TURNER E GLI
IMPRESSIONISTI
Classe: 2ª C anno scol 2006-2007
La grande storia del paesaggio moderno in Europa
fine
SEZIONI
DELLA MOSTRA
LA RISCOPERTA
DEL MEDIOEVO
TURNER
IMPRESSIONISMO
ROMANTICISMO
SEZIONE 1
SEZIONE 2
Constable e Turner
Dall’Accademia al primo plein air
SEZIONE 5
Il giardino
SEZIONE 3
SEZIONE 4
Da Barbizon al primo
Paesaggi
dell’impressionismo
paesaggio impressionista
Sezione 1
John Constable
La mostra si apre con circa 50 opere di Constable e Turner, i due grandissimi pittori
inglesi della prima metà del XIX secolo. Con questa prima sezione si intende
dimostrare le maggiori preesistenze in Europa, al di fuori della Francia, nei termini
della più elevata qualità quanto a una nuova interpretazione del paesaggio. Non è
inutile ricordare, tra l’altro, come Constable e Turner siano stati fondamentali, il
primo in modo particolare per gli artisti di Barbizon e il secondo specialmente per
Monet. Questo capitolo introduttivo sarà già l’affondo dentro una natura descritta e
interpretata in modo assai diverso rispetto al XVIII secolo. Con Constable
seguendo le vie di un realismo che si tramuta in lume nuovo sulle cose, e con
Turner lungo i sentieri di quella dissoluzione della natura nella luce e nel colore
che conteranno così tanto appunto per Claude Monet.
TURNER
William Turner (1775-1851) è l’altro grande interprete,
insieme a Constable, della pittura di paesaggio
romantica in Inghilterra. Le categorie estetiche a cui
è improntata la pittura di Turner sono il pittoresco e il
sublime. Quel sublime dinamico, come lo definiva
Kant, che riguardava le manifestazioni della natura
caratterizzate da grande esplosione di energia. Il
soggetto di alcuni suoi quadri più tipici sono proprio
le tempeste. Quella furia degli elementi che imprime
grande velocità all’atmosfera.
Nei suoi quadri gioca un elemento fondamentale la luce.
Egli cerca di dare un’autonomia alla luce
rappresentandola non come riflesso sugli oggetti ma
come autonoma entità atmosferica. Per far ciò, usa il
colore in totale libertà con pennellate curve ed
avvolgenti. Le immagini che ne derivano hanno un
aspetto quasi astratto che non poco sconvolse il
pubblico del tempo. Secondo alcuni critici egli non
dipingeva ma impastava sulla tela ingredienti da
cucina, quali uova, cioccolata, panna, ricavandone
un miscuglio da pasticciere. Queste critiche
dimostrano quanto fosse poco compresa la sua
pittura. Essa, tuttavia, divenne un riferimento
importante per la successiva pittura impressionista.
La scienza come fonte di idee per i colori
Turner, fra i grandi pittori dell'800, fu quello che probabilmente
impegnò uno sforzo maggiore nell'intento di formulare una
propria teoria dei colori. dimostrò la sua profonda conoscenza
sia degli studi sui colori di Newton che di quelli di Goethe.
Definì, inoltre, in modo chiaro, la differenza fra quelli che lui
chiamava i colori "prismatici", generati dalla scomposizione della
luce attraverso il prisma, ed i colori "materiali", cioè quelli dei
pigmenti adoperati dai pittori. Turner affermò che dalla miscela
dei primari "materiali" (giallo, rosso e azzurro) veniva fuori un
grigio torbido, mentre dalla miscela dei primari "prismatici" (luci
colorate) veniva fuori il bianco. La sua intuizione era corretta,
se non fosse che commise l'errore di considerare come colori
primari prismatici: il giallo, l'azzurro ed il rosso, mentre, come
aveva dimostrato Young ed in seguito avrebbero dimostrato Von
Helmholtz e Maxwell, i colori primari della luce sono: il verde, il
blu ed il rosso…Turner studiò con attenzione diversi fenomeni
come l'apparizione degli arcobaleni, il rapporto visivo tra colori
complementari, il colore delle ombre in rapporto al colore
dominante della luce (capì che una luce fortemente colorata,
produce ombre che vengono percepite come del colore
complementare: luce rossa, ombra verde azzurra; luce gialla,
ombra violacea).
