Scuola
I MERCOLEDÌ 4 FEBBRAIO 2009
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LEGGE ED ETICA
Come si sa, nella vita le
cose semplici sono poche
e questo infatti è l’esempio dell’esatto opposto, ossia quando le persone sono messe davanti a decisioni che potrebbero portare ad un pentimento.
Nel caso Eluana, una donna ormai in stato vegetativo da sedici anni, c’è uno
scontro tra la legge e la
volontà dei genitori. Infatti, nonostante la sentenza
della Corte di Cassazione
preveda che non sia possibile smettere di alimentare artificialmente la ragazza, ancora non è stato
possibile trovare la strut-
Beppino Englaro con la foto di Eluana
Nel caso Eluana possa decidere la famiglia
tura sanitaria in cui farlo
causa le direttive del ministro della Sanità.
Dovrebbero avere più
importanza le opinioni
dei famigliari, anche se
la loro posizione è comprensibilmente complicata, perché non è facile dover scegliere se lasciare
morire la propria figlia o
continuare a sperare che
si svegli e riprenda la sua
vita, cosa che, dopo tutti
questi anni sembra impossibile. Però, si sa, la speranza è l’ultima a morire
e poi, se si tratta del proprio figlio, non si può
nemmeno immaginare di
dover prendere una simile decisione. E’ chiaro
che Eluana non ha lasciato alcun documento in cui
ha scritto che cosa fare
nel caso fosse finita così,
ma lo ritengo ovvio, mi
viene male solo all’idea
di mettermi a scrivere cosa fare di me, nel caso fossi nelle condizioni di non
poter far scelte autonome. Personalmente, io lascerei decidere ai miei familiari, in base alla loro
volontà, anche perché,
non essendo più cosciente, non potrei sentire più
dolore, ma il dolore invece lo lascerei a loro e se
ritengono che ciò che faranno sarà la decisione
più giusta, che li farà stare, almeno in parte, in pace, ciò dovrà essere fatto.
Ora la famiglia Englaro
sta lottando perché la loro figlia sia trasferita e io
non capisco come non ci
sia un po’ d’umanità, perché non si possa dar loro
un aiuto e non si possa
mettere da parte qualcosa, che in questo caso è
superflua, la legge. Il povero padre chiede il silen-
zio dei giornali affinché
non si parli più di sua figlia e mi chiedo perché
ciò che domanda non sia
possibile. Forse si vuol dimostrare che l’umanità
esiste, ma non è giusta?
Perché non si può iniziare da qui, lasciando in pace una povera famiglia
che ha già tanto dolore?
Ci sono problemi in Italia
che vengono nascosti,
ogni giorno, sempre di
più, sempre peggiori: Di
questi bisognerebbe parlare e ce ne sarebbero di
cose da dire.
Valentina Bonifacio
(Istituto d'Arte E.U.
Nordio - Trieste)
IL MAX FABIANI DI GORIZIA
UNA GITA
Esposta a Villa Manin un’opera
degli studenti dell’istituto d’arte
Le bellezze
di Trieste
dal Carso
Gli studenti degli Istituti d’Arte, già nei primi anni di frequenza, mettono
in atto la loro creatività
attraverso i percorsi di
laboratorio e di progettazione, realizzando alla fine dei cinque anni delle
opere vere e proprie che
rimangono
all'interno
della scuola. Per uno di
questi non sarà così. Un'
opera verrà infatti esposta all’interno della sala
riunioni del Centro Regionale di Catalogazione,
in modo di evidenziare il
percorso maturato nei
cinque anni di scuola e
la personale intensità
dell’”artista” che lo ha
ideato. La scultura è stata donata dall’artista
Alessandro Gaier e dall’Istituto d’Arte Max Fabiani, grazie alla sensibilità della dirigente scolastica dott.ssa Carmela
Bombina Giudice e alla
determinazione del responsabile di indirizzo
prof. Bruno Medeot, al
Centro Regionale di Catalogazione e Restauro di
Villa Manin come conclusione di un progetto di
collaborazione che ha interessato l’a.s. ‘07/’08 e
che ha portato alla compilazione di schede di catalogo OAC (opera d’arte
contemporanea) da parte
degli studenti del corso
di Beni Culturali.
