Jobs Act, l’occupazione stagna ma Renzi
grida al miracolo
- Roberto Ciccarelli, ROMA,08.01.2016
Istat. A novembre la stima annuale dei dipendenti è invariata, crollano le partite Iva, boom degli
inattivi. Confermato lo squilibrio del mercato del lavoro italiano: i giovani non lavorano, tra gli over
50 è boom di posti di lavoro. Il presidente del Consiglio apprezza la disoccupazione ai minimi da tre
anni ma non dice nulla sul record dei contratti precari
Abolite la realtà. Sterminate i poveri, saggi gufi. Per Renzi l’Italia ha il segno più e l’occupazione
vola. La storia è nota: le «riforme» funzionano, avanti la prossima. Il disco è rotto. «La
disoccupazione che continua a scendere è dimostrazione che il Jobs Act‬ funziona. L’Italia che riparte,
riparte dal lavoro #lavoltabuona» ha scritto ieri su twitter il presidente del Consiglio commentando
i dati Istat sull’occupazione a novembre. «La disoccupazione è ai minimi da tre anni – ha detto il
ministro del lavoro Poletti — Auguri sinceri a tutti quelli che hanno avuto un lavoro e a quelli il cui
contratto precario è stato trasformato in rapporto di lavoro stabile e un grazie agli imprenditori».
Jobs Act, una narrazione tossica
È una narrazione tossica, contro la quale fortunamente crescono gli anticorpi, insieme alla capacità
diffusa di leggere i numeri: la vera ossessione per un governo che li considera uno spauracchio.
Manca il coraggio della verità per dire ai cittadini che in Italia l’occupazione è stagnante, c’è una
crescita del lavoro a termine e precario, insieme a un balzo di tigre dell’inattività sul mercato del
lavoro tra i 15 e i 64 anni. Lì’occupazione creata, Poletti dixit, è il risultato delle trasformazioni dei
vecchi contratti. Non è nuova occupazione in settori produttivi.
A novembre, sostiene l’Istat, la disoccupazione cala dall’11,5 al 11,3% (da settembre: –134 mila
unità), mentre il tasso di occupazione aumenta solo dello 0,1%. Rispetto al novembre 2014, quando
gli incentivi del Jobs Act non c’erano ancora, i dipendenti occupati in maniera permanente oggi sono
141 mila in più e rappresentano la maggior parte dei 247 mila in più registrati ieri dall’Istat.
I lavoratori indipendenti, ad esempio le partite Iva, diminuiscono ancora di 41 mila unità sull’anno,
anche se registrano un lieve aumento tra ottobre e novembre. I contratti a tempo determinato
crescono del 4,5%, quelli a tempo indeterminato dell’1% e nel 2015 sono +70mila.
Istat. JobsAct + sgravi non fanno crescere lavoro indeterminato rispetto a termine che aumenta in
un anno del 4.5% (elaborazione Marta Fana)
25 mila euro per assunto
La Uil ha calcolato che ogni nuovo occupato “a tempo indeterminato” — cioè un lavoratore
stabilmente precario con il contratto «a tutele crescenti» e senza articolo 18 – è costato al
contribuente italiano 25 mila euro. Quando finiranno gli incentivi, e queste persone perderanno il
lavoro, i 9 miliardi mobilitati da Renzi saranno stati inutili. Una spesa improduttiva. Agghiacciante.
Come sempre con i dati di quei gufi dell’Istat il diavolo sta nel dettaglio e nel saldo: 106 mila
occupati (su 141 mila) sono a termine, prodotti della riforma Poletti che ha sfigurato il contratto
a termine, precarizzandolo all’infinito. La stima annuale dei dipendenti resta dunque invariata,
scrive l’Istat. La crescita registrata ieri di 40 mila occupati in più si spiega con l’avvicinarsi della fine
dell’anno e la scadenza degli incentivi erogati a pioggia dal governo per vellicare l’opportunismo
degli imprenditori non per creare nuova occupazione. Nel 2016 la decontribuzione sui nuovi assunti
diminuirà al 40% fino a 3.250 euro annui per la durata di due anni.