William Turner, Tempesta di neve, 1842
Il quadro, conservato alla Tate Gallery di Londra, è uno degli esempi più noti della ricerca di Turner
legata alla percezione della forza della natura. Lo scatenarsi di una tempesta di neve avviene in
mare, travolgendo una nave che nel quadro appena si intravede nel gran turbinio d'acqua che
Turner rappresenta. Il mare è anch'esso un soggetto molto amato dall'artista inglese, che in
numerosi quadri rappresenta scene marine e navi. Qui il mare diviene il luogo di quel "sublime
dinamico" che abbiamo visto spesso comparire nei quadri di Turner, che in questa tela, più che in
altre, abbandona ogni preoccupazione di rappresentazione figurativa per darsi ad una pittura di
gesto che sfiora quasi l'astratto. Inutile dire che il quadro, troppo in anticipo sui gusti del tempo,
non ricevette critiche entusiastiche. Per esso, come per altre tele di Turner, i critici inglesi
parlarono di "pasticceria", in quanto un quadro così fatto sembrava loro più un tavolo sporco di
latte, farina, uova, cioccolato, ecc. che non la tela di un pittore.
IL ROMANTICISMO
Torna a Turner
Il romanticismo è un movimento artistico che si afferma in Europa nel 1830 dopo
che il neoclassicismo ha esaurito la sua vitalità, è un movimento che si definisce
bene proprio confrontandolo con il neoclassicismo che dà importanza alla
razionalità umana mentre il romanticismo rivaluta la sfera del sentimento, della
passione ed anche della irrazionalità. Il neoclassicismo è profondamente laico e
persino ateo; per contro il romanticismo è un movimento di grandi suggestioni
religiose. Il neoclassicismo aveva preso come riferimento la storia classica; il
romanticismo, invece, guarda alla storia del medioevo, rivalutando questo
periodo che, fino ad allora, era stato considerato buio e barbarico. Infine,
mentre il neoclassicismo impostava la pratica artistica sulle regole e sul
metodo, il romanticismo rivalutava l’ispirazione ed il genio individuale.
Uno dei tratti più caratteristici del romanticismo è la rivalutazione del lato
passionale ed istintivo dell’uomo. Questa tendenza porta a ricercare le
atmosfere buie e tenebrose, il mistero, le sensazioni forti, l’orrido ed il
pauroso. L’artista romantico ha un animo ipersensibile, sempre pronto a continui
turbamenti. L’artista non si sente più un borghese, ma inizia a comportarsi
sempre più in modo anticonvenzionale. In alcuni casi sono decisamente asociali e
amorali. Sono artisti disperati e maledetti che alimentano il proprio genio di
trasgressioni ed eccessi.
L’arte romantica riscopre anche la sfera religiosa, dopo un secolo, il Settecento,
che era stato fortemente laico ed anticlericale. L’arte deve scoprire l’anima
delle cose, rivelando concetti quali il sentimento, il religioso, l’interiore. Questo
interesse per la dimensione della interiorità e della spiritualità umana portò, in
realtà, il romanticismo a preferire linguaggi artisti non figurativi, come la
musica e la letteratura o la poesia. Queste, infatti, sono le arti che, più di
altre, incarnano lo spirito del romanticismo.
La riscoperta del Medioevo
Sono diversi i motivi che portarono la cultura romantica a rivalutare
il medioevo. Le motivazioni principali sono fondamentalmente tre:
• il medioevo è stato un periodo mistico e religioso infatti la
religione forniva le coordinate non solo morali, ma anche
esistenziali. Allo spirito della religione era improntata tutta
l’esistenza umana.
