Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati UNITEIS Problematiche relative agli obblighi fiscali dei Vostri associati verso il Fisco italiano Carlo Corocher 28/03/2012 1 - Definizione del problema Codesta Associazione UNITEIS mi ha sottoposto la situazione di disagio e di incertezza dei suoi associati riguardo all’individuazione dei corretti comportamenti fiscali che loro competono nella loro condizione di soggetti di nazionalità italiana che vivono e lavorano all’estero (in particolar modo in Germania) per tutta, o quasi, la durata dell’anno I casi e le situazioni personali degli associati sono senz’altro diversi e meritevoli di essere individualmente considerati, ma in questa sede mi limiterò necessariamente a fornire indicazioni di carattere generale valide per le situazioni più comuni che ho cercato di riassumere nelle seguenti circostanze: - persone fisiche di nazionalità italiana - che vivono e lavorano in Germania per tutto l’anno o per gran parte dell’anno (comunque sempre per più di sei mesi) conducendo gelaterie per lo più come imprenditori individuali o, qualche volta, in qualità di soci e amministratori di società. - sposate, con coniuge che a volte svolge in Italia attività lavorativa - con figli che frequentano scuole italiane se in età scolare - che hanno una casa di abitazione in Italia (in proprietà o in affitto) dove vivono il coniuge e i figli se in età scolare (e/o i genitori) e dove si ricongiungono con la famiglia per circa tre mesi all’anno durante i mesi invernali di sospensione dell’attività in Germania - che hanno abitazione permanente in Germania, in proprietà o in locazione, dove si ricongiungono con il coniuge e i figli e/o i genitori in estate (per un periodo più o meno lungo compatibilmente con il calendario scolastico dei figli e con gli eventuali problemi di lavoro del coniuge) - che molto spesso, nel periodo di lavoro intenso e continuativo che va da marzo a novembre, vengono raggiunte in Germania dal coniuge e /o dai genitori (contemporaneamente o a turno a seconda dell’esistenza di figli in età scolare in Italia e con le esigenze di assistenza nei loro confronti) per un aiuto in azienda - che sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente in Germania - che versano in Germania le imposte e i contributi previdenziali ed assistenziali e pertanto maturano nel tempo il diritto alla pensione tedesca e godono dell’assistenza sanitaria tedesca - che non svolgono alcuna attività in Italia - che peraltro in Italia intrattengono rapporti di c/c bancari se non altro per i bisogni dei familiari - che qualche volta risultano iscritte all’Aire (anagrafe degli italiani residenti all’estero, tenuta dai comuni italiani di precedente residenza) e cancellate dall’anagrafe comunale dei residenti in Italia -1- Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto - che qualche volta, invece, sono rimaste iscritte alle anagrafi comunali dei residenti in Italia e non all’Aire perché i Comuni italiani frappongono difficoltà all’iscrizione all’Aire che , in molti piccoli comuni, determinerebbe una diminuzione sensibile dei residenti. 2 - Importanza della corretta individuazione della residenza fiscale Sono fiscalmente residente in Italia? Questa è la domanda cui è necessario rispondere preliminarmente. E’ dalla risposta a questa domanda che dipendono il tipo di obblighi fiscali verso lo stato italiano. Per chi è fiscalmente residente in Italia gli obblighi fiscali verso lo Stato italiano sono diversi e maggiori rispetto a quelli che fanno capo a chi non è fiscalmente residente come si vedrà qui di seguito. Nella consapevolezza che, in applicazione delle varie leggi nazionali, una persona può risultare fiscalmente residente in due Stati e che, in tale caso, come vedremo più avanti, il conflitto andrà risolto sulla base delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, per individuare gli obblighi della persona verso il fisco italiano è necessario innanzitutto stabilire se essa abbia residenza fiscale in Italia sulla base delle leggi italiane Se la persona ha residenza fiscale in Italia dovrà senz’altro assolvere gli obblighi fiscali “dei residenti”, a meno che non abbia anche residenza fiscale nello stato estero sulla base della legge fiscale straniera ed il conflitto non venga risolto in favore della residenza fiscale nello stato estero sulla base della convenzione bilaterale, nel qual caso la persona assolverà in Italia gli obblighi dei “non residenti” fermi gli obblighi verso lo stato estero di residenza fiscale