Capitolo 7. L'empirismo inglese
Di cosa parleremo
Tra Seicento e Settecento in Inghilterra si fa largo l’empirismo, una corrente
filosofica concentrata intorno agli studi di Locke, Berkeley e Hume.
Il punto di partenza di tale corrente filosofica è la critica al razionalismo
di stampo cristiano che sosteneva l’esistenza di informazioni aprioristiche nella mente umana, a favore di una conoscenza basata sull’esperienza.
L’esperienza diventa anche il metro con cui si verificano gli assunti della
ragione, che non è più considerata una facoltà perfetta e infallibile.
Il potere della ragione viene dunque sottoposto alla verifica empirica,
in netta opposizione al razionalismo, che sosteneva invece l’autonomia
conoscitiva dell’intelletto dall’esperienza. Escludendo dalla sua indagine tutto ciò che sfugge alle possibilità esperenziali dell’uomo, l’empirismo si pone in maniera critica verso la metafisica, anticipando concetti
che saranno poi sviluppati dall’illuminismo. Dal punto di vista politico,
l’empirismo risente dell’influenza della rivoluzione inglese del 1688 che,
portando al trono Guglielmo d’Orange, apre la strada alla prima monarchia parlamentare della storia. All’indomani del suo insediamento,
infatti, il sovrano firma il Bill of Right, un documento in cui accorda al
Parlamento pieni poteri di legiferare, concedendo di fatto il riconoscimento della sovranità popolare. Locke si fa portavoce di queste istanze,
ribadendo nelle sue opere l’auspicio che la sovranità resti al popolo e
non si alieni nel sovrano.
L’empirismo inglese nasce come reazione alle dottrine filosofiche
basate sulla ragione e sulla geometria (sovente di Cartesio, Spinoza e
Leibniz) e conferisce notevole rilievo ai sensi e all’esperienza nella
formulazione di costrutti teorici.
105
7. L'empirismo inglese
1) Caratteri generali dell'empirismo
Per gli empiristi, infatti, alla base della conoscenza c’è l’esperienza, sia per quanto concerne l’apprendimento, sia come strumento di
verifica delle informazioni acquisite.
Vengono, così, rifiutate le teorie innatiste che postulavano, nell’uomo, l’esistenza di conoscenze pregresse; gli orizzonti conoscitivi
dell'empirismo restano rigorosamente circoscritti nell’ambito delle
sue possibilità esperenziali. Non esiste, perciò, alcun nucleo di verità
ab origine: le nozioni di cui l’uomo progressivamente si appropria si
basano esclusivamente sull’esperienza.
Riferirsi alla sola realtà terrena e subordinare l'indagine metafisica
all'esperienza è la “bandiera” dell'empirismo, che anticipa per tanti
versi il pensiero illuminista.
2) John Locke
7. L'empirismo inglese
Vita e opere
John Locke nacque a Wrington, presso Bristol, nel 1632. Studiò all’Università di
Oxford, dove, a partire dal 1660, insegnò greco e retorica e, dal 1664 ebbe una vita
molto attiva interessandosi di politica, diplomazia, medicina, scienze e questioni
religiose e, tra l'altro, svolse l’incarico di censore di Filosofia morale. Nel 1667
si trasferì a Londra per svolgere le mansioni di segretario di Lord Ashley, che in
seguito sarebbe diventato cancelliere. Locke entrò così in politica, dove rimase
dal 1675 al 1680. Tornò poi in Inghilterra, ma quando Shaftesbury fu accusato di
tradimento e dovette allontanarsi dal Paese, anche Locke fu costretto a rifugiarsi
in Olanda. La vittoria di Guglielmo d’Orange rese possibile il ritorno in patria
di Locke, che nel 1691 si ritirò nell’Essex, dove visse come ospite della famiglia
Masham. Morì nel 1704.