• nel medioevo si sono formate le nazioni europee È da ricordare,
infatti, che il neoclassicismo, nella sua ultima fase, era divenuto
lo stile di Napoleone e del suo impero. Il crollo dell’impero
napoleonico aveva significato, nelle coscienze europee,
soprattutto la rivalutazione delle diverse nazionalità. Il
neoclassicismo, nella sua perfezione senza tempo, aveva cercato
di sovrapporsi alle diversità locali. Il romanticismo, invece, vuole
rivalutare la diversità dei vari popoli e delle varie nazioni .
• nel medioevo il lavoro era soprattutto artigianale,la rivalutazione
del medioevo nasce da un atteggiamento polemico nei confronti
della rivoluzione industriale che permise di produrre una quantità
di oggetti notevolmente superiore, ad un costo notevolmente
inferiore. Tuttavia, soprattutto nella sua prima fase, la
produzione industriale portò ad un peggioramento della qualità
estetica degli oggetti prodotti.
Sezione 2
JEAN BAPTISTE CAMILLE COROT VENEZIA
DALL’ACCADEMIA AI PRIMI PAESAGGI SULLA NATURA
La seconda sezione illustra l’evoluzione del genere del paesaggio da fondale
scenografico, luogo in cui accadono le storie della Mitologia e delle Sacre
Scritture, a genere in cui la natura, pur non assumendo mai quella rilevanza
che, negli stessi anni, le era propria con l’opera di Constable e Turner, viene
consapevolmente studiata dal vero da pittori come Granet, Constantin,
Valenciennes e, naturalmente, Corot. Artisti tutti che, soprattutto nei loro
soggiorni italiani, sembrano decisamente capovolgere il gusto della
ricostruzione storica in favore di uno sguardo più limpido sulla natura,
finalmente accarezzata e amata, percorsa da uno sguardo mai vuoto e
inutile. Questa disposizione d’amore sarà il punto di partenza anche per i
giovani pittori impressionisti quando, qualche decennio più tardi, si
affacceranno sulla scena parigina.
L’impressionismo
L’impressionismo è un movimento pittorico francese che nasce intorno al 1860 a Parigi. Dura poco
meno di venti anni: al 1880 l’impressionismo può già considerarsi una esperienza chiusa, ma
non è azzardato dire che è l’impressionismo ad aprire la storia dell’arte contemporanea.
La grande rivoluzione dell’impressionismo è soprattutto la tecnica, anche se molta della sua
fortuna presso il grande pubblico deriva dalla sua poetica.
La tecnica impressionista nasce dalla scelta di rappresentare solo e soltanto la realtà sensibile.
Evita qualsiasi riferimento alla costruzione ideale della realtà, per occuparsi solo dei
fenomeni ottici della visione. E per far ciò cerca di riprodurre la sensazione ottica con la
maggior fedeltà possibile.
Dal punto di vista della poetica l’impressionismo sembra indifferente ai soggetti. In realtà,
proprio perché può rendere piacevole qualsiasi cosa rappresenti, l’impressionismo divenne
lo stile della dolce vita parigina di quegli anni. Non c’è, nell’impressionismo, alcuna
romantica evasione verso mondi idilliaci, sia rurali sia mitici; c’è invece una volontà
dichiarata di calarsi interamente nella realtà urbana di quegli anni per evidenziarne tutti i
lati positivi e piacevoli. Ed anche le rappresentazioni paesaggistiche o rurali portano il
segno della bellezza e del progresso della civiltà. Sono paesaggi visti con occhi da
cittadini.
I protagonisti dell’impressionismo furono soprattutto pittori francesi. Tra essi, il più
impressionista di tutti, fu Claude Monet. Gli altri grandi protagonisti furono: Auguste
Renoir, Alfred Sisley, Camille Pissarro e, seppure con qualche originalità, Edgar Degas. Un
posto separato lo occupano, tra la schiera dei pittori definiti impressionisti, Edouard
Manet, che fu in realtà il precursore del movimento, e Paul Cézanne, la cui opera è quella
che per prima supera l’impressionismo degli inizi.
