Interpretazione semantica della chiesa di Santa Sofia in Benevento. L'Unesco nel 2011 ha dichiarato la chiesa di Santa Sofia in Benevento patrimonio dell'umanità. La chiesa fu costruita molto probabilmente nei due anni successivi all’elezione a duca di Arechi II1. Questi fu il duca che rifondò la prima città e rinnovò la seconda edificando la Civitas nova, il Sacrum palatium e appunto S. Sofia, tempio nazionale della gens Langobardorum, ad tutelam urbis, nonché sacrario della stirpe. Fu costruita con l’intenzione devozionale di ottenere la redenzione del fondatore e la salvezza della gens e della patria. Santa Sofia fu dedicata alla divina sapienza di Cristo, come l’analoga basilica costantinopolitana secondo l’attestazione (alla fine del IX) di Erchemperto2; fu anche il sacrario della stirpe, perché in essa vennero custodite le reliquie di S. Mercurio3 (che riposano sotto l’abside centrale) e dei XII Fratelli Martiri (che riposano in corrispondenza della cupola). Il monastero femminile annesso era retto dalla abatessa Gariperga, sorella di Arechi. La chiesa, ove il principe si recava abitualmente a pregare, presenta tre absidi nel muro ad andamento circolare che assume forma spezzata 1 È ormai certo che Arech i II s ia stato il suo fondatore. Per qualche anno la sua costru zione è stata attribuita a Gisulfo. Dalla lettura del documento di donazione del 774 si evince che, nella concezione del fondatore, la chiesa doveva assolvere una funzione anche sociale: "...a fundamentis edificavi pro redemptione animae meae seu pro salvationis gentis nostrae ". Arechi II nacque nel 733/34; fu creato duca tra il 758 e il 759 dal suocero re Desiderio di Brescia [(?774) duca di Brescia, re dei Longobardi dal 756], che detronizzò il ribelle e fuggitivo Liutprando [(?-?) duca di Benevento 751-758]. Sconfitto il suocero dai Franchi, si proclamò princeps gentis Langobardorum et Samnitum, e fu l’ultimo baluardo della cultura longobarda il Italia. Durante il suo governo il pri ncipato comprendeva gli Abruzz i, il Contado di Moli se, la Valle Beneventana, buona parte dei Principati citra et ultra e Terra di Lavoro. Fu una delle corti più colte d’Europa. Morì nel 787. 2 Erchemperto (?– post 887) fu un monaco benedettino e storico longobardo, noto soprattutto come autore della Historia Langobardorum Beneventanorum, importante fonte primaria della storia della Langobardia Minor. 3 San Mercurio di Cesarea era figlio di un cri stiano che gli aveva dato il nome di Filopatròs ("che ama il padre"), fu un soldato sotto gli imperatori Decio (249-251) e Valeriano (253-260), la cui carriera lo portò al rango di generale. Quando i due imperatori decisero di ini ziare le loro persecuzioni contro i c ristiani, Mercu rio rivelò all'imperatore la prop ria fede. Fu per tre volte torturato ma per tre volte venne miracolosamente guarito da u n angelo. Infine fu condotto in Cappadocia, sua patria d'origine, e lì decapitato. Una leggenda lo vuole uccisore dell'imperatore Giuliano l'apostata (360-363). oltre la zona presbiteriale per concludersi negli elementi residuali dell’originaria facciata a profilo convesso incorporati dal prospetto barocco realizzato dopo il terremoto del 5 giugno 1688. Figura 1: pianta di Santa Sofia come si presenta oggi. Il sisma causò la caduta del campanile, che fu ricostruito in altro sito, e quella del pronao ipotizzato dal Rusconi, cui farebbero riferimento le due colonne sulla facciata, integrata dal portale del XII secolo; nella sovrastante lunetta vi è la raffigurazione di C risto in trono tra la Vergine, San Mercurio e un abate inginocchiato. Figura 2: lunetta sovrastante il portone d’ingresso. Dovrebbe trattarsi di Giovanni IV, se l’immagine non e quella di Arechi II ai piedi della divina sapienza cui e intitolata la chiesa. Il ricordo del grande sovrano era ancora vivo nel XII secolo ed è noto che una sua statua era in Santa Sofia ancora nel Seicento, e venivano celebrate ancora nel Settecento funzioni in suo suffragio ogni anno. Pare che il cardinale Stefano Borgia stabilì che venissero fissate