L’opera principale di Locke è il Saggio sull’intelletto umano, pubblicata solo nel
1690, ma la cui redazione durò circa vent’anni. Altre opere sono l’Epistola sulla
tolleranza, pubblicata nel 1689; i due Trattati sul governo, pubblicati nel 1690 e
i Pensieri sull’educazione nel 1693; nel 1695 uscì La ragionevolezza del cristianesimo. Postumi furono pubblicati alcuni scritti tra cui un ampio commento alle
epistole di San Paolo e la Guida dell’intelligenza.
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Le idee. Il punto di partenza della filoso- Innatismo: dottrina che ritiene
fia di Locke è l’opposizione all’innatismo*. che nell’intelletto umano siano
presenti idee e principi antePer il filosofo inglese (sulla scia di Aristotele) riori all’esperienza come, ad
la mente dell'uomo, alla nascita, è tabula esempio, l'idea di Dio, la verità
rasa in qua nihus est scriptum e, infatti, le della matematica, ecc. Fanno
idee* si formano sulla base dell’esperienza, parte di questo insieme, tra le
altre, le reminiscenze.
che può essere rivolta verso l’esterno, e dun- Idea: nella filosofia di Platone,
que si concretizza nella sensazione, o verso il termine assume una valenza
se stessi e le proprie emozioni, e in tal caso metafisica in quanto indica
un’essenza. In età modersi tratta di riflessione. La mente umana, na, esso denota il contenuto
nella quale gradatamente si sedimentano dell’intelletto umano. Per
le conoscenze tramite le esperienze, sfrut- Locke, idea è qualsiasi cosa
sia oggetto di intelligenza,
ta due fonti di informazioni: una esterna, che
ossia ciò che impegna la menderivante dai sensi, e l’altra basata sulle te dell’uomo quando pensa.
percezioni interiori, che sono trasmesse alla
ragione mediante la riflessione. Questo doppio canale di ricezione di
informazioni fa in modo che la mente elabori innanzitutto delle idee
semplici, vale a dire concetti chiari e immediati, che non richiedono
ulteriori ragionamenti per essere compresi.
Le idee semplici che derivano direttamente dai sensi sono i colori,
gli odori, i suoni, mentre tra quelle che pervengono dalla riflessione
figurano il timore, il credere, il dubitare ecc.
— Alla categoria del modo appartengono idee quali lo spazio (nato
dall’associazione delle percezioni delle distanze), l’idea del tempo
(prodotta delle idee semplici della durata) e l’idea di infinito (insieme di percezioni di numeri ed entità senza fine).
— La sostanza è l’idea complessa che nasce dall’associazione di
percezioni che si presentano sempre insieme (es. le percezioni
congiunte del colore dominante bianco, del becco giallo e del collo
lungo fanno nascere nell’uomo l’idea complessa dell’anatra).
— La relazione, infine, costituisce la percezione di un legame di
identità o di causalità tra determinati fenomeni (l’individuo arriva
107
7. L'empirismo inglese
In una fase successiva, l’intelletto associa tra loro le idee semplici
e dà forma alle idee complesse, che per Locke appartengono a tre
categorie: il modo, la sostanza, la relazione:
all’idea dell’anima assemblando una serie di esperienze interne
che gli comunicano l’esistenza di una sua identità; la causalità è
legata ai fenomeni esterni che si presentano sempre in relazione
tra loro, come, ad esempio, il calore e l’ebollizione).
Leggere i testi
7. L'empirismo inglese
Se si considerasse bene quali sono le capacità del nostro intelletto, e si scoprisse
di conseguenza l’estensione della nostra conoscenza e si trovasse l’orizzonte che
segna i confini tra la parte luminosa e quella oscura delle cose, — tra ciò che è
comprensibile per noi e ciò che non lo è —, allora gli uomini potrebbero, forse con
minore scrupolo, da un lato acquietarsi nel riconoscimento della propria ignoranza
e dall’altro far uso dei loro pensieri e dei loro discorsi con maggiore vantaggio e
soddisfazione.
Da Saggio sull’intelletto umano
Il linguaggio. Le idee rappresentano i segni con cui l'intelletto
rappresenta la realtà e si esprimono attraverso il linguaggio: la
“parola” nasce per indicare l’“idea” che l’uomo ha delle cose che
lo circondano.
