Preparare le famiglie per l’inverno All’età di circa 12 anni aiutavo frequentemente mio padre in apiario (parlo di circa 45 anni fa…). Per verificare se una colonia era pronta ad affrontare l’inverno egli considerava solo due elementi: 1. Forza della colonia valutata considerando i telaini ben coperti di api e il numero di favi di covata presenti 2. Presenza di scorte nel nido valutando le quantità di miele presenti nei favi laterali e nelle corone intorno ai favi per la covata E’ interessante notare che a quei tempi non vi era infestazione di varroa (allora relegata nelle zone da cui si è poi diffusa in tutto il mondo) e di conseguenza non era necessario porsi due domande cruciali: 1. Le api presenti sono sane o debilitate dalla varroa e da patologie virali ad essa collegate? 2. L’eventuale covata autunnale è fortemente infestata di varroa? Oggi non possiamo fare a meno di farci anche queste due ulteriori domande perché se l’infestazione di varroa nel periodo agosto-settembre è andata oltre determinati limiti di acari presenti (alcune migliaia) certamente api e covata possono aver subito danni rilevanti. Lo sappiamo per esperienza perché negli anni più difficili abbiamo visto alveari che avevano prodotto molto miele e in luglio si presentavano fortissimi spopolarsi rapidamente in ottobre-novembre per poi soccombere nel periodo invernale. La presenza di molte api e covata è condizione non sufficiente, deve trattarsi anche di api e covata non troppo infestate dalla varroa con una aspettativa di vita tale da poter giungere fino alla primavera successiva (febbraio-marzo) quando nasceranno le prime generazioni dell’anno successivo. Consideriamo ora più nel dettaglio gli elementi fin qui schematizzati. Le famiglie forti, sane e ben invernate non temono la stagione fredda e le condizioni avverse. Si veda in questo numero l’articolo sulla preparazione delle famiglie al periodo invernale alle pagine 2-3-4. L’articolo prende in esame i principali fattori che condizionano un buon invernamento e le tecniche apistiche che possono essere utilizzate... Forza della famiglia in termini di api presenti e di eventuale covata Normalmente questo elemento si valuta guardando quanti telaini sono ben coperti di api. Se vi sono favi laterali con poche api essi non vengono considerati. Un favo molto ben popolato brulica di api e per guardare dentro alle celle è necessario allontanare la api stesse con la spazzola o con il fumo. In autunno spesso i favi non sono coperti di così tante api, ma, per considerare un telaino popolato è necessario che le api su entrambe i lati ne coprano una superficie pari almeno alla metà di ogni faccia. Alle api presenti va aggiunto il quantitativo che si presume potrà nascere dalla covata presente. Bisogna considerare che da un favo completamente coperto di covata opercolata nascono api sufficienti per popolare due telaini. Tuttavia spesso la covata autunnale non copre tutto il favo ma solo un ovale più o meno esteso. Talvolta, se prepariamo all’inverno le arnie tardi dopo un periodo di freddo la covata può anche mancare completamente. Portando esempi concreti un alveare che copre 8 telaini di api con pochissima covata (un ovale molto piccolo su un solo favo) deve essere considerato più debole di uno che si presenta con 6 favi coperti di api ma anche con tre bei favi di covata estesa. I due elementi (favi di covata e favi coperti di api) vanno considerati assieme attribuendo un valore doppio al favo ben coperto da covata opercolata. Credo attribuire un valore doppio sia doveroso perché non solo le api che nasceranno potranno coprire due favi, ma saranno anche certamente più giovani di quelle che popolano i favi. In generale le regine giovani si comportano meglio in periodo autunnale deponendo più uova e protraendo la deposizione per un periodo più lungo. Il mantenimento della covata può anche essere favorito con una nutrizione stimolante nel periodo agosto-settembre. Da un bel favo di covata come questo (un favo primaverile) nascono api sufficienti per coprire circa 2 telaini. Normalmente però in autunno la covata è meno estesa rispetto al favo della foto, essa spesso in ottobre copre non più di metà della superficie del favo. La presenza di cerchi concentrici di covata aperta ed opercolata è indice di una buona deposizione da parte della regina facendo però attenzione a non intasare il nido occupando spazio prezioso per la covata. Una nutrizione stimolante autunnale si realizza con quantitativi ridotti di sciroppo zuccherino concentrato (io uso un rapporto zucchero acqua 1 a 1 o addirittura 2 a 1) fornito ogni 2-3 giorni in piccole dosi. E’ utile che a fine autunno