Enciclica del Patriarcato ecumenico scritta nel 1920 dal santo sinodo della Chiesa di Costantinopoli Alle Chiese di Cristo in ogni luogo “Amatevi gli uni gli altri di cuore intensamente” (1a Pietro 1,22). La nostra chiesa sostiene che un riavvicinamento fra le varie Chiese cristiane ed una comunione fra di esse non vengono esclusi dalle differenze dottrinali che esistono fra di esse. E’ nostra opinione che un tale riavvicinamento sia altamente desiderabile e necessario. Sarebbe utile in molti modi per il reale interesse di ogni chiesa particolare e dell’intero corpo cristiano, ed anche in vista della preparazione e avanzamento di quella benedetta unione che verrà resa completa nel futuro in accordo con la volontà di Dio. Noi consideriamo perciò che il tempo presente sia molto favorevole per portare avanti e studiare insieme questa importante questione. Ed anche se - a causa di antichi pregiudizi, abitudini o presunzioni - le difficoltà che nel passato hanno così spesso messo a repentaglio i tentativi di riunione, possono nuovamente sorgere o fatte emergere, nondimeno - dato che in questo stadio iniziale siamo interessati soltanto a contatti di riavvicinamento - tali difficoltà sono a nostro parere di minor importanza. Se vi è una buona volontà ed intenzione, esse non possono costituire un ostacolo invincibile ed insuperabile. Perciò, considerando un tale compito essere sia possibile sia opportuno specialmente in vista dell’augurata costituzione della Lega delle Nazioni - noi ci arrischiamo ad esprimere qui di seguito in breve i nostri pensieri e le nostre opinioni circa la maniera in cui noi comprendiamo questo riavvicinamento e contatto e come noi lo consideriamo realizzabile; invitiamo caldamente ad esprimere un giudizio e la loro opinione le altre chiese sorelle dell’Est e le venerabili Chiese cristiane nell’Ovest e ovunque nel mondo. Noi crediamo che le seguenti due misure contribuirebbero grandemente a quel riavvicinamento che è tanto desiderabile quanto utile, e crediamo che esse siano di successo e al tempo stesso fruttuose: In primo luogo, noi consideriamo necessario ed indispensabile rimuovere ed abolire tutta quella reciproca sfiducia e amarezza fra le differenti chiese che nasce dalla tendenza di alcune di esse a fare proselitismo attirando aderenti di altre confessioni. Questo, perché nessuno ignora ciò che sta sfortunatamente Anno accademico: 2013/2014 Docente: Gianpaolo Mastroianni accadendo oggi in molti luoghi, disturbando la pace interna delle chiese, soprattutto nell’Est. Sono tante le sofferenze e tanti i disagi ad essere causati da altri cristiani, e si sono sviluppati l’odio e l’inimicizia, con risultati poi insignificanti, proprio a causa di questa tendenza di alcuni a fare proselitismo attirando i seguaci di altre confessioni cristiane. Immediatamente dopo questo essenziale ristabilimento di sincerità e franchezza fra le chiese, noi consideriamo che, In secondo luogo, soprattutto, l’amore dovrebbe essere riacceso e rafforzato fra le chiese, in modo che esse non si considerino più reciprocamente estranee e straniere, ma familiari, come facenti parte della famiglia di Cristo e “eredi, membra di uno stesso corpo e partecipi della promessa di Dio in Cristo” (Ef 3,6). Infatti, se le diverse chiese fossero ispirate dall’amore, e mettessero l’amore davanti a qualsiasi altra cosa nei loro giudizi sulle altre e nelle loro relazioni con le altre, invece di aumentare ed ampliare le divergenze esistenti, potrebbero essere in grado di ridurle e diminuirle. Molte buone cose verrebbero raggiunte per la gloria ed il beneficio sia delle chiese singole sia dell’intero corpo di Cristo, attraverso: la promozione di un appropriato interesse fraterno per le condizioni, il benessere e la stabilità delle altre chiese; la prontezza ad interessarsi di ciò che sta succedendo in tali chiese e ad acquisire una migliore conoscenza di esse; la volontà di offrirsi reciprocamente mutuo soccorso ed aiuto. A nostro parere, un tale spirito di amicizia e di gentile disposizione le une verso le altre può essere manifestato e dimostrato particolarmente nelle seguenti maniere: a) Con l’accettazione di un calendario comune per la celebrazione delle grandi feste cristiane nello stesso giorno da parte di tutte le chiese. b) Con lo scambio di lettere fraterne in occasione dei principali anniversari delle varie chiese, ed in altre occasioni speciali. c) Con strette relazioni fra i rappresentanti di tutte le chiese ovunque siano. d) Con relazioni fra le scuole di teologia e i professori di teologia; con lo scambio di riviste teologiche ed ecclesiastiche, e di altre pubblicazioni edite in ciascuna chiesa. e) Con lo scambio di studenti per periodi di studio specialistico fra le Facoltà delle diverse chiese. Il pensiero teologico moderno Modulo 3 2 f) Con la convocazione di conferenze pan-cristiane al fine di esaminare questioni di interesse comune a tutte le chiese. g) Con lo sviluppo di studi storici, imparziali e approfonditi, circa le differenze dottrinali, sia da parte delle Facoltà sia attraverso la pubblicazione di libri. h) Con il mutuo rispetto dei costumi e delle pratiche nelle diverse chiese. i) Con il permesso reciproco all’utilizzo di cappelle e cimiteri per il funerale ed il seppellimento di credenti di altre confessioni deceduti in paesi esteri. j) Con la definizione della questione dei matrimoni misti fra le confessioni. k) Infine, con un’assistenza reciproca, pienamente convinta, per tutte le chiese nel loro impegno all’avanzamento