In una prima fase storica, gli uomini comunicavano mediante suoni. Successivamente sono passati a riunire le molteplici idee elaborate
intorno agli oggetti e a rappresentarle attraverso le parole.
La parola, quindi, è per Locke un segno convenzionale che sta
per un’idea.
L’insieme dei segni utilizzati per trasmettere le idee costituisce il
linguaggio.
Le idee generali, al contrario delle idee semplici, sono anch’esse
dei segni in quanto sono il risultato di un processo di astrazione che
l’individuo fa rispetto agli eventi, raggruppandoli in base ai tratti comuni.
Considerando, per esempio, un bianco, un nero e un mulatto nei loro
tratti comuni (escludendo quindi le differenze individuali come l’altezza,
i dettagli somatici, il colore della pelle derivante dalle idee semplici) si
arriva a formulare l’idea generale di uomo, a cui corrisponde, in ambito
linguistico, il termine “uomo”.
L’intero processo della conoscenza avviene, secondo Locke, mediante la continua elaborazione (percezione) che l’essere umano
108
ha delle idee, ponendole, di volta in volta in base alla sua esperienza,
in rapporto di accordo o disaccordo reciproco.
Il problema della conoscenza. La percezione, che nasce dall'accordo-disaccordo delle idee e che porta alla conoscenza, più in
dettaglio, può essere:
— intuitiva: se deriva da idee semplici (come il colore, il suono, etc.) sullo
stesso oggetto che non richiedono dimostrazione né confronto con altre
idee, né inducono in errore (così, se una cosa è bianca non è nera);
— domostrativa: se eventuali accordi e disaccordi fra le idee sono
frutto di diverse percezioni ed elaborazioni che derivano da idee
complesse (come il credere e il dubitare) e che presuppongono un
ragionamento che, però, può indurci in errore;
— sensibile: se le idee derivano dalla conoscenza di cose che sono al
di fuori di noi come rappresentazioni astratte della realtà e in cui
rientrano la matematica e la morale, ma non la fisica, perchè le
idee sui corpi possono essere divergenti.
L'accordo-disaccordo può assumere tre diverse forme:
— identità-differenza: se una cosa è bianca non è nera;
— relazione: così il fuoco genera calore;
— coesistenza: l'argento ha il colore grigio, lo zolfo è giallo, etc.
La politica. Importante è la riflessione politica del filosofo britannico.
Lo Stato di Locke, così come delineato nei due Trattati sul Governo
(1690) si basa sulla sovranità dei cittadini, riuniti in una società a
regime democratico.
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7. L'empirismo inglese
L'esistenza di Dio. Per quanto riguarda l’esistenza di Dio (ritenuto
causa prima di tutte le cose), non dimostrabile mediante l’esperienza, Locke ricorre al principio secondo il quale “dal nulla niente si
genera”. Ciò significa che, andando a ritroso nell’origine dei fenomeni
naturali, non si può procedere all’infinito, per cui bisogna ammettere
l’esistenza di un essere assoluto ed eterno che ha dato inizio a ogni
cosa. Dio quindi esiste, e la sua esistenza è dimostrata dai prodotti
della sua azione creatrice.
A fondamento della sua teoria politica ci sono il diritto naturale
e il contratto sociale. Lo Stato può considerarsi “legittimo” solo se
si fonda su questi due principi, in particolare: il diritto naturale si
basa sulla natura dell’uomo che, in quanto razionale, induce al rispetto
dell’altro, dei suoi diritti, delle sue proprietà e della sua libertà:
7. L'empirismo inglese
“Lo stato di natura è governato dalla legge di natura, che obbliga
tutti e la ragione, ch’è questa legge, insegna a tutti gli uomini, purché vogliano consultarla, che, essendo tutti eguali e indipendenti,
nessuno deve recar danno ad altri nella vita, nella salute, nella
libertà o nei possessi”.
