Raffaello Sanzio, 1509-1511 circa, Affresco, 500×770 cm,
Musei Vaticani, Città del Vaticano
Platone regge il Timeo e
solleva il dito verso l'alto a
indicare
l'iperuranio
e
sottintendere la sua filosofia
basata sul mondo delle idee
trascendenti (che risiedono
appunto nella sfera celeste) e
sull'induzione;
Aristotele
regge l'Etica e distende il
braccio destro col palmo
aperto verso terra, a
sottolineare il suo metodo
deduttivo
basato
sullo
studio della natura e sul
concreto.
Con la sua tendenza
a determinare le
funzioni percettive e
psichiche
biologicamente,
Aristotele si
contrappone al volo
delle idee
platoniche e indica
la via
dell’esperienza
come origine
delle nostre
rappresentazioni.
La mano è il più
fondamentale degli
organi, l’organo
degli organi
Rembrandt, Aristotele con
il busto di Omero, 1653,
olio su tela (New York,
Metropolitan Museum of
Art)
Aristotele
(384-322 a.C.)
Etica
Differenza fra
scienze teoretiche e pratiche
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Da un lato ci sono le scienze teoretiche,
relative alla conoscenza della realtà, che
hanno per oggetto il necessario, ossia ciò
che esiste indipendentemente dall’uomo e
dalla sua volontà, ciò che l’uomo non può
modificare, ma solo comprendere…
dall’altro lato abbiamo le scienze pratiche,
che studiano i principi del comportamento
(praxis). In questo caso non si tratta di realtà
già date, oggettive, ma di principi da
discutere e scegliere, sulla base del
ragionamento
La felicità come fine

Il fine delle scienze pratiche è la
realizzazione della felicità:
◦ l’Etica tratta di quella individuale
◦ la Politica di quella collettiva
Che cos’è la felicità
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Per Aristotele, la felicità è un concetto
relativo, diverso per i diversi enti, in quanto
consiste nella realizzazione della propria
natura
La natura umana si distingue da quella
degli altri esseri viventi per la razionalità, e
dunque la felicità per l’uomo, consiste
nelle attività che realizzano al massimo
grado la sua natura razionale, ovvero
nell’agire secondo ragione (virtù = agire
secondo ragione)
Virtù dianoetiche ed etiche

Aristotele distingue due modi di realizzare la
propria natura razionale, a cui
corrispondono due livelli di felicità e due
tipi di virtù:
◦ La massima realizzazione dell’uomo consiste nelle
virtù dianoetiche (diànoia = conoscenza
razionale), legate alla ragione e al pensiero. Solo
pochi riescono a raggiungerle
◦ Il livello inferiore, invece, consiste nelle virtù
etiche, che tutti possono raggiungere, legate al
«costume» (éthos), cioè al controllo delle
passioni mediante la ragione
Le virtù etiche
Per Platone le passioni, legate al corpo,
sono di per sé negative: l’anima deve
combatterle e liberarsene (purificazione)
 Aristotele, invece, non reputa
negative le passioni, purché
disciplinate e controllate dalla
ragione

