Club Alpino Italiano
Sottosezione Antrodoco
Programma escursionismo 2006
Janus
Gennaio
Dom. 8 - Monte Nuria 1888m, da Rocca di Fondi, ore 9.00
Difficoltà: EAI-SA
Resp:Chiuppi P.
Dom. 22- Monte Calvo 1898m, da Sella di Corno ore 9.00
Difficoltà: EAI-SA
Resp: Cesi R.
Febbraio
Dom. 5 - M. Terminillo 2216 Canalone Centrale, da Rif. Sebastiani ore 9.00 Diff: EAI Resp: Poscente T., Tosti M.
Dom. 12– CAI L’Aquila- Ciaspolata : Racchette in Gran Sasso
Difficoltà: EAI-SA
Resp: Chiuppi P.
Marzo
Dom. 19 - Treno-Trekking e ...ciaspole, da Rocca di Corno FS,Antrodoco ore 8.28 Diff: EAI
Dom 26 - CAI Rieti M. Sirente, Canale Majori, da Antrodoco ore 8.30
TESSERAMENTO 2006
1^ ISCRIZ.
Oltre...la montagna
Numero Unico
Febbraio 2006
Notiziario di sport,cultura e valorizzazione del territorio
Resp: Vallocchia G.
Difficoltà: EAI-SA Resp: Gregori E.
RINNOVO
SOCIO ORDINARIO
€ 40
€ 35
SOCIO FAMILIARE
€ 19
€ 15
SOCIO GIOVANE
€ 13
€ 10
Numeri Utili
Emergenza sanitaria 118
Soccorso Alpino Rieti
336772699
Rieti-Sez. CAI
0746496055
Terminillo rifugio Sebastiani 0746261184
Commissione escursionsmo
3357653741
Direttori di Escursione:
Cesare Carloni
3471630736
Roberto Cesi
3283394514
Pasquale Chiuppi
3485833884
Giandomenico Cipriani
3487491439
Giovanni Coletti
3482826923
Eugenio Gregori
3293612444
Leonardo Ingrisano
3396910780
Marco Pace
3393181292
Manuel Pascasi
3493205803
Tito Poscente
3473061645
Marzio Tosti
3487731279
Giuseppe Vallocchia
3477294868
Escursionismo:
Non solo castagne ...
La voce del territorio:
Il lupo, animale gregario e sociale
A scuola con il CAI:
Distribuzione gratuita - salvo SPED.IN ABB POSTALE - Euro 1
AE Eligio Boccacci
Janus
Numero Unico
Janus
Janus
Numero Unico
CLUB ALPINO ITALIANO
Sommario
Editoriale
Editoriale
2
Perché Janus ?
3
La montagna… in lettere -
5
Escursionismo - Alta via del
6
La voce del Territorio - Il Lupo
8
A Scuola con il Cai -
10
ABC della Montagna -
14
L’ombra del lupo
marrone
Al Castagneto
Conosciamo il sentiero
Rubriche: Ricette dal bosco
13
15
Programma Escursioni
16
Attività sezionali
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REDAZIONE
Direttore Responsabile: Boccacci Eligio
Direttore Editoriale: Cianca Ernestina
Coordinamento Redazionale: Andreassi Sara
Assistenti alla Direzione: Fainelli Ruggero, Cipriani
Giandomenico
Collaboratori: Cianca Maria Luisa, Pace Marco, Petrelli Marzia, Gabriella Balestrino, D’Alfonsi Marzio.
Tutti i diritti di proprietà sono riservati
E-mail : [email protected]
Club Alpino Italiano
“Sottosezione Antrodoco”
Fondata nel 1997
Sez. Rieti
Sede sociale via Savelli , 3
02013 Antrodoco, RI
Reggente: Boccacci Eligio
In copertina veduta di Antrodoco e Monte Giano
(Foto Chiuppi)
Il Club Alpino Italiano è una libera associazione nazionale che manifesta la pratica della montagna in tutte le
sue forme, attività sia sportive, alpinismo, escursionismo, sci-alpinismo, free-climbing, etc... etc..., che socioculturali ad essa inerenti, la conoscenza e lo studio per
la tutela e la valorizzazione dell’ambiente montano.