L’istituto d’Arte di Gorizia non è nuovo alla collaborazione con il Centro
di Catalogazione, collaborazione che è iniziata nel
2006 per poi continuare
con la schedatura della
raccolta di opere della
scuola. L’esperienza è nata dall’idea di utilizzare
il SIRPAC a livello didattico, ossia il sistema di
catalogazione informatica on-line presente sul sito del Centro, per catalogare “opere” come quelle degli allievi che sono
prima lavoro scolastico
ma che, grazie all’intuizione di Gaier con la donazione della sua opera,
possono uscire e mostrarsi in un contesto diverso
da quello didattico.
Dunque non solo le
opere di Alessandro, anche quelle di Davide, Cinzia, Rebeka per citarne
alcune, sono fermate nelle schede OAC consultabili sul sito del Centro
(www.sirpac-fvg.org); ma
anche le schede stesse
che, come dice il Centro
stesso, “rappresentano
nella precisione dei dati
inseriti un esempio concreto dell’esatta metodologia di compilazione di
schede OAC”. Schede
compilate dalle stesse
compagne di classe degli
scultori che hanno raccolto i dati intervistandoli,
hanno indagato sui materiali aiutate dagli insegnanti di Scultura e Decorazione Plastica professori Serventi, Marchetto
e con quest’anno Letizia,
le hanno fotografate e
hanno raccolto tutti i dati utili per la compilazione di un lavoro che è prima di tutto scolastico ma
che rispecchia, grazie alla preziosa collaborazione con il Centro di Villa
Manin, la catalogazione
reale.
L’opera, un busto stilizzato di una figura inchiodata, è stata consegnata
il 20 gennaio al Centro
da Alessandro Gaier e
dalla prof.ssa Stinco alla
presenza della dottoressa Franca Merluzzi, responsabile del Centro e
delle sue collaboratrici
Emiliana De Paulis, Raffaella Carnielutti, Maria
Luisa Domeneghini e
Giorgia Gemo, ed è consultabile sul sito “cliccando” la scheda OAC n˚
441.
Gli studenti dell'Istituto
d'Arte Max Fabiani
di Gorizia
L'opera di Gaier che verrà esposta a Villa Manin (foto Centro Reg. Catalogazione)
INTERVISTA A CERVI KERVISCHER
Fra matite e pennelli nel laboratorio
del pittore che insegna ai bambini
Il pittore Paolo Cervi Kervischer al lavoro nel suo studio, dove ha ricevuto gli studenti
Abbiamo intervistato il pittore triestino Paolo Cervi
Kervischer nel suo laboratorio in via Mazzini mentre stava insegnando a disegnare ai
bambini, aiutato dalla sua collaboratrice Serena Marcon.
Il suo laboratorio è composto
da quattro stanze: nella prima sono disposti tutti i disegni, nella seconda gli strumenti da lavoro; la terza consiste nel suo studio; l’ultima,
invece, è lo spazio dove i bambini e i ragazzi dipingono e
dove di sera insegna agli
adulti.
Da quanto tempo fai il pittore?
«Ho iniziato nell’81».
Ti piace lavorare con i bambini?
«Sì, mi piace molto, perché sono pieni di creatività e insegnano
molte cose».
Quante mostre hai fatto?
«Più di cento mostre in tut-
ta Europa e non solo. Lo scorso anno, per esempio, ne ho
fatta una a Pechino».
Guadagni molto con questo
lavoro?
«Non si guadagna molto.
Ma un artista non dipinge
per soldi ma per passione».
Cosa hai fatto prima di diventare pittore?
«All’inizio volevo fare l’ingegnere. Poi ho capito che
quella non era la mia strada
e così l’ho lasciata per l’Accademia».