religioso, alle opere di carità e così via. Un tale sincero e stretto contatto fra le chiese sarà la cosa più utile e produttiva per l’intero corpo della Chiesa, perché svariati pericoli minacciano non solo alcune chiese particolari, ma le chiese tutte. Questi pericoli attaccano le fondamenta stessa della fede cristiana e l’essenza della vita e della società cristiana. La terribile guerra mondiale appena conclusa ha portato alla luce molti sintomi malsani nella vita dei popoli cristiani, ed ha spesso rivelato una grande mancanza di rispetto addirittura per i principi elementari della giustizia e della carità. Ferite già esistenti sono state peggiorate ed altre sono state aperte, di tipo più materiale, che richiedono l’attenzione e la cura di tutte le chiese. L’alcolismo, che cresce di giorno in giorno; l’aumento di un lusso non necessario sotto il pretesto di migliorare e godere la vita; la voluttuosità e la lussuria a stento coperte dal mantello della libertà e della emancipazione della carne; il prevalere di licenziosità ed indecenza incontrollate nella letteratura, nella pittura, nel teatro e nella musica, sotto la rispettabile definizione di sviluppo del buon gusto e coltivazione delle belle arti; la deificazione della ricchezza e il disprezzo di ideali più alti; tutte queste cose e altre ancora, mentre minacciano l’essenza delle società cristiane, sono anche argomenti di attualità che richiedono ed anzi necessitano uno studio comune e una cooperazione da parte delle chiese cristiane. Infine, è dovere delle chiese che portano il santo nome di Cristo, non dimenticare né rinnegare più oltre il suo nuovo e grande comandamento dell’amore. Né le chiese devono continuare a rimanere pietosamente indietro rispetto alle autorità politiche, le quali, applicando veracemente lo spirito del Vangelo e l’insegnamento Il pensiero teologico moderno Modulo 3 3 di Cristo, hanno già sotto i migliori auspici predisposto la cosiddetta Lega delle Nazioni al fine di difendere la giustizia e coltivare la carità e l’accordo fra le nazioni. Per tutte queste ragioni, essendo noi stessi convinti della necessità di stabilire un contatto e una lega (comunione) fra le chiese, e credendo che le altre chiese condividano la nostra convinzione qui espressa, perlomeno come un inizio noi richiediamo a ciascuna di esse di inviarci in risposta una dichiarazione riguardante il proprio giudizio ed opinione su questa materia, in maniera tale che raggiunto un comune accordo e una comune risoluzione, possiamo procedere insieme alla sua realizzazione e “seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo; da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del valore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore” (Ef 4,15-16). Base del Consiglio Ecumenico delle Chiese I. Base Il Consiglio Ecumenico delle Chiese è una comunione (fellowship) di chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le scritture e perciò cercano di adempiere insieme alla loro comune chiamata alla gloria dell’unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo ... III. Funzioni e scopi Il Consiglio Ecumenico delle Chiese è costituito per le seguenti funzioni e scopi: 1) richiamare le chiese all’obbiettivo dell’unità visibile, in una sola fede ed in una comunione eucaristica espressa nel culto e nella vita comune in Cristo, e ad avanzare verso tale unità affinché il mondo possa credere; 2) facilitare la testimonianza comune delle chiese in ogni luogo ed in tutti i luoghi; Il pensiero teologico moderno Modulo 3 4 3) sostenere le chiese nel loro compito missionario ed evangelistico in ogni parte del mondo; 4) esprimere la preoccupazione comune delle chiese al servizio dei bisogni dell’umanità, nell’abbattere le barriere tra i popoli, e nella promozione di un’unica famiglia umana nella giustizia e nella pace; 5) promuovere il rinnovamento delle chiese nell’unità, nel culto, nella missione e nel servizio; 6) stabilire e mantenere relazioni con i consigli nazionali delle chiese e con le conferenze regionali, con i corpi confessionali e le altre organizzazioni ecumeniche; 7) portare avanti il lavoro dei movimenti ecumenici Fede e Costituzione (Faith and Order) e Vita e Azione (Life and Work), del Consiglio Missionario Internazionale (International Missionary Council) e del Consiglio Mondiale per l’Educazione Cristiana (World Council of Christian Education). 2° modulo. Storia del movimento ecumenico: la sua affermazione nell’ambito della chiesa cattolica romana Lo studio della storia del movimento ecumenico prosegue in questo modulo riservando una particolare attenzione all'evolversi degli atteggiamenti della chiesa cattolica romana - e dei suoi pontefici - nei confronti della prospettiva ecumenica. Ci soffermeremo in particolare su tre momenti della storia di questo secolo: 1) Prima del Concilio Vaticano II: la reazione al nascente fenomeno del dialogo interdenominazionale e interconfessionale - con la lettura di alcuni stralci, riprodotti in questa guida, dall’Enciclica del Papa Pio XI Mortalium animos (1928) - un documento molto importante, di vera e propria “scomunica” dell’ecumenismo. Il pensiero teologico moderno Modulo 3 5 L’enciclica Mortalium animos esprime una reazione piuttosto dura e scostante verso il movimento ecumenico, reazione fondata sulla seguente concezione della chiesa: Cristo ha fondato una unica chiesa, le sue parole circa l’unità di questa chiesa non sono l’espressione di un auspicio bensì indicano una verità fattuale, realizzata dall’unica vera Chiesa di Cristo, cioè la Chiesa Romana. Pensare che la Chiesa cattolica non sia tale realizzazione, significa bestemmiare contro la verità rivelata da Cristo e l’opera dello Spirito Santo. Ritenere che il corpo mistico della chiesa si trovi disgiunto e disperso è una sciocchezza. Tra i punti di sostanziale dissenso dottrinale tra cattolici e protestanti (il Protestantesimo viene citato solo una volta, e “ad esempio”) vengono elencati: la tradizione come fonte genuina della divina Rivelazione; la gerarchia di vescovi e preti come istituzione divina; la transustanziazione ed il carattere di sacrificio del sacramento dell’eucaristia; l’invocazione dei Santi e prima di tutti di Maria Madre di Dio, la venerazione delle immagini di costoro. 