Il contratto sociale. Deriva dal consenso collettivo e costituisce
un accordo tra cittadini che ricalca i principi del diritto naturale e
serve a promuovere il benessere della comunità senza ledere i diritti
dei singoli.
Nel formare una società, quindi, i membri sottoscrivono un patto in
cui si impegnano a rispettare i principi dettati dalla ragione, improntati
al rispetto reciproco a garanzia di una civile e pacifica convivenza.
La sua concezione dello Stato, inteso
Liberalismo: corrente filosocome garante dei diritti fondamentali
fica che attribuisce all’uomo
dell’uomo, fa di John Locke il padre del lidiritti originari e inalienabili,
beralismo* moderno in cui, il potere supretanto da porre la libertà individuale come prioritaria
mo è quello legislativo che è un'attributo
sul potere dello Stato. Lo
incancellabile del popolo, che, a sua volta,
Stato deve tutelare tali diritti
lo delega ai suoi rappresentanti e al legislae fondarsi sul potere del
popolo, garantito dalla raptore riservandosi la facoltà di rimuoverli se
presentanza parlamentare e
costoro dovessero disattendere la volontà
dalla divisione dei poteri.
della collettività che li ha eletti.
Al potere legislativo sono subordinati quello esecutivo, rappresentato
dal sovrano, e quello federativo, deputato alla politica estera. La teoria
politica di Locke è centrata sulla divisione dei poteri e rappresenta un
contributo fondamentale alle posizioni democratiche assunte da filosofi
e teorici del Settecento.
110
La tolleranza. Un’altra caratteristica dello Stato di Locke è la tutela
della libertà religiosa, considerata un diritto fondamentale degli
individui.
Lo Stato non può ingerire nelle questioni religiose ma deve essere
tollerante, vale a dire non imporre né impedire l'esercizio di nessun
culto, ma limitarsi a regolamentare la vita civile dei cittadini.
“Se un cattolico romano crede che sia veramente il corpo di Cristo
ciò che un altro chiamerebbe pane non arreca nessun torto al suo
concittadino. Se un ebreo non crede che il Nuovo Testamento sia
parola di Dio non per questo altera i diritti civili. Se un pagano non
crede né nell’uno ne nell’altro Testamento non per questo deve
essere punito come cittadino disonesto. Si creda o non si creda in
queste cose, il potere del magistrato e i beni dei cittadini possono
restar salvi ugualmente”. (Epistola sulla tolleranza, 1689).
La ragione umana, dunque, si esprime anche nel concetto di
fede: la religione deve essere liberata dal fanatismo e dall’irrazionalità
e limitarsi a predicare quelle verità non in contrasto con la ragione, la
morale e il buon senso.
Del cristianesimo Locke recupera il suo nucleo essenziale, quello
relativo al ruolo salvifico di Gesù in quanto messia inviato da Dio, e
in nome del quale il cristiano può operare per il bene in vista della
remissione dei peccati.
Tutto ciò che attiene alla superstizione e all’irrazionalità deve essere
rifiutato nettamente in quanto causa di persecuzioni e fanatismi che ledono la libertà umana e minano la pacifica convivenza. Infatti la maggior
parte delle guerre del suo tempo furono scatenate da motivi religiosi.
Con Cartesio: per Locke, a differenza di Cartesio, la ragione umana deve trarre necessariamente
dall’esterno i concetti e le idee. Non esistono quindi idee innate e indipendenti dai dati acquisiti
dall’esperienza.
Con Hobbes: secondo Hobbes il patto che i sudditi sottoscrivono per delegare tutti i poteri al Leviatano
è unilaterale, perché non vincola il sovrano, ma solo i cittadini. Il contratto di Locke, invece, vincola
sia cittadini che sovrano al rispetto delle leggi e dei principi del diritto.
