Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com NEWSLETTER N. 33 DEL 21/27 SETTEMBRE 2010 a cura di Guida al Diritto ANTEPRIMA EDITORIALE. CAMERE PENALI: LA GIUSTIZIA TORNA A SPERARE SOLO CON UN GIUDICE TERZO E L’AVVOCATO FORTE di Oreste DOMINIONI Presidente Unione delle camere penali italiane ONLINE LE SENTENZE DEL GIORNO AVVOCATI Minimi tariffari inderogabili anche per l’attività stragiudiziale Corte di cassazione Sezione Lavoro Sentenza 27 settembre 2010 n. 20269 LE SENTENZE DEL GIORNO SICUREZZA LA VORO Il dipendente va informatosulla pericolosità dei prodotti usati Corte di Cassazione Sezione IV Sentenza 8 giugno27 settembre 2010 n. 34771 IN PRIMO PIANO PROFESSIONE FORENSE Avvocati: ok al regolamento specializzazioni del Cnf di Patrizia Maciocchi a cura di Lex24 FISCO E TRIBUTI RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI REATO DI STALKING AVVOCATI24 Avvocato del giorno: Filippo Cesaris, partner NCTM Studio Legale Associato PROFESSIONI E IMPRESA24 POTERE AMMI NISTRATIVO L’autotutela possessoria deve rispettare il termine annuale di decadenza di V. Andrea Auletta IL MERITO ONLINE LAVORO Contratto di somministrazione e forma scritta di D’Amora Francesco Avvocato Tonucci & Part ners DOCUMENTAZIONE Da Repertorio24 Gazzetta Ufficiale Newsletter n. 33 28 settembre 2010 1 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com EDITORIALE GUIDA AL DIRITTO N. x, 39 del 2 ottobre 2010 CAMERE PENALI: LA GIUSTIZIA TORNA A SPE RARE SOLO CON UN GIUDICE TERZO E L’AVVO CATO FORTE di Oreste DOMINIONI Presidente Unione delle camere penali italiane Il dibattito del XIII Congresso ordinario dell’Unione delle Camere penali italiane (Palermo 1°3 ottobre 2010) che sta impegnando i delegati annuncia, nel suo fulcro centrale dal titolo: «Un giudice garante, un avvocato forte contro la deriva delle garanzie», una discussione che, peraltro, è ampiamente articolata dai contributi congressuali ai numerosi temi stimola ti dai programmi presentati dai candidati alla presidenza del l’Ucpi per il prossimo biennio. Il grande tema del rinnovamento della giustizia non può non avere come asse portante una riflessione che negli anni l’Ucpi ha posto a base e ha sviluppato nelle proprie iniziative politi che: la crisi di qualità e di efficienza della giustizia, e di quella penale in particolare, non può essere affrontata con interventi settoriali, improvvisati o asistematici (in quest’ultimo senso, ad esempio, è il cosiddetto processo breve), ma deve vedere rifondati due suoi pilastri portanti: il giudice e l’avvocato. Senza queste riforme ogni misura legislativa od organizzativa è desti nata a un pressoché totale insuccesso. Con la separazione delle carriere (e la correlata riforma del Consiglio superiore della magistratura) al giudice deve essere impresso un energico ruolo garante. Se nell’ordinamento per siste un giudice per il quale l’esercizio della giurisdizione ha una matrice comune con l’esercizio dell’accusa da parte del pubblico ministero, i due organi sono investiti di due funzioni che, pur se distinte, si riconducono a un’unitaria funzione giudiziaria trascinando anche la prima su un terreno di con trapposizione con la funzione di difesa. Ciò che si edulcora nella giurisdizione è il compito istituzionale di controllo sull’ac cusa: è esattamente qui che difetta l’imparzialità del giudice, spinto a farsi carico di finalità che dovrebbero essere proprie esclusivamente della persecuzione penale. La mancanza di un giudice portatore di una funzione di con trollo giurisdizionale determinato, pressoché inesorabile, compromette l’amministrazione della giustizia nella sua qualità e, non meno, nella sua efficienza. È ormai esperienza storica che, senza un giudice garante, le garanzie anche le più pregnanti si indeboliscono e a volte addirittura si vanificano. Ne è compromesso il giusto processo che infatti tra i suoi ingredienti stabiliti dall’articolo 111 della Costituzione annovera un giudice terzo e imparziale. Va qui registrato un ulteriore effetto negativo di quel deficit di controllo giurisdizionale sull’accusa. Compromette la dialetti 2 cità del processo e la stessa attendibilità della decisione, che è invece propiziata solo da un metodo di conoscenza giudiziaria improntato per l’appunto dai canoni della dialetticità: accusa tore e difensore si contraddicono sulle rispettive tesi e sulle risorse probatorie che mettono in campo; il giudice terzo formula giudizi non pregiudicati da legami impropri con le tesi delle parti. Inoltre si producono conseguenze altrettanto gravi, e ancor più visibili, sull’efficienza concreta del processo penale. Interi comparti normativi del codice di procedura penale lega no la loro precettività pratica all’effettivo controllo giurisdizio nale sulla fondatezza delle richieste del pubblico ministero. Il venir meno o il forte indebolimento di tale controllo ha nel corso degli anni prodotto l’inoperatività di quelle disposizioni, con conseguenze assai negative anche per la funzionalità e i tempi del processo penale. Un solo esempio. Gli articoli 405 e seguenti del Cpp stabili scono i termini di durata delle indagini preliminari. Nella prassi è peraltro invalso che le richieste di proroga del pubblico ministero sono pressoché sempre accolte dal giudice con motivazioni di stile e cioè senza un reale controllo sulla loro fondatezza. Tanto che i difensori, ammaestrati da ciò, non propongono più opposizione. È del tutto evidente come un simile andamento della prassi nuoccia al ragionevole conteni mento della durata delle indagini preliminari, troppo spesso contrassegnate da tempi morti ingiustificati. Il che non si verifi cherebbe se il controllo del giudice sulla richiesta di proroga fosse effettivo. Il fronte della riqualificazione della professione di avvocato, apertosi in questi ultimi anni con le battaglie dell’Ucpi per la riforma dell’ordinamento forense e la specializzazione dell’av vocato, costituisce l’altro pilastro del prossimo Congresso ordinario. Al primo è intimamente legato e come il primo costituisce lo strumento con cui restituire qualità ed efficienza al processo penale. Dal recupero della qualità della prestazio ne professionale passano l’affermazione della funzione dell’av vocato nel processo, l’assunzione di consapevolezza del ruolo difensivo e, assieme, la capacità di pretendere il rispetto del ruolo del giudice terzo garante dell’applicazione della legge. In mancanza non si potrebbe che assistere al perpetuarsi di un modello di difensore che consente, la violazione delle regole di garanzia e dunque implicitamente e continuativamente aval la una progressiva regressione del rito verso schemi autoritati vi. Si tratta dunque di una battaglia di politica del diritto che mira alla qualificazione del difensore non come conquista fine a se stessa, ma come strumento necessario per l’affermarsi del giusto processo. La bozza di riforma messa a punto dal tavolo dell’avvocatura costituitosi presso il Cnf, pur scontando un certo tasso di compromessi, ha rappresentato un importante risultato. L’obiettivo prioritario del recupero di qualità della professione ha infatti imposto: una nuova disciplina dell’accesso, impronta ta a una maggiore efficacia sia quanto allo svolgimento del tirocinio che quanto a numero e contenuti delle prove di esame, queste ultime non prive di aspetti marcatamente spe Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com cializzanti; la previsione normativa della formazione continua, fino a oggi affidata a regolamenti di carattere deontologico e agli indirizzi, spesso eterogenei, dei Consigli dell’ordine; l’in troduzione e la regolamentazione della specializzazione foren se, obiettivo da tempo perseguito dall’Ucpi e sino a pochi anni fa osteggiato anche dentro l’avvocatura. Oggi, con l’arresto della discussione in Senato del disegno di riforma della professione forense, un simile ambizioso obietti vo si è rivelato apertamente confliggente con istanze clientela ri della politica, impegnata per larga parte a consentire che la professione forense continui a svolgere quel ruolo di ammor tizzatore sociale ormai sperimentato da decenni, ingenerando nei giovani false aspettative e garantendo alle lobbies un esor bitante potere contrattuale nei confronti del professionista. Il tutto ammantato dall’ipocrisia di fondo che invoca la libertà di mercato in un settore, quale quello della professione forense, che ha a tal punto introitato la liberalizzazione da generare un numero di avvocati assolutamente esorbitante gli effettivi biso gni, con le ovvie ricadute in termini di contrazione dei redditi (sì da parlarsi oggi di vero e proprio proletariato forense), di crollo della qualità e del rigore deontologico e infine di pro fonda debolezza dell’avvocatura nel sistema. Se pure, in un primo tempo dei lavori parlamentari, il comitato ristretto della commissione Giustizia del Senato e poi la stessa commissione Giustizia avevano approvato un testo che rispec chiava la necessità di recupero della qualità della professione forense, non appena il dibattito è approdato in aula la maggio ranza non ha mancato di offrire sostegno all’opposizione stre nuamente impegnata in un’opera di forte demolizione del l’obiettivo della riforma, destabilizzando l’intero progetto. Da allora l’esame del disegno di legge è fermo al Senato e niente lascia ritenere che il percorso possa velocemente riprendere. Ciò non toglie che l’avvocatura e in particolare l’avvocatura specialistica, assieme al Consiglio nazionale forense, sia invece andata avanti. Con l’istituzione della specializzazione forense da parte del l’Ucpi e delle altre associazioni specialistiche, si è voluto infatti imprimere una decisa accelerazione al percorso di riforma, ancorché nei termini di una autoriforma, e contestualmente avvisare il Parlamento e il Governo che laddove essi continui no a indietreggiare difronte alla necessità di un rinnovamento dell’avvocatura che passi attraverso il recupero della qualità della prestazione, l’avvocatura provvederà autonomamente a dotarsi di regole che la rendano maggiormente preparata, consapevole e dunque forte all’interno del sistema giustizia. Nell’espressione di tale volontà il Consiglio nazionale forense ha immediatamente recepito, in forza dei propri poteri regola mentari in materia deontologica e in particolare facendo do verosamente leva sul dovere di competenza che incombe su ogni singolo iscritto, l’esigenza di fornire disciplina alla specia lizzazione forense secondo i contenuti che tutta l’avvocatura aveva elaborato e la commissione Giustizia del Senato aveva condiviso. La battaglia per la riqualificazione della professione non può certo dirsi conclusa. È necessario che il tema della specializza Newsletter n. 33 28 settembre 2010 zione e più in generale della riforma della professione forense torni in primo piano nell’agenda della politica e vi torni con contenuti rigorosi sul piano dell’accesso, della formazione continua, della specializzazione e del rispetto delle norme deontologiche. È del tutto inutile, e anzi fuorviante, sbandiera re la volontà di riformare il sistema giustizia, così come quella di renderlo più efficiente, senza incidere sulla professione dell’avvocato, restituendo a essa il ruolo di effettivo protagoni sta dell’amministrazione della giustizia. Tutti i temi sul tappeto Unione delle Camere penali italiane XIII Congresso ordinario Palermo 1°3 ottobre 2010 Teatro Politeama Garibaldi Programma dei lavori Venerdì 1° ottobre 2010 14:00 Inizio attività congressuali (nomina dell’Ufficio di presidenza, dell’Ufficio di segreteria e dell’Ufficio verifica poteri) 15:00 Saluti del presidente della Camera penale di Palermo 15:15 Saluti dei rappresentanti istituzionali e associativi 16:00 Relazioni del presidente del Consiglio delle camere penali, del presidente, del tesoriere, del segretario dell’Unione delle camere penali italiane 18:30 Dibattito 20:00 Chiusura dei lavori Sabato 2 ottobre 2010 09:30 Presentazione delle candidature per l’elezione del presidente dell’Unione e della giunta per il prossimo biennio. 12:00 Tavola rotonda: «Questione morale e giustizia» modera: Giovanni Bianconi, editorialista del ”Corriere della Sera”, con la partecipazione di politici, magistrati e avvocati 13:30 Chiusura degli accrediti dei delegati delle Camere penali 13:30 Colazione di lavoro 15:00 Inizio dibattito sui programmi dei candidati alla presidenza Ucpi 20:00 Chiusura dei lavori 21.00 Cena di gala Domenica 3 ottobre 2010 09:00 Ripresa del dibattito sui programmi dei candidati alla presi denza Ucpi 10:30 Apertura del seggio elettorale Votazione delle mozioni congressuali Votazioni per l’elezione del presidente Ucpi e della giunta Votazioni per l’elezione del Collegio dei revisori Proclamazione degli eletti 13:30 Chiusura del Congresso e conclusioni SENTENZA DEL GIORNO AVVOCATI Minimi tariffari inderogabili anche per l’attività stra giudiziale Corte di cassazione Sezione Lavoro Sentenza 27 settembre 2010 n. 20269 3 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com I minimi tariffari per gli avvocati, prima della riforma Bersani, riguardavano anche l’attività stragiudiziale. Lo ha chiarito la sezione lavoro della Cassazione con la sentenza 20269/2010 secondo la quale in materia di onorari e diritti di avvocato, l’articolo 24 della legge n. 794 del 1942, che sancisce l’indero gabilità delle tariffe minime per le prestazioni giudiziali va interpretato nel senso dell’estensione di questo principio an che alle prestazioni stragiudiziali alla stregua sia della ratio legis, sia del criterio di adeguamento al principio costituzionale di uguaglianza, sia di ragioni sistematiche volte a tutelare il lavoratore anche nelle prestazioni d’opera intellettuale. Né, ha concluso il collegio, il principio può soffrire eccezioni in consi derazione della natura semplice o ripetitiva di alcuni affari. SENTENZA DEL GIORNO SICUREZZA LAVORO Il dipendente va informatosulla pericolosità dei pro dotti usati Corte di Cassazione Sezione IV Sentenza 8 giugno27 settembre 2010 n. 34771 Il responsabile dell’azienda è tenuto a informare i dipendenti sui rischi che comporta l’uso delle sostanze che utilizza. La Corte di Cassazione, con la sentenza n.34771, ha condannato il legale rappresentante di una società per la morte di un operaio avvenuta in seguito a un’esplosione all’interno della cisterna che stava lavando per rimuovere dei residui di resina. L’operaio, osserva la corte, non avrebbe avuto l’incidente mortale se, oltre a avere a disposizione i prodotti adatti, fosse stato messo al corrente del rischio di utilizzare acqua calda per portare a termine l’oprazione che stava svolgendo. Gli ermellini ricordano, infatti, che il datore è esonerato dalle sue responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, abbiano il carattere dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento la vorativo e alle direttive di organizzazione ricevute. Condizioni che non si erano verificate nel caso esaminato dal supremo collegio. PRIMO PIANO PROFESSIONE FORENSE Avvocati: ok al regolamento specializzazioni del Cnf di Patrizia Maciocchi Roma,27 settembre 2010 Il Consiglio nazionale forense vara il regolamento sulle specializzazioni forensi e consegna agli avvocati una disciplina che chiedevano dal 1960. Il regola mento, messo a punto dal Cnf e in vigore dal 30 giugno 2011, è la risposta della componente istituzionale dei legali italiani alla ”storia infinita” della mancata approvazione delle norme destinate a ridisegnare la professione, il nuovo statuto ancora 4 in stallo in Senato. Ai ritardi della politica gli avvocati rimedia no mettendo nero su bianco la disciplina delle aree di specifici tà professionale e le modalità per ottenere il titolo di speciali sta, ferma restando la necessità di procedere anche a un’ope razione di armonizzazione delle nuove norme con il codice deontologico. «Il Cnf ha voluto così coronare un lavoro iniziato a giugno e condotto nel confronto costante con gli Ordini e le Associa zioni, nella convinzione ha affermato il presidente del Cnf Guido Alpa che il riconoscimento delle qualifica di avvocato specialista sia a garanzia dell’interesse pubblico e di tutela del cittadino». Anche se il Consiglio nazionale forense non manca di avvertire che il testo messo a punto da un gruppo di lavoro e approvato dal plenum entro un anno dalla sua entrata in vigore potrà essere sottoposto, sentiti ordini e associazioni, a una ”correzione di rotta” dettata dagli effetti prodotti e dalla tenuta sul campo delle aree individuate. Le aree di perfezionamento Undici i campi di perfezionamen to per ottenere un diploma che non può riguardare più di due specializzazioni. 