Anche noi ispirandoci a questi principi, e con un profondo amore per la montagna, ci siamo sentiti in dovere
di dare l’opportunità a tutti di conoscerla ed avvicinarla.
Accadde così, che in una piovosa serata del Novembre
del 1996, ci siamo riuniti con alcuni amici (poi soci fondatori, Eligio Boccacci, Tito Poscente, Felice Pieri, Pasquale Chiuppi e Luciano Grassi) creando le basi che
quella poi diventerà la “sottosezione Antrodoco” del
Club Alpino Italiano, sezione di Rieti, data di nascita
registrata il 21 Aprile 1997.
Allo stesso modo oggi, dopo qualche anno di prosperosa attività, che vi racconteremo nei prossimi numeri, è
nata l’esigenza , manifestata da alcuni soci di servirsi per
i nostri scopi, anche di un mezzo di comunicazione di
massa, quale la stampa.
Nasce così Janus, il giornalino della “sottosezione Antrodoco” del C.A.I., per farci conoscere e rendervi partecipi al nostro operato, e soprattutto far conoscere a
tutti questo nostro………. amato mondo della mon-
tagna!!!!!!!!!
La scelta del nome è legata non solo a quello che è il
monte più rappresentativo del nostro territorio, ma anche a Janus, divinità degli inizi e delle aperture verso
nuovi orizzonti siano essi montani, socio-culturali ed
economici.
Vi saluto ringraziando e augurando buon lavoro ai soci
della redazione e buona lettura a voi tutti:
Il reggente della sottosezione CAI Antrodoco
Eligio Boccacci
Attività sezionali
Nel comune di Antrodoco sono presenti le seguenti strutture:
Palestra artificiale di arrampicata sportiva indoor presso palazzetto dello sport, composta da un boulder
(5m x 4m) e da una parete attrezzata (2.5 x 9 m). Orario: Lunedì e Venerdì dalle 21.00 alle 23.00, a richiesta
a seconda della disponibilità del palazzetto. Contattare: Coletti Giovanni/Cipriani Giandomenico.
Palestra Naturale Outdoor “Parco degli Ulivi” situata alle pendici del monte Giano (Km 4+100 ss17 per
L’Aquila). Per maggiori dettagli consultare “Falesie d’Abruzzo”.
Prossimo appuntamento
Domenica 19 Marzo
TRENOTREKKING e…
...Ciaspole (EAI-SA)
da Rocca di Corno F.S.
* ore 8.15 - Antrodoco Piazzza Marconi
* ore 8.28 - Partenza treno Stazione FS
Antrodoco- Centro
Programma Nazionale di trenoescursionismo
Responsabile escursione Vallocchia G. 347-7294868
Informazioni e prenotazioni entro le ore 20 del 17
Photo Studio Chiuppi 0746-586194
Escursione 18/12/2005 - Treno Trekking ..e ciaspole
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Numero Unico
Janus
L’ABC della Montagna
seggiate facili di tipo culturale o turisticoricreativo.
Che sia percorso per una escursione, per condurre il
gregge sui verdi pascoli o semplicemente per godere la
natura che ci circonda, esso presenta sempre delle difficoltà, piccole o grandi che esse siano.
(Nella scala di difficoltà CAI è classificato T – itinerario escursionistico-turistico)
sentiero storico: itinerario escursionistico che
ripercorre “antiche vie” con finalità di
stimolo alla conoscenza e valorizzazione storica dei luoghi visitati.
Conosciamo
il sentiero
La Commissione Centrale Escursionismo del Club Alpino Italiano individua la seguente classificazione per
tipologia e grado di difficoltà dei sentieri:
sentiero escursionistico: sentiero privo di difficoltà
tecniche che corrisponde in gran parte a mulattiere realizzate per scopi agro-silvo-pastorali, militari o a sentieri
di accesso a rifugi o di collegamento fra valli. E’ il tipo
di sentiero maggiormente presente sul territorio e più
frequentato, rappresenta il 75% degli itinerari dell’intera
rete sentieristica organizzata.
