Lezione 12
Le aree monetarie ottimali
e l’esperienza europea
Organizzazione della lezione
 L’evoluzione della moneta unica europea
 L’euro e la politica economica dell’area dell’euro
 La teoria delle aree monetarie ottimali
 Il futuro dell’UME
 Sommario
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Slide 10-2
Introduzione

I paesi dell’Unione Europea hanno progressivamente
ristretto le fluttuazioni reciproche delle loro valute.
• Tale processo è culminato con la nascita dell’euro avvenuta il
primo Gennaio 1999.

Questa lezione è incentrata sulle questioni seguenti:
• Come e perché l’Europa ha introdotto la moneta unica?
• L’euro porterà benefici alle economie dei suoi stati membri?
• In che modo l’euro influenzerà i paesi esterni all’Unione
•
Monetaria Europea (UME)?
Quali insegnamenti fornisce l’esperienza europea in relazione
ad altri possibili programmi di unificazione delle monete?
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Introduzione
Figura 10-1: paesi membri dell’area dell’euro a partire dal 1° Gennaio
2001
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Introduzione

Participating countries:
13 Member States of the European Union are participating in the single
currency:
Belgium Germany Ireland Greece Spain France Italy Luxembourg The
Netherlands Austria Portugal Slovenia Finland

Non-participants:
Bulgaria, Czech Republic, Denmark, Estonia, Cyprus, Latvia, Lithuania,
Hungary, Malta, Poland, Romania, Slovakia, Sweden and the United
Kingdom are EU Member States but are not currently participating in the
single currency. Denmark, Estonia, Cyprus, Latvia, Lithuania, Malta and
Slovakia are members of the exchange rate mechanism II (ERM II). This
means that the Danish krone, the Estonian kroon, the Cyprus pound, the
Latvian lats, the Lithuanian litas, the Maltese lira and the Slovak koruna are
linked to the euro. It is expected that in the future more countries will join
ERM II.
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L’evoluzione della moneta unica
europea
Tabella 10-1: un breve glossario
TABELLA 10.1 Un breve glossario di euronimi (tra parentesi l’acronimo in inglese)
BCE (ECB)
Banca Centrale europea
SEBC (ESCB)
Sistema europeo di Banche Centrali
PSC (SGB)
Patto di Stabilità e Crescita
ERM (ERM)
Meccanismo dei tassi di cambio dello SME
SME (EMS)
Sistema Monetario europeo
UME (EMU)
Unione Monetaria europea
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L’evoluzione della moneta unica
europea
Iniziative di riforma monetaria in Europa, 1969-1978
• Il rapporto Werner (1969) adottato dalla CEE nel ’71:
– Ha delineato un programma in tre fasi per la costituzione
dell’Unione Economica e Monetaria:
– tassi di cambio fissi tra paesi europei
– centralizzazione delle decisione europee di politica monetaria
– riduzione delle barriere commerciali ancora esistenti in Europa
• Le due ragioni fondamentali alla base dell’adozione dell’euro
sono:
– la promozione del ruolo dell’Europa nel sistema monetario
mondiale (difesa degli interessi economici vs USA);
– la trasformazione dell’Unione Europea in un vero mercato
unificato. Nel ’57 Trattato di Roma: nasce la CEE ma permangono
barriere.
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L’evoluzione della moneta unica
europea
 Il sistema monetario europeo, 1979-1998
• Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Francia,
Italia e Gran Bretagna parteciparono ad un sistema
comune di cambi flessibili, noto come “Serpente”.
– La maggior parte dei tassi di cambio poteva fluttuare
verso il basso o verso l’alto al massimo del 2.25%
rispetto ad una data una parità centrale.
– Il Serpente rappresentò un passaggio intermedio verso il
più generale Sistema Monetario Europeo (SME).
• I primi otto paesi partecipanti allo SME costruirono
una rete formale di tassi di cambio bilaterali, fissati nel
marzo 1979.
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L’evoluzione della moneta unica
europea
• I controlli valutari ed i frequenti riallineamenti furono
elementi essenziali per il mantenimento del sistema
fino alla metà degli anni ottanta.
– Dopo la metà degli anni ottanta, tali controlli vennero
aboliti nell’ambito del più vasto programma “1992”
dell’UE finalizzato all’unificazione del mercato.
• Nel corso delle crisi valutarie che ebbero luogo nel
settembre 1992, Italia e Gran Bretagna consentirono
alle loro valute di fluttuare.
• Nell’agosto 1993, la maggior parte delle bande di
oscillazione venne ampliata del ± 15% (inizialmente ±
2,25% ) come reazione ai continui attacchi speculativi.
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L’evoluzione della moneta unica europea
 Valvole di sicurezza:
Bande di oscillazione;
Estensioni di credito da membri a moneta forte a
membri a moneta debole;
Controlli valutari che limitavano la compravendita di
valute, eliminati definitivamente nel 1995.
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L’evoluzione della moneta unica
europea
 Il predominio monetario tedesco e la teoria della
credibilità dello SME
• La Germania aveva un’inflazione ridotta ed una banca
centrale indipendente.
– Si era inoltre guadagnata la reputazione di attuare
politiche anti-inflazionistiche rigorose.
• La teoria della credibilità dello SME
– Con la fissazione della parità nei confronti del marco
tedesco, in effetti gli altri paesi dello SME
“importarono” la credibilità della Bundesbank, ben nota
per la sua volontà di combattere l’inflazione.
– L’inflazione nei paesi dello SME andò a convergere con
il basso tasso di inflazione tedesco.
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L’evoluzione della moneta unica
europea
Figura 10-2: convergenza dei tassi di inflazione nei primi sei paesi
membri dello SME, 1978-2000
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L’evoluzione della moneta unica
europea