nell'anniversario della morte, il 26 agosto. Figura 3: Arechi II assiste alla costruzione di Santa Sofia Biblioteca Apostolica Vaticana CodVatLat4939 01. L’edificio presentava probabilmente, prima dell’intervento di Buratti eseguito dopo il terremoto del 1688, una pianta circolare4. Secondo alcune ipotesi, a nord-est, qualche anno prima di Buratti, era sta costruita una profonda abside quadrangolare con l’altare centrale. Altri due altari erano lungo le pareti laterali; due cappelle quadrangolari ai lati dell’ingresso. La cappella di sud ospitava l’altare di San Giovenale, quella di ovest l’altare di suor Orsola. Ai lati della porta d’ingresso erano stati collocati due contenitori per l’acqua santa. Infine, a ridosso della facciata erano stati realizzati due locali di piccole dimensioni: quello destro adibito a sacrestia di San Giovenale e quello sinistro adibito a vestiario. L’intervento di Buratti lasciò intatta la sola parte centrale, costituita da un doppio deambulatorio, il cui primo giro è definito da un esagono di sei colonne e il secondo da otto pilastri e da due colonne. Sull’esagono centrale fu ricostruita la cupola, impostata sulla parte bassa del tamburo medievale5, al di sotto della quale riposano i resti dei dodici Fratelli Martiri. Figura 4: Santa anno cinquanta. Sofia negli 4 La “Relazione e nota dello stato e delle entrate dell’abatia di S. Sofia di Benevento commentata all’ill.mo cardi nal Bo rghese” del 1609 descrive sommariamente la chiesa, qualificandola come un edificio “con forma tonda e […] greca”. 5 Un documento della fine del XVII secolo ripo rta che l ’intervento arc ivescovile lasciò intat to solo ”il sito delle colonne”. La ricostruzione di Rusconi del 1952 riprende la sua interpretazione dell’impianto originario6. La pianta presenta una geometria mistilinea. La parte nord-orientale ha forma circolare con tre piccole absidi centrali. La restante parte presenta un’insolita pianta a stella (pentacolo). I piccoli ambienti a ridosso della facciata sono stati demoliti, mentre le due cappelle barocche sono state ridimensionate. La facciata barocca, in qualche modo conservata fino ad oggi, è molto più lunga di quella originaria. Inoltre, Rusconi rimosse gli stucchi seicenteschi, riportando alla luce brani di affreschi medievali, che ancora oggi sono visibili e che rappresentano un formidabile esempio di insegnamento exoterico rivolto alle masse. Evitò d’intervenire anche sul tiburio barocco che racchiude una cupola alta circa il doppio di quella altomedievale la cui esistenza e desumibile dalla raffigurazione di Arechi II che, in trono, presiede alla costruzione della chiesa. Figura 5: miniatura in cui Arech i II assiste alla costruzione della chiesa di Santa Sofia - f. 28r del Chronicon Sanctae Sofiae, il codice Vat. Lat. 4939 della Biblioteca Apostolica Vaticana - monastero sofiano agli iniz i del XII secolo. Il perimetro dell’edificio, absidi escluse, rientra in una circonferenza dal diametro di m 23,50. Lo spazio interno è scandito da colonne e pilastri disposti a formare un esagono centrale e un concentrico decagono fra i quali si svolge un ambulacro interno a quello posto tra il muro d’ambito e il decagono stesso. Gli otto pilastri a sezione quadrata (che 6 Un documento dell’8 febbraio 17 08 indica in qual modo i ntervenne Carlo Bu ratti, l ’architetto incaricato del ripris tino che fu riconsacro solennemente il 19 marzo 1701 dall’arc ivescovo Vincenzo Maria Orsini. Riporta l’atto che l’Orsin i “[…]nell’anno 1696 fece incominciare a riparare la […] Chiesa, ed a ridurla alla dovuta simmetria, col fare buttare a terra parte di essa, come superflua, ed irregolare […]”. Ad un intervento cosi radicale, seguito ai lavori p romossi dai Canonici Regolari Lateranensi che avevano fatto già eseguire la sosti tuzione della cupola e dell’abs ide centrale, ha corrisposto il restauro altrettanto deciso del Rusconi che ripri stinò l’impianto a stella modificato dal Bu ratti e individuato (come probabile) grazie agli scavi. Rusconi non inte rvenne direttamente sulla facciata barocca, più larga