Luca 18, 9-14
9 In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni
che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli
altri:10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e
l'altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava cosi tra sé:
"O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri,
ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due
volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo". 13
II pubblicano invece, fermatesi a distanza, non osava nemmeno alzare
gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di
me peccatore". 14 Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a
casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi
invece si umilia sarà esaltato».
( Bibbia Cei : Versione 2008 )
LETTURA (= leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 18, 9-14
Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e
disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e
l`altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti
ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come
questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto
possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli
occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io
vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell`altro, perché chi si
esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».
( Bibbia Cei : Versione 1971 )
Esegesi
La seconda parabola sul tema della preghiera che caratterizza l’inizio del capitolo
18, è quella del pubblicano e del fariseo. (9-14 ).
Una caratteristica delle parabole di Luca è di rappresentare l’atteggiamento
religioso giusto o sbagliato mediante l’opposizione, tra due protagonisti , per esempio nella
parabola dei due figli (15,11-32) o in quella del ricco e del povero Lazzaro ( 16, 19-31) . Nel
presente racconto, riferito soltanto da Luca, i protagonisti sono due rappresentanti di
posizioni estreme: i farisei e i pubblicani. La prospettiva entro la quale Luca pone la
parabola è quella di una lezione di umiltà; il tema della preghiera è ancora presente, ma solo
in quanto ci permette di leggere nell’intimo delle persone.
PRESUMEVANO DI ESSERE GIUSTI (9 )
Chi siano questi “alcuni” non è detto esplicitamente, ma rassomigliano ai farisei già
incontrati in 7, 36-50; 15, 2; 16, 15. Il tema della pretesa giustizia degli uomini opposta alla
vera giustizia che viene da Dio è classico in Paolo ( Galati 2, 16, Romani 10, 3 ). “Credersi
giusti” e “disprezzare gli altri” sono indissociabili, dipendono dallo stesso atteggiamento
interiore.
SALIRONO AL TEMPIO (10 )
Salgono dalla città bassa al monte Moriah, al tempio, dove si saliva due volte al
giorno per la preghiera.
FARISEO E PUBBLICANO (10 )
Il fariseo è più vicino a Dio, perché osserva la legge, mentre il pubblicano è già
in peccato, secondo la legge, perché lavora alle dipendenze dei Romani. Quanto al danaro i
pubblicani erano tentati di arricchirsi ingiustamente col loro mestiere ed erano perciò mal
visti, anche i farisei però erano amanti della ricchezza (16, 14 ).
IL FARISEO (11 )
Il fariseo sta in piedi , segno di fierezza e autosufficienza; la preghiera è un
monologo; il fariseo non guarda a Dio ma a se stesso con compiacenza; non ha coscienza
di essere un peccatore, non ha vera fede, immagina un Dio contabile
di meriti e
distributore di ricompense.
TI RINGRAZIO (11 )
Ringrazia Dio di essere esente dai vizi degli altri e di essere ricco di opere meritorie:
osserva la legge, digiuna più del prescritto, paga le tasse. Sembra un ringraziamento, ma è
un far mostra di sé, dei suoi diritti, del suo credito davanti a Dio. E’ una preghiera atea.
QUESTO PUBBLICANO (11 )
L’altra faccia di questa deformazione religiosa è il disprezzo per gli altri.
IL PUBBLICANO ( 13 )
L’altro protagonista, l’esattore delle imposte, è spaesato e confuso; manifesta una
viva coscienza del suo essere peccatore. Non osa neppure alzare gli occhi al cielo, come
normalmente si faceva pregando, dimostra prima con i fatti e poi con le parole di essere
cosciente della sua miseria spirituale ( fermatosi a distanza, si batteva il petto). E’ la
preghiera del povero che si rimette completamente a Dio.
IO VI DICO (14 )
Gesù non critica l’impegno morale del fariseo e non approva l’attività fraudolenta
del pubblicano, ma sconcerta tutti con la conclusione: il peccatore sarà giustificato da Dio,
il preteso giusto sarà abbandonato alla sua giustizia.
E’ qui l’idea centrale della parabola: ciò che rende giusti, graditi a Dio non sono i nostri
meriti, le nostre virtù. Non è il “nostro” che ci avvicina a Dio, ma il “suo”, la grazia, il
perdono.