Punti fondamentali per seguire le specificità dell’impressionismo sono:
1.
il problema della luce e del colore;
2.
la pittura en plain air;
3.
l'esaltazione dell’attimo fuggente;
4.
i soggetti urbani.
STAMPE GIAPPONESI E
FOTOGRAFIA NEL PRIMO
IMPRESSIONISMO
Il 1867 è una data importante per le ricerche che
stavano conducendo i futuri impressionisti
Non si può parlare della cultura impressionista senza
accennare, neppur brevemente: all’incidenza che su di
essa ebbe ebbe la fotografia. L’opera di Monet fu
dipinta nello studio del celebre fotografo Nadar, la
prima impressione diventa quasi una certezza.
È sintomatico il fatto che nel 1867 i futuri primi
grandi maestri dell’impressionismo, Monet, Sisley,
Pizarro; erano ancora dei semplici pittori.
Le rivoluzioni tecniche
sul colore e sulla luce
Monet Il Parlamento
La grande specificità del linguaggio pittorico
impressionista sta soprattutto nell’uso del
colore e della luce che sono gli elementi
principali della visione: l’occhio umano
percepisce inizialmente la luce e i colori,
dopo di che, attraverso la sua capacità di
elaborazione cerebrale, distingue le forme e
lo spazio in cui sono collocate. L’intento
degli impressionisti è proprio evitare al
minimo la perdita di luce riflessa, così da
dare alle loro tele la stessa intensità visiva
che si ottiene da una percezione diretta della
realtà.
Per far ciò adottano le seguenti tecniche:
• utilizzano solo colori puri;
• non diluiscono i colori per realizzare il
chiaro-scuro, che nelle loro tele è del tutto
assente;
• per esaltare la sensazione luminosa
accostano colori complementari;
• non usano mai il nero;
• anche le ombre sono colorate.
La pratica dell’en plain air
La pittura, così come concepita dagli impressionisti, era solo colore.
Essi, pertanto, riducono, e in alcuni casi sopprimono del tutto, la
pratica del disegno. Questa scelta esecutiva si accostava all’altra
caratteristica di questo movimento: la realizzazioni dei quadri non
negli atelier ma direttamente sul posto. È ciò che, con termine
usuale, viene definito en plain air.
L’en plain air non è una invenzione degli impressionisti. Già i
paesaggisti della Scuola di Barbizon utilizzavano questa tecnica.
Tuttavia, ciò che questi pittori realizzavano all’aria aperta era in
genere una stesura iniziale, da cui ottenere il motivo sul quale
lavorare poi in studio rifinendolo fino alla stadio definitivo. Gli
impressionisti, e soprattutto Monet, portarono al limite estremo
questa pratica dell’en plain air realizzando e finendo i loro quadri
direttamente sul posto.
Questa scelta era dettata dalla volontà di cogliere con freschezza e
immediatezza tutti gli effetti luministici che la visione diretta
fornisce. Una successiva prosecuzione del quadro nello studio
avrebbe messo in gioco la memoria che poteva alterare la
sensazione immediata di una visione.
Gli impressionisti avevano osservato che la luce è estremamente
mutevole. Che, quindi, anche i colori erano soggetti a continue
variazioni. E questa sensazione di mutevolezza è una delle
sensazioni piacevoli della visione diretta che loro temevano si
perdesse con una stesura troppo meditata dell’opera.
La poetica
dell’attimo
fuggente.
I soggetti urbani
Monet La gare Saint Lazare
Torna sezione 3
La scelta dei pittori impressionisti, di rappresentare la realtà
cogliendone le impressioni istantanee portò questo stile ad
esaltare su tutto la sensazione dell’attimo fuggente.
Secondo i pittori impressionisti la realtà muta continuamente di
aspetto. La luce varia ad ogni istante, le cose si muovono
spostandosi nello spazio: la visione di un momento è già
diversa nel momento successivo. Tutto scorre. Nella pittura
impressionista le immagini trasmettono sempre una
sensazione di mobilità.