che peraltro esulano da questa relazione. Obblighi in Italia della persona fiscalmente residente in Italia Il fatto di essere fiscalmente residenti in Italia comporta: Obbligo di dichiarazione dei redditi in Italia per i redditi ovunque prodotti Secondo le norme fiscali italiane (art. 3 TUIR) i residenti in Italia sono assoggettati in Italia a tassazione sul reddito complessivo formato da tutti i redditi ovunque prodotti (worlwide principle) e quindi formato anche dai redditi prodotti all’estero. Sul reddito complessivo vengono calcolate le imposte italiane, dal cui importo, per effetto delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, potranno essere detratte le imposte estere sui redditi che hanno concorso alla determinazione del reddito complessivo fino a concorrenza della porzione di imposte italiane sul reddito complessivo riferibili al reddito prodotto sul quale sono state pagate a titolo definitivo le imposte estere da detrarre. -2- Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto Si osserva che non vi è quindi una doppia imposizione sui redditi prodotti all’estero, bensì il risultato finale di una tassazione con la più elevata fra le aliquote d’imposta italiana ed estera. Restano i problemi relativi ai tempi di effettuazione della detrazione delle imposte pagate all’estero a titolo definitivo, tenuto conto peraltro che per i redditi d’impresa prodotti all’estero la detrazione delle imposte estere potrà essere fatta, a determinate condizioni, anche se non ancora pagate a titolo definitivo (art. 165 TUIR), nella stessa dichiarazione dei redditi a cui detti redditi esteri partecipano. E’ importante ricordare che la detrazione delle imposte pagate all’estero non spetta in caso di omessa dichiarazione in Italia dei redditi prodotti all’estero. Ciò comporta che chi non avesse dichiarato i redditi esteri in Italia considerandosi residente all’estero, laddove fosse accertato quale residente in Italia su quei redditi dovrebbe pagare per intero le imposte italiane con le relative sanzioni ed interessi anche avendo pagato su quei redditi le imposte all’estero. Obbligo di compilazione del quadro RW Si tratta della comunicazione all’Amministrazione finanziaria dei capitali posseduti all’estero alla fine di ogni anno (compresi gli immobili sia produttivi di reddito che non produttivi di reddito) nonché dei movimenti finanziari da e verso l’estero e sull’estero intervenuti nel corso dell’anno. E’ un quadro della dichiarazione dei redditi italiana. Obbligo di pagare l’IMU Si tratta della nuova Imposta Municipale Unica sugli immobili, che sostituisce l’ICI, a carico di chiunque possegga beni immobili in Italia Obbligo di pagare la nuova patrimoniale sugli immobili posseduti all’estero Si tratta della nuova imposta annua introdotta in Italia da calcolare nella misura dello 0,76% sul costo di acquisto (o sul valore laddove il costo non sia conosciuto o documentabile) degli immobili posseduti all’estero. E’ un’imposta annuale a carico dei “residenti in Italia”, di qualsiasi nazionalità essi siano, a partire dal 31/12/2011. Obblighi in Italia dei non residenti Obbligo di dichiarazione dei redditi solo per i redditi prodotti in Italia Secondo le norme fiscali italiane (art. 3 TUIR) chi non ha residenza fiscale in Italia è assoggettato a tassazione in Italia limitatamente ai redditi prodotti in Italia, al netto di taluni oneri e spese deducibili o detraibili. Normalmente i redditi che un soggetto non residente produce in Italia sono redditi fondiari (cioè derivanti da beni immobili) e, qualche volta, redditi da pensioni. I redditi d’impresa dei soggetti non residenti prodotti in Italia sono tassabili in Italia solo se prodotti per il tramite di una stabile organizzazione in Italia. -3- Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto Salve le ipotesi di esonero dagli obblighi di dichiarazione previsti per i vari redditi dalle norme fiscali italiane in relazione all’eventuale modesta entità di tali redditi, i redditi prodotti in Italia dai “non residenti” vanno dichiarati annualmente nel modello unico compilando anche il riquadro del “Frontespizio” denominato “Residente all’estero”. Si ricorda che un contribuente non residente, che sia proprietario di un immobile ad uso abitativo in Italia, non può usufruire della deduzione Irpef prevista per l’abitazione principale, in quanto questa è concessa solo se l’unità immobiliare è effettivamente adibita ad abitazione principale ed il contribuente vi dimora abitualmente, circostanze che, come si vedrà più avanti, non