A differenza di qualunque altro racconto di Gesù questa parabola è ambientata con precisione: ci troviamo nel tempio di Gerusalemme. Molto probabilmente Gesù si è fermato una volta ad osservare una scena simile a questa descritta. Allo stesso tempo questo ci spalanca una finestra sul mondo osservato da Gesù. Particolare attenzione egli dedica all’osservazione della vita religiosa: la vedova, i mercanti …, a noi!!! Anche in questa parabola Gesù introduce un elemento sorprendente: l’eroe della parabola è uno degli odiatissimi collettori di tasse, un pubblicano, considerati traditori e venduti ai Romani. La scelta di Gesù non è casuale: si dovrebbe pregare con la perseveranza della vedova (Mc 12, 41-44) e con l’umiltà del pubblicano. Il fariseo I vangeli presentano i farisei come ipocriti, maniaci del formalismo e di una sterile casistica, incapaci di distinguere l’accessorio dall’essenziale, legati alla lettera e non attenti allo spirito. Il fariseo è uno che nutre il senso della propria immagine mediante il confronto con gli altri. Ha bisogno sempre del paragone. E’ uno tutto ripiegato su se stesso, si autocompiace. Per quanto preghi egli non giunge mai ad ammettere di aver bisogno di qualcosa, nemmeno di Dio. Nella sua preghiera il fariseo si vanta con Dio delle sue virtù! Nella sua vita quotidiana mantiene un rigido controllo su ogni cosa. Pregando, si giudica e si giustifica da solo!!! Il fariseo ritiene che la vita, a ogni livello, sia questione di prestazione personale e successo. Confida solo in se stesso. Il fariseo crede di aver raggiunto la vetta. Per il fariseo gli ‘altri’ hanno perso e lui ha vinto. Il fariseo si compiace immensamente di non essere come le altre persone. Il pubblicano Emerge subito la differenza con il fariseo. Il ‘pubblicano’ (uno che raccoglie tributi per il padrone e spesso ne approfitta) confessa di non aver nulla da esibire davanti a Dio. Rimane ‘a distanza’, si batte il petto, riconosce la sua colpa: “O Dio, sii buono con me peccatore”. Eppure implorando continuamente la misericordia divina, trova accoglienza presso Dio. Essendo egli stesso peccatore non si sognerebbe mai di criticare gli altri. Il pubblicano sa che ciò che conta è unicamente tutto ciò che Dio fa per noi, non ciò che riteniamo di fare per lui. Non siamo chiamati ad accumulare una serie infinita di meriti in base ai quali congratularci con noi stessi; siamo chiamati ad ammettere, specie nella preghiera, la nostra necessità costante della misericordia divina. I due si differenziano per quanto riguarda la gratitudine. Il fariseo comincia dicendo “Dio ti ringrazio” ma subito dopo la preghiera ritorna ad essere egocentrica. Il pubblicano invece si limita a dire: “Sii benigno con me, peccatore”. In questa preghiera sono implicite la gratitudine ed il ringraziamento. Per la giusta considerazione di se stessi … imparare a coltivare la GIUSTA STIMA DI SE’ 5 passi * Superare il “non ci riesco” ** Superare il “devo” riuscire a tutti i costi *** Superare il “timore delle conseguenze” **** Superare lo schema della “vecchie abitudini” ***** Superare gli impacci e i blocchi psicofisici.