CHI SI ESALTA (14)
Questa frase finale forse proviene da un altro contesto e qui di per sé non sta
nel posto esatto. Luca tuttavia vuol concludere con una massima generale di Gesù:
l’umiltà è il passaporto per essere ammessi nel regno di Dio.
MEDITAZIONE (=meditare con attenzione e ascoltare con amore)
FARISEO E PUBBLICANO
L’uomo incarnato nel fariseo osservante, che facendo appello unicamente alle sue
risorse, ritiene di potersi salvare da solo. La ricompensa è qualcosa che gli è dovuto. L’altro
tipo di uomo, incarnato nel pubblicano della parabola, è quello del peccatore che sa di essere
tale. Si colloca così nella “verità”. Sa di non potersi salvare da solo, e perciò di rimette
umilmente a Dio.
Non c’è posto nel cristianesimo per l’autoredenzione. Questa non era solo una
tentazione dei farisei antichi che pensavano di salvarsi con la scrupolosa osservanza delle
leggi. Oggi l’uomo tecnico ripone la sua realizzazione nel progresso scientifico, il politico
nei sottili calcoli della diplomazia , molti nella ricchezza, altri nel potere. Alla base c’è lo
stesso atteggiamento che sia possibile costruire la salvezza con le sole forze umane. Ma chi
confida in se stesso, si chiude, la sua mentalità non gli permette di aspirare ad una giustizia
superiore. Vuole giustificarsi da sé e perciò, secondo una forte espressione di Gesù, “il suo
peccato rimane”. Il “povero di spirito” delle beatitudini sa di non avere nulla e si apre al
dono di Dio. E’ l’uomo aperto e disponibile, che ha “fame e sete della giustizia”. Dio gli va
incontro col dono inaudito della sua grazia, lo strappa dalla sua miseria e lo arricchisce della
sua stessa vita. (Riflessioni di Mariano Magrassi )
TORNO’ A CASA GIUSTIFICATO
Perché il pubblicano viene giustificato, mentre il fariseo no ? Il fariseo si sente
giusto perché osserva la legge e prova un forte disprezzo nei confronti degli altri, che
ritiene non giusti. Ma Dio, il solo che salva, non giustifica chi crede di approdare con le
sue sole forse alla salvezza, pretendendo di escluderne gli altri. Al contrario il pubblicano
non può fare nessun confronto con gli altri, perché è consapevole di essere il peggiore, e si
fida solo di Dio e a lui si rivolge chiedendo misericordia e il Signore lo perdona e lo
giustifica.
L’ILLUSIONE DI CHI GIUDICA GLI ALTRI
Ci sono persone che dicono di amare Dio, ma non amano il prossimo : gente che ha
il coraggio di pregare e contemporaneamente di disprezzare chi non è come loro, gente che
fa la comunione e poi parla volentieri male degli altri, gente che fa le offerte in chiesa e
nella vita imbroglia il prossimo. Costoro credono che Dio sia cieco o poco intelligente e che
si lasci ingannare dalle apparenze, ma si ingannano. Chi non vuol bene alla gente con la quale
vive non è amico di Dio e chi giudica e disprezza i fratelli non è buon figlio del Padre di tutti,
anche se prega e va spesso in chiesa. Si può essere farisei anche dicendo : “ Io non sono
come quegli ipocriti che vanno in chiesa e poi fanno peggio degli altri”. Anche questo modo
di giudicare è, in fondo, spietato ; si mette il prossimo davanti ad una legge e in base a quella
lo si condanna. Dio non è così, per fortuna. Dio non ce l’ha con i peccatori, ma li guarda
con amore sollecito e fa di tutto per salvarli.