2) La svolta rappresentata dal Concilio Vaticano II - con la lettura integrale del documento per l'ecumenismo, Unitatis redintegratio. La Unitatis redintegratio (UR) è il testo-base dell'ecumenismo cattolico. Vi si delinea la posizione della chiesa cattolica nei confronti delle altre chiese cristiane. Le chiese ortodosse sono oggetto di “speciale considerazione” e sono chiamate “chiese” (persino “chiese sorelle”), pur non essendo unite a Roma, in quanto hanno conservato la successione apostolica (cattolicamente intesa) attraverso l'episcopato storico e tutto ciò che (da un punto di vista cattolico) ne consegue sul piano della validità dei sacramenti (UR,15). Le chiese protestanti invece non sono considerate chiese ma “comunità ecclesiali”, in primo luogo perché non hanno conservato l'episcopato storico (le chiese luterane scandinave, in realtà, l'hanno indiscutibilmente conservato, ma Roma non lo riconosce, come non riconosce quello anglicano). Il Concilio ammette che le chiese protestanti posseggano beni autenticamente cristiani precisando però che il loro valore salvifico “deriva dalla stessa pienezza di grazia e verità che è stata affidata alla Chiesa cattolica” (UR,3). In questo quadro si dice delle chiese evangeliche che “lo Spirito Santo non ricusa di servirsene come mezzi di salvezza”, in quanto esse possono “realmente generare la vita della grazia” (UR,3). Il pensiero teologico moderno Modulo 3 6 Sono tre gli elementi di svolta - relativi allo sviluppo della sensibilità ecumenica in ambito cattolico - da tener presenti considerando il Vaticano II: a) Il documento Unitatis redintegratio avrebbe dovuto, in un primo tempo, intitolarsi: “Principi dell’ecumenismo cattolico” - si intitolò invece poi: “Principi cattolici dell’ecumenismo”. b) Nel documento si assiste alla sostituzione della categoria “eretici” con quella di “fratelli separati” - frates sejuncti: al centro del rapporto non c’è più dunque ciò che oppone ma ciò che accomuna (l’essere fratelli). c) Il documento contiene una grande visione cattolica della chiesa come luogo in cui si ricapitola non solo il cristianesimo ma tutta l’umanità: si riconoscono quindi i valori già esistenti nelle confessioni e nelle religioni, e anche nell’umanità laica. La chiesa è vista come un luogo di raccolta e di sintesi creativa di tutte queste ricchezze. 3) Il pensiero più recente del cattolicesimo in tema di ecumenismo - con la lettura integrale della recente enciclica di Giovanni Paolo II Ut unum sint. Se nel documento Unitatis redintegratio i cristiani non cattolici sono ancora chiamati “fratelli separati”, nell'ultima enciclica di Giovanni Paolo II Ut unum sint questa formula viene abbandonata e si suggerisce, tra le righe, quella di “fratelli ritrovati”. Accanto a questo elemento di superamento dei traguardi raggiunti con il Vaticano II, dobbiamo anche segnalare un forte elemento di arretramento: in questi ultimi anni, e specialmente con il pontificato di Giovanni Paolo II, il papato ha eclissato quello che fu il grande tema del Concilio: la collegialità episcopale. Si deve dire, paradossalmente, che c’è più papato oggi, dopo il Vaticano II, di quanto non ce ne fosse all’indomani del Vaticano I! Letture Goosen.G, Introduzione all’ecumenismo, Claudiana, Torino 2007 “Unitatis redintegratio”, in Enchiridion Vaticanum. 1. Documenti del Concilio Vaticano II, EDB, Bologna 1979 (11a ed.), oppure in: Decisioni dei Concili Ecumenici, a cura di Giuseppe Alberigo, UTET, Torino 1978 Il pensiero teologico moderno Modulo 3 7 Giovanni Paolo II, Ut unum sint, Lettera enciclica sull’impegno ecumenico, EDB, Bologna 1995: Introduzione; I. L’impegno ecumenico della chiesa cattolica; II. I frutti del dialogo - fino al punto 49, e poi dal punto 64 fino al 76 Letture facoltative Cereti, G., "L'ingresso della chiesa cattolica nel movimento ecumenico e l'avvento di un unico movimento ecumenico", in Filoramo G., Menozzi, D. (a cura di), Storia del cristianesimo, L'età contemporanea, Laterza, Bari-Roma 1997 pp. 379-387 (anche: pp. 364-368) Ricca, P., "L'ecumenismo cattolico", in Filoramo, G. (a cura di), Storia delle religioni, 2. Ebraismo e cristianesimo, Laterza, Roma-Bari 1995 pp. 662-663 lo stesso saggio si trova anche in: Filoramo, G. (a cura di), Cristianesimo, Laterza, Roma-Bari 2000 Dizionario del Movimento ecumenico: Chiesa cattolica romana ed ecumenismo fino al Vaticano II, Unitatis redintegratio, Encicliche/Encicliche cattoliche e sociali, Direttorio ecumenico (1967-1970), Direttorio ecumenico (1993), Gerarchia delle verità. “La chiesa cattolica e il movimento ecumenico, 1910-1948”, in Rouse, R., e Neill, S. C., a cura di, Storia del movimento ecumenico dal 1517 al 1948. Vol. III: Dalla Conferenza di Edimburgo all’Assemblea ecumenica di Amsterdam, Il Mulino, Bologna 1982 pp. 