(Nella scala delle difficoltà escursionistiche CAI è classificato E - itinerario escursionistico privo di difficoltà
tecniche)
sentiero alpinistico: sentiero che si sviluppa in zone
impervie con passaggi che richiedono all’escursionista
una buona conoscenza della montagna, tecnica di base
e equipaggiamento adeguato. Corrisponde generalmente a un itinerario di traversata nella montagna medio
alta e può presentare dei tratti attrezzati -sentiero attrezzato- con infissi (funi corrimano e brevi scale) che
però non snaturano la continuità del percorso.
(Nella scala di difficoltà CAI è classificato EE - itinerario per escursionisti esperti). (continua nei numeri successivi)
via ferrata o attrezzata: itinerario che conduce l’alpinista su pareti rocciose o su aeree creste e cenge, preventivamente attrezzate con funi e/o scale senza la
quali il procedere costituirebbe una vera e propria arrampicata.Richiede adeguata preparazione ed attrezzatura quale casco, imbraco e dissipatore.
(Nella scala di difficoltà CAI è classificato EEA - itinerario per escursionisti esperti con attrezzatura)
sentiero turistico: itinerario di ambito locale su carrarecce, mulattiere o evidenti sentieri.Si sviluppa nelle
immediate vicinanze di paesi, località turistiche, vie di
comunicazione e riveste particolare interesse per pas-
Janus
Numero Unico
Perché Janus ?
Il sentiero è in generale definito una via tracciata, su
fondo naturale, dal passaggio di uomini e/o animali.
Esso può condurti su alte vette, in paesaggi collinari o su luoghi di interesse
storico-culurale in modo più o meno
impegnativo, ma che sicuramente ripagherà le tue fatiche.
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(Generalmente non presenta difficoltà
tecniche ed è classificato T oppure E)
sentiero tematico: E’ un itinerario a
tema prevalentemente (naturalistico, glaciologico,
geologico, storico, religioso) di chiaro scopo didattico formativo.Usualmente attrezzato con apposita
tabellatura e punti predisposti per l’osservazione, è
comunemente adatto anche all’escursionista inesperto e si sviluppa in aree limitate e ben servite
(entro Parchi o riserve).
(Generalmente è breve e privo di difficoltà tecniche ed è classificato T oppure E)
I sentieri vanno inoltre a costituire segmenti più o
meno lunghi di itinerari escursionistici di diverso
tipo quali:
Itinerari di lunga percorrenza (sentiero Italia,
sentieri europei, dorsali appenniniche, ecc…) della
durata di molti giorni di cammino e della lunghezza di centinaia di chilometri, in generale agevolati e
segnalati, dotati della necessaria ricettività lungo il
percorso;
Itinerari di media percorrenza (trekking, alte
vie), della durata di più giorni di cammino (di solito 3-7) e della lunghezza da 40 a 100 km, adatti ad
escursionisti in genere esperti.
Itinerari di breve percorrenza (sentieri escursionistici, brevi itinerari ad anello), della durata massima di 1-3 giorni di cammino.
