Scuola I MERCOLEDÌ 4 FEBBRAIO 2009 29 LEGGE ED ETICA Come si sa, nella vita le cose semplici sono poche e questo infatti è l’esempio dell’esatto opposto, ossia quando le persone sono messe davanti a decisioni che potrebbero portare ad un pentimento. Nel caso Eluana, una donna ormai in stato vegetativo da sedici anni, c’è uno scontro tra la legge e la volontà dei genitori. Infatti, nonostante la sentenza della Corte di Cassazione preveda che non sia possibile smettere di alimentare artificialmente la ragazza, ancora non è stato possibile trovare la strut- Beppino Englaro con la foto di Eluana Nel caso Eluana possa decidere la famiglia tura sanitaria in cui farlo causa le direttive del ministro della Sanità. Dovrebbero avere più importanza le opinioni dei famigliari, anche se la loro posizione è comprensibilmente complicata, perché non è facile dover scegliere se lasciare morire la propria figlia o continuare a sperare che si svegli e riprenda la sua vita, cosa che, dopo tutti questi anni sembra impossibile. Però, si sa, la speranza è l’ultima a morire e poi, se si tratta del proprio figlio, non si può nemmeno immaginare di dover prendere una simile decisione. E’ chiaro che Eluana non ha lasciato alcun documento in cui ha scritto che cosa fare nel caso fosse finita così, ma lo ritengo ovvio, mi viene male solo all’idea di mettermi a scrivere cosa fare di me, nel caso fossi nelle condizioni di non poter far scelte autonome. Personalmente, io lascerei decidere ai miei familiari, in base alla loro volontà, anche perché, non essendo più cosciente, non potrei sentire più dolore, ma il dolore invece lo lascerei a loro e se ritengono che ciò che faranno sarà la decisione più giusta, che li farà stare, almeno in parte, in pace, ciò dovrà essere fatto. Ora la famiglia Englaro sta lottando perché la loro figlia sia trasferita e io non capisco come non ci sia un po’ d’umanità, perché non si possa dar loro un aiuto e non si possa mettere da parte qualcosa, che in questo caso è superflua, la legge. Il povero padre chiede il silen- zio dei giornali affinché non si parli più di sua figlia e mi chiedo perché ciò che domanda non sia possibile. Forse si vuol dimostrare che l’umanità esiste, ma non è giusta? Perché non si può iniziare da qui, lasciando in pace una povera famiglia che ha già tanto dolore? Ci sono problemi in Italia che vengono nascosti, ogni giorno, sempre di più, sempre peggiori: Di questi bisognerebbe parlare e ce ne sarebbero di cose da dire. Valentina Bonifacio (Istituto d'Arte E.U. Nordio - Trieste) IL MAX FABIANI DI GORIZIA UNA GITA Esposta a Villa Manin un’opera degli studenti dell’istituto d’arte Le bellezze di Trieste dal Carso Gli studenti degli Istituti d’Arte, già nei primi anni di frequenza, mettono in atto la loro creatività attraverso i percorsi di laboratorio e di progettazione, realizzando alla fine dei cinque anni delle opere vere e proprie che rimangono all'interno della scuola. Per uno di questi non sarà così. Un' opera verrà infatti esposta all’interno della sala riunioni del Centro Regionale di Catalogazione, in modo di evidenziare il percorso maturato nei cinque anni di scuola e la personale intensità dell’”artista” che lo ha ideato. La scultura è stata donata dall’artista Alessandro Gaier e dall’Istituto d’Arte Max Fabiani, grazie alla sensibilità della dirigente scolastica dott.ssa Carmela Bombina Giudice e alla determinazione del responsabile di indirizzo prof. Bruno Medeot, al Centro Regionale di Catalogazione e Restauro di Villa Manin come conclusione di un progetto di collaborazione che ha interessato l’a.s. ‘07/’08 e che ha portato alla compilazione di schede di catalogo OAC (opera d’arte contemporanea) da parte degli studenti del corso di Beni Culturali. L’istituto d’Arte di Gorizia non è nuovo alla collaborazione con il Centro di Catalogazione, collaborazione che è iniziata nel 2006 per poi continuare con la schedatura della raccolta di opere della scuola. L’esperienza è nata dall’idea di utilizzare il SIRPAC a livello didattico, ossia il sistema di catalogazione informatica on-line presente sul sito del Centro, per catalogare “opere” come quelle degli allievi che sono prima lavoro scolastico ma che, grazie all’intuizione di Gaier con la donazione della sua opera, possono uscire e mostrarsi in un contesto diverso da quello didattico. Dunque non solo le opere di Alessandro, anche quelle di Davide, Cinzia, Rebeka per citarne alcune, sono fermate nelle schede OAC consultabili sul sito del Centro (www.sirpac-fvg.org); ma anche le schede stesse che, come dice il Centro stesso, “rappresentano nella