1. Diritto di famiglia, dei minori e delle persone 2. Diritto della responsabilità civile e delle assicurazioni 3. Diritto commerciale 4. Diritto del lavoro, della previdenza e della sicurezza sociale 5 Diritto industriale 6. Diritto della concorrenza 7. Diritto tributario 8. Diritto amministrativo 9. Diritto della navigazione 10. Diritto dell’Unione europea 11. Diritto penale I requisiti per il diploma Il titolo di avvocato specialista potrà essere conseguito dal legale che ha maturato un’anzianità di iscrizione all’albo, ininterrotta, di almeno sei anni; frequentato continuativamente per almeno un biennio una scuola/corso tra quelli riconosciuti dal Cnf (per un minimo di duecento ore complessive di studio e esercitazioni) e sostenuto con esito positivo l’esame presso il Consiglio. Le prove Per l’esame previste una prova scritta riguardante una materia che rientra nell’area di specializzazione e una orale in cui al candidato sarà chiesto di dimostrare un’espe rienza precedente nella materia. Aggiornato e accessibile al pubblico (sul sito Internet) ci sarà l’elenco delle associazioni costituite tra avvocati specialisti. In sede di prima applicazione, sono inserite di diritto le associazioni forensi specialistiche riconosciute dal Congresso forense. I crediti formativi Una volta conseguito il titolo specialistico può essere mantenuto ”totalizzando” 120 crediti formativi nel triennio, di questi almeno 30 devono essere conseguiti ogni singolo anno. Presso il Cnf sarà istituito il registro dei soggetti abilitati alla istituzione e gestione delle scuole e/o di corsi di alta specializzazione, nel quale sono iscritti a semplice richiesta i Consigli dell’Ordine. Le scuole dovranno presentare al Cnf, Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com annualmente prima dell’inizio dell’anno scolastico, il program ma dettagliato della scuola o del corso. Le regole per gli ”anziani” Alla regola generale si sottraggo no, in base a quanto previsto dalla norma transitoria, gli avvo cati che alla data di entrata in vigore del regolamento hanno una anzianità di iscrizione al’albo, continuativa, di 20 anni potranno acquisire il titolo di specialista, in non più di una delle aree individuate, presentando al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, che esprimerà un parere non vincolante, docu menti e titoli che dimostrino la particolare conoscenza della materia. Un distinguo tra professionisti giovani e meno giovani che scontenta e non poteva essere altrimenti proprio le nuove leve della professione forense che si sentono penalizzate dalla specializzazione a ”due vie” pensata dal Cnf. La protesta dell’Aiga «Sono molto sorpreso ha dichiarato Giuseppe Sileci, Presidente Aiga nell’apprendere che il Cnf, approvando il Regolamento sulle specializzazioni forensi, abbia introdotto un regime transitorio, consentendo la specializza zione ”ope legis” degli avvocati più anziani. Esonerando dalla frequenza del corso di formazione gli avvocati con oltre 20 anni di iscrizione all’albo ed imponendola solo agli iscritti più giovani, si garantisce ai primi un enorme vantaggio competitivo perché si gravano di obblighi e relativi oneri, economici e non solo, unicamente i secondi, ossia coloro che hanno redditi più bassi ed oltretutto in costante calo». Sileci, pur ribadendo il parere favorevole sul obbligatorietà della formazione e specia lizzazioni mette in guardia sulle conseguenze economicoso ciali di una scelta che bolla come ”gerontocratica” che finireb be per costituire una condizione penalizzante per i giovani avvocati che rappresentano il 60% dei legali italiani. Ma non solo. Il pollice verso dei giovani avvocati al Regolamen to firmato Cnf, trova una motivazione anche nelle materie selezionate. «Avevamo anche suggerito di prevedere specializ zazioni più moderne, quali il diritto ambientale, che si caratte rizzano per la loro multidisciplinarietà ha aggiunto Sileci ma il Cnf ha optato per specializzazioni molto tradizionali deter minando, forse involontariamente, una disparità di trattamen to tra civilisti, i quali potranno essere specializzati in una determinata materia, ed i penalisti amministrativisti e tributa risti, i quali potranno spendere una specializzazione ”generali sta” in diritto penale, amministrativo o tributario». La soddisfazione dei penalisti Di parere diametralmente op posto i penalisti che già da tempo decisi a dotarsi di una specializzazione ”fai da te” plaudono al lavoro del Cnf, salu tandolo come un risultato storico. «Per la prima volta viene disciplinata in un testo normativo, sia pure regolamentare, la specializzazione forense, sinora conse gnata ad incontrollabili qualifiche di fatto che non garantivano in alcun modo i cittadini, che sono i veri destinatari di questa iniziativa. Nei prossimi anni i cittadini potranno rivolgersi ad un professionista più qualificato, la cui preparazione nello spe cifico settore è dettagliatamente verificata. E’ una battaglia che la Giunta dell’Unione camere penali si legge in una nota diffusa dall’ Ucpi ha condotto in maniera serrata in questi Newsletter n. 33 28 settembre 2010 ultimi anni, insieme alle altre associazioni specialistiche, e che gli ordini forensi hanno accolto con estremo favore. Al Cnf ed a Guido Alpa, che l’ha fortemente e coraggiosamente sostenu ta, va il grande merito di aver saputo far proprie le istanze di massima qualità e trasparenza della prestazione professionale sottese al nuovo regolamento, e concludono i penalisti di aver valorizzato lo strumento regolamentare come momento di rilancio politico della ineludibile riforma della professione forense». Una strada spianata alla specializzazione dunque ma anche un segnale forte alla politica che a parere dei penalisti è ora avvertita che ”all’inerzia e alle retromarce” la risposta degli avvocati è quella dell’autoriforma. Le critiche dell’Anf Sul fronte del no si schiera l’Associazione nazionale forense che boccia il regolamento sia nella sostanza sia sul metodo. E’ il segretario generale Ester Perifano a defini re «inadeguato e inopportuno» il testo uscito dal gruppo di lavoro del Cnf e licenziato dal Plenum. Gli appunti riguardano l’inopportunità di affidare a due mesi dal Congresso naziona le una scelta che influisce sulla vita professionale di 240 mila avvocati a un organismo che ha, di fatto, già concluso il suo mandato, espropriando l’Assise della possibilità di decidere sulla materia. L’Anf punta il dito anche contro gli aspetti tecnici del testo targato Cnf: dall’inserimento di materie considerate non specializzazioni ma settori del diritto come il penale e l’amministrativo, alla decisione di affidare ai consigli degli ordini già in ”affanno” con la formazione il compito di occuparsi anche degli specialisti. A CURA DI LEX24 FISCO E TRIBUTI CASSAZIONE CIVILE Inapplicabili gli studi di set tore a tutti i praticanti avvocati Guida al Diritto, LE SENTENZE DEL GIORNO Corte di Cassazione Sezione V civile Sentenza 21 settembre 2010 n. 19951 Gli studi di settore non sono applicabili ai praticanti avvocati anche se questi hanno già la partita Iva. Lo ha chiarito la Cas sazione con la sentenza 19951/2010 secondo la quale ”è pale semente illogico ritenere che sia sufficiente l’apertura della partita Iva, perché siano assicurati clienti, ricavi e redditi”, dal momento che l’attività di gestione dello studio inizia con il raggiungimento del titolo professionale preliminarmente ne cessario. RASSEGNA DI LEX24 CIVILE Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile Sentenza del 18 dicembre 2009, n. 26635 5 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com Tributi Accertamento standardizzato mediante parametri o studi di settore presunzioni semplici Obbligo di motivazione Impu gnazione atto di accertamento Ampia facoltà di prova per il contribuente La procedura di accertamento standardizzato mediante l’ap plicazione di parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma sorge in seguito al contraddit torio da attivare obbligatoriamente, a pena di nullità dell’ac certamento, con il contribuente (che può tuttavia restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuen te, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazio ne dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano state disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’im pugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare sia l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente imposi tore, sia la controprova sul punto offerta dal contribuente. (R.C.) Tributi (in generale) Accertamento tributario In genere (nozio ne) Accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore Accertamento in rettifica ex art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 Rapporti Autonomia Sussisten za Fondamento. La procedura di accertamento tributario standardizzato me diante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui all’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolari tà, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedi sce l’applicabilità dello ”standard”, né costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura stan dardizzata Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile Sen tenza del 6 aprile 2007, n. 8643 Tributi erariali diretti Accertamento delle imposte sui redditi (tri buti posteriori alla riforma del 1972) Accertamenti e controlli Rettifica delle dichiarazioni Redditi d’impresa Contabilità formal mente regolare Accertamento in rettifica ex art. 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993 Ammissibilità Condizioni. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 62 6 sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito in legge 29 ottobre 1993, n. 427) consente, pure in presenza di contabili tà formalmente regolare e senza obbligo di ispezione dei luo ghi, se non assolutamente necessaria, la rettifica induttiva del reddito d’impresa qualora emergano gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli ragionevolmente attesi in base alle caratteristiche dell’attività svolta o agli studi di settore, e quindi anche al di fuori delle ipotesi previste dell’art. 39, pri mo comma, lettera d, del d.P.R. n. 600 del 1973. Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile Sen tenza del 15 dicembre 2006, n. 26919 Tributi erariali diretti Accertamento delle imposte sui redditi (tri buti posteriori alla riforma del 1972) Accertamenti e controlli Rettifica delle dichiarazioni Redditi d’impresa Contabilità formal mente regolare Accertamento in rettifica ex art. 39, primo com ma, lett. d, del d.P.R. n. 600 del 1973 Ammissibilità Condizioni. L’art. 39, primo comma, lettera d, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 non impedisce, pure in presenza di contabilità formalmente regolare, l’accertamento in rettifica, che presup pone, appunto, scritture regolarmente tenute e tuttavia con testabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presun zioni gravi, precise e concordanti, che possono essere costi tuite da studi di settore, collegabili, ai sensi dell’art. 62 sexies del d.l. 30 agosto 1993 n. 331 (conv., con modif., dalla legge n. 427 del 1993), a gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati, le dimensioni ed il giro d’affari dell’azienda, di modo che, in base ad un processo logico analitico induttivo, possa fondatamente dubitarsi della completezza e fedeltà della contabilità esami nata. Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile Sen tenza del 2 dicembre 2002, n. 17038 Tributi (in generale) Accertamento tributario Valutazione della base imponibile Accertamento induttivo o sintetico In tema di accertamento induttivo dei redditi, l’Amministra zione finanziaria può ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle con dizioni di esercizio dell’attività svolta; sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente (Fattispecie relativa all’accertamento compiuto in base alle gravi incon gruenze tra i costi, compensi e ricavi dichiarati e quelli ragio nevolmente previsti sulla base delle caratteristiche dell’attività esercitata). __ Selezione tratta dalla Banca Dati Giuridica Lex24&Repertorio24 Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com Norme e Tributi , 22 settembre 2010, pg 35 Idi Iorio Antonio La Cassazione sull’annullamento / Spese condivise an che se arriva l’autotutela È giusta la compensazione delle spese del giudizio nel caso in cui l’Amministrazione annulli in autotutela l’atto impugnato e lo sostituisca con un altro accertamento privo del vizio denun ciato con ricorso. È quanto ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 19947 depositata il 21 settembre scorso. Una società ha impugnato un accertamento denunciando, tra l’altro, assoluta mancanza di motivazione. Con memoria l’uffi cio ha dato atto di aver constatato il vizio e di aver provvedu to, nell’ambito del potere di autotutela, ad annullare l’atto viziato, sostituendolo con altro avviso di accertamento in corso di notifica. Il Presidente della Ctp ha dichiarato, con decreto, l’estinzione del giudizio per cessata materia del con tendere con compensazione delle spese in base all’articolo 46 del decreto 546/92. Avverso tale decreto la società ha propo sto reclamo limitatamente alla compensazione delle spese processuali ritenendo che non sussistevano i presupposti della cessazione della materia del contendere, quanto piuttosto quelli della rinuncia processuale con conseguente condanna del rinunciante. La Ctp ha confermato la pronuncia rilevando che l’annullamento di un atto impugnato in autotutela, deter mina la cessazione della materia del contendere con conse guente applicazione del comma 3, articolo 46 del decreto 546/92 (le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate). Poiché la Ctr ha respinto l’appello proposto dalla società, quest’ultima ha fatto ricorso in Cassazione sollevando due questioni: se poteva applicarsi l’articolo 46 nel caso in cui l’atto impugnato era annullato in autotutela e contestualmente sostituito con altro identico; se il medesimo articolo 46 era applicabile nel caso in cui, già nel precedente grado del giudi zio, la parte avesse invocato il principio della soccombenza (articolo 15, decreto 546/92). La Cassazione ha rigettato il ricorso. In particolare ha ritenuto rilevante la compensazione delle spese. Nel caso di specie, l’autotutela ha riguardato un motivo preliminare che sarebbe stato riscontrato anche dal giudice e che avrebbe comunque impedito lo scrutinio delle altre eccezioni subordinate relative al merito della pretesa. Per la Cassazione il ricorrente avrebbe dovuto dedurre e dimo strare l’esistenza di ragioni sia giuridiche sia di fatto tali da escludere la compensazione. In realtà il problema che emerge dalla sentenza è l’eliminazio ne di un atto illegittimo, che dovrebbe comportare per la parte che lo ha posto in essere almeno la soccombenza delle spese processuali. Il contribuente, in concreto, non aveva alcu na alternativa per far ritirare l’atto e ha dovuto necessaria mente proporre ricorso con conseguenti spese. Resta poi aperta la vicenda, non affrontata dalla sentenza, sulla legittimità dell’emissione di un altro accertamento, previo annullamento Newsletter n. 33 28 settembre 2010 di quello errato, sulla base del ricorso del contribuente che, in concreto, vanifica l’impugnativa e la difesa. © RIPRODUZIONE RISERVATA www.ilsole24ore.com/norme Il testo della sentenza Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile Sen tenza del 21 settembre 2010, n. 19947 Compensazione delle spese del giudizio nel caso in cui l’Ammini strazione annulli in autotutela l’atto impugnato REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA CIVILE Composta dagli Ill.mi sigg. magistrati: Dott. Enrico PAPA Presidente Dott. Michele D’ALONZO Cons. Relatore Dott. Eugenia MARIGLIANO Consigliere Dott. Giovanni GIACALONE Consigliere Dott. Achille MELONCELLI Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto DALLA s.r.l. Pm. Fi., con sede in Ta. Va. di Pe. (EI), località Sa. (Via Do. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, eletti vamente domiciliata in Ro. alla Via Be. (...) presso lo studio dell’avv. ”Lu. Si.”Mo. e associati””, insieme con l’avv. Ge. Gi. Pa. (del Foro di Ar.) che la rappresenta e difende in forza della procura speciale rilasciata a margine del ricorso RICORRENTE CONTRO (1) il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in per sona del Ministro pro tempore, (2) l’AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, entrambi elettivamente domiciliati in Ro. alla Via dei Po. (...) presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e li difen de CONTRORICORRENTI (3) l’Ufficio di Fi. (...) dell’AGENZIA delle ENTRATE, in perso na del Direttore pro tempore, INTIMATO AVVERSO la sentenza n. 25/35/06 depositata il 23 giugno 2006 dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 1° giugno 2010 dal Cons. dr. Michele D’ALONZO; sentite le difese delle parti, perorate dall’avv. Sa. Pa.(delegato dell’avv. Gi. Ge. Pa.), per la società, e dall’avv. Da. Gi. (dell’Av 7 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com vocatura Generale dello Stato), per le amministrazioni pubbli che; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Federico SORRENTINO, il quale ha concluso per il rigetto del primo e per l’accoglimento del secondo motivo di ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso notificato il 13 dicembre 2006 all’Ufficio di Fi. (...) dell’AGENZIA delle ENTRATE (depositato il 28 dicembre 2006), la s.r.l. Pm. Fi. premesso che con ”decreto ... n. 39/11/05” il Presidente della Commissione Tributaria Provin ciale di Firenze, a seguito della ”memoria” depositata dall’Uffi cio il 21 marzo 2005 nel processo di impugnazione dell’”avviso di accertamento” relativo all’IVA per l’anno d’imposta 2000 notificato il 22 dicembre 2004 (nella quale il medesimo Ufficio aveva dato atto di ”aver provveduto, nell’ambito del potere di autotutela, ad annullare” detto avviso ”sostituendolo” con altro ”in corso di notifica”) l’aveva dichiarato ”l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere con compensazio ne delle spese ex art. 46 D.Lgs. 546/92” , in forza di due motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 25/35/06 della Com missione Tributaria Regionale della Toscana (depositata il 23 giugno 2006) che aveva respinto l’appello da essa proposto avverso la decisione (105/11/05) della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze la quale (ritenuto ””pacifico che l’annul lamento di un atto impugnato in autotutela determina la ces sazione della materia del contendere” con conseguente appli cazione del citato art. 46, comma 3”) aveva disatteso il recla mo spiegato, limitatamente alla disposta ”compensazione delle spese”, avverso detto provvedimento presidenziale, nel quale aveva sostenuto (1) che ”nel caso ... non sussistevano i presup posti della cessazione della materia del contendere, quanto piuttosto quelli della rinuncia processuale (da cui consegue la condanna alle spese del soggetto rinunciante ex art. 44 del D.Lgs. 546/92), poiché l’Ufficio, contestualmente all’annulla mento dell’avviso di accertamento viziato, rinnovava la pretesa tributaria con un diverso atto di accertamento, manifestando l’intenzione di non volere effettivamente risolvere la contesa oggetto del giudizio” e (2) che ”la condanna alle spese dell’Uf ficio poteva fondarsi sull’applicazione dell’art. 15 del D.Lgs. 546/92, per cui è onerata delle spese del giudizio la parte che soccombe anche in senso virtuale”. Nel controricorso notificato il 22 gennaio 2007 (depositato il 7 febbraio 2007) il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate instavano per il rigetto dell’avverso gravame. L’Ufficio locale di detta Agenzia non svolgeva attività difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE § 1. La sentenza impugnata. Con la sentenza gravata la Commissione Tributaria Regionale tenuto conto dello svolgimento processuale innanzi riportato, come riferito dalla società ha disatteso l’appello della contri buente affermando: il ”provvedimento in autotutela ... del 10 marzo 2005 ... ha determinato la vera e propria cessazione della materia del contendere” che (”avuto riferimento alla esperienza del pro 8 cesso amministrativo”) ”si verifica ... quando secondo l’art. 23 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 l’”amministrazione annul la o riforma l’atto in modo conforme all’istanza del ricorren te””; ”l’annullamento, in accoglimento dei motivi di ricorso, non esclude la facoltà dell’Amministrazione ... di emanare un prov vedimento corretto dei vizi che inficiavano il precedente” (”se il potere non risulta essere consumato o se non siano scaduti i termini per il suo esercizio”); ”la tesi ... secondo la quale si sarebbe avuto cessazione della materia del contendere solo nel caso di rinuncia dell’ammini strazione finanziaria ad ogni pretesa accertativi ... non appare fondata in quanto ... il contenzioso aveva per oggetto pur sempre l’impugnazione di un atto di accertamento ... e non il rapporto tributario nel suo complesso”; sulla declaratoria di incostituzionalità del terzo comma del l’art. 46 del D.Lg.vo n. 546 del 1992 (Corte Cost. 12 luglio 2005 n. 274), successiva ”tanto al decreto di annullamento ... quanto al decreto del Presidente della Commissione Provin ciale ... che per primo aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere quanto ... alla deliberazione della sen tenza impugnata avvenuta il 23 giugno 2005”, ”il decreto di annullamento in autotutela ed il successivo decreto del presi dente della commissione provinciale ... debbono ritenersi re golati entrambi, quanto alle conseguenze in tema di spese del giudizio, dal vecchio testo dell’art. 48, al quale sono conformi, mentre i principi che regolano gli effetti nel tempo della dichia razione di incostituzionalità (fatta eccezione per il giudizio nel quale l’eccezione è stata sollevata), non incidono sul principio secondo il quale gli atti dei procedimenti, amministrativi e giurisdizionali, sono regolati dalla legge vigente al tempo della loro formazione”. Lo stesso giudice, quindi, tenuto conto del ”nuovo testo del l’art. 92 c.p.c.”, ha compensato le spese ”del grado”, ”nono stante la soccombenza” nel giudizio di appello, affermando, da un lato, che l’evidenza e la rilevabilità ictu oculi dell’”errore” (”il soggetto al quale si attribuiva la irregolare fatturazione”) non potevano ”valere come esimente o attenuante della re sponsabilità dell’Amministrazione” e, dall’altro, che ”le succes sive vicende normative possono avere indotto la società ... a ritenere giustificata la proposizione del ... gravame”. § 2. Il ricorso della contribuente. La società censura tale decisione con due motivi di ricorso. A. Con il primo la ricorrente esposto che ”per la giurispru denza, affinché sia configurabile la ”cessazione della materia del contendere”, occorre che ”venga meno la ragion d’essere sostanziale della lite per la sopravvenienza di un fatto che priva le parti di qualsiasi interesse a proseguire il giudizio” (Cass. n. 8607/2000” e che ””la cessazione della materia del contende re presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del l’intervenuto mutamento della situazione dedotta in contro versia e sottopongano al giudice conclusioni conformi, occor rendo che la parte che ha agito in giudizio per la tutela dei propri interessi ne abbia conseguito l’integrale soddisfacimen to direttamente ad opera della controparte” (Cass. n. 909/ Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com 2006)” denunzia ”violazione e falsa applicazione dell’art. 46 del D.Lg.vo n. 546/92” sostenendo che ”l’integrale soddisfaci mento delle ragioni del ricorrente” non può ”trovare ragione volmente attuazione nel caso” essendosi ”in presenza di un nuovo atto di accertamento emanato dall’Amministrazione, privo di nuovi e diversi elementi” (”ovvero basato sulle mede sime pretese accertative dell’atto annullato in via di autotute la”) per cui ”il contribuente non viene liberato dalla pretesa tributaria fatta valere nei suoi confronti e quindi non gode dell’integrale e sostanziale soddisfacimento delle proprie pre tese” di tal che ”si configura una fattispecie diversa dalla ”cessazione della materia del contendere” di cui all’art. 46 del D.Lgs. 546/1992”. A conclusione la società chiede ”di enunciare il principio di diritto valido per la soluzione del quesito” che segue: ””se l’art. 46 del D.Lgs. 546/92 sia applicabile nel caso in cui l’atto impugnalo in via giurisdizionale sia annullato in via di autotutela e contestualmente sostituito con altro atto identi co””. B. Con l’altro motivo la società denunzia ”violazione e falsa applicazione dell’art. 30 della legge 87/1953 e dell’art. 136 della Costituzione” adducendo che il giudice di appello, tenuto conto dell’”effetto devolutivo della controversia esaminata dal giudice di primo grado”, ”ben avrebbe potuto fare applicazio ne del nuovo testo dell’art. 46 del D.Lgs. 546/1992” conse guente alla declaratoria di incostituzionalità di tale norma pronunciata dalla Corte Costituzionale (”sentenza ... n. 274/ 2005” perché quella ”dichiarazione” era intervenuta ”prece dentemente all’instaurazione del giudizio di fronte” ad esso giudice; conseguentemente la società chiede ”di enunciare il principio di diritto valido per la soluzione del quesito” così formulato: ””se l’art. 46 del D.Lgs. 546/92, come risultante a seguito dell’intervento additivo della Corte Costituzionale, sia applica bile nel caso in cui, già nel precedente grado di giudizio, la parte avesse invocato l’applicazione del principio della soc combenza contenuto nell’art. 15 D.Lgs. 546/92””. § 3. La decisione de! ricorso. Il ricorso deve essere respinto perché infondato. § 3.1. Del primo motivo di ricorso. A. Come noto, nessuna norma, tanto meno del processo tributario, chiarisce in cosa consista la ”cessazione della mate ria del contendere” per cui (Cass., trib., 12 novembre 2003 n. 16987) è giocoforza mutuare la nozione elaborata dalla giuri sprudenza principalmente in riferimento al processo civile ordinario. Per tale giurisprudenza (Cass., un., n. 10482000 cit.; id., III, 8 maggio 1998 n. 4672; id., lav., 27 gennaio 1998 n. 801; id., III, 24 luglio 1987 n. 6446) la cui ipotesi ricostruttiva va confer mata la dichiarazione di cessazione della materia del conten dere può pronunciarsi, anche d’ufficio, quando sia sopravvenu ta una situazione la valutazione della cui idoneità ad eliminare ogni contrasto sull’intero oggetto della lite è riservata al giudi ce del merito, l’apprezzamento del quale non è censurabile in sede di legittimità se correttamente motivato , riconosciuta Newsletter n. 33 28 settembre 2010 ed ammessa da entrambe le parti, che ne abbia eliminato la posizione di contrasto anche circa la rilevanza delle vicende sopraggiunte ed abbia, perciò, fatto venir meno oggettivamen te la necessità di una pronuncia del giudice su quanto costitui va l’oggetto della controversia. B. Nel caso, la stessa società scrive, in quello di