La classificazione dei sentieri è stata tratta da
“Sentieri-pianificazione-segnaletica e manutenzione, Commissione Centrale per l’escursionismo,
Quaderni di Escursione”
Giandomenico Cipriani
“Il sentiero, per quanto impervio sia,
di noi figli di montagna è la via”
Inizialmente è stato Giano il nome proposto per
questo bimestrale, ma poi ci si è trovati subito
concordi nel denominarlo Janus, lasciando l’etimo
latino. E’ nella mitologia romana che Giano o meglio Janus o Ianus compare come il più antico degli dei romani. Ma chi era questa divinità e perché
è subito parso come il nome più adatto per il giornale? Diverse sono le versioni del mito. Secondo
una tradizione romana il dio venne annoverato tra
le divinità “acquatiche” in quanto sarebbe stato il
primo dio di Roma a giungere per mare dalla Tessaglia. Di poi venne considerato l’inventore delle
navi e il protettore della navigazione e delle vie
fluviali. Nel tempo poi gli venne riconosciuto il
potere di far sgorgare dal terreno delle sorgenti
d’acqua. Si ricorda infatti che Janus salvò i romani
dai Sabini che stavano per entrare nella città da
una porta rimasta aperta. Il Dio fece scaturire una
cascata d’acqua che allagò il passaggio mettendo in
fuga i nemici. Forse il nome della nostra montagna è da ricondursi alla facoltà di Giano di far scaturire delle polle d’acqua dal terreno? Non è da
escludersi dato che un tempo l’acqua sulfurea
sgorgava dalle pendici del monte Cotischio
(l’attuale Monte Giano). Ma Giano, venne definito
anche Janus pater, cioè creatore degli uomini, padre della Natura e dell’Universo. Dio del principio,
della imprese appena iniziate, (com’è quella del
nostro giornalino), alle quali i romani ritenevano
garantisse un buon esito. Prima di intraprendere
un’attività era infatti il primo Dio ad essere invocato dai romani ancor prima di Giove. Non a caso il
primo mese dell’anno Gennaio, dal latino Januarius, porta il suo nome. Il termine Janus evoca Janua (porta), ecco perché venne immaginato come
il Dio che, al mattino apre e, la sera, chiude le porte del cielo. Si riteneva infatti che Giano vigilasse
alle porte delle case e dei passaggi obbligati; per
questo fu rappresentato con due volti (Giano bifronte) a simboleggiare insieme l’entrata e l’uscita,
con una chiave nella destra, per aprire e chiudere
le porte, e nell’altra un bastone per sorvegliare le
strade; un dio protettore dunque, ma la sua effigie
come dio bifronte venne ricollegata anche al fatto
che quando Saturno venne cacciato dal cielo Gia-
Marzio D’Alfonsi
no lo accolse nel suo regno e Saturno per ricompensa
gli fece dono di prudenza e memoria per ricordare il
passato e di virtù per predire il futuro. Anche a queste
sue virtù può riferirsi la sua rappresentazione iconografica; i due volti infatti guardano in direzioni opposte, quindi passato e futuro. E’ da ricordare infine che
a Roma il tempio dedicato alla divinità veniva aperto
all’inizio di ogni impresa bellica di modo che il dio
potesse accorrere e proteggere i romani mentre in
tempo di pace veniva solennemente richiuso.
Sara Andreassi
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Janus
Ricette dal bosco
Maria Luisa Cianca
Bomba di castagne
INGREDIENTI
800 gr di marroni
200 gr di pan di Spagna
Numero Unico
Risotto di castagne
INGREDIENTI PER 6 PERSONE
500 gr di riso
100 gr di burro
1 cipolla finemente tritata
120 ml di vino bianco secco
200 gr di marron glacè
1 litro e mezzo di brodo bollente (va bene anche
quello di dado)
80 gr di cioccolata fondente
400 gr di castagne fresche sale q.b
2 cucchiai di cacao amaro
120 gr di zucchero
½ bicchiere di panna montata
8 cucchiai di latte
1 bicchierino di rum (o al posto del latte e del
rum a piacere ristretto per inzuppare il dolce)
Lessare i marroni e ridurli in purea, aggiungere
lo zucchero, il cioccolato grattugiato.
Foderare uno stampo a forma di calotta con
pellicola trasparente e spolverarlo con cacao,
poi rivestirlo con fette di pan di Spagna ed inzuppare con il rum diluito con il latte (o il caffè
ristretto). Riempire con il purè di marroni e
livellare la superficie.
Mettere in freezer per un’ora. Rovesciare la
bomba, cospargere con cacao e decorare con
panna montata e marron glacè.
25 gr di burro
Foglioline di maggiorana.