LA PREGHIERA DELL’UMILE PENETRA LE NUBI
C’è da chiedersi se chi è chiuso nell’autosufficienza possa pregare. Magari tenta di
farlo, ma invece di lodare Dio, loda se stesso. L’asse attorno a cui ruotano i pensieri rimane
l’io. Ma la preghiera è il momento in cui si entra nell’area di Dio. Si va a Lui perché si è
capito che è la Fonte del bene, e che senza di lui nulla ha valore. “Non voglio presentami a
Dio con i miei meriti, dice Santa Teresa di Lisieux. Vado a Lui con le mani vuote, perché le
colmi dei suoi beni. Allora divento capace di fare “opere buone” “. E’ il suo amore gratuito
che mi rende buono, non la mia bontà che attira il suo amore. In fondo come osservava
Agostino, anche i meriti sono suoi doni. ( M. Magrassi )
DAL PENTIMENTO ALLA CONVERSIONE
Solo chi ha coscienza della propria incapacità in ordine alla salvezza eterna, solo chi
ha fede nel Dio che “solo” salva, solo chi si affida con pieno abbandono al Signore, è
giustificato. Il Vangelo è messaggio di speranza per una vita nuova, e quindi per una
esistenza personale che si rinnova. Non vi è posto, di fronte a Dio, per chi gioca al peccato
e al perdono : pecca nella fiducia del perdono, e chiede perdono con la prospettiva di
peccare. Gesù è andato incontro a molti peccatori, ma questi, perdonati, hanno cambiato vita
e sono diventati suoi discepoli.
LA PARABOLA RIGUARDA ANCHE LA CHIESA
La parabola vale anche per la comunità cristiana. Noi amiamo la Chiesa, di cui siamo
parte viva: vorremmo perciò che fosse sempre santa e immacolata, coerente con il vangelo,
che non ci mettesse in imbarazzo. C’è però pericolo che stendiamo sulla chiesa una patina
di fariseismo, quando ne proclamassimo soltanto le cose buone e ne nascondessimo, con un
po’ di ipocrisia, le piccole o le grandi infedeltà. La Lumen Gentium precisa: “Mentre
Cristo, “santo, innocente, immacolato” non conobbe il peccato e solo venne a espiare i
peccati del popolo, la Chiesa, che comprende nel suo seno i peccatori, santa e sempre
bisognosa di purificazione, mai tralascia la penitenza e il suo rinnovamento.” Sappiamo tutti
quante volte Giovanni Paolo II, in particolare durante il Giubileo, ha chiesto perdono per
i peccati dei cristiani nel corso della storia.
HO CONSERVATO LA FEDE
L’uomo è “ giustificato” perché la fede in Cristo gli dà accesso al Padre in
qualità di figlio adottivo. E la salvezza che viene solo da Dio, diventa sorgente di ogni
attività filiale in cui si compie oltre ogni misura la fedeltà alla nuova legge dell’amore.
L’esistenza di Paolo si conclude con un apparente fallimento : abbandonato da tutti sta per
essere ucciso, ma sa che ha conservato il dono più prezioso, la fede, e che pertanto è salvo.
Niente altro infatti può salvarci. L’uomo che fa appello unicamente sulle sue risorse è perso,
chi ha fede in Dio è salvo. (Messalino L.D.C )
DIO GIUSTIFICA
Dalla preghiera del Fariseo emerge un volto di Dio legato alle opere della legge.
Dio sarebbe giusto, perché darebbe a ciascuno secondo i suoi meriti, la salvezza sarebbe una
semplice retribuzione. L’annunzio del Vangelo, la buona notizia, sta nell’affermare che Dio
è giusto, perché salva il peccatore, colui che a causa del peccato è senza speranza. E’ giusto
perché giustifica. Non sono i meriti umani a rendere giusto l’uomo. “Tutti hanno peccato e
sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia ( Rm 3, 2324 ). La giustizia di Dio è gratuità e amore, bontà e misericordia. Pretendere di realizzare
una certa eguaglianza tra le proprie opere e Dio è pretendere di far bastare quanto è
radicalmente insufficiente, dato che qualunque cosa facciamo è insufficiente: “Quando avere
fatto tutto quello che vi è stato comandato, dite: siamo servi inutili”. Dio non ha bisogno di
nulla, nemmeno della nostra lode, come dice il IV prefazio comune: “ Tu non hai bisogno
della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie” . Dice S.