L’attimo fuggente della pittura impressionista ha analogie
evidenti con la fotografia. Anche la fotografia, infatti,
coglie una immagine della realtà in una frazione di secondo. E
dalla fotografia gli impressionisti non solo prendono la
velocità della sensazione, ma anche i particolari tagli di
inquadratura che danno alle loro immagini particolare sapore
di modernità
L’impressionismo è il primo movimento pittorico che ha un atteggiamento positivo nei
confronti della città. E di una città in particolare: Parigi. La capitale francese, sul finire
dell’Ottocento è, sempre più, la città più importante e gaudente d’Europa. In essa si
raccolgono i maggiori intellettuali ed artisti, ci sono i maggiori teatri e locali di
spettacolo, si trovano le cose più eleganti e alla moda, si possono godere di tutti i
maggiori divertimenti del tempo.
Tutto questo fa da sfondo alla pittura degli impressionisti, e ne fornisce molto del suo
fascino. I luoghi raffigurati, nei quadri impressionisti, diventano tutti seducenti: le
strade, i viali, le piazze, i bar, gli stabilimenti balneari lungo la Senna, i teatri (da
ricordare soprattutto le ballerine di Degas), persino le stazioni, come nel famoso quadro
di Monet raffigurante «La Gare Saint-Lazare»..
Sezione 3
Pissarro- la foresta di
Montmorency
DA BARBIZAN AL PRIMO PAESAGGIO
IMPRESSIONISTA
È ora l’impressionismo a guadagnare gradualmente il centro
della scena. E, naturalmente, volendo spiegare cosa
abbia rappresentato per quel gruppo straordinario di
pittori, il paesaggio, bisognerà partire dalla scuola di
Barbizon negli anni trenta, pittori riconosciuti come gli
artefici di una rottura che segna la fine dell’ascendente
teorico ed estetico del paesaggio classico. La natura
non è più quella di un’Italia pittoresca e idealizzata, ma
quella di una Francia scoperta gradualmente. Si inizia
con l’esplorazione delle foreste attorno a Parigi, come
Compiègne, Montmorency e Louveciennes. Ma il luogo
che, più di altri, rinvigorì il paesaggio contemporaneo
francese tra gli anni trenta e gli anni cinquanta, fu la
foresta di Fontainebleau con le sue frazioni, Barbizon,
Marlotte e Chailly. Corot, Français e Huet furono tra i
primi a frequentare questi luoghi mitici, e vennero poi
seguiti da Diaz de la Peña, Rousseau, Daubigny e
Courbet, solo per dire degli artisti più celebri che
hanno costituito un fondamentale ponte tra la pittura
accademica di paesaggio in Francia e gli impressionisti.
Ai loro esordi infatti Monet, Bazille, Sisley e Pissarro
si ritrovano negli stessi anni a dipingere in questo luogo
mitico rielaborando la lezione dei maestri più anziani e
sviluppando in particolare un’attenzione affatto nuova
per il dato atmosferico e l’importanza della luce.