481-518; “Il movimento ecumenico e la chiesa cattolica”, in Fey, H. E., (a cura di), Storia del movimento ecumenico dal 1517 al 1968. Vol. IV: L’avanzata ecumenica, Il Mulino, Bologna 1982 pp. 639-722 Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Direttorio per l’ecumenismo, EDB, Bologna 1993; Il Regno-documenti 39 (1994) 6-35 Pio XI Mortalium animos (1928) Il pensiero teologico moderno Modulo 3 8 Sulla vera unità religiosa, a proposito di adunanze così dette pancristiane DESIDERIO DI PACE. Mai forse quanto oggi gli uomini han sentito nei loro cuori così vivo e potente il desiderio di rafforzare e allargare, a comun bene di tutti, quei rapporti di fraternità che tutti ci stringono e adunano, per il fatto stesso della comune origine e natura. (…) VANI TENTATIVI DI RIUNIR TUTTE LE RELIGIONI. (…) VANO TENTATIVO DEI PANCRISTIANI PER UNIRE TUTTI I CRISTIANI. (…) … dove sotto l’apparenza di bene si cela più facilmente l’inganno è quando si tratta di promuovere l’unità tra tutti quanti i cristiani. (…) … i cosiddetti pancristiani, gente questa più numerosa assai di qual che non si creda … persone le quali, o la pensino in un modo o nell’altro, quello che è certo, per lo più non sono cattoliche. (…) … un errore dei più gravi, che scrolla dal fondo le basi della fede cattolica. La coscienza del Nostro compito Apostolico Ci ammonisce di non lasciar circonvenire il Gregge dal fallacie pericolose, e perciò, Venerabili Fratelli, richiamiamo la vostra attenzione sopra questo male e il modo di evitarlo. (…) LA RELIGIONE VERA E’ LA RELIGIONE RIVELATA. (…) … l’Unigenito Figliuol di Dio stabilì in terra la sua Chiesa. Pertanto non ci si può professar cristiani senza credere che Cristo ha fondato una Chiesa e una Chiesa unica. Il dissenso incomincia allorché si vuol sapere quale deve esser questa Chiesa secondo la volontà del suo Fondatore. Molti cristiani, per esempio, negano che la Chiesa debba essere visibile, almeno nel senso che il corpo dei fedeli debba apparir unico e tutto concorde in una stessa dottrina e sotto uno stesso magistero e governo; e intendono per Chiesa visibile una Confederazione delle varie comunità cristiane, sebbene in particolare aderiscano a dottrine diverse, anzi opposte. I FALSI FONDAMENTI DEI PANCRISTIANI. A questo punto val la pena d’individuare e toglier di mezzo l’errore, in cui si fonda la questione e da cui partono le idee e le iniziative molteplici degli acattolici, relative all’unione delle Chiese cristiane. I fautori d’essa hanno per vezzo di tirar fuori ogni tanto Gesù che dice: “Tutti siano una cosa sola … si farà un ovile e un pastore” (Ioan. XVII,21; X, 16); quasi che in queste parole il desiderio e la preghiera di Gesù siano restate senza effetto. Pensano che l’unità di fede e di regime – dote distintiva della Chiesa – non sia in fondo mai esistita prima di ora, e non esista oggi … (…) Il pensiero teologico moderno Modulo 3 9 Alcuni ammettono e concedono che il Protestantesimo, per esempio, troppo precipitosamente si disfece di certi capi di fede e di alcuni riti del culto esterno, che, al contrario, la Chiesa Romana ritiene ancora. Ma subito aggiungono che questa pure però ha fatto cose che son venute a corrompere la religione antica, aggiungendo e proponendo a credere dottrine non solo aliene dal Vangelo, ma contrarie ad esso: come, si affrettano a dire, il Primato di giurisdizione attribuito a S. Pietro e a’ suoi successori nella Sede di Roma. (…) … di acattolici che si riempiono la bocca con queste prediche di unione fraterna ne trovi molti; a nessuno però passa per il capo di sottomettersi e obbedire all’insegnamento, al comando del Vicario di Cristo. Per ora affermano di voler trattare volentieri con la Chiesa Romana, per quanto con eguali diritti e alla pari sempre; ma se potessero fare, c’è da star sicuri che farebbero in modo da non esser costretti in quella forma di accordo che essi vagheggiano, a lasciar quelle idee per cui oggi si trovano fuori dell’unico ovile di Cristo, vagando ed errando. LA VERITÀ DI DIO NON TOLLERA COMPROMESSI. Ciò posto, è evidente che la Sede Apostolica non può in nessuna maniera prender parte ai loro congressi, e in nessuna maniera devono i cattolici aderire o tener mano a simili tentativi; altrimenti vengono a dare autorità ad una pretesa religione cristiana, che è lontana le mille miglia dalla sola Chiesa di Cristo. (…) L’UNITA’ NELLA CARITÀ PRESUPPONE L’UNITA’ NELLA FEDE. Codesti “pancristiani”, presi come sono dall’ardore di unir chiese, parrebbero animati da un’idea nobilissima , l’idea di accrescere la carità tra i cristiani; ma, per un altro verso, può mai la carità far danno alla fede? (…) … S. Giovanni stesso vietò assolutamente ogni relazione di sorta con quanti non professavano intera ed immacolata la dottrina di Cristo: “Se vien qualcuno tra voi e non porta questa dottrina, non lo ricevete in casa e nemmeno salutatelo” (Ioan. II, 10). (…) … come si può pensare ad una Confederazione cristiana, i cui membri, anche in materia di fede, possono ritenere ciascuno quel che gli pare e piace, quand’anche gli altri hanno idee e sentimenti opposti? (…) Con una disuguaglianza tale di opinioni (…) … quella è la via alla negligenza della religione, o indifferentismo, e al modernismo secondo il quale la verità dogmatica non sarebbe assoluta bensì relativa … (…) L’INFALLIBILITÀ DEL MAGISTERO ECCLESIASTICO. (…) Tutti i veri cristiani con la stessa fede con cui credono il dogma della SS. Trinità, credono il dogma della Il pensiero teologico moderno Modulo 3 10 Immacolata