Le virtù etiche (la virtù come
medietà)
Le passioni sono negative quando si
traducono in eccessi, tuttavia…
 … il controllo della ragione garantisce la
giusta misura (medietà), che permette di
evitare tali eccessi
 La virtù è il giusto mezzo tra due eccessi
opposti…
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Le virtù etiche (la virtù come
medietà)
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Coraggio: giusto mezzo fra viltà e temerarietà;
Temperanza: giusto mezzo tra intemperanza e insensibilità;
Generosità: giusto mezzo fra avarizia e prodigalità;
Magnificenza: giusto mezzo fra volgarità e grettezza
d'animo;
Magnanimità: giusto mezzo tra la vanità e l'umiltà;
Mitezza: giusto mezzo tra l'iracondia e l'eccessiva flemma;
Amabilità: giusto mezzo tra misantropia e compiacenza;
Sincerità: giusto mezzo tra l'ironia e la vanità;
Arguzia: giusto mezzo tra la buffoneria e la rusticità;
La virtù più importante è la giustizia…
Eugène Delacroix, La morte di Sardanapalo, 1827, Parigi, Louvre.
Le virtù etiche (la giustizia)
La giustizia è la virtù etica per eccellenza («la
maggiore tra le virtù»), è definita come il giusto
mezzo tra il fare e il ricevere ingiustizia
 «La giustizia è la virtù più efficace, e né la stella della
sera, né quella del mattino sono cosi meravigliose, e
citando il proverbio diciamo: Nella giustizia ogni virtù
si raccoglie in una sola. Ed è una virtù perfetta al più
alto grado perché chi la possiede è in grado di usare
la virtù anche verso gli altri e non soltanto verso se
stesso»
 Aristotele ne parla anche nella Politica, a riprova
dello stretto legame che stabilisce tra individuo e
società
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Le virtù etiche (la giustizia)
Anche per Aristotele (come per Platone) il
legame tra individuo e comunità (polis) e
quindi tra etica e politica è molto stretto. Esso è
importante per due aspetti:
1. La comunità forma eticamente gli
individui, crea un tessuto che promuove i
comportamenti buoni, finché non si sedimentano
in disposizioni permanenti (virtù)
2. La giustizia garantita dalla comunità
rende possibile il raggiungimento della
felicità individuale: sarebbe difficile
raggiungere la felicità in uno Stato ingiusto
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Le virtù etiche
(come si diventa virtuosi)
La virtù non è un singolo comportamento,
ma un modo di essere da acquisire
 Si diventa virtuosi mediante l’abitudine,
ripetendo comportamenti virtuosi, fino a
quando il comportamento non diviene un
modo di essere, un habitus
 A differenza di Socrate e Platone, per
Aristotele conoscere il bene non implica
il farlo (non è detto che i filosofi siano i
più saggi e i migliori governanti)
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Le virtù etiche
(come si diventa virtuosi)
Che cosa spinge un individuo, inizialmente, a
manifestare comportamenti che, una volta
interiorizzati, diventeranno virtù?
 Evidentemente, qualcosa di esterno all’individuo
stesso, che Aristotele individua nell’educazione
e nel costume, cioè nei comportamenti e nei
valori sociali, ovvero nella polis
 Il costume rappresenta però solo il punto di avvio.
Per essere morali, le norme devono essere
interiorizzate e fatte proprie dall’individuo, il
quale deve agire per libera scelta, senza
costrizioni esterne
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Le virtù dianoetiche
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Per l’uomo, la massima realizzazione della propria natura
razionale consiste nelle virtù che riguardano l’esercizio della
ragione, cioè le virtù dianoetiche, che sono la sapienza,
l’intelligenza, la scienza, la saggezza e l’arte
La sapienza non indica il possesso di conoscenze, ma il
desiderio di ricerca e le disposizioni che spingono verso la
conoscenza
L’intelligenza è la capacità di intuire i principi primi
La scienza è la capacità di sviluppare i principi mediante il
ragionamento deduttivo
La saggezza è la disposizione ad agire in vista del bene
L’arte è la disposizione ad applicare correttamente le
diverse arti
Sapienza e saggezza
La sapienza (sophia) è la disposizione a conoscere, la
saggezza (phrònesis) è la disposizione ad agire bene
 Platone aveva identificato queste due virtù, concludendo che
i sapienti (i filosofi) sono anche saggi e per questo destinati
alla guida dello Stato. Il filosofo infatti conosce le idee, sia
quelle da cui derivano le cose (base della conoscenza), sia le
idee valori (dalle quali deriva la saggezza)
 Per Aristotele, le essenze, immanenti e non trascendenti,
sono oggettive e costituiscono l’oggetto delle scienze
teoretiche, legate alla sapienza, mentre i valori derivano
dall’uomo e sono argomento delle scienze pratiche,
non esistendo oggettivamente in modo necessario
ma soggettivamente nell’ambito del possibile. Per
questo il filosofo, che ha la sapienza, non necessariamente
sarebbe un buon politico (cui necessita la saggezza)
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La saggezza e il giusto mezzo
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Senza la saggezza non è possibile individuare
il giusto mezzo. La virtù morale consiste nella
«disposizione a scegliere il giusto
mezzo adeguato alla nostra natura, quale è
determinato dalla ragione, e quale potrebbe
determinarlo il saggio»
Senza saggezza, in generale, non sono
possibili le virtù etiche
La saggezza non può essere una scienza,
quindi le sue affermazioni sono opinabili.
Tuttavia, il saggio sa cosa è bene per l'uomo
e lo mette in pratica.
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Aristotele regge l`Etica