VINO CONSIGLIATO: Greco di tufo
Fare bollire le castagne in abbondante acqua salata
per 10 minuti. Scolarle e, una volta fredde, sbucciarle
e spezzettarle grossolanamente. Procedere a fare il
risotto facendo sciogliere, a fuoco basso, il burro e
quando si sarà sciolto, aggiungere la cipolla e girare
continuamente per non farla bruciare. Aggiungere il
riso e girarlo sempre facendogli bene assorbire il burro. A questo punto alzare il fuoco e bagnare il riso
prima con il vino, da lasciare evaporare, e poi con
due mestoli di brodo bollente e le castagne; mescolare sempre e quando sarà quasi assorbito, aggiungere
altri due mestoli. Questa operazione verrà ripetuta
per tre o quattro volte. Una volta cotto, togliere il
riso dal fuoco, mantecarlo con il burro e servirlo subito cospargendolo con le foglioline di maggiorana.
E’ facoltativo aggiungere del parmigiano.
Per comunicazioni, piccoli annunci che vorreste vedere pubblicati scriveteci a [email protected]
Tel. 0746-580023
Numero Unico
02013 Antrodoco (RI)
Janus
Piazza del Popolo
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Janus
Numero Unico
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Janus
Oltre...la montagna
Numero Unico
La Montagna in lettere: L’ombra del lupo
Escursione Castagneti Rocca di Fondi con Scuola Elementare Luigi Mannetti
Lo seguii con lo sguardo mentre scendeva lungo il
crinale brullo, passo dopo passo appoggiato al bastone, il viso abbronzato coperto da barba incolta. Svogliato, assente, non si voltava a controllare che il piccolo gregge lo seguisse sul percorso ormai consueto.
Nessuno avrebbe potuto perdersi. E poi, c’erano i
cani, guardinghi, a controllare . C’ero anch’io, che
vigilavo per lui; conoscevo le pecore una ad una, e i
nuovi nati. Io, però, stavo alla larga: il pastore non si
fidava di me. Era testardo e ostinato come suo nonno. Avevo provato a rassicurarlo, a strappargli un
sorriso, una parola gentile, a sentirlo amico. Restavamo distanti, il giorno ci separava, la notte tentavo di
avvicinarmi a sua insaputa. Ne ero addolorato e solo
la luna mi dava conforto quando le cantavo il mio
dolore, la mia solitudine. Allo stesso modo avrei voluto fissare gli occhi del pastore, e non leggervi il furore cieco ed ostile cui mi aveva abituato. Come
quella volta che uno degli agnellini era sparito e aveva gridato, tagliando l’aria con parole acri, e con i
suoi occhi di fuoco aveva inveito contro di me.
Non ero stato io, non avrei mai toccato un cucciolo,
eppure i cani si misero a cercarmi, puntandomi contro il pelo irrigidito dalla bava e dalla polvere che le
zampe impazienti schizzavano dappertutto. Non ero
responsabile, ma non potevo provarlo, potevo solo
scappare.
Non ricordo, dopo quell’episodio, una sola volta in
cui il pastore, o i suoi cani, non abbiano cercato di
uccidermi, mi rassegnai a convivere con l’ostilità che
giorno dopo giorno mi offriva. Non capivo, però, il
nervosismo che comparve una mattina, passando
come una palla impazzita dal pastore ai cani, al
gregge, alle persone di famiglia che, cariche di bagagli
frettolosi, correvano su e giù dalla casa al cortile.
Giunse un carro molto grande, chiuso, con tante
ruote alto quanto me. Ai lati scorsi piccole aperture,
dietro uno sportello si aprì e le pecore furono spinte
all’interno.
Furono costrette a salire dai cani, ignari di compiere
per l’ultima volta il proprio compito di guardiani, poi
lo sportello si richiuse sull’ultimo animale.
Nel rumore del carro in moto, del belato assordante,
del gemito dei cani, udii le imprecazioni del pastore, costretto a cercare un’altra strada.
Avevo perso l’ultima occasione per chiarire il nostro equivoco, ora che il pascolo era sparito.
Il pastore, con le lacrime agli occhi, girò il volto e
vide la mia ombra che, con un balzo, spariva per
sempre nella boscaglia.