Concezione; e come all’Incarnazione del Signore, così pure all’infallibile magistero del Romano Pontefice … (…) UNICA VIA DELLA PACE: IL RITORNO. … sarà ora chiaro perché la Sede Apostolica mai abbia permesso ai suoi fedeli d’intervenire ai congressi degli acattolici: la riunione dei cristiani non si può favorire in altro modo che favorendo il ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo, dalla quale, precisamente, un giorno ebbero l’infelice idea di staccarsi; a quella unica vera Chiesa di Cristo, diciamo, che è visibile a tutti, e che tale, per volontà del suo Fondatore, resterà, quale egli stesso la fondò per la salvezza di tutti. (…) … nessuno sta in questa sola Chiesa di Cristo, nessuno ci persevera se non riconosca e accetti l’autorità e la podestà di Pietro e dei suoi legittimi successori. (…) APPELLO. Tornino dunque i figli dissidenti alla Sede Apostolica, collocata in questa città che Pietro e Paolo consacrarono del loro sangue, a questa Sede, ripetiamo, che è radice e origine della Chiesa …; ma tornino non coll’idea che la Chiesa … abbandoni l’integrità della fede e tolleri i loro errori; ma piuttosto per darsi al suo magistero e governo. (…) FULVIO FERRARIO RAGIONI E CRITERI DEL DIALOGO ECUMENICO Le motivazioni storiche e teologiche del dialogo e “le regole del gioco” Tratto da: Giampiccoli F. (a cura di), Giubileo ed ecumenismo. Occasione o inciampo?, Claudiana, Torino 1999, pp. 7-16 1. Perché l’ecumenismo? 1.1.Perché Dio lo vuole Questa è la prima ragione. Volutamente utilizzo un’espressione provocatoria, in quanto segnata da una storia tragica. Dio lo vuole, così come Dio è con noi, è stato, e non raramente è ancora, lo slogan di ogni forma di oppressione religiosamente motivata e la motivazione religiosa costituisce regolarmente un Il pensiero teologico moderno Modulo 3 11 fattore di inasprimento e non di moderazione della violenza. Affermare Dio lo vuole è quindi per le chiese cristiane una sfida, non da ultimo alla propria storia. La sfida è tuttavia necessaria, in quanto l’unità costituisce, secondo le confessioni di fede universalmente accettate, una delle note fondamentali della chiesa, assieme alla santità, alla cattolicità, cioè al carattere universale e all’apostolicità. Noi crediamo la chiesa una, perché uno è il Signore, una la fede, uno il battesimo, uno l’Iddio, Padre di tutti (Ef. 5,4 s.). Rispetto a tale professione di fede, il dato di fatto della divisione costituisce, come sempre si afferma, uno scandalo. E’ vero, naturalmente, che occorre distinguere tra la chiesa in quanto oggetto di fede e la chiesa in quanto oggetto d’esperienza. La chiesa creduta non coincide, semplicemente, con quella empirica. E’ anche vero, però, che tale distinzione, teologicamente non solo legittima ma necessaria, non giustifica in alcun modo la divisione, cioè la reciproca scomunica. All’affermazione di fede deve corrispondere una prassi ecclesiale di comunione. Che cosa significhi comunione lo vedremo in seguito, ma intanto si va sul sicuro dicendo che è il contrario di divisione. Non è quindi retorico definire la situazione creatasi nel II millennio come ribellione alla volontà di Dio da parte delle chiese, dunque come peccato. Dato poi che le note caratteristiche della chiesa si implicano reciprocamente, cioè non possono sussistere indipendentemente l’una dall’altra, la compromissione dell’unità della chiesa porta con sé anche quella della santità, della cattolicità e dell’apostolicità. Le chiese protestantii hanno avvertito in modo drammatico la gravità della lacerazione di fronte al compito missionario: anzi, sono stati i rappresentanti dei popoli convertiti dalla missione a segnalare la tragedia legata alla solidarietà della predicazione dell’evangelo con l’esportazione non solo delle specificità confessionali, ma anche delle scomuniche ad esse legate. Gli studiosi del quarto evangelo ci spiegano che la citazione di Giov. 17,21 in questo contesto, per quanto sorga spontanea e risulti indubbiamente efficace, non sia correttissima dal punto di vista esegetico, ma resta il fatto che tra ecumenismo e missione v’è un rapporto originario e qualificante. La missione obbliga a colmare il deficit di riflessione teologica ereditato dalla tradizione, largamente incapace di distinguere tra l’evangelo e la sua interpretazione confessionale. Ovviamente il primo esiste solo in forma incarnata e quindi nella seconda. Non si dà alcun evangelo “distillato”, separato dal modo in cui viene ecclesialmente compreso e vissuto. Lo stesso evangelo, tuttavia, può, e per molti aspetti deve, potersi esprimere in modi Il pensiero teologico moderno Modulo 3 12 diversi e non è affatto detto che il rapporto tra le varie interpretazioni debba essere di incompatibilità. Ebbene, Dio vuole che questi nodi vengano sciolti, lo vuole in nome dell’obbedienza della fede e dell’annuncio del messaggio, che ne è una dimensione portante. Credo dunque che chi interpreta l’ecumenismo come espressione di una temperie culturale tra le altre, o addirittura di una concessione alla contemporanea retorica del dialogo, sia in errore. Certo, come vedremo subito, c’è anche questo, ma la qualità cristiana dell’utopia ecumenica si radica nella rivelazione, cioè in Dio stesso. Ci si deve chiedere criticamente, questo sì, come mai le chiese non se ne siano accorte prima, come mai tutte (quale in modo più massiccio, quale in modo più differenziato: almeno questo va riconosciuto) abbiano identificato se stesse con l’una sancta facendo in pratica della scomunica il mezzo più significativo di affermazione dell’identità. La domanda, tuttavia, non può costituire una messa in questione dell’ecumenismo, semmai una sottolineatura della sua urgenza. La chiesa del XXI secolo non ha alcun diritto di guardare alle generazioni cristiane che l’hanno preceduta con arrogante senso di superiorità. Proprio perché, tuttavia, la comunione dei santi si estende anche attraverso le generazioni, la nostra epoca vive la responsabilità che deriva da una consapevolezza del carattere malvagio della divisione, consapevolezza che altri secoli della storia cristiana non hanno avuto: tale responsabilità costituisce una vocazione. 