La Libia, ufficialmente Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista, è uno Stato del Nordafrica. La sua capitale è Tripoli. La Libia occupa la parte centrale del Nordafrica, affacciandosi sul Mar Mediterraneo intorno al Golfo della Sirte, tra il 10º ed il 25º meridiano est; la Libia è il quarto paese dell'Africa per superficie, il sedicesimo del mondo. Confina a nordovest con la Tunisia, a ovest con l'Algeria, a sud con il Niger e il Ciad, a sud-est col Sudan, a est con l'Egitto. La Libia è una Jamāhīriyya (regime delle masse), l'attuale capo di stato è Mu'ammar Gheddafi. La lingua ufficiale è l'arabo. Con una superficie di 1.760.000 chilometri quadrati la Libia è il quarto paese dell'Africa per superficie ed il diciassettesimo del mondo. La Libia è composta da tre regioni geografiche e storiche: la Cirenaica, che occupa tutta la fascia orientale del territorio libico, lungo il confine con l'Egitto, dal mar Mediterraneo, al confine con il Sudan ed il Ciad; la Tripolitania, che occupa la fascia settentrionale, lungo il mediterraneo, dal confine con la Tunisia, fino alla fine del Golfo della Sirte; il Fezzan, che occupa la parte sahariana a sud della Tripolitania, dal confine con l'Algeria fino alla Cirenaica, lungo il confine con Niger e Ciad. Le coste sono prevalentemente basse e uniformi salvo alcuni rilievi che scendono a picco sul mare. I rilievi si mantengono sempre al di sotto dei 1000 metri. Il clima è generalmente torrido nelle aree desertiche con grandi escursioni termiche e nelle coste le temperature non subiscono sostanziali variazioni. Le regioni che formano lo Stato della Libia (Tripolitania, Cirenaica, Fezzan) non costituirono un’unità politica nell’antichità. Tripolitania = stato cartaginese; nel 146 a.C. diventò provincia romana e nel 200 diventò una provincia a sé stante. Cirenaica = fece parte dell’Egitto e nel 75 a.C. diventò provincia romana. Fezzan = conquistato dai romani nel 19 a.C. A partire dal 632 gli arabi cominciarono a conquistare l’Africa settentrionale. Essi ncontrarono la forte resistenza delle popolazioni berbere che nel 685 riuscirono quasi a riconquistare tutta l’Africa. Gli arabi ebbero la meglio, ma esse si stanziarono all’interno. Nel 1050 ci fu un'invasione da parte di nuove tribù d’arabi, così i berberi fecero fatica a mantenere la propria lingua e le proprie tradizioni. Dal 1146 al 1158 i normanni di Sicilia posero sotto controllo Tripoli. Successivamente s’impose una dinastia berbera. Nel luglio 1510 ha inizio la conquista spagnola a opera di Navarro. Nel 1551 la flotta ottomana circondò Tripoli e la conquistò poco dopo. Varie spedizioni provenienti dall’Italia per sabotare furono sopraffatte dai Turchi. Gli ottomani istituirono delle attività corsare nel mediterraneo ai danni delle nazioni europee. Tripoli fu assegnata del governo ottomano ad un pascià, con delle milizie al suo servizio. Nel 1600 anche la Cirenaica entrò a far parte dell’impero ottomano. Nel 1700 si instaurò la dinastia dei Caramanli che spinse al massimo le attività corsare. Durante la rivoluzione francese queste danneggiarono molti paesi anche gli Stati Uniti. Nel 1818 dopo l’intervento anglo-francese, le attività corsare cessarono con gravi conseguenze per l’economia. Nel 1835 i Turchi ripresero il controllo diretto di Tripoli. Nel 1911 il governo italiano dichiarò guerra alla Libia. Solo alla vigilia della prima guerra mondiale l’autorità italiana si era consolidata nella Tripolitania e nella Cirenaica. L’amministrazione realizzò molte opere pubbliche: strade, scuole, alberghi. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 in Libia si instaurarono per un breve periodo inglesi e francesi. Nel 1947 l’Italia rinunciò ad ogni pretesa sulla Libia e nel 1951 ci fu l’indipendenza e si instaurò una monarchia. Nel 1969 ci fu un colpo di stato che determinò l’abolizione della monarchia e l’istituzione della repubblica socialista con capo Ghedaffi, il capo dello stato attuale. LA REPUBBLICA Libia: 285 morti, diserzioni tra i militari Voci su Al Jazeera: "Gheddafi è fuggito" Repressione nel sangue. L'Unione Europea a Gheddafi: "Fermare le violenze". Ma Tripoli minaccia Bruxelles: stop a cooperazione sui clandestini se continuate a incoraggiare i manifestanti. Prime crepe nel regime: il rappresentante libico alla Lega Araba aderisce alla rivoluzione TRIPOLI - "Il colonnello Muammar Gheddafi è fuggito in Venezuela". E' la voce, clamorosa ma ancora tutta da confermare, che dalle strade di Tripoli rimbalza sulle frequenze della tv panaraba Al Jazeera e in un attimo si diffonde in tutto il mondo. La notizia arriva al termine di una nuova giornata di violenze in Libia, con un bilancio che parla di almeno 285 morti e 700 feriti a Bengasi, seconda città del Paese, principale teatro delle manifestazioni contro il leader. Quel che è certo è che il regime di Gheddafi inizia a mostrare le prime serie crepe: alcune unità dell'esercito avrebbero disertato unendosi ai rivoltosi. Secondo alcune fonti, Bengasi è ormai in mano ai ribelli. Abdel Moneim AlHoni, rappresentante permanente della Libia presso la Lega Araba, ha annunciato ad alcuni giornalisti che si dimetterà per "unirsi alla rivoluzione" e protestare contro "la repressione