possono appartenere ai “non residenti”. Perciò chi ritenendosi “non residente” avesse dichiarato in Italia i soli redditi prodotti in Italia (normalmente redditi di immobili) usufruendo della deduzione, potrebbe vedersi contestare tale deduzione o, peggio, potrebbe vedersi contestare la sua qualifica di non residente considerato che, come si vedrà qui di seguito, il fatto di avere l’abitazione principale in Italia e di dimorarvi abitualmente determina la residenza fiscale in Italia. Obbligo di pagare l’IMU E’ a carico di chiunque possegga immobili in Italia, quindi anche dei non residenti 3 - Residenza fiscale delle persone fisiche Data l’importanza dell’individuazione del luogo di residenza fiscale, vediamo qui di seguito un breve quadro delle regole fiscali sulla residenza fiscale in Italia e alcuni chiarimenti sul loro significato e sulla loro interpretazione Normativa italiana Ai fini fiscali sono considerate residenti in Italia (art. 2, comma2 del TUIR) le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (almeno 183 giorni all’anno e 184 per gli anni bisestili): a) sono iscritte nelle anagrafi comunali della popolazione residente b) oppure hanno il domicilio nel territorio dello stato ai sensi dell’art. 43, 1°comma del codice civile (luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi) c) oppure hanno la residenza nel territorio dello stato ai sensi dell’art. 43, 2° comma del codice civile (luogo in cui la persona ha la dimora abituale) Le tre condizioni sopra richiamate sono tra loro alternative per cui sarà sufficiente che se ne verifichi una sola affinché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia (cfr. Cassazione, 7.11.2001 n 13803) -4- Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto Con riferimento al requisito di cui al precedente punto a), si osserva che, ai sensi dell’art. 2 del TUIR, il fatto di essere iscritti nell’anagrafe di un Comune italiano significa, per ciò stesso, essere fiscalmente residenti in Italia. In ambito tributario (diversamente da quanto avviene in campo civilistico) le risultanze anagrafiche sono decisive e precludono ogni ulteriore accertamento ai fini dell’individuazione della residenza (Cassazione 6.2.98, n. 1215 e Cass. 20.4.2006, n. 9319). In altre parole l’elemento formale dell’iscrizione è idoneo a prevalere sulla sostanza e, finché un soggetto non viene cancellato dall’anagrafe dei residenti, per la legge fiscale italiana esso è residente in Italia quali che siano il suo domicilio e la sua residenza civilistici. In assenza di iscrizione all’anagrafe comunale delle persone residenti, la persona fisica è fiscalmente residente in Italia se in Italia essa ha la propria residenza e/o il proprio domicilio secondo le definizioni che ne dà il codice civile (residenza = luogo di dimora abituale; domicilio = luogo dove è stabilita la sede principale degli affari e interessi). Quindi Il fatto di avere in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta la propria residenza in senso civilistico (dimora abituale) oppure il proprio domicilio (sede principale degli affari e interessi) configura elemento idoneo a determinare la residenza fiscale in Italia anche in assenza di iscrizione all’anagrafe delle persone residenti. Effetti della cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente e dell’iscrizione all’AIRE Premesso che il trasferimento della residenza all’estero per più di dodici mesi comporta l’obbligo di iscrizione della persona nella apposita anagrafe degli italiani all’estero (AIRE) (L. 27.10.88 n . 470 e regolamento di attuazione D.P.R. 6.9.89 N. 323) con cancellazione dall’anagrafe comunale dei residenti, si osserva che la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’AIRE non sono sufficienti a determinare l’esclusione della residenza fiscale in Italia, posto che, come precisato più sopra, al fine di escludere la residenza fiscale in Italia occorre anche che il soggetto in questione non abbia in Italia né la residenza in senso civilistico né il domicilio (cfr. Cass. 16.5.2010 n. 14434, 26.6.2003, n. 10179, 7.11.2011 n. 13803) In altri termini per essere fiscalmente residenti all’estero bisogna: 1 - essere cancellati dall’anagrafe comunale dei residenti ed essere iscritti all’AIRE, 2 - non avere in Italia la dimora abituale (residenza) o la sede principale dei propri affari e interessi (domicilio) Peraltro va osservato che la cancellazione dall’anagrafe dei residenti e l’iscrizione all’AIRE, se non sono di per sé sufficienti a determinare l’esclusione della residenza fiscale