Agostino: “ Per lui il dono migliore è questo: dargli motivo di farci dei doni. Non ci
chiede né esige altro per la nostra salvezza. Egli ritiene che gli abbiamo dato tutto quando ci
comportiamo in modo che lui possa darci tutto, mediante lo stesso Signore nostro Gesù
Cristo”. ( Riflessioni di Carlo Bresciani )
PROCLAMAZIONE DEL MESSAGGIO
Paolo ha trasformato il processo contro di lui in un annunzio di Cristo : davanti al
tribunale sfruttò l’occasione per proclamare l’amore di Gesù. Anche oggi esistono cristiani
che si comportano come Paolo. Ciò che chiedono a Dio non è tanto la liberazione dal dolore,
ma la capacità di amare anche nella sofferenza e da Dio attingono una tranquilla
sicurezza. Dio sta loro accanto, concede la capacità di amare e fa diventare preziosa la loro
sofferenza.
L’UMILTA’ OTTIENE IL PERDONO
Poiché la fede non è dei superbi, ma degli umili, "disse per alcuni che credevano di
essere giusti e disprezzavano gli altri, questa parabola. Due uomini andarono al tempio a
pregare; un fariseo e un pubblicano. Il fariseo diceva: Ti ringrazio, Dio, che non sono come
tutti gli altri uomini" (Lc 18,9s). Avesse detto almeno: come molti uomini. Che cosa dice
questo "tutti gli altri", se non tutti, eccetto lui? Io, afferma, sono giusto; gli altri son tutti
peccatori. "Non sono come tutti gli altri uomini, ingiusti, ladri, adulteri". Ed eccoti dalla
vicinanza del pubblicano un motivo di orgogliosa esaltazione. Dice, infatti: "Come questo
pubblicano". Io sono solo, dice; questo è uno come tutti gli altri. Non sono come costui, per
la mia giustizia, per cui non posso essere un cattivo, io. "Digiuno due volte la settimana, pago
le decime su tutte le mie cose". Cerca nelle sue parole, che cosa abbia chiesto. Non trovi
niente. Andò per pregare; ma non pregò Dio, lodò se stesso. Non gli bastò non pregare, lodò
se stesso; e poi insultò quello che pregava davvero. "Il pubblicano se ne stava invece
lontano"; ma si avvicinava a Dio. Il suo rimorso lo allontanava, ma la pietà lo avvicinava.
"Il pubblicano se ne stava lontano; ma il Signore lo aspettava da vicino. Il Signore sta in
alto", ma guarda gli umili. Gli alti, come il fariseo, li guarda da lontano; li guarda da lontano,
ma non li perdona. Senti meglio l`umiltà del pubblicano. Non gli basta di tenersi lontano;
"neanche alzava gli occhi al cielo". Per essere guardato, non guardava. Non osava alzare gli
occhi; il rimorso lo abbassava, la speranza lo sollevava. Senti ancora: "Si percoteva il petto".
Voleva espiare il peccato, perciò il Signore lo perdonava: "Si percuoteva il petto, dicendo:
Signore, abbi compassione di me peccatore". Questa è preghiera. Che meraviglia che Dio lo
perdoni, quando lui si riconosce peccatore? Hai sentito il contrasto tra il fariseo e il
pubblicano, senti ora la sentenza; hai sentito il superbo accusatore, il reo umile, eccoti il
giudice. "In verità vi dico". E` la Verità, Dio, il Giudice che parla. "In verità vi dico, quel
pubblicano uscí dal tempio giustificato a differenza di quel fariseo". Dicci, Signore, il perché.
Chiedi il perché? Eccotelo. "Percbé chi si esalta, sarà umiliato, e chi si umilia, sarà
esaltato". Hai sentito la sentenza, guardati dal motivo; hai sentito la sentenza, guardati dalla
superbia. (Agostino, Sermo 115, 2)
PENSA A TE STESSO
Mi verrebbe meno il giorno, se volessi elencare gli studi di quelli che s`interessano
del Vangelo e quanto esso si adatti a tutti. Pensa a te stesso; sii sobrio, ascolta i consigli,
controlla il presente, prevedi il futuro. Non trascurare, per indolenza, il presente e non
t`illudere d`aver già in mano cose future, che ancora non sono e forse non si avvereranno mai.