L’iniziativa europea del “1992”
• I paesi europei avevano cercato di conseguire una maggiore unità
economica tramite:
– la fissazione dei tassi di cambio reciproci
– misure dirette ad incoraggiare la libera circolazione dei beni, dei servizi
e dei fattori di produzione (efficienza microeconomica perseguita tramite
scelte macroeconomiche)
• Il processo di unificazione dei mercati ebbe inizio quando nel 1957 i
•
primi membri della CEE formarono un’unione doganale.
L’Atto Unico Europeo del 1986 fornì gli strumenti necessari ad
assicurare la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e
dei capitali e introdusse numerose altre politiche di integrazione.
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L’evoluzione della moneta unica
europea
 L’Unione Economica e Monetaria
 Nel 1989, il rapporto Delors pose le fondamenta per
la costruzione di una moneta unica, l’euro.
• L’Unione Economica e Monetaria (UME)
– Un’Unione Europea in cui le singole monete vengono
sostituite da una moneta unica europea soggetta al
controllo di un’unica banca centrale che opera a nome
di tutti i paesi membri.
– Rispetto allo SME quindi perdita totale della politica
monetaria nazionale.
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L’evoluzione della moneta unica
europea
• I tre stadi del piano Delors:
– adesione di tutti i paesi membri dell’UE al sistema di
cambi dello SME (ERM)
– restrizione dei margini di oscillazione dei tassi di
cambio e collocazione di certe decisioni di politica
monetaria sotto il controllo più centralizzato dell’UE
– sostituzione delle singole monete con una moneta unica
europea e investitura di una banca centrale europea per
tutte le decisioni di politica monetaria.
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L’evoluzione della moneta unica
europea
• Il Trattato di Maastricht (1991)
– Stabiliva un programma per la transizione dallo SME
all’UME.
– Specificava una serie di criteri di convergenza
macroeconomica che i paesi dell’UE dovevano
soddisfare per essere ammessi all’UME.
– Includeva regole per l’armonizzazione delle politiche
sociali in Europa e per la centralizzazione delle
decisioni in materia di politica estera e di difesa.
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L’evoluzione della moneta unica
europea
• I paesi dell’UE abbandonarono lo SME per entrare
nell’Unione Monetaria per quattro ragioni:
– maggior grado di integrazione dei mercati
– opportunità di partecipare alle decisioni nell’ambito del
sistema monetario mondiale al pari della Germania
– completa liberalizzazione dei movimenti di capitale
– stabilità politica dell’Europa
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L’euro e la politica economica
dell’area dell’euro
 I criteri di convergenza di Maastricht ed il Patto di
Stabilità e Crescita
• Il Trattato di Maastricht stabilisce che i paesi dell’UE
devono soddisfare una serie di criteri di convergenza:
– stabilità dei prezzi
– Inflazione al massimo superiore del 1.5% a quella media dei
tre membri dell’UE con il tasso di inflazione più contenuto
– stabilità dei tassi di cambio
– Tassi di cambio stabili all’interno dell’area senza ricorrere di
propria iniziativa a svalutazioni
– disciplina dei conti pubblici
– Deficit massimo del settore pubblico pari al 3% del PIL
– Debito pubblico massimo pari al 60% del PIL
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L’euro e la politica economica
dell’area dell’euro
Figura 10-3: tasso di cambio dell’euro nei confronti delle principali
altre valute
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L’euro e la politica economica
dell’area dell’euro
• Il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) del 1997 riduce
ulteriormente gli obiettivi di politica fiscale,
stabilendo:
– obiettivo di bilancio di medio-lungo periodo vicino al
pareggio o in avanzo
– uno schema per l’imposizione di sanzioni finanziarie a
carico di quei paesi che non correggono abbastanza
rapidamente situazioni di disavanzo o debito
“eccessivi”.
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L’euro e la politica economica
dell’area dell’euro
 Il Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC)
• E’ costituito dalla Banca Centrale Europea di
Francoforte e da altre tredici banche centrali nazionali.
• Guida la politica monetaria dell’area dell’euro.
• Dipende dal potere politico sotto due aspetti:
– i membri dell’SECB sono di nomina politica
– il Trattato di Maastricht lascia la politica dei tassi di
cambio sostanzialmente nelle mani delle autorità
politiche.
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L’euro e la politica economica
dell’area dell’euro
 Il meccanismo dei tassi di cambio rivisto
• Per i paesi dell’UE che non fanno ancora parte
dell’UME, definisce ampie aree obiettivo per i tassi di
cambio con l’euro.
– Specifica accordi di intervento reciproco per mantenere
queste zone obiettivo.
– E’ chiamato ERM 2.
• E’ stato considerato necessario al fine di:
– scoraggiare svalutazioni competitive nei confronti dell’euro
da parte dei paesi dell’UE esterni all’area dell’euro