1.2. Pensare la verità di Dio in termini plurali La seconda fondamentale ragione del dialogo ecumenico risiede nella necessità delle chiese di pensare la verità di Dio in termini plurali, il che implica due elementi. 1.2.1. L’esistenza della verità di Dio. Nel paradigma postmoderno, non è cosa che vada da sé, anzi buona parte della vulgata ideologica oggi corrente sostiene che la nozione di verità sia vuota sul piano teoretico e pericolosa su quello pratico. Vuota perché l’esperienza dimostrerebbe l’impossibilità di accordarsi sul suo effettivo contenuto: ognuno ha il proprio rapporto con Dio o con l’Assoluto, ognuno ha dunque la propria verità. Il pensiero teologico moderno Modulo 3 13 Assolutizzare la propria verità è arbitrario e dunque violento. In questa natura violenta della verità consisterebbe la pericolosità della nozione per quanto riguarda la convivenza. La passione per la verità favorirebbe lo scontro e inibirebbe il dialogo. La fede cristiana è invece convinta che la verità di Dio esista, si sia rivelata nella persona di Gesù Cristo. La verità è una, Gesù stesso. Tutte le altre “verità”, tutte le altre “immagini di Dio” hanno nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo la loro fonte e il loro criterio. Gesù Cristo è “la via, la verità e la vita”, la “luce del mondo”, da cui deriva, come riflesso, ogni altra luce che illumina questo mondo. Che non si tratti di una verità violenta e assassina, ma piuttosto violentata e uccisa, è manifesto nella croce di Gesù. L’infedeltà ecclesiastica al carattere radicalmente non violento della verità di Dio compromette certamente la credibilità della testimonianza, ma non la realtà testimoniata. In Gesù Cristo, Dio si rivela come verità accogliente e umana: anzi, Gesù è il contenuto normativo di espressioni come accoglienza e umanità, altrimenti destinate più ad evocare sentimenti che a descrivere la realtà. La fede cristiana si caratterizza dunque come radicale contestazione dello scetticismo postmoderno, così come di un indifferenziato “pluralismo” che in nome del dialogo (in particolare di quelle interreligioso) tende a sacrificare la portata veritativa dei contenuti, e dunque la serietà stessa del confronto, che viene ridotto a pura e semplice testimonianza esperienziale e dunque, in ultima analisi, a sorda giustapposizione di autobiografie. 1.2.2. La parzialità della prospettiva Il dibattito culturale degli ultimi secoli e le sue ricadute sull’epistemologia delle scienze tanto della natura quanto dello spirito ci hanno tuttavia mostrato che il nostro rapporto con la verità ha carattere prospettico, il che significa anche parziale. Non significa che conosciamo “una parte” di Dio, quasi ne esista un’altra, estranea alla rivelazione, ma che la Totalità si dà solo nella parzialità della prospettiva. A dire il vero la tradizione cristiana ha sempre proclamato che “conosciamo in parte” (I Cor. 13,9) e che il criterio della nostra conoscenza di Dio è Cristo crocifisso visto, per così dire, “dal basso”. La teologia della croce, come teologia di una comunità in cammino, che si sa non ancora alla meta, ha sempre costituito un baluardo nei confronti delle più svariate forme di tentazione gnostica, propense a svincolare la nozione di Dio dalla forma concretamente assunta dalla rivelazione sul Golgota. Il pensiero teologico moderno Modulo 3 14 Dall’altra parte, anche la theologia crucis è sempre esposta al rischio di trasformarsi in theologia gloriae, che pretende di parlare di Dio ponendosi non ai piedi della croce, ma dal punto di vista di Dio stesso. Quando ciò accade, la teologia e la fede stessa si illudono di “possedere” la verità, di esaurirla. L’attuale sensibilità pluralista aiuta la chiesa a cogliere i pericoli di un simile atteggiamento. Certo la verità è una, è Cristo stesso, ma tale verità non può essere esaurita da alcuno, né da alcuna chiesa. Come la vista umana non può cogliere gli oggetti a 360 gradi, così il conoscere della fede apprende Dio in modo prospettico e totalizzante, “pleromatico”ii. Il carattere prospettico dell’approccio alla verità fonda non solo la legittimità, ma la necessità di una pluralità di prospettive. Il rapporto tra tali prospettive non è di pura e semplice giustapposizione, né è possibile accedere alla totalità mediante sommatoria delle prospettive parzialiiii. Occorre anche evitare, come avvertono molte teologie femministe, di postulare troppo presto l’integrazione delle parzialità. Il darsi del tutto nella parzialità della prospettiva è irriducibile: le diverse prospettive entrano in rapporto solo mediante il dialogo, che diviene attesa dell’ulteriore dischiudersi della verità. La verità dialogica, che nasce dalla consapevolezza della reciprocità che lega le prospettive diverse, non può essere posseduta, ma solo invocata nell’epiclesi, vissuta nell’incontro e celebrata nella dossologia. La verità, per