Non è questa la malattia propria dei giovani, che per leggerezza dimente credono di avere già
le cose che sperano? Infatti in un momento di riposo o nella pace della notte costruiscono
delle immagini di cose inesistenti e si ripromettono splendore di vita, illustri matrimoni, figli
fortunati, lunga vecchiaia, tributi di onore. Poi, incapaci come sono di fermarsi a una
qualsiasi speranza si lasciano trasportare dall`ardore del loro animo alle cose piú grandi della
terra. Comprano case belle e grandi e le riempiono di preziosa e vaga suppellettile; e
aggiungono tutto quanto è fuori del mondo. Aggiungono greggi, folle di servi, magistrature
civili, principati, comandi militari, guerre, trofei, regno. Passate queste cose in rassegna, per
eccesso di stoltezza, credono presenti queste cose sperate e se le vedono già innanzi ai piedi.
E` la malattia dell`ignavo, veder nella veglia gli oggetti d`un sogno. Per reprimere questa
sfrenatezza di mente, la Scrittura enunzia il sapiente precetto: "Pensa a te stesso" e non
promette mai ciò che non esiste e dirige le cose presenti alla tua utilità. Penso che il
legislatore si sia servito di questo monito, per eliminare un tal vizio dalle abitudini degli
uomini. Perché a noi è piú facile curiosare nelle cose altrui, che pesare le proprie cose. Perciò
finiscila di andare a scovare nei mali altrui, guardati dal frugare nelle malattie altrui, volgi gli
occhi e scruta te stesso. Non son pochi coloro che, secondo la parola del Signore (Mt 7,3),
vedono la pagliuzza nell`occhio del fratello e non s`accorgono della trave che è nel loro
occhio. Non cessar mai di esaminarti se la tua vita si attiene al precetto; ciò che è intorno a
te, non lo guardare, perché non ti si presenti l`occasione di imitare quel fariseo, che
giustificava se stesso e disprezzava il pubblicano (Lc 18,11). Chiediti sempre se hai peccato
in pensieri, se la lingua sia stata troppo facile, se la mano sia stata temeraria. E se troverai che
hai peccato molto (e lo troverai, perché sei uomo), usa le parole del pubblicano: "Dio, abbi
pietà di me peccatore" (Lc 18,13). Bada a te stesso. Questa parola ti starà bene nel felice
successo, quando la tua nave è portata dalla corrente, e ti gioverà nei momenti difficili, in
modo che non diventi orgoglioso nel fasto e non disperi nell`avversità. Ti senti grande
perché sei ricco? T`inorgoglisci per la nobiltà dei tuoi antenati? Ti glorii della tua nazione,
bellezza, onori ricevuti? Pensa a te stesso: Sei mortale; vieni dalla terra e tornerai nella terra
(Gen 3,19) (Basilio di Cesarea, Hom. «Attende tibi ipsi», 5)
DIO PREFERISCE IL PECCATORE AL PUBBLICANO
Dato che egli aggiunge: «Perché dunque questa preferenza accordata ai
peccatori?» e cita opinioni analoghe, per rispondere dirò: il peccatore non è assolutamente
preferito a chi non ha peccato. Capita che un peccatore che ha preso coscienza della sua
colpa, e per tal motivo progredisce sulla via della conversione umiliandosi per i suoi
peccati, venga preferito ad un altro che si riguarda come meno peccatore, e che, lungi dal
credersi peccatore, si gonfia di orgoglio per certe qualità superiori che crede di possedere. E`
quel che rivela a chi legge lealmente il vangelo la parabola del pubblicano che dice: "Abbi
pietà di me peccatore", mentre il fariseo, con sufficienza perversa, si gloriava dicendo: "Ti
ringrazio perché non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neppure come
quel pubblicano". Gesú, infatti, conclude il suo discorso sui due uomini: "Il pubblicano scese
a casa sua giustificato, al contrario dell`altro, poiché chi si esalta sarà umiliato, e chi si
umilia sarà esaltato" (Lc 18,13; 1,14).Siamo ben lontani, perciò, «dal bestemmiare Dio e dal
mentire», insegnando ad ogni uomo, chiunque esso sia, a prendere coscienza della propria
umana piccolezza in rapporto alla grandezza di Dio, e a chiedere incessantemente ciò che