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7. L'empirismo inglese
Paralleli & confronti
Leggere i testi
L’uomo nello stato di natura è così libero come s’è detto, se egli è signore assoluto
della propria persona e dei propri possessi, eguale al maggiore e soggetto a nessuno,
perché vuol disfarsi della propria libertà? Perché vuol rinunciare a questo impero e
assoggettarsi al dominio e al controllo di un altro potere? Al che è ovvio rispondere
che sebbene allo stato di natura egli abbia tale diritto, tuttavia il godimento di
esso è molto incerto e continuamente esposto alla violazione da parte di altri,
perché, essendo tutti re al pari di lui, ed ognuno eguale a lui, e non essendo, i più,
stretti osservanti dell’equità e della giustizia, il godimento della proprietà ch’egli
ha è in questa condizione molto incerto e malsicuro. Il che lo rende desideroso di
abbandonare una condizione che, per quanto libera, è piena di timori e di continui
pericoli, e non è senza ragione ch’egli cerca e desidera unirsi in società con altri
che già sono riuniti, o hanno intenzione di riunirsi, per la mutua conservazione
delle loro vite, libertà e averi, cose ch’io denomino, con termine generale, proprietà.
Da Secondo trattato sul governo
3) David Hume
Vita e opere
7. L'empirismo inglese
David Hume (1711-1776) studiò a Edimburgo avvocatura, ma smise per seguire la
sua passione per la filosofia e per le discipline umanistiche che lo portò a iniziare
i due volumi del suo primo lavoro, il Trattato sulla natura umana (1739) cui
seguirono i Saggi morali e politici (1741) opere nelle quali sviluppò “una nuova
scienza della natura” in grado di produrre un rinnovamento della morale umana
(Stelli). Seguirono altre opere: la Ricerca sull’intelletto umano (1748) e la Ricerca
sui principi della morale (1751), confluite nella più ampia opera Saggi e trattati su
vari soggetti. La sua opera più nota è Discorsi politici (1752). Scrisse poi la Storia
d’Inghilterra (1754), Quattro dissertazioni (1757) e il testo, pubblicato postumo,
dal titolo Dialoghi sulla religione naturale (1779). Malgrado la sua notevole produzione scientifica per l'opposizione della classe anglicana non conseguì mai una
cattedra universitaria. Fece solo una breve esperienza diplomatica come segretario
d'ambasciata in Francia e di Governo.
Il filosofo scozzese si concentra sulla scienza dell'uomo che è al
centro di tutti i saperi, affermando che l'esperienza e l'osservazione
costituiscono le uniche basi della scienza.
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Il problema della conoscenza: percezioni, impressioni, idee. Hume
critica Cartesio perché il concetto di io pensante non regge alla prova
dell’esperienza, che è il metro di giudizio di ogni conoscenza. L’esistenza della res cogitans, non potendo essere provata scientificamente,
resta una pura supposizione, per cui occorre un altro percorso logico
su cui fondare i concetti di io e di coscienza.
Secondo Hume, la coscienza può essere definita come un fascio
di percezioni che si susseguono:
“La mente è una sorta di teatro, ove compaiono successivamente
le varie percezioni, che passano, ripassano, escono e si mescolano
in una infinita varietà di atteggiamenti e situazioni”.
Le percezioni si dividono in: impressioni e idee: in particolare,
le impressioni colpiscono immediatamente la mente, nel momento
stesso in cui i sensi “raccolgono” dati dal mondo esterno; le idee sono,
invece, forme più deboli di conoscenza derivante dalle impressioni
che conserviamo nella memoria e che sono frutto anche della nostra
fantasia; l’idea del gusto di un frutto, ad esempio, deriva dal ricordo
dell’impressione sensoriale del suo sapore.
Le percezioni rappresentano, dunque, l’unico ambito all’interno
del quale può muoversi la conoscenza umana; nessuna idea è possibile
al di fuori di ciò che l’individuo acquisisce mediante le percezioni e,
pertanto, nessuna idea può essere considerata valida se non sapremo
ritrovare la percezione da cui scaturisce.