Intervista a Guglielmo Loy (Uil): «Altro che Jobs Act, il lavoro cresce per la riforma Fornero»
Il saldo della discordia
E veniamo al saldo occupazionale, la voce mai considerata dalle fanfare di governo. Al decrescere
della disoccupazione corrisponde la crescita del tasso di inattività: l’Italia è al 36,4% e nel 2015
è rimasto invariato tra i 15 e i 64enni. In un anno sono stati registrati 206 mila occupati in più. Nello
stesso periodo ci sono stati 138mila lavoratori che non cercano più un’attività e sono scoraggiati. Un
record tutto italiano per un mercato del lavoro drogato dagli incentivi, precario e senza garanzie.
Nel terzo trimestre il tasso di occupazione nel nostro paese si conferma fanalino di coda in Europa
e continua a scendere: oggi siamo al 56.4% (-0.3).
Dati Eurostat sugli inattivi: un record italiano
Il problema è l’atterraggio
C’è un positivo aumento di 30 mila occupati tra gli under 24, ma un aumento degli inattivi con 37
mila unità in più. Tra i 25 e 49enni in un solo anno l’occupazione è crollata di 98 mila unità. Tra i 25
e i 34 anni: si contano 139 mila disoccupati in meno, ma anche 140 mila inattivi. Il saldo è negativo.
Istat, crollo dell’occupazione 25–49 anni (elaborazione F. Seghezzi, Adapt)
Le serie storiche dell’Istat ci permettono di valutare la struttura del mercato del lavoro italiano
nell’ultimo decennio. La conferma è inequivocabile: per il funesto combinato disposto tra la riforma
Fornero che ha allungato l’età pensionabile, le leggi sulla precarietà e le riforme Renzi (Jobs
Act+riforma Poletti del contratto a termine) l’occupazione tra gli under 35 è calata di 2,3 milioni,
mentre gli occupati over 50 sono cresciuti di oltre 2,4 milioni. Tra i 25 e i 34 anni un ecatombe: persi
1,8 milioni di lavoratori in meno in dieci anni e un calo del tasso di occupazione di oltre dieci punti
(dal 69,7% al 59,4%).
Se a novembre 2005 risultavano occupate 7,3 milioni di persone under 35 (1.541 milioni tra i 15 e i
24 anni, 5.797 milioni tra i 25 e i 34 anni) dieci anni dopo le persone al lavoro in questa fascia di età
erano appena 4.997 milioni (944 mila under 25 e 4.053 milioni tra i 25 e i 34 anni). È cresciuto il
tasso di disoccupazione in maniera significativa per gli under 25 (dal 22,5% al 38,1%) ma anche per
la fascia di età successiva passando dal 10,3% del novembre 2005 al 17,1% del novembre 2015 (era
all’8,2% nel novembre 2007, prima della crisi). Per i lavoratori nella fascia di età più matura (50 anni
e più) invece, negli ultimi 10 anni si è registrato un incremento delle persone al lavoro di oltre 2,4
milioni.
Nel 2005 gli ultracinquantenni al lavoro erano appena 5,09 milioni. Dieci anni dopo sono 7,5 milioni.
E in questa fascia d’età aumentano i disoccupati (da 185 mila a 508 mila) insieme al tasso di
disoccupazione (dal 3,5% al 6,3%).
Istat, in Italia è boom dell’occupazione degli over 50 (elaborazione Francesco Seghezzi, adapt)
Questo non è un paese per «giovani». E nemmeno per gli inattivi che non hanno un reddito minimo,
né uno straccio di politiche attive e pochissimo contro la povertà per rallentare la caduta e non farli
sfracellare all’atterraggio.
© 2016 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE
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