cassazione, (1) di aver eccepito, nel ricorso di primo grado, ”tra i vari motivi”, la ”nullità” dell’avviso di accertamento ivi impugnato per ””as soluta mancanza di motivazione”” e (2) che nella ”memoria” depositata il 21 marzo 2005 l’Ufficio ha dato atto di ””aver constatato il vizio”” denunziato (contestualmente notiziando di aver ””provveduto, nell’ambito del potere di autotutela, ad annullare l’atto viziato sostituendolo con l’avviso di accerta mento ... in corso di notifica””): l’”assoluta mancanza di moti vazione”, quindi, costituisce (per ammissione della contri buente) uno dei ”motivi” per i quali il giudice tributario (giusta la domanda) avrebbe dovuto annullare l’atto impositivo. Conseguentemente la Commissione Tributaria Provinciale attesa la (non dedotta ma univocamente desumibile, per l’ov via idoneità del suo eventuale fondamento a determinarne l’annullamento) pregiudizialità logica e giuridica dello stesso , riscontrata la sussistenza di tal vizio, avrebbe dovuto fermare il suo esame, senza alcuna possibilità (tenuto conto della strut tura impugnatoria propria del processo tributario) di (passare a) verificare il fondamento degli altri motivi di ricorso, men che mai di quelli attinenti al merito della pretesa tributaria essendo dichiarato scopo primario della contribuente la quale, nel libero esercizio del suo diritto di difesa esplicatosi nella esposizione della strategia processuale ritenuta più favo revole, ha scelto (considerato che essa non ha mai neppure allegato l’omesso scrutinio di altro ancor più pregiudiziale) di comunque addurlo, specie se a prima causa petendi della sua richiesta (petitum) quello di conseguire l’annullamento del l’atto per ””assoluta mancanza di motivazione””: la declarato ria del giudice aderente alla principale richiesta della contri buente, quindi, avrebbe realizzato appieno l’interesse (art. 100 c.p.c.) della stessa, a prescindere dalla persistenza del rappor to tributario (ulteriormente controllabile dall’Ufficio solo se i termini di decadenza non erano ancora trascorsi), l’esame del cui merito è stato richiesto solo in via subordinata. C. Dall’applicazione alla situazione testé esposta dei principi richiamati al punto A. che precede discende che al quesito posto (ex art. 366 bis c.p.c.) dalla ricorrente ””se l’art. 46 del D.Lgs. 546/92 sia applicabile nel caso in cui l’atto impugnato in via giurisdizionale sia annullato in via di autotutela e conte stualmente sostituito con altro alto identico”” deve rispon dersi nel senso dell’applicabilità della norma tutte le volte che (come nel caso) l’autotutela sia stata determinata dall’accogli mento di uno specifico preliminare motivo di ricorso del contribuente, la verifica del cui fondamento da parte del giudi ce del merito avrebbe dovuto (o, anche, potuto) indurre lo stesso ad annullare l’atto impositivo impugnato, eliminato in via amministrativa nel corso del processo di primo grado, proprio per quel motivo perché il provvedimento di autotute la, oggettivamente, ha, come detto, realizzato proprio l’inte 9 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com resse del contribuente al riscontro del vizio eccepito (si riba disce, per sua scelta volontaria) e fatto venir meno la necessità di una pronuncia del giudice sull’oggetto della controversia perché l’accoglimento dello stesso in sede giudiziaria avrebbe comunque impedito lo scrutinio degli altri subordinati motivi proposti, anche di quelli attinenti al merito della pretesa fiscale azionata (peraltro, come detto, non necessariamente azionabi le nuovamente). Nessun conforto alla tesi della ricorrente deriva dalle senten ze (dalla stessa invocate) di questa sezione (a) 18 gennaio 2006 n. 909, atteso che i riferimenti concernen ti l’””integrale soddisfacimento direttamente ad opera della controparte”” ivi contenuti erano funzionali non già all’affer mazione di un conforme principio di diritto, peraltro del rigo re preteso dalla società, ma unicamente al fatto che (si legge nella stessa) il ”pagamento”, da parte del contribuente, ”di quanto liquidato dall’Ufficio a seguito della sentenza di primo grado a norma dell’art. 68 D.Lgs. n. 546 del 1992 ... intervenu to” nelle more (su cui il giudice aveva fondato la sua decisione di cessazione della materia del contendere) ”non appariva inequivocabilmente idonea a supporre il venir meno dell’inte resse del contribuente appellante ad una pronunzia di merito”: si deduce che in quel giudizio era in discussione l’accertamen to della persistenza ”dell’interesse del contribuente appellante ad una pronunzia di merito” non già la delimitazione della nozione giuridica di ”cessazione della materia del contendere” tradibile dall’art. 46 del D.Lg.vo n. 546 del 1992, tanto meno della necessità, sostenuta qui dalla ricorrente, di intendere per ”materia del contendere” solo il merito della controversia (la pretesa tributaria) e non già una qualunque autonoma ragione che determini comunque quella cessazione; (b) 24 giugno 2000 n. 8607 (per la quale, peraltro, ”la cessazio ne della materia del contendere, ... costituisce il riflesso pro cessuale del venir meno della ragion d’essere sostanziale della lite, per la sopravvenienza di un fatto suscettibile di privare le parti di ogni interesse a proseguire il giudizio”), in quanto il richiamo al ”riflesso processuale del venir meno della ragion d’essere sostanziale della lite” evocato nella stessa e reso logicamente necessario, anche ivi, non per affermare che la cessazione in questione può essere dichiarata solo in presenza del ”venir meno della ragion d’essere sostanziale della lite” ma solo per evidenziare l’inesistenza in quel caso della ”cessazio ne della materia del contendere” (ivi richiesta dal contribuen te) per avere ”l’amministrazione finanziaria, all’esito del prece dente stadio del processo, ... ribadito le richieste di merito originariamente proposte”, quindi ”ribadito” proprio le ”ra gion d’essere sostanziale della lite”. D. Si consideri, infine, che l’annullamento di un atto impositivo in via di autotutela (quand’anche seguito dall’emissione di altro atto scevro dei vizi denunziati dal contribuente nell’impugna zione del primo) nel corso del giudizio tributario di primo grado non può mai essere ricondotto alla fattispecie di cui all’art. 44 del D.Lg.vo 546 del 1992 (”estinzione del processo per rinuncia al ricorso”) atteso che per ”ricorso” la rinunzia al quale produce l’estinzione del giudizio deve intendersi 10 l’atto processuale così denominato, previsto (per detto grado) dal primo comma dell’art. 18 del medesimo D.Lg.vo (”il pro cesso è introdotto con ricorso alla commissione tributaria provinciale”), quindi unicamente l’atto con cui (di norma) il contribuente introduce il giudizio innanzi a detta commissio ne, con la conseguenza che la rinunzia considerata dall’art. 44 detto è solo quella (nel caso inesistente) della contribuente, non potendo, di certo, l’ente impositore rinunziare ad un giudizio che (in primo grado) non ha ”introdotto” ma solo subito. Nella sentenza 12 novembre 2003 n. 16987, invero, questa sezione ha precisato che ”la ”rinuncia al processo” (scilicet, tributario) che, per il primo comma dell’art. 44 D.Lg.vo 31 dicembre 1992 n. 546, produce l’estinzione del processo stesso integra un atto giuridico processuale con il quale il rinunciante ... manifesta la sua volontà di non volere più nessuna pronuncia dal giudice sulla sua domanda e, di conseguenza, libera il giudice stesso dal poteredovere di emettere la propria decisione su quella domanda”; ”per sua natura la rinunzia prescinde del tutto dalla valutazio ne del fatto e/o dalla causa che possono averla determinata nonché dalla conoscenza delle conseguenze giuridiche che ad essa conseguono e richiede esclusivamente consapevolezza e volontarietà dell’atto stesso atteso che le conseguenze (estin zione del processo) sono fissate direttamente dalla legge e, pertanto, non debbono essere necessariamente volute dal rinunciante perché si producono automaticamente”; ”in presenza di una rinunzia al processo il giudice (tributario) deve prendere atto della rinunzia stessa e, una volta accertata la mancanza di interesse giuridico (art. 100 c.p.c.) della contro parte alla prosecuzione del processo, deve dichiarare, in con seguenza, la estinzione del processo provvedendo (se non è intervenuto un diverso accordo tra le parti) alla liquidazione delle spese processuali in favore della parte non rinunciante ai sensi del secondo comma del medesimo art. 44.”. § 3.2. Del secondo (ultimo) motivo di ricorso. A. In via preliminare va ricordato che per il quarto comma dell’art. 384 c.p.c. (nella numerazione e nel testo, applicabili alla specie, derivati dalla sostituzione della norma precedente operata, a far data dal 2 marzo 2006, dall’art. 12 D.Lg.vo 2 febbraio 2006 n. 40) ”non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il disposi tivo sia conforme ai diritto”: secondo tale norma, pertanto (Cass., I, 13 gennaio 2010 n. 388, tra le ultime), questa ”Corte ... può decidere la causa nel merito ... non soltanto nel caso di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali, ma anche nel caso in cui tale vizio attenga a norme processuali, e sempre che non siano necessari ... ulteriori accertamenti in fatto (cosiddetti errores in judicando de procedendo; cfr., ex pluri mis, le sentenze nn. 5820 del 1999, 2977 del 2005, 7073 del 2006)”. Per la norma detta, quindi, l’eventuale conformità al diritto del dispositivo della sentenza impugnata per cassazione impedisce l’annullamento della decisione ed impone a questo giudice di Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com legittimità di ”correggere la motivazione”. B. Nel caso l’indubbio errore giuridico che affligge l’afferma zione del giudice di appello secondo cui ”il decreto di annulla mento in autotutela ed il successivo decreto del presidente della commissione provinciale ... debbono ritenersi regolati entrambi, quanto alle conseguenze in tema di spese del giudi zio, dal vecchio testo dell’art. 48, al quale sono conformi, mentre i principi che regolano gli effetti nel tempo della dichia razione di incostituzionalità (fatta eccezione per il giudizio nel quale l’eccezione è stata sollevata), non incidono sul principio secondo il quale gli atti dei procedimenti, amministrativi e giurisdizionali, sono regolati dalla legge vigente al tempo della loro formazione” errore derivante dalla assoluta contrarietà del brocardo ”tempus regit actum” applicato dal giudice di appello alla comune considerazione degli effetti giuridici deri vanti (ex art. 30, terzo comma, legge 11 marzo 1953 n. 87 per secondo cui ”le norme dichiarate incostituzionali non posso no avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”) dalla retroattività della dichiarazione di inco stituzionalità di una norma, anche procedurale, su qualsiasi situazione ancora sub indice e, comunque, non irreversibil mente preclusa: cfr., ex multis, Cass.: III, 9 luglio 2008 n. 18847; II, 15 maggio 2007 n. 11116; trib., 10 maggio 2006 n. 10761 (dalla quale sono tratti gli excerpta che seguono) e I, 14 novembre 2003 n. 17184 secondo cui ”il principio tempus regit actum, regolante la successione nel tempo delle leggi processuali, non è riferibile alla dichiarazione d’illegittimità costituzionale che, non essendo una forma di abrogazione della legge ma una conseguenza della sua invalidità originaria, ha efficacia retroattiva, nel senso che investe anche situazioni processuali precedenti alla sentenza di abrogazione; salve, na turalmente, l’avvenuta formazione del giudicato e la presenza di preclusioni processuali già verificatesi, in omaggio al princi pio enunciato dall’art. 136 Cost., e dall’art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Cass. nn. 6926/2003, 13839/2002)” non è idoneo a determinare la cassazione della sentenza perché il dispositivo di rigetto dell’appello della società, giusta le osser vazioni che seguono (svolte a correzione della motivazione), si rivela, comunque, ”conforme al diritto”. C. In fatto, va posto in rilievo che, come espone la stessa ricorrente, il Presidente della Commissione Tributaria Provin ciale ha dichiarato ”l’estinzione del giudizio per cessata mate ria del contendere con compensazione delle spese ex art. 46 D.Lgs. 546/92”: l’indicazione di tale norma rende evidente il riferimento al suo terzo comma per il quale (testo originario), come noto, ”le spese del giudizio estinto a norma del comma 1 restano a carico della parte che le ha anticipate, salvo diverse disposizioni di legge”. L’inciso ”restano a carico della parte che le ha anticipate” giusta quanto precisato nella richiamata sentenza n. 16987 del 2003 di questa sezione univocamente non implica alcun giudizio perché ”significa” solo ”che le spese anticipate da ciascuna parte non sono ripetibili dalla controparte” (cfr., altresì: Cass., I, 12 giugno 1999 n. 5817 la quale, dichiarata ”l’estinzione del processo” di cassazione avverso sentenza di Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Commissione tributaria Regionale per ”cessazione della mate ria del contendere”, esplicitamente non ha disposto (”non disponendo” ”alcunché per le spese del giudizio estinto” per ché ha ritenuto che le stesse, ”per il 3 comma” dell’art. 46 D.Lg.vo n. 546 del 1992, ”restano a carico delle parti che le hanno anticipale”; nonché Cass., trib., 1° ottobre 2004 n. 19695 secondo cui il giudice di appello, pur in ipotesi di ”annullamento dell’atto impugnato” in epoca successiva alla pronuncia della sentenza favorevole all’ente impositore (”Co mune”), ”nel riformulare il giudizio di primo grado”, dichiaran do la sopravvenuta ”cessazione della materia del contendere” avrebbe dovuto ”attenersi al disposto dell’art. 46, comma 3, d.lgs. 546/1992, in forza del quale le spese del giudizio estinto per cessazione della materia del contendere restano a carico della parte che le ha anticipate”). Con la sentenza 12 luglio 2005 n. 274 dichiarativa proprio dell’”illegittimitàcostituzionale” di detta norma ”nella parte in cui si riferisce alle ipotesi di cessazione della materia del contendere diverse”, come nel caso, ”dai casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge” la Corte delle leggi ha specificato che l’obbligo imposto da detto comma al giudice stesso di lasciare, in caso di ”estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere”, le spese processuali ”a carico della parte che le ha anticipate” integra (va) una ipotesi di vera e propria ” compensazione ope legis” di quelle spese. Siffatta (sostanziale) ”compensazione”, quindi, siccome