Il nesso causa-effetto e l'abitudine. Hume sostiene che i legami di
causalità tra le idee sono frutto dell’abitudine dell’uomo. Le deduzioni mentali che, a partire da esperienze già acquisite, attribuiscono una
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7. L'empirismo inglese
Hume porta alle estreme conseguenze questa teoria, arrivando a
negare sia l’esistenza dell’anima umana sia la possibilità che esistano
in natura delle sostanze materiali che prescindano dalle percezioni
dell’uomo. Sia l’anima che gli oggetti esterni, dunque, non sono
altro che un flusso di percezioni.
causa ad un fenomeno noto dipendono esclusivamente dall’abitudine
dell’uomo a stabilire dei rapporti tra le cose.
L’abitudine, in particolare: porta a trasformare delle semplici successioni di fatti in connessioni causali, secondo una consuetudine
(che Hume definisce belief) che spinge ciascuno alla errata convinzione
che il futuro debba essere sempre conforme al passato, con cause che
portano sempre agli stessi effetti.
7. L'empirismo inglese
“Noi non possiamo addurre alcuna ragione per estendere al futuro
la nostra esperienza del passato, ma siamo completamente determinati dall’abitudine nel concepire che un effetto tien dietro alla
sua causa usuale”.
Il senso morale: la simpatia e l'utilità sociale. Per Hume la virtù e
il bene non dipendono, come affermava Socrate, dalla sapienza, in
quanto la ragione è dominata dalle passioni che, con la loro forza,
alterano le capacità di valutazione dell’uomo.
Il bene e il male sono, invece, in relazione con il contingente piacere o il dispiacere che le azioni arrecano a se stessi e agli altri e sono
guidate da un senso morale, la cui molla è la simpatia. Quest'ultima
è un’attitudine naturale della mente a compatire i sentimenti degli
altri, in nome della radice comune degli stati d’animo di cui è capace
la natura umana.
Tale sentimento spinge a compiere azioni che siano vantaggiose
anche per gli altri (interesse collettivo, utilità sociale), in modo da
trarre gratificazione dal loro piacere.
La simpatia, dunque, è una sorta di sentimento empatico che,
istintivamente, porta gli individui a risentire delle vicende altrui sebbene
non ne siano direttamente coinvolti.
Per Hume, dunque, si può definire quindi morale o immorale
un’azione a seconda che alimenti l’armonia o fomenti il conflitto tra
l’interesse individuale e il bene collettivo, per il raggiungimento della
comune utilità sociale.
La critica alla religione. La posizione moderna assunta da Hume
rispetto alla religione è espressa nelle opere Ricerca sull’intelletto uma114
no, Storia naturale della religione e Dialoghi sulla religione naturale
nelle quali il filosofo scozzese sostiene che Dio non è dimostrabile in
base all'esperienza, ma solo con argomenti di carattere logico. Hume si
concentra soprattutto sulla critica all’irrazionalità delle credenze e delle
pratiche religiose che, attraverso i miracoli, i misteri e i riti, esprimono i
timori e le passioni dell’uomo fin dalle sue origini. Di fronte a ciò che
risulta incomprensibile, gli uomini si sono affidati da sempre a entità
supreme, fossero esse gli dei del politeismo o il dio dei cristiani, per
arginare le proprie paure. Hume non entra nel merito delle singole
religioni, ma ritiene importante tracciare una Storia universale delle
religioni per mettere in evidenza le problematiche e le contraddizioni
relative a ciascuna di esse.
La difesa del diritto positivo. Hume ritiene che il diritto naturale sia
basato su concetti e ideali troppo distanti dalla realtà in cui l’uomo si
trova a vivere. Al giusnaturalismo, tacciato di astrattezza, Hume preferisce il diritto positivo, espressione concreta della realtà storica e
dell’ordine giuridico di una determinata società.
La giustizia deve mirare a far raggiungere la massima utilità sociale, a partire dal rispetto della proprietà privata. Lo Stato quindi
deve salvaguardare gli interessi di ciascuno, cominciando dalla tutela
della proprietà.