in Italia, determinano la presunzione che la residenza fiscale sia all’estero, e, laddove l’Amministrazione finanziaria intenda contestare la residenza fiscale all’estero sostenendone la fittizietà, sarà tenuta a fornire la prova del suo assunto (cioè sarà a suo carico l’onere di dimostrare che la -5- Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto persona ha la dimora abituale o la sede principale dei suoi affari ed interessi in Italia e non all’estero). Per completezza di informazione, osservo che tale presunzione di residenza all’estero non vale invece per coloro che si siano cancellati dall’anagrafe dei residenti, ma si siano trasferiti in paesi a fiscalità privilegiata. Infatti l’art. 2, 2° comma del TUIR, stabilisce che si considerano “residenti”, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999. Poiché tale decreto di individuazione dei paesi a fiscalità privilegiata non comprende la Germania, ritengo che la circostanza non riguardi la grande maggioranza degli iscritti a Codesta Associazione. Faccio notare peraltro che nell’elenco dei paesi a fiscalità privilegiata è compresa la Svizzera, per cui chi avesse trasferito la sua residenza anagrafica in Svizzera (come del resto in qualsiasi altro paese a fiscalità privilegiata) dovrà essere pronto a fornire la prova del reale trasferimento e dell’inesistenza in Italia della dimora abituale e del centro principale dei suoi affari ed interessi. Quindi il trasferimento in un paese a fiscalità privilegiata comporta che la cancellazione dall’anagrafe dei residenti e l’iscrizione all’AIRE non fanno nascere la presunzione di residenza all’estero come per il trasferimento in Germania ma lasciano persistere la presunzione fiscale di residenza in Italia con onere della prova contraria a carico della persona trasferita. Controlli sul trasferimento all’estero della residenza A norma dell’art. 83, comma 16 del DL 25.6.2008, convertito nella legge 133/2008, entro 6 mesi da ogni richiesta di iscrizione all’AIRE, il Comune deve confermare all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che la persona ha effettivamente cessato la residenza in Italia e, in seguito, per i successivi tre anni, il Comune deve vigilare sulla persistenza della cessazione della residenza in Italia. Definizione civilistica di “domicilio” e di “residenza” Poiché l’esistenza in Italia del domicilio o della residenza sono sufficienti a determinare in Italia la residenza fiscale, vediamo cosa essi siano secondo il codice civile e secondo le prevalenti interpretazioni della giurisprudenza e della prassi amministrativa. Come si vedrà si tratta di concetti chiari nelle loro definizioni teoriche, ma che costituiscono riferimenti difficili e controversi quando si tratti di applicarli alle situazioni concrete che sono spesso complesse e non univoche. Domicilio L’art. 2 del TUIR rimanda al codice civile per la definizione di domicilio. -6- Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto Ai sensi dell’art. 43, comma 1° del c.c. il domicilio è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi La nozione di domicilio non si riferisce ad una condizione di fatto come quella di residenza, ma richiama la situazione giuridica caratterizzata dalla volontà di stabilire e conservare in un determinato luogo la sede principale dei propri affari ed interessi e, come tale, prescinde dalla reale presenza fisica del soggetto Gli “affari ed interessi” devono intendersi in senso ampio: riguardante la generalità dei rapporti del soggetto, compresi gli interessi di carattere familiare, sociale, morale e non solo quelli di natura patrimoniale (Cass. 5.5.80 n. 2936 e ris. Agenzia Entrate 7.8.2008 n. 351/E). Secondo la giurisprudenza la nozione di domicilio farebbe riferimento al “centro degli interessi vitali” della persona, cioè il luogo con il quale il soggetto ha un più stretto collegamento sotto l’aspetto degli interessi personali e patrimoniali (Cass. 7.11.2001 n. 13803). In questa sentenza, facendo riferimento alla sentenza della corte di Giustizia UE 12.7.2001 n. c262/99, si afferma che la residenza è il luogo in cui viene individuato il centro permanente degli interessi personali e patrimoniali di tale persona attraverso l’esame globale di tutti gli elementi di fatto rilevanti. Ove tale esame globale non permetta tale individuazione, occorre “dichiarare la preminenza dei legami personali”. Pertanto: presenza della persona fisica e dei familiari, disponibilità di un’abitazione, luogo in cui i figli frequentano la scuola, legami amministrativi