dispo sta (peraltro solo per le ipotesi contemplate) dal legislatore (perciò ”ope legis”), intuitivamente, è, ontologicamente, diver sa dalla operazione logica, effetto di apposito giudizio, di ”compensazione” delle medesime spese, consentita al giudice dalla seconda parte del primo comma dell’art. 15 del medesi mo D.Lg.vo n. 546 del 1992 (” la commissione tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese, a norma dell’art. 92, secondo comma, del codice di procedura civile”) come deroga alla generale previsione della prima parte dello stesso art. 15 per la quale ”la parte soccombente è condanna ta a rimborsare le spese del giudizio” (da liquidare ”con la sentenza”). D. Ancora, è la stessa società a esporre che ha fondato il suo ”reclamo” alla Commissione Tributaria Provinciale avverso il decreto presidenziale detto sostenendo che ”non sussisteva no i presupposti del la cessazione della materia del contende re, quanto piuttosto quelli della rinuncia processuale”, dalla quale (a suo giudizio) conseguiva ”la condanna delle spese del rinunciante ex art. 44 del D.Lgs. 546/92”. Da siffatta univoca proposizione discende l’assoluta estraneità al thema decidendi sottoposto all’esame della Commissione Tributaria Provinciale della legittimità costituzionale della nor ma dettata dal terzo comma dell’art. 46 e, di conseguenza, l’irrilevanza (come sostanzialmente affermato dal giudice di appello anche se con erroneo richiamo al brocardo detto) della successiva declaratoria di incostituzionalità della stessa. Il giudice di primo grado, infatti, è stato investito solo del tema (dallo stesso affrontato) della sussumibilità dell’annullamento 11 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com dell’atto impositivo in autotutela (ma seguito dall’emissione di altro atto impositivo per le medesima annualità d’imposta) operato dall’ente impositore nel caso, nella fattispecie (propu gnata dalla contribuente) della ”estinzione del processo per rinunzia al ricorso” regolata dall’art. 44 D.Lg.vo n. 546 del 1992 (con il conseguente obbligo (”deve”) posto dal secondo comma a carico del ”ricorrente che rinuncia” di ”rimborsare le spese alle altre parti salvo diverso accordo fra loro”) ovvero in quella, ritenuta dal Presidente della Commissione Tributaria Provinciale, di cui all’art. 46 del medesimo D.Lg.vo, di ”estin zione del giudizio per cessazione della materia del contende re”, con la conseguente obbligata (non essendo ancora inter venuto il negativo giudizio della Corte delle leggi) applicazione del terzo comma della stessa norma (”le spese del giudizio estinto a norma del comma 1 restano a carico della parte che le ha anticipate”). Da tanto discende che la compensazione delle spese proces suali operata dalla Commissione Tributaria Provinciale non deriva dall’applicazione del terzo comma dell’art. 48 detto ma da quella del combinato disposto degli artt. 15 D.Lg.vo n. 546 del 1992 e 92, secondo comma, c.p.c., ovverosia dall’implicito, positivo giudizio di sussistenza degli ”altri giusti motivi” che (nel testo della norma procedurale vigente al momento della decisione di primo grado) consentiva detta compensazione. E. Siffatta declaratoria, come evidente, è del tutto insensibile alla incostituzionalità del terzo comma dell’art. 48 pronunciata successivamente perché (1) nel giudizio di primo grado non era in discussione (siccome neppure dedotta dalla contribuente) l’applicabilità e/o l’appli cazione della relativa disposizione (ritenuta poi costituzional mente illegittima) e (2) la declaratoria di incostituzionalità rende unicamente inap plicabile all’”estinzione del giudizio per cessazione della mate ria del contendere” la norma dichiarata tale ma non consente affatto di applicare all’”estinzione del giudizio” per detta causa la regolamentazione di cui all’art. 44 D.Lg.vo n. 546 del 1992 (per la quale ” il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alte altre parti salvo diverso accordo fra loro”) cioè la regola che costituiva, per quanto altresì riscontrato, l’unico oggetto della controversia di primo grado attesa la specialità di quest’ultima norma e l’impossibilità di applicarla ad ipotesi diverse (anche perché previste da norme differenti) da quelle di vera e propria ”rinuncia” al ricorso per la quale è stata dettata. La declaratoria di incostituzionalità della disposizione conte nuta nel terzo comma dell’art. 48 D.Lg.co n. 546 del 1992, quindi, ha reso applicabile, quanto alla regolamentazione delle spese del giudizio estinto ”per cessazione della materia del contendere”, la generale previsione dell’art. 15 del medesime D.Lg.vo, compresa la possibilità (per effetto del rinvio in esso contenuto) di compensazione delle stesse nel concorso delle condizioni previste dal secondo comma dell’art. 92 c.p.c. Quest’ultimo rilievo, come intuitivo, esclude, di per sé solo, l’esistenza di un diritto della parte (e, quindi, di un dovere del giudice di disporre in conformità) di ottenere sempre e neces 12 sariamente la rifusione delle spese processuali dalla contro parte la quale ha posto in essere l’attività che ha imposto di dichiarare l’”estinzione del giudizio per cessazione della mate ria del contendere”, ben potendo il giudice anche compensar le integralmente pure in tale evenienza processuale. Di conseguenza, vanamente la ricorrente denunzia la mancata applicazione degli effetti retroattivi della pronuncia di incosti tuzionalità perché essendo gli stessi comunque improduttivi di un obbligo della controparte di rimborsare le spese proces suali (e, correlativamente, di un obbligo del giudice di provve dere in conformità) la stessa avrebbe dovuto dedurre e dimostrare l’esistenza di ragioni, sia giuridiche che di fatto, tali da escludere in radice la stessa possibilità di esercizio della facoltà di cui al secondo comma dell’art. 92 c.p.c. e da imporre al giudice di condannare l’Ufficio alla refusione delle spese processuali del giudizio dichiarato estinto, necessariamente, per ”cessazione della materia del contendere”. § 4. Delle spese processuali. 5. Per la sostanziale novità della questione affrontata le spese processuali di questo giudizio di legittimità vanno compensate integralmente tra le parti ai sensi del secondo comma del novellato art. 92 c.p.c. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Riferimenti: Legge Riviste de Il Sole 24 Ore © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti sono riservati ********* CASSAZIONE CIVILE Sanatoria ampia sugli errori di Giovanni Negri, Il Sole 24 Ore, 24 settembre 2010, pag. 39 Corte di Cassazione Sentenza 22 settembre 2010 n. 20052 In riferimento al processo civile, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 20052 del 22 settembre, ha statuito che è un obbligo e non una facoltà a carico del giudice, qualora rilevasse un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, asse gnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio. iIl testo della sentenza Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 22 settembre 2010, n. 20052 Processo civile Articolo 46, comma 2 della legge n. 69 del 2009 Sanatoria REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MARIO ADAMO Presidente Dott. RENATO RORDORF Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA Rel. Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 29322005 proposto da: COMUNE DI Al., in persona del Sindaco pro tempore, eletti vamente domiciliato in Ro., P.zza De. Pa. (...), presso l’avvocato Fr. Lu. Re., rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. Be., giusta procura a margine del ricorso; ricorrente contro Bo. Ag. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE; intimata avverso la sentenza n. 92/2004 del GIUDICE DI PACE di ALBENGA, depositata il 23/02/2004; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/05/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PASQUALE PAOLO MARIA CICCOLO che ha conclu so per l’accoglimento del ricorso. Ritenuto che, a seguito di ricorso della s.r.l. Bo. Ag. in liquida zione in data 27 gennaio 2003, il Giudice di pace di Albenga, con decreto n. 36/03 del 6 febbraio 2003 notificato il 28 febbraio 2003, ingiunse al Comune di Al. di pagare alla Società ricorrente la somma di Euro 964,76, oltre interessi dal 31 dicembre 2002, a titolo di interessi di mora per il ritardato pagamento della seconda rata del corrispettivo del contratto di appalto stipulato dalle parti con contratto del 10 luglio 1989; che con citazione del 31 marzo 2003, il Comune di Al. si oppose all’ingiunzione, eccependo l’incompetenza del Giudice adito per essere la controversia devoluta ad arbitri e la prescrizione del diritto fatto valere, e chiedendo, nel merito, la reiezione della domanda; che, in contraddittorio con la Società Bo. la quale chiese il rigetto dell’opposizione , il Giudice di pace di Albenga, con la sentenza n. 92/04 del 23 febbraio 2004, respinse l’opposizione e confermò il decreto ingiuntivo, sui concorrenti rilievi d’uffi cio che il Comune di Al. era privo di legitimatio ad proces sum in quanto mancava in atti la deliberazione di autorizza zione a stare in giudizio del sindaco pro tempore; che, nella procura ad litem, non vi faceva neppure riferimento e che, una volta passata in decisione la causa, non era consentita la sua rimessione sul ruolo al fine di acquisire detta deliberazione, con conseguente inammissibilità dell’atto di op posizione; che avverso tale sentenza il Comune di Al. ha proposto ricor so per cassazione, deducendo un unico motivo di censura illustrato con memoria e producendo la deliberazione della Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Giunta comunale del Comune di Alassio n. 73 del 24 marzo 2003; che la s.r.l. Bo. Ag. in liquidazione, benché ritualmente intima ta, non si è costituita né ha svolto attività difensiva. Considerato che, con l’unico motivo (con cui deduce: ”Viola zione e falsa applicazione degli artt. 182, 183, 184bis e 311 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 cod. pro. civ.”), il ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo sulla premessa che la Società opposta non aveva eccepito alcunché in ordine alla rilevata carenza di legitimatio ad processum che il Giudice a quo, in forza del primo e del secondo comma dell’art. 182 cod. proc. civ., avrebbe dovuto invitare il Comune di Al., previa eventuale concessione di un termine, a produrre la deliberazione di autorizzazione a stare in giudizio del sinda co pro tempore; che il ricorso merita accoglimento; che la fattispecie è regolata dal combinato disposto degli artt. 6, comma 2, 50, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) nella parte in cui dispongono, rispettivamente, che ”Lo statuto ]...] specifica ]...] i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio” e che il sindaco rappresenta il comune , e 15, comma 11, del vigente Statuto del Comune di Alassio, secondo il quale la Giunta comunale ”Autorizza il Sindaco a stare in giudizio come attore o convenuto ed appro va le eventuali transazioni. Nomina i legali assumendo il relati vo impegno di spesa” (cfr. al riguardo, ex plurimis, le sentenze nn. 12868 del 2005, pronunciata a sezioni unite, e 6227 del 2009); che, ciò premesso, dall’esame diretto degli atti consentito a questa Corte in ragione del vizio processuale denunciato emerge che: a) l’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo, proposto dal sindaco pro tempore del Comune di Al. e notificato il 31 marzo 2003, non reca né nell’intestazione né nella procura ad litem in calce all’atto stesso, l’indicazione della deliberazione di autorizzazione a stare in giudizio della Giunta comunale; b) tale deliberazione della Giunta n. 73 del 24 marzo 2003, quindi anteriore alla notificazione dell’atto di opposizione all’ingiunzione , depositata unitamente al presen te ricorso, autorizza il sindaco a promuovere anche il giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo de quo, contiene la nomina del difensore e prevede il relativo impegno di spesa; che il Giudice a quo sul corretto rilievo che mancava in atti la deliberazione di autorizzazione a stare in giudizio del sindaco pro tempore che, nella procura ad litem, non vi faceva neppu re riferimento ha affermato che, una volta passata in decisio ne la causa, non è consentita la sua rimessione sul ruolo al fine di acquisire detta deliberazione, con conseguente inammissibi lità dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dal Comune di Al.; che tale ratio decidendi collide con il recente orientamento delle sezioni unite di questa Corte condiviso dal Collegio , per il quale l’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ. nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla legge n. 69 del 2009, applicabile alla specie ratione temporis , secondo cui il 13 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione ”può” assegnare un termine per la regolarizza zione della costituzione in giudizio, deve essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dall’art. 46, comma 2, della legge n. 69 del 2009, nel senso che il giudice ”deve” promuovere detta sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudi zio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provve duto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (cfr. la sentenza n. 9217 del 2010); che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con conseguente rinvio della causa allo stesso Giudice di pace di Albenga, in persona di altro magistrato, il quale si uniforme rà al qui ribadito principio di diritto e provvederà anche a regolare le spese del presente grado del giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese al Giudice di pace di Albenga, in persona di altro magistrato. RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI CASSAZIONE PENALE 231. Il sequestro del dena ro, per una somma pari al profitto della truffa Corte di Cassazione Sentenza del 23 settembre 2010 n. 34505 In tema di responsabilità amministrativa degli enti, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34505 del 23 settembre 2010, ha considerato legittimo il sequestro di somme di denaro e di alcuni immobili di proprietà di una srl il cui amministratore era stato indagato per truffa. Sia ai manager e che all’impresa può essere sequestrata una somma pari ai proventi del reato, sulla base del cosiddetto principio dell’equivalenza economica il testo della sentenza Corte di Cassazione Sezione 2 Penale Sentenza del 23 settembre 2010, n. 34505 Responsabilità amministrativa enti Sequestro Confiscati beni aziendali Principio solidaristico REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE PENALE Composta dagli lll.