– offrire ai potenziali entranti nell’UME un modo per
soddisfare i criteri di stabilità dei tassi di cambio stabiliti dal
Trattato di Maastricht.
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La teoria delle aree monetarie ottimali
 La teoria delle aree monetarie ottimali
– Afferma che un regime a cambi fissi è più appropriato
per aree strettamente integrate in termini di commercio
internazionale e di movimenti dei fattori.
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La teoria delle aree monetarie ottimali
 Integrazione economica e benefici di un’area a cambi
fissi: la curva GG
• Il guadagno di efficienza monetaria
– I risparmi ottenuti in termini di assenza di incertezza, di
confusione, di costi di calcolo e transazione che derivano dalla
fluttuazione del cambio.
– E’ maggiore, tanto maggiore è il grado di integrazione
economica esistente tra il paese entrante e l’area a cambi fissi.
• La curva GG
– Mostra in che modo i guadagni potenziali dall’ingresso in
un’area a cambi fissi dipendano dal grado di integrazione
economica nei confronti di tale area.
– E’ crescente.
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La teoria delle aree monetarie ottimali
Figura 10-4: la curva GG
Guadagno di efficienza monetaria
per il paese aderente
GG
Grado di integrazione economica
fra il paese aderente e l’area a cambi fissi
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La teoria delle aree monetarie ottimali
 Integrazione economica e costi di un’area a cambi fissi : la
curva LL
• La perdita di stabilità economica
– La perdita di stabilità economica che emerge in quanto un paese,
aderendo ad un’area a cambi fissi, rinuncia alla sua capacità di
impiegare il tasso di cambio e la politica monetaria per gli scopi di
stabilizzazione della produzione e dell’occupazione.
– E’ minore, maggiore è il grado di integrazione economica tra il paese
entrante e l’area a cambi fissi.
• La curva LL
– Mostra in che modo la perdita di stabilità economica derivante
dall’ingresso in un’area a cambi fissi dipenda dal grado di
integrazione economica nei confronti di tale area.
– E’ decrescente.
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La teoria della aree monetarie ottimali
Figura 10-5: la curva LL
Perdita di stabilità economica
per il paese aderente
LL
Grado di integrazione economica
fra il paese aderente e l’area a cambi fissi
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Slide 10-27
La teoria delle aree monetarie ottimali
 La decisione di aderire ad un’area monetaria:
mettiamo insieme le curve GG e LL
• L’intersezione tra la GG e la LL
– Determina la soglia critica di integrazione tra un paese e
una determinata area a cambi fissi
– Mostra come un paese dovrebbe ragionare nel decidere
se aderire o meno ad un’area a cambi fissi
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Slide 10-28
La teoria della aree monetarie ottimali
Figura 10-6: quando fissare il tasso di cambio
Guadagno e perdita
per il paese aderente
GG
La perdita eccede
il guadagno
1
Il guadagno eccede
la perdita
LL
1
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Grado di integrazione economica
fra il paese aderente e l’area a cambi fissi
Slide 10-29
La teoria delle aree monetarie ottimali
 Il modello GG-LL può essere impiegato per
esaminare il modo in cui il mutamento delle
condizioni economiche di un paese influenza la sua
convenienza ad aderire ad un area a cambi fissi.
• La figura 10-7 illustra gli effetti di un incremento
nell’ampiezza e nella frequenza degli spostamenti
della domanda delle esportazioni di un paese.
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Slide 10-30
La teoria delle aree monetarie ottimali
Figura 10-7: un incremento nella variabilità della domanda di mercato
Guadagno e perdita
per il paese aderente
GG
2
1
LL2
LL1
1
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2
Grado di integrazione economica
fra il paese aderente e l’area a cambi fissi
Slide 10-31
La teoria delle aree monetarie ottimali
 Che cos’è un’area valutaria ottimale?
• E’ una regione in cui è ottimale avere un’unica
moneta.
• La desiderabilità dipende dal grado di integrazione
economica in termini di:
– commercio in beni e servizi
– mobilità dei fattori
• Un’area a cambi fissi servirà al meglio gli interessi
economici di tutti i suoi membri se esiste tra loro un
intenso commercio di beni e fattori.
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La teoria delle aree monetarie ottimali
Figura 10-8: commercio intra-UE in percentuale del PIL dell’UE
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Slide 10-33
La teoria delle aree monetarie ottimali
Tabella 10-2: persone che hanno cambiato il paese di residenza nel 1986
(percentuale della popolazione totale)
Britain
1.1
France
1.3
Germany
1.1
Italy
0.6
Japan
2.6
United States
3.0
Source: Organization for Economic Cooperation and Development. OECD Employment Outlook . Paris: OECD,
July 1990, Table 3.3.
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La teoria delle aree monetarie ottimali