con autorità pubbliche e organismi sociali, luogo di esercizio dell’attività professionale, eccetera, sono elementi idonei ad individuare il domicilio in Italia anche ove il soggetto abbia i propri interessi patrimoniali prevalentemente all’estero. Si segnala, inoltre, che la sentenza della Cass. 15.6.2010 n. 14434 afferma come il carattere soggettivo della scelta su dove portare il centro dei propri interessi da parte di un soggetto deve essere contemperata con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi. Pertanto “il centro principale degli interessi vitali del soggetto va individuato nel luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente, vale a dire in modo riconoscibile dai terzi. Ne deriva che deve prevalere un criterio di effettività, non un elemento meramente soggettivo”. Per l’Agenzia delle Entrate (Ris. 7.8.2008 n. 351/E), è fiscalmente residente in Italia il soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero per lavoro, mantenga in Italia i propri legami familiari o il centro dei propri interessi patrimoniali e sociali. In questo senso, secondo la citata risoluzione sono indici significativi “la disponibilità di un’abitazione permanente, la presenza della famiglia, l’accreditamento dei propri proventi dovunque conseguiti, il possesso di beni anche mobiliari, la partecipazione a riunioni d’affari, la titolarità di cariche sociali, il sostenimento di spese alberghiere o di iscrizione a circoli o club, l’organizzazione della propria attività e dei propri impegni direttamente o attraverso soggetti operanti sul territorio italiano”. Residenza Ai sensi dell’art. 43, comma 1° del c.c. la residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale. -7- Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto La nozione di residenza fa riferimento ad una situazione “di fatto”. La residenza si fonda sull’elemento o oggettivo della permanenza in un luogo o e soggettivo dell’intenzione di aversi stabile dimora Data la rilevanza dell’elemento intenzionale, la residenza “sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali “ (Cass 14.3.86 n. 1738) Doppia residenza fiscale e convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni – Sulla base delle diverse legislazioni degli stati, può succedere che una persona risulti “fiscalmente residente” in due stati contemporaneamente. Può essere il caso di coloro che lavorano con continuità e per la maggior parte dell’anno in Germania dove abitano e sono iscritti all’anagrafe dei residenti, dove versano imposte e contributi e godono dell’assistenza sanitaria e per la Germania sono considerati fiscalmente residenti, ma che, per un qualsiasi motivo (ad esempio essere rimasti iscritti in Italia all’anagrafe comunale dei residenti), secondo la legge Italiana hanno residenza fiscale in Italia. In presenza di Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni il problema di dual residence per le persone fisiche si risolve applicando le norme della convenzione che, come regola generale, prevalgono sulle norme interne anche se vanno interpretate secondo le leggi interne dello stato contraente. Nel caso di conflitto fra Italia e Germania il problema si risolve grazie all’applicazione del paragrafo 2 dell’art. 4 dell’accordo convenzionale, il quale prevede che quando una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, la situazione è determinata nel seguente modo: 1) detta persona è considerata residente dello Stato nel quale dispone di un’abitazione permanente; 2) quando dispone di un’abitazione permanente nei due Stati, è considerata residente dello Stato con il quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali); 3) se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati, è considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente; 4) se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati, oppure non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, è considerata residente dello Stato del quale ha la nazionalità; -8- Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto 5) se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati o se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo. Faccio osservare che i criteri in questione, definiti tie break rules, non stanno fra di loro in un rapporto di alternatività o di coesistenza, bensì in ordine gerarchico di applicazione di ciascuno in sostituzione del precedente ove questo non sia in grado di individuare una sola residenza. E’ opportuno soffermarsi sull’interpretazione fornita dall’Ocse in merito ai