manca alla nostra natura a colui che solo può colmare le nostre insufficienze. (Origine,
Contra Celsum, 3, 64)
PREGHIERE DEL FARISEO E DEL PUBBLICANO
Il fariseo della Legge, nella sua preghiera al Tempio, in mostra metteva il ben
compiuto agli occhi tuoi che tutto scrutano. S`inorgoglisce l`anima insensata, se stessa
comparando all`uman genere lontano, ed al vicino pubblicano, che, nello stesso istante,
supplicava. Non sol non ebbe quel che domandava per il magniloquente suo linguaggio, ma
le antecedenti opre di giustizia, perse per il suo dire vanitoso. Ma allora che farò io alla mia
anima, affezionata al vizio totalmente, del tutto disattenta al buon oprare, e attenta ad
ammassar cattive azioni? Le buone azioni, in effetti, io non compio di cui si gloriava il
fariseo; eppure di gran lunga io lo supero nel vezzo del vanto e dell`orgoglio. Del pubblicano
dona bensí la voce …, all`anima guarita, per gridare di sua propria voce: «Mio Dio, perdona
i miei peccati!». Con lui, Signor, giustificami, con un sol verbo come facesti a lui; lo spirito
mio umilia dal di dentro, perché dalla tua grazia sia esaltato. (Nerses Snorhalí, Jesus, 659665)
PREGHIERA
(= pregare la parola)
• Signore, lungi da me credermi giusto; a me spetta gridare, a me conviene gemere, confessare,
non esaltarmi, non vantarmi, non gloriarmi dei miei meriti, perché anche se ho qualcosa di
cui essere lieto, che cosa ho che non abbia ricevuto ? ( S. Agostino )
• Padre santo, luce inaccessibile, fonte di bene, amore. Davanti a te nessuno può sostare senza
riconoscersi peccatore. Dio di tenerezza, il tuo cuore freme tuttavia quando vedi il povero
umiliato o il peccatore nel fango della sua miseria. Ecco nella mia carne la povertà di tutti i
poveri, la bassezza di ogni umiliazione, la miseria di ogni peccato, triste retaggio di ogni
uomo. (Serve di Maria )
• Se dicessi a me stessa: ho acquisito questa virtù, sono sicura di poterla praticare, sarebbe
appoggiarsi alle proprie forze, e quando siamo a quel punto si rischia di cadere nel baratro.
Quando io cado, ciò mi fa toccare col dito il mio nulla e io dico: che diverrei, che farei, se
mi appoggiassi alle mie forze? ( S. Teresa di Lisieux )
• O Dio. tu non fai preferenze di persone e ci dai la certezza che la preghiera dell’umile penetra
le nubi, guarda anche a noi come al pubblicano pentito, e fa che ci apriamo alla confidenza
nella tua misericordia per essere giustificati nel tuo nome. ( Colletta 30 p.a C )
• Liberaci, Signore, da ogni falso comportamento religioso: il fariseo non riviva nei nostri atti
di culto, e l’orgoglio non inquini i nostri atteggiamenti e le nostre parole.
• Tienici lontani, o Signore, dall’errore di crederci migliori degli altri: se non sentiamo fratelli
tutti i nostri simili. Come potremo dirci figli dell’unico Padre? Che nessuno di noi osi
giudicare il fratello. Apri i nostri occhi sulle nostre colpe, o Signore, e non sulle colpe degli
altri: consapevoli del nostro peccato, lo confesseremo umilmente con la certezza del tuo
perdono. ( Serve di Maria )
• Non è facile, o Signore, ammettere di essere peccatori e umiliarsi davanti a te e ai fratelli con
sincerità di cuore: l’esperienza ci insegni che solo la verità ci rende veramente liberi. (
Serve di Maria )
• Vieni a risvegliarci con il tuo allarme, o Signore, ogni volta che sentiamo sorgere il disprezzo
nel nostro cuore, e non permettere che questo sentimento così rischioso metta radici in noi. (
D. Pezzini )
• Quando il ricordo delle cose buone che facciamo emerge nella nostra mente, accompagnalo
subito, o Padre di ogni bene, con il ricordo della nostra fragilità e della tua generosità. ( D.
Pezzini)
CONTEMPLAZIONE ( = silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE ( = assunzione di impegni concreti )
Vivere la verità nell’umiltà e la carità nell’accoglienza.
30 Domenica del tempo ordinario : C
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Luca 18, 9-14 - Nuova evangelizzazione