Applicazione: l’Europa è un’area valutaria
ottimale?
• L’Europa non è un’area valutaria ottimale:
– la maggior parte dei membri dell’UE esporta dal 10 al
20% della produzione verso altri paesi dell’Unione
– il commercio tra UE e Stati Uniti rappresenta solo il 2%
del PIL statunitense
– il lavoro è molto più mobile all’interno degli Stati Uniti
che non in Europa
– negli Stati Uniti, i trasferimenti e le imposte federali
offrono una protezione nei confronti degli shock subiti a
livello di singole regioni maggiore di quella offerta
dall’UE in ragione della sua limitata capacità
impositiva.
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Slide 10-35
La teoria delle aree monetarie ottimali
Figura 10-9: divergenza nel tasso d’inflazione all’interno dell’area
dell’euro
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Il futuro dell’UME
 Se l’UME ha successo, promuoverà l’integrazione


politica ed economica dell’Europa.
Se l’UME fallisce, ciò costituirà un passo indietro
rispetto all’obiettivo di unificazione politica
dell’Europa.
Problemi che l’UME dovrà affrontare nei prossimi
anni:
• l’Europa non è un’area monetaria ottimale
• l’unione economica ha progredito molto di più
dell’unione politica
• il mercato del lavoro europeo è molto rigido
• vincoli di politica fiscale imposti dal Patto di Stabilità e
Crescita.
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Sommario
 Il regime a cambi fissi che vige in Europa è un



prodotto del sistema di Bretton Woods.
Lo SME, sistema intra-europeo di cambi fissi, venne
inaugurato nel Marzo del 1979.
In pratica, le monete dello SME erano legate al marco
tedesco.
Il 1° Gennaio 1999, undici paesi dell’UE hanno
costituito un’unione economica e monetaria (UME)
adottando una moneta unica, l’euro.
• La Grecia è diventata il dodicesimo membro due anni
dopo.
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Slide 10-38
Sommario
 Il Trattato di Maastricht specificò una serie di criteri di


convergenza macroeconomica che i paesi dell’UE
dovevano soddisfare per qualificarsi per l’ammissione
nell’UME.
La teoria delle aree monetarie ottimali implica che i
paesi desiderino aderire ad aree con cambi fissi
strettamente legate alle loro economie attraverso il
commercio e la mobilità dei fattori.
L’UE non sembra soddisfare tutti i requisiti che
caratterizzano un’area monetaria ottimale.
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Slide 10-39
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Figura 10-2