Nella sua opera politica “Il contratto originario” Hume, ricorrendo
all'analisi storica, riconosce due grandi orientamenti politici: la giustificazione divina del potere e il contratto sociale, che però non sono
sempre riferibili alla realtà dei singoli ordinamenti; l'origine divina del
potere è pericolosa perché potrebbe giustificare anche la presenza di
un governo tirannico, e il contratto sociale può anche non essere mai
stipulato su uno Stato si autoafferma attraverso una rivoluzione.
115
7. L'empirismo inglese
“Le nostre idee non oltrepassano la nostra esperienza; noi non
abbiamo esperienza delle operazioni e degli attributi di Dio; non
ho bisogno di concludere il mio sillogismo e potete ricavare voi
stesso la conclusione”.
Paralleli & confronti
Con Newton: Newton studia i fenomeni naturali attenendosi rigorosamente ai dati evinti dall’esperienza.
Hume applica lo stesso metodo alle questioni morali e a quelle relative al problema della conoscenza.
Con Kant: nella Critica della ragion pura Kant afferma che Hume gli ha permesso di “svegliarsi dal
sonno dogmatico”, consentendogli di mettere in discussione la pretesa del razionalismo di fondare
sulle evidenze tutto il sapere filosofico.
Con Hobbes: per l'autore del leviatano era l'egoismo a spingere l'uomo a “rifugiarsi nello Stato”, per Hume
invece è la simpatia attraverso il quale l'uomo crea le istituzioni e lega il rpoprio benessere all'utilità sociale.
Leggere i testi
Nessuna qualità ha maggiori titoli per essere in generale accolta e approvata dall’umanità quanto lo spirito di benevolenza e di umanità, di amicizia e di gratitudine, l’affezione naturale e il desiderio del pubblico bene, o qualunque altra qualità che derivi
da una tenera simpatia per gli altri e da un generoso interesse per il genere umano.
Da Ricerca sulla morale
4) Il nominalismo di Berkeley
Vita e opere
7. L'empirismo inglese
Il filosofo empirista irlandese George Berkeley (1685-1753) studia al Trinity College
di Dublino e si laurea nel 1707, dove insegna teologia, greco ed ebraico. Ha numerosi
contatti in Inghilterra con Jonathan Swift (l'autore dei viaggi di Gulliver) e nel
1714 si trasferisce in Italia. Al suo ritorno in patria, egli propone al Parlamento
inglese un progetto per educare alla religione cristiana gli abitanti delle colonie
inglesi che, però, per mancanza di fondi non vedrà mai la luce. Nominato vescovo
in Inghilterra, muore nel 1753 a Oxford.
Berkeley critica le idee astratte e si rifà al nominalismo, una
corrente filosofica che nega l’esistenza dei concetti generali e astratti,
sostenendo che solo le idee particolari hanno consistenza reale.
Secondo Berkeley, l’uomo attribuisce alle idee particolari carattere
universale, in quanto la mente non è in grado di formarsi delle idee
astratte. Anche quando l’individuo pensa un concetto generale, in realtà
non riesce ad astrarlo dalle sue caratteristiche particolari: se si pensa alla
grandezza, o al colore, lo si fa sempre in relazione ad un dato oggetto
che presenta quelle caratteristiche. Per il filosofo irlandese, dunque, non
116
è pensabile alcuna idea astratta che prescinda dai dati particolari con
cui l’uomo è entrato in contatto: le idee astratte, dunque, sono semplicemente dei “nomi” dei “contenitori funzionali” della mente dell'uomo.
Nel Trattato sui principi della conoscenza umana (1710) Berkeley
si propone di individuare i principali errori in cui incorre la conoscenza, e tra questi c’è l’illusione che gli oggetti abbiamo una consistenza
propria, autonoma dalla percezione dell’uomo:
“L’esse delle cose è un percipi, e non può essere che esse possano
avere una qualunque esistenza fuori dalle menti o dalle cose pensanti che le percepiscono”.