Sezione 4
Monet le ninfee
Monet- veduta di Bordighera
PAESAGGI NELL’IMPRESSIONISMO
La quarta sezione abbraccia oltre 150 opere, dunque il cuore vero di
tutta la mostra. Non più solo il paesaggio, ma i paesaggi. In quasi
quarant’anni di pittura, non solo matura e giunge a compimento il
linguaggio impressionista più universalmente noto, con figure di
artisti che apportano ulteriori e più fecondi elementi di novità. Se al
primo momento dunque possiamo associare i nomi, tra gli altri, di
Sisley, Pissarro, Guillaumin e Caillebotte, i veri giganti di questa
irripetibile stagione sono Manet prima di tutti, e poi Gauguin, Monet,
van Gogh e Cézanne. In questa sezione sarà dunque inevitabile, e
affascinante, verificare quanto l’apporto di un pittore sia leggibile
nell’opera di un altro. Quanto cioè l’impressionismo sia
sostanzialmente un riandare continuo, ciascuno con la propria
sensibilità, alla natura, tutta, che ci circonda, per coglierne fin dove
possibile la fuggevole bellezza. O per trasferirvi, è il caso
emblematico di Monet, nel periodo ultimo di Giverny, il senso
lacerato di una visione, e, per van Gogh, la corrispondenza con il suo
più intimo sentire. Le opere sono disposte per nuclei tematici. Dalle
vedute di Parigi realizzate da molti tra gli impressionisti, Caillebotte
in primis, al gruppo fondamentale centrato sulla campagna francese,
dove tanti tra questi artisti danno il meglio di loro stessi. Quindi il
tema dell’acqua, ovvero i fiumi di Francia, dalla Senna all’Oise, e poi i
quadri dedicati al mare, da quelli celeberrimi di Manet, e dai molti
che Monet vi dedicò soprattutto durante i soggiorni importanti in
Normandia o in Costa Azzurra, fino all’esaltazione dell’accecante
luce mediterranea nei quadri di Signac. Questo capitolo della mostra
include anche i viaggi che gli impressionisti fecero. Allora le visioni
olandesi e inglesi di Monet si alterneranno a quelle provenzali di
Cézanne, sublimi lungo tutto il corso della sua vita. Senza
dimenticare la Bretagna, primo eden abitato da Gauguin e Bernard, e
il mitico Sud cercato e dipinto da Van Gogh dopo la scoperta della
pittura impressionista fatta a Parigi.
IL GIARDINO
Sezione 5
Al giardino è intitolata la quinta e ultima sezione dove sono presentati molti dei
capolavori più alti di tutta la mostra. Quando gli impressionisti dipingevano un
giardino era per ambientarvi una scena di famiglia o per esaltare la propria abilità
nel rendere i giochi di chiaroscuro che la luce creava con la vegetazione. È quello
che accade per esempio negli Oleandri celeberrimi realizzati da Bazille nel 1867 o
quanto si può vedere nel Parco a Yerres dipinto da Caillebotte dieci anni dopo. A
una visione più aperta e meno scintillante di riverberi luminosi, si rifà Pissarro che
a distanza di vent’anni l’una dall’altra dipinge due opere, gli Orti a L’Hermitage,
Pontoise del 1874 e gli Alberi in fiore. La casa dell’artista a Éragny, in cui lo
spazio del giardino è riletto come luogo di vita, dove l’uomo appare con le fatiche
del lavoro quotidiano. Questo tipo di soggetto non poteva che affascinare van
Gogh al suo arrivo a Arles, nella primavera del 1888. Il Frutteto stretto dai
cipressi è infatti il tentativo felicemente riuscito di fermare sulla tela la bellezza
effimera e gioiosa che la natura stava regalando ai suoi occhi. E anche se sono
riconoscibili dei debiti nei confronti della cultura figurativa giapponese, è
altrettanto evidente che, proprio in queste opere, van Gogh torna quasi
istintivamente a riallacciarsi al più puro stile impressionista. Con la formulazione
commovente di una pittura della luce e dello spazio che è tra gli esiti di più intima
poesia leggibili nella sua opera. Il tema del giardino è però forse quello che per
eccellenza va ricondotto all’opera di Monet e al tempo ultimo della sua vita a
Giverny.
Van Gogh
Pissarro
E per finire…
La mostra si conclude, lontanissima da dove era partita,
già ben dentro il XX secolo. Eppure, d’altro canto,
vicina a certi quadri di Turner che, ancor prima della
metà del secolo precedente, erano già dispersione
dentro la tempesta del colore. Fosse essa di luce o
neve. Alcune visioni del giardino, dei glicini e delle
ninfee di Monet, esposte nell’ultima sala della mostra,
sigillano, nella decantazione della materia dipinta, un
percorso fatto ormai di fiorite sottrazioni di luce. La
natura è diventata il respiro del cosmo, la voce di un
infinito nata dallo stagno incantato di Giverny.
Monet
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TURNER E GLI IMPRESSIONISTI