di quella orig inaria, con due finestre e un’apertu ra ovale nel timpano, eliminando solo le cappelle addossate al muro d’ambito che sporgevano sensibilmente sui lati. probabilmente sostituirono altrettante colonne in occasione di un restauro medievale) e le due colonne (di spoglio e con capitelli antichi) del decagono sono sormontati da pulvini altomedievali; le colonne di riuso dell’esagono impiegano solo capitelli d’età classica e, come basi, capitelli antichi rovesciati e modificati. Figure 6 e 7: pianta con analis i del soleggiamento e pianta con analisi delle str utture esposta nella piazza antistante la Chiesa, secondo l’interpretazione di Rusconi. Archi in mattoni scaricano su queste strutture e sul muro a zig-zag il peso delle volte quadrate, triangolari, trapezoidali che coprono i due ambulacri e quello della cupola con tiburio e della copertura a capanna, modificata solo in prossimità della facciata barocca. Figure 8 e 9: schizzi di scorci della chiesa come si presentano oggi. Il reimpiego di materiali antichi riguarda anche la muratura in opera mista (opus mixtum) realizzata con tufelli e mattoni di risulta. La descrizione geometrica del Tempio sofiano ci consente di azzardare alcune ipotesi di interpretazione semantica dell’opera architettonica. Innanzi tutto, intorno al perimetro si può disegnare un quadrato con due diagonali che sono orientate secondo i punti cardinali nord-sud e est-ovest, e quindi secondo il percorso del sole nei giorni dell’equinozio (aequi-nox - la lunghezza delle ore di luce è uguale alla lunghezza delle ore di buio) di primavera e di quello d’autunno. Il sorgere del sole si sposta, avvicinandosi l’estate, verso la parte nord dell’orizzonte. Avvicinandosi l’inverso si sposta verso sud. L’angolo di questo movimento illusorio fino al punto solsistiale estivo e invernale a Benevento è 32°. Durante l’estate, l’altezza del sole a mezzogiorno a BN è 72°. Agli equinozi è di 48,5°. Al solstizio invernale è 25°. La chiesa è costruita secondo la misura del piede romano, pari a cm 30,83. La lunghezza della chiesa è di cm 2.200, pari a circa 72 piedi romani. Mentre gli alzati della chiesa sono costruiti secondo l'inclinazione dei raggi del sole durante gli equinozi e i solstizi. Figura 10: sezione trasversale con ricostruzione del percorso del sole durante gli equinozi e i solstizi. Esiste quindi una singolare corrispondenza, che si può ritenere non casuale. Il trasferimento delle stagioni e quindi dell’Universo all’interno della struttura, può essere interpretato come il trasferimento simbolico dell’Universo all’interno del Tempio. Questo rappresenta il tipico esempio di architettura intesa come “Raumgelstaltung”, ovvero conformazione spaziale, per cui la più peculiare caratteristica dell’architettura è la sua interna spazialità. Del resto nell’antico Oriente Lao Tze affermava che “la realtà di un edificio non consiste in quattro pareti e nel tetto, ma nello spazio entro cui si vive”. Figura 11: interno della ch iesa come si presenta oggi. Si può anche sostenere che questa opera architettonica presenta il duplice aspetto dell’insegnamento cristiano, vale a dire quello exoterico, materiale, rivolto alle masse ed indispensabile per gli uomini che chiedono cose semplici, e quello esoterico rivolto ai soli iniziati, che dovevano interpretare e continuare l’insegnamento del Maestro. L’insegnamento exoterico si estrinseca attraverso l’interpretazione degli affreschi7 che un tempo ornavano completamente le pareti della C hiesa. Figure 12 e 13: affreschi delle absidi: il silenzio di Zaccaria (particolare) affresco fine VIII inizio IX secolo - visitazione (particolare) affresco fine VIII inizio IX secolo 7 Considerato che il Sacrum Palatium di Benevento fu un centro di cultura al più alto livello europeo per la presenza di Paolo Diacono, e plausibile che nella corte di Arechi e di Adelperga, personaggi di non poca dottrina e per di più sensib ili al l’arte dell’o riente, vada rint racciata l’origine delle trame cul turali cui si connettono gli affreschi sofiani, probabilmente