e la violenza contro i manifestanti del paese. Infine, un leader tribale ha annunciato il blocco delle esportazioni di petrolio se Gheddafi non porrà fine alla repressione e non lascerà il Paese. «Il figlio di Gheddafi parlerà in televisione". La televisione ha annunciato che Seif al-Islam, secondogenito di Muammar Gheddafi, pronuncerà un discorso questa sera. Seif al-Islam è accreditato come incarnazione dell'ala "riformista" del regime, che ha aperto la strada alla normalizzazione dei rapporti fra Tripoli e l'Occidente. Dall'inizio della crisi libica il leader del Paese, Muammar Gheddafi, non ha fatto alcuna dichiarazione. Razzi sui manifestanti, appello degli ospedali. Sempre secondo Al Jazeera, l'esercito oggi ha sparato razzi Rpg sui manifestanti a Bengasi. Attraverso il sito Lybia Al Youm, gli ospedali hanno lanciato un appello perché dicono di non essere più in grado di gestire i feriti che stanno affluendo. Occorrono medici, sangue, attrezzature e se possibile, l'allestimento di ospedali da campo. Scontri tra manifestanti a Tripoli. Gli scontri hanno raggiunto anche la capitale libica. Secondo Al Jazeera, manifestanti sono scesi in piazza e avanzano verso il palazzo presidenziale di Tripoli. Sul fronte opposto sostenitori del colonnello Muammar Gheddafi stanno cercando di fermarli. La polizia è intervenuta con un lancio di lacrimogeni, ma alcuni testimoni parlano di colpi d'arma da fuoco. Ue: "Fermare le violenze subito". Un appello a fermare la violenza contro i manifestanti, a garantire il diritto di espressione e a ripristinare il libero accesso ad Internet e ai telefoni è stato rivolto alla Libia dall'Alto rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Asthon, al termine di una cena di lavoro tra i ministri esteri della Ue, dedicata alla situazione dei paesi del nord Africa. "Le legittime aspirazioni e richieste del popolo per le riforme devono essere accolte attraverso un dialogo aperto ed efficace a guida libica", afferma la Ashton. Preoccupazione è stata espressa anche dall'amministrazione degli Stati Uniti: "Bisogna porre fine a ogni violenza contro i manifestanti pacifici", ha detto il portavoce del dipartimento di Stato, Philip Crowley. Tripoli minaccia l'Ue: "Stop collaborazione sull'immigrazione". Dure parole dal governo libico verso l'Unione Europea, colpevole secondo Tripoli di sostenere le rivolte: "Se continuate a incitare i manifestanti alle proteste nel nostro Paese, interromperemo la nostra cooperazione sul fronte immigrazione". Lo ha riferito l'ambasciatore di Ungheria, presidente di turno dell'Unione, convocato oggi dalle autorità libiche. A proposito di un possibile allarme immigrazione, Catherine Ashton ha dichiarato: "Abbiamo sentito delle minacce, ma alla fine dei conti la Ue fa ciò che è giusto", ribadendo che il Consiglio sarà "molto, molto chiaro sulla sua volontà che si ponga fine alla violenza", e che "E' molto importante che le voci della popolazione siano ascoltate, ed è quello che chiederemo". Contestazione senza precedenti. Il regime di Gheddafi è in preda ad una contestazione senza precedenti contro un potere che dura da più di 40 anni e sta cercando di resistere alle proteste libertarie scoppiate sull'onda delle rivolte in Tunisia ed Egitto. Il leader libico ha reagito con la forza alle manifestazioni di protesta degli ultimi giorni, schierando la polizia in forze. Centinaia di tunisini che lavorano in Libia hanno lasciato il paese attraverso la frontiera di Ras-Jdir, per rifugiarsi nel loro territorio d'origine e fuggire da quella che descrivono come "una vera carneficina". Lo ha dichiarato Housine Betaieb, responsabile sindacale presente sul posto, aggiungendo: "E' gente che lavora in Libia e che fugge prima che le succeda qualcosa". Estremisti prendono in ostaggio civili e poliziotti. Un gruppo di "estremisti islamici" ha preso oggi in ostaggio poliziotti e civili nell'est della Libia, ha reso noto un alto esponente libico. Il sequestro ha avuto luogo ad Al Baida. "Un gruppo di estremisti islamici, che si fa chiamare 'emirato islamico di Barka', tiene in ostaggio dei membri del servizio di sicurezza e alcuni cittadini", ha detto il responsabile libico, chiedendo di non essere identificato. Il sequestro, secondo quanto si è appreso, è avvenuto "durante gli scontri degli ultimi giorni", ha aggiunto la fonte di Tripoli, sottolineando che il gruppo "chiede la revoca dello stato d'assedio imposto dalle forze dell'ordine per evitare che gli ostaggi siano uccisi". (21 febbraio 2011) QUOTIDIANO Libia: prezzi del petrolio ancora in aumento Singapore, 2 mar. (Adnkronos/Dpa) - I prezzi del petrolio hanno continuato a salire oggi, spinto dai disordini in Libia e la crescente pressione sul regime di Muammar Gheddafi. Il Brent del Mare del Nord con consegna ad aprile è stato venduto in mattinata nel mercato asiatico a 115,87 dollari al barile (159 litri), 45 centesimi in più rispetto a ieri. Il greggio degli Stati Uniti il West Texas Intermediate (WTI) è stato scambiato a 100,19 dollari, 56 centesimi sopra il prezzo di martedì. Il mercato del petrolio teme una diffusione dei disordini in Africa del Nord ai produttori di petrolio più grandi come Arabia Saudita e Kuwait. (02/03/2011 Libero)