concetti di “abitazione permanente”, “centro degli interessi vitali”, “soggiorno abituale” e “nazionalità” (9). Posto che, nel concludere le sue convenzioni, l’Italia si è conformata al Modello Ocse anche nell’elencazione delle tie break rules, dal confronto dell’art. 4, comma 2, con la legislazione interna si desume che: - l’espressione “abitazione permanente” corrisponde al luogo in cui la persona ha sistemato ed utilizzato l’abitazione per proprio uso permanente, cioè con disponibilità continuativa e non occasionale (sia a titolo di proprietà che di locazione) - l’espressione “centro degli interessi vitali” corrisponde al domicilio di cui all’art. 43, comma 1, del codice civile; nel caso in cui il soggetto abbia stabilito le relazioni economiche in uno stato e quelle personali nell’altro, si ritiene possa darsi prevalenza alle relazioni personali (familiari, sociali, politiche, culturali, ecc.) - il “soggiorno abituale” dovrebbe collocarsi entro l’ambito della dimora abituale ex art. 43, comma 2, del codice civile - il termine “nazionalità” corrisponde alla cittadinanza, quale enucleata dalle leggi speciali e dalla giurisprudenza internazionale; 4 - Individuazione in concreto della residenza fiscale Si tratta di capire se le persone che si trovano nella situazione di cui al precedente paragrafo “1 - Definizione del problema” debbano essere considerate fiscalmente residenti in Italia oppure no. Differenza fra iscritti e non iscritti all’AIRE Iscritti: Innanzitutto consideriamo la situazione delle persone che si sono cancellate dalle anagrafi comunali dei residenti e si sono iscritte all’AIRE. Salvo che non si siano trasferite in Svizzera o in un altro paese a fiscalità privilegiata, queste persone si presumono fiscalmente “non residenti” in Italia, e residenti nello stato estero di trasferimento (e quindi normalmente in Germania). Laddove il fisco volesse contestare tale assunto dovrà fornire la prova contraria e, se non sarà in grado di fornire in modo compiuto e convincente tale prova, che può essere molto difficile, la residenza fiscale resta quella estera. -9- Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto Quindi l’iscrizione all’AIRE non risolve il problema alla radice, visto che ammette la prova contraria del Fisco, ma è di fondamentale importanza. Per il Fisco infatti la persona iscritta all’AIRE è “non residente” fino a prova contraria e, comunque, essa può resistere all’eventuale tentativo del Fisco di fornire la prova contraria e può contrapporre a tale scopo la sua reale situazione di domicilio e residenza civilistica all’estero. Non iscritti: Consideriamo ora la situazione delle persone che non si siano cancellate dall’anagrafe dei residenti e non si siano iscritte all’AIRE. Per il Fisco italiano si tratta senz’altro di persone fiscalmente “residenti in Italia”, senza che esso Fisco debba provare alcunché, con tutti gli obblighi delle persone fiscalmente residenti indipendentemente da come esse si siano rappresentate nella eventuale dichiarazione dei redditi in Italia. E non è possibile per tali persone fornire la prova contraria poiché la loro iscrizione all’anagrafe dei residenti in Italia è da sola sufficiente a determinarne la residenza fiscale indipendentemente dalla residenza civilistica e dal domicilio che in questo caso per la legge italiana non rilevano comunque per escludere la “residenza fiscale in Italia”. Se queste persone iscritte in Italia alle anagrafi comunali dei residenti si fossero ciononostante comportate come “non residenti” e il Fisco italiano dovesse accertare la loro situazione giuridica di “residenti” e quindi il mancato assolvimento dei relativi obblighi (dichiarazione dei redditi secondo il principio del reddito complessivo formato da tutti i redditi ovunque prodotti - worlwide principle-, compilazione del quadro “RW”, pagamento in futuro della nuova imposta patrimoniale sugli immobili posseduti all’estero) esse si troverebbero in una grave situazione sotto il profilo finanziario patrimoniale (vi sarebbe infatti l’omissione o l’infedeltà della dichiarazione dei redditi con obbligo di corrispondere le imposte, calcolate senza deduzione di quelle pagate all’estero in quanto non dichiarate, più le sanzioni e gli interessi) e con possibili risvolti penali dipendenti dall’entità delle imposte sui redditi non dichiarati nonché con le sanzioni amministrative per le omesse comunicazioni di cui al quadro RW (dal 10% al 50% dei valori non comunicati e confisca di beni per il valore equivalente) Convenzione bilaterale A queste