voluti dallo stesso Arechi e realizzati ent ro il 768, anno del la tumulazione delle reliquie d i S. Mercurio da un anonimo artista siro-palestinese. Il restauro del Rusconi, asportando gli intonaci e gli stucchi barocchi che ornavano l’interno e abbattendo le tamponature delle absidi minori, ha consentito l’individuazione degli affreschi che rivestivano interamente le pareti, come indica la distribuzione dei superstiti frammenti isolati. I brani più importanti del ciclo pittorico che era dedicato alle‘Storie di C risto si trovano nelle absidi minori. In quella di sinistra sono rappresentate scene della “Storia di S. Giovanni Battista” mentre nell’abside destra sono le “Storie della Vergine”. La “Storia di S. Giovanni Battista”, nell’abside sinistra, consta di due distinte scene: “l’Annuncio a Zaccaria” della prossima nascita del Battista 8 e il “Silenzio di Zaccaria” che indica ai fedeli stupefatti di essere stato privato della parola per l’incredulità all’annuncio dell’Angelo. Il silenzio di Zaccaria può essere associato al silenzio iniziatico che consente il passaggio ad una dimensione ulteriore della conoscenza. La dimensione a cui doveva tendere Zaccaria per poter credere nell’annuncio. Nell’altra abside si riconoscono una vigorosa Annunciazione a Maria e la Visitazione. La devozione del popolo longobardo alla Madonna si può far risalire all’atavica religione Vanica9, basata sui culti della fertilità di origine scandinava. Paolo Diacono10 racconta che, sotto la guida dei mitici 8 Zaccaria e la moglie non avevano figliuoli, perche Elisabetta era sterile, e ambedue erano molto avanti in età. 9 I longobardi passarono nei secol i da una cultu ra religiosa Vanica, basata sui cult i della fertili ta e propria della condiz ione agricolo-sedentaria degli insediamenti di contadin i e allevatori (nell’Olimpo germanico gl i dei Vani sono patroni di pace, fecondità, piacere e ricc hezza) a quella odinica, propria della condizione guerriera. Pare che il passaggio di religione sia stato propiziato dalla Dea Frea e addirittura da Gambara, madre dei due primi condottieri. Questo passaggio fu tanto più importante se si considera che “lunga barba” era u no dei tanti appellativi di OdinoWotan di cui i Longobardi, individuati come ≪isti longibarbae≫, si ri conobbero adoratori. Le origini scandinave, prospettate fra VII e VIII secolo, sembrano peralt ro confermate dalle analogie fra il diritto longobardo e quello delle popolazioni della Scandinavia, dalle caratteristiche comuni alle mitologie dei Longobardi e dei popoli nord ici (sopratt utto la quota d i Winniles che non avevano lasciato la terra d’origine). 10 L’origine e la più antica s toria dei Longobardi (detti anche Vinnili), popolazione di lingua germanica occidentale, ci sono note attraverso la Historia Langobardorum, scritta nella seconda meta dell’VIII secolo da Paolo Diacono. Paolo, figlio di Varnefrido, era discendente da un’antica famiglia (o fara) del Friuli, il cui antenato aveva raggiunto l’Italia con Alboino. Ebbe fin da giovane dimestichezza con i miti, le saghe e i canti che narravano il passato del suo popolo, cioè con quel patrimonio di tradiz ioni orali cu i aveva attinto l’anonimo autore dell’ Origo gentis Langobardorum, redatta probabilmente nell’età di Grimoaldo (662-671). Ibor e Aio, che erano accompagnati dalla saggia madre Gambara, i Vinnili avrebbero abbandonato la regione di Schonen nella Svezia meridionale, con cui andrebbe identificata l’isola di Scandanan, e avrebbero raggiunto la Scoringa11. Stabilitisi in questa terra, quasi certamente nei primi decenni del I secolo a.C., entrarono in conflitto con i Vandali, la potenza egemone dell’Europa centro-orientale e, dopo il vittorioso scontro con costoro, propiziato da Frea, affrontarono altre peripezie per raggiungere la Mauringa12. Dopo pochi secoli arrivarono in Pannonia13 e poi in Italia. L’insegnamento esoterico riguarda le strutture geometriche del tempio e può essere declinato attraverso più chiavi di lettura. Alcuni si sono soffermati sui rapporti tra la geometria di Santa