Gli oggetti non pensanti non possono esistere: così come le idee
astratte, anche gli oggetti materiali non hanno alcuna consistenza fuori
dal campo percettivo dell’individuo; nulla può esistere al di là della
percezione. Berkeley è noto come il filosofo dell'immaterialismo,
teoria che afferma che non esiste nulla al di “fuori dell'uomo”.
Dal momento che la realtà materiale non ha consistenza al di fuori
dello spirito, le idee dell’uomo non possono nascere dal mondo esterno. Per Berkeley, infatti, esse provengono da Dio: quello che l’uomo
percepisce come realtà materiale non è altro che l’insieme delle idee
che Dio ha impresso nella natura umana.
Dio, comunque, costituisce una realtà spirituale che si manifesta come:
— spirito finito: che l'individuo recepisce e percepisce in maniera
passiva;
— spirito infinito: che invia allo spirito finito le idee percepite.
Oltre a questa grande varietà di idee o di oggetti della conoscenza, c’è anche un
qualche cosa che li conosce e li percepisce, e compie su di essi diverse operazioni,
come per esempio il percepire, l’immaginare, il ricordare. Questo essere che percepisce ed è attivo io lo chiamo mente, spirito, anima o anche me stesso. Con
queste parole non intendo designare nessuna delle mie idee, ma una cosa che è
del tutto distinta dalle idee e nella quale le idee esistono, o dalla quale le idee
vengono percepite; infatti l’esistenza di un’idea consiste nel suo venir percepita.
Da Trattato sui principi della conoscenza umana
117
7. L'empirismo inglese
Leggere i testi
Test di verifica
1) Con la Scienza nuova Vico intende:
❏
❏
❏
❏
❏
a) ipotesi
b) fede
c) intuito
d) ragione
e) esperienza
2) Le idee di sensazione di Locke derivano:
❏
❏
❏
❏
❏
a) dal senso interno
b) dal senso esterno
c) dal ragionamento
d) dall’intuizione
e) dalla ragione
3) Per Locke la causalità è:
❏
❏
❏
❏
❏
a) un’idea
b) un’idea
c) un’idea
d) un’idea
e) un’idea
della categoria di relazione
della categoria di modo
della categoria di sostanza
semplice
innata
4) La tolleranza di Locke rimanda al concetto di:
❏
❏
❏
❏
❏
a) Stato
b) Stato
c) Stato
d) Stato
e) Stato
assoluto
laico
cristiano
protestante
ateo
7. L'empirismo inglese
5) Per Hume, la casualità è:
❏ a) una relazione a priori
❏ b) un’idea innata
❏ c) un’idea astratta
118
❏ d) un’abitudine
❏ e) un’evidenza scientifica
6) Per Berkeley, tutto ciò che esiste è:
❏
❏
❏
❏
❏
a) idea
b) sostanza
c) intuizione
d) astrazione
e) materia
Soluzioni e commenti
7. L'empirismo inglese
1. Risposta: e). Secondo Locke la fonte delle idee è l’esperienza, che
è alla base di tutti i processi conoscitivi.
2. Risposta: b). Le idee di sensazione derivano dal senso esterno. Esse
sono relative alle percezioni dei colori, del calore, dei sapori ecc.
3. Risposta: a). Le idee di relazione nascono dal confronto di idee tra
cui si stabilisce un rapporto. Uno dei rapporti possibili è quello
di causa-effetto.
4. Risposta: b). Nella Lettera sulla tolleranza Locke afferma che la
fede non è competenza dello Stato, il quale deve occuparsi esclusivamente della vita civile dei cittadini.
5. Risposta: d). Per Hume il rapporto di causa-effetto non ha alcuna
evidenza scientifica. Esso è frutto dell’abitudine dell’uomo ad associare eventi che, di solito, si presentano l’uno come conseguenza
dell’altro. Tale abitudine crea erroneamente la credenza che tale
relazione si ripeta necessariamente anche in futuro.
6. Risposta: a). Per il filosofo irlandese tutto ciò che esiste è idea o
spirito. Nessun oggetto ha consistenza materiale, la realtà si risolve
nelle idee di colui che la percepisce.
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