Quali sono i tuoi pittori preferiti
«Nell’Ottocento è Munch,
nella prima metà del Novecento Matisse, Nolde, Kokoska. Nella seconda metà del
Novecento: Francis Bacon,
Richard Diebercon, Mark
Rotko e Alberto Giacometti».
Qual è il periodo storico che
preferisci?
«Mi piace molto la prima
metà del Novecento, il periodo più interessante è quello
dell’arte astratta americana
(New Dada)».
Qual è il tuo quadro preferito?
«Molti, ma quello che preferisco sia Guernica di Pablo
Picasso».
Quali strumenti di lavoro preferisci utilizzare per i tuoi dipinti?
«Lavoro molto con la pittura acrilica su tela, ma mi piace anche il colore ad olio che
però non è molto adatto al
mio genere di pittura».
E infine cosa preferisci dipingere?
«Mi piace molto dipingere
volti, corpi umani e soprattutto figure astratte alla ricerca
de rapporti di colore».
Martina Lavagnini
Dragana Milosevic
(Scuola media Divisione Julia Trieste)
FILM NOTI E MENO NOTI
La Shoah sul grande schermo affinché non si ripeta
Tra le pellicole ”Train de vie”, la storia di un gruppo di ebrei che si salva costruendo un finto treno di deportati
27 gennaio: cos'ha di speciale questa data? Forse qualcuno penserà,
"Esce il nuovo cd di Bruce Springsteen", altri "C'è la verifica di storia".
Beh, nessuna di queste riposte, come
sa la maggior parte di noi. Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, chiamato così perché si ricorda la Shoah,
l'Olocausto, lo sterminio degli ebrei
ad opera dei nazisti che, credendo la
loro razza superiore, hanno perseguitato più di sei milioni di persone.
Principalmente gli ebrei, ma anche
nomadi, zingari, omosessuali. Chiunque, insomma, fosse "diverso", secondo i loro parametri.
Recentemente sono stati trasmessi
film sulla fase dell'occupazione tedesca che ha portato allo sterminio degli ebrei e di tutte le minoranze. Sono film più o meno cruenti, drammatici. Uno di questi è “Train de vie”,
che abbiamo visto a scuola. Un film
un po' diverso dai più noti, come “La
Vita è bella” o “Schinder's List”, perché racconta sì della Shoah, ma in
modo semplice, leggero, a tratti qua-
si divertente, ma non per questo superficiale. La storia narra di un pazzo, abitante di un villaggio di ebrei,
che un giorno vede arrivare i nazisti
da una collina. Subito corre ad avvisare il rabbino, con cui organizza
una folle fuga: costruiscono un finto
treno di deportati. Alcuni di loro impersonano i nazisti, gli altri i deportati. Facendo quindi finta di essere in
viaggio per un ipotetico campo di
concentramento, tra improvvisati
partiti comunisti e preghiere religiose, tra battibecchi amorosi e falsi nazisti che si sentono troppo tedeschi,
riescono a fuggire, ad arrivare alla
salvezza.
Molto più crudo, invece, “Il Pianista”, storia di un musicista confinato
nel ghetto di Varsavia: una versione
cinematografica di una storia realmente accaduta.
In questi giorni, inoltre, la filmografia riguardo la storia della Shoah
si arricchisce di nuove pellicole. “Defiance”, e la storia realmente accaduta di tre fratelli ebrei che riescono a
sfuggire alla cattura nascondendosi
nei boschi della Bielorussia. Lì si
uniscono alla resistenza russa e creano un villaggio di ebrei, riuscendo a
salvarne più di mille. “Operazione
Valchiria”: un colonnello torna in
Germania dopo la campagna in Africa e si unisce all'Operazione Valchiria, un piano che permetterà ad un
governo ombra, una volta morto Hitler in un attentato programmato, di
prendere il potere. Una storia vera,
destinata però a fallire. “Il bambino
con il pigiama a righe”, tratto invece
da un romanzo, narra di un'amicizia
impensabile, tra il figlio di un ufficiale nazista e un prigioniero di un lager. Quest'amicizia divisa da un filo
spinato, porta il ragazzino ad una
consapevolezza innaturale del mondo degli adulti.