persone (i non iscritti all’AIRE) resterebbe una strada da percorrere. Trattandosi di persone “residenti in Italia” secondo le leggi italiane, ma anche “residenti in Germania” secondo le leggi tedesche, il tentativo di uscire dal problema starebbe nel far ricorso alla convenzione bilaterale (che prevale sulle leggi interne), e dimostrare secondo l’ordine gerarchico dei criteri previsti dalla convenzione bilaterale che il paese di residenza è la Germania. Il che escluderebbe automaticamente la doppia residenza e quindi la residenza fiscale in Italia. Ma è evidente che si tratta di una strada difficile e più incerta, con partenza dalla posizione più difficile. - 10 - Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto Osservo che anche l’iscritto all’AIRE potrebbe far ricorso alla convenzione bilaterale laddove il fisco dovesse provare che, malgrado l’iscrizione all’AIRE, egli è fiscalmente residente in Italia secondo la legge italiana, ma l’iscritto vi potrebbe ricorrere come ultima risorsa solo dopo che il Fisco avesse percorso con successo la strada in salita della prova a suo carico. Altre osservazioni Chiarita l’importanza dell’elemento formale dell’iscrizione all’AIRE, restano i problemi della corretta individuazione in concreto del domicilio (sede principale degli affari ed interessi) e della residenza civilistica (dimora abituale), individuazione che diventa rilevante: - per l’iscritto all’AIRE, se IL Fisco intende contestare la presunzione di residenza fiscale all’estero - per il non iscritto all’AIRE cui il Fisco abbia accertato la residenza fiscale in Italia, per far valere eventualmente la residenza unica in Germania sulla base della convenzione bilaterale e dei criteri delle tie break rules Come si è visto i concetti di domicilio e di residenza di cui al Codice civile sono semplici nella loro definizione teorica, ma scivolosi quando si devono applicare alla pratica. Non è facile stabilire in modo oggettivo dove sia il domicilio, cioè il centro principale degli affari ed interessi (o il centro vitale degli interessi, cioè delle relazioni personali ed economiche) quando gli affari e le relazioni economiche sono in uno Stato (nel nostro caso la Germania, dove vi è il centro degli affari e dove si svolge l’attività di lavoro produttiva di reddito), ma gli interessi personali, cioè le relazioni familiari, sociali, politiche e culturali sono, in tutto o in parte, nell’altro Stato (figli, coniuge, genitori). Quale che sia la conclusione, resterà sempre spazio per opinioni diverse. Dovrebbe essere più facile maturare certezze sul luogo di dimora abituale (residenza in senso civilistico) considerato che il riferimento è a persone che vivono per quasi tutto l’anno, costantemente, nello Stato estero dove hanno abitazione permanente. Anche qui restano comunque margini di incertezza alla luce di interpretazioni giurisprudenziali (vede Cass 14.3.86 n. 1738 sopra citata) secondo cui la residenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori dal comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali. In questo senso, per coloro che conservano in Italia i figli e il coniuge e/o la disponibilità di un’abitazione (in proprietà, in affitto o a disposizione presso in genitori) vi è il rischio che il Fisco possa sostenere che hanno mantenuto in Italia o la residenza nel senso sopra esposto e/o il domicilio, cioè il centro vitale degli interessi data la persistenza delle relazioni familiari. Conclusioni A mio parere le persone che rientrano nei casi delineati al paragrafo 1 hanno ragionevoli motivi per ritenersi fiscalmente “non residenti” in Italia in base alla legge italiana se cancellate - 11 - Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto in Italia dalle anagrafi comunali dei residenti e iscritte all’AIRE per trasferimento della residenza in Germania. Se non fossero iscritte all’AIRE, la loro posizione sarebbe molto più delicata perché sarebbero certamente “residenti” in Italia per il Fisco italiano, salvo dover ricorrere all’applicazione della convenzione bilaterale nell’ipotesi di doppia residenza. I punti di debolezza della tesi della “non residenza” stanno essenzialmente nelle relazioni familiari in Italia (che contribuiscono al luogo di domicilio e quindi della residenza fiscale) Ma se è vero che il centro degli interessi vitali tiene conto anche delle relazioni personali e quindi la permanenza dei figli e del coniuge in Italia depone in senso sfavorevole alla tesi della “non residenza”, vi è da osservare: - che per relazioni personali