precisione dei dati inseriti un esempio concreto dell’esatta metodologia di compilazione di schede OAC”. Schede compilate dalle stesse compagne di classe degli scultori che hanno raccolto i dati intervistandoli, hanno indagato sui materiali aiutate dagli insegnanti di Scultura e Decorazione Plastica professori Serventi, Marchetto e con quest’anno Letizia, le hanno fotografate e hanno raccolto tutti i dati utili per la compilazione di un lavoro che è prima di tutto scolastico ma che rispecchia, grazie alla preziosa collaborazione con il Centro di Villa Manin, la catalogazione reale. L’opera, un busto stilizzato di una figura inchiodata, è stata consegnata il 20 gennaio al Centro da Alessandro Gaier e dalla prof.ssa Stinco alla presenza della dottoressa Franca Merluzzi, responsabile del Centro e delle sue collaboratrici Emiliana De Paulis, Raffaella Carnielutti, Maria Luisa Domeneghini e Giorgia Gemo, ed è consultabile sul sito “cliccando” la scheda OAC n˚ 441. Gli studenti dell'Istituto d'Arte Max Fabiani di Gorizia L'opera di Gaier che verrà esposta a Villa Manin (foto Centro Reg. Catalogazione) INTERVISTA A CERVI KERVISCHER Fra matite e pennelli nel laboratorio del pittore che insegna ai bambini Il pittore Paolo Cervi Kervischer al lavoro nel suo studio, dove ha ricevuto gli studenti Abbiamo intervistato il pittore triestino Paolo Cervi Kervischer nel suo laboratorio in via Mazzini mentre stava insegnando a disegnare ai bambini, aiutato dalla sua collaboratrice Serena Marcon. Il suo laboratorio è composto da quattro stanze: nella prima sono disposti tutti i disegni, nella seconda gli strumenti da lavoro; la terza consiste nel suo studio; l’ultima, invece, è lo spazio dove i bambini e i ragazzi dipingono e dove di sera insegna agli adulti. Da quanto tempo fai il pittore? «Ho iniziato nell’81». Ti piace lavorare con i bambini? «Sì, mi piace molto, perché sono pieni di creatività e insegnano molte cose». Quante mostre hai fatto? «Più di cento mostre in tut- ta Europa e non solo. Lo scorso anno, per esempio, ne ho fatta una a Pechino». Guadagni molto con questo lavoro? «Non si guadagna molto. Ma un artista non dipinge per soldi ma per passione». Cosa hai fatto prima di diventare pittore? «All’inizio volevo fare l’ingegnere. Poi ho capito che quella non era la mia strada e così l’ho lasciata per l’Accademia». Quali sono i tuoi pittori preferiti «Nell’Ottocento è Munch, nella prima metà del Novecento Matisse, Nolde, Kokoska. Nella seconda metà del Novecento: Francis Bacon, Richard Diebercon, Mark Rotko e Alberto Giacometti». Qual è il periodo storico che preferisci? «Mi piace molto la prima metà del Novecento, il periodo più interessante è quello dell’arte astratta americana (New Dada)». Qual è il tuo quadro preferito? «Molti, ma quello che preferisco sia Guernica di Pablo Picasso». Quali strumenti di lavoro preferisci utilizzare per i tuoi dipinti? «Lavoro molto con la pittura acrilica su tela, ma mi piace anche il colore ad olio che però non è molto adatto al mio genere di pittura». E infine cosa preferisci dipingere? «Mi piace molto dipingere volti, corpi umani e soprattutto figure astratte alla ricerca de rapporti di colore». Martina Lavagnini Dragana Milosevic (Scuola media Divisione Julia Trieste) FILM NOTI E MENO NOTI La Shoah sul grande schermo affinché non si ripeta Tra le pellicole ”Train de vie”, la storia di un gruppo di ebrei che si salva costruendo un finto treno di deportati 27 gennaio: cos'ha di speciale questa data? Forse qualcuno penserà, "Esce il nuovo cd di Bruce Springsteen", altri "C'è la verifica di storia". Beh, nessuna di queste riposte, come sa la maggior parte di noi. Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, chiamato così perché si ricorda la Shoah, l'Olocausto, lo sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti che, credendo la loro razza superiore, hanno perseguitato più di sei milioni di persone. Principalmente gli ebrei, ma anche nomadi, zingari, omosessuali. Chiunque, insomma, fosse "diverso", secondo i loro parametri. Recentemente sono stati trasmessi film sulla fase dell'occupazione tedesca che ha portato allo sterminio degli ebrei e di tutte le minoranze. Sono film più o meno cruenti, drammatici. Uno di questi è “Train de vie”, che abbiamo visto a scuola. Un film un po' diverso dai più noti, come “La Vita è bella” o “Schinder's List”, perché racconta sì della Shoah, ma in modo semplice, leggero, a tratti qua- si divertente, ma non per questo superficiale. La storia narra di un pazzo, abitante di un villaggio di ebrei, che un giorno vede arrivare i nazisti da una collina. Subito