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PAOLO BARDOVAGNI Presidente Dott. GIULIANO CASUCCI Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO Consigliere Dott. ANTONIO MANNA Consigliere Dott. GIOVANNI DIOTALLEVI Rel. Consigliere 14 ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) Cr. Po. Tr. S.R.L. 2) Pl. S.R.L. avverso l’ordinanza n. 80/2009 TRIB. LIBERTA’ di CROTONE, del 12/02/2010 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI DIOTALLEVI; lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Antonio Mura che ha chiesto il rigetto del ricorso Udit il difensore Avv. Gr. Vi. in sostituzione dell’Avv. Do. Gr. Ar. che ha chiesto l’accoglimento del ricorso MOTIVI DELLA DECISIONE Le società Cr. Po. Tr. s.r.l. e la Pl. S.r.l. hanno proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale di Crotone con la quale è stata rigettata la richiesta diretta al dissequestro dei beni aziendali di entrambe le società. A sostegno dell’impugnazione hanno dedotto i seguenti moti vi: a) Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c), e) c.p.p., 322 ter e 640 quater c.p., nonché in relazione agli artt. 19 e 53 del d.l.gs. 231/2001, mancanza assoluta e contraddittorietà di mo tivazione; Lamentano le ricorrenti società che nel caso in esame man cherebbe qualsiasi analisi critica del provvedimento impugnato anche perché vi sarebbe stata una mera presa d’atto delle affermazioni ivi contenute, senza prendere in esame tutta la relativa documentazione, in particolare quella che avrebbe smentita la valenza del nesso riconosciuta all’identità della persona dell’amministratore delle due società. Altra erronea lettura delle risultanze processuali porta a contestare la con clusione della parziale identità dei titolari di diritto e di fatto, con la conseguente illegittimità dell’estensione del sequestro nei confronti delle persone fisiche indagate a beni appartenen ti alle predette società nella forma dell’equivalenza economica. Viene altresì contestata la correttezza della quantificazione delle complessive erogazioni pubbliche che sarebbero state indebitamente percepite dalle due società ricorrenti (Euro 9.702.233,88), in particolare perché la prima rata pari a euro 6.018.444,74 sarebbe stata percepita prima dell’entrata in vi gore della normativa di cui al d.lgs n. 231/2000. La somma sequestrata doveva quindi essere decurtata del relativo impor to. Inoltre non poteva essere disposto il sequestro dei beni im mobili delle persone fisiche Pe. E Ub., in considerazione della loro mera partecipazione alle società in questione, in conside razione della personalità giuridica delle medesime (s.r.l.) b) Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 310, 321 e ss. c.p.p., 240 c.p. per violazione di legge, omessa, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Le ricorrenti lamentano che il sequestro disposto nei loro confronti sia stato adottato in assenza delle condizioni di legge; in particolare della possibilità di aggravamento delle Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com conseguenze delittuose e protrarsi dell’offesa del bene protet to. La confisca facoltativa non potrebbe essere disposta in quanto mancherebbe la prova della derivazione causale del l’acquisto dei beni aziendali dall’attività degli indagati, mera mente affermata in relazione ai reati contestati agli artt. 483, 485, 640 bis c.p., e comunque non si capirebbe come la prosecuzione dell’attività di impresa avrebbe potuto compor tare un aggravamento del reato. c) Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), e ), c.p.p., con riferimento agli artt. 321 e ss. c.p.p., 323, 624 c.p. e 640 c.p. per violazione di legge, omessa, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Le società ricorrenti lamentano la ritenuta pertinenzialità tra i beni sequestrati e il reato contestato, in relazione alla entrata in vigore, in epoca successiva al conferimento della prima tranche di finanziamenti, della legge 231/2001. Né potrebbe essere ritenuta corretta l’affermazione secondo la quale il sequestro sarebbe stato effettuato a carico delle persone fisiche indagate, in quanto comunque mancherebbe il nesso di pertinenzialità e la possibilità di procedere a sequestro pre ventivo per equivalente. d) Violazione ex art. 606 comma 1, lett. b), c) ed e) in relazione all’art. 125 per omessa, illogicità e/o contraddittorie tà della motivazione. Le società ricorrenti lamentano che i giudici di merito non hanno preso in considerazione gli elementi dai quali emerge rebbe uno squilibrio tra il valore dei beni assoggettati a seque stro e il profitto asseritamente derivante dal reato ipotizzato. In ogni caso il provvedimento di sequestro, al di là di alcune affermazioni, non risulterebbero essere stato adottato solo sulle singole persone fisiche ma anche con riferimento al patrimonio aziendale e) Violazione ex art. 606, comma 1 lett. b), c), ed e), in relazione agli artt. 310 e 321 c.p.p., 240, 322 ter, 640 quater c.p., e agli artt. 5 e 24 d.lg. 231/01, e per illogicità e/o contrad dittorietà della motivazione. Secondo le ricorrenti non poteva essere assoggettata al se questro non solo la somma di euro 6.018.444,40, ma anche le successive due tranches percepite in epoca antecedente alla legge 231/2001, pari ad euro 3.683.789,14, dalle due società ricorrenti; né appare corretto avere proceduto ad un seque stro cumulativo per l’intero importo, in quanto i reati comun que non sarebbereo stati contestati in via concorsuale ai titolari della Pr. Rispetto a quelli contestati ai tiolari delle due società ricorrenti ed ai coniugi Pe. Il ricorso è infondato. Nel merito occorre sottolineare che, nel caso di specie, il ricorso può essere proposto esclusivamente per violazione di legge. Nel caso in esame il giudice del riesame ha evidenziato con chiarezza e precisione i termini della questione e le ragioni sottostanti alla necessità della apposizione del vincolo del sequestro preventivo, prodromico e strumentale alla successi va confisca per equivalente, delle somme di denaro e/o dei beni degli indagati fino alla concorrenza degli importi comples Newsletter n. 33 28 settembre 2010 sivamente addebitati, vista la commistione di interessi e identi tà di componenti tra le società e i gestori di fatto delle stesse, circostanza che giustifica il sequestro disposto nei confronti delle persone fisiche indagate e la sua estensione ai beni appartenenti alle società ricorrenti nella forma dell’equivalen za economica. Devono ritenersi peraltro esenti da censure logico giuridiche le valutazioni relative all’entità del patrimonio sequestrato non essendo possibile, nel momento dell’adozio ne della misura, la determinazione e la quantificazione specifica per ogni singolo indagato rispetto al profitto ricavato. Poiché il valore dei beni sequestrati è, allo stato, in base agli accerta menti effettuati, inferiore all’importo complessivamente og getto della truffa contestata, correttamente sotto questo pro filo è stato mantenuto il vincolo cautelare (Cass., sez. F, 28 luglio 2009, n. 33409, CED 244839; Cass., sez. VI, 6 marzo 2009, n. 18356, CED 243190). Sono stati inoltre evidenziati gli elementi (v. l’analitica ricostru zione dell’erogazione dei pagamenti e l’accertato acquisto di macchinari e la realizzazione di impianti di valore sicuramente inferiore rispetto a quelli fatturati e finanziati) che rendono concreta l’esistenza del fumus commissi delicti, che peraltro, non deve investire la concreta fondatezza della pretesa puniti va, ma limitarsi all’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un determinato soggetto in una specifica ipotesi di reato (Cass., 22 marzo 2007, n. 13639). Correttamente, nel caso in esame, e ciò dimostra l’infondatezza di tutti i motivi, che peraltro trovano adeguata risposta nell’ordinanza impu gnata, è stato ritenuto dunque che sussistessero gli elementi per la configurazione della truffa prevista dall’art. 640 bis c.p., oltre ai reati di cui agli artt. 483, 485 contestati. Deve aggiungersi che, come emerge chiaramente dal provve dimento impugnato, il sequestro è stato disposto a carico delle sole persone fisiche indagate, per cui correttamente è stato escluso qualsiasi rilievo giuridico alla dedotta insussisten za del reato contestato a carico delle società con riferimento alle tranches di finanziamento percepite prima dell’entrata in vigore della legge 231/2001, a prescindere dalla eventuale formazione del giudicato cautelare sul punto, che in ogni caso sarebbe soggetto all’eventuale verifica di nuovi elementi di fatto, incidenti sull’oggetto, ma che, allo stato, non sono stati evidenziati. Per lo stesso motivo appare corretta l’applicazione dei principi attuata con riferimento agli artt. 322 ter c.p.p. e 640 quater c.p. secondo il principio di diritto, seppur afferma to dalle Sezioni unite in tema di responsabilità da reato degli enti, in base al quale nel caso di illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che implica l’imputazione dell’intera azione e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e pertanto, una volta perduta l’individualità stori ca del profitto illecito, la sua confisca e il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente cia scuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, anche se l’espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel ”quantum” l’ammontare complessi vo dello stesso (Cass., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 26654, C.E.D. cass. 239926), e ribadito comunque anche per l’ipotesi 15 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com di coinvolgimento di singole persone fisiche, in cui è stato affermato che in caso di pluralità di indagati quali concorrenti in un medesimo reato compreso tra quelli per i quali, ai sensi dell’art. 322 ter cod. pen., può disporsi la confisca ”per equiva lente” di beni per un importo corrispondente al prezzo o la profitto del reato, il sequestro preventivo funzionale alla futura adozione di detta misura può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, ma l’espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel ”quantum” l’ammontare complessivo dello stesso (Sez. 6, 06 marzo 2009, n. 18536, C.E.D. cass., n. 243190). Alla luce delle suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso deve essere rigettato e le società ricorrenti devono essere condannate al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Il principio In caso di illecito plurisoggettivo, si applica il principio solidari stico che implica l’imputazione dell’intera azione e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente, con la conseguen za che, una volta perduta l’individualità storica del profitto illecito, la sua confisca e il sequestro preventivo a essa finaliz zato possono interessare indifferentemente ciascuno dei con correnti anche per l’intera entità del profitto accertato, ma l’espropriazione non può essere duplicata o comunque ecce dere nel quantum l’ammontare complessivo dello stesso REATO DI STALKING Cassazione penale Per le vittime di stalking aumen tano le tutele Corte di Cassazione Sezione V Penale Sentenza 21 settembre 2010 n. 34015 Con la sentenza n. 34015 del 21 settembre 2010, la Cassazio ne penale interviene in merito al reato di stalking ed interpre tando estensivamente la norma di cui all’art. 612 bis del codice penale non fa altro che aumentare le tutele nei confronti delle vittime. Nel caso di specie la vittima non solo aveva subito le consuete molestie tipiche di tale reato come moltissime telefonate, ma era anche stata aggredita verbalmente di fronte a vari testimo ni ed inoltre, l’ex fidanzato indagato si era spinto sino a diffamarla presso il suo datore di lavoro con il fine di farla licenziare. Gli ermellini hanno quindi accolto il ricorso della procura e ripristinato la misura cautelare, affermando che “il reato ex art. 612 bis cp è previsto quando il comportamento minaccio so o molesto di taluno, posto in essere con condotte reitera 16 te, sia tale da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero, in alternativa, da ingenerare nella vittima un fondato timore per la propria incolumità ovvero, infine, tale da costringere la vittima stessa ad alterare le proprie abitudini di vita”. AVVOCATI24 Avvocato del giorno: Filippo Cesaris, partner NCTM Studio Legale Associato Filippo Cesaris, avvocato dal 1991, è attualmente partner e membro del Consiglio di Amministrazione dello studio legale NCTM che, con oltre 270 professionisti, di cui 45 soci, e cinque sedi di Milano, Roma, Verona, Londra e Bruxelles, si è affermato in pochi anni come uno dei principali studi italiani. L’avvocato Cesaris, dopo una prima esperienza professionale nello studio dell’avvocato Giorgio Baldini, nel 1990 ha fonda to il Suo primo studio legale che successivamente si è fuso con Brosio Casati e Associati. Dopo una successiva separa zione nel 2000 ha fatto confluire il proprio studio in NTCM. Attivo nel diritto commerciale, societario e fallimentare e nel contenzioso, parla correttamente inglese, francese, spagnolo; è autore di numerose pubblicazioni nelle materie di Sua com petenza. LA FORMAZIONE Come nasce la sua passione per il diritto? Alla fine del liceo classico ero affascinato dal mondo della finanza, ma non volevo abbandonare i contenuti umanistici. Ho preferito Giurisprudenza a Economia e Commercio su suggerimento di operatori finanziari e professori, che mi han no chiarito che la preparazione giuridica avrebbe potuto ser vire anche per occuparsi di finanza, ma non viceversa. Verso la fine dell’università ho anche accarezzato l’idea di entrare in magistratura. Poi un casuale e folgorante incontro con l’avvo cato. Giorgio Baldini mi ha convinto a scegliere la libera pro fessione. Qual è il suo percorso formativo e professionale? Mi sono laureato in Giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nel maggio del 1985, con la tesi in diritto fallimentare col Professore Piero Pajardi dal titolo: “Problematica costituzionale nel sistema esecutivo concor suale”. Dal 1985 al 1992 sono stato assistente presso la cattedra di Diritto Fallimentare, facoltà di Economia e Commercio e di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ho svolto, dal 1995 al 1990, pratica forense presso lo studio Baldini, già amministratore delegato e capo ufficio affari legali di Montedison ed esperto di diritto societario ed operazioni straordinarie. Nel 1990 il grande salto e l’apertura del mio primo studio legale, che nel 1995 ho fuso con uno degli allora maggiori