non si intendono solo quelle familiari, ma anche quelle sociali, politiche, culturali, per cui nel concetto di domicilio la temporanea permanenza dei figli in Italia può essere ampiamente controbilanciata dal complesso delle relazioni instaurate all’estero nel tessuto sociale, amministrativo, associativo e culturale della città di residenza estera (iscrizioni ad associazioni, a club, circoli, ecc.) specie se vi è assenza di tali elementi in Italia; - che la permanenza in Italia dei figli e del coniuge non corrisponde ad una scelta, indizio dell’intenzione di considerare provvisorio e contingente il trasferimento all’estero e di mantenere il centro di interessi in Italia, ma è imposta dalla necessità di dare continuità al percorso scolastico dei figli e di rendere non traumatico il processo di trasferimento che riguarda la famiglia e di portarlo a compimento progressivamente a mano che l’attività economica creata e condotta all’estero, consolidandosi, ne consente il completamento. - che figli e coniuge, nonché spesso i genitori, normalmente raggiungono appena possibile la persona nel luogo di lavoro all’estero dove la famiglia si riunisce anche fisicamente per vari mesi all’anno per cui gli interessi familiari tendono a ricongiungersi all’estero - che nel concetto di interessi vitali vi sono anche quelli economici, e non vi è dubbio che il centro di tali interessi sia all’estero dove è stata creata e si svolge l’attività economica di sostentamento della famiglia tramite il lavoro imprenditoriale della persona trasferita e, molto spesso, per periodi anche lunghi nel corso dell’anno, tramite il lavoro dell’intera famiglia per il concorso del coniuge, dei genitori e dei figli se di età compatibile. - che a comporre il quadro degli interessi vitali concorre anche la rete di impegni e gli obblighi che gravano sulla persona all’estero per il fatto di avervi abitazione, attività economica, lavoro e, in sintesi, di far parte di quella comunità così come vi concorrono i diritti goduti all’estero o in corso di maturazione, circostanze tutte che costituiscono una partecipazione complessa e articolata alla vita economica e sociale della comunità estera (le tasse comunali e sui servizi, i contributi assistenziali e previdenziali, l’assistenza sanitaria, il diritto alla pensione in corso di maturazione, il voto alle elezioni amministrative all’estero) Altro punto di debolezza della “non residenza in Italia” è costituito dagli eventuali interessi economici della persona conservati in Italia, o, peggio, incrementati in Italia tramite nuovi investimenti nel corso de soggiorno all’estero, i quali inducano a ritenere che il trasferimento all’estero è provvisorio e contingente. - 12 - Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto Al contrario, eventuali investimenti in Germania nell’attività lavorativa aziendale od estranei alla stessa contribuiscono a dare l’idea di un trasferimento effettivo. Così come depongono nel senso dell’effettivo inserimento nel tessuto socio economico dello stato estero la partecipazione, dimostrabile, alla vita sociale, politica, culturale del luogo di residenza all’estero (circoli culturali o sportivi, club, movimenti, ecc.) Per concludere, la persona che si è trasferita all’estero per svolgervi la propria attività economica e che, vista la normativa italiana, ritiene di non essere fiscalmente residente in Italia, deve essere consapevole che il suo stato di “non residenza” potrà essere soggetto a valutazione da parte del Fisco italiano sulla base di una serie di elementi e circostanze che ho cercato di illustrare, anche contradditori fra di loro, per cui esso potrà non apparire del tutto evidente e certo. Per questo motivo è opportuno che la persona adotti tutti gli accorgimenti che servono a far emergere gli elementi indicativi della sua situazione di “non residenza” e che riduca al minimo gli elementi che depongono in senso contrario e, inoltre, che il tutto sia documentabile al bisogno. Laddove vi sia il dubbio che la situazione reale non consenta di qualificarsi pacificamente come “non residenti” secondo la legge italiana, è opportuno risolvere il conflitto promuovendo il ricorso alla convenzione bilaterale (che stabilirà quale è l’unica residenza fiscale) oppure determinarsi ad assolvere gli obblighi fiscali italiani dei residenti con le tutele della convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni. _________________ Carlo Corocher - 13 - Carlo Corocher – Giorgio Ornella & Associati – Via Armando Diaz 34 – 31029 Vittorio Veneto