Gabriella Balestrino
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Janus
Escursionismo : L’Alta via del Marrone
Quando mi e’ stato chiesto di
partecipare alla passeggiata attraverso i nostri castagneti, “L’Alta
via del Marrone”, evento che il
CAI di Antrodoco organizza già
da sette anni e che raccoglie un
sempre maggiore numero di persone dal centro e Sud Italia, la
mia prima reazione e’ stata: “Io
che sono nata qui, conosco queste montagne e i loro rinomati
frutti: i marroni”. Non ho bisogno di un evento organizzato per
riscoprirle.
Comunque, anche se con uno
spirito poco incuriosito, la mattina del 30 Ottobre scorso, una
Domenica autunnale straordinariamente limpida e calda, mi sono
trovata in Piazza del Popolo ad
Antrodoco, insieme ad altre 600
persone provenienti da Roma,
Gubbio, Tivoli, Avezzano, Frascati, Rieti, Sarnano, Popoli e
Terni. La folla rumorosa e un po’
confusa, ma mai disordinata, attende un cenno da qualcuno che
abbia l’aspetto di “un esperto
della montagna”. Partiamo con il
primo gruppo, dietro una guida
CAI e una guardia forestale. Dopo soli 5 minuti di cammino dalla
Piazza siamo già nel bosco: il ricco fogliame autunnale mischiato
ai ricci crea un morbido e rumoroso tappeto ai nostri piedi; uno
spettacolo di colori autunnali inebria la vista dei pochi che non
hanno lo sguardo rivolto in basso, presi dalla tentazione di raccogliere qualche castagna, anzi, di
raccogliere più castagne possibile.
Un po’ divertita, lo ammetto, mi
accorgo che le buste di alcune
persone sono piene di castagne
“pazze”. Forse la nostra guida
forestale avrebbe dovuto spiegare
che accanto ai marroni e alle castagne normali di buona qualità, nei
nostri castagneti si possono trovare
anche castagne di bassa qualità,
poco saporite e difficili da sbucciare, e quindi denominate “false”,
“pazze” nella lingua popolare.
Sono previste diverse soste per
dare modo alle guide CAI di parlarci di questi posti e di questo
frutto, con l’obiettivo di far cogliere ai partecipanti l’interesse economico, ma anche le tradizioni e gli
aspetti socio-culturali legati al marrone e alla loro coltivazione e consumo. La guardia forestale dell’escursione ci ha ricordato che: “Il
marrone ha delle differenze sostanziali che lo distinguono dalle castagne; i frutti sono più grandi con
una buccia chiara e con striature
scure, la pellicina interna è molto
sottile, non penetra nel frutto ed è
più facile da staccare. Il sapore e’
zuccherino. La pianta del marrone
è più delicata di quella della castagna e meno produttiva rendendo i
suoi frutti qualitativamente superiori, più ricercati e apprezzati.”
Se oggi per i più, i marroni rappresentano un capriccio autunnale e
per altri un modo di arrotondare
lo stipendio di Ottobre, nel passato erano la base della provvista
invernale: con la farina di castagne
si faceva il pane e molte altre vivande. E’ per questo che il castagneto da noi, come altrove in Italia, e’ stato ampiamente favorito
dall’uomo in passato.
Devo ammettere che non sapevo
molte di queste cose, ma a differenza del mio compagno di viaggio romano che si chiede perché
alcuni proprietari hanno messo
cartelli minatori per ricordare che
non si possono raccogliere le castagne in quella zona, quasi si fossero impossessati di un bene che
appartiene a tutti, io so che il castagneto richiede molte cure. Mi
sono sorpresa a spiegare al mio
amico che se possiamo camminare
e ammirare la bellezza di questo
sottobosco, e se possiamo facilmente vedere un riccio aperto offrirci le sue castagne, è perché c’e’
chi si prende cura di mantenerlo
pulito. Con sorpresa mi sono acca-
Escursione con Scuola Elementare Luigi Mannetti
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A scuola con il CAI : Al castagneto
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lorata per far riconoscere e rispettare la fatica umana che c’e’ dietro
questa immagine di una natura
“amica” che ci offre i suoi prodotti.