C'è un gran bisogno di tutti questi
film sulla Shoah, in modo che non
possa più accadere una cosa tanto orribile.
Veronica Bonelli
(Scuola media G. Corsi - Trieste)
Un momento del film ”Train de vie”, uno dei molti che raccontano la Shoah
Un giorno davvero particolare assieme alla mia
famiglia. Siamo andati a
Trieste a fare una passeggiata lungo la Via Napoleonica (o Vicentina): si
chiama così proprio perché nel 1830 venne eretto
l'Obelisco di Poggioreale
dall'imperatore Francesco I, a ricordo dall'apertura della strada TriesteLubiana. Il monumento
venne poi restaurato dalla società Alpina delle
Giulie, che lo volle dedicare al suo socio Nicolò
Cobolli.
Camminando,
passo a passo, mio padre
mi ha descritto il tratto di
confine della Slovenia, a
sud la costa Istriana, a
nord-ovest le Alpi e, in
lontananza, oltre la prominente punta Spigolo, le
foci dell'Isonzo e la laguna di Grado. Dopo alcuni
metri spunta l'abbagliare
del sole e la sua luce “possente “mostra ai nostri occhi un panorama splendido e meraviglioso. Si intravedono le navi, le quali nell'azzurro del mare ci
fanno immaginare il mondo quanto è grande, e
quanto siano state per noi
una rivoluzione offrendoci non solo il commercio
ma anche permettendoci
di scoprire le meraviglie
più preziose della terra.
Andando avanti incontriamo alcuni rocciatori
che dispongono di un'attrezzatura adatta, per
“scalare” le falesie del
Monte Grisa: su queste
venne scolpito lo stemma
dell'aquila bicipite (cui,
ahimè, sono state mozzate le teste). Poi proseguendo lunga la strada asfaltata, il sentiero si fa sempre più stretto, ghiaioso,
ma ben agevole, e presto
raggiungono i giardini
dell'Obelisco. Quasi a metà sentiero si intravede
una sorta di piscina, che
scopriamo è una fontana
lungo la pineta di Barcola. Durante la passeggiata
ci fermiamo per alcuni secondi: la stanchezza si fa
sentire. Ma, finalmente,
siamo arrivati. Ci aspetta
un “cono ribaltato “ che
rappresenta
l'Obelisco.
Restiamo ancora qualche
minuto nella piazzetta e
ci godiamo il panorama:
ormai il cielo si fa sempre più cupo e il mare increspato. Da qui si può
ammirare la raffinata bellezza di piazza Unità. Ci
accorgiamo che il vento tira e il sentiero si fa sempre meno desiderare. Al
ritorno si fa molta più fatica: c'è la bora che muove
i rami degli alberi. Guardo attentamente il mare
mosso e cupo: in lontananza si vedono le nuvole
azzurre e il sole illumina
Punta Salvore, il riflesso
dorato sul mare giunge fino ai miei occhi. Il mare
sembra un monte: le sue
acque si scatenano sempre più. Quasi giunti al
punto di partenza rivediamo gli scalatori: ci sembra strano vedere l'uomo
che prima era in maniche
corte adesso tutto imbottito. Anche noi ci copriamo
dal forte vento e prima di
risalire in macchina per
il viaggio di ritorno, la via
Vicentina si fa ancora desiderare e ci fermiamo
per qualche minuto ad
ammirare il panorama di
Barcola e il suggestivo castello di Miramare. Sono
stata molto felice di aver
passato questa giornata
in famiglia e di aver conosciuto la bellezza della città di Trieste.
Anna Paron
(Scuola media U. Pellis Fiumicello)
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[trieste - 29] il piccolo/speciali red/2 04