Sofia e il numero aureo di Euclide, con particolari riferimenti alla divina proporzione. Altri hanno sperimentato principalmente il rapporto tra l’architettura del Tempio sofiano e la simbologia trinitaria. Ma l'aspetto di maggiore interesse, a parere di chi scrive, è la interpretazione della possibile forma originaria del Tempio. La vera particolarità di Santa Sofia è la presenza di un doppio deambulatorio e la disposizione particolare dei supporti verticali che unisce alla forma circolare una forma rettilinea da sud-ovest a nordest. Della presenza di questa doppia teoria di sostegni vi è certezza fin dal primo momento. Ma il doppio deambulatorio, ovviamente, non è 11 C ioè la ‘terra degli spuntoni rocc iosi’ (dal termine altotedesco scorro, corrispondente a ro ccia, scoglio) identificabile con l’isola di Rugen. 12 La regione delle paludi e degli acquitrini’ corrispondente alla zona costiera e lacustre del Mecklenburgo occidentale. 13 Dopo secoli di permanenza tra l’Elba e la Pannonia, Alboino divenne re e fu messo a capo di un grande esercito a dominanza longobarda formato anche da un’aliquota degli sconfi tti Gepidi e inoltre da Bulga ri, Unni, Sarmati, Sasson i, Turingi, Svevi e Romani delle province danubiane; alla spedizione in Italia partec ipò l’intero popolo, seguito dalle cospi cue mandrie, probabilmente meno di 200.000 un ita (e le stime att uali tendono ad abbassare la quota), un numero non trascu rabile considerato che la presenza degli Ostrogoti in Italia e stimata poco piu della metà, o, forse, qualche decina di migliaia in meno. In questo periodo, durante lo stanziamento tra Norico e Pannonia, si avviò il p rocesso di conversione al Cristianesimo. L'adesione alla nuova religione fu, almeno inizialmente, spesso superficiale (tracce dei culti pagani sopravvissero a lungo) se non strumentale. Ai tempi di Vacone (intorno agli anni quaranta del VI secolo), alleato dei Bizantini cattolici, c i fu un avvicinamento al cattol icesimo; appena un paio di decenni dopo Alboino, progettando la calata in Italia, scelse invece l'arianesimo, al fine di ottenere l'appoggio dei Goti ariani contro gli stessi Bizantin i. Queste conversioni "politiche" riguardavano esclusivamente il sovrano e pochi alt ri esponenti dell'aris tocrazia; la massa del popolo rimaneva fedele agli antichi culti pagani. una esclusiva beneventana. Esso è realizzato per la prima volta nel Santo Sepolcro di Gerusalemme. Figura 14: Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Nei disegni di Arculfo, vescovo pellegrino del VII secolo, la pianta della chiesa di Gerusalemme è realizzata tramite cerchi concentrici. Nel tempio gerosolimitano il deambulatorio era formato da 12 colonne e solo 6 pilastri, mentre altri due pilastri erano inseriti nelle murature della facciata rettilinea, un po’ in disparte. Si può sostenere che gran parte delle chiese medievali circolari derivavano dall’interpretazione della pianta del Santo Sepolcro. Il paragone con il santuario mediorientale può continuare anche per via della diposizione e del tipo di supporti interni (colonne e pilastri). Figura 15: pianta di Arculfo, risalente al 686, della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. I due deambulatori sono segnati da due gruppi distinti di otto elementi ciascuno (otto colonne e otto pilastri). E’ ormai noto che le riproduzioni dell’Anàstasis presentino sempre otto o dodici supporti, cifre di alto valore simbolico. L'Anàstasi (in lingua greca Anastasis) è un tema iconografico dell'arte bizantina, rappresentante la discesa di Cristo al Limbo e la resurrezione come riscatto dalla crocifissione. Questo tema è utilizzato ancor oggi nella chiesa ortodossa. E si può sostenere che possa essere il tema dominante della C hiesa beneventana, influenzata notevolmente dal mondo bizantino, con riferimenti al mondo romano-cattolico e con qualche reminiscenza alla religione Vanica. Del resto, lo stesso culto della Madonna si può far risalire alla Dea Madre, o femminino sacro e alla stessa Saggezza (Sophia) della mitica Madre Gambara. Nella chiesa di