studi italiani (Brosio Casati e Associati), divenendone il socio Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com più giovane. Nel 1998, dissentendo dalla scelta dello studio di fondersi con uno studio anglosassone, sono ripartito con un mio studio, poi fuso in NCTM nel 2000. L’ATTIVITA’ PROFESSIONALE Quale ruolo ricopre attualmente? Sono Equity partner, membro del Consiglio di Amministra zione di NCTM e responsabile delle relazioni istituzionali con la Francia e con i Paesi Arabi magrebini e mediorientali. Quale il Suo attuale settore di specializzazione? Mi occupo di M&A, Private Equity, ristrutturazione societaria e del debito, diritto fallimentare e contenzioso societario. Un successo professionale che ricorda con piacere? Sicuramente il primo importante incarico conferitomi pochi mesi dopo l’apertura del mio primo studio a soli 29 anni: la riammissione a quotazione di due società sospese dalla Con sob. LO STUDIO IN CUI OPERA Quali sono i punti di forza del suo studio? L’organizzazione dei professionisti in autonomi dipartimenti che interagiscono tra di loro in funzione della interdisciplina rietà della pratica consente sicuramente una maggior specia lizzazione e la conseguente offerta di servizi qualitativi. Inol tre, la presenza di Professori e Docenti universitari, cui è affidato il coordinamento del Comitato scientifico dello Stu dio, consente di avere sempre a disposizione la possibilità di un consulto qualificato. Come è strutturato il processo di aggiornamento dei Suoi professionisti all’interno dello studio? Lo studio si occupa della formazione dei professionisti attra verso corsi di formazione accreditati dal CNF tenuti sia da professionisti interni che esterni. Vi è inoltre un Servizio no vità mensile coordinato dal Comitato scientifico con la parte cipazione attiva dei collaboratori dello studio, che ha il fine di fornire a tutti i professionisti dello studio un sintetico aggior namento sulle principali novità normative e giurisprudenziali nei vari settori del diritto. Il nostro studio ha inoltre investito e continua a investire importanti risorse in un programma di Knowledge Management decisamente innovativo rispetto a quelli tradizionali, che si limitano alla raccolta e catalogazione di documenti. L’evoluzione del Knowledge Management con sente di far accrescere il livello di qualità dei testi prodotti dallo studio, rendendoli omogenei. Quali i criteri di selezione delle risorse? NCTM si è dotato di una funzione di risorse umane, che provvede a selezionare i praticanti sulla base di criteri merito cratici e di eccellenza, nonché avvalendosi delle più avanzate tecniche di valutazione psicoattitudinale dei candidati, che ci vengono segnalati dalle Università, ovvero che provvedono direttamente a sottoporci il proprio Cv. I criteri di selezione sono le competenze tecniche (lingue straniere, informatica) ma anche attitudini specifiche (attitudine al lavoro di gruppo, alla relazione sociale, alla equilibrata gestione emotiva, al pen siero positivo,...). Come vengono gestiti e quanto sono importanti i rapporti con i Media? Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Vengono gestiti attraverso un team di comunicazione interna e una agenzia esterna, nel rispetto di linee guida tracciate dal Consiglio di Amministrazione dello studio. Come è cambiato il rapporto con la clientela in questo ulti mo periodo? Sicuramente è subentrata una maggior attenzione al costo dei servizi, ma anche una maggior consapevolezza della qualità, che consente di spiegare al cliente che, pur mantenendo un rapporto personale diretto, alcuni servizi è opportuno che siano svolti da professionisti di altri dipartimenti. Quali sono i settori di specializzazione sui quali scommette per soddisfare le esigenze dei clienti? Le ristrutturazioni societarie, le procedure concorsuali e il contenzioso specialistico, in quanto non standardizzate, con sentono una maggior espressione delle effettive capacità e della ’creatività’ dell’avvocato e coinvolgono interessi vitali del cliente, che quindi è portato a scegliere i propri legali sulla base di criteri di effettiva competenza, diversamente dalle pratiche di M&A oramai divenute per la maggior parte una commodity e la scelta è sempre più spesso guidata dalla ri cerca di tariffe a sconto piuttosto che dalla ricerca di qualità. Il suo studio è impegnato in attività di volontariato o sociali? Sì, assolutamente sì. Per noi l’etica e i valori di Corporate Social Responsability sono sempre stati parti integranti del nostro modo di operare e incentiviamo tutti i soci a svolgere attività pro bono. LA PROFESSIONE DOMANI Quale istituto giuridico avrebbe bisogno di una regolamenta zione più moderna? Sicuramente una serie di istituti all’interno della legge falli mentare e delle normative collegate. La recente riforma può forse costituire un buon inizio, ma certamente non si può dire che abbia fatto fronte alle esigenze di un’economia mo derna, soprattutto alla luce degli effetti provocati dalla recen te crisi mondiale. Nelle vesti di Ministro della Giustizia quale iniziativa prende rebbe per migliorare il servizio? In primo luogo introdurrei dei corsi di aggiornamento e spe cializzazione, seri e obbligatori, per i magistrati, condizionan do l’assegnazione a sezioni specialistiche alla comprovata conoscenza della materia. Immaginerei inoltre dei criteri ef fettivi di valutazione meritocratica e di produttività. Insomma, se il Pubblico provasse a guardare al Privato, forse non sareb be così utopistico immaginare che l’applicazione di criteri rigorosi e qualitativi (quali quelli da noi posti in essere al fine di rendere il nostro Studio efficiente e qualitativo) anche al l’Ordinamento Giudiziario potrebbe portare sostanziali mi glioramenti al Sistema Giustizia. PER I GIOVANI Quale consiglio darebbe a un giovane che vuole intraprende re la carriera di avvocato? Innanzitutto raccomanderei di non disdegnare la pratica tradi zionale e il contenzioso. Anche a coloro che intendono rivol gersi a settori più specialistici, quali il diritto dei mercati finan ziari e il Private Equity, ricordo che l’aver conosciuto e studia 17 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com to la fase patologica di un contratto costituirà sempre un’ine guagliabile supporto per comprendere a fondo la portata delle singole clausole che si scrivono e si negoziano. Suggeri rei, inoltre, di occuparsi di più della qualità del professionista con cui andrà a lavorare, rispetto alla notorietà del nome dello studio. Quali sono i “ fondamentali” necessari per un avvocato? Sicuramente la conoscenza delle lingue straniere e la capacità effettiva di utilizzarle nel lavoro (soprattutto per quanto ri guarda l’inglese) sono elementi sempre più rilevanti e discri minanti. Inoltre, l’evoluzione della professione in forma asso ciata ha reso sempre più importanti anche capacità specifiche, quali l’attitudine al lavoro di gruppo, alla relazione sociale, alla equilibrata gestione emotiva, al pensiero positivo. DIETRO LA TOGA... Qual è lo strumento tecnologico che preferisce utilizzare per lavoro? Il computer portatile e il BlackBerry. Quali hobby fuori dall’aula? Molti. Con il passare degli anni si apprezza sempre di più la capacità di coltivare degli interessi al di fuori del lavoro, che necessariamente negli anni giovanili assorbe la quasi totalità delle risorse. I miei interessi spaziano da quelli sportivi, tra cui in particolare la corsa sulle lunghe distanze, a quelli ga stronomici (coltivo la passione per la cucina, ma anche per i buoni ristoranti) ed enologici (ho conseguito un diploma da sommelier), al teatro (sia da attore che da spettatore). La vacanza e il libro ideale? La vacanza deve essere vacanza. E quindi no ai luoghi social e di moda, ove si è costretti a frequentare le stesse persone che si vedono a Milano, colleghi e clienti. Un buon mix di mare e montagna. Adoro il mare, purché sia mare vero, incontaminato (anche dal turismo di massa), da terra o in barca. Mi piace moltissimo la montagna e la trovo più rilassante. Sotto l’ombrellone un bel romanzo, avvincente e con una componente thriller, o in alternativa un bel libro inchiesta sui misteri irrisolti della nostra Italia. La sera a casa qualcosa che stimoli di più la riflessione. La poesia, quando è di livello elevato, è insuperabile. a cura della Redazione di Avvocati24 PROFESSIONI E IMPRESA24 POTERE AMMINI STRATIVO L’autotutela possessoria deve rispettare il termine annuale di decadenza Amministrazione dall’art. 823, comma 2, c.c. è soggetto al termi ne annuale di decadenza (ordinanza n. 254/2010 del 10 settem bre 2010). Come è noto il citato art. 823, comma 2, c.c. conferisce alla P.A. la possibilità di tutelare i beni appartenenti al demanio pubblico che siano stati abusivamente occupati da soggetti privati ricorrendo, alternativamente, o agli ordinari mezzi previsti dal codice civile a difesa della proprietà e del possesso oppure all’esercizio del potere di autotutela amministrativa. Più precisamente, qualora la P.A. ritenga di dover esercitare il potere di autotutela “possessoria” adotta un’ordinanza con la quale intima al privato di rilasciare il bene demaniale abusiva mente occupato. Tuttavia, a tal riguardo (e senza voler entrare nel merito delle dissertazioni concernenti la possibilità per la P.A. di esercitare il predetto potere di autotutela solo con riferimento ai beni demaniali oppure anche per i beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato), non è chiaro se il potere di autotu tela amministrativo ex art. 823, comma 2, c.c. sia soggetto o meno al termine decadenziale di un anno dall’occupazione abusiva del bene demaniale. Orbene, secondo un primo orientamento, la P. A. potrebbe utilizzare il potere di autotutela anche al di là del termine annuale, dal momento che la norma (art. 823, comma 2, c.c.) attribuisce all’amministrazione il potere di agire non solo a protezione del possesso ma anche a salvaguardia della pro prietà dei beni pubblici, per la quale ultima ipotesi non è dato ravvisare la prescrizione di alcun termine decadenziale. Al contrario, un altro filone dottrinale e giurisprudenziale (cui aderisce anche l’ordinanza de quo) sottolinea come l’autotu tela possessoria iuris pubblici dei beni demaniali e patrimoniali, ex artt. 823 e ss. c.c., non possa essere esperita dall’Autorità amministrativa allorquando sia già decorso un anno dall’altera zione o dalla turbativa. Pertanto, il potere a tutela del possesso potrà essere efficace mente esercitato entro il termine di un anno, decorso inutil mente il quale la P. A. potrà solo adire il Giudice ordinario attraverso un’azione petitoria diretta a far dichiarare l’accerta mento del proprio diritto sul bene. Il testo dell’ordinanza n. 254/2010 è disponibile in Lex24 IL MERITO ONLINE CIVILE Contratto di somministrazione e forma scritta di D’Amora Francesco Avvocato Tonucci & Partners di V. Andrea Auletta Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata ha di recen te ribadito – conformemente ai principi di legalità e tipicità che governano il potere amministrativo – l’orientamento secondo cui il potere di autotutela (dei beni demaniali) riconosciuto alla Pubblica 18 Tribunale Palermo, Civile Sezione Lavoro Sentenza del 21/01/2010, n. 314 Somministrazione Mancanza di data nel contratto concluso tra fornitore e somministrato Conversione del contratto secondo le Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com regole dettate per i contratti a termine Sussistenza Inapplicabilità dell’art. 27 D.Lgs. 276/03 Motivi Il contratto di lavoro somministrato privo di data certa deve intendersi nullo per carenza di forma scritta e, conseguente mente, produttivo ex lege di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la stessa società fornitrice, ciò, tuttavia, in ossequio a quanto prescritto dalla normativa sui contratti a termine, che si applica ai rapporti tra somministratore e lavo ratore ex art. 22 D.Lgs. n. 276/03; invero, affinché possa trovare applicazione la diversa disciplina di cui all’art. 27 D.Lgs. citato, ossia la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipen denze dell’utilizzatore, è indispensabile che la carenza di forma scritta sia addebitabile al contratto concluso con costui. Il fatto Il lavoratore adiva il Tribunale di Palermo chiedendo dichiarar si che il rapporto di lavoro, intercorso in forza di contratti di somministrazione con l’impresa utilizzatrice convenuta, fosse da considerarsi ab origine a tempo indeterminato e per l’effet to condannarsi la società convenuta a reintegrarlo nel proprio posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno commisurato alla retribuzione globale di fatto dal momento del licenziamen to e quello dell’effettiva reintegra. Il ricorrente, in particolare, eccepiva l’illegittimità del ricorso alla somministrazione di manodopera per carenza di forma scritta del primo contratto con l’impresa fornitrice, non risul tando nel medesimo indicata la data, mentre il contratto sa rebbe successivo all’inizio effettivo della prestazione. Al contrario, l’impresa utilizzatrice produceva tutti i contratti di somministrazione stipulati con la fornitrice, i quali risultava no coprire tutto il periodo dedotto dal ricorrente in ricorso e risultavano formalmente completi. Parte ricorrente eccepiva che nei contratti sottoscritti con l’impresa fornitrice non erano correttamente indicate le date del contratto, avendo ella dato inizio alla prestazione prima della firma dei contratti di somministrazione. Peraltro, di siffat ta circostanza non produceva alcuna documentazione in atti. La decisione del Tribunale di Palermo Investito della questione, il Giudicante, nella sentenza in com mento, sottolineava come le doglianze azionate da parte ricor rente venivano indirizzate tutte verso il contratto sottoscritto con l’impresa fornitrice, mentre nulla era dedotto rispetto ai contratti intercorrenti tra l’impresa utilizzatrice e la fornitrice, i quali rappresentano gli unici atti negoziali da cui possa deriva re per legge la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, oggetto specifico di richiesta nell’atto introdut tivo. Il Giudice del Lavoro, pertanto, concludeva per il rigetto del ricorso. La somministrazione irregolare La sentenza in commento verte sulla corretta applicazione dell’art. 27, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003, in materia di sommi nistrazione c.d. irregolare, la quale sussiste nel caso in cui il contratto di lavoro avvenga “al di fuori dei limiti di cui agli artt. 20 e 21, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e)” in