L’idea, un po’ pigra forse, che rispettare la natura significa lasciarla
“intatta” è stata sostituita dalla consapevolezza che rispettare significa
prendersi cura. In passato questa
consapevolezza era quasi istintiva e
veniva principalmente dalla necessità di domare la montagna per potervi sopravvivere. Oggi che questa
necessità non c’e’ più, credo che la
voglia di salvaguardare queste montagne nasca da un sentimento di gratitudine. Penso a molti miei colleghi
ingegneri, giovani trentenni “di città” che nei fine settimana autunnali
tornano in paese a prendersi cura
del castagneto ereditato dal nonno e
che per anni e’ rimasto senza cure.
Cosa cercano? Forse vogliono arrotondare lo stipendio di Ottobre, o
forse cercano l’equilibrio e la serenità che i ritmi di vita moderna rendono difficili da ottenere: forse la serenità che viene dal lavorare in un ambiente dove la formula del “dare e
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avere” segue dei percorsi più
naturali e prevedibili, dove la
fatica non e’ alimentata dalla
competizione.
Sono le 13.30 e il fruscio penetrante del bosco lascia il posto
al ronzio delle macchine sulla
via Salaria: la passeggiata, durata 4 ore, si sta per concludere.
Quando arriviamo di nuovo in
paese, siamo subito accolti dai
volontari CAI che nella struttura della forestale di Antrodoco hanno organizzato il pranzo
per i partecipanti a base di prodotti tipici: fagioli in umido,
formaggio con il miele, dolci
caserecci, carne arrosto e infine, ovviamente, caldarroste.
Mangio e penso ai colori e i
profumi di questa giornata,
penso alla gente che dedica
passione e fatica per mantenere vivo l’interesse verso questo
prodotto dell’Appennino, penso ad alcuni dei partecipanti
che passeranno una piacevole
serata tra amici a mangiare le
castagne raccolte, penso al pas-
sato, quando la castagna non era
un capriccio autunnale, ma un importante risorsa alimentare nei
freddi e aridi inverni e mi torna in
mente la cantilena di mia nonna:
“Quant’è bbona la castagna
Più la piglj e più se magna:
è lo pane dell’invernu,
sci benittu Padreterno…..”
Ernestina Cianca
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La voce del territorio
Molto spesso la nostra frequentazione della montagna ha scopi esclusivamente sportivi ed utilitaristici, in special modo alle quote
più alte, però è anche uno scrigno infinitamente ricco di tesori naturali che meritano di essere conosciuti e frequentati con maggiore
consapevolezza e, quindi, di avvertire il desiderio di tutelarli e salvaguardarli, per il nostro piacere e per il dovere che abbiamo nei
confronti delle generazioni future. Per questo vogliamo dare un nostro contributo alla conoscenza più precisa del nostro territorio con
articoli su aspetti della vita montana, sui suoi abitanti, gli animali, le piante e le erbe che ci capita sovente di incontrare nelle nostre
escursioni o che ameremmo incontrare più spesso.
In questo numero iniziamo a parlare dell’animale che
possiamo considerare un po’ il simbolo della montagna appenninica:
Il Lupo
All’inizio degli anni ’70, questo formidabile predatore era considerato in via di estinzione.
La realizzazione di aree protette, la nuova pratica
dell’allevamento, l’incremento talvolta eccessivo di
cinghiali, hanno consentito nel volgere degli ultimi
trent’anni, un aumento della sua presenza che porta
oggi a guardare con ottimismo alla dinamica della sua
popolazione.
Il lupo appenninico, poco più grande di un cane di
taglia media, è difficilmente distinguibile al primo
impatto dal suo pronipote domestico, ma ci sono
specifiche caratteristiche che ci permettono di farlo a
vista in un modo piuttosto sicuro:
1-il salto frontale del lupo, cioè lo scalino tra la fronte e la struttura nasale, è estremamente ridotto, in
modo tale da determinare un profilo del cranio più
appuntito e sfuggente.
2-le orecchie sono più corte; le orecchie di un cane
da caccia o di un cane lupo possono raggiungere, se
piegate in avanti, la punta del naso, quelle del lupo si
arrestano generalmente a quattro o cinque centimetri
dalla stessa.