dirla con Kant, è noumenica e viene conosciuta, nel quadro di una sana teologia cristiana, nella forma prospettica e parziale del fenomeno. L’assolutizzazione di una singola prospettiva della verità assume carattere idolatrico e dev’essere rifiutata. La verità noumenica, d’altra parte, mantiene la propria autorità di criterio critico, di canone, rispetto al quale le diverse prospettive devono mostrarsi convergenti. Questo pluralismo prospettico si distingue dallo scetticismo postmoderno in quanto presuppone una nozione forte di verità come fondamento della parzialità del rapporto umano (ivi compreso quello ecclesiale) con essa. In tal senso, si tratta di una posizione tradizionale, reinquadrata nei termini della sensibilità attuale. Il dialogo è dunque il luogo di confronto e di in contro dialettico delle varie prospettive nelle quali viene compresa la verità di Dio nella croce di Gesù. In quanto forma della coesistenza tra le chiese esso sancisce l’abbandono della pretesa idolatrica del possesso della verità e la rinnovata assunzione di un atteggiamento di ascolto nel quale la verità si dischiude in una parzialità che non è impoverimento ma condizione stessa di accoglienza. Il pensiero teologico moderno Modulo 3 15 1.3. Il Dio trinitario Il fondamento ultimo della natura dialogica è naturalmente il Dio trinitario, che è dialogo nella sia identità più profonda. Se non fosse per il rischio di cadere nella retorica, si potrebbe affermare che, in un quadro trinitario, in principio è il dialogo: non si tratta cioè di qualcosa di derivato, ma dell’arché, dell’origine. Naturalmente quello trinitario non è un dialogo qualsiasi, ma dialogo che scaturisce dalla koinonia-comunione delle Persone. Qui ha il suo relativo diritto l’idea oggi enfatizzata in ambito ecumenico della koinonia-comunione trinitaria come fondamento della comunione nelle chiese e tra le chiese iv: essa aiuta a cogliere il dato centrale per cui il dialogo non è in quanto tale indice di inadeguatezza nel rapporto con la verità, ma anche la verità escatologica sarà dialogo, perché tale è la verità protologica, originaria (trinitaria, appunto). Occorre però ribadire che quello dell’analogia trinitaria è un diritto relativo: quella nelle chiese e tra le chiese può sempre e solo essere comunione imperfetta di comunità in cammino e un ricorso disinvolto dell’immaginario trinitario rischia di farlo dimenticare. 2. L’obiettivo del dialogo ecumenico L’ecumenismo vuole l’unità della chiesa e la comunione delle chiese, nulla meno. Che cosa dobbiamo intendere con ciò? 2.1. Unità non è … Quanto abbiamo detto sul rapporto ecclesiale con la verità ci aiuta a chiarire anzitutto che cosa non dobbiamo intendere per unità della chiesa. Unità non può essere la pura e semplice conversione di una chiesa all’altra, l’assolutizzazione di un modo di essere chiesa, implicitamente o esplicitamente identificato con l’una sancta. 2.1.1. …“ritorno all’ovile” Ciò indica la necessità di abbandonare una volta per tutte l’idea dell’unità come “ritorno all’ovile”. Com’è noto essa ha costituito per secoli il “progetto ecumenico”, se così si può dire, del cattolicesimo romano, il quale affermava di Il pensiero teologico moderno Modulo 3 16 attendere fiduciosamente il ritorno dei “fratelli separati” nell’unità già data nella comunione romana, cum Petro e sub Petro. Oggi Roma si esprime in termini diversi, ma la è necessario verificare fino a che punto l’evoluzione riguardi la sostanza della sua proposta e non solo il modo di formularla. Nella misura in cui il magistero romano propone il papato come “perpetuo e visibile fondamento dell’unità”v esso rischia di legittimare il sospetto che nulla sia innovato per quanto riguarda l’essenzialevi. Quella intorno al papato può solo essere un’unità “romana”. In una prospettiva ecumenica il papato può avere un ruolo confessionale, come espressione dell’autorità di una delle grandi famiglie cristiane, ma difficilmente può essere inteso come struttura al servizio della comunione universale. Qui si situa l’impasse dell’intero movimento ecumenico: mentre le chiese evangeliche si concepiscono come espressioni confessionali dell’unità cristiana, Roma si comprende come unica espressione in se stessa ecumenica della cristianitàvii. In un simile quadro il card. Ratzinger può anche adottare espressioni ecumeniche come “diversità riconciliata” senza con ciò modificare significativamente il punto di vista della propria tradizione viii. 2.1.2. … unità organica Più in generale l’idea che vede l’unità della chiesa come sviluppo di una struttura unitaria, entro la quale vadano a collocarsi le diverse tradizioni (modello dell’“unità organica”), dovrebbe essere abbandonata. In fondo essa è legata al presupposto in base al quale la parzialità prospettica del rapporto con la verità può essere superata mediante sommatoria o integrazione. Ciò non significa, naturalmente, che il movimento ecumenico non debba porsi il problema di una struttura rappresentativa dell’unità cristiana, non solo per motivi pratici, ma anche come segno del fatto che l’unità non riguarda solo la chiesa invisibile. Il ministero di unità, tuttavia, non va necessariamente pensato come vertice di una superchiesa che integri organicamente le confessioni, ma può anche essere un centro di coordinamento di chiese che restano diverse e autonome. Va detto comunque che porre questo tema sistematicamente al primo posto nelle riflessioni sull’unità sembra essere indice di più di una fissazione che di un’effettiva priorità. 