materia di Newsletter n. 33 28 settembre 2010 condizioni di liceità del ricorso al lavoro somministrato a tempo indeterminato e determinato da parte dell’impresa utilizzatrice (art. 20) e la forma del contratto di somministra zione, ovvero del contratto stipulato fra somministratore e impresa utilizzatrice (art. 21). A seguito dell’abolizione della somministrazione a tempo in determinato (c.d. “staff leasing”, art. 1, comma 46, legge n. 247/2007), infatti, il contratto può essere sottoscritto per le motivazioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive che costituiscono le cause giustificatrici previste dalla legisla zione in tema di lavoro a tempo determinato. Ad avviso del giudicante, le eventuali inesatte indicazioni delle date contenute nel contratto di lavoro somministrato, conclu so tra il ricorrente e l’agenzia per il lavoro, così come la mancanza di forma scritta del contratto, produce per legge non già l’effetto della trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato con l’impresa utilizzatrice, come ri chiesto nell’atto introduttivo del giudizio oggetto della senten za in commento, ma, in applicazione della normativa in materia di contratto a tempo determinato (applicabile ai rapporti tra somministratore e lavoratore ex art. 22 D.Lgs. n. 276/2003), la trasformazione del contratto in tempo indeterminato con l’impresa fornitrice. Conseguentemente, il Giudice del merito ha concluso per il rigetto della domanda di trasformazione del rapporto di lavo ro a tempo indeterminato con l’utilizzatrice, in quanto oggetto specifico della domanda azionata in giudizio. DA REPERTORIO24 Corte di Cassazione Sezione 2 Civile Sentenza del 23 settembre 2010, n. 20084 CIRCOLAZIONE STRADALE E CODICE DELLA STRADA MULTA PAGATA DOPO LA SCADENZA. La multa per violazione del codice della strada pagata dopo il sessantesimo giorno fa scattare la cartella esattoriale per il pagamento delle ulteriori sanzioni. Qualora il pagamento della multa in misura ridotta sia avvenuto oltre il termine previsto dalla legge anche di un solo giorno, infatti, il verbale costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione e per le spese del procedimento, mentre la somma pagata in ritardo dal conducente va trattenuta come acconto sul totale. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010 19 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com Corte di Cassazione Sezione 5 Civile Sentenza del 21 settembre 2010, n. 19951 FISCO E TRIBUTI PRATICANTI AVVOCATI STUDI DI SETTORE INAPPLICABILITÀ. Gli studi di settore non sono applicabili ai praticanti avvocati anche se questi hanno già la partita Iva. È infatti palesemente illogico ritenere che sia sufficiente l’apertura della partita Iva, perché siano assicurati clienti, ricavi e redditi, dal momento che l’attività di gestione dello studio inizia con il raggiungimen to del titolo professionale preliminarmente necessario. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010 Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 23 settembre 2010, n. 34333 ASSISTENZA FAMILIARE OBBLIGHI VIZIO PARZIALE DI MENTE. La seminfermità mentale ”salva” dal reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, in quanto il vizio parziale di mente, una volta verificato che lo stato patologico ha influito sul comportamento incriminato, porta a escludere il dolo. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010 Corte di Cassazione Sezione 5 Penale Sentenza del 21 settembre 2010, n. 33994 DIFFAMAZIONE CORRETTEZZA DEL LEGALE VERIFICA PER VIA EXTRAGIUDIZIALE. Non commette il reato di diffamazione il cliente che chiede all’ordine professionale di verificare la correttezza del proprio difensore. Va infatti affermata la prevalenza del diritto di critica sancito dalla Costituzione sul bene della dignità personale, per cui giustamente, per chiarire i dubbia sulla corretteza dell’operato del proprio difensore, il ricorrente può scegliere la via extragiudiziale, prevista dal nostro ordinamento a tutela del diritto del cittadino di verificare eventuali violazioni delle regole deontologiche. Né la condanna per diffamazione può essere giustificata dal solo fatto che le perplessità del cliente si 20 dimostrino infondate. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010 Consiglio di Stato Sezione 4 Sentenza del 20 set tembre 2010, n. 6985 FORZE ARMATE: QUESTIONE DI GIURISDIZIONE FORZE ARMATE COLLOCAMENTO DEL MILITARE IN AUSILIARIA ATTRIBUZIONE DEL CORRISPONDENTE TRATTAMENTO ECO NOMICO QUESTIONE DI GIURISDIZIONE DEVOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA ALLA GIURISDIZIONE DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO RISERVA ALLA GIURISDIZIONE DELLA COR TE DEI CONTI DELLE QUESTIONI INCIDENTI SULLA LIQUIDA ZIONE DEL TRATTAMENTO PREVIDENZIALE DEI MILITARI GIÀ COLLOCATI IN AUSILIARIA Relativamente all’appello della sentenza emessa dal Tar in ordine alla domanda del militare volta ad ottenere, da un lato il riconoscimento del diritto al collocamento in ausiliaria e dall’altro l’attribuzione del corrispondente trattamento eco nomico previdenziale, è privo di fondamento il motivo di doglianza in forza del quale l’appellante lamenti il difetto di giurisdizione del tribunale amministrativo, ritenendo compe tente la Corte dei Conti. Il collocamento in congedo del mili tare integra un provvedimento autoritativo in virtù del quale l’amministrazione definisce lo status giuridico ed economico dello stesso, titolare di una posizione di interesse legittimo per la cui tutela si rende indispensabile impugnare tempesti vamente il provvedimento asseritamente lesivo innanzi al Tribunale amministrativo. Alla giurisdizione della Corte dei Conti restano riservate, invece, le controversie inerenti que stioni direttamente incidenti sulla liquidazione del trattamen to previdenziale dei militari che già siano stati collocati in ausiliaria. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 Consiglio di Stato Sezione 5 Sentenza del 14 settem bre 2010, n. 6682 Appalti della p.a. Affidamento del servizio di vigilanza armata e sorveglianza della sede della provincia Legittimità del provvedi mento Omessa valutazione dei servizi svolti precedentemente dalla ricorrente ed autocertificati Illegittimità dell’inadempimento dell’amministrazione. Relativamente alla pubblica gara indetta per l’affidamento del servizio di vigilanza e sorveglianza armata della sede della Newsletter n. 33 28 settembre 2010 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com provincia ed alla questione inerente la legittimità dell’aggiudi cazione dell’appalto in favore della controinteressata, merita accoglimento il motivo di doglianza in forza del quale l’appel lante, non aggiudicataria, contesti la mancata attribuzione dei punteggi per le prestazioni rese in favore degli enti pubblici, a causa della mancanza della certificazione, richiesta dal bando di gara, relativamente all’attività resa in precedenza. Orbene, in applicazione del 4° comma dell’art. 42 del D. Lgs. n. 163 del 2006, i requisiti di cui al comma 1° possono essere provati anche in sede di gara mediante una dichiarazione sottoscritta, conforme alle disposizioni del D.P.R. n. 445 del 2000. Nel caso di specie, avendo la ricorrente presentato, attraverso un auto certificazione, l’elenco dei clienti principali per i servizi di vigilanza armata svolti negli ultimi cinque anni, correlata dai timbri di provenienza, sottoscrizione e copia del documento di identità, vantava il diritto a che lo svolgimento dei suddetti servizi fosse valutato in sede di gara, salvo la facoltà di riscon tro in sede di aggiudicazione. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 Tribunale Amministrativo Regionale Campania Na poli Sezione 3 Sentenza del 17 settembre 2010, n. 17439 Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 Tribunale Ivrea Sezione Lavoro Civile Sentenza del 3 marzo 2010, n. 26 RICALCOLO PENSIONE D’ANZIANITA’ PREVIDENZA (ASPETTI PROCESSUALI) AZIONE GIUDIZIARIA PER LA RILIQUIDAZIONE DELLA PENSIONE DATA DI DECORRENZA DEL TERMINE DI PRESCRIZIONE TRIENNALE IN CASO DI PREVENTIVO RICORSO AL COMITATO PROVINCIALE INPS DATA DELLA COMUNICA ZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI RIGETTO DEL RICORSO SUSSISTENZA In materia pensionistica, il dies a quo del termine di prescrizio ne triennale dall’azione giudiziaria di cui all’art. 47 del D.P.R. 639/70 deve essere fatto risalire, nel caso in cui l’interessato abbia proposto ricorso amministrativo avverso il provvedi mento di liquidazione della pensione innanzi al Comitato Pro vinciale dell’INPS, alla data di comunicazione del provvedimen to di rigetto del ricorso medesimo da parte dello stesso Comitato Provinciale. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 Tribunale Milano Civile Sentenza del 24 giugno 2010 Contributi e finanziamenti pubblici Revoca Questione di giurisdi zione Difetto di giurisdizione del tribunale amministrativo adito Devoluzione della questione alla giurisdizione del tribunale ordina rio. E’ inammissibile, per difetto di giurisdizione del tribunale adito, il gravame volto all’annullamento della nota con cui la regione abbia notificato al ricorrente il decreto dirigenziale avente ad oggetto la revoca dei contributi relativi all’incentivazione al risparmio energetico, alla produzione di energia da fonti rin novabili ed alla cooperazione distribuita, per essere compe tente a conoscere della questione, il giudice ordinario. La controversia in esame, investendo la sola fase funzionale del rapporto, successiva all’insorgere dello stesso e riguardante una vicenda estintiva, dovuta ad una sopravvenienza normativa che non inficia la validità dell’atto originario della concessione del contributo, va devoluta alla giurisdizione del G.O., inve stendo posizioni giuridiche paritetiche di diritto soggettivo riguardanti le modalità adempitive della risoluzione consen suale del rapporto concessorio. In quanto tali esse esulano dalla giurisdizione del tribunale amministrativo per essere de volute a quella del Tribunale ordinario innanzi al quale la controversia dovrà riassumersi. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Newsletter n. 33 28 settembre 2010 CONTRATTO DI SALE & LEASE BACK SCOPO DI GA RANZIA COME CAUSA DEL CONTRATTO DIVIETO DI PATTO COMMISSORIO SUSSISTENZA CONDIZIONI STATO DI BISOGNO. Lo scopo di finanziamento e il motivo di garanzia non sono in sé sufficienti per ritenere la nullità di un’operazione di vendita con patto di retrovendita o sale & lease back, essendo, invece, necessario che risulti che l’alienazione sia stata realizzata in quanto provvisoria e a fronte di una dazione di denaro spro porzionata rispetto al valore del bene solo a scopo di garan zia, inconciliabile con quello di vendita ed altresì approfittando della situazione di difficoltà economica del venditore/mutuata rio. La sproporzione tra valore del bene ed entità del debito dell’alienante, nell’ipotesi in cui non vi sia un rapporto preesi stente di debito/credito tra alienante e acquirente, è un dato importante per qualificare lo schema negoziale come vendita a scopo di garanzia, vietata per violazione del divieto del patto commissorio, atteso che, in difetto di questa sproporzione, mancherebbero elementi certi per qualificare la somma di denaro come dazione di un mutuo piuttosto che come prezzo e, conseguentemente, per individuare la contestuale esistenza di un rapporto di debito credito tra alienante ed acquirente. Repertorio24 21 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com PUBBLICAZIONE Centro studi giuridici di Mantova, www.Ilcaso.it, 2010, pg. 2370, pt. I Commissione Tributaria regionale Sezione 14 Sen tenza del 2 luglio 2010, n. 77 TRIBUTI CONTENZIOSO PROCESSO TRIBUTARIO FACOLTÀ DI ALLEGARE E PRODURRE DOCUMENTI NUOVI. La mancata risposta a un questionario inviato dall’Agenzia delle entrate non preclude al contribuente la possibilità di produrre, tanto nella fase precontenziosa quanto in corso di causa, i documenti ritenuti idonei a dimostrare l’infondatezza della pretesa impositiva. Nel processo tributario, infatti, carat terizzato dalla natura eminentemente documentale, il contri buente non incontra mai preclusioni alla facoltà di allegare e produrre documenti, anche nuovi, ai sensi degli artt. 24 e 58 del D.Lgs. 546/1992. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, www.guidanormativaonline, 2010 l ASSICURAZIONI PRIVATE E DI INTERESSE COLLETTIVO 14 settembre 2010 Adeguamento all’inflazione dell’importo della quota di garan zia. Modifica all’articolo 81 del Regolamento 10 marzo 2010, n. 33. Modifica all’allegato I al Provvedimento 29 dicembre 2009, n. 2768. (Provvedimento n. 2833). Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 223 del 2392010 DECRETO MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO 10 settembre 2010 Integrazione e modifiche al decreto direttoriale 12 aprile 2010 recante approvazione dell’elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all’impiego nelle attività estrattive, per l’anno 2010. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 222 del 2292010 DECRETO MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI 26 agosto 2010 Approvazione del modello del certificato attestante la con formità ai requisiti di stabilità previsti dall’art. 5 e dall’allegato I del decreto legislativo 14 marzo 2005, n. 65 (Stockholm Agreement). GAZZETTA UFFICIALE Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 226 del 2792010 DECRETO MINISTERO DELLA SALUTE 8 luglio 2010 Ricognizione delle risorse resesi disponibili a seguito della risoluzione degli accordi di programma sottoscritti ai sensi dell’articolo 5bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662. DECRETO MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI 9 agosto 2010 Assegnazione di risorse finanziarie, per la concessione di am mortizzatori sociali in deroga, alla Regione Lazio. (Decreto n. 53736). Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 221 del 2192010 ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 7 settembre 2010 Ulteriori interventi urgenti diretti a fronteggiare gli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009. (Ordinanza n. 3896). Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 225 del 2592010 DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINI STRI 28 luglio 2010 Determinazione di talune categorie escluse dall’obbligo di identificazione. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 224 del 2492010 PROVVEDIMENTO ISTITUTO PER LA VIGILANZA SULLE 22 Newsletter n. 33 28 settembre 2010