corre ad avvisare il rabbino, con cui organizza una folle fuga: costruiscono un finto treno di deportati. Alcuni di loro impersonano i nazisti, gli altri i deportati. Facendo quindi finta di essere in viaggio per un ipotetico campo di concentramento, tra improvvisati partiti comunisti e preghiere religiose, tra battibecchi amorosi e falsi nazisti che si sentono troppo tedeschi, riescono a fuggire, ad arrivare alla salvezza. Molto più crudo, invece, “Il Pianista”, storia di un musicista confinato nel ghetto di Varsavia: una versione cinematografica di una storia realmente accaduta. In questi giorni, inoltre, la filmografia riguardo la storia della Shoah si arricchisce di nuove pellicole. “Defiance”, e la storia realmente accaduta di tre fratelli ebrei che riescono a sfuggire alla cattura nascondendosi nei boschi della Bielorussia. Lì si uniscono alla resistenza russa e creano un villaggio di ebrei, riuscendo a salvarne più di mille. “Operazione Valchiria”: un colonnello torna in Germania dopo la campagna in Africa e si unisce all'Operazione Valchiria, un piano che permetterà ad un governo ombra, una volta morto Hitler in un attentato programmato, di prendere il potere. Una storia vera, destinata però a fallire. “Il bambino con il pigiama a righe”, tratto invece da un romanzo, narra di un'amicizia impensabile, tra il figlio di un ufficiale nazista e un prigioniero di un lager. Quest'amicizia divisa da un filo spinato, porta il ragazzino ad una consapevolezza innaturale del mondo degli adulti. C'è un gran bisogno di tutti questi film sulla Shoah, in modo che non possa più accadere una cosa tanto orribile. Veronica Bonelli (Scuola media G. Corsi - Trieste) Un momento del film ”Train de vie”, uno dei molti che raccontano la Shoah Un giorno davvero particolare assieme alla mia famiglia. Siamo andati a Trieste a fare una passeggiata lungo la Via Napoleonica (o Vicentina): si chiama così proprio perché nel 1830 venne eretto l'Obelisco di Poggioreale dall'imperatore Francesco I, a ricordo dall'apertura della strada TriesteLubiana. Il monumento venne poi restaurato dalla società Alpina delle Giulie, che lo volle dedicare al suo socio Nicolò Cobolli. Camminando, passo a passo, mio padre mi ha descritto il tratto di confine della Slovenia, a sud la costa Istriana, a nord-ovest le Alpi e, in lontananza, oltre la prominente punta Spigolo, le foci dell'Isonzo e la laguna di Grado. Dopo alcuni metri spunta l'abbagliare del sole e la sua luce “possente “mostra ai nostri occhi un panorama splendido e meraviglioso. Si intravedono le navi, le quali nell'azzurro del mare ci fanno immaginare il mondo quanto è grande, e quanto siano state per noi una rivoluzione offrendoci non solo il commercio ma anche permettendoci di scoprire le meraviglie più preziose della terra. Andando avanti incontriamo alcuni rocciatori che dispongono di un'attrezzatura adatta, per “scalare” le falesie del Monte Grisa: su queste venne scolpito lo stemma dell'aquila bicipite (cui, ahimè, sono state mozzate le teste). Poi proseguendo lunga la strada asfaltata, il sentiero si fa sempre più stretto, ghiaioso, ma ben agevole, e presto raggiungono i giardini dell'Obelisco. Quasi a metà sentiero si intravede una sorta di piscina, che scopriamo è una fontana lungo la pineta di Barcola. Durante la passeggiata ci fermiamo per alcuni secondi: la stanchezza si fa sentire. Ma, finalmente, siamo arrivati. Ci aspetta un “cono ribaltato “ che rappresenta l'Obelisco. Restiamo ancora qualche minuto nella piazzetta e ci godiamo il panorama: ormai il cielo si fa sempre più cupo e il mare increspato. Da qui si può ammirare la raffinata bellezza di piazza Unità. Ci accorgiamo che il vento tira e il sentiero si fa sempre meno desiderare. Al ritorno si fa molta più fatica: c'è la bora che muove i rami degli alberi. Guardo attentamente il mare mosso e cupo: in lontananza si vedono le nuvole azzurre e il sole illumina Punta Salvore, il riflesso dorato sul mare giunge fino ai miei occhi. Il mare sembra un monte: le sue acque si scatenano sempre più. Quasi giunti al punto di partenza rivediamo gli scalatori: ci sembra strano vedere l'uomo che prima era in maniche corte adesso tutto imbottito. Anche noi ci copriamo dal forte vento e prima di risalire in macchina per il viaggio di ritorno, la via Vicentina si fa ancora desiderare e ci fermiamo per qualche minuto ad ammirare il panorama di Barcola e il suggestivo castello di Miramare. Sono stata molto felice di aver passato questa giornata in famiglia e di aver conosciuto la bellezza della città di Trieste. Anna Paron (Scuola media U. Pellis Fiumicello)