2.2. Comunione conciliare – diversità riconciliata Il pensiero teologico moderno Modulo 3 17 Una visione dell’unità che tenga conto di quanto abbiamo fin qui esposto e soprattutto del cammino compiuto dal movimento ecumenico può essere sintetizzata, con il Sinodo 1998 delle Chiese valdesi e metodisteix, nelle due nozioni di comunione conciliare e diversità riconciliata. La prima viene definita con le parole utilizzate in altro contesto dall’Assemblea di fede e Costituzione di Salamanca 1973: “La chiesa una deve essere vista come una comunione conciliare di chiese locali, che sono esse stesse realmente unite. In questa comunione conciliare ogni chiesa locale possiede, in comunione con le altre, la pienezza della cattolicità, testimonia della stessa fede apostolica e perciò riconosce le altre come appartenenti alla stessa chiesa di cristo e come guidate dallo stesso Spirito”. Per quanto riguarda la diversità riconciliata, il Sinodo afferma che “il cristianesimo è apparso sul palcoscenico della storia, nel secolo apostolico, non in un’unica forma di chiesa uguale dappertutto, ma in una pluralità di forme di chiesa che costituisce uno dei tratti salienti e originali del fenomeno. La diversità non è dunque un dato tardivo, che in un secondo momento è venuto a incrinare o scomporre un ipotetico quadro uniforme delle origini ma, al contrario, è un dato presente fin dai primi giorni, che ha caratterizzato come costitutivamente pluriforrme l’unità cristiana. Unità della chiesa e diversità delle sue forme istituzionali sono dunque contemporanee come caratteristiche della chiesa universale (notae ecclesiae). Come lo Spirito Santo è unico ma dà luogo a “diversità di doni”(I Corinzi 12,4), così la Chiesa di Gesù Cristo è una e pluriforme, non uniforme”. Va da sé che, in questa visione, le diverse chiese non sussistono semplicemente le une accanto alle altre, ma vivono la ricerca della verità in quel clima di dialogo, caratterizzato in senso forte, che abbiamo delineato in precedenza. Il cammino verso un simile obiettivo può sembrare talmente arduo da far apparire irrealistico l’obiettivo stesso. A parte il fatto che, parafrasando l’apostolo, esiste un’utopia di Dio che è più realistica degli uomini (e delle donne), vale la pena di ricordare che il cammino percorso nell’ultimo secolo è stato, per dirla in modo sobrio, notevole. Il modello di unità che abbiamo delineato non esiste solo sulla carta, ma è stato tradotto in realtà, per quanto riguarda le chiese luterane, riformate, unite e poi metodiste d’Europa dalla Concordia di Leuenbergx, che a sua volta ha stimolato percorsi analoghi negli Stati Uniti e nuovi processi ecumenici in Europa xi. E’ vero che le sirene di qualche forma più o meno riveduta e corretta di “unità organica” centrata su Roma continuano Il pensiero teologico moderno Modulo 3 ad esercitare un fascino pericoloso per 18 l’ecumenismo e questo rende incerto il futuro che, oggi come oggi, possiamo ragionevolmente provare a immaginare ma appunto, non è detto che la ragionevolezza ecclesiastica costituisca un criterio adeguato alla speranza ecumenica. i Protestanti: il cattolicesimo romano non si è lasciato turbare nella sua coscienza di incarnare l’unità fino a tempi molto recenti e anche qui, come si vedrà, il discorso va articolato. ii Cfr. S. ROSTAGNO, “Verità pleromatica e pluralismo”, Protestantesimo 52 (1997), 140-154. iii Cfr., sotto, le conseguenze ecclesiologiche di una prospettiva del genere. iv Cfr. ad es. TH. F. BEST – G. GASSMANN (Edd.), On the Way to Fuller Koinonia, Official Report of the Fifth World Conference on Faith and Order (Santiago de Compostela, 1993), Geneva, WCC, Publications, 1994. v Lumen Gentium, n. 23, ripresa dall’Ut unum sint, n. 88. vi Cfr. in proposito le osservazioni del SINODO 1995 DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE, “Il papato e l’ecumenismo”, Protestantesimo 59 (1995), 241-245. vii Lascio qui da parte il problema dell’autocomprensione dell’Ortodossia. viii Cfr. ad es. J.RATZINGER-P.RICCA, “Ecumenismo, papato, testimonianza cristiana”, Protestantesimo 48 (1993), 118-129. ix Sinodo 1998 delle Chiese evangeliche valdesi e metodiste, L’ecumenismo e il dialogo interreligioso, Torino, Claudiana, 1998, n. 48. x “Concordia tra le chiese luterane, riformate ed altre in Europa”, in Raccolta delle discipline vigenti nell’ordinamento valdese, Torino, Claudiana, 1983, 35-47. Sul significato ecumenico della vicenda di Leuenberg mi permetto di rinviare al mio breve saggio “Protestantesimo come progetto ecumenico: la Comunione di Leuenberg”, premesso all’edizione italina del testo leuenberghese La chiesa di Gesù Cristo. Il contributo delle chiese della Riforma al dialogo ecumenico sull’unità della chiesa. La Concordia di Leuenberg, Torino, Claudiana, 1996, 5-17. xi Alludo in particolare ai dialoghi che hanno portato le chiese dell’Evangelische Kirche in Deutschlandi e la Chiesa anglicana a sottoscrivere la Dichiarazione di Meissen (“Verso l’unità visibile”, in G. CERETI-J.F. PUGLISI (edd.), Enchiridion Oecumenicum, 4: Dialoghi Locali 1988-1994, Dehoniane, Bologna, 1996, 117-132); e le chiese luterane dei paesi nordici e la chiesa d’Inghilterra a elaborare il documento di Porvoo (“Verso una maggiore unità”, Enchiridion 4, cit., 133-135), entrambi dichiarazioni di comunione ecclesiale. Cfr. W. HÜFFMEIER – C. PODMORE, Leuenberg, Meissen and Porvoo, Frankfurt a.M., Lembeck, 1996; P. RICCA, “Leuenberg-Meissen-Porvoo”, Protestantesimo 50 (1995), 236-240. Il pensiero teologico moderno Modulo 3 19