Santa Sofia non c’era lo spazio per dodici supporti e quindi gli architetti avrebbero optato per un numero di supporti pari a due volte otto. Figura 16: edicola del Santo Sepolcro nella Basilica di Gerusalemme. Ma è anche vero che la configurazione originaria della C hiesa poteva contenere ulteriori colonne, come quelle ipotizzate da Rusconi che sorreggevano il pronao medievale (due sono ancora incastonate nella facciata principale). Anche la presenza di due colonne tra i pilastri non sarebbe un’eccentricità di Santa Sofia, ma un’ulteriore analogia con l’Anàstasis. Questo aspetto ci porta a riflettere sulla più probabile geometria originale della C hiesa. Di seguito si riportano gli schemi planimetrici di chiese coeve e aventi la stessa affinità con il Santo Sepolcro. Le chiese di Osjlu e di Preslav. Figura 17: pianta della chiesa di Osjlu (D. Bertic). Anche le tre absidi presenti in Santa Sofia possono essere paragonate a quelle della pianta di Arculfo e agli schemi planimetrici delle altre chiese succitate. Figura 18: pianta della chiesa di Preslav (A Grabar, 1968). La pianta originaria proposta da Silvio C arella nel 1996, che sembra la più probabile, ha una forma simbologia trinitaria. Figura 19: la pianta proposta da Carella nel 1996. polilobata, con forti richiami alla Questo breve scritto sull'ermeneutica della chiesa di Santa Sofia non rappresenta che un cenno, peraltro non esaustivo, sulla complessa vicenda architettonica e semantica della chiesa di Santa Sofia. È evidente che per comprenderne fino in fondo la simbologia si dovrà ancora indagare a lungo. L'auspicio è che la consacrazione del Tempio come patrimonio dell'umanità possa consentire in futuro studi seri e approfonditi da parte di archeologi, architetti e storici dell'arte; sperando che gli uni possano divulgare agli altri le proprie esperienze, al fine di aggiungere ulteriori mattoni per la costruzione del Tempio della conoscenza. Giuseppe Iadarola Bibliografia essenziale. Bart olini E., Historia Langobardorum ( di Paolo Diacono), con t est o lat ino e t raduzione di A. Giacomini, U dine; Borgia St efano, Memorie istoriche della pontificia città di Benevento, Bologna 1731-1804. Carella Silv io: Architecture religieuse haut-médiévale en Italie méridionale : le diocèse de Bénévent, 1996. De Honnecourt Villard, Codex, ms Fr. 19093, Parigi biblioteca nazionale 1230 circa. De Nicast ro Giovenni, Memorie istoriche della città di Benevento, 1688 Benev ent o, Pubblica Bibliot eca Arciv escov ile. De Nicast ro Giov nni, Benevento sacra a cura di Gaet ana I nt orcia. Benev ent o 1976 p. 327-343 Galasso Elio, Saggi di storia beneventana, Benev ent o 1963. Galasso Elio, Benevento com’era, Benev ent o 1979. Meomart ini Alfonso, Breve guida della città di Benevento, Benev ent o 1910. Meomart ini Almerico, I monumenti e le opere d’arte della città di Benevento, Benev ent o1889-95. Roma Gi useppe, I longobardi del sud, Giorgio Bret schneider Edit ore, Roma 2010. Romano Francesco, Benevento tra mito e realtà: storia, economia e urbanistica di una città del mezzogiorno, Edizioni Filo rosso, Benev ent o 1981. Rossi Sara e Zev i Bruno, Piano del centro storico di Benevento, Gangemi edit ore 1989. Rot ili Mario, L'arte nel Sannio, Benev ent o 1952. Rolili Marcello, Aspetti dell'insediamento nel ducato di Benevento, in Rot ili (a cura di) 1999, pp.225243. Rolili Marcello, I longobardi dei ducati di Spoleto e Benevento, Att i del XVI congresso di st udi dull'alt o Medioev o (Spoleto 20-23 ott obre 2002, Benev ent o, 24-27 ot tobre 2002), Spolet o, pp.827-879. Rolili Marcello, Cellarulo e Benevento: la formazione della città tardoantica, in Rot ili (a cura di) 2006, pp.9-88. Rolili Marcello (a cura di), Benevento nella Tarda Antichità, Dalla diagnostica archeologica in contrada Cellarulo alla ricostruzione dell'assetto urbano. Napoli 2006. Vergineo Gianni, Storia di Benevento e dintorni, Ricolo edit ore Benev ento 1989. Zanella A., Storia dei Longobardi, Milano, 1991. www .w ikipedia.org, Christian van Adrichom 1584, Disegno del Tempio di re Salomone.