nell’alveare non restino scorte abbondanti di queste soluzioni zuccherine perché l’alimentazione invernale con acqua e zucchero favorisce fenomeni di diarrea e agevola il manifestarsi del nosema apis. In periodo invernale è più opportuno che le api si nutrano di miele presente nel nido o di candito fornito dall’apicoltore. Le api e la covata devono essere poco infestate da varroa Per esemplificare in modo efficace questo concetto mi piace dire che non scambierei mai una mia famiglia debole che vado a preparare per l’inverno su soli sei favi coperti di api e un favo di covata (ma api e covata sane non troppo debilitate dalla varroa) con un alveare che si presenta fortissimo, ma con il dubbio che api e covata abbiano una aspettativa di vita molto breve a causa della varroa e delle virosi correlate. Quando la varroa presente nella famiglia supera una cera soglia (alcune migliaia) le api subiscono forti danni: sono debilitate, sono facile preda di malattie da virus ed hanno una aspettativa di vita molto breve, non saranno in grado di superare l’inverno In presenza di una forte infestazione, la varroa attacca e debilita l’ape prima ancora che essa nasca. In queste condizioni in autunno possono nascere api già troppo deboli che non riusciranno a svernare. Il blocco della covata e il trattamento estivo in assenza di covata in linea di massima ci permettono di avere covata autunnale più sana e vigorosa.. Le api dell’autunno devono poter passare tutto l’inverno e si tratta di un periodo lungo e difficile. Se durante l’autunno e l’inverno molte api muoiono perché debilitate il glomere invernale non ha più la massa critica necessaria per poter mantenere la temperatura all’interno. Deve esserci un rapporto favorevole fra massa e superficie del glomere: per mantenere la temperatura ideale nella parte centrale le api presenti al centro, dopo essersi alimentate e scaldate, passano nella parte più esterna per proteggere le altre. Le scorte Quest’anno serve una particolare attenzione perché molte famiglie hanno scorte molto scarse e non sarebbero in grado di superare l’inverno senza un nostro intervento. Inizialmente credevo fosse una problematica solo del mio apiario perché io adotto la tecnica della messa a sciame e in questo modo si formano nuclei estivi quasi sempre completamente privi di scorte. Visitando però gli alveari di altri apicoltori ho potuto verificare che il problema è più generalizzato: molte famiglie che si sono sviluppate presto in primavera e hanno ricevuto il melario al momento giusto o con anticipo per evitare la sciamatura sono scarsissime di scorte per l’inverno. Al contrario invece gli alveari che si sono sviluppati più lentamente e a cui sono stati dati i melari più tardi si presentano ben forniti di scorte. Una situazione di cui bisogna tener conto sia in fase di nutrizione autunnale sia in fase di invernamento. Se le scorte a fine autunno sono scarse è necessario fornire favi di miele o almeno candito. Le scorte vanno attentamente valutate sia in termini di quantità sia in termini di distribuzione nel nido. Nella foto si vede un favo centrale di covata autunnale circondata da una corona di polline verso l’interno e da miele nella parte più periferica. In questo caso proteine e zuccheri sono a portata di mano per tutto l’inverno. In autunno la covata sul telaino tende ad essere meno estesa. La condizione ideale è quella di telaini con covata abbondante, ma anche con una corona di miele che la circondi almeno verso l’alto. Spesso la corona di miele scende anche sui lati avvolgendo quasi la covata. La disponibilità di scorte anche nei favi centrali è importante perché nei periodi più freddi le api riescono ad alimentarsi solo nelle zone più centrali del glomere e quindi i favi laterali per una famiglia debole possono anche essere non accessibili nei momenti più critici. Bisogna però ricordare che il candito è accessibile con più difficoltà perché le api per raggiungerlo devono uscire dal glomere e sono necessarie quindi temperature non troppo fredde. In generale nel periodo di freddo intenso solo le famiglie molto forti sono in grado di produrre il calore necessario per poter salire ad alimentarsi di candito. La rapidità con cui il candito viene consumato è un buon indicatore della forza della famiglia, ma non della presenza di scorte perché le api, se riescono ad accedere al candito facilmente, lo consumano prima delle scorte presenti nei favi considerandolo una sorta di fonte “esterna” che potrebbe in futuro non essere più disponibile. L’alimentazione con sciroppo zuccherino non può proseguire nel periodo invernale perché le api, quando sono alimentate in