maggiore è la quantità, tanto minore deve essere il prezzo. Ricavo marginale e monopolio Abbiamo visto che l’impresa può scegliere qualunque punto (combinazione di q e p) sulla curva di domanda. Quale sceglierà? Sceglierà la quantità q (e di conseguenza il prezzo p) che rende massimo il suo profitto, ossia la quantità identificata dalla solita condizione Rm = Cm . Questa volta, però, il ricavo marginale non coincide col prezzo. Se vuole vendere una unità in più, l’impresa deve vendere tutta la sua produzione a un prezzo più basso. Perciò il ricavo che ottiene da quella unità in più (appunto il ricavo marginale) è dato dal prezzo incassato su quell’ultima unità meno il minor prezzo su tutte le unità precedenti. La formula corrispondente è Rm = p q(p/q) La dimensione del minor prezzo dipende dall’inclinazione della curva di domanda, ossia, appunto da p/q. Prezzo e ricavo marginale La curva del prezzo, in funzione della quantità prodotta, è decrescente (è la “funzione inversa” della curva di domanda). Considerata dal punto di vista dell’impresa, questa curva rappresenta il ricavo unitario: p = Ru. Anche la curva del ricavo marginale è decrescente (basta guardare la formula): per q = 0 si ha Rm = p; per q > 0 si ha Rm < p, con un divario che aumenta al crescere di q. Supponiamo che la formula del ricavo unitario sia p p = a bq (una retta decrescente). a Allora la formula del ricavo marginale è Rm Rm = p q(p/q) = a bq bq. Ru Ossia Rm = a 2bq. (anche Rm è una retta, con lo 2b b stesso termine noto 0 a/2b a/b q e doppio coefficiente angolare) La scelta del monopolista La scelta del monopolista può essere ora identificata con lo stesso procedimento seguito per l’impresa in concorrenza perfetta. Analiticamente, l’equazione Rm = Cm permette di calcolare l’incognita q*, ossia la scelta della quantità prodotta. Sostituendo questo valore di q* nella funzione Ru, ossia nella curva di domanda, si trova il prezzo fissato dall’impresa. Graficamente, l’ascissa del punto di incontro tra la curva Rm e la curva Cm è appunto la quantità prodotta q*. p Il prezzo non è l’ordinata del punto di incontro tra la curva Rm e la curva Cm, ma Cm è appunto l’ordinata di q* sulla curva di p* Cu domanda (Ru). Infine, il profitto può essere calcolato Ru Rm graficamente come area del rettan0 q* q golo, con base q* e altezza p* Cu. Monopolio e concorrenza Vediamo alcune differenze, per quanto riguarda i risultati, tra monopolio e concorrenza perfetta. (1) In concorrenza il prezzo è uguale al costo marginale ; in monopolio è maggiore: si ha infatti p > Rm = Cm. Lo scarto tra prezzo e costo marginale viene usato come misura del grado di monopolio. Usiamo per quest’ultimo il simbolo m; abbiamo allora m (p Cm)/p (una percentuale). (2) In concorrenza gli extraprofitti sono destinati ad annullarsi nel lungo periodo (a seguito dell’ingresso nel mercato di altre imprese; in monopolio no (perché le barriere impediscono l’ingresso delle altre imprese). Una espressione alternativa per definire gli extraprofitti in concorrenza è “quasi-rendite” (temporanee); in monopolio si può parlare, invece, di “rendite” (permanenti). Un confronto tra monopolio e concorrenza È meglio il monopolio o la concorrenza perfetta? Si può provare a rispondere seguendo due strade. La prima è quella di immaginare che, da un giorno all’altro, qualcuno compri tutte le imprese di un mercato concorrenziale. Cosa cambierebbe? Innanzitutto cambierebbero i “nomi” delle curve. Poi le scelte. Nel breve periodo il monopolista farebbe produrre meno alle imprese date (in modo da andare nel punto B). Nel lungo periodo chiuderebbe alcune imprese e sceglierebbe il punto L. p p S pc C SL pl pb L Cm B Cu = CmL D 0 qc Rm q 0 ql qb Ru q Monopolio e Pareto-ottimalità La seconda strada per confrontare monopolio e concorrenza è quella di valutare il monopolio col criterio di Pareto. Supponiamo, per semplicità, che non ci siano costi fissi (k = 0) e che il costo marginale sia costante (Cm = c). Si vede subito che l’allocazione non è ottimale, perché nel punto scelto dal monopolista (M) si ha Bms > Cms. Il punto ottimale è C (quello che si avrebbe in concorrenza); p ma è un punto che il monopolista non sceglierebbe mai a spontaneamente, perché non farebbe profitti. pm M Sono confrontabili il punto C e il punto M? Sembra di no (in C il C pc Cm = Cms monopolista sta peggio); il confronto è possibile se gli D = Bms Rm acquirenti sono in grado di q 0 qm qc indennizzare l’impresa. Fallimento del mercato e mancato indennizzo L’allocazione del monopolio (il punto M) è un tipico esempio di fallimento del mercato (non dal punto di vista dell’impresa, che ottiene il massimo profitto, ma da quello della “società”). Misuriamo il benessere sociale come la somma del surplus dei consumatori (l’area del triangolo aMpm) e del profitto dell’impresa (il rettangolo MY pc pm). Rispetto all’allocazione C (quella Pareto ottimale) si registra p una perdita sociale, misurata dal triangolo CMY. a L’impresa potrebbe accettare di produrre qc in pm M cambio di un indennizzo versato dai consumatori pari al mancato profitto. C Y pc Cm = Cms I consumatori ci guadagnerebbero (una cifra pari alla perdita sociale), D = Bms Rm ma un accordo del genere è vanifiq 0 qm qc cato dal fenomeno del free-riding. Due rimedi (e i loro inconvenienti) Per contrastare il fallimento del mercato (ovvero per ottenere l’allocazione C), ci sono due soluzioni principali: (1) Monopolio pubblico, cui viene imposto l’obiettivo di massimizzare il benessere sociale (e quindi il surplus dei consumatori) invece di massimizzare il profitto. (2) Regolamentazione. Per esempio, in cambio della licenza a produrre il bene si impone all’impresa il prezzo pc (prezzo amministrato). Entrambe le soluzioni presentano numerosi inconvenienti. Ne segnaliamo due: (i) se vi sono costi medi decrescenti sia il monopolio pubblico che l’impresa regolamentata lavorerebbero in perdita e andrebbero sussidiate ; (ii) nelle imprese sussidiate (pubbliche o private) si indeboliscono fortemente gli incentivi a tenere comportamenti efficienti.