3-il lupo appenninico ha decorazioni alla base delle
zampe anteriori definite calzette, cioè delle fasce
bianche che risalgono dai cuscinetti plantari per circa
dieci/tredici centimetri.
4-il colore del mantello va dal grigio verdastro al fulvo sul tronco, con una striscia molto scura, a volte
nera sul dorso ed una parte bianca nella zona toracico-addominale più ampia nella femmina.
5-gli escrementi di
lupo sono simili a
quelli di un cane ma
più affusolati e contenenti quasi sempre peli di animali
cacciati o resti di
ossa mal digerite.
6-le tracce del lupo sono più tondeggianti ed una volta e mezzo più grandi di quelle di un cane della stessa
taglia.
7-il cane al passo o al piccolo trotto lascia impronte
alternate, il lupo lascia invece una fila perfetta di una
singola impronta. Un branco di lupi durante uno
spostamento lungo, al passo o al piccolo trotto, lascia
comunque solo una impronta, tutti gli individui, cioè,
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Janus
camminano sulle orme del capobranco. E’ possibile determinare
il numero degli individui solo in
occasione di un cambiamento di
rotta, laddove l’allargamento che
si determina nella curva permette
di contarli.
8-infine, se ci si imbatte in un
lupo ogni dubbio sulla sua identità svanisce per magia. Quando si
sente il suo ululato, nelle notti
d’inverno sui nostri altipiani, il
sangue si blocca istantaneamente,
forse per l’atavica paura, per le
terribili leggende che lo circondano, chissà…
Comunque, il lupo, animale gregario e sociale, non attacca l’uomo, probabilmente perché non lo
conosce e lo teme. In molti casi
gli sono state attribuite aggressioni, ma è sempre stato dimostrato
trattarsi di cani inselvatichiti, che,
conoscendo l’uomo, sanno di
avere delle possibilità nel confronto se uniti in branco.
Durante l’inverno, i branchi di
lupi perdono la loro funzione
catalizzatrice, perché inizia il periodo degli amori e le coppie cer-
Numero Unico
cano la loro intimità.
Le femmine di lupo partoriscono
una sola volta l’anno, dopo una
gestazione di cinque/sei mesi,
generalmente all’inizio dell’estate.
Allora, il branco ricompone il
suo legame solidale per procacciarsi il cibo e permettere l’allevamento dei lupacchiotti.
Il lupo è un carnivoro, si ciba di
bestie abbandonate in montagna
dagli allevatori, di roditori, di lepri e conigli selvatici, di piccoli di
cinghiale, di daino, di cervo e di
capriolo. In condizioni di scarsezza di cibo il branco attacca le
greggi con un’astuzia strategica
che lascia sconcertati. Lo scrivente è stato testimone dell’attacco
portato da tre lupi ad un piccolo
gregge sull’altipiano di Poggio
Poponesco (Fiamignano): due
individui hanno attaccato il gregge dopo essersi avvicinati sotto
vento e strisciando pancia a terra,
sgozzando sei agnellini, il terzo
ha ingaggiato una zuffa con i cani
pastori attaccandoli e facendoli
inseguire lontano dal gregge. Nel
giro di una manciata di secondi
erano stati abbattuti due cani dal
lupo più grosso, sei agnelli, di cui
quattro erano stati trascinati via, ed
erano state ferite cinque pecore,
due delle quali sono morte il giorno seguente.
Comunque, come dimostrato da
studi specifici, la pressione del lupo
sull’allevamento brado è pressoché
insignificante rispetto a quella dei
cani randagi inselvatichiti, perduti
o volutamente abbandonati in
montagna da proprietari senza
scrupoli.
Un incremento della popolazione
lupoide avrebbe invece un effetto
sicuramente positivo sulla sovrappopolazione dei cinghiali che non
hanno, allo stato, che questo solo
predatore naturale.
Il sopraggiungere dell’inverno e, quindi,
di un auspicato manto nevoso, ci permetterà di osservare le tracce del principe dei
boschi e di riflettere sulla sua presenza
schiva ma intensa che rappresenta sicuramente una parte dell’ “anima” della nostra montagna.
Marco Pace
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Janus - CAI Sezione di Antrodoco