questo modo, hanno bisogno di poter uscire spesso dall’alveare per eliminare le feci in volo. Stringere la famiglia E’ una pratica molto diffusa, ma non tutti gli apicoltori lo fanno. C’è da dire che una famiglia molto forte non può essere stretta per questioni di spazio necessario. Si stringono su un numero di favi più ridotto solo le famiglie che presentano ai lati favi poco popolati di api. I favi laterali poco popolati si tolgono liberandoli dalle api (fare attenzione a non impoverire troppo di scorte, nel caso si può togliere anche qualche favo interno privo di covata). Gli apicoltori più attenti ed esperti durante l’estate portano verso l’esterno i favi vecchi e poveri di scorte da sostituire e li tolgono proprio in occasione delle ultime visite. Stringere la famiglia significa togliere da un lato dei favi dopo averli liberati dalle api e chiudere la serie dei favi dalla parte che rimane vuota con un diaframma. Dato che lo scopo è quello di riservare alle api un volume più piccolo e più facile da scaldare è bene che il diaframma sia più lungo e più largo dei favi in modo da chiudere e separare bene il volume vuoto da quello con i favi. E’ bene però che dall’entrata o dalla rete in basso possa circolare bene l’aria perché non si formino muffe e ristagni di umidità che possono deteriorare le scorte di polline o favorire lo sviluppo di nosema apis (nosemiasi). Le famiglie con scorte forti e sane non temono il freddo dell’inverno. Le famiglie più belle che popolano tutto il nido possono tranquillamente essere invernate su 10 favi senza “stringere”. Lo scorso anno ho invernato i miei alveari mediamente su 8 favi, ma alcune famiglie erano su 10 (le più belle) altre anche su sei favi (ma non erano le più deboli perché alcune di esse avevano anche 3-4 favi di covata molto estesa). Unione di famiglie deboli Piuttosto che invernare famiglie troppo deboli (ad esempio su 4-5 favi di api e con poca covata) molto meglio unire fra loro due alveari scarsi in modo da poter essere sicuri che almeno la famiglia unita possa passare tranquillamente l’inverno. Chi lavora bene e con lungimiranza durante l’estate produce nuclei estivi, i più belli possono essere travasati in arnie da 10 favi e preparati per l’inverno, i più deboli invece possono essere usati proprio per rinforzare le famiglie troppo deboli. Quest’anno ho prodotto circa 30 nuclei estivi, di cui 21 sono diventati vere e proprie famiglie, mentre 9 saranno utilizzati in ottobre per rinforzare le famiglie deboli. Vi sono numerosi metodi per riunire nuclei e famiglie, io ne uso uno particolarmente rapido che dà quasi sempre buoni risultati: operare verso sera per evitare saccheggi eliminare una delle due regine o lasciare che la natura faccia il suo corso tenendole entrambe spruzzare con acqua e zucchero su entrambe i lati con soluzione poco concentrata: uno due cucchiai da tavola di zucchero per litro (le soluzioni troppo concentrate non nebulizzano bene) i telaini della famiglia che riceve i favi spruzzare con acqua e zucchero su entrambe i lati i favi che vengono inseriti Se si lascia una sola regina tenerla con le proprie api collocando il favo che la contiene su uno dei lati con la regina stessa sulla faccia rivolta verso il legno. In seguito allo spruzzamento per un certo tempo le api si muovono molto poco e il rimescolamento fra le api delle due famiglie avviene lentamente e di solito le api riescono a difendere la propria regina dall’aggressività delle operaie dell’altra famiglia. Alcuni apicoltori aggiungono alla soluzione alcune gocce di oli essenziali per confondere gli odori. In alternativa è sempre possibile unire le famiglie con il metodo tradizionale sovrapponendo all’arnia due melari contenenti i favi della seconda famiglia e inserendo un foglio di giornale fra nido e melari. Questo metodo è anche molto efficace, ma decisamente più lento e laborioso. Normalmente si ha un buon invernamento delle famiglie quando: La lotta estiva e autunnale contro la varroa è stata efficace e api e covata sono sane. Le famiglie sono forti perché ben sviluppate in primavera e stimolate con nutrizione autunnale Le scorte sono sufficienti Si dispone di nuclei estivi e regine di riserva per risolvere eventuali criticità legate alla presenza di famiglie deboli, orfane o con ape fucaiola Si sono preparate le famiglie stringendole sui soli favi coperti di api e preparandole adeguatamente (anche unendole se necessario) Tardo autunno in pianura: le api tendono a radunarsi in glomere occupando solo una parte del nido. “Stringere” significa riservare uno